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Untitled - RAPACI DELLE GRAVINE

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L’ Avifauna di interesse comunitario<br />

delle gravine ioniche<br />

Risultati di ricerche e monitoraggi<br />

effettuati nella ZPS e SIC “Area delle Gravine” dal 2004 al 2007.<br />

Filippo Bellini, Nicola Cillo, Vittorio Giacoia & Marco Gustin (eds.) 2008.<br />

Relazioni scientifiche a cura di:<br />

Michele Bux,<br />

Filippo Bellini,<br />

Guido Ceccolini,<br />

Anna Cenerini,<br />

Nicola Cillo,<br />

Vittorio Giacoia,<br />

Marco Gustin,<br />

Marisa Laterza,<br />

Maurizio Marrese,<br />

Serena Scorrano,<br />

Antonio Sigismondi,<br />

Alberto Sorace,<br />

Francesca Zintu.<br />

Revisione dei testi:<br />

Marco Gustin<br />

progetto grafico, impaginazione e illustrazioni di copertina:<br />

Nicola Cillo<br />

Stampa:<br />

Pubblicità&Stampa, Bari<br />

Gli autori ringraziano Michele Mendi<br />

per le foto concesse per questo volume<br />

Per la citazione di lavori presenti in questo volume,<br />

la redazione raccomanda la seguente dizione:<br />

Michele Bux, 2008. Grillaio Falco naumanni. In: Bellini F., Cillo N.,<br />

Giacoia V. & Gustin M. (eds.) 2008. L’Avifauna di interesse comunitario<br />

delle gravine ioniche. Oasi LIPU Gravina di Laterza, Laterza (Ta). pp 38-41.<br />

Copyright © 2008<br />

OASI LIPU GRAVINA di LATERZA.<br />

Tutti i diritti sono riservati.<br />

Il contenuto di questa pubblicazione,<br />

immagini e testi, è di proprietà degli autori.<br />

Nessuna parte può essere utilizzata,<br />

in alcun modo e su qualsiasi mezzo,<br />

senza l’autorizzazione scritta dell’autore.<br />

Comune di Laterza<br />

www.comune.laterza.ta.it<br />

Regione Puglia<br />

Assessorato all’Ecologia<br />

POR PUGLIA 2000-2006<br />

“Piano d’azione per la conservazione<br />

del Capovaccaio e azioni di conservazione<br />

del Grillaio, Nibbio reale e del Nibbio Bruno<br />

nella ZPS-SIC AREA <strong>DELLE</strong> <strong>GRAVINE</strong>”.


i l v o l o d e i r a p a c i t e r r a d e l l e g r a v i n e<br />

Così come la pietra carsica, le alte coste rocciose, le<br />

pseudosteppe, anche il volo dei rapaci appartiene al paesaggio<br />

della nostra regione.<br />

Difficile non citare la passione che Federico II provava<br />

verso questi animali, una passione oggi sostituita dallo studio<br />

e dall’interesse che queste specie stimolano in intere generazioni<br />

di tecnici e studiosi. Interessi posti al centro delle attenzioni<br />

della Comunità Europea che individuano nei grillai, nei<br />

bianconi, nei nibbi che vivono in Puglia ineludibili componenti<br />

della biodiversità mediterranea.<br />

Come sia fatto un rapace ormai lo sanno tutti, il becco<br />

adunco, gli artigli, l’acutissima vista, ma vi sono ancora molti<br />

aspetti della vita di questi animali che vanno appresi e considerati.<br />

Appresi e considerati non per mera accademia, ma<br />

per procedere all’odierna fase che impone all’uomo di gestire<br />

e condurre politiche di attenzione. Un’attenzione che questo<br />

governo regionale non può che incentivare e fare propria, per<br />

controllare le attività dell’uomo che causano profonde modifiche<br />

sull’ambiente e per procedere a operazioni di recupero<br />

di ecosistemi dove vivono queste e altre numerosissime specie.<br />

L’istituzione di dodici nuovi parchi regionali, tra i quali<br />

spiccano il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine” e<br />

quello del fiume “Ofanto”, testimonia un non facile percorso<br />

di mediazione e di confronto tra diverse culture, modelli di<br />

sviluppo e politiche che oggi non possono non prendere atto<br />

che la cultura della natura sia una delle risorse primarie della<br />

Puglia.<br />

Difficile, allora, immaginare lo spettacolare fenomeno<br />

geologico delle gravine senza i rapaci, suoi principali attori,<br />

un sentito ringraziamento va, quindi, all’impegno di coloro<br />

che hanno coordinato e collaborato alla realizzazione della<br />

raccolta dati e alla stesura del presente volume.<br />

Michele Losappio<br />

A s s e s s o r e a l l ’ E c o l o g i a R e g i o n e P u g l i a<br />

Questo volume scientifico che tratta dell’avifauna di interesse conservazionistico presente nella ZPS-<br />

SIC “Area delle Gravine”, è il primo in assoluto, ad affrontare tali argomenti tanto interessanti quanto urgenti<br />

nel nostro territorio.<br />

Questa Amministrazione persegue, da diversi anni ormai, una politica favorevole alla valorizzazione e<br />

conservazione del proprio straordinario patrimonio naturale.<br />

La collaborazione con la LIPU e la Provincia di Taranto nella gestione di una realtà che va consolidandosi<br />

negli anni, ha portato a raggiungere lusinghieri risultati nel settore del recupero e della conservazione, nonchè<br />

nella educazione e valorizzazione ambientale della Gravina di Laterza.<br />

Grazie al lavoro della LIPU, grazie ai contributi Comunitari del POR Puglia 2000-2006, al PIS Habitat<br />

Rupestre e ad altre forme di cofinanziamento di tipo Comunitario, che questa Amministrazione ha saputo<br />

intercettare, la Gravina di Laterza rivestirà nei prossimi anni un ruolo ancor più centrale nel catalizzare interessi<br />

culturali, naturali ambientali e turistici nell’ Area del Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”.<br />

La gravina è pertanto una risorsa, anzitutto culturale su cui puntare e da cui partire per creare nel territorio<br />

una forma di sviluppo ecocompatibile ed ecosostenibile.<br />

Inscindibile da questa auspicabile forma di sviluppo che continuerà a contenere storia, tradizioni,<br />

cultura e produzioni locali, sarà la conservazione delle nostre peculiarità naturalistiche ormai universalmente<br />

riconosciute. In questo senso l’avifauna delle gravine di importanza comunitaria riveste un ruolo fondamentale<br />

nella conservazione dei nostri ambienti. I rapaci in particolare, da sempre simboli di fierezza e potenza,<br />

assurgono un ruolo leader nella conservazione delle gravine, loro abituali dimore.<br />

E’ con estremo piacere che pertanto ho l’onore di presentare il primo volume dedicato ai rapaci delle<br />

nostre gravine. Un utilissimo strumento per le Amministrazioni Comunali del comprensorio, per gli Enti di<br />

gestione delle Aree protette, un sicuro supporto alle politiche gestionali e di tutela del territorio, ma anche un<br />

utilissimo strumento per le scuole, per il cittadino che vuole approfondire le proprie conoscenze sul locale<br />

patrimonio faunistico.<br />

Giuseppe Cristella<br />

S i n d a c o d i L a t e r z a<br />

2 3


A n t o n i o S i g i s m o n d i<br />

I rapaci rappresentano, in quanto predatori al vertice<br />

delle catene trofiche, uno dei gruppi di specie<br />

maggiormente sensibili alle alterazioni ambientali<br />

e pertanto rappresentano un ottimo indicatore<br />

dello stato di conservazione degli ecosistemi. La<br />

conoscenza del loro status è quindi estremamen-<br />

te utile ai fini della gestione e conservazione delle<br />

risorse naturali.<br />

Obbiettivo del presente lavoro è l’analisi dello<br />

stato di conservazione dei rapaci diurni e notturni<br />

presenti in Puglia. Per l’analisi sono state prese in<br />

considerazione solo le specie che risultano nidificanti<br />

a partire dal secolo scorso, escludendo le<br />

altre categorie fenologiche, e valutando lo status<br />

di conservazione con il criterio della Lista Rossa<br />

IUCN con le seguenti sigle: estinto in natura (EX),<br />

in pericolo in modo critico (CR), in pericolo (EN),<br />

Vulnerabile (VU), a più basso rischio (LR)).<br />

Le specie nidificanti di rapaci diurni presenti in regione<br />

sono risultate 18, mentre le specie di rapaci<br />

notturni sono risultate 6. Il loro status è riassunto<br />

nella tabella allegata utile a sintetizzare il maggior<br />

numero di informazioni.<br />

Si tratta di un valore di biodiversità elevato con<br />

alcune specie, Grillaio (Falco naumanni) e Lanario<br />

(Falco biarmicus), presenti con popolazioni di as-<br />

soluta importanza internazionale.<br />

Complessivamente lo stato di conservazione dei<br />

rapaci di Puglia appare abbastanza critico, infatti,<br />

solo 4 specie sono escluse dalla lista in quanto<br />

non inserite in nessuna delle categorie a rischio.<br />

Quattro specie sono segnalate come certamente<br />

4<br />

estinte, in quanto negli ultimi 10 anni non risultano<br />

nidificanti Falco di palude (Circus aeruginosus),<br />

Falco della regina (Falco eleonorae). Aquila del Bonelli<br />

(Hieraetus fasciatus) e Falco Pescatore (Pandion<br />

haliaetus), sono segnalate nidificanti dubbie<br />

in tempi storici.<br />

Complessivamente 9 specie sono inserite nelle tre<br />

principali categorie di rischio. Due, Capovaccaio<br />

(Neophron percnopterus) e Albanella minore (Circus<br />

pygargus) sono vicine all’estinzione, se non già<br />

virtualmente estinte.<br />

Meno grave appare la situazione per Nibbio reale<br />

(Milvus milvus) e Gufo reale (Bubo bubo). Alcune<br />

specie hanno localmente situazioni molto a rischio<br />

come il Lanario sulla Murgia barese, il Nibbio<br />

bruno (Milvus migrans) sui Monti dauni, il Bianco-<br />

ne (Circaetus gallicus) sul Gargano.<br />

Tre specie attraversano una fase di trend favore-<br />

vole essendo in aumento almeno in alcune aree,<br />

il Falco Pecchiaiolo (Pernis apivorus) rappresen-<br />

la forte riduzione della popolazione nidificante di Nibbio reale sui<br />

Monti Dauni, sembra dovuta alla realizzazione di impianti eolici.<br />

M. MARRERSE<br />

ta una recente colonizzazione come nidificante,<br />

il Biancone è in aumento sulla Murgia barese, la<br />

Poiana (Buteo buteo) in tutta la regione.<br />

Il Nibbio reale e il Nibbio bruno sono in leggera ri-<br />

presa solo nell’area delle Gravine, probabilmente<br />

per l’effetto positivo dovuto alla realizzazione del<br />

carnaio finanziato dalla regione con il presente<br />

progetto POR nella Gravina di Laterza.<br />

Il Grillaio ha attraversato una fase di aumento per<br />

alcuni anni, da qualche anno appare in controten-<br />

denza evidenziando una certa riduzione.<br />

Di quattro specie, non abbiamo un quadro sullo<br />

status di conservazione esauriente Sparviere (Ac-<br />

cipiter nisus), Astore (Accipiter gentilis), Lodolaio<br />

(Falco subbuteo) Assiolo (Otus scops), dovuto alla<br />

carenza di ricerca scientifica svolta a livello regio-<br />

nale.<br />

Tra i principali fattori di minaccia oltre alla stori-<br />

ca trasformazione e semplificazione degli habitat<br />

che risulta ancora intensa soprattutto a causa delle<br />

attività agricole e dell’urbanizzazione, si segna-<br />

lano nell’ultimo decennio nuovi fenomeni come<br />

la realizzazione di impianti eolici che sembrano<br />

alla base della forte riduzione del Nibbio bruno e<br />

del Nibbio reale nei Monti Dauni. Anche l’aumento<br />

delle attività del tempo libero come, scalata<br />

sportiva, parapendio, e/o escursionismo, su specie<br />

sensibili al disturbo antropico, potranno gio-<br />

care un ruolo non secondario nella conservazione<br />

di alcune specie.<br />

Tab. 1 Stato di conservazione dei rapaci di Puglia sulla base delle categorie IUCN<br />

L I S T A R O S S A<br />

L E G E N D A<br />

CATEGORIE DELLA LISTA ROSSA, SECONDO L’I.U.C.N.<br />

(1994), ADATTATE PER IL PRESENTE LAVORO.<br />

EX = estinto. Quando non vi è alcun dubbio che la<br />

specie da almeno dieci anni non si riproduce nell’area;<br />

re =di recente a partire dalla metà del novecento;<br />

st= in tempi storici, anteriormente alla<br />

metà del novecento;<br />

CR = in pericolo critico. Un taxon è in pericolo critico<br />

quando si trova ad un livello d’estinzione allo stato<br />

selvatico estremamente elevato nell’immediato<br />

futuro.<br />

EN = in pericolo. Un taxon è in pericolo quando non<br />

è in pericolo critico ma si trova ad un livello di<br />

estinzione allo stato selvatico molto alto in un<br />

prossimo futuro;<br />

VU = vulnerabile. Un taxon è vulnerabile quando non<br />

è in pericolo critico o in pericolo ma si trova ad un<br />

livello di estinzione allo stato selvatico nel futuro<br />

a medio termine.<br />

LR = a più basso rischio rischio. Un taxon è a più basso<br />

rischio quando è stato valutato che non soddisfa<br />

nessuna delle categorie in pericolo critico, in pericolo<br />

o vulnerabile;<br />

DD = carenza d’informazioni. quando non esistono<br />

informazioni adeguate per fare una diretta o indiretta<br />

valutazione del suo rischio di estinzione<br />

basandosi sulla sua distribuzione e/o sullo status<br />

delle popolazioni;<br />

NE = non valutato. Un taxon è NE quando si tratta soprattutto<br />

di specie segnalata in bibliografia ma la<br />

cui presenza appare estremamente improbabile.<br />

M I N A C C E<br />

INFLUENZE ANTROPICHE INDIRETTE:<br />

A1 = Bonifica delle zone umide.<br />

A2 = Trasformazione dell’habitat.<br />

A3 = Uso di biocidi e inquinamento eutrofizzazione<br />

acque.<br />

A4 = Incendio e taglio dei boschi.<br />

A = Modernizzazione delle attività agro-silvo-pastorali<br />

e ittiche.<br />

A6 = Attività del tempo libero, caccia, arrampicata,<br />

volo a vela, parapendio, ecc..<br />

A7 = Realizzazione impianti eolici.<br />

C1 = Cause naturali.<br />

D1 = Cause sconosciute.<br />

INFLUENZE ANTROPICHE DIRETTE:<br />

B1 = Bracconaggio.<br />

B2 = Lotta ai nocivi.<br />

B3 = Prelievo di adulti, piccoli/pulli, uova, stadi larvali<br />

a scopo commerciale o per collezionismo.<br />

B4 = Randagismo e vandalismo.<br />

B = Inquinamento genetico.<br />

B6 = Pesca eccessiva.<br />

B7 = Collisione cavi elettrici, impianti eolici.<br />

T R E N D<br />

STABILE IN AUMENTO IN LEGGERA<br />

RIDUZIONE<br />

IN FORTE<br />

RIDUZIONE


6 7<br />

SPECIE<br />

ESCLUSE<br />

Non a rischio


Complessivamente il quadro appare quindi abbastanza<br />

critico, tenendo conto della tendenza alla<br />

riduzione manifestato da diverse specie a livello<br />

regionale o locale. Molte specie sono presenti con<br />

popolazioni costituite da poche coppie, spesso localizzate<br />

e i fattori di trasformazione del territorio<br />

non sembrano arrestarsi.<br />

Senza un impegno forte da parte di tutte le am-<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

ministrazioni pubbliche è probabile che nel breve<br />

periodo un numero significativo di specie, importante<br />

patrimonio di biodiversità, sia irrimediabilmente<br />

perduto.<br />

Azioni mirate di conservazione, come quelle<br />

estremamente positive del presente progetto<br />

POR, vanno indubbiamente perseguite e incrementate.<br />

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8 9


V i t t o r i o G i a c o i a , F i l i p p o B e l l i n i , M a r c o G u s t i n<br />

In Italia le Regioni titolari di Programmi Operativi<br />

Regionali nell’Obiettivo 1 sono Basilicata, Calabria,<br />

Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. L’Autorità di<br />

Gestione di ciascun Programma è la rispettiva amministrazione<br />

regionale. Tutti i POR hanno un’impostazione<br />

uniforme e si dividono in sei capitoli:<br />

analisi della situazione di partenza, strategia di<br />

sviluppo, assi prioritari d’intervento, misure del<br />

Programma, piano finanziario, disposizioni di attuazione.<br />

L’articolazione del POR in Assi prioritari<br />

conclude il percorso logico che parte dall’analisi<br />

della situazione attuale e dall’esame delle esperienze<br />

del precedente ciclo di programmazione,<br />

individua gli obiettivi globali e il loro impatto sulle<br />

potenzialità dello sviluppo della regione e assume<br />

come riferimento per la programmazione le grandi<br />

aree in cui concentrare e integrare le scelte di<br />

investimento assicurando la loro coerenza interna.<br />

Gli assi prioritari, in tale contesto, non possono<br />

che essere identificati in corrispondenza delle<br />

grandi aree di intervento:<br />

Valorizzazione delle risorse ambientali e naturali<br />

– ASSE I “RISORSE NATURALI”;<br />

Valorizzazione delle risorse culturali – ASSE II “RI-<br />

SORSE CULTURALI”;<br />

Valorizzazione delle risorse umane – ASSE III “RI-<br />

SORSE UMANE”;<br />

Valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo – ASSE<br />

IV “SISTEMI LOCALI DI SVILUPPO”;<br />

Miglioramento della qualità delle città e della vita<br />

associata – ASSE V “CITTà”:<br />

Rafforzamento delle reti materiali e dei nodi di<br />

servizio – ASSE VI “RETI E NODI DI SERVIZIO”.<br />

Per quanto riguarda la Valorizzazione delle risorse<br />

ambientali e naturali ovvero l’Asse I “Risorse naturali”,<br />

gli obiettivi più significativi riguardano almeno<br />

in parte i siti Natura 2000 con alcune linee di<br />

intervento specifici su tali siti, come:<br />

1. Ripristino e fruibilità delle aree attraverso manutenzione,<br />

recupero e restauro dei beni paesaggistici<br />

ambientali, organizzazione della fruizione<br />

ambientale, recupero e ripristino degli ambiti<br />

degradati e vulnerabili (anche mediante l’eliminazione<br />

dei detrattori ambientali), miglioramento<br />

della capacità ricettiva e delle infrastrutture per<br />

la fruizione ambientale ed il turismo sostenibile,<br />

in coerenza con la pianificazione di riferimento,<br />

compresi gli strumenti di attuazione della normativa<br />

comunitaria per la Rete Natura 2000.<br />

2. Tutela e valorizzazione della biodiversità attraverso<br />

l’ampliamento delle conoscenze di base<br />

funzionali alla realizzazione della Rete Ecologica;<br />

interventi per la tutela di habitat/specie naturali<br />

e seminaturali; assistenza alla predisposizione dei<br />

Piani di Gestione dei Siti Natura 2000 e delle aree<br />

protette regionali; sensibilizzazione e divulgazione<br />

sui temi della Rete Ecologica; marketing territoriale<br />

e promozione di network tra aree protette.<br />

3. Promozione di azioni “di sistema” (indirizzi per<br />

le amministrazioni regionali), e di assistenza tecnica<br />

“locale” (diretta agli enti locali e agli enti di<br />

gestione delle aree protette), mirate all’approfondimento<br />

di temi specifici (ad es. applicazione<br />

della valutazione di incidenza, applicazione delle<br />

Linee Guida per la realizzazione dei Piani di Gestione<br />

dei siti Natura 2000, trasferimento di buone<br />

pratiche per la progettazione/realizzazione degli<br />

interventi) ed al rafforzamento della governance<br />

(supporto nelle procedure), anche mediante azioni<br />

di comunicazione ed informazione sulle tematiche<br />

della Rete Ecologica.<br />

4. Formazione ai soggetti beneficiari sui temi specifici<br />

relativi all’attuazione della Rete Ecologica<br />

(programmazione e gestione); formazione, riqualificazione<br />

ed aggiornamento professionale degli<br />

operatori dei settori coinvolti nella realizzazione<br />

della Rete Ecologica (ad esempio: artigianato,<br />

turismo, protezione dell’ambiente). In entrambi i<br />

casi, al fine del miglioramento delle competenze<br />

relative al settore, potranno anche essere previste<br />

azioni di affiancamento consulenziale, di sistema<br />

e di trasferimento di buone prassi.<br />

Il progetto pienamente inserito all’interno dell’asse<br />

I risorse naturali, del Programma Operativo della<br />

regione Puglia, ha contribuito attraverso un piano<br />

d’Azione alla conservazione del Capovaccaio<br />

(Neophron percnopterus). Ha inoltre contribuito<br />

alla conservazione di specie di interesse comuni-<br />

La Gravina di Laterza.<br />

tario con azioni di conservazione su specie prioritarie<br />

quali il Grillaio (Falco naumanni) e Lanario<br />

(Falco biarmicus), e su altre specie di interesse comunitario<br />

quali Nibbio reale (Milvus milvus), Nibbio<br />

bruno (Milvus migrans), Biancone (Circaetus<br />

gallicus), Gufo reale (Bubo bubo) nel SIC- ZPS “Area<br />

delle Gravine”.<br />

Una parte del SIC-ZPS “Area delle Gravine” è compresa,<br />

nel Parco Naturale Regionale “Terra delle<br />

Gravine”, istituito con Legge Regionale n. 18 del<br />

20 dicembre 200 .<br />

L’area è stata individuata da BildLife International<br />

come IBA (Important Bird Areas: Gravine, n°<br />

139)( (Heath & Evans 2000).<br />

Le attività di conservazione più importanti che<br />

hanno riguardato il progetto sono risultate:<br />

1) attività di controllo e sorveglianza del sito riproduttivo<br />

del Capovaccaio e di restocking;<br />

2) attivazione e mantenimento di risorse trofiche<br />

per il Capovaccaio, Nibbio bruno, Nibbio reale;<br />

3) attività di sensibilizzazione e divulgazione su<br />

tutte le specie;<br />

4) attività di monitoraggio in tutta l’area della ZPS,<br />

nei confronti delle specie inserite nella scheda Natura<br />

2000 riferita alla ZPS IT9130007.<br />

10 11<br />

V. GIACOIA


V i t t o r i o G i a c o i a , F i l i p p o B e l l i n i , M a r c o G u s t i n<br />

