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Proverbi e detti - Benvenuti nel sito dei ragazzi della Scuola Media!

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Serse dall’impresa contro i Greci gli ricorda che i fulmini degli <strong>dei</strong> cadono sui grandi edifici e sugli<br />

alberi più alti.<br />

Il Manzoni (Cinque maggio, 47-48) ci da un esempio <strong>della</strong> caducità del potere di Napoleone,<br />

ricordando in due brevissimi versi la sua vicenda: “due volte <strong>nel</strong>la polvere, due volte sull’altar”.<br />

E come Napoleone moltissime teste coronate, dittatori e uomini politici in brevissimo tempo sono<br />

passati dal potere alla ghigliottina, al plotone di esecuzione o all’oblio totale.<br />

Chi troppo vuole, nulla stringe.<br />

Quando si desidera o si vuole troppo, si può innescare un processo per cui niente ci rende contenti<br />

e si vuole sempre di più, tanto da generare il vuoto dentro di noi e l’incapacità di raggiungere la<br />

felicità e non stringiamo niente.<br />

Il proverbio è legato alla favola di Fedro Il cane e la carne (Favole, I, 4). Un cane, mentre<br />

attraversava a nuoto un fiume con un pezzo di carne in bocca, vide <strong>nel</strong>l’acqua la sua immagine.<br />

Credendo che la carne fosse portata da un altro cane tentò di afferrarla, ma la sua avidità gli fece<br />

perdere la carne che aveva tra i denti.<br />

Una sentenza famosa del Cinquecento recita” Bisogna non voler vincier troppo presto, acciò non ci<br />

intervenghi (perché non ci succeda) come a quelli mercatanti animosi che, per voler arricchire in<br />

un anno impoveriscono in sei mesi (N. Machiavelli, Lettera a Bartolomeo Cavalcanti, 13 luglio<br />

1526).<br />

Chi trova un amico, trova un tesoro.<br />

Si riferisce, naturalmente, alle amicizie vere e non a quelle fittizie, e in quanto vere sono rare come<br />

un tesoro.<br />

Appio Claudio Cieco, il famoso costruttore <strong>della</strong> via Appia da Roma a Brindisi, primo “prosatore”<br />

latino, ha scritto: “Quando vedi un amico, dimentichi le tue miserie”.<br />

Invece Sallustio (86 – 35 a C.) <strong>nel</strong> Bellum Iugurthynum (Cap.10): “Non exercitus neque thesauri<br />

praesidia regni sunt, verum amici“ (Non gli eserciti, non le ricchezze sono i presidi di un regno, ma<br />

gli amici).<br />

Chi va a caccia senza cani, torna a casa senza lepri.<br />

L’espressione, presa a prestito dall’ambiente venatorio, sta a significare che per far bene le cose<br />

occorre avere gli strumenti adatti.<br />

Chi va alle nozze e non è invitato, o è matto o ubriaco.<br />

Il proverbio mette in guardia da comportamenti e azioni che rappresentano gravi scorrettezze,<br />

fatte anche senza l’uso <strong>della</strong> ragione, come il trasgredire le regole delle tradizioni che, in questo<br />

caso, ci possono riguardare solo dietro espresso invito <strong>dei</strong> nostri parenti ed amici.<br />

Chi ci vuole bene ci chiama a partecipare alle proprie ricorrenze festose, chi non ci chiama non<br />

dev’essere affrontato con l’intrusione.<br />

Chi va al mulino, s’infarina.<br />

Il proverbio si rifà ai mulini di una volta il cui funzionamento produceva un’impalpabile polvere di<br />

frumento che si posava sui vestiti di chi andava al molino a comprare la farina rendendoli bianchi.<br />

E’ un monito contro le cattive frequentazioni che possono lasciare contagi sgraditi. Chi frequenta<br />

ladri finisce anche lui per rubare.<br />

Un proverbio analogo è “Il carbonaio dove tocca, tinge”.

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