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29 DH PRATICA (1-51).qxp - Fondazione Maitreya

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<strong>29</strong> <strong>DH</strong> <strong>PRATICA</strong> (1-<strong>51</strong>).<strong>qxp</strong> 19/06/2008 20.01 Pagina 44<br />

44<br />

Vogliamo parlare della<br />

FELICITÀ?<br />

[18] Rabindranath<br />

Tagore, Stray Birds,<br />

The Macmillan<br />

Company, New York<br />

1916: LXXV.<br />

[19] Nicolas de<br />

Chamfort, Maximes,<br />

Gallimard, Parigi.<br />

Stendhal, dal canto<br />

suo, scrisse una<br />

lettera alla sorella<br />

Pauline Beyle:<br />

“Credo, e lo<br />

dimostrerò in<br />

segutio, che ogni<br />

infelicità scaturisca<br />

dall’errore, e che<br />

ogni felicità sia frutto<br />

della verità”<br />

Stendhal, lettera alla<br />

sorella Pauline<br />

Beyle, in<br />

Correspondance,<br />

Gallimard, Parigi<br />

1963-1968.<br />

[20] Stendhal, lettera<br />

alla sorella Pauline<br />

Beyle, in<br />

Correspondance,<br />

Gallimard, Parigi<br />

1963-1968. op. cit.,<br />

1963-1968.<br />

Ma la felicità non è nemmeno una condizione di esaltazione da perpetuare<br />

a ogni costo. Si tratta piuttosto dell’eliminazione delle tossine mentali,<br />

come l’odio e gli infiniti assilli che non fanno altro che avvelenare la nostra<br />

mente. Per riuscirci è necessario acquisire una conoscenza più profonda<br />

del funzionamento della mente e conquistarsi una percezione più equilibrata<br />

della realtà.<br />

REALTÀ E CONOSCENZA<br />

Che cosa intendiamo dunque per realtà? Per i buddhisti, la realtà è la<br />

vera natura dei fenomeni, non condizionata dalle costruzioni mentali che<br />

siamo soliti sovrapporle. Sono proprio queste ultime a scavare un fossato<br />

tra la nostra percezione e la realtà delle cose, da cui deriva uno stato di<br />

eterno conflitto con il mondo intero. «Interpretiamo male il mondo e poi ci<br />

lamentiamo che ci tradisce», scriveva Rabindranath Tagore. [18]<br />

Consideriamo permanente ciò che in realtà è effimero e scambiamo per felicità<br />

ciò che in realtà è fonte di sofferenza: ci lasciamo ossessionare dalla<br />

brama di ricchezza, di potere, di fama e di piaceri. Secondo Chamfort «il<br />

piacere può trarre spunto dall’illusione, ma la felicità si basa sulla verità».<br />

[19] Dal canto suo, Stendhal scriveva: «Credo, e sono pronto a dimostrarlo,<br />

che ogni dolore derivi unicamente dall’errore e che qualsiasi felicità possiamo<br />

sperimentare derivi dalla verità». [20] La retta cognizione della verità<br />

costituisce quindi una delle componenti fondamentali di sukha.<br />

Per cognizione non s’intende però la padronanza di una massa d’informazioni<br />

e di conoscenze, quanto piuttosto la comprensione della vera natura<br />

delle cose. In effetti, siamo soliti percepire il mondo esterno come un insieme<br />

di entità autonome, alle quali attribuiamo le caratteristiche che riteniamo<br />

gli appartengano intrinsecamente. A seconda della nostra esperienza<br />

quotidiana, le cose ci sembrano in sé e per sé “piacevoli” o “spiacevoli”,<br />

mentre le persone che incontriamo ci appaiono “buone” o “cattive”. Anche<br />

l’io che le percepisce ci sembra del tutto concreto e reale. Tale equivoco, che<br />

i buddhisti chiamano “ignoranza”, è all’origine di forti manifestazioni di<br />

attaccamento e avversione, che generalmente conducono alla sofferenza.<br />

Etty Hillesum l’ha espresso concisamente in questi termini: «Il più grande<br />

ostacolo è sempre la rappresentazione, non la realtà stessa». [21] Il samsara,<br />

la dimensione dell’ignoranza e della sofferenza, non è una condizione fondamentale<br />

dell’essere, ma soltanto un universo mentale basato sulla falsa<br />

concezione della realtà che ci siamo costruiti.<br />

Secondo il buddhismo, il mondo delle apparenze fenomeniche deriva<br />

dal concorso di un numero infinito di cause e condizioni che mutano incessantemente.<br />

Come l’arcobaleno che si forma allorché il sole risplende attra-

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