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29 DH PRATICA (1-51).qxp - Fondazione Maitreya

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<strong>29</strong> <strong>DH</strong> <strong>PRATICA</strong> (1-<strong>51</strong>).<strong>qxp</strong> 19/06/2008 20.00 Pagina 36<br />

36<br />

Vogliamo parlare della<br />

FELICITÀ?<br />

[3] Henri Bergson,<br />

«Les deux sources<br />

de la morale<br />

et de la religion»<br />

in Remarques<br />

finales, PUF, 7a ed.,<br />

Parigi 1997, p. 319.<br />

[4] Ruut Veenhoven,<br />

«Progrès dans la<br />

compréhension du<br />

bonheur», Revue<br />

québécoise de<br />

psychologie, 1997,<br />

18 : <strong>29</strong>-79.<br />

[5] André Burguière,<br />

in Le Nouvel<br />

Observateur,<br />

numero speciale<br />

«Le Bonheur»,<br />

1988, p. 24.<br />

[6] Robert Misrahi,<br />

Le Bonheur, essai<br />

sur la joie, Optiques,<br />

Hatier, Parigi<br />

[7] André<br />

Comte-Sponville,<br />

Le Bonheur,<br />

désespérément,<br />

Pleins Feux, Nantes<br />

2000.<br />

[8] Sant’Agostino,<br />

Confessioni, X 23.<br />

[9] Aristotelele.<br />

Éthique à<br />

Nicomaque, trad.<br />

di J. Voilquin,<br />

Garnier-Flammarion,<br />

Parigi 1961 (I, 4).<br />

[10] Katherine<br />

Mansfield, Bliss &<br />

Other Stories, Ayer,<br />

197<br />

stato da tutte le illusioni e le sdolcinatezze che ispira, potrebbe aver deciso<br />

di sottrarsi al suo inganno. Diverse persone ritengono che parlare di “ricerca<br />

della felicità” sia quasi di cattivo gusto. Rivestiti di una corazza di boria<br />

intellettuale, se ne fanno beffe, quasi si trattasse di una romanzetto all’acqua<br />

di rose.<br />

Come siamo giunti a una svalutazione del genere? È forse colpa della<br />

natura artificiosa e forzata della felicità, così come ci viene proposta dai<br />

media e dai paradisi artificiali? O è il segno del fallimento dei metodi maldestri<br />

comunemente adottati nel tentativo di ottenere una felicità duratura?<br />

Meglio dunque patteggiare con l’angoscia, che cercare di sbrogliare la matassa<br />

della felicità e della sofferenza con tutta la sincerità e la perspicacia<br />

necessarie?<br />

Dice Henri Bergson: «La nostra concezione della felicità è complessa e<br />

confusa; si tratta di uno di quei concetti che l’umanità ha voluto lasciare vaghi,<br />

di modo che ognuno potesse definirlo a suo piacimento». [3] Da un<br />

punto di vista pratico, lasciare che quello della felicità resti un concetto vago<br />

non sarebbe troppo grave, se si trattasse al massimo di un sentimento<br />

fugace e privo di conseguenze. Ma la faccenda è ben più complessa, giacché<br />

qui parliamo di un modo d’essere che finisce per determinare ogni<br />

istante della nostra vita. Che cos’è dunque la felicità?<br />

UN ASSORTIMENTO STUPEFACENTE<br />

I sociologi (di cui riparleremo) definiscono la felicità come «il grado di<br />

valutazione positiva della qualità della propria esistenza, considerata nel<br />

suo complesso. Per dirla altrimenti, la felicità esprime fino a che punto un<br />

individuo ama la vita che conduce». [4] Tutto dipende ovviamente da cosa<br />

intendiamo per “amare la vita”: si tratta di una soddisfazione profonda, o si<br />

riduce a un semplice apprezzamento delle condizioni esteriori che caratterizzano<br />

lo svolgersi della nostra esistenza? Secondo qualcuno, la felicità non sarebbe<br />

altro che «un’impressione specifica, fuggevole, la cui intensità e durata<br />

variano secondo la disponibilità dei beni che la rendono possibile». [5] Se<br />

prendiamo per buona quest’ultima definizione, ci troveremmo dunque al cospetto<br />

di qualcosa d’inafferrabile, dipendente in tutto e per tutto da circostanze<br />

sulle quali non possiamo avere un controllo assoluto. Il filosofo<br />

Robert Misrahi ritiene invece che la felicità sia «l’irradiarsi della gioia sull’intera<br />

esistenza, o sul vissuto più recente e attuale, sul presente che si sta vivendo<br />

e sull’avvenire più facilmente ipotizzabile». [6] Potrebbe quindi rappresentare<br />

uno stato d’animo duraturo? Secondo André Comte-Sponville,<br />

«possiamo chiamare felicità tutto il lasso di tempo nel corso del quale la gioia<br />

sembra a nostra immediata portata». [7] E se facessimo in modo che quel tem-

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