29 DH PRATICA (1-51).qxp - Fondazione Maitreya
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<strong>29</strong> <strong>DH</strong> <strong>PRATICA</strong> (1-<strong>51</strong>).<strong>qxp</strong> 19/06/2008 19.59 Pagina 16<br />
16<br />
TUCCHO POTHILA:<br />
il VENERABILE “DOTTRINA VUOTA”<br />
ne conosce tutte le vicissitudini. Ecco perché meditiamo<br />
sulla parola ‘Buddho’, per conoscere la mente<br />
oltre la mente. Osservate tutti i suoi movimenti,<br />
buoni o cattivi, finché il conoscitore comprende<br />
che la mente è soltanto la mente, non un sé o una<br />
persona. È ciò che si definisce cittånupassanå, la<br />
contemplazione della mente. Contemplando così<br />
scopriremo che è impermanente, imperfetta e priva<br />
di un proprietario. Che questa mente non ci appartiene.<br />
Sradicare l’attaccamento<br />
Riassumendo: la mente è ciò che riconosce gli<br />
significa sradicare la sofferenza, oggetti dei sensi, i quali sono distinti dalla mente;<br />
dal momento che la sofferenza il conoscitore è ciò che conosce tanto la mente che<br />
deriva dall’attaccarsi ai cinque gli oggetti dei sensi per quelli che sono. Dobbiamo<br />
khandha. Non dai cinque<br />
ricorrere a sati per ripulire di continuo la mente.<br />
khandha in quanto tali, ma dal Tutti hanno sati; anche un gatto, quando va a cac-<br />
vederli come qualcosa che ci cia di topi. Un cane la possiede quando abbaia ai<br />
appartiene. Quando se ne vede passanti. Anche questa è sati, ma non è quella del<br />
chiaramente la natura attraverso Dhamma. Benché tutti la possiedano, ne esistono<br />
la pratica meditativa, la<br />
diversi livelli, come ci sono molti livelli nel modo<br />
sofferenza non fa più presa, come di guardare le cose. Come quando parlo della con-<br />
un bullone svitato. La mente templazione del corpo; c’è che mi dice: “Ma cosa<br />
fa lo stesso movimento del<br />
c’è da contemplare? È sotto gli occhi di tutti. Keså e<br />
bullone, allenta la presa, si tira lomå li vediamo già. E allora? La gente è fatta così.<br />
indietro dall’ossessione del bene Certo che vede il corpo, ma è una visione distorta,<br />
e del male, del possesso,<br />
non vede attraverso il Buddho, il conoscitore, il ri-<br />
dell’approvazione sociale, della<br />
svegliato. Vede con gli occhi fisici, alla maniera or-<br />
felicità e della sofferenza.<br />
dinaria. Vedere il corpo non è abbastanza.<br />
Ignorare la verità dei khandha è<br />
Limitarsi a questo è fonte di guai. Bisogna vedere il<br />
come avvitare il bullone sempre<br />
corpo dentro il corpo, allora si comincia a capire.<br />
più stretto, finché a furia di<br />
Vederlo e basta ci espone ai suoi inganni, al fascino<br />
stringere ci si conficca dentro e<br />
del suo aspetto esteriore. Quando non si vede l’im-<br />
lacera, lasciandosi esposti a ogni<br />
permanenza, l’imperfezione e l’assenza di un pro-<br />
genere di sofferenza.<br />
prietario, si produce kåmachanda, il desiderio sensoriali.<br />
Ci si lascia sedurre dalle forme, dai suoni, dagli<br />
odori, dai sapori e dalle sensazioni. Vedere così è vedere con gli ordinari<br />
occhi di carne, che si spingono all’amore e all’odio e a discriminare<br />
fra piacevole e spiacevole.<br />
Il Buddha ha insegnato che non basta. Bisogna vedere con gli occhi<br />
della mente. Vedere il corpo nel corpo. Provate a guardarci dentro...<br />
che disgusto! Ci sono le cose di oggi mischiate alle cose di ieri, non ci si