Le gravine sono gli elementi geomorfologici tipici<br />

dell’altopiano delle Murge e sono considerate le<br />

forme più importanti dell’evoluzione morfologica<br />

dell’arco ionico della provincia di Taranto.<br />

La loro origine è dovuta all’erosione operata dalle<br />

acque superficiali, la cui canalizzazione è stata<br />

favorita da sistemi di fratture presenti nelle rocce<br />

calcaree.<br />

L’area del progetto, oltre 26.000 ettari, è rappresentata<br />

dall’intero SIC (Sito di Importanza Comunitaria)<br />

e ZPS (Zona di Protezione Speciale) “Area<br />

delle Gravine” (IT9130007), che comprende i comuni<br />

di Laterza, Ginosa, Castellaneta, Palagianello,<br />

Crispiano, Massafra, Mottola, Palagiano e Statte<br />

(Fig. 1).<br />

L’area è costituita da 9 comuni per un totale di oltre<br />

1 0.000 abitanti, la cui residenza è concentrata<br />

prevalentemente nei centri urbani.<br />

La zootecnia rappresenta la principale attività agricola.<br />

Alta la produttività di foraggere utilizzando<br />

oltre che prati-pascolo, anche i querceti a Fragno,<br />

causando in diversi casi problemi di sovrapascolo<br />

e producendo difficoltà al rinnovamento del bosco<br />

stesso.<br />

La distribuzione delle gravine appare essere costituita<br />

da due semi archi affacciati sul golfo di Taranto.<br />

Il primo semiarco è disposto tra i 100 ed i 300 m,<br />

mentre il secondo è disposto tra i 300 ed i 00 m<br />

sul livello del mare.<br />

Il primo semiarco è più ricco di solchi erosivi ma<br />

più compromesso per quanto riguarda la coper-<br />

tura vegetazionale. Il semiarco alto, è invece caratterizzato<br />

da una più densa formazione forestale<br />

ed è connesso con il precedente da solchi erosivi<br />

in continuità.<br />

La vegetazione naturale appare ricca, con estese<br />

formazioni forestali in cui domina il Fragno (Quercus<br />

trojana), la Roverella (Quercus pubescens) e significative<br />

formazioni più o meno pure di Leccio<br />

(Quercus ilex) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis).<br />

Le gravine conservano delle specie faunistiche di<br />

particolare importanza, risultando l’unica area regionale<br />

al di fuori del gargano ad esempio come<br />

sito riproduttivo del Gufo reale. Risultano inoltre,<br />

nidificanti Lanario, Nibbio bruno, Biancone, e soprattutto<br />

Grillaio.<br />

Gli ambienti rupicoli delle gravine risultano importanti<br />

per altre specie quali Ghiandaia marina<br />

(Coracias garrulus), Passero solitario (Monticola<br />

solitarius), Monachella (Oenanthe hispanica melanoleuca),<br />

Rondone alpino (Apus melba) e Corvo<br />

imperiale (Corvus corax).<br />

Le pozze d’acqua sul fondo delle gravine sono<br />

l’habitat di specie rare come l’Ululone appenninico<br />

(Bombina pachypus).<br />

Nell’ambiente xerofilo delle gravine si osservano<br />

alcune specie di rettili importanti come: Colubro<br />

leopardino (Elaphe situla), Geco di Kotschy (Cyrtodactylus<br />

kotschy), e Cervone (Elaphe quatuorlineata).<br />

Come Sito di Importanza Comunitaria e Zona di<br />

Protezione Speciale, l’area delle gravine contiene<br />

importanti habitat prioritari e di interesse comu-<br />

nitario (All. I Direttiva Habitat, 43/92), così come<br />

specie animali prioritari e di interesse comunitario<br />

(All. II Direttiva Habitat 43/92 e All. I Direttiva Uccelli,<br />

79/409).<br />

In Tab. I si riassumono le principali caratteristiche<br />

del SIC/ZPS “Area delle Gravine” ed in particolare i<br />

dati generali del sito descritti nella scheda Natura<br />

2000, le caratteristiche ambientali, la percentuale<br />

di habitat inclusi nell’All. I della Direttiva Habitat,<br />

le specie ornitiche e non incluse nell’All. I della Direttiva<br />

Uccelli e nell’All. II della Direttiva Habitat e<br />

la vulnerabilità del sito.<br />

Pseudosteppa con Stipa austroitalica in fiore. Euphorbia dendroides.<br />

Una impenetrabile lecceta riveste i versanti della Gravina di Castellaneta.<br />

In particolare tra gli habitat prioritari della direttiva<br />

Habitat (43/92/CEE), risultano i percorsi substeppici<br />

di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea<br />

(Tab. I), che nell’area di studio<br />

rappresentano il 10% del sito e costituite comunque<br />

da limitate superfici a pseudosteppa con vegetazione<br />

a graminacee fra le quali è presente Stipa<br />

austroitalica e prati a Brachypodium ramosum<br />

all’interno della macchia mediterranea.<br />

Tra gli habitat di interesse comunitario accertati<br />

(Tab. I), si evidenziano:<br />

1) Pareti calcaree con vegetazione casmofitica,<br />

12 13<br />

N. CILLO<br />

N. CILLO<br />

N. CILLO


Fig. 1 Le gravine dell’arco ionico della provincia di Taranto in cui è compreso il SIC-ZPS IT9130007<br />

14 1


un associazione rupestre inquadrabile nell’associazione<br />

Aurinio-Centauretum apulae;<br />

2) pinete di pini mesogeni endemici, che si inquadra<br />

nell’associazione Pistacio-Pinetum halepensis;<br />

3) querceti di Quercus trojana;<br />

4) foreste di Quercus ilex;<br />

) vegetazione di Euphorbia dendroides.<br />

Tra le specie vegetali prioritarie secondo l’All. II<br />

della Direttiva Habitat, si rinviene la Stipa austroitalica.<br />

Le specie ornitiche nidificanti prioritarie secondo<br />

l’All. I della Direttiva Uccelli risultano il Grillaio ed il<br />

Lanario (Tab. I), mentre le specie ornitiche di interesse<br />

comunitario accertate secondo l’All. II della<br />

Direttiva Uccelli, risultano: Biancone, Capovaccaio,<br />

Nibbio bruno, Nibbio reale, Occhione (Burhinus<br />

oedicnemus), Ghiandaia marina (Coracias<br />

garrulus), Gufo reale, Succiacapre (Caprimulgus<br />

europaeus), Calandro (Anthus campestris), Totta-<br />

villa (Lullula arborea), Calandra (Melanocorypha<br />

calandra), Calandrella (Calandrella brachydactyla),<br />

Averla cenerina (Lanius minor).<br />

Tra le specie di anfibi e rettili di interesse comunitario<br />

secondo l’All. II della Direttiva Habitat risultano:<br />

Tritone crestato (Triturus carnifex), ed Ululone<br />

appenninico, Testuggine d’acqua (Emys orbicularis),<br />

Tartaruga comune (Testudo hermanni), Cervone<br />

e Colubro leopardino.<br />

Infine, sono varie le specie inserite nelle liste rosse<br />

nazionali di riferimento fra i quali: Raganella<br />

italiana (Hyla intermedia), Tritone italico (Triturus<br />

italicus), Rospo smeraldino (Bufo viridis), Geco dell’Egeo<br />

(Cyrtopodion kotschy), Colubro di riccioli<br />

(Coronella austriaca),<br />

Sono presenti 10 specie incluse nella Lista rossa<br />

nazionale (Conti et al. 1992) e 6 specie incluse nella<br />

Lista rossa regionale (Conti et al. 1997).<br />

Sono infine presenti 1 specie endemiche e 22<br />

specie di elevato valore fitogeografico.<br />

la Pineta mediterranea di pini mesogeni endemici è un habitat particolarmente minacciato dagli incendi dolosi.<br />

N. CILLO<br />

Tab. 1 Principali informazioni riguardanti il SIC-ZPS “Area delle Gravine”<br />

16 17


V i t t o r i o G i a c o i a , F i l i p p o B e l l i n i<br />

Introduzione<br />

Inquadramento della specie a livello regionale e<br />

nazionale<br />

Il Capovaccaio (Neophron percnopterus) è il più<br />

piccolo avvoltoio europeo, inconfondibile per il<br />

piumaggio uniformemente bianco ad eccezione<br />

delle ali che presentano le remiganti nere e le co-<br />

pritrici superiori giallo brune. La coda bianca è cu-<br />

neiforme. Il becco è nero, sottile e ricurvo. Le zone<br />

nude della testa e delle guance sono gialle. I sessi<br />

sono simili.<br />

Il giovane ha piumaggio bruno-scuro la cui to-<br />

nalità è variabile individualmente. Le zone nude<br />

della testa sono grigio-verdastre. Il piumaggio da<br />

adulto viene acquisito soltanto intorno al quinto<br />

anno dopo il passaggio attraverso una serie di li-<br />

vree intermedie.<br />

A causa del suo becco sottile e poco adatto a la-<br />

cerare la pelle delle carogne, non è un necrofago<br />

stretto. Si nutre, infatti, anche di insetti, sterco,<br />

placente e di ogni tipo di rifiuto organico; occa-<br />

sionalmente compie predazione diretta su piccole<br />

prede vive o su pulcini o uova prelevati dal nido di<br />

altri uccelli.<br />

Tra gli avvoltoi che abitano l’Europa è l’unico mi-<br />

gratore. Il suo range di distribuzione è il più vasto<br />

tra tutti gli avvoltoi europei, essendo nidificante<br />

in aree di montagna, di pianura e in aree semide-<br />

sertiche intorno al Mar Mediterraneo, nel Medio<br />

Oriente, in Turchia, nei Balcani, nel Sahel, nel sud e<br />

nell’est del continente africano; in India, Pakistan<br />

e Nepal con la ssp. ginginianus.<br />

La popolazione europea è migratrice e sverna in<br />

Africa a sud del Sahara. In primavera torna in Europa<br />

a nidificare principalmente in Spagna e Turchia<br />

(popolazione più consistente, ma meno conosciuta)<br />

e in alcuni luoghi dell’Europa meridionale con<br />

popolazioni ormai esigue: sud della Francia, Italia<br />

meridionale (Puglia, Basilicata e Calabria), Sicilia,<br />

Grecia, Albania e nei Balcani. Nidifica su rupi, pareti<br />

rocciose, specialmente se circondate da aree<br />

aperte con poca vegetazione boscata.<br />

La popolazione di Capovaccaio a partire dal XX secolo<br />

ha subito un forte declino in quasi tutto il suo<br />

areale distributivo. In Europa la specie é iniziata a<br />

diminuire a partire dagli anni ’70, subendo però<br />

un drammatico declino tra il 1990 ed il 2000 (Ceccolini,<br />

et al.,1996), in cui si calcola che tale specie<br />

si sia contratta per oltre il 0%. Attualmente la popolazione<br />

europea è stimata complessivamente<br />

in 3. 00 coppie ed è entrata ufficialmente nella<br />

red list mondiale dell’IUCN nella categoria di minaccia<br />

“Endangered”.<br />

In Spagna sopravvive la popolazione più studiata<br />

e conosciuta, che consiste in 1320-134 coppie<br />

(Del Moral, 2000), che però ha subito una riduzione<br />

del 2 % tra il 1990 e il 2000.<br />

In Italia il Capovaccaio era presente storicamente<br />

in buona parte del territorio nazionale, dalle<br />

Alpi Marittime alla Sicilia. Il declino é iniziato già<br />

a partire dal periodo 19 0-1960. Liberatori e Penteriani<br />

(2001) stimano che nel 1970, sebbene non<br />

vi siano dati storici certi, fossero presenti in Italia<br />

peninsulare 29 siti riproduttivi così distribuiti: 12<br />

nella Calabria ionica, 11 tra Puglia e Basilicata, 2 in<br />

Campania e 4 in Toscana. Solo dieci anni più tardi,<br />

e cioè agli inizi degli anni ’80, i siti riproduttivi risultavano<br />

essere 18, di cui 9 nella Calabria ionica,<br />

7 in Puglia e Basilicata, 2 in Toscana.<br />

Alla fina degli anni ’80 soltanto 13 siti riproduttivi<br />

furono censiti: 7 in Calabria e 6 tra Puglia e Basilicata.<br />

Nel 200 solo 4 coppie di Capovaccaio hanno nidificato<br />

nell’Italia peninsulare: 3 in Calabria ed 1<br />

in Basilicata.<br />

Anche in Sicilia, benché la popolazione di Capovaccaio,<br />

storicamente, sia stata sempre più consistente<br />

rispetto a quella dell’intera penisola, si è<br />

avuta una drammatica riduzione.<br />

Negli anni ’70 e sino alla metà degli ’80 vi erano<br />

infatti almeno 40 siti riproduttivi distribuiti in 6 distretti<br />

montani; poi, si è registrato un crollo della<br />

popolazione che ha raggiunto nel 1997 il livello<br />

più basso con solo 3 coppie nidificanti, per riprendersi<br />

tra il 2000 e il 2002 con 10-13 coppie territoriali<br />

o nidificanti (Di Vittorio et al., 2003) sino alle 4<br />

coppie nidificanti del 200 (Ceccolini et al.,).<br />

Nel 2006 sono state censite 10 coppie nidificanti<br />

distribuite tra Basilicata, Calabria e Sicilia (Ceccolini<br />

et al., 2006); nel 2007 solo 7-8 coppie sono<br />

risultate nidificanti in Italia (Ceccolini e Cenerini,<br />

com. pers.).<br />

Le cause di questo declino sono da imputare principalmente<br />

a: 1) persecuzione umana; 2) cambiamenti<br />

ambientali; 3) modificazioni nella conduzione<br />

di attività pastorali; 4) cambiamenti nella<br />

modalità di gestione delle discariche dei rifiuti<br />

urbani; ) avvelenamenti indiretti.<br />

In Fig.1 si evidenzia la distribuzione e la consistenza<br />

della popolazione di Capovaccaio nidificante in<br />

Italia dal 1970 al 2007.<br />

Area di studio e metodi<br />

L’area oggetto di studio sul Capovaccaio, coincide<br />

con la ZPS-SIC “Area delle Gravine”, (IT9130007)<br />

estesa per 26.740 ettari. Quest’ultima è composta<br />

fondamentalmente da due sub-aree, una occidentale<br />

di 1 .689 ettari e l’altra orientale di 11.019<br />

ettari, distanti tra loro alcuni chilometri. In entrambe<br />

le aree sono riconoscibili nove ambienti le<br />

cui estensioni sono riportate in in Tab. 1.<br />

In tutti gli ambienti che compongono l’area di studio<br />

il territorio si caratterizza ulteriormente per la<br />

presenza di particolari strutture morfologiche che<br />

lo attraversano in buona parte: “le gravine”.<br />

Le gravine sono gole rocciose con profilo a “V” o<br />

18 19


Tab.1 Estensione territoriale delle nove categorie principali di copertura del suolo<br />

nella ZPS-SIC “Area delle Gravine”<br />

con pareti subverticali e fondo piatto, incise su<br />

formazioni calcaree di età cretacea e su calcareniti<br />

di età plio-pleistocenica. La loro origine è dovuta<br />

all’erosione operata dalle acque superficiali, la cui<br />

canalizzazione è stata favorita da sistemi di fratture<br />

o discontinuità presenti nelle rocce calcaree<br />

generate da preesistenti fenomeni tettonici.<br />

La Gravina di Laterza è la più imponente delle<br />

circa sessanta incisioni che costituiscono nel loro<br />

insieme il sistema denominato Arco jonico delle<br />

gravine. Con i suoi 12 km di lunghezza, con pareti<br />

che raggiungono i 200 metri e con una larghezza<br />

di circa 400 metri, la Gravina di Laterza assume<br />

l’aspetto di un vero e proprio canyon.<br />

Tra gli habitat ritenuti prioritari per la conservazione<br />

ai sensi della direttiva Habitat 92/43/CEE<br />

sono presenti: 1) percorsi substeppici di graminacee<br />

e piante annue (Thero-brachypodietea); 2)<br />

pareti calcaree con vegetazione casmofitica; 3) pinete<br />

spontanee endemiche di Pinus halepensis; 4)<br />

querceti di Quercus trojana, ) foreste di Quercus<br />

ilex; 6) vegetazione di Euphorbia dendroides.<br />

Tra le specie di uccelli prioritarie per la conservazione<br />

incluse nella Direttiva 79/409 sono presenti<br />

e nidificanti: Lanario (Falco biarmicus) e Grillaio<br />

(Falco naumanni). Tra gli uccelli, inoltre, si riscontrano<br />

altre specie incluse nell’Allegato I della Direttiva<br />

Uccelli: Gufo reale (Bubo bubo), Biancone<br />

(Circaetus gallicus), Nibbio bruno (Milvus migrans),<br />

Capovaccaio, Monachella (Oenanthe hispanica) ed<br />

altre specie.<br />

Molte le specie di interesse comunitario secondo<br />

la Direttiva Habitat (92/43/CEE) sono presenti nel<br />

territorio della ZPS, tra cui ricordiamo: Testuggine<br />

palustre (Emys orbicularis); Testuggine comune<br />

(Testudo hermanni); Cervone (Elaphe quatuorlineata);<br />

Colubro leopardino (Elaphe situla). Tra i mammiferi:<br />

l’Istrice (Hystrix cristata) ed il Tasso (Meles<br />

meles).<br />

Numerose e di particolare interesse le specie di<br />

elevato valore fitogeografico: Asyneuma limonifolium,<br />

Euphorbia dendroides, Iris collina, Phlomis fruticosa,<br />

Quercus trojana, Scrophularia lucida, Linum<br />

tommasinii.<br />

Le ricerche sono state effettuate monitorando le<br />

pareti storiche della Gravina di Laterza, relative<br />

alla nidificazione di una coppia di Capovaccaio<br />

dei primi anni ’80, e sono poi proseguite lungo i<br />

solchi gravinali della sub-area occidentale della<br />

ZPS, aventi caratteristiche idonee alla nidificazione<br />

della specie, ovvero: pareti di oltre venti metri<br />

di profondità, situate in località tranquille e<br />

distanti da attività antropiche. L’osservazione del<br />

nido è avvenuta sempre da una distanza di circa<br />

00 metri utilizzando un cannocchiale con oculare<br />

20-60x77.<br />

Dal 2001 al 2007 sono state spese in media circa<br />

trenta giornate/anno per monitorare la coppia di<br />

Capovaccai frequentanti l’area di studio.<br />

La presenza del Capovaccaio nella ZPS - SIC “Area delle Gravine”<br />

dal 2000 al 2007. Monitoraggio e censimento delle coppie nidificanti<br />

Cenni storici e più recenti sulle coppie nidificanti nella ZPS - SIC “Area delle Gravine”, ante il 2003<br />

Pochi sono i dati storici della presenza della specie<br />

nell’area delle gravine. I primi dati reperibili sono<br />

quelli che risalgono alla fine del 1800 e agli inizi<br />

del 1900.<br />

Il De Romita (1883) riporta un individuo proveniente<br />

dai dintorni di Taranto ed il Giglioli (1907)<br />

riferisce di due nidiacei catturati nei pressi di Palagianello<br />

(TA).<br />

Sebbene non si abbiano dati certi sulla reale consistenza<br />

storica della popolazione di Capovaccaio<br />

nell’area delle gravine, si può ipotizzare, grazie ad<br />

interviste svolte tra la popolazione locale e sulla<br />

base di ricerche condotte da Sigismondi (1984),<br />

che, negli anni ’ 0-’60, l’area delle gravine joniche<br />

doveva ancora ospitare una popolazione nidificante<br />

di 4-8 coppie.<br />

La popolazione di Capovaccaio nell’area in questione<br />

ha poi subito una drammatica diminuzione<br />

negli anni immediatamente successivi, per sopravvivere<br />

con un’unica coppia nidificante sino al<br />

1984.<br />

Dal 1984 al 2001 non sono state più raccolte pro-<br />

Il ritorno del Capovaccaio dall’Africa avviene solitamente nel periodo di Pasqua, da qui l’origine del termine dialettale usato localmente: “Pascarella”.<br />

20 21<br />

M. MENDI


ve certe di nidificazione ma solo avvistamenti di<br />

individui isolati o coppie non riproduttive.<br />

Nel 2001, 2002 e 2003, una coppia di capovaccaio<br />

ha ripreso a riprodursi in uno dei siti “storici” utilizzati<br />

nei primi anni ottanta. Tutte le nidificazioni si<br />

sono concluse con l’involo di un giovane.<br />

Nel triennio 2001-2003 lo staff e i volontari dell’Oasi<br />

LIPU Gravina di Laterza hanno raccolto alcuni<br />

dati relativi alla biologia riproduttiva della<br />

coppia.<br />

Durante il periodo di studio e di osservazione della<br />

coppia è stato possibile individuare almeno 5<br />

fasi o periodi distinti, corrispondenti ad altrettante<br />

fasi comportamentali: 1) periodo pre-riproduttivo,<br />

2) costruzione del nido, 3) cova, 4) allevamento<br />

della prole, 5) involo del giovane.<br />

1. PerIODO Pre-rIPrODUTTIvO.<br />

Questo periodo è compreso tra l’arrivo degli adulti<br />

e la deposizione delle uova. La sua durata è di<br />

circa venticinque/trentacinque giorni (dal 20 marzo<br />

al 25 aprile circa).<br />

Nel quadriennio 2000-2003, l’arrivo dei capovaccai<br />

nell’area di studio è avvenuto in un periodo<br />

compreso tra l’ultima settimana di marzo e la prima<br />

settimana di aprile.<br />

Questo periodo è caratterizzato da due fasi:<br />

a) La coppia già nei primissimi giorni dall’arrivo<br />

frequenta la parete di nidificazione e prende progressivamente<br />

possesso della stessa. I partner volano<br />

insieme, effettuano voli a festoni in prossimità<br />

della parete di nidificazione, arrivano e ripartono<br />

congiuntamente da quest’ultima. L’attività di volo<br />

e di perlustrazione della gravina e del territorio di<br />

nidificazione é compiuta da entrambi gli individui<br />

della coppia. e’ in questo periodo che la coppia<br />

ha effettuato la predazione di due pulcini di Corvo<br />

imperiale al nido (24 aprile 2001, osservazione<br />

personale). Iniziano gli accoppiamenti che avvengono<br />

su posatoi posti sulla parete di nidificazione.<br />

Questa prima fase dura circa 15-20 giorni.<br />

b) La seconda fase ha una durata di 10-15 giorni<br />

e vede un individuo (probabilmente la femmina)<br />

più attiva sulla parete del nido. La frequenza degli<br />

accoppiamenti diminuisce sino ad annullarsi del<br />

tutto nei giorni immediatamente precedenti la<br />

deposizione delle uova. In questa seconda fase i<br />

capovaccai si muovono più spesso da soli, diminuendo<br />

la caratteristica attività di volo della coppia.<br />

La femmina trascorre molto tempo nel nido.<br />

2. COsTrUzIONe DeL NIDO<br />

In media la fase di costruzione del nido si è protratta<br />

per pochi giorni dal 15 al 20 aprile. Le nidificazioni<br />

nel triennio 2001-2003 sono avvenute<br />

sulla stessa parete, anche se nel 2003 la coppia<br />

ha utilizzato una cavità nuova, distante circa 150<br />

metri da quella utilizzata negli anni precedenti.<br />

L’esposizione della parete del nido è risultata e/Ne<br />

negli anni 2001 e 2002 e N/Ne nel 2003. In tutti e<br />

tre gli anni è stato osservato uno scarso apporto<br />

di materiale al nido. I capovaccai hanno sempre<br />

realizzato una lettiera poco visibile costituita da<br />

lana, pelle e piccoli rami.<br />

3. INCUbazIONe<br />

L’incubazione ha una durata di circa 42 giorni, in<br />

media dal 25 aprile al 6 giugno. In questo periodo<br />

uno degli adulti è sempre presente al nido. Le<br />

uova restano scoperte solo durante i cambi e per<br />

brevissimo tempo. Nella prima settimana la cova è<br />

effettuata solo dalla femmina, poi iniziano gli avvicendamenti<br />

che non sono mai più di due nell’arco<br />

della giornata. Il maschio e la femmina sono contemporaneamente<br />

presenti all’interno del nido<br />

solo per pochi attimi durante i cambi. Durante il<br />

periodo di cova non sono stati osservati apporti di<br />

cibo al nido né da parte del maschio, né da parte<br />

della femmina. Dalle osservazioni effettuate che<br />

hanno potuto determinare l’inizio della cova e la<br />

schiusa delle uova è stato possibile ricavare con<br />

buona approssimazione il periodo all’interno del<br />

quale sono avvenute le deposizioni delle uova nei<br />

singoli anni di osservazione.<br />

Nel 2001 la deposizione è avvenuta, presumibilmente,<br />

tra il 26 aprile e il 30 aprile.<br />

Nel 2002 la deposizione è avvenuta, presumibilmente,<br />

tra il 23 aprile e il 27 aprile.<br />

Nel 2003 la deposizione è avvenuta tra il 20 e il 24<br />

aprile e la nuova cavità utilizzata per la nidifica-<br />

zione permise una migliore osservazione dell’interno<br />

del nido, sono state osservate due uova e<br />

in seguito due pulcini, di cui però uno soltanto si<br />

involò dal nido.<br />

4. aLLevameNTO DeLLa PrOLe<br />

Negli anni di osservazione 2001-2003, la schiusa<br />

delle uova è avvenuta tra la prima e la seconda<br />

settimana di giugno. Nella settimana della schiusa<br />

la femmina ha trascorso la maggior parte del<br />

tempo nel nido, mentre il maschio ha aumentato<br />

notevolmente il tempo trascorso su un posatoio<br />

nei pressi del sito di nidificazione.<br />

Il cibo è stato trasportato nel becco in piccole<br />

quantità e poi strappato in brandelli e portato becco<br />

a becco al giovane. Causa la notevole distanza<br />

di osservazione, non è stato possibile distinguere<br />

la tipologia di alimenti trasportati al nido durante<br />

il periodo riproduttivo.<br />

man mano che il giovane diventava più grande,<br />

gli adulti lasciavano all’interno del nido il cibo da<br />

loro trasportato, ed il giovane si nutriva da solo.<br />

Il tempo trascorso dagli adulti nel nido è diminuito<br />

rapidamente dopo la quarta-quinta settimana<br />

dalla schiusa. Da questo periodo in poi, uno degli<br />

adulti ha trascorso più tempo su posatoi nei pressi<br />

del nido. Dopo nove/dieci settimane dalla schiusa<br />

gli adulti hanno diminuito drasticamente gli apporti<br />

di cibo al giovane.<br />

In questo periodo il giovane è stato visto più volte<br />

rovistare nella lettiera e ingerire vecchi resti di<br />

cibo o di escrementi.<br />

5. INvOLO<br />

Nel 2001 l’involo del giovane è avvenuto tra il 23 e<br />

il 27 agosto, ma il nido è stato abbandonato definitivamente<br />

non prima del 10 settembre.<br />

Nel 2002 l’involo del giovane è avvenuto tra il 20 e<br />

il 22 agosto, ma il nido è stato abbandonato definitivamente<br />

non prima del 7 settembre.<br />

Nel 2003 l’involo del giovane è avvenuto tra il 12 e<br />

il 13 agosto, ma il nido è stato abbandonato definitivamente<br />

non prima del 5 settembre.<br />

Gli adulti hanno continuato ad alimentare il giovane<br />

per alcuni giorni dopo l’involo con apporti di<br />

cibo, che veniva lasciato nel nido. Nei giorni successivi<br />

all’involo, il giovane ha sostato spesso su<br />

alcuni posatoi in parete o ritornava al nido. Dopo<br />

circa quindici giorni è iniziata la migrazione verso<br />

i quartieri di svernamento.<br />

Le osservazioni delle coppie territoriali nella ZPS<br />

“Area delle gravine” dal 2004 al 2007.<br />

Nel triennio 2004-2007 nell’area delle Gravine il<br />

Capovaccaio non si è riprodotto. Nonostante ciò,<br />

ogni anno, ad eccezione del 2005, è stata osservata<br />

una coppia di individui frequentare le aree<br />

storiche di nidificazione per tutto il periodo riproduttivo.<br />

Nel 2004, nonostante sia stata accertata precocemente,<br />

sin dai primi giorni del mese di aprile, la<br />

presenza di una coppia di capovaccai nella zPssIC<br />

“area delle Gravine” e nonostante siano stati<br />

osservati diversi accoppiamenti, che si sono protratti<br />

sino alla metà di maggio, tardivi rispetto a<br />

quanto avvenuto nelle annate precedenti, la coppia<br />

non si è riprodotta. Inoltre, dopo il 16 maggio<br />

e sino alla partenza verso le zone di svernamento<br />

un solo individuo è stato osservato, quasi giornalmente,<br />

nell’area delle ultime nidificazioni.<br />

Dalle osservazioni durante i rituali del corteggiamento,<br />

sembrerebbe che almeno un individuo<br />

della coppia possa appartenere a quella che ha<br />

nidificato negli ultimi anni; tale ipotesi potrebbe<br />

essere dovuta al fatto che l’individuo in questione<br />

è più volte entrato nel nido utilizzato nel 2001 e<br />

nel 2002 ed ha, con rituale di corteggiamento, invitato<br />

il partner a seguirlo in tale cavità-nido. Probabilmente<br />

lo stesso individuo ha interagito, giornalmente,<br />

con il giovane Capovaccaio “Laerte”, nel<br />

frattempo immesso nella Gravina di Laterza con<br />

un’operazione di hacking fino al 22 agosto, data di<br />

inizio della loro migrazione.<br />

Nella primavera-estate 2005 nessun individuo di<br />

Capovaccaio adulto, subadulto o giovane è stato<br />

osservato nell’area zPs-sIC delle gravine. Di conseguenza<br />

i due capovaccai liberati con la tecnica<br />

22 23


dell’hacking nel mese di agosto nella Gravina di<br />

Laterza, Alì e Turchino, non hanno interagito con<br />

alcun individuo di Capovaccaio durante il loro<br />

periodo di permanenza nell’Oasi LIPU Gravina di<br />

Laterza (23 agosto-7 settembre).<br />

Nel 2006, l’arrivo della coppia nella zPs-sIC “area<br />

delle Gravine” è stato tardivo, in quanto solo il 12<br />

maggio è stata osservata per la prima volta nel<br />

territorio in questione. sino alla fine del mese i<br />

due capovaccai hanno frequentato assiduamente<br />

un’area in cui è presente un carnaio, attivo dalla<br />

primavera 2004, e dove pascolano circa 200 vacche<br />

podoliche.<br />

La presenza della mandria di vacche podoliche,<br />

che ogni anno all’inizio dell’inverno si sposta dalle<br />

zone di Calvello (Pz) ai pascoli laertini, costituisce,<br />

come le osservazioni effettuate dimostreranno,<br />

un importante attrattiva trofica per i capovaccai<br />

che frequentano l’area delle gravine. Infatti, dal<br />

loro arrivo e sino al 30 maggio, la coppia si nutrirà,<br />

per gran parte, degli escrementi e di residui di placente<br />

delle stesse vacche. Il carnaio ha rappresentato<br />

nello stesso periodo un sito “interessante” per<br />

la coppia, che ha spesso sorvolato a bassa quota il<br />

carnaio. Quest’ultimo non ha costituito però una<br />

risorsa trofica da utilizzare da parte dei capovaccai,<br />

nonostante la contemporanea presenza nello<br />

stesso da parte di alcuni individui di Nibbio reale<br />

(Milvus milvus), Nibbio bruno (Milvus migrans) e<br />

Corvo imperiale (Corvus corax), nonché di numerose<br />

Gazze.<br />

Vitelli di mucche podoliche.<br />

N. CILLO<br />

Nello stesso periodo, benché sin da subito si è<br />

notato un solido legame nella coppia non è mai<br />

stato osservato alcun atteggiamento, comportamento,<br />

o parata riconducibile ad un tentativo di<br />

accoppiamento.<br />

Il 14 maggio alle 16,40 circa, per la prima volta<br />

dall’inizio delle ricerche, sono stati osservati quattro<br />

capovaccai contemporaneamente, con livrea<br />

da adulto, sorvolare insieme la zona del sito del<br />

carnaio. Questi ultimi hanno dato origine ad un<br />

carosello aereo, sino alle ore 17,15, poi si sono<br />

allontanati dalla zona di osservazione. Nei giorni<br />

successivi gli avvistamenti e le osservazioni sono<br />

divenute sempre meno frequenti ed hanno riguardato<br />

un solo esemplare adulto.<br />

Il 18 maggio, due esemplari con livrea da adulto<br />

sono stati osservati per l’ultima volta insieme, dalle<br />

7.15 alle 7.30 nella zona del sito del carnaio.<br />

Il 26, 27 e 28 maggio ed il 1° e 2 giugno un solo individuo<br />

è stato osservato, per pochi minuti, sempre<br />

nella stessa zona del sito del carnaio. Nel mese<br />

di giugno un altro individuo è stato osservato solo<br />

due volte: il 21 giugno nella gravina del varco (Laterza<br />

e Cillo com. pers.) e il 24 giugno nella zona<br />

del carnaio. Nei mesi successivi (luglio, agosto e<br />

settembre), l’attività di ricerca è continuata con<br />

una frequenza di almeno due giorni a settimana,<br />

ma non ha dato nessun esito positivo, e pertanto<br />

nessuna altra osservazione di Capovaccaio è stata<br />

registrata.<br />

Nell’estate 2006, è stata effettuata un’altra operazione<br />

di hacking che ha portato alla liberazione<br />

nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, due giovani capovaccai,<br />

Arianna e Barbara. Nonostante le osservazioni<br />

effettuate abbiano coperto tutti i giorni<br />

di permanenza in gravina dei giovani capovaccai<br />

(30 luglio-23 agosto), nessun individuo di Capovaccaio<br />

adulto o subadulto è stato mai osservato<br />

interagire con i giovani rilasciati.<br />

Nel 2007 il primo individuo viene avvistato nella<br />

zPs-sIC “area delle Gravine” il 20 aprile. L’osservazione<br />

è avvenuta in località “Castelluccio” sita<br />

nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, comprendente<br />

il sito del carnaio e i pascoli frequentati dalla mandria<br />

di vacche podoliche, presenti in zona già dal<br />

dicembre 2006.<br />

Il Capovaccaio, privo di elementi distintivi nel piumaggio<br />

utili ai fini del riconoscimento individuale,<br />

si è poi allontanato. Probabilmente, lo stesso individuo<br />

è ritornato negli stessi luoghi la mattina<br />

successiva in compagnia di un altro adulto, riconoscibile<br />

dal precedente perché privo della nona<br />

remigante secondaria sull’ala destra.<br />

I capovaccai sono rimasti nell’area descritta, compiendo<br />

numerosi sorvoli sul carnaio e sulla mandria<br />

di vacche podoliche. Nel pomeriggio della<br />

stessa giornata si sono allontanati per poi farvi ritorno<br />

poco prima del tramonto, scegliendo come<br />

dormitorio una cavità in parete nella Gravina di<br />

Laterza.<br />

Nei giorni successivi e sino al 3 maggio, i capovaccai<br />

hanno trascorso gran parte delle ore diurne in<br />

un’area ben circoscritta, comprendente il sito del<br />

carnaio e i pascoli occupati dalla mandria di vacche<br />

podoliche. si sono alimentati degli escrementi<br />

delle vacche e in alcune occasioni hanno approfittato<br />

dei resti di placente. Circa un’ora prima del<br />

tramonto si ritirano sempre nella stessa cavità in<br />

parete. In questo periodo la fonte trofica messa a<br />

loro disposizione nel sito del carnaio non è stata<br />

utilizzata, anche se ripetuti sono stati i sorvoli effettuati<br />

a bassa quota.<br />

Nei giorni seguenti e sino all’11 maggio, i due<br />

individui hanno frequentato nelle ore antimeridiane<br />

un’altra area della gravina posta più a sud,<br />

corrispondente ad un’ansa della gravina già sito<br />

delle ultime nidificazioni note. Nel tardo pomeriggio<br />

sono tornati sempre nell’area dove è presente<br />

il carnaio, preferendo come dormitorio sempre la<br />

stessa cavità in parete.<br />

Dal 12 maggio i due capovaccai hanno cambiato<br />

ulteriormente le loro abitudini, in quanto non solo<br />

non sono ritornati al loro dormitorio, utilizzato<br />

per 20 giorni consecutivi, ma hanno frequentato<br />

sempre meno l’area a pascolo e il sito del carnaio.<br />

si è assistito dunque ad un progressivo allargamento<br />

dell’area di loro interesse, spingendosi<br />

La coppia in volo, mentre sorvola il territorio dell’oasi di Laterza.<br />

probabilmente sin quasi a Ginosa (osservati in alimentazione<br />

su resti di cane sul bordo della strada<br />

provinciale Laterza-Ginosa) e sulla provinciale<br />

Laterza-Gioia del Colle. e’ probabile, infine, che un<br />

soggetto anche se non è stato possibile avere altre<br />

conferme, si sia spinto sino a Taranto (osservazione<br />

del sig. Teodoro Dura del 30 giugno).<br />

Da segnalare il passaggio, nell’area di studio, nei<br />

giorni 10 e 11 maggio, di un sub-adulto probabilmente<br />

del Iv° anno, che ha interagito con la coppia,<br />

sia in volo che posato. alle 7.30 dell’ 11 maggio<br />

il sub-adulto si è alzato in volo e sfruttando le<br />

termiche si è allontanato in direzione nord-ovest.<br />

In data 4 luglio, l’osservazione contemporanea di<br />

due individui nella Gravina di matera, da parte del<br />

sig. matteo visceglia, e l’osservazione di due altri<br />

individui nella Gravina di Laterza (Giacoia), hanno<br />

reso possibile accertare nell’area delle gravine<br />

compresa tra matera e Taranto, non essendoci state<br />

altre segnalazioni o avvistamenti, la presenza di<br />

due coppie territoriali.<br />

In tutto il periodo di permanenza della coppia dal<br />

20 aprile al 24 agosto, benché sin da subito si è<br />

notato un solido legame che si manifestava anche<br />

nella costante e assidua collaborazione nel reperire<br />

le risorse trofiche, nell’esplorare il territorio<br />

e nella scelta del dormitorio comune, non è mai<br />

stato osservato alcun atteggiamento, comportamento,<br />

o parata riconducibile ad un tentativo<br />

di accoppiamento. Non è stato registrato alcun<br />

elemento di disturbo, né alcun comportamento<br />

della coppia che potesse far supporre ad alcuna<br />

causa esterna quale motivo della non riproduzio-<br />

24 25<br />

v. GIaCOIa


ne. anzi, contrariamente ad altre coppie osservate<br />

in anni precedenti, i due individui hanno spesso<br />

mostrato uno spiccato interesse nei confronti degli<br />

essere umani, sorvolando a bassa quota anche<br />

aree peri-urbane in modo piuttosto insolito,<br />

dimostrando quindi una particolare tranquillità e<br />

confidenza.<br />

In Tab. 2 si riassume lo status riproduttivo del Capovaccaio<br />

nella zPs-sIC area delle gravine dal<br />

2000 al 2007.<br />

Tab.2 Status del Capovaccaio nella ZPS-SIC<br />

“Area delle gravine” dal 2000 al 2007<br />

Il carnaio:<br />

monitoraggio e raccolta dati complessivi sull’uso<br />

del carnaio da parte di Corvidi e rapaci<br />

L’incremento delle risorse trofiche per Capovaccaio,<br />

Nibbio reale e Nibbio bruno, specie necrofaghe<br />

e opportuniste, appare come uno dei principali<br />

fattori di conservazione per sopperire sia la<br />

riduzione delle risorse trofiche naturali, a seguito<br />

della trasformazione degli habitat, sia la sopravvenuta<br />

riduzione delle discariche e la modifica nella<br />

modalità di gestione delle stesse.<br />

La presenza di una fonte di cibo continua e costante,<br />

potrebbe determinare una maggiore frequentazione<br />

all’interno dell’area di studio da parte<br />

delle specie target e offrire probabilmente un<br />

ulteriore opportunità per il successo riproduttivo.<br />

La presenza delle fonti trofiche, inoltre, rende più<br />

probabile che eventuali soggetti in migrazione o<br />

estivanti possano fermarsi nell’area, determinando<br />

una riduzione dell’erratismo trofico e riducendo<br />

il rischio di avvelenamento legato alla frequentazione<br />

di discariche o siti non controllati.<br />

allo stato attuale, in Puglia oltre al carnaio realizzato<br />

in prossimità della Gravina di Laterza, azione<br />

prevista da questo progetto, ne è stato creato un<br />

altro a Gravina in Puglia (ba) e realizzato nell’ambito<br />

del “Piano di azione per la Conservazione del<br />

Nibbio reale (Milvus milvus) e del Nibbio bruno<br />

(Milvus migrans) nel sIC bosco Difesa grande” POr<br />

Puglia 2000-2006 mis. 1.6 int. b. Infine, sono in fase<br />

di realizzazione altri carnai nel territorio materano<br />

(Progetto LIFe Natura “rapaci Lucani”) e nel Gargano<br />

(Progetto LIFe Natura “Interventi urgenti di<br />

conservazione dei rapaci del Gargano”).<br />

Il carnaio è stato realizzato all’interno della zPssIC,<br />

in prossimità della Gravina di Laterza, in<br />

un’area non facilmente accessibile e che al tempo<br />

stesso ha consentito una agevole sorveglianza e<br />

monitoraggio da opportuna distanza. L’area del<br />

carnaio di circa 2.000 m2 è stata opportunamente<br />

delimitata con una recinzione alta 1,80 m ed interrata<br />

per impedire l’accesso a mammiferi (volpi,<br />

cinghiali e cani randagi).<br />

Il carnaio è stato rifornito settimanalmente dai<br />

primi di febbraio alla metà di settembre. sono<br />

stati utilizzati scarti di macelleria forniti in loco da<br />

una ditta autorizzata utilizzando tutte le procedure<br />

igienico-sanitarie previste in particolare dal<br />

reg/Ce n.1774/2002.<br />

Il rifornimento del carnaio a Laterza è stato avviato<br />

a partire dalla primavera 2004. Durante il periodo<br />

di attività sono state condotte osservazioni<br />

finalizzate al monitoraggio e alla sorveglianza del<br />

Un individuo di capocaccaio sorvola l’area del carnaio.<br />

v. GIaCOIa<br />

Tab. 3 Ore di osservazioni<br />

mensili medie al carnaio<br />

negli anni 2004-2007<br />

Tab. 4 - dati di frequenza del carnaio nella ZPS-SIC “Area delle Gravine” dal 2004 al 2007<br />

sito.<br />

In totale sono state condotte oltre 2.200 ore di osservazione,<br />

con una media di circa 600 ore/anno<br />

(Tab. 3) distribuite in circa 100 giornate/anno.<br />

Le osservazione condotte hanno messo in evidenza<br />

che i corvidi sono le specie che maggiormente<br />

hanno utilizzato il sito, Gazza (Pica pica) e Cornacchia<br />

grigia (Corvus cornix) in particolare.<br />

In Tab. 4, si evidenzia che il Corvo imperiale (Corvus<br />

corax) è risultata la specie più attiva nel frequentare<br />

il sito (45% del totale degli individui<br />

censiti), seguito da Nibbio bruno (31%) e Nibbio<br />

reale (22,3%).<br />

Nonostante il Capovaccaio sia stato osservato sorvolare<br />

anche a bassa quota il carnaio, è stato osservato<br />

al suo interno, in alimentazione, una sola<br />

volta. Più spesso ha approfittato delle scorte alimentari<br />

depositate dai corvi imperiali, nei pressi<br />

del carnaio, come riserva alimentare.<br />

Il carnaio è stato assiduamente utilizzato dal gio-<br />

Fig. 2 Andamento annuale dell’utilizzo del carnaio<br />

vane Capovaccaio “Arturo”, liberato nel 2007 con<br />

la tecnica dell‘hacking, durante gli ultimi giorni di<br />

permanenza nella Gravina di Laterza, prima dell’inizio<br />

della migrazione.<br />

Come evidenziato in Fig. 2, dal 2004 al 2007 è<br />

stata riscontrata una crescita lineare del numero<br />

di individui osservati in alimentazione al carnaio<br />

(r 2 = 0,9, p


e in un prossimo trend positivo per la popolazione<br />

a livello locale, seppur in un contesto regionale<br />

e nazionale fortemente sfavorevole.<br />

Infatti la presenza contemporanea nella Gravina<br />

di Laterza di quattro individui di Capovaccaio, osservati<br />

il 14 maggio 2006, e la presenza nel 2007<br />

di una coppia che ha sostato nell’area per tutto il<br />

periodo primaverile–estivo, con il passaggio, inoltre,<br />

di un giovane del Iv° anno, fanno sperare ad<br />

un possibile ritorno di nuove coppie riproduttive<br />

nei prossimi anni.<br />

Inoltre, le operazioni di hacking effettuate dal<br />

2004 al 2007 nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, con<br />

le quali sono stati immessi con successo 6 giovani<br />

Capovaccai, potrebbero far sperare nei prossimi<br />

anni nell’incremento della popolazione nidificante<br />

nella zPs-sIC area delle gravine.<br />

Le osservazioni del 2006 e 2007, hanno confermato<br />

la stretta relazione trofica esistente tra Capovaccaio<br />

e bovini ed hanno messo in evidenza la capacità<br />

opportunistica della specie nei confronti delle<br />

possibilità trofiche offerte dalle vacche podoliche.<br />

L’Oasi LIPU Gravina di Laterza.<br />

Per quanto riguarda l’utilizzo del carnaio, si può<br />

affermare con certezza che il carnaio non è quasi<br />

mai stato direttamente utilizzato dalla specie.<br />

Infatti, solo in un episodio un soggetto adulto ha<br />

utilizzato il carnaio (3 luglio 2007), preferendo nutrirsi<br />

delle scorte alimentari depositate dai corvi<br />

imperiali, come riserve di cibo, nelle vicinanze del<br />

carnaio. Lo scarso utilizzo del carnaio da parte dei<br />

capovaccai, potrebbe essere dovuto anche alle dimensioni<br />

dello stesso (40 metri x 40 metri), probabilmente<br />

non sufficienti per la specie. .<br />

Nella zPs “area delle Gravine”, grazie alla costante<br />

attività di monitoraggio e di vigilanza effettuata, è<br />

stato possibile in ogni caso scongiurare episodi di<br />

disturbo diretto e indiretto e comunque prevenire<br />

attività o tentativi di bracconaggio nei confronti<br />

della specie.<br />

Infine é importante segnalare, l’aumento costante<br />

e diretto dell’utilizzo del carnaio durante tutto il<br />

periodo di osservazione e soprattutto nel periodo<br />

(marzo-giugno), da parte di alcuni individui di<br />

Nibbio bruno e Nibbio reale.<br />

N. CILLO<br />

rINGrazIameNTI:<br />

si ringraziano Guido Ceccolini, anna Cenerini, Tonio sigismondi per i consigli e i suggerimenti sul campo,<br />

i volontari dell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, manuel marra e Francesco barberio per la collaborazione nella<br />

raccolta dati, e i sig. Domenico Petrelli e michele Lomastro, per l’attività di vigilanza e monitoraggio, il Corpo<br />

Forestale dello stato.<br />

bIbLIOGraFIa<br />

bIrDLIFe INTerNaTIONaL, 2004. Birds in Europe: population estimates, trands and conservation status. birdLife International.<br />

Cambridge, UK. p.73.<br />

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21: 707-710, bologna.<br />

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Ornit., 66: 205-207.<br />

28 29


G u i d o C e c c o l i n i , A n n a C e n e r i n i<br />

Introduzione<br />

Il Progetto WWF Capovaccaio si pone l’obiettivo di<br />

incrementare la popolazione italiana della specie<br />

Neophron percnopterus percnopterus, in imminente<br />

pericolo di estinzione (Liberatori & Penteriani<br />

2001; Ceccolini et al. 2006), attraverso un programma<br />

di riproduzione in cattività ed azioni di<br />

restocking.<br />

Nel centro di riproduzione, ubicato nel Cerm, Centro<br />

rapaci minacciati di rocchette di Fazio (Gr),<br />

sono nati sino al 2007 dodici capovaccai, sette dei<br />

quali sono stati liberati. Inoltre nel 2005 il centro<br />

ha curato l’allevamento di tre giovani capovaccai<br />

provenienti da un sequestro effettuato dal nucleo<br />

CITes del CFs, due dei quali sono stati poi rilasciati<br />

in natura.<br />

Grazie alla realizzazione di un piano d’azione locale<br />

per la conservazione del Capovaccaio nella<br />

zPs-sIC area delle Gravine, attivo dal 2003, a cura<br />

della LIPU, e gestito dal Comune di Laterza (Ta),<br />

nell’ambito del P.O.r. Puglia 2000-2006, misura<br />

1.6, salvaguardia del patrimonio naturale regionale,<br />

sei esemplari (Laerte, alì, Turchino, arianna,<br />

barbara e arturo) sono stati liberati nell’Oasi LIPU<br />

Gravina di Laterza (Ta). altri due (David e Fidel)<br />

in Toscana, nell’alta valle dell’albegna, all’interno<br />

della riserva Naturale di rocconi (Gr).<br />

Nel 2006 la migrazione di arianna e barbara è stata<br />

seguita mediante radiotelemetria satellitare.<br />

Nel 2007 è stata seguita con lo stesso metodo la<br />

migrazione di arturo. I dati riportati di seguito si<br />

riferiscono ai sei esemplari rilasciati nell’Oasi LIPU<br />

di Gravina di Laterza.<br />

Materiali e metodi<br />

Metodo Hacking<br />

Il metodo “hacking” consiste nel sistemare dei giovani<br />

uccelli, capaci di termoregolarsi ed alimentarsi<br />

autonomamente ma non di volare, in una cavità<br />

rocciosa o in una cassa-nido nell’area di rilascio,<br />

nella quale vengono trattenuti sino al momento<br />

in cui sono in grado di volare. La liberazione è supportata<br />

dall’attivazione di alcuni carnai nei pressi<br />

del sito hacking.<br />

Il metodo presenta il vantaggio di imitare l’involo<br />

dei giovani allo stato selvatico e permette agli<br />

uccelli di disporre di sufficiente tempo per familiarizzare<br />

con l’ambiente circostante e soprattutto<br />

di memorizzare il luogo del rilascio per tornarvi a<br />

nidificare (Ceccolini & Cenerini 2005).<br />

La giovane Arianna si alimenta nella cavità-nido, rifornita di cibo<br />

ed acqua per mezzo di due tubi.<br />

G. CeCCOLINI<br />

ProtoCoLLo HACkIng APPLICAto ALLA SPeCIe CAPovACCAIo<br />

Per il rilascio dei capovaccai nella Gravina di Laterza (Ta) si è adottato il seguente nuovo e specifico<br />

protocollo hacking, testato con successo dal 2004 al 2007 senza alcuna perdita di soggetti nell’area<br />

di liberazione.<br />

1. sCeLTa DeL LUOGO DI rILasCIO<br />

La liberazione dei giovani deve avvenire in un’area protetta dove la specie era storicamente presente<br />

come nidificante e quindi caratterizzata da pareti rocciose dotate di numerose cavità. La<br />

gestione dell’area protetta deve garantire un controllo costante del territorio, almeno nelle fasi di<br />

rilascio.<br />

2. sCeLTa DeLLa CavITà DI rILasCIO<br />

Nell’area protetta prescelta si individua una cavità di una parete rocciosa che presenti le seguenti<br />

caratteristiche:<br />

- dimensioni minime di 2 m di larghezza, 2 m di profondità ed un metro di altezza;<br />

- ingresso rivolto a sud o sud-ovest;<br />

- non contornata da vegetazione, per evitare l’accesso di predatori terrestri;<br />

- ampia zona sottostante libera da vegetazione per evitare che nei primi voli i giovani capovaccai<br />

possano cadere tra i rami e rischiare di rovinarsi il piumaggio;<br />

- distante da luoghi frequentati da persone e mezzi meccanici;<br />

- facilmente accessibile solo a speleologi e/o scalatori.<br />

La cavità prescelta deve essere attrezzata inoltre con:<br />

- lana su di una parte del fondo, a simulare un nido;<br />

- un tubo corrugato esternamente e liscio internamente, tipo “cavidotto” di almeno 11 cm (di colore<br />

mimetico), che deve scendere dalla parte sommitale della parete ed essere fissato in più punti sino<br />

all’interno della cavità. Nell’interno del nido il tubo deve arrivare a circa 50 cm dal fondo. L’imboccatura<br />

di ingresso del tubo deve essere chiusa con un sistema di sicurezza od essere posta in una<br />

zona nascosta e sicura per evitare l’immissione nella cavità di prodotti nocivi da parte di malintenzionati;<br />

- un tubo per l’acqua, solidale al precedente cavidotto, che deve raggiungere il fondo di un piccolo<br />

abbeveratoio in cemento (circa 30 cm x 30 cm, profondità 10 cm) ed essere fissato stabilmente<br />

sul bordo interno dello stesso contenitore. Il tubo deve essere di piccolo diametro, circa 1 cm, per<br />

evitare che l’acqua scenda troppo velocemente;<br />

- un sistema di videocontrollo composto da una o due telecamere e da un monitor portatile. L’impianto<br />

può essere alimentato da una batteria per auto a 12 volt posta in un luogo idoneo, lontano<br />

dalla cavità prescelta, e caricata con un pannello solare. e’ consigliabile anche l’uso di un sistema di<br />

trasmissione radio che permetta di osservare l’interno della cavità anche a notevole distanza;<br />

- una rete di protezione in plastica morbida a maglia fitta, tesa a chiudere l’imboccatura della cavità<br />

per impedire che i giovani possano uscire dal nido troppo presto, prima di essersi ambientati<br />

nell’area di rilascio. La rete deve essere fissata con un sistema di fili che ne consenta la rimozione<br />

senza dover operare di fronte alla cavità.<br />

La cavità prescelta nella Gravina di Laterza, oltre alle caratteristiche generali di cui sopra, presentava<br />

anche il raro vantaggio di essere accessibile da dietro, attraverso un passaggio da una caverna<br />

30 31


sottostante, cosa che ha permesso una facile e rapida immissione dei soggetti da liberare. Il passaggio<br />

veniva chiuso con una rete, una volta inseriti nel nido i capovaccai. La cavità è stata adattata<br />

alle esigenze richieste con la creazione di una cengia artificiale in legno che ha consentito di<br />

allargare di molto l’imboccatura originaria.<br />

Tutte le operazioni di preparazione del sito sono state effettuate da personale specializzato in assoluta<br />

sicurezza (speleologi o scalatori).<br />

3. PreParazIONe e GesTIONe DeI GIOvaNI Da rILasCIare<br />

I giovani capovaccai, prima dell’immissione nella cavità, devono essere dotati di:<br />

- un anello INFs metallico e di un anello plastico per il riconoscimento a distanza;<br />

- una radiotrasmittente vhF, fissata alle due timoniere centrali, per il controllo degli animali nei<br />

dintorni dell’area di rilascio con ricevitori terrestri ed antenne direttive Yagi a tre elementi;<br />

- una radio satellitare a zainetto, se possibile, per il controllo degli spostamenti ad ampio raggio.<br />

La radio deve essere montata tassativamente da personale esperto per evitare danni fisici agli<br />

animali.<br />

Le radio trasmittenti vhF utilizzate, del peso di circa 12 gr, sono prodotte dalla società inglese<br />

biotrack. Le radio satellitari utilizzate sono state: microwave Telemetry solar Power PTT-100, 35<br />

gr argos (arianna); Northstar solar PTT, 40 gr argos (barbara) e microwave Telemetry solar Power<br />

PTT-100, 45 gr argos/GPs (arturo).<br />

Per facilitare il riconoscimento in volo è opportuno decolorare alcune penne remiganti primarie<br />

(con prodotti decoloranti per capelli), sulla base di uno schema di decolorazione prefissato, diverso<br />

per ogni soggetto liberato.<br />

I giovani capovaccai devono essere inseriti nella cavità-nido a 65 - 70 giorni di età, quando le penne<br />

remiganti primarie non sono ancora completamente sviluppate, e devono esservi trattenuti<br />

per 4-7 giorni. Durante la permanenza nel nido vengono somministrati giornalmente, attraverso<br />

gli appositi tubi, 300 gr di topi per soggetto ed acqua.<br />

4. rILasCIO e CONTrOLLO<br />

Il giorno in cui si decide di liberare i giovani, avendo verificato direttamente o attraverso il monitor<br />

il completo sviluppo delle penne e ripetuti “esercizi” di volo, si spargono nelle vicinanze del nido (a<br />

una distanza non superiore ai 150-200 metri) alcuni topi e conigli, aperti nell’addome ed in parte<br />

spellati. Il cibo deve essere collocato in punti che il capovaccaio possa facilmente avvistare durante<br />

il volo e nei quali possa atterrare senza difficoltà, anche nei primi giorni successivi alla liberazione.<br />

spuntoni di roccia isolati e piccoli ripiani rocciosi, possibilmente non accessibili a predatori terrestri<br />

come volpi e cani randagi, sono ideali punti di alimentazione. se non ci sono pozze naturali, in<br />

un luogo idoneo e sicuro si deve sistemare anche una vaschetta in cemento, simile a quella posta<br />

all’interno della cavità, rifornita sempre di acqua.<br />

Un sito adatto ove posizionare cibo ed acqua è rappresentato dalla zona da cui partono i tubi<br />

di alimentazione che scendono nel nido, perché il capovaccaio li riconoscerà facilmente e potrà<br />

scendervi accanto.<br />

I punti di alimentazione devono essere riforniti giornalmente: l’operazione deve essere compiuta<br />

accertandosi preliminarmente che i capovaccai siano posati e non in vista. se i giovani, nei giorni<br />

successivi all’involo, frequentassero la cavità-nido si dovrà continuare a rifornirla di cibo ed acqua.<br />

5. sOrveGLIaNza<br />

La sorveglianza dell’area deve essere continua, dall’alba al tramonto, sino al momento della partenza<br />

dell’ultimo giovane. Ciò evita o riduce fortemente fenomeni di disturbo causati da turisti o<br />

curiosi che possono interferire con l’adattamento degli avvoltoi all’area di rilascio.<br />

In particolare nella Gravina di Laterza la sorveglianza è stata effettuata da una caverna situata nella<br />

parete di fronte al nido, a circa 450 metri di distanza, in modo tale da non interferire con le fasi di<br />

ambientamento degli uccelli liberati e garantire nel contempo il controllo di un ampio tratto della<br />

gravina. Inoltre una guardia dell’oasi sorvegliava l’area alle spalle del nido per evitare il passaggio<br />

incontrollato di persone o automezzi. sono stati utilizzati binocoli e cannocchiali di diversa focale,<br />

questi ultimi sono stati utili anche per scattare foto digitali e fare riprese video a lunga distanza<br />

(digiscoping).<br />

Arturo appena inserito nel nido dall’apertura posteriore.<br />

32 33<br />

Risultati<br />

1. Comportamento al nido<br />

Gli individui, una volta inseriti nel nido, non hanno<br />

mostrato alcun segno di stress o irrequietezza,<br />

trascorrendo il tempo a mangiare, riposare ed<br />

osservare l’esterno. essi non hanno mai tentato<br />

di uscire dalla cavità prima della rimozione della<br />

rete. Le dimensioni della cavità hanno permesso<br />

loro di allenarsi al volo, con movimenti di apertura<br />

e battito delle ali nei quali si sono esercitati con<br />

maggior frequenza con il passare del tempo.<br />

2. Comportamento nell’area di rilascio<br />

Il momento dell’involo, seguito alla rimozione<br />

della rete, è variabile: solo in un caso (Laerte nel<br />

2004) è avvenuto a poche ore dalla rimozione della<br />

rete, per gli altri giovani l’involo è avvenuto tra il<br />

secondo ed il quinto giorno.<br />

Nei primi giorni di libertà i giovani hanno sempre<br />

compiuto voli di ricognizione e spostamento<br />

molto limitati, della durata non superiore ai cinque<br />

minuti. Con il trascorrere dei giorni la durata<br />

dei singoli voli è aumentata sino a raggiungere al<br />

massimo i 30 minuti consecutivi.<br />

Nei primi giorni di volo i giovani non si sono mai<br />

alimentati, probabilmente per la necessità di perdere<br />

peso. successivamente tutti hanno utilizzato<br />

i carnai temporanei apprestati nei dintorni. arturo<br />

(2007) si è alimentato in un carnaio temporaneo<br />

soltanto sette giorni dopo l’involo. arturo è stato<br />

anche l’unico capovaccaio a frequentare, per otto<br />

giorni consecutivi, un carnaio fisso dell’Oasi LIPU,<br />

situato a circa 600 metri dal nido.<br />

Quattro dei sei giovani liberati sono tornati nella<br />

cavità-nido nei giorni successivi all’involo (alì e<br />

Turchino, 2005; barbara ed arianna, 2006) utilizzando<br />

il cibo ivi disponibile.<br />

Tutti i giovani hanno compiuto la maggior parte<br />

degli spostamenti in volo rimanendo entro un<br />

raggio di circa 300 metri dal nido. soltanto nei<br />

giorni immediatamente precedenti alla partenza<br />

i capovaccai hanno compiuto voli esplorativi più<br />

ampi ma sempre di breve durata, tornando a trascorrere<br />

la notte nei pressi del nido.<br />

F. beLLINI


Alì e Turchino dopo l’involo nei pressi del nido.<br />

Per quanto riguarda i tempi di volo e di riposo nel-<br />

l’area di rilascio i giovani capovaccai hanno mo-<br />

strato comportamenti assai diversi, ciononostan-<br />

te i tempi di migrazione sono stati sostanzialmen-<br />

te identici nel raggiungere le stesse zone. arturo<br />

(2007), che aveva trascorso la maggior del tempo<br />

in gravina compiendo solo brevi voli e riposando<br />

spesso, ha raggiunto l’arcipelago delle egadi appena<br />

sei giorni dopo la partenza, ben prima di altri<br />

giovani “più attivi” nel sito di rilascio.<br />

3. Interazione inter e intraspecifica<br />

Durante la permanenza nell’area di rilascio i giovani<br />

capovaccai hanno attirato l’attenzione di altre<br />

specie di uccelli e, in particolare, di corvi imperiali,<br />

gheppi, poiane e lanari dai quali hanno subito ripetute<br />

azioni di mobbing.<br />

L’atteggiamento dei giovani capovaccai è stato<br />

remissivo nei primi giorni dopo il rilascio mentre,<br />

con il passar del tempo, è divenuto più reattivo<br />

e minaccioso. In particolare, i capovaccai hanno<br />

spesso ingaggiato lunghe ed innocue “battaglie<br />

aeree” con giovani di poiana.<br />

Di fatto gli unici episodi significativi di disturbo<br />

costante e di aggressione si sono verificati ad opera<br />

di conspecifici nel 2007, quando una coppia di<br />

capovaccai non nidificanti, già presenti nell’area,<br />

ha disturbato il giovane arturo sino al momento<br />

della loro partenza, avvenuta il 24 agosto, aggredendolo<br />

ogni qualvolta il giovane spiccava il volo<br />

e talora allungando le zampe per colpirlo sul dorso.<br />

Proprio il mobbing dei due adulti ha, probabilmente,<br />

indotto arturo a trascorrere tre giorni e<br />

mezzo sul fondo della gravina, lungo il torrente,<br />

dove mai nessun altro giovane era sceso.<br />

Nel 2004, invece, i contatti tra il giovane Laerte<br />

ed un capovaccaio adulto che frequentava regolarmente<br />

la gravina non erano stati delle stesso<br />

tenore, tanto che spesso i due esemplari volavano<br />

insieme. I due avvoltoi lasciarono nello stesso<br />

giorno il sito di rilascio, probabilmente intraprendendo<br />

assieme la migrazione.<br />

4. Disturbi<br />

Durante il periodo trascorso dai giovani nell’area<br />

di rilascio si sono verificati solo due episodi di disturbo<br />

per l’arrivo di mezzi a motore sfuggiti al<br />

v. GIaCOIa<br />

controllo. episodi che non hanno avuto conseguenze<br />

negative.<br />

senza dubbio il problema più grave, anche perché<br />

cronico, è legato al fenomeno del randagismo. Infatti,<br />

spesso il cibo distribuito nei punti di alimentazione<br />

è stato mangiato da cani randagi. Ciò ha<br />

complicato molto anche l’azione del personale<br />

che è stato costretto a distribuire il cibo giornalmente<br />

ed in punti pericolosi, non accessibili ai<br />

cani. Il problema potrebbe essere risolto con l’uso<br />

di una piattaforma sopraelevata sulla quale collocare<br />

il cibo per gli avvoltoi.<br />

5. Partenza dal sito di rilascio<br />

La partenza dal sito di rilascio dei 6 giovani è avvenuta<br />

tra il 12° ed il 21° giorno dopo l’involo. I<br />

capovaccai hanno iniziato la migrazione ad un’età<br />

compresa tra gli 87 ed i 99 giorni.<br />

6. Migrazione<br />

Tre dei sei individui liberati sono stati equipaggiati<br />

con radio satellitari (barbara, arianna ed arturo),<br />

che hanno permesso di raccogliere precise informazioni<br />

sulla loro migrazione.<br />

Laerte in volo, il primo capovaccaio rilasciato nel 2004 nell’Oasi<br />

LIPU Gravina di Laterza.<br />

anno 2004 (Laerte)<br />

Laerte iniziò la migrazione il 22 agosto. sebbene<br />

non munito di radio satellitare, il capovaccaio fu<br />

osservato in volo sopra all’Isola di marettimo il<br />

2 settembre, 11 giorni dopo aver lasciato il sito<br />

hacking, in compagnia di tre adulti. Il giorno seguente<br />

fu osservato lasciare l’isola in direzione<br />

della Tunisia insieme ad otto adulti (mastropasqua<br />

F. pers. com.). marettimo è un’isola montuosa localizzata<br />

a circa 30 km dalla sicilia, 130 km a nord del<br />

promontorio di Cap bon (Tunisia) e distante circa<br />

700 km dalla Gravina di Laterza.<br />

anno 2005 (alì e Turchino)<br />

alì e Turchino lasciarono il sito di rilascio rispettivamente<br />

il 6 e 7 settembre 2005. Della migrazione<br />

di questi due esemplari, non equipaggiati con radio<br />

satellitari, non si hanno ulteriori informazioni.<br />

anno 2006 (barbara ed arianna)<br />

barbara ed arianna lasciarono il sito di rilascio il 23<br />

agosto 2006.<br />

barbara raggiunse la sicilia il 31 agosto e nei giorni<br />

successivi si spostò lungo la costa sud-occidentale<br />

dell’isola, percorrendo un totale di 1.153 km.<br />

Dal 16 settembre la radio cessò di trasmettere, forse<br />

per la morte dell’animale.<br />

arianna arrivò in sicilia in 30 agosto ed il 1° settembre<br />

raggiunse l’Isola di marettimo (egadi).<br />

Il 2 settembre un gruppo misto di capovaccai,<br />

composto da 4 adulti e 3 giovani, fu avvistato sopra<br />

l’isola (vaccaro v., com. pers.), quando arianna<br />

veniva segnalata dai dati satellitari ancora presente<br />

in loco. arianna raggiunse la Tunisia il 3 settembre.<br />

Dopo aver sostato per 4 giorni vicino alla<br />

città di sbeitla in Tunisia (4/7 settembre), proseguì<br />

verso sud e raggiunse il mali il 16 settembre, 25<br />

giorni dopo l’inizio della migrazione. Il 20 settembre<br />

il giovane avvoltoio raggiunse l’attuale area di<br />

svernamento, dopo aver percorso circa 3.915 km.<br />

La massima distanza giornaliera venne percorsa<br />

il 9 e 10 settembre, attraversando il deserto del<br />

sahara tra Tunisia ed algeria, quando arianna<br />

volò per un totale di 923 km, cioè per una distanza<br />

media giornaliera di 461 km. raggiunse la massi-<br />

34 35<br />

F. beLLINI


ma velocità di 79,03 km/h nel deserto algerino (10<br />

settembre, 154,12 km coperti in 1 h 57’). Nell’ottobre<br />

2007 arianna si trovava ancora in quest’area<br />

semidesertica del mali centro-orientale.<br />

anno 2007 (arturo)<br />

arturo ha lasciato la Gravina di Laterza il 6 settembre<br />

2007 ed ha raggiunto l’isola di Favignana,<br />

nelle egadi, il 12 settembre, dove ha sostato per 3<br />

giorni. Il 15 settembre arturo è ritornato in sicilia<br />

e si è fermato per quasi un mese alla periferia di<br />

marsala dove è stato osservato e fotografato da<br />

diversi ornitologi che hanno anche provveduto<br />

a fornirgli del cibo (Piccioni s. e sciabica e. com.<br />

pers.). Il 12 ottobre è ripartito raggiungendo di<br />

nuovo le isole egadi (compresa marettimo) ma,<br />

dopo una breve sosta a causa di forti venti sfavorevoli<br />

(Panuccio m. com. pers.), è ritornato in sicilia<br />

ed ha puntato verso sud-est, raggiungendo la<br />

Cava di Ispica, in provincia di ragusa. Il 30 ottobre<br />

2007 il giovane si trovava ancora in quell’area, osservato<br />

e fotografato da alcuni ornitologi (Lentile<br />

r. com. pers.). 1.200 sono i chilometri percorsi sino<br />

a quel momento.<br />

Discussione<br />

L’esperienza di arianna, barbara (Ceccolini et al.<br />

2007) e arturo seguite grazie alla telemetria satellitare,<br />

così come le osservazioni dirette di Laerte<br />

nel 2004, confermano che i giovani capovaccai<br />

nati in cattività, per di più da genitori spagnoli,<br />

sono in grado di adattarsi perfettamente alla vita<br />

selvatica e di intraprendere la giusta rotta migratoria<br />

verso l’africa.<br />

Un ruolo non secondario nella migrazione sembra<br />

giocato dai capovaccai adulti. Infatti l’esperienza<br />

di Laerte ed arianna conferma quanto suggerito<br />

dalle osservazioni pregresse a marettimo di gruppi<br />

misti di capovaccai giovani ed adulti (agostini<br />

et al. 2000, 2004). I giovani probabilmente imparano<br />

la rotta migratoria seguendo gli adulti. Perciò<br />

appare evidente che la sopravvivenza della specie<br />

in Italia sia favorita da un continuo e tempestivo<br />

programma di rilasci che offra ai giovani liberati la<br />

possibilità di incontrare capovaccai adulti durante<br />

la migrazione.<br />

La rotta migratoria percorsa da barbara, arianna<br />

ed arturo ha toccato le principali aree protette<br />

dell’Italia meridionale (P. N. del Pollino, P. N. della<br />

sila Piccola, P. N. dell’aspromonte ecc.) che, dunque,<br />

rappresentano luoghi di fondamentale importanza<br />

per la conservazione della specie. sarebbe<br />

pertanto utile approntarvi una rete carnai per<br />

supportare la specie durante la migrazione al fine<br />

di diminuirne la mortalità, in particolare quella<br />

dovuta ad avvelenamento.<br />

altre aree protette per la sosta e l’alimentazione<br />

dei rapaci migratori dovrebbero essere realizzate<br />

nella sicilia occidentale (Provincia di Trapani),<br />

Dati sui rilasci di giovani capovaccai 2004-2007 nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza (TA)<br />

* D o t a t o d i r a d i o s a t e l l i t a r e<br />

dove i capovaccai così come altri rapaci migratori,<br />

sostano anche per vari giorni in attesa di condizioni<br />

meteorologiche favorevoli per affrontare la traversata<br />

del Canale di sicilia. si tratta di un punto<br />

nevralgico per la salvaguardia della specie, messo<br />

in luce proprio dai dati satellitari dei giovani capovaccai<br />

rilasciati.<br />

La realizzazione di questi punti di sosta strategici,<br />

la sorveglianza ed il supporto alimentare nei pochi<br />

siti di nidificazione, come già è stato effettuato<br />

in Francia (Liberatori & Penteriani 2001), sono<br />

azioni assolutamente necessarie per tentare di<br />

evitare l’estinzione della popolazione italiana di<br />

capovaccaio.<br />

La migrazione di arianna ha permesso di scoprire<br />

che l’area di svernamento, sinora sconosciuta, dei<br />

capovaccai italiani è il mali centro-orientale. Quest’area<br />

si aggiunge alle due aree di svernamento<br />

sinora conosciute per i capovaccai europei: l’area<br />

di confine tra la mauritania sud-orientale ed il mali<br />

per i capovaccai spagnoli (benitez et al. 2004) e<br />

francesi e l’area sud- est del Chad per quelli bulgari<br />

(meyburg et al. 2004). L’area di svernamento<br />

di arianna sembra collocarsi all’incirca alla stessa<br />

latitudine di quelle dei capovaccaio spagnoli e<br />

francesi, ovvero tra 14°N e 17°N.<br />

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101: 381-389.<br />

meYbUrG b.-U., GaLLarDO m., meYbUrG C., DImITrOva e., 2004. Migrations and sojourn in Africa of Egyptian vultures<br />

(Neophron percnopterus) tracked by satellite. Journal of Ornithology 145: 273-280.<br />

rINGrazIameNTI<br />

si ringraziano: associazione speleologica La venta (per l’allestimento del nido nella Gravina di Laterza), Comune di<br />

Laterza (Ta), LIPU birdlife, museum of Natural history of Fribourg, Provincia di Grosseto, regione Puglia, WWF Italia.<br />

Un ringraziamento particolare a Francesco barberio, Filippo bellini e vittorio Giacoia dell’Oasi LIPU Gravina di Laterza,<br />

Tonio sigismondi e Giovanni zaccaria per il fondamentale aiuto nelle lunghe e complesse attività di rilascio dei giovani<br />

capovaccai in Puglia.<br />

si ringraziano tutti coloro che hanno osservato o tentato di osservare i giovani capovaccai in migrazione: Giuseppe<br />

Campo, Giusi Dipasquale, renzo Ientile, Giovanni Leonardi, mario Lo valvo, maurizio marchese, Fabio mastropasqua,<br />

Ugo mellone, samuele Piccioni, Guido Premuda, enzo sciabica, Pierpaolo storino, salvatore Urso e vito vaccaro.<br />

Infine ringraziamo adrian aebischer, alessandro andreotti (INFs), barbara anselmi, marco bedin, vincenzo Costantini,<br />

Fausto Fabbrizzi (CFs), bernard Ulrich meyburg, Paolo maria Politi e Fulco Pratesi per il loro supporto al progetto<br />

Capovaccaio.<br />

36 37


M i c h e l e B u x<br />

Introduzione<br />

Il Grillaio è un piccolo falco migratore dalle abitudini<br />

coloniali, considerato tra le specie di Uccelli<br />

globalmente minacciate (sPeC 1) ed a maggiore<br />

rischio di estinzione (birdLife International, 2004).<br />

eppure, nei territori a cavallo tra Puglia e basilicata<br />

è possibile ancora oggi osservare un elevato numero<br />

di grillai in caccia nelle campagne o mentre<br />

volteggiano chiassosi sui tetti delle abitazioni dei<br />

centri storici di altamura, matera, santeramo in<br />

Colle, Ginosa, ed altri ancora.<br />

Di conseguenza, sembrerebbe quindi che tale<br />

specie non sia poi così rara, ma la realtà è ben<br />

diversa, soprattutto se si analizza l’ecologia e la<br />

storia naturale recente (gli ultimi 50-100 anni) di<br />

questa specie.<br />

Dal punto di vista ecologico il Grillaio è un rapace<br />

diurno molto particolare appartenente al gruppo<br />

dei piccoli falchi in cui rientrano anche il più diffuso<br />

e stanziale Gheppio (Falco tinnunculus), con<br />

cui può essere facilmente confuso, il Falco cuculo<br />

(Falco vespertinus) o il Lodolaio (Falco subbuteo).<br />

rispetto ai congenerici presenta una più spiccata<br />

colonialità ed è strettamente legato alle attività<br />

antropiche sia per l’attività alimentare, cacciando<br />

le sue prede d’elezione, i grossi insetti, sui pascoli<br />

e nelle aree agricole estensive, che per la nidificazione<br />

dove utilizza principalmente i sottotetti e le<br />

cavità nei muri dei centri storici e delle case rurali<br />

dell’europa centro meridionale.<br />

se in passato la “vicinanza all’uomo” lo ha favorito<br />

man mano che questo sottraeva aree ai boschi<br />

per creare prima pascoli e poi terreni agricoli, e<br />

aumentava sempre più le aree urbane, con palazzi<br />

sempre più alti e somiglianti a pareti rocciose, dagli<br />

ultimi 50 anni, la situazione è fortemente cambiata.<br />

La meccanizzazione agricola e l’abbandono<br />

della pastorizia hanno trasformato le campagne<br />

in estese monocolture con una bassa biodiversità<br />

di insetti a causa dell’utilizzo crescente di anticrittogamici.<br />

Contemporaneamente, l’aumento della<br />

dimensione delle città e l’abbandono delle tecniche<br />

costruttive tradizionali (le uniche in grado di<br />

creare le condizioni idonee per la nidificazione),<br />

hanno sottratto al Grillaio siti di nidificazione un<br />

tempo abbondanti.<br />

La velocità di tali modificazioni colturali e sociali,<br />

non hanno consentito nel breve termine alcuna<br />

possibilità di adattamento alla specie che ha visto<br />

un tracollo della popolazione mondiale nella seconda<br />

metà del XX secolo.<br />

In particolare nel paleartico occidentale, nei paesi<br />

per i quali sono disponibili dati storici attendibili,<br />

si è dimostrato un calo spesso drammatico. La<br />

più importante popolazione, di quest’area, presente<br />

in spagna è passata da 100.000 coppie stimate<br />

nel 1960 a 20.000-30.000 coppie nel 1980 e<br />

4.200-5.100 coppie censite nel 1990 (Gonzàlez et<br />

al., 1990). attualmente la popolazione spagnola è<br />

stata censita in 8.000 coppie nidificanti, mostrando<br />

di aver reagito positivamente alle diverse iniziative<br />

di conservazione (Pomarol, 1993).<br />

anche in Italia, pur in assenza di dati numerici<br />

storici, il suo areale distributivo si è notevolmente<br />

ridotto. Nel periodo 1985-’87 (Progetto atlante<br />

Uccelli Nidificanti in Italia) la specie era presente<br />

in aree nelle quali non è più risultata presente<br />

nelle indagini condotte successivamente. In particolare,<br />

la specie è scomparsa in Puglia da tutte le<br />

aree esterne alle murge e alle Gravine, mentre era<br />

stata segnalata nel salento, nel Gargano e sull’appennino<br />

Dauno. Negli ultimi anni la popolazione<br />

appulo-lucana sembra, almeno numericamente,<br />

in ripresa con censimenti di circa 8.000-12.000<br />

individui ai dormitori notturni nel periodo postriproduttivo<br />

e con la recente segnalazione di coppie<br />

riproduttive in provincia di Foggia nel basso<br />

tavoliere.<br />

Gli studi fino ad ora condotti hanno interessato<br />

l’ecologia trofica (bux et al., 1997; Pantone e bux,<br />

1999), la biologia riproduttiva (bux et al., 2005;<br />

bux, 2007; bux et al., 2007) e lo status conservazionistico<br />

(sigismondi et al., 1995; sigismondi et al.,<br />

2003; bux e Pavone, 2005; Caldarella et al., 2007)<br />

fornendo un quadro abbastanza completo su biologia,<br />

ecologia e problemi di conservazione della<br />

specie.<br />

scopo del presente contributo è quello di illustrare<br />

i risultati delle indagini svolte nell’ambito del<br />

progetto “Piano d’azione per la conservazione del<br />

Capovaccaio (Neophron percnopterus) e azioni di<br />

conservazione del Grillaio, Nibbio reale (Milvus<br />

milvus) e Nibbio bruno (Milvus migrans) nella zPssIC<br />

“area DeLLe GravINe” finanziato con fondi<br />

POr 2000 – 2006 della regione Puglia.<br />

Area di studio<br />

La ricerca ha riguardato l’intero comprensorio delle<br />

gravine dell’arco ionico comprendente il territorio<br />

di due regioni, Puglia e basilicata, ed interessato<br />

dalla presenza di due sIC/zPs, “area delle<br />

Gravine cod. IT9130007” e “Gravine di matera cod.<br />

IT9220135”.<br />

L’area di studio ha interessato i territori dei comuni<br />

pugliesi di Ginosa, Laterza, Castellaneta, Palagianello,<br />

mottola e massafra e del comune di matera<br />

in basilicata, per un totale di circa 20.000 ettari.<br />

Materiali e metodi di rilevamento<br />

sono stati effettuati conteggi ai dormitori utilizzati<br />

dalla specie nei periodi pre- e post-riproduttivi<br />

nelle due colonie di matera e Ginosa. La stima del<br />

numero di coppie nidificanti in queste due colonie<br />

è stata ricavata considerando una percentuale<br />

di individui non riproduttivi variabile tra il 10 e il<br />

20% (bux, in prep.).<br />

La numerosità delle colonie nidificanti nei centri<br />

urbani di Laterza, Castellaneta, Palagianello, mottola<br />

e massafra è stata valutata attraverso un conteggio<br />

diretto degli individui, nel periodo presunto<br />

che precede la deposizione, in volo sulla città<br />

nel tardo pomeriggio. In questo periodo la coppia<br />

tende a volare o a posarsi insieme sopra il sito di<br />

nidificazione poco prima del sopraggiungere della<br />

notte. sono stati a tale scopo effettuati 6 conteggi<br />

differenti in 14 giorni.<br />

Nel 2007 è stato individuato un dormitorio nel<br />

centro storico di Laterza che però è stato utilizzato<br />

solo da una parte degli individui nidificanti, e<br />

non ha consentito di stimare più precisamente la<br />

numerosità della colonia.<br />

Inoltre, è stata verificata la presenza della specie<br />

in altri centri urbani al fine di accertare eventuali<br />

espansioni dell’areale locale di riproduzione.<br />

I conteggi ai dormitori notturni (colonie di matera<br />

e Ginosa) sono stati effettuati sia nel periodo preriproduttivo<br />

nei primi 15 giorni di maggio, che nel<br />

periodo post-riproduttivo, tra l’ultima settimana<br />

di luglio e la prima d’agosto.<br />

Risultati e discussione<br />

Il Grillaio occupa l’intero comprensorio territoriale<br />

rappresentato dalle gravine dell’arco ionico, nidificando<br />

in quasi tutti i centri storici dei comuni<br />

presenti all’interno del perimetro della zPs o nelle<br />

sue immediate vicinanze.<br />

La dimensione delle colonie varia notevolmente<br />

spostandosi da est ad ovest, con abbondanze<br />

nettamente superiori nel settore occidentale tra<br />

la città di matera e Laterza.<br />

I risultati dei censimenti e la stima del numero di<br />

38 39


coppie presenti sono riportate in Tab. 1. La popolazione<br />

riproduttiva è aumentata nei 4 anni di<br />

indagine, passando da 878–993 coppie nel 2004<br />

a 1.239–1.414 coppie nel 2007. La colonia di maggiori<br />

dimensioni, come già noto, è risultata quella<br />

di matera, seguita dalla colonia di Ginosa con il<br />

15% ed infine le colonie di Laterza e Castellaneta.<br />

La colonia di matera per cui si stima la presenza<br />

nel 2007 di 953–1074 coppie nidificanti rappresenta<br />

una delle colonie di grillaio di maggiori di-<br />

mensioni presenti in Italia ed in europa e ospita da<br />

sola circa l’80% dell’intera popolazione nidificante<br />

nel comprensorio delle gravine dell’arco ionico.<br />

Nel territorio pugliese la colonia di maggiori dimensioni<br />

è risultata quella di Ginosa con una stima<br />

nel 2007 di 222–250 coppie nidificanti.<br />

Il centro storico di Laterza ospita la seconda colonia<br />

per dimensione con una popolazione nel 2007<br />

di 38 –56 coppie.<br />

Le indagini hanno rilevato la presenza di coppie<br />

Tabella 1 Quadro riassuntivo della consistenza delle colonie di grillaio nidificanti nel comprensorio<br />

delle gravine dell’arco ionico nel periodo 2004 - 2007<br />

(1) conta post-riproduttiva non effettuata a causa della eccessiva dispersione degli individui su molti dormitori.<br />

(2) assenza di dormitori notturni. (3) media su tre conteggi. (4) conteggio effettuato nella fase di nidificazione.<br />

(5) conteggio non effettuato.<br />

Fig.1 Distribuzione e consistenza delle colonie di Grillaio Falco naumanni<br />

nelle gravine dell’arco ionico<br />

i Grillai si radunano sul dormitorio di Matera.<br />

N. CILLO<br />

nidificanti nel centro storico del Comune di Castellaneta,<br />

e la presenza di individui nei comuni di<br />

Palagianello, mottola e massafra. meno circostanziate<br />

sono state le osservazioni per il Comune di<br />

Palagianello e massafra dove la loro sporadicità<br />

non ha consentito una precisa valutazione della<br />

presenza o meno di coppie nidificanti.<br />

La popolazione di grillaio nidificante nel comprensorio<br />

delle gravine dell’arco ionico rappresenta<br />

una porzione significativa della popolazione<br />

italiana ed europea. Infatti, essa rappresenta<br />

ben il 25% dell’intera popolazione nazionale (cfr.<br />

Palumbo, in spagnesi e serra, 2002) e il 4% della<br />

popolazione europea.<br />

sebbene negli ultimi 10 anni si sia assistito ad un<br />

aumento delle colonie e delle coppie nidificanti,<br />

l’areale attuale appare molto più ridotto rispetto<br />

bIbLIOGraFIa<br />

a quello noto nella metà del 1900 (meschini e Frugis,<br />

1993; Palumbo, 1997; bux e Pavone, 2005).<br />

Nel comprensorio occupato dai due siti sIC/zPs<br />

“area delle Gravine” cod. IT9130007 e “Gravine di<br />

matera” cod. IT922013, la specie risulta molto più<br />

abbondante nella porzione occidentale del settore<br />

ovest, quest’ultimo caratterizzato dalla presenza<br />

di vaste estensioni di habitat di tipo steppico<br />

(pseudosteppa mediterranea), per la maggior<br />

parte costituita dalle associazioni vegetali a Festuco-Brometalia<br />

e Thero-Brachypoidea entrambi<br />

prioritarie per la Direttiva 92/43/Cee.<br />

La presenza di queste tipologie di habitat, soprattutto<br />

in prossimità delle colonie di nidificazione,<br />

rappresenta l’elemento chiave per la conservazione<br />

della specie.<br />

bIrDLIFe INTerNaTIONaL. 2004. Birds in Europe: population, estimates, trends and conservations status. Cambridge,<br />

UK; birdLife International. (birLife Conservation series N. 12).<br />

bUX m. PavONe a., 2005. Status del Grillaio Falco naumanni nelle gravine di Puglia e Basilicata. avocetta 29: 107.<br />

bUX m., PaNTONe N., massa b., maLaCarNe G., rIzzI v., PaLUmbO G.,1997. Primi dati sull’alimentazione della popolazione<br />

di Grillaio Falco naumanni dell’italia peninsulare (Puglia e Basilicata). avocetta 21: 112.<br />

bUX m., PerNIOLa m., sCILLITaNI G. 2005. Biologia riproduttiva del Grillaio Falco naumanni in Italia meridionale. avocetta<br />

29: 176.<br />

CaLDareLLa m., marrese m., veNTUra T., De LULLO L., rIzzI v., 2007. Nuovi dati sullo status del grillaio Falco naumanni<br />

nella provincia di Foggia. XIv Conv. Ital. Ornitologia. abstract.<br />

mesChINI e., FrUGIs s.,(eDs), 1993. atlante degli uccelli nidificanti in Italia. suppl. ric. biol. selvaggina, XX: 1-344.<br />

PaLUmbO G., 1997. Il Grillaio. altrimedia edizioni, matera.<br />

PaLUmbO G., 2002. Grillaio Falco naumanni. Pp: 54-55. In spagnesi e serra (eds.). Iconografia degli Uccelli d’Italia. volume<br />

II, Falconiformes, Galliformes. INFs e min. ambiente e della tutela del territorio – servizio Conservazione<br />

Natura.<br />

PaLUmbO G., rIzzI v., G. maLaCarNe. 1997. Contributo alla conoscenza di biologia riproduttiva, distribuzione e consistenza<br />

della popolazione di Grillaio (Falco naumanni) dell’Italia peninsulare. avocetta 21: 206-212.<br />

PaNTONe N., bUX m.,sCILLITaNI G.,1999. Dieta del Grillaio Falco naumanni nell’Italia peninsulare. avocetta 23: 171.<br />

POmarOL, m., 1993. Lesser kestrel (Falco naumanni) recovery project in Catalonia. pp. 24-28. In m.K. Nicholls and r.<br />

Clarke [eds.] . biology and conservation of small falcons: Proceedings of the 1991 hawk and Owl Trust Conference.<br />

The hawk and Owl Trust, London, england.<br />

sIGIsmONDI a., CassIzzI G., CILLO N., LaTerza m., LOsaCCO a., mUsCIaNese e. 2003. Status e problemi di conservazione<br />

della popolazione di Grillaio Falco naumanni nelle Murge. avocetta 27: 44.<br />

sIGIsmONDI, a., G. CassIzzI, N. CILLO, m. LaTerza, v. rIzzI, v. TaLamO. 1995. Distribuzione e consistenza delle popolazioni<br />

di Accipritiformi e Falconiformi nidificanti nelle regioni Puglia e Basilicata. suppl. ric. biol. selvaggina,<br />

22: 707-710.<br />

sIGIsmONDI, a., G. CassIzzI, N. CILLO, m. LaTerza, v. rIzzI, v. TaLamO. 1995. Distribuzione e consistenza delle popolazioni<br />

di Accipritiformi e Falconiformi nidificanti nelle regioni Puglia e Basilicata. suppl. ric. biol. selvaggina,<br />

22: 707-710.<br />

40 41


M a u r i z i o M a r r e s e<br />

Introduzione<br />

Inquadramento della specie a livello nazionale e<br />

regionale.<br />

Il Nibbio bruno (Milvus migrans) è considerato<br />

sPeC 3 (birdLife International 2004), con uno stato<br />

di conservazione vulnerabile. È una specie migratrice<br />

regolare, svernante regolare e raramente estivante.<br />

La specie sverna in africa al sud del sahara,<br />

marginalmente in spagna, Francia e sicilia.<br />

I movimenti migratori avvengono principalmente<br />

tra settembre-ottobre e marzo-maggio. Il trend<br />

della popolazione risulta essere stabile o in espansione,<br />

anche se esistono casi localizzati di un notevole<br />

decremento o addirittura estinzione. In<br />

Italia è migratrice e nidificante (stimate 700-1200<br />

coppie, birdLife International 2004) con una distribuzione<br />

nazionale frammentata in tre nuclei<br />

principali (settore alpino, settore centrale e meridionale)<br />

(brichetti e Fracasso, 2003).<br />

In passato in Puglia la specie veniva riportata come<br />

nidificante da numerosi autori (Di Carlo, 1964;<br />

1965; Chiavetta, 1981; brichetti, 1991; Petretti,<br />

1992), nel corso degli ultimi 15-20 anni il suo areale<br />

di nidificazione è notevolmente diminuito. Le<br />

informazioni relative a distribuzione e consistenza<br />

delle popolazioni di Nibbio bruno sono generiche<br />

e limitate a studi nazionali e/o a regioni limitrofe<br />

(sigismondi et al., 2002 e 2006). La presenza della<br />

specie risulta molto limitata e relativa ai monti<br />

Dauni (FG), alla pedemurgiana in provincia di<br />

bari ed al territorio delle Gravine (Ta), risultando<br />

presenti complessivamente 4-8 coppie di Nibbio<br />

bruno, mentre non sono state censite coppie ni-<br />

dificanti sul Gargano (sigismondi et al., 2002), con<br />

un evidente trend negativo almeno per l’area dei<br />

monti Dauni. alcuni individui vengono osservati<br />

in maniera sporadica presso alcune discariche del<br />

Gargano e durante le migrazioni. La specie risulta<br />

un migratore regolare ed osservato frequentemente<br />

durante recenti studi sulla migrazione dei<br />

rapaci sul Gargano e sulle isole Tremiti (marrese et<br />

al., 2007).<br />

Area di studio<br />

L’area di studio comprende tutta l’area interessata<br />

dal progetto nella zPs - sIC “area delle gravine”<br />

(IT9130007). Tale area è considerata attualmente<br />

come il limite orientale per la nidificazione e la<br />

presenza del Nibbio bruno in Italia.<br />

Materiali e Metodi di rilevamento<br />

sono stati effettuati percorsi lineari (transetti) lungo<br />

tragitti prestabiliti, percorrendoli a intervalli di<br />

tempo settimanali a partire dal 2004. sono stati<br />

percorsi mensilmente un totale di 168,75 km, ripartiti<br />

uniformemente nel territorio e i campionamenti<br />

sono stati effettuati in assenza di precipitazioni,<br />

vento forte e con visibilità superiore a<br />

1,5 km (Tab. 1).<br />

Le giornate di lavoro (15gg./a) sono state effettuate<br />

in modo tale da garantire due uscite mensili da<br />

Febbraio a settembre (i mesi invernali non sono<br />

stati monitorati per questa specie sia perché raramente<br />

presente in inverno, sia per concentrare lo<br />

sforzo di lavoro sul campo durante le giornate di<br />

monitoraggio nel periodo riproduttivo). I transetti<br />

sono stati scelti in base alla disposizione geografica<br />

di strade e tratturi del territorio e in base alla<br />

diversità degli ambienti attraversati.<br />

Gli avvistamenti effettuati fuori dai transetti e fuori<br />

dai tempi prestabiliti sono stati considerati come<br />

“casuali”. I transetti in auto sono stati percorsi con<br />

velocità media di 50 km/h e sono stati effettuati<br />

dalle ore 9,00 alle ore 17,00 circa (boano e Toffoli,<br />

2002).<br />

I dati rilevati sono stati inseriti in schede che hanno<br />

messo in evidenza le seguenti informazioni:<br />

data, località (toponimo) di avvistamento, orario<br />

di avvistamento, specie avvistata, numero di individui,<br />

tempo atmosferico, tipologia di habitat frequentato,<br />

attività dell’esemplare osservato.<br />

È stato utilizzato l’Indice Chilometrico di abbondanza<br />

(I.K.a.), che rappresenta il rapporto tra il numero<br />

di individui osservati durante le perlustrazioni<br />

standardizzate ed il numero di chilometri<br />

percorsi. L’I.K.a. può essere utilmente impiegato<br />

anche in aree collinari e montane, come nel caso<br />

dell’area di studio.<br />

Per ogni percorso lineare è stato calcolato l’indice<br />

IKa (indice chilometrico di abbondanza = numero<br />

dei individui rilevati per chilometro percorso) per<br />

le specie indagate secondo la seguente formula:<br />

IKAs = Σ IPs / P<br />

IKAs = indice chilometrico di abbondanza della<br />

specie “s” sul percorso “P”<br />

Σ IPs = sommatoria degli indici di presenza della<br />

specie “s” raccolti sul percorso “P”<br />

P = lunghezza in chilometri del percorso considerato<br />

sono stati distinti gli individui avvistati individuando<br />

come “popolazione migratrice e svernante”<br />

quella osservata durante i mesi di ottobre,<br />

novembre, dicembre e gennaio e “popolazione<br />

riproduttiva” quella osservata nei mesi di maggio,<br />

giugno e luglio (evitando il conteggio dei giovani<br />

Tab. 1 I percorsi lineari scelti durante il monitoraggio, l’habitat principale di riferimento<br />

e la descrizione del transetto con la lunghezza in km<br />

42 43


nati nell’anno in corso). In Tab. 1 vengono indicati<br />

i 14 percorsi campione effettuati mensilmente durante<br />

la ricerca.<br />

Nel periodo riproduttivo, per verificare e localizzare<br />

eventuali coppie riproduttive, sono stati effettuati<br />

alcuni appostamenti fissi di circa un’ora<br />

nelle aree ritenute più idonee grazie anche ai precedenti<br />

dati raccolti. sono stati utilizzati un binocolo<br />

8X42 e un cannocchiale zoom 30-60X, carte<br />

topografiche, bussola, termometro, barometro e<br />

altimetro.<br />

Risultati e discussione<br />

Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />

all’interno della ZPS<br />

Il Nibbio bruno è stato osservato nell’area di<br />

studio durante tutto il periodo di monitoraggio<br />

(febbraio-settembre), sino ad un massimo di 7<br />

individui nel periodo della migrazione (febbraiomarzo<br />

e settembre). La popolazione nidificante è<br />

Tab. 2 Riassunto delle stagioni riproduttive<br />

del Nibbio bruno nella ZPS delle Gravine<br />

risultata stabile. sono state infatti accertate 3 coppie<br />

nidificanti (2005-2007), localizzate in due aree<br />

specifiche della zPs (zona meridionale).<br />

Il nido è stato costruito su alberi vetusti in un ambiente<br />

alto e scosceso, spesso inaccessibile e invisibile.<br />

Il diametro del nido è risultato mediamente<br />

di circa 80 - 100 cm, ovattato con erba, fogliame<br />

e pelo. Per motivi conservazionistici non è stato<br />

effettuato il conteggio delle uova. Gli adulti osservati<br />

in caccia sono stati visti portare al nido piccoli<br />

mammiferi o piccoli uccelli.<br />

In Tab. 2, si riassumono i risultati delle coppie seguite<br />

durante il censimento.<br />

In Fig. 1 si evidenzia l’indice chilometrico di abbondanza<br />

dal 2004 al 2007 nel Nibbio bruno. I valori<br />

medi di abbondanza sono risultati mediamente<br />

molto bassi con un minimo di 0,018 individui in<br />

aprile, luglio ed agosto (1 individuo ogni 55,5 km)<br />

ed un massimo di 0,041 individui avvistati per<br />

chilometro (1 individuo ogni 24,1 km).<br />

In Fig. 2 si evidenzia come l’indice di abbondanza<br />

Tab. 3 Percentuale di utilizzo<br />

degli habitat<br />

(IKa) varia a seconda del tipo di habitat considerato.<br />

I transetti denominati con le sigle eF, Gh, Ih,<br />

Nh e TU, risultano avere un valore IKa più elevato<br />

rispetto alla media. Tali percorsi lineari attraversano<br />

tipologie di habitat più favorevoli alla specie,<br />

caratterizzati di una maggiore copertura vegetale<br />

(aree di nidificazione e roost potenziali) e da un<br />

mosaico di ambienti steppici (aree trofiche) quasi<br />

totalmente privi di presenza antropica (Tab. 3).<br />

Conclusioni<br />

Nei quattro anni di monitoraggio, il Nibbio bruno<br />

è risultato con un trend favorevole al contrario di<br />

quanto riscontrato a livello regionale. Infatti, la<br />

specie risulta in declino in Puglia (sigismondi et<br />

al., 2002, 2006), principalmente a causa della persecuzione<br />

umana, della pesante modificazione<br />

dell’habitat, dell’utilizzo di pesticidi e delle moderne<br />

pratiche agricole.<br />

Non solo, quindi la presenza del Nibbio bruno è<br />

stata confermata, ma nel 2007 a circa 400 metri di<br />

distanza hanno nidificato, in tempi diversi, due distinte<br />

coppie di Nibbi bruni (evento mai registrato<br />

negli anni precedenti). La prima nidificazione si<br />

è conclusa con l’involo di due giovani, mentre la<br />

seconda, che ha deposto con un ritardo di 5-6 settimane<br />

rispetto alla prima, potrebbe essersi con-<br />

clusa con l’involo di 1 o 2 giovani (Cillo e Laterza,<br />

com. pers.).<br />

La specie è risultata quindi localmente stabile ed<br />

in incremento, nonostante la chiusura delle discariche<br />

e l’incremento negli ultimi anni di impianti<br />

eolici nelle aree di nidificazione circostanti. L’area<br />

trofica “carnaio” avviato nell’ambito di questo POr<br />

potrebbe aver contribuito in modo considerevole<br />

all’aumento della popolazione nidificante di Nibbio<br />

bruno nell’area della zPs delle Gravine dell’arco<br />

ionico. Non sono stati evidenziati, ma non si<br />

escludono, casi di bracconaggio, bocconi avvelenati<br />

o di impatto con le linee elettriche.<br />

Le misure di conservazione più importanti da<br />

adottare sono sicuramente la rimozione delle<br />

minacce e dei fattori limitanti (distruzione e trasformazione<br />

degli habitat riproduttivo, uccisioni<br />

illegali, contaminazione da pesticidi e metalli pesanti).<br />

alcune misure di compensazione come, ad esempio,<br />

la creazione di una rete di carnai da realizzare<br />

sia in Puglia che basilicata ed una loro implementazione<br />

(in numero e continuità temporale) partendo<br />

da progetti già esistenti (esempio: POr Gravine<br />

arco Ionico, POr Gravina di Puglia, LIFe Fortore<br />

2005, LIFe rapaci del Gargano e LIFe rapaci<br />

Lucani), potrebbero essere un ulteriore strumento<br />

di conservazione per incrementare la presenza<br />

della specie nell’area di studio.<br />

44 45


IbLIOGraFIa<br />

bIrDLIFe INTerNaTIONaL, 2004. Birds in Europe: population estimates, trends and conservation status. Cambridge,<br />

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22: 707-710.<br />

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nella regione Basilicata, status e problemi di conservazione. 1° Convegno Italiano rapaci diurni e notturni.<br />

avocetta 27 :5.<br />

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del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Puglia. atti Convegno aLTUra “status e conservazione del Nibbio reale<br />

(Milvus milvus) e del Nibbio bruno (Milvus migrans) in Italia e in europa meridionale”, serra s. Quirico.<br />

m. meNDI<br />

M a u r i z i o M a r r e s e<br />

Introduzione<br />

Inquadramento della specie a livello regionale e<br />

46 47<br />

nazionale<br />

Il Nibbio reale è considerato una sPeC 2 (birdLife<br />

International, 2004), con uno stato di conservazione<br />

in declino. È stato recentemente inserito nel<br />

2006 nella categoria “near threatened” della red<br />

List IUCN. È una specie migratrice regolare, svernante<br />

regolare e raramente estivante a distribuzione<br />

europea. I movimenti migratori si verificano<br />

principalmente tra settembre-ottobre e marzomaggio.<br />

Il trend della popolazione negli ultimi decenni<br />

risulta essere in fase di contrazione, specialmente<br />

a causa del decremento numerico nell’europa<br />

meridionale ed orientale. In Italia il Nibbio<br />

reale è specie migratrice, sedentaria e nidificante<br />

(stimate 300-400 coppie, birdLife International<br />

2004) nelle regioni centro-meridionali e insulari.<br />

La sua distribuzione non è uniforme, infatti nidifica<br />

esclusivamente in Italia centro-meridionale,<br />

sicilia e sardegna (brichetti e Fracasso, 2003).<br />

Le informazioni relative a distribuzione e consistenza<br />

delle popolazioni di Nibbio reale (Milvus<br />

milvus) sono generiche (sigismondi et alii, 2002 e<br />

2006). I dati storici relativi alla presenza della specie<br />

in Puglia non sono esaustivi. La popolazione di<br />

Nibbio reale non è mai stata molto abbondante in<br />

Puglia. autori del passato lo riportano come “raro<br />

nelle Puglie” (arrigoni degli Oddi, 1929) se non<br />

“accidentale” (De romita, 1884 e 1900). Nell’area<br />

del Gargano la specie veniva riportata come nidi-<br />

ficante da numerosi autori (Di Carlo, 1964; 1965;<br />

Chiavetta, 1981).<br />

attualmente a livello regionale la specie ha una<br />

diffusione limitata e relativa ai monti Dauni, alle<br />

murge di bari ed al territorio delle Gravine di Taranto,<br />

evidenziando un trend negativo almeno<br />

per l’area dei monti Dauni. secondo sigismondi et<br />

alii (2002 e 2006), il Nibbio reale appare prossimo<br />

all’estinzione in Puglia.<br />

Area di studio<br />

L’area di studio comprende tutta l’area interessata<br />

dal progetto nella zPs - sIC “area delle gravine”<br />

(IT9130007). Tale area è considerata attualmente<br />

come il limite orientale per la nidificazione e presenza<br />

del Nibbio reale in Italia. In Fig 1, si evidenzia<br />

l’areale potenziale di svernamento della specie<br />

in Puglia e basilicata e nell’area di studio.<br />

Fig.1 Areale potenziale di svernamento di<br />

Nibbio reale nel Sud Italia (A) ed in prossimità<br />

della ZPS (B) oggetto di studio (rielaborato<br />

su base dati “GIS natura”)


Materiali e Metodi di rilevamento<br />

sono stati effettuati percorsi lineari (transetti) lungo<br />

tragitti prestabiliti, percorrendoli a intervalli di<br />

tempo settimanali a partire dal 2004 (Tab. 1). sono<br />

stati percorsi mensilmente un totale di 168,75 km,<br />

ripartiti uniformemente nel territorio, e i campionamenti<br />

sono stati effettuati in assenza di precipitazioni,<br />

vento forte e con visibilità superiore a 1,5<br />

km (Tab. 1 a pag. 43).<br />

Le giornate di lavoro (15gg./a) sono state effettuate<br />

in modo tale da garantire due uscite mensili da<br />

Febbraio a settembre (i mesi invernali non sono<br />

stati monitorati per concentrare le giornate di monitoraggio<br />

nel periodo riproduttivo). Tali transetti<br />

sono stati scelti in base alla disposizione geografica<br />

di strade e tratturi del territorio e in base alla<br />

diversità di ambienti attraversati.<br />

Gli avvistamenti effettuati fuori dai transetti e fuori<br />

dai tempi prestabiliti sono stati considerati come<br />

“casuali”. I transetti in auto sono stati percorsi con<br />

velocità media di 50 km/h e sono stati effettuati<br />

dalle ore 9,00 alle ore 17,00 circa (boano e Toffoli,<br />

2002).<br />

I dati rilevati sono stati inseriti in schede che hanno<br />

messo in evidenza le seguenti informazioni:<br />

data, località (toponimo) di avvistamento, orario<br />

di avvistamento, specie avvistata, numero di individui,<br />

tempo atmosferico, tipologia di habitat frequentato,<br />

attività dell’esemplare osservato.<br />

m. meNDI<br />

È stato utilizzato l’Indice Chilometrico di abbondanza<br />

(I.K.a.), che rappresenta il rapporto tra il numero<br />

individui osservati durante le perlustrazioni<br />

standardizzate ed il numero di chilometri percorsi.<br />

L’I.K.a. può essere utilmente impiegato anche in<br />

aree collinari e montane, come nel caso dell’area<br />

di studio.<br />

Per ogni percorso lineare è stato calcolato l’indice<br />

IKa (indice chilometrico di abbondanza = numero<br />

dei individui rilevati per chilometro percorso) per<br />

le specie indagate secondo la seguente formula:<br />

IKAs = Σ IPs / P<br />

IKAs = indice chilometrico di abbondanza della<br />

specie “s” sul percorso “P”<br />

Σ IPs = sommatoria degli indici di presenza della<br />

specie “s” raccolti sul percorso “P”<br />

P = lunghezza in chilometri del percorso considerato<br />

sono stati distinti gli individui avvistati individuando<br />

come popolazione “migratrice” quella<br />

osservata durante i mesi di febbraio-aprile e agosto-settembre“<br />

e popolazione “riproduttiva” quella<br />

osservata nei mesi di maggio, giugno e luglio<br />

(evitando il conteggio dei giovani nati nell’anno<br />

in corso).<br />

Risultati e discussione<br />

Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />

all’interno della ZPS.<br />

La presenza del Nibbio reale è risultata abbastanza<br />

discontinua nell’area di studio. La specie è stata<br />

riscontrata maggiormente nei mesi di febbraio,<br />

marzo e settembre sino ad un massimo di 9 individui.<br />

Nel 2005 e 2006 la specie è risultata assente<br />

come nidificante, mentre nel 2007 sono state accertate<br />

2 coppie riproduttive (Laterza m. e Cillo N.,<br />

vedere il box a pag. 50).<br />

In Fig. 2 si evidenzia l’indice chilometrico di abbondanza<br />

dal 2004 al 2007 nel Nibbio reale. La<br />

specie risulta assente nel mese di luglio, mentre<br />

i valori massimi di presenza si raggiungono in autunno-inverno<br />

con 0,053 individui per chilometro<br />

(1 individuo ogni 18,8 km).<br />

Osservando la Fig. 3, si evidenzia come l’indice<br />

di abbondanza (IKa) varia a seconda del tipo di<br />

habitat considerato. I transetti denominati con le<br />

sigle eF, Gh, Ih, Nh e TU, risultano avere un valore<br />

IKa più elevato rispetto alla media. Tali percorsi<br />

lineari attraversano tipologie di habitat più favorevoli<br />

alla specie, caratterizzati da una maggiore<br />

copertura vegetale (aree di nidificazione e roost<br />

potenziali) e da un mosaico di ambienti steppici<br />

(aree trofiche) quasi totalmente privi di presenza<br />

antropica (Tab. 2).<br />

Tab. 2 Percentuale di utilizzo degli habitat<br />

48 49


Nidificazioni di Nibbio reale nel 2007<br />

Marisa Laterza e Nicola Cillo<br />

Nel corso del 2007, la presenza della specie è stata rilevata oltre il periodo di svernamento in due gravine caratterizzate da<br />

versanti molto boscosi e, in seguito, sono state osservate le nidificazioni nei due siti distanti tra loro circa 8 km.<br />

SITO 1<br />

La presenza della coppia è stata rilevata durante la seconda metà di marzo e la nidificazione è stata avviata e conclusa con<br />

l’involo di due giovani a metà giugno.<br />

Durante il mese di aprile è stato individuato il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) sul quale la coppia ha costruito il nido<br />

(versante ovest). L’osservazione dell’attività riproduttiva è avvenuta da un punto panoramico sufficientemente lontano<br />

del versante opposto (250-300 m di distanza) dal quale il nido, posto nella parte più alta dell’albero, era occultato dalla<br />

fitta chioma. Nel periodo della cova, il maschio si è lasciato più volte osservare nel trasporto di prede al nido oppure su<br />

posatoi vicini (altri pini o sporgenze rocciose sul bordo della gravina), mentre la femmina si è allontanata dal nido soltanto<br />

per pochi minuti. Nel corso della prima settimana di maggio si è verificata la schiusa delle uova. Da quel momento in poi,<br />

numerosi sono stati gli avvistamenti degli adulti (inizialmente soltanto il maschio) durante il trasporto di prede al nido,<br />

generalmente brandelli di carogne non identificabili. Durante una delle visite, uno dei due adulti si è lasciato osservare<br />

in un lungo bagno di sole sulle rocce del margine della gravina. Una brevissima visita dal versante ovest ha permesso di<br />

osservare due giovani nel nido. Le osservazioni seguenti dal versante est hanno confermato il numero dei giovani, che si<br />

sono involati intorno alla metà di giugno.<br />

I Nibbi reali, per tutto il periodo riproduttivo, sono stati abbastanza vociferi. La zona della gravina scelta per la nidificazione<br />

è risultata particolarmente “affollata”: nel raggio di 200-300 m hanno nidificato anche una coppia di Nibbio bruno (Milvus<br />

migrans) ed una di Poiana (Buteo buteo). Presenti anche il Lanario (Falco biarmicus), lo Sparviere (Accipiter nisus), il Gheppio<br />

(Falco tinnunculus) e molti Grillai (Falco naumanni). Con tutte le specie i Nibbi reali hanno mostrato un comportamento<br />

tollerante, se si esclude qualche interazione durante il trasporto di prede al nido, con Nibbio bruno e Poiana.<br />

SITO 2<br />

Si tratta di una gravina provvista di un esteso bosco maturo, con grandi alberi e ampie zone irraggiungibili, habitat riproduttivo<br />

ideale per i Nibbi. Nel corso dei precedenti tre anni, si erano verificate soltanto sporadiche osservazioni di individui<br />

isolati durante i mesi primaverili ed estivi, molto probabilmente individui estivanti, mentre, durante la primavera 2007, tra<br />

aprile e giugno, è stato possibile seguire la nidificazione di una coppia.<br />

La presenza della coppia nidificante è stata accertata durante la seconda metà di aprile. L’osservazione di un individuo in<br />

volteggio o diretto verso una precisa zona della gravina è stata interpretata come un chiaro segno di nidificazione in corso.<br />

L’individuazione del nido è avvenuta a metà giugno, quando i giovani erano ormai prossimi all’involo, dopo ripetute visite<br />

durante le quali i due adulti erano stati spesso osservati in volo o sostare a turno su un vicino albero secco, usato come posatoio.<br />

Il nido era su Pino d’Aleppo, in un tratto molto boscoso del versante ovest. Anche in questa gravina la nidificazione si<br />

è conclusa con l’involo di due giovani. I Nibbi reali sono stati molto tolleranti con le altre specie di rapaci. Nella stessa zona,<br />

nel raggio di circa 250 m, hanno nidificato ben due coppie di Nibbi bruni e, non lontano, anche una coppia di Bianconi.<br />

L’involo di quattro giovani Nibbi reali nell’anno 2007, due nel sito 1 e due nel sito 2, è certamente un evento di grande importanza<br />

per la ZPS “Area delle Gravine”. Infatti, questa specie, che nidifica regolarmente nella confinante Basilicata in siti<br />

poco distanti dall’area di studio, quasi certamente non era più nidificante da circa 15 anni nelle Gravine ioniche pugliesi.<br />

Gli avvistamenti di individui svernanti sono diventati sempre più frequenti nel corso degli ultimi anni, soprattutto presso<br />

il carnaio avviato nell’ambito di questo POR, che quindi potrebbe aver contribuito in modo decisivo al ritorno nel 2007 del<br />

Nibbio reale come nidificante nella ZPS.<br />

Conclusioni<br />

L’involo di quattro giovani Nibbi reali nel 2007, è<br />

certamente un evento di grande importanza per la<br />

ZPS “Area delle Gravine”. Infatti, questa specie, che<br />

nidifica regolarmente nella confinante Basilicata<br />

in siti poco distanti dall’area di studio, quasi certamente<br />

non era più nidificante da circa 15 anni nelle<br />

Gravine ioniche pugliesi.<br />

Gli avvistamenti di individui svernanti sono diventati<br />

sempre più frequenti nel corso degli ultimi<br />

anni, soprattutto presso il carnaio avviato nell’ambito<br />

di questo POR, che potrebbe aver contribuito<br />

in modo decisivo al ritorno nel 2007 del Nibbio reale<br />

come nidificante nella ZPS.<br />

Nei quattro anni di monitoraggio, quindi, la specie<br />

ha evidenziato un trend favorevole al contrario di<br />

quanto riscontrato a livello regionale. Infatti, la specie<br />

risulta in declino in Puglia (Sigismondi, op.cit.),<br />

principalmente a causa della persecuzione umana,<br />

della pesante modificazione dell’habitat, dell’utilizzo<br />

di pesticidi e delle moderne pratiche agricole.<br />

Il Nibbio reale, infatti, è risultata una specie in locale<br />

incremento, nonostante la chiusura delle di-<br />

scariche e l’incremento negli ultimi anni di impianti<br />

eolici nelle aree di svernamento e nidificazione<br />

circostanti. Non sono stati evidenziati, ma non si<br />

escludono, casi di bracconaggio, bocconi avvelenati<br />

o di impatto con le linee elettriche.<br />

Le misure di conservazione più importanti da adottare<br />

sono sicuramente la rimozione delle minacce<br />

e dei fattori limitanti (distruzione e trasformazione<br />

habitat di riproduzione ed alimentazione, modificazione<br />

dei sistemi di conduzione agricola e allevamento<br />

del bestiame, chiusura di discariche, avvelenamento<br />

da pesticidi, uccisioni illegali) (Brichetti &<br />

Fracasso 2003).<br />

Alcune misure di compensazione come, ad esempio,<br />

la creazione di una rete di carnai da realizzare<br />

sia in Puglia che Basilicata ed una loro implementazione<br />

(in numero e continuità temporale), partendo<br />

da progetti già esistenti (esempio: POR Gravine<br />

arco Ionico, POR Gravina di Puglia, LIFE Fortore<br />

2005, LIFE Rapaci del Gargano e LIFE Rapaci Lucani),<br />

potrebbe essere un ulteriore strumento di<br />

conservazione per incrementare la presenza della<br />

specie nell’area di studio.<br />

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milvus) e del Nibbio bruno (Milvus migrans) in Italia e in Europa meridionale”, Serra S. Quirico.<br />

50 51


M a r i s a L a t e r z a , N i c o l a C i l l o<br />

Introduzione<br />

Inquadramento della specie a livello regionale e<br />

nazionale<br />

Il Lanario (Falco biarmicus) è un Falconide distribuito<br />

su un areale molto vasto, che comprende<br />

il Continente Africano, la Penisola Arabica, il Mediterraneo<br />

Centro-orientale e la Regione caucasica.<br />

La fascia che include i Paesi del Mediterraneo<br />

Centro-orientale e la Regione caucasica ospita la<br />

sottospecie Falco biarmicus feldeggii.<br />

Il Lanario predilige ambienti aperti e aridi, come<br />

steppe, praterie o aree ricoperte da rada vegetazione,<br />

che costituiscono il suo habitat trofico, e<br />

nidifica su pareti, anche non molto alte, purché<br />

siano al riparo dal disturbo antropico.<br />

La sua dieta è costituita in prevalenza da uccelli<br />

di dimensioni medie e piccole e, in misura minore,<br />

da altri vertebrati e da grossi insetti. durante<br />

l’attività di caccia, il Lanario esplora il territorio<br />

volteggiando ad altezze elevate oppure posato<br />

su una roccia dominante. Individuata la preda, si<br />

lancia in spettacolari picchiate o, più raramente, la<br />

sorprende compiendo voli radenti. La cattura può<br />

avvenire anche al suolo e spesso è il risultato della<br />

cooperazione tra maschio e femmina.<br />

Il Lanario è una specie sedentaria e monogama.<br />

Le coppie tendono ad occupare sempre lo stesso<br />

sito che visitano anche in periodi dell’anno diversi<br />

da quello riproduttivo. In Italia i siti presentano<br />

un’altitudine s.l.m. compresa tra 50 e 1150 m, più<br />

spesso tra 400 e 500 m (Leonardi et al., 1992).<br />

Già a dicembre iniziano i voli territoriali, mentre le<br />

spettacolari parate nuziali si svolgono soprattutto<br />

tra gennaio e febbraio. L’accoppiamento avviene<br />

spesso su sporgenze rocciose nei pressi della cavità<br />

scelta per nidificare e la deposizione (in media<br />

3-4 uova) si verifica più frequentemente, in Italia<br />

meridionale, tra la fine di febbraio e la prima settimana<br />

di marzo. L’incubazione dura circa 28-38<br />

giorni e l’allevamento richiede circa 35-38 giorni.<br />

In Italia meridionale, i giovani si involano di solito<br />

intorno alla metà di maggio.<br />

Nel recente Piano d’Azione per il Lanario (Andreotti<br />

e Leonardi, 2007), la consistenza complessiva<br />

delle popolazioni di Falco biarmicus feldeggii in<br />

tutto il Paleartico Occidentale è stimata tra 261 e<br />

472 coppie, di cui 140-172 nidificanti nella nostra<br />

penisola. Poiché l’Italia ospita tra il 15 e il 50% della<br />

popolazione mondiale di Falco biarmicus feldeggii,<br />

questa sottospecie risulta ad elevata priorità di<br />

conservazione nel nostro Paese.<br />

tucker e Heath (1994), hanno classificato il Lanario<br />

come SPEC 3 (non concentrato in Europa, ma<br />

con stato di conservazione sfavorevole). BirdLife<br />

International (2004) lo ha confermato SPEC 3, valutandolo<br />

come “vulnerabile”, sia per le ridotte dimensioni<br />

delle popolazioni europee, sia per il moderato<br />

declino subito negli ultimi decenni. Nella<br />

Lista Rossa Italiana (Calvario et al., 1999), la specie<br />

è classificata come “specie in pericolo”.<br />

Nell’Italia peninsulare la popolazione di Lanario<br />

risulta frammentata in piccoli gruppi all’interno<br />

di un areale piuttosto discontinuo che si estende<br />

dall’Appennino emiliano fino alla Calabria (fig.1).<br />

La Sicilia ospita il maggior numero di coppie (70-<br />

80) rispetto al totale nazionale, concentrate soprattutto<br />

nelle zone centro-meridionali dell’isola<br />

(Andreotti e Leonardi, 2007).<br />

In Puglia è stata accertata la presenza di 11-16<br />

coppie nidificanti, con tendenza alla stabilità, distribuite<br />

in tre nuclei: in provincia di Foggia (5-7<br />

coppie, di cui almeno 4 nel promontorio del Gargano),<br />

nelle Murge baresi (4-6 coppie) e nelle Gravine<br />

ioniche (3 coppie) (Sigismondi et al., 2004).<br />

Area di studio<br />

L’area di studio presenta caratteristiche ambientali<br />

molto favorevoli alla presenza del Lanario. Esiste<br />

un’elevata disponibilità di pareti idonee per la<br />

nidificazione. Si tratta in alcuni casi di complessi<br />

sistemi di pareti, a tratti davvero imponenti (fino<br />

a 200 m di altezza), mentre le gravine di minori dimensioni,<br />

più boscose o con versanti meno ripidi,<br />

sono dotate di piccole pareti, spesso poco accessibili<br />

e soprattutto poco disturbate.<br />

Le aree trofiche risultano abbastanza estese. Le<br />

zone naturali aperte (praterie, steppe e garighe)<br />

costituiscono quasi il 20% della superficie complessiva<br />

della ZPS, mentre le aree aperte coltivate<br />

a seminativi ricoprono circa il 40% del territorio.<br />

Materiali e Metodi di rilevamento<br />

È stato adottato il seguente metodo di rilevamento<br />

per il monitoraggio delle coppie di Lanario all’interno<br />

della ZPS.<br />

durante il primo anno (2004), è stata accertata<br />

la presenza della coppia presso l’unico sito noto<br />

(sito 1) nei primi giorni di gennaio, mentre nelle<br />

settimane successive, nel periodo quindi in cui si<br />

concentrano i voli territoriali e le parate nuziali, è<br />

stata condotta una ricerca di presenza della specie<br />

su tutte le pareti idonee alla nidificazione all’interno<br />

dell’intera ZPS.<br />

Con il supporto della cartografia e delle precedenti<br />

conoscenze, è stato possibile, già nel corso del<br />

primo anno, individuare tutti i probabili siti, sia<br />

lungo i versanti delle gravine, sia su pareti isolate.<br />

tratto da:<br />

Piano d’Azione nazionale<br />

per il Lanario<br />

(Falco biarmicus feldeggii).<br />

ANdREOttI A., LEONARdI G., 2007.<br />

Fig. 1 Distribuzione del Lanario in Italia<br />

Sono state esplorate tutte le gravine, percorrendone<br />

il bordo, per individuare lungo i due versanti<br />

i punti più panoramici da cui fossero ben visibili le<br />

pareti. L’osservazione di coppie territoriali o anche<br />

di cavità con chiari segni di presenza della specie<br />

(colate di guano, resti di precedenti nidificazioni<br />

all’interno), ha permesso di selezionare, tra tutte<br />

le pareti delle varie gravine, quelle dove compiere<br />

le successive osservazioni.<br />

Negli anni successivi, in gennaio sono state effettuate<br />

le visite per confermare la presenza delle<br />

coppie note, mentre nelle settimane seguenti<br />

sono state controllate le altre pareti idonee.<br />

Una volta individuati i siti occupati, sono state attuate<br />

tutte le misure per evitare di disturbare le<br />

coppie nidificanti, scegliendo punti di osservazione<br />

situati lungo il versante opposto della gravina<br />

e sufficientemente lontani dai probabili nidi.<br />

tra la fine di febbraio e la prima decade di marzo<br />

è stato verificato l’inizio della nidificazione, mediante<br />

l’osservazione della femmina in cova o delle<br />

prime uova deposte. Nelle settimane seguenti,<br />

fino alla schiusa, le visite sono state ridotte sia nel<br />

numero, sia nella durata, mentre durante la prima<br />

metà di aprile, sono state effettuate le visite per<br />

constatare l’avvenuta schiusa e determinare il nu-<br />

52 53


mero dei pulli.<br />

Nel periodo seguente (aprile – prima decade di<br />

maggio) sono state raccolte informazioni sull’andamento<br />

dell’allevamento, soltanto presso i nidi<br />

visibili con il cannocchiale da notevole distanza.<br />

dopo l’involo (metà di maggio) e fino alla metàfine<br />

di giugno, sono state raccolte informazioni<br />

sull’attività dei giovani nei pressi del nido. Nello<br />

stesso periodo sono state ripetute le visite presso<br />

altre pareti per avere conferma dell’assenza di<br />

coppie nidificanti.<br />

Le osservazioni sono state condotte con un binocolo<br />

10x40 ed un cannocchiale 20-60x77.<br />

Mediante la tecnica del digiscoping, è stato possibile<br />

fotografare da notevole distanza sia gli adulti,<br />

sia i giovani. L’attento esame e il confronto delle<br />

immagini hanno permesso di riconoscere e distinguere<br />

gli individui fermi su posatoi o in cova,<br />

grazie all’osservazione di particolari diversi nella<br />

colorazione del piumaggio dei vari soggetti.<br />

Risultati e discussione<br />

Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />

all’interno della ZPS<br />

Nella ZPS “Area delle Gravine”, nel corso di quattro<br />

anni, sono state osservate dieci nidificazioni in tre<br />

Tab.1 Osservazioni sulle coppie di Lanario<br />

nidificanti nella ZPS ”Area delle Gravine”<br />

dal 2004 al 2007<br />

siti differenti, distanti tra loro 14 km e 8,6 km.<br />

In tab. 1 si evidenziano i risultati del monitoraggio<br />

delle coppie di Lanario nella ZPS “Area delle Gravine”<br />

dal 2004 al 2007.<br />

La ricerca di altri siti, ripetuta ogni anno nelle altre<br />

gravine, non ha prodotto nuovi risultati. Sporadici<br />

avvistamenti di altri individui, soprattutto immaturi,<br />

si sono verificati in zone lontane dai siti di nidificazione.<br />

La dimensione media della covata (= numero<br />

medio di giovani involati / numero di coppie che<br />

hanno portato a termine con successo la nidificazione)<br />

è stata 2,7.<br />

Il successo riproduttivo (= numero medio di giovani<br />

involati / numero di coppie che hanno deposto<br />

e/o allevato giovani) è stato 1,4.<br />

La produttività (= numero medio di giovani involati<br />

/ numero di coppie territoriali) è stata 1,3.<br />

tali valori sono stati calcolati considerando l’intero<br />

periodo di quattro anni dedicati a questo monitoraggio.<br />

di seguito si descrivono i risultati del monitoraggio<br />

sul Lanario nei tre siti individuati.<br />

SItO 1<br />

Si tratta di un sito già noto prima di questo monitoraggio.<br />

Nel corso dei quattro anni, la coppia, costituita<br />

con molta probabilità dagli stessi individui, ha<br />

occupato sempre lo stesso nido. Ogni anno è avvenuta<br />

la deposizione: nel 2004 durante la prima<br />

settimana di marzo, mentre nei tre anni successivi<br />

durante l’ultima settimana di febbraio.<br />

Nel 2004 la nidificazione si è interrotta tra la metà<br />

e la fine di aprile, quando nel nido è stato possibile<br />

intravedere resti di gusci di uova.<br />

Nel 2005 tre uova si sono schiuse tra gli ultimi<br />

giorni di marzo e l’inizio di aprile e la nidificazione<br />

ha avuto un esito positivo con l’involo di tre giovani<br />

intorno alla metà di maggio.<br />

Nel 2006 si è schiuso soltanto un uovo e l’unico<br />

giovane si è involato a metà maggio. Non è stato<br />

possibile stabilire se le uova deposte fossero più<br />

di una.<br />

Questo giovane Lanario, da poco involato, ghermisce un Grillaio, predato dagli adulti e lasciato nei pressi del nido.<br />

Nel 2007 il nido è stato abbandonato intorno al 20<br />

aprile, dopo che la femmina aveva proseguito la<br />

cova per altre tre settimane oltre la presunta data<br />

della schiusa. Nello stesso periodo, nei pressi del<br />

nido erano presenti tre Lanari: i due adulti e un<br />

immaturo.<br />

SItO 2<br />

La scoperta di questo sito è avvenuta durante il<br />

primo anno di monitoraggio, ma probabilmente<br />

era occupato anche in precedenza (non esistono<br />

dati a riguardo). La coppia è apparsa legata alla<br />

stessa parete nel corso dei quattro anni, ma la cavità<br />

scelta per la nidificazione nel 2004 non è stata<br />

la stessa degli anni successivi (2005 e 2007). Gli<br />

individui della coppia erano quasi certamente gli<br />

stessi nel 2004 e nel 2005; la femmina presentava<br />

una colorazione del dorso ancora tendente al<br />

marrone, in modo meno evidente nel 2005, mentre<br />

nel 2007 entrambi gli individui avevano un tipico<br />

piumaggio da adulto.<br />

Nel 2004 e nel 2005, la femmina ha deposto in<br />

due cavità differenti della stessa parete e la nidificazione<br />

si è conclusa con l’involo di tre giovani<br />

ogni anno.<br />

Nel 2006, dopo l’osservazione dei voli territoriali<br />

nei pressi sempre della stessa parete, la femmina<br />

non è stata più osservata, mentre, durante tutta la<br />

primavera si sono ripetuti fugaci avvistamenti del<br />

maschio e di un individuo immaturo, già presente<br />

durante le parate nuziali della coppia. L’esplorazione<br />

dell’intera gravina e l’assenza di giovani<br />

involati hanno permesso di escludere lo spostamento<br />

del nido su un’altra parete.<br />

Nel 2007 la nidificazione ha avuto lo stesso andamento<br />

del 2005 e non è stato possibile definire<br />

con certezza se la femmina fosse la stessa degli<br />

anni precedenti.<br />

SItO 3<br />

La coppia ha occupato questo sito a partire dal<br />

2006. Nei due anni precedenti, la stessa gravina,<br />

che è caratterizzata da pareti idonee per il Lanario,<br />

era stata ripetutamente visitata, ma nessun individuo<br />

era stato avvistato. Non esistono dati sulla<br />

presenza del Lanario in questo sito prima del monitoraggio.<br />

Nel 2006, la nuova coppia ha occupato il sito mostrandosi<br />

molto territoriale e vocifera. durante la<br />

prima settimana di marzo, la femmina ha deposto<br />

due uova che dopo la cova, a metà aprile, sono<br />

state abbandonate.<br />

Nel 2007 la presenza della coppia è stata confermata,<br />

è avvenuta la deposizione (certamente un<br />

54 55<br />

N. CILLO


uovo) durante la prima settimana di marzo, sempre<br />

nella stessa cavità dell’anno precedente, ma a<br />

metà aprile il nido è risultato vuoto.<br />

Le nidificazioni di Lanario nell’area di studio sono<br />

avvenute sempre su pareti esposte ad ovest, quindi<br />

sul versante est delle gravine, in cavità ubicate<br />

nella metà superiore della parete.<br />

La cova è stata condotta prevalentemente dalla<br />

femmina. Nei siti 1 e 2 è stato osservato in cova anche<br />

il maschio, ma soltanto per periodi molto brevi,<br />

durante gli ultimi giorni prima della schiusa.<br />

Sporgenze rocciose nei pressi del nido sono state<br />

abitualmente utilizzate come posatoi, sia dagli<br />

adulti durante lunghe soste o per spiumare le prede<br />

da portare al nido, sia dai giovani dopo l’involo.<br />

durante tutta la cova e le prime due settimane<br />

dopo la schiusa, è stato soprattutto il maschio<br />

a procurare le prede, mentre la femmina era nel<br />

nido a proteggere o a nutrire i pulli. Nelle ultime<br />

due settimane di permanenza al nido, i due adulti<br />

si sono alternati in una frenetica attività di trasporto<br />

delle prede, anche due nell’arco di un’ora. I<br />

giovani, sebbene autonomi e molto vivaci, erano<br />

sempre controllati da uno dei genitori in sosta su<br />

un posatoio nei pressi del nido.<br />

Gli adulti e i giovani sono rimasti molto legati anche<br />

per varie settimane dopo l’involo, ritrovandosi<br />

spesso nei pressi del nido e mantenendo un<br />

contatto costituito anche da un’ampia gamma di<br />

vocalizzazioni. L’ultimo chiassoso ritrovo tra adulti<br />

e giovani è stato osservato presso un sito di nidificazione<br />

addirittura a metà agosto.<br />

Raramente è stato possibile identificare le prede<br />

cacciate ed ancor meno i resti presenti nel nido.<br />

La Gazza (Pica pica) e il Grillaio (Falco naumanni)<br />

sono le uniche prede identificate con certezza.<br />

Nella primavera del 2005, durante le settimane<br />

successive all’involo, i giovani sono stati più volte<br />

osservati a caccia di cavallette in aree aperte non<br />

lontane dal sito di nidificazione.<br />

Nelle tre gravine in cui il Lanario ha nidificato, è<br />

stato possibile rilevare la costante interazione<br />

con coppie di Corvo imperiale (Corvus corax) ni-<br />

dificanti su pareti poco distanti. Nei tre siti la condivisione<br />

degli spazi ha inevitabilmente generato<br />

conflittualità fra le due specie, quasi sempre causate<br />

dal comportamento provocatorio dei Corvi e<br />

accompagnate da voli minacciosi e grida. La presenza<br />

dei Corvi non sembra però aver influito negativamente<br />

sulle attività riproduttive e sull’esito<br />

delle nidificazioni di Lanario.<br />

Conclusioni<br />

La ricerca condotta sulla specie ha evidenziato la<br />

bassa densità di coppie e l’elevato valore della distanza<br />

media tra i siti riproduttivi (11,3 km), come<br />

pure i valori molto bassi del successo riproduttivo<br />

e della produttività (rispettivamente 1,4 e 1,3).<br />

Considerando la disponibilità di habitat e dei siti<br />

idonei per la nidificazione, si potrebbe ipotizzare<br />

che l’area di studio sia in grado di ospitare un numero<br />

maggiore di coppie nidificanti di Lanario.<br />

Esaminando nel complesso le caratteristiche di<br />

tutta la ZPS, risulta evidente che le tre coppie di<br />

Lanario hanno scelto i migliori siti di nidificazione<br />

disponibili, sia per i requisiti delle pareti, sia<br />

Una coppia sorveglia il proprio territorio.<br />

N. CILLO<br />

per la presenza a breve distanza di adeguate aree<br />

trofiche.<br />

Il disturbo umano diretto nei pressi dei nidi è sembrato<br />

ininfluente nei siti 1 e 2, grazie alla posizione<br />

e all’altezza delle pareti, mentre tale disturbo<br />

potrebbe aver avuto un ruolo importante nel fallimento<br />

delle due nidificazioni nel sito 3.<br />

Nel 2006, condizioni meteorologiche avverse, con<br />

numerose giornate fredde e piovose, hanno caratterizzato<br />

la prima metà di marzo e potrebbero<br />

aver influito negativamente sul numero delle<br />

schiuse.<br />

I bassi valori di produttività e successo riproduttivo<br />

potrebbero quindi essere stati determinati da<br />

particolari condizioni venutesi a creare proprio<br />

nel periodo compreso tra il 2004 e il 2007.<br />

La prosecuzione nel tempo dell’attività di monitoraggio<br />

permetterebbe di chiarire i fattori che<br />

limitano la densità e il successo riproduttivo del<br />

Lanario nelle Gravine ioniche.<br />

Un giovane alle prese con i primi voli.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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birdlife International, Cambridge.<br />

56 57<br />

N. CILLO


M a r i s a L a t e r z a , N i c o l a C i l l o<br />

Introduzione<br />

Inquadramento della specie a livello regionale e<br />

nazionale<br />

Il Biancone (Circaetus gallicus) è un rapace migratore<br />

che nidifica nel Paleartico Occidentale in due<br />

aree, una più occidentale, che comprende anche<br />

l’Italia, ed una più orientale, che si spinge verso<br />

nord-est fino alle pianure russe.<br />

Essendo la sua dieta costituita essenzialmente da<br />

rettili, soprattutto serpenti, predilige gli ambienti<br />

caldi ed aridi, sebbene la parte più settentrionale<br />

del suo areale di nidificazione sia caratterizzata da<br />

pianure umide.<br />

A partire dalla prima metà di marzo, il Biancone<br />

arriva in Europa dai quartieri di svernamento africani<br />

compresi in una fascia tra 20°N e 10°N di latitudine.<br />

Nidifica in aree caratterizzate da un basso grado<br />

di disturbo antropico, dove siano presenti boschi<br />

alternati a zone aperte anche non estese, come<br />

piccole radure, essenziali per la ricerca di prede. La<br />

tecnica di caccia più frequente consiste nell’esplorare<br />

il territorio da un’altezza di 20-50 m, sostando<br />

spesso in “spirito santo”.<br />

Costruisce il nido su alberi emergenti o isolati,<br />

mai dove la vegetazione è troppo densa, preferibilmente<br />

su Pini o altre essenze sempreverdi, e<br />

depone un solo uovo, normalmente tra la metà e<br />

la fine di aprile. L’incubazione e l’allevamento durano<br />

rispettivamente circa 45 e 70 giorni, pertanto<br />

l’involo avviene più frequentemente tra la fine di<br />

luglio e la metà di agosto. Il giovane rimane nei<br />

pressi del nido per alcune settimane.<br />

Nel Paleartico Occidentale sono stimate complessivamente<br />

8400-13000 coppie, mentre nell’Unione<br />

Europea è stimata una popolazione nidificante<br />

di 5400-7500 coppie (BirdLife International 2004).<br />

La specie risulta stabile negli ultimi 30 anni ed è<br />

stata classificata come SPEC 3 (non concentrata in<br />

Europa, ma con stato di conservazione sfavorevole).<br />

In Italia è stimata una popolazione di Biancone di<br />

oltre 500 coppie (Campora e Cattaneo, 2006; Cattaneo<br />

e Petretti, 1992), nidificanti in varie regioni,<br />

in una fascia altitudinale compresa tra 180 e 1700<br />

m, concentrate soprattutto nell’Appennino Ligure<br />

e lungo l’arco alpino (fig. 1). Assente nella Pianura<br />

padana, nel Salento e nella parte più meridionale<br />

della Calabria, il Biancone è distribuito maggiormente<br />

lungo il versante tirrenico, con una densità<br />

di popolazione che si riduce scendendo verso sud.<br />

In Sicilia e in Sardegna viene segnalato soltanto<br />

come svernante.<br />

I Bianconi nidificanti nell’Italia centro-meridionale<br />

seguono una singolare rotta migratoria “ad arco”<br />

(Agostini et al., 2002). In autunno risalgono il versante<br />

tirrenico fino alla Liguria, per poi dirigersi<br />

verso Gibilterra; soltanto un esiguo numero di<br />

individui raggiunge l’Africa attraverso il Canale di<br />

Sicilia. Un analogo percorso in direzione contraria<br />

sarebbe seguito durante la migrazione primaverile<br />

(Baghino e Premuda, 2005).<br />

Per la Puglia, non esistono dati precisi sul numero<br />

delle coppie nidificanti e sono possibili soltanto<br />

stime molto approssimative. La specie è certa-<br />

mente presente nel promontorio del Gargano (3-<br />

4 coppie), nelle Murge (3-5 coppie) e nelle Gravine<br />

ioniche (2-3 coppie). I piccoli nuclei pugliesi sono<br />

le propaggini più orientali della popolazione lucana<br />

di Biancone, costituita da un numero di coppie<br />

nidificanti stimato tra 15 e 30 (Sigismondi, 1998).<br />

Fig. 1 Distribuzione del Biancone in Italia<br />

tratto da:<br />

The Short-toed Eagle,<br />

Circaetus gallicus, in Italy<br />

CAMPORA M., CAttANEO G., 2006.<br />

Area di studio<br />

La ZPS “Area delle Gravine”, è caratterizzata da una<br />

discreta disponibilità di ambienti adatti alla presenza<br />

del Biancone. Circa l’11% del totale della superficie<br />

è rappresentato da boschi a prevalenza di<br />

Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) o a prevalenza di<br />

Leccio (Quercus ilex) che, soprattutto lungo i versanti<br />

di alcune gravine, costituiscono un ottimo<br />

habitat riproduttivo. Ben rappresentate anche le<br />

aree trofiche idonee: più di un quarto della superficie<br />

è costituito, infatti, da zone naturali aperte e<br />

da macchia mediterranea.<br />

Materiali e Metodi di rilevamento<br />

Per censire le coppie di Bianconi nidificanti all’interno<br />

della ZPS è stato innanzitutto necessario in-<br />

dividuare, nell’intero territorio, le aree corrispondenti<br />

all’habitat riproduttivo più idoneo per la<br />

specie.<br />

tale operazione è stata avviata durante il mese di<br />

febbraio 2004, prima dell’arrivo dei Bianconi dai<br />

quartieri di svernamento, ed è proseguita anche<br />

nei mesi seguenti. L’individuazione dei possibili<br />

siti di nidificazione è avvenuta grazie alla visita di<br />

tutte le gravine, percorrendone il bordo e osservando<br />

entrambi i versanti. Sebbene tutte le gravine<br />

presentino tratti più o meno estesi di copertura<br />

arborea, non è stato difficile, già durante il primo<br />

anno di monitoraggio, operare una selezione dei<br />

siti più probabili per la nidificazione anche sulla<br />

base del livello di disturbo antropico.<br />

Negli anni successivi al primo, le visite sono state<br />

quindi concentrate nelle gravine provviste di zone<br />

boscose non disturbate. In particolare, durante il<br />

periodo compreso tra la seconda metà di marzo<br />

e la prima decade di aprile, si è accertata la presenza<br />

delle coppie, osservando le parate nuziali e<br />

il trasporto di rami per la costruzione o il ripristino<br />

del nido.<br />

Individuate le coppie, ogni anno, dopo la deposizione<br />

e l’avvio della cova, si è ritenuto opportuno<br />

ridurre le visite di controllo, per non rischiare di<br />

influire sull’esito della nidificazione.<br />

A partire dall’ultima settimana di maggio sono avvenute<br />

le visite per constatare l’avvenuta schiusa<br />

e per controllare il regolare andamento dell’allevamento,<br />

osservando, laddove possibile, direttamente<br />

il nido con il cannocchiale a notevole<br />

distanza, oppure rilevando il trasporto di prede<br />

al nido. Soltanto nel sito 1 le varie fasi dell’allevamento<br />

sono state seguite da un punto di osservazione<br />

nascosto e piuttosto vicino al nido (circa<br />

230 m), dove è stato opportuno non sostare mai a<br />

lungo per non arrecare disturbo.<br />

tra l’ultima settimana di luglio e la prima decade<br />

di agosto è stato accertato l’involo del giovane. Le<br />

visite si sono protratte fino alla fine di agosto o ai<br />

primi giorni di settembre.<br />

Le osservazioni sono state condotte con un binocolo<br />

10x40 ed un cannocchiale 20-60x77.<br />

58 59


Risultati e discussione<br />

Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />

all’interno della ZPS<br />

Nella ZPS “Area delle Gravine”, nel corso di quattro<br />

anni, sono state osservate sei nidificazioni in tre<br />

siti differenti.<br />

In tab. 1 si evidenziano i risultati del monitoraggio<br />

delle coppie di Bianconi nella ZPS “Area delle Gravine”<br />

dal 2004 al 2007.<br />

I siti 1 e 2, distanti tra loro circa 25 km, sono stati<br />

individuati durante il primo anno di monitoraggio<br />

(2004). Il sito 3, occupato nel 2007, ha molto probabilmente<br />

sostituito il sito 1, da cui dista quasi 6<br />

km.<br />

Ogni anno è stata ripetuta la ricerca di altri siti,<br />

senza ulteriori risultati.<br />

Il successo riproduttivo (= numero medio di giovani<br />

involati / numero di coppie che hanno deposto<br />

e/o allevato giovani), calcolato su tutte le<br />

nidificazioni seguite nel corso dei quattro anni,<br />

considerando soltanto gli involi certi, è stato 0,3.<br />

di seguito si descrivono i risultati del monitoraggio<br />

sul Biancone nei tre siti individuati.<br />

SItO 1<br />

La presenza di una coppia nidificante in questa<br />

gravina era nota da molti anni, ma la nidificazione<br />

non era mai stata seguita.<br />

Tab. 1 Osservazioni sulle coppie di Biancone<br />

nidificanti nella ZPS “Area delle Gravine”<br />

dal 2004 al 2007<br />

Nel 2004, dopo aver constatato l’arrivo della coppia<br />

nella seconda metà marzo, si è ritenuto opportuno<br />

procedere alla ricerca di nuovi siti, pertanto il<br />

nido è stato individuato soltanto nei primi giorni<br />

di giugno, quando il pullo era già nato.<br />

Il nido, costruito su un Leccio posto su una piccola<br />

parete, era molto probabilmente già stato utilizzato<br />

negli anni precedenti. L’involo è avvenuto<br />

durante la prima settimana di agosto e il giovane<br />

è rimasto nella gravina almeno fino alla fine dello<br />

stesso mese.<br />

Nel 2005 la coppia è risultata presente a partire<br />

da metà marzo ed è stato possibile osservarla in<br />

parate nuziali e nel trasporto di rami al nido, posto<br />

sempre su Leccio, pochi metri più in basso rispetto<br />

al vecchio nido quasi distrutto. La deposizione<br />

è avvenuta intorno al 20 aprile e la cova si è svolta<br />

regolarmente, ma, durante la prima settimana di<br />

giugno il nido è risultato vuoto e gli adulti hanno<br />

smesso di frequentare la gravina.<br />

Nel 2006 la coppia è tornata a metà marzo ed ha<br />

deposto a metà aprile, nello stesso nido risistemato<br />

del 2004. La schiusa è avvenuta durante l’ultima<br />

settimana di maggio e il giovane si è involato alla<br />

fine di luglio. dopo un mese il giovane frequentava<br />

ancora i dintorni del nido.<br />

Nel 2007 la coppia di Bianconi è risultata assente<br />

e il nido ricostruito l’anno precedente è stato<br />

occupato da una coppia di Poiana (Buteo buteo).<br />

Nessun adulto di Biancone ha frequentato la gravina,<br />

mentre un individuo immaturo è stato ripetutamente<br />

avvistato in zona.<br />

SItO 2<br />

tale sito, durante le preliminari perlustrazioni dell’area<br />

di studio nel 2004, è risultato come uno dei<br />

siti più adatti per la specie. In effetti, all’inizio di<br />

aprile, una coppia di Bianconi volteggiava ripetutamente<br />

sulla gravina e, durante le successive visite,<br />

un solo adulto si lasciava osservare in furtive<br />

apparizioni.<br />

Individuato il gruppo di Pini d’Aleppo su cui era<br />

stato costruito il nido, le varie fasi della nidificazione<br />

sono state seguite da punti di osservazione<br />

posti sul versante opposto, più a monte o più a<br />

valle, evitando così di sostare proprio di fronte.<br />

La scelta, dettata soprattutto dal comportamento<br />

diffidente del Biancone, ha impedito, a causa della<br />

distanza (300-400 m) e della chioma compatta dei<br />

Pini, di individuare subito la precisa posizione del<br />

nido e controllare le varie fasi dello sviluppo. La<br />

schiusa è avvenuta molto probabilmente durante<br />

la prima settimana di giugno e gli avvistamenti di<br />

un individuo adulto diretto al gruppo di alberi, o in<br />

partenza da essi, sono stati abbastanza frequenti<br />

fino alla prima settimana di luglio. Un albero secco<br />

nei pressi del nido è stato spesso utilizzato come<br />

posatoio.<br />

In seguito, nonostante le numerose ore di osservazione,<br />

gli avvistamenti sono diventati rarissimi,<br />

fino diventare nulli durante il mese di agosto.<br />

L’assenza, ad agosto, di un giovane involato nei<br />

paraggi del nido sarebbe una prova sufficiente<br />

dell’interruzione della nidificazione, ma il reale andamento<br />

nelle ultime settimane e l’esito finale di<br />

questa nidificazione rimangono incerti. Altri due<br />

osservatori (P. e G. Chiatante) avrebbero rilevato la<br />

presenza del giovane nel nido durante due visite<br />

nella seconda metà di luglio.<br />

Nel 2005, a partire dalla metà di marzo e fino ai<br />

primi giorni di maggio, un solo individuo adulto<br />

ha frequentato la gravina, mentre una coppia di<br />

Bianconi ha nidificato non lontano (a circa 6 km),<br />

in un sito esterno alla ZPS “Area delle Gravine” (P. e<br />

G. Chiatante, com. pers.).<br />

Nel 2006 la coppia di Bianconi è risultata assente,<br />

mentre nel 2007 è tornata a nidificare. Il nido, posto<br />

in un gruppo di Pini d’Aleppo, era distante circa<br />

1,5 km dal precedente (2004), e, poiché la sua<br />

precisa localizzazione avrebbe richiesto un eccessivo<br />

avvicinamento, si è deciso di seguire la nidificazione<br />

da un punto distante e panoramico, adatto<br />

per controllare arrivi e partenze dei Bianconi,<br />

senza arrecare alcun disturbo. durante una visita<br />

compiuta a metà giugno, la coppia si è mostrata<br />

in ripetuti volteggi e richiami, mentre nelle settimane<br />

seguenti è tornata ad un comportamento<br />

più elusivo. Furtivi avvistamenti si sono verificati<br />

fino all’inizio di luglio, quando la nidificazione si<br />

è interrotta. durante le numerose visite effettuate<br />

in seguito, fino alla prima settimana di settembre,<br />

nessun Biancone è stato avvistato.<br />

SItO 3<br />

Si tratta di un’altra gravina provvista di versanti<br />

boscosi, ideali per la nidificazione del Biancone, e<br />

con adeguate zone di caccia nei dintorni. tuttavia,<br />

la specie era risultata assente nei primi tre anni di<br />

monitoraggio.<br />

Nel 2007 si è verificato l’insediamento di una coppia,<br />

che ha però avviato con notevole ritardo la<br />

nidificazione. Infatti, durante le visite effettuate<br />

all’inizio della primavera, nessun Biancone è stato<br />

avvistato. A metà giugno, in seguito all’osservazione<br />

di un individuo adulto in un preciso tratto<br />

della gravina durante ripetute discese e partenze,<br />

è iniziata la ricerca del nido. Questo era situato in<br />

un tratto piuttosto inaccessibile della gravina, su<br />

un Pino d’Aleppo ben visibile anche a notevole distanza<br />

dal versante opposto.<br />

A fine giugno l’individuo nel nido sembrava ancora<br />

in cova e, durante le visite effettuate a luglio e<br />

ad agosto, nessun Biancone è stato osservato ed il<br />

nido era vuoto. L’ultima visita è avvenuta ad inizio<br />

settembre.<br />

In base a quando osservato, è apparso plausibile<br />

ipotizzare che l’insediamento nel 2007 della coppia<br />

di Bianconi in questo sito, in ritardo rispetto all’arrivo<br />

dai quartieri di svernamento, sia stato una<br />

conseguenza della sostituzione del sito 1 (a circa<br />

6 km), dove una coppia di Poiane ha nidificato nel<br />

precedente nido di Biancone. Non è stato possibile<br />

verificare quanto l’avvio ritardato della nidificazione<br />

nel sito 3 abbia determinato il fallimento<br />

della nidificazione o se questo è stato causato da<br />

altri fattori.<br />

tutte le nidificazioni descritte, ad eccezione di<br />

quella del 2007 nel sito 2, sono avvenute sul versante<br />

occidentale delle gravine e i nidi sono stati<br />

costruiti su Leccio o Pino d’Aleppo.<br />

Se si esclude il sito 3 nel 2007, i siti sono stati occupati<br />

a partire dalla metà di marzo.<br />

60 61


Un giovane Biancone, nei pressi del nido dopo l’involo.<br />

La distanza e la durata delle osservazioni hanno<br />

impedito di distinguere il sesso degli adulti sulla<br />

base di differenze morfologiche e di piumaggio,<br />

mentre la distinzione è stata dedotta dal compor-<br />

tamento dei due adulti durante la cova e l’alleva-<br />

mento. È, infatti, molto probabile, ma non certo,<br />

che l’individuo in cova o presente nel nido per<br />

accudire il pullo fosse la femmina e l’individuo os-<br />

servato nel trasporto di prede al nido fosse il ma-<br />

schio. L’identificazione del giovane ormai pronto<br />

all’involo o durante le settimane successive è in-<br />

vece stata possibile osservando sia il compor-<br />

tamento, sia alcuni particolari nella colorazione<br />

del piumaggio. Il giovane, meno diffidente degli<br />

adulti, si è lasciato spesso osservare su posatoi nei<br />

pressi del nido o in brevi voli ed era riconoscibile<br />

grazie al colore visibilmente più chiaro e fulvo di<br />

gola e petto.<br />

Nel periodo che precede la deposizione, gli avvi-<br />

stamenti sono stati abbastanza frequenti, mentre<br />

durante tutto il periodo della cova, l’impegno dei<br />

Bianconi nel passare inosservati ha raggiunto i<br />

massimi livelli. Anche dopo la schiusa, questi ra-<br />

paci hanno manifestato estrema prudenza prima<br />

di dirigersi al nido.<br />

Laddove è stato possibile compiere osservazioni<br />

presso i nidi, è stata rilevata l’assidua presenza<br />

della femmina durante le prime quattro-cinque<br />

settimane dopo la schiusa.<br />

Molto raramente sono state osservate interazioni<br />

di Bianconi con altre specie di uccelli nidificanti<br />

nella stessa gravina. La specie non ha mai intera-<br />

gito con Sparviere (Accipiter nisus) o Gheppio (Fal-<br />

co tinnunculus), nidificanti anche a poche decine<br />

di metri, risultando molto tollerante anche nei<br />

confronti di Nibbio reale (Milvus milvus) e Nibbio<br />

bruno (Milvus migrans), nidificanti a meno di 300<br />

m. È stata osservata invece una maggiore intera-<br />

zione con Corvo imperiale (Corvus corax) e Cor-<br />

nacchia grigia (Corvus cornix). Ad esempio, è stata<br />

osservata una coppia di Corvi imperiali nel tenta-<br />

tivo, poi fallito, di sottrarre al Biancone diretto al<br />

nido il serpente trasportato nel becco. In un altro<br />

episodio, sono state invece tre Cornacchie grigie<br />

N. CILLO<br />

ad infastidire con ripetuti attacchi un Biancone<br />

diretto al nido. Non si può escludere che i Corvidi<br />

abbiano contribuito, addirittura con la predazio-<br />

ne dell’uovo, al fallimento di due nidificazioni (sito<br />

1 nel 2005, sito 3 nel 2007).<br />

Conclusioni<br />

Il monitoraggio del Biancone nidificante nell’area<br />

di studio ha prodotto risultati piuttosto sconfor-<br />

tanti, sia per la bassissima densità rilevata, sia per<br />

lo scarso successo riproduttivo.<br />

Considerando l’estensione delle aree trofiche ido-<br />

nee e dell’habitat riproduttivo adatto, sorprende<br />

la presenza di sole due coppie in siti distanti più di<br />

20 km. Non si può però trascurare che la densità<br />

di questa specie risulta minore lungo il versante<br />

orientale della penisola italiana rispetto al versan-<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

te tirrenico (Brichetti & Fracasso, 2003) .<br />

Per quanto riguarda le cause che avrebbero porta-<br />

to allo scarso successo riproduttivo (soltanto due<br />

nidificazioni certamente concluse con successo<br />

sulle sei seguite in quattro anni), non è possibile<br />

fornire ipotesi plausibili. Le aree trofiche non sono<br />

certo povere di prede e i siti di nidificazione moni-<br />

torati presentano un grado di disturbo antropico<br />

molto basso. L’unica fonte di disturbo che merita<br />

di essere citata è stata rilevata presso il sito 2, dove<br />

nel maggio del 2004 due elicotteri della Marina<br />

Militare hanno sorvolato ripetutamente la gravi-<br />

na, sostando sospesi a pochi metri in diversi punti,<br />

anche in corrispondenza del nido di Biancone.<br />

Infine, non si può escludere l’ipotesi che Cornac-<br />

chia grigia o Corvo imperiale abbiano potuto con-<br />

tribuire al fallimento di alcune nidificazioni.<br />

AGOStINI N., BAGHINO L., COLEIRO C., CORBI F., PREMUdA G., 2002. Circuitous autumn migration in the Short-toed<br />

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del VII Convegno Nazionale di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707-710.<br />

62 63


M i c h e l e B u x<br />

Introduzione<br />

La gran parte degli studi condotti in Puglia sugli<br />

Strigiformi hanno riguardato l’ecologia trofica<br />

(Sublimi e Quaranta, 1988; Cignini, 1989; Battisti<br />

et al., 1997; Bux et al., 2000; Bux, 2001; Bux e Rizzi;<br />

2005), mentre rari sono state le ricerche inerenti<br />

la distribuzione e l’abbondanza (Bux, 1999; Sigismondi<br />

et al., 2005).<br />

Il censimento dei rapaci notturni nell’area delle<br />

gravine dell’arco ionico rappresenta il primo lavoro<br />

organico su di una comunità di strigiformi<br />

della Puglia. Esso ha lo scopo di definire le specie<br />

presenti, la distribuzione e densità. Le specie indagate<br />

sono state il Barbagianni (Tyto alba), l’Assiolo<br />

(Otus scops), il Gufo comune (Asio otus) e la<br />

Civetta (Athene noctua). Queste rappresentano<br />

tutte quelle note per l’area delle gravine con l’uni-<br />

ca eccezione del Gufo reale (Bubo bubo), a cui è<br />

stata dedicata una ricerca specifica (vedi Scorrano,<br />

questo volume).<br />

Area di studio<br />

Nei tre anni di indagine, l’area di studio ha interessato<br />

l’intero comprensorio delle gravine dell’arco<br />

ionico. Sono stati individuati 3 transetti all’interno<br />

dei siti SIC/ZPS “Area delle Gravine” cod. It9130007<br />

e “Gravine di Matera” cod. It9220135; 2 nel settore<br />

ovest (transetto A lungo 12 km e transetto B lungo<br />

8 km) e 1 nel settore est (transetto C lungo 9<br />

km) (Fig. 1).<br />

Fig. 1 Aree di studio e individuazione dei transetti nel settore occidentale ed orientale delle<br />

gravine dell’arco ionico<br />

Materiali e metodi<br />

La metodologia utilizzata è stata quella del censimento<br />

tramite playback e dell’ascolto sistematico<br />

del richiamo spontaneo emesso dai giovani (valido<br />

soprattutto per il Gufo comune).<br />

Il censimento al playback consiste nello stimolare<br />

una risposta territoriale della specie da censire,<br />

mediante la riproduzione del canto con un registratore,<br />

simulando la presenza di un conspecifico.<br />

Il censimento con il playback presenta i seguenti<br />

vantaggi rispetto ad altre tecniche: 1) impiego di<br />

un numero limitato di rilevatori; 2) possibilità di<br />

censire vaste superfici anche molto eterogenee;<br />

3) applicabilità anche con basse densità; 4) rapidità<br />

e alto rendimento dei censimenti in quanto incrementa<br />

il tasso di canto anche di specie normalmente<br />

elusive o silenziose; 5) possibilità di censire<br />

le covate; 6) possibilità di individuare il sito di riposo<br />

diurno tramite triangolazione; 7) possibilità di<br />

definire, con buona approssimazione, i territori in<br />

quanto gli animali possono essere indotti a seguire<br />

il richiamo entro i propri confini; 8) attenuazione<br />

della variabilità stagionale nell’attività di canto,<br />

per cui è possibile applicare il metodo anche in<br />

periodi in cui la specie è relativamente silenziosa;<br />

9) possibilità di compiere osservazioni dirette sul<br />

comportamento, in quanto alcune specie tendono<br />

ad avvicinarsi alla fonte dello stimolo; 10) possibilità<br />

di censire anche le zone impraticabili.<br />

Per ognuno dei 3 transetti sono stati individuati<br />

una serie di punti di emissione-ascolto distanti<br />

800 metri. Sono stati utilizzati versi e canti territoriali,<br />

per ciascuna delle specie considerate, emessi<br />

partendo dalla specie più piccola secondo l’ordine<br />

seguente: Assiolo, Civetta, Gufo comune e<br />

Barbagianni. I dati sono stati raccolti all’interno di<br />

schede appositamente create seguendo quanto<br />

indicato in takats & Holroyd (1997).<br />

Per ogni stazione di emissione-ascolto il protocollo<br />

di indagine era composto da 5 intervalli;<br />

0 – 2 minuti di ascolto iniziale;<br />

I – 1 minuto di emissione del canto territoriale del-<br />

l’assiolo e 1 minuto di ascolto;<br />

II – 1 minuto di emissione del canto territoriale<br />

della civetta e 1 minuto di ascolto;<br />

III – 1 minuto di emissione del canto territoriale<br />

del gufo comune e 1 minuto di ascolto;<br />

IV – 1 minuto di emissione del canto territoriale<br />

del barbagianni e 1 minuto di ascolto.<br />

L’intera serie ha avuto la durata di 10 minuti, di cui<br />

6 di ascolto e 4 di emissione.<br />

durante la stimolazione acustica l’altoparlante è<br />

stato mantenuto ad un’altezza costante dal suolo<br />

di circa 1,7 metri e rivolto verso tutte le direzioni. Il<br />

volume del playback è stato calibrato in modo da<br />

consentire al rilevatore di sentire la risposta dell’animale<br />

più lontano. L’impianto di emissione era<br />

composto da un lettore Cd portatile con amplificazione<br />

di 15 Watt. Ogni transetto è stato iniziato<br />

mezz’ora dopo il tramonto è ha avuto una durata<br />

variabile tra le 2 e le 4 ore.<br />

Sono stati considerati quali contatti positivi tutti<br />

i canti territoriali delle specie target, sia del maschio<br />

che della femmina, e le osservazioni dirette<br />

di individui in avvicinamento verso il playback.<br />

Non sono stati considerati validi i richiami dei giovani,<br />

che soprattutto per il Gufo comune possono<br />

sentirsi molto facilmente a partire già da aprile.<br />

Risultati e discussione<br />

Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />

all’interno della ZPS<br />

In ciascun anno di indagine sono stati effettuati<br />

216 sessioni di emissione ed ascolto nel periodo<br />

compreso tra marzo ed agosto, per un totale di<br />

648 sessioni. Novanta sono state effettuate nel<br />

transetto “A”, 60 in “B” e 66 in “C”. E’ stata registrata,<br />

ogni anno, la presenza di tutte e 4 le specie target<br />

della ricerca: Assiolo, Civetta, Gufo comune e Barbagianni,<br />

mentre non è mai stata ascoltata nessuna<br />

vocalizzazione attribuibile all’Allocco.<br />

In totale si sono avuti 251 contatti (canto o osservazione<br />

diretta), cosi suddivisi nei tre anni: 82 nel<br />

2004, 77 nel 2005 e 92 nel 2006; con una media di<br />

64 65


63,67 per anno. Il numero di contatti positivi non<br />

ha evidenziato variazioni significative tra gli anni<br />

(χ2 = 1,394 df=2 p0,05).<br />

Fig. 3 Andamento annuale del numero<br />

di territori stimati per Civetta, Assiolo e<br />

Gufo comune<br />

Per civetta e assiolo non sono state<br />

rilevate variazioni significative (test<br />

χ2 P>0,05) mentre per il Gufo comune<br />

il numero di territori varia tra gli anni<br />

(test χ 2 P


Il numero di contatti ottenuti è variato nei diversi<br />

mesi, con una netta prevalenza di risposte in aprile<br />

e maggio (Fig. 5).<br />

Civetta e Assiolo hanno presentato il massimo di<br />

contatti nei mesi di aprile e maggio. Il Gufo comune<br />

ha mostrato il massimo di contattabilità a<br />

marzo in relazione alla sua stagione riproduttiva<br />

precoce.<br />

Infine, sulla base dei dati raccolti è possibile stimare<br />

il numero di territori presenti nel sistema delle<br />

Gravine dell’arco ionico, almeno per civetta, assiolo<br />

e Gufo comune. Il Barbagianni necessiterebbe<br />

di indagini ad hoc soprattutto in ragione della<br />

N. CILLO<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

morfologia del territorio ricco di pareti rocciose e<br />

per le abitudini rupicole della specie.<br />

La stima dei territori occupati si basa sui dati riportati<br />

nel grafico in Fig. 3, considerando, secondo<br />

quanto illustrato da takats & Holroyd (1997),<br />

che ciascun transetto ha consentito di indagare<br />

una superficie di 1500 ettari per il transetto A,<br />

1000 per B e 1200 per C..<br />

Sulla base di tali presupposti si stimano, per i 267<br />

kmq delle gravine dell’arco ionico, 61 territori di<br />

Assiolo, 147 di Civetta e 53 di Gufo comune, con<br />

densità pari a, 0.23, 0.55 e 0.20 territori/kmq rispettivamente.<br />

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conservation of Owl of Northern hemisphere. Second Internaltion Symposium, Pp. 421 – 430.<br />

S e r e n a S c o r r a n o<br />

Introduzione<br />

Il Gufo reale (Bubo bubo) è specie sedentaria e<br />

strettamente territoriale durante tutto il corso dell’anno,<br />

eccetto alcune popolazioni di montagna<br />

che possono compiere migrazioni verticali nel<br />

periodo invernale (Mikkola, 1983; Cramp, 1985).<br />

La specie è considerata SPEC 3, secondo BirdLife<br />

International (2004).<br />

Il Gufo reale è irregolarmente distribuito in tutta<br />

l’Italia ad eccezione della Sicilia, dove si è recentemente<br />

estinto (Sarà et al., 1987) e della Sardegna<br />

dove la specie non è mai stata presente (Fasce,<br />

1993). La specie è ben distribuita in