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29 DH PRATICA (1-51).qxp - Fondazione Maitreya

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<strong>29</strong> <strong>DH</strong> <strong>PRATICA</strong> (1-<strong>51</strong>).<strong>qxp</strong> 19/06/2008 20.01 Pagina 48<br />

48<br />

DOGEN, NAGARJUNA e... ZERO:<br />

IL SEGRETO DEL KOAN<br />

[3] Sia per quanto<br />

riguarda la<br />

traduzione che per<br />

le notizie su Sho – ji<br />

seguo le linee guida<br />

di un inedito di Jiso –<br />

G. Forzani.<br />

[4] Più<br />

correttamente<br />

andrebbero<br />

chiamati morfemi,<br />

ossia: “unità<br />

minime dotate<br />

di significato”.<br />

[5] In questa sede<br />

non è possibile<br />

riprodurre gli<br />

ideogrammi.<br />

[6] Cfr. La rivelazione<br />

del Buddha, vol. II:<br />

Il grande veicolo,a c.<br />

di Raniero Gnoli,<br />

Mondadori, Milano<br />

2004, 585 ss.<br />

[7] Il senso letterale<br />

di “samo – åra” è<br />

“cerchio/circolo”<br />

(sam) e<br />

“volgersi/girare<br />

attorno” (sar).<br />

La traduzione cinese<br />

letterale del termine<br />

è composta da due<br />

ideogrammi<br />

traslitterati con<br />

lunhui, in<br />

giapponese<br />

pronunciati rinne.<br />

[8] Più noto con il<br />

titolo letto in<br />

giapponese, Keitoku<br />

Dento – roku,<br />

compilato nel 1004<br />

da un monaco della<br />

scuola Fayan (Ho – gen<br />

in giapp.), una delle<br />

cinque scuole del<br />

Chan. Contiene<br />

detti e aneddoti<br />

relativi a 1700<br />

monaci delle scuole<br />

Chan.<br />

da Såkyamuni nella lontana valle del Gange, senza dubbio ci troveremmo<br />

di fronte ad un dato significativo.<br />

Il capitolo Sho – ji -letteralmente Nascita/vita e morte- dello Sho – bo – genzo –<br />

[3] di Do – gen, a differenza di molti lavori dello stesso autore ha il pregio<br />

di essere scritto in giapponese invece che in cinese e grazie al largo uso<br />

di caratteri fonetici è di comprensione piana e semplice. Le difficoltà di<br />

traduzione questa volta non sono dovute al solitamente complesso linguaggio<br />

di Do – gen ma al passaggio di comprensione e ricomposizione<br />

in un diverso strumento semantico, passaggio necessario a riprodurre<br />

in logos/suono di una lingua occidentale ciò che è espresso in altro<br />

modo. E questo altro modo consiste soprattutto in una relazione, intellettuale<br />

ed emotiva, tra me e “ciò” di cui si parla. La parola/suono è già<br />

pensiero, non per nulla logos indica entrambi. Il segno orientale, in particolare<br />

quello usualmente e impropriamente detto ideogramma [4], indica<br />

il rapporto tra me e un certo “argomento” e questa connessione<br />

non è una parola/logos/pensiero ma una complessità mutevole, articolata<br />

e perciò esprimibile con molte differenti parole. Sono due sistemi<br />

di comunicazione separati, non dialogano direttamente. Proprio come<br />

il colore e il suono.<br />

LE PAROLE NON SONO COLORI<br />

La prima frase di Sho – ji dice: «Sho – ji no naka ni hotoke areba sho – ji<br />

nashi. Mata iwaku, sho – ji no naka ni hotoke nakereba sho – ji ni madowazu»<br />

[5]. Poco oltre troviamo: «Tada sho – ji sunawachi nehan to kokoroete».<br />

Il primo brano, tenendo conto che gli ideogrammi non sono né sostantivo<br />

né verbo né aggettivo e possono assolvere a tutte quelle funzioni,<br />

lo traduciamo con: «Quando nella vita e morte c’è Buddha, vita e morte<br />

non c’è. E’ detto inoltre: quando nella vita e morte non c’è Buddha, non<br />

ci si inganna riguardo a vita e morte». Traduciamo anche la seconda<br />

frase: «Comprendete con chiarezza: vita e morte, il nostro nirvåna».<br />

✍<br />

Mauricio Yushin Marassi, ordinato monaco zen nel 1980<br />

nel monastero giapponese di Antaiji, è tornato in Italia come<br />

testimone missionario della scuola Soto. Si occupa<br />

attivamente di dialogo interreligioso e partecipa dalla<br />

fondazione alla Comunità Stella del Mattino. Tra i suoi scritti:<br />

Piccola guida al buddismo zen nei paesi del tramonto<br />

(Marietti 2000), Intelligenza volse a settentrione, umorismo<br />

e meditazioni buddiste (Marietti 2002).

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