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ANNO XLVI - N. 3 - Istituto del Nastro Azzurro

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truppe papaline l’avrebbe condotta l’esercito regolare.<br />

Rimase male, ma si fece da parte. Del resto, Garibaldi era<br />

l’uomo che, fermato mentre stava marciando vittoriosamente<br />

verso Trento, disse “obbedisco”. C’era abituato.<br />

In effetti possiamo affermare che, se Cavour fu l’artefice<br />

<strong>del</strong>l’unità, l’esecutore materiale fu senz’altro Garibaldi.<br />

Eppure, l’eroe dei due mondi era sempre poco considerato<br />

a corte, come nei salotti buoni, in parlamento (fu senatore<br />

IL NASTRO AZZURRO<br />

<strong>del</strong> regno) come nei circoli politici, ecc… La scarsa considerazione<br />

non si riferiva alla sua indubbia capacità tattica,<br />

quanto piuttosto alla sua estrazione sociale. Egli, infatti,<br />

anche se ha quasi sempre vinto ogni battaglia nella quale si<br />

è cimentato, e sono state molte, non era un militare “professionista”.<br />

Era un autentico, romantico, incorreggibile avventuriero<br />

e, come tale, più che essere promotore di atti e gesta,<br />

era solo l’abile ed infallibile “esecutore” di imprese pianificate<br />

da altri con scopi che talvolta a lui sfuggivano perfino,<br />

ma nelle quali si gettava a capofitto con ardore e generosità.<br />

Quando poi si avvedeva che le cose prendevano una<br />

piega a lui sgradita, si ribellava con tutte le sue forze, ma<br />

non veniva mai meno agli impegni presi.<br />

I frequenti “ritiri” nella sua isola di Caprera erano altrettante<br />

dichiarazioni di rabbiosa presa di distanze dagli intrighi<br />

<strong>del</strong>la politica che pure tanto doveva a Garibaldi e alla<br />

quale Garibaldi stesso doveva tutto.<br />

Resta comunque un fatto: l’unità d’Italia è stata voluta<br />

da Vittorio Emanuele II, pianificata da Camillo Cavour, ma<br />

è stata effettivamente “completata”, dai mille di Giuseppe<br />

Garibaldi.<br />

Antonio Daniele<br />

LA MEDAGLIA D’ORO GIUSEPPE GARIBALDI<br />

Nacque a Nizza il 4 luglio 1807, da Domenico e<br />

Rosa Raimondo e morì a Caprera il 2 giugno 1882.<br />

Giovanetto, corse i mari col padre, capitano marittimo;<br />

poi la natura generosa ed ardente lo spinse sugli oceani<br />

e verso lontane terre. In America avvicinò<br />

esuli e proscritti infiammandosi all’idea<br />

di libertà.<br />

Si arruolò marinaio di 3^ classe nel<br />

Corpo degli equipaggi sardi col nome di<br />

guerra Cleombroto (matricola 280) e, nel<br />

1834, fuggì in America perché condannato<br />

a morte in contumacia per la sua partecipazione<br />

ai moti insurrezionali nel<br />

Piemonte. Nelle Repubbliche Americane<br />

<strong>del</strong> Sud combatté ovunque vi fosse una<br />

causa di libertà e di giustizia da difendere.<br />

Il grande amore di Patria lo richiamò in<br />

Italia a combattere per l’indipendenza<br />

<strong>del</strong>la sua terra: nel 1848 fu in Lombardia<br />

contro l’Austria e a difesa <strong>del</strong>la Repubblica<br />

Romana nel 1849. Le prime tappe gloriose<br />

<strong>del</strong>la sua vita eroica in terra italiana.<br />

Nel 1859, nominato generale<br />

nell’Esercito sardo, assunse il comando<br />

<strong>del</strong>la brigata “Cacciatori <strong>del</strong>le Alpi”, nella<br />

quale affluirono volontari di ogni condizione sociale provenienti<br />

dalle varie regioni <strong>del</strong>la penisola, veterani <strong>del</strong>le precedenti<br />

guerre e coscritti alle prime armi, solo infiammati<br />

dal grande ardore per la causa nazionale e dal fascino <strong>del</strong><br />

condottiero che così valorosamente si batteva per la libertà.<br />

Partito il 20 maggio da Biella, passò il Ticino la notte <strong>del</strong><br />

23, occupò di sorpresa Sesto Calende ed entrò la sera <strong>del</strong>lo<br />

stesso giorno in Varese. Quindi, con geniale manovra ed<br />

impetuoso ardimento, aggirando dalla destra il nemico che<br />

tentava d’impedirgli la via di Como, lo sconfisse inesorabilmente<br />

a S.Fermo, il 27 maggio, obbligando così il maresciallo<br />

austriaco Urban a ripiegare su Monza.<br />

Il personale valore <strong>del</strong> Condottiero fu<br />

premiato con la Medaglia d’Oro concessagli<br />

con Regio Decreto 8 giugno 1859 “per<br />

le prove di intrepidezza e bravura nei combattimenti<br />

contro gli Austriaci a Varese ed<br />

a Como”.<br />

Dal maggio all’ottobre <strong>del</strong> 1860 portò<br />

le sue “Camicie Rosse”, con lo slancio<br />

<strong>del</strong>la fede e con la ferrea volontà di vincere<br />

o di morire, da Marsala al Volturno, consegnando<br />

alla storia l’impresa leggendaria<br />

dei mille.<br />

Seguirono: nel 1862 l’episodio di<br />

Aspromonte, nel 1866 le operazioni militari<br />

sulle Alpi <strong>del</strong> Trentino contro l’Austria e<br />

nel 1867 Mentana. Nell’autunno <strong>del</strong> 1870,<br />

dimentico <strong>del</strong>l’offesa di Mentana, generosamente<br />

combatté a Digione coi suoi<br />

volontari nella guerra franco-germanica.<br />

Il grande silenzio di Caprera, nella solitudine<br />

e nel raccoglimento, concluse la<br />

vita <strong>del</strong> “Cavaliere <strong>del</strong>l’umanità” che aveva<br />

reso l’ideale di libertà e di giustizia non privilegio di pochi,<br />

ma diritto di tutti.<br />

(tratto dal volume “Le Medaglie d’Oro al Valor Militare dal<br />

1848 al 1870” edito a cura <strong>del</strong> Gruppo M.O.V.M. – Ediz.<br />

1950)<br />

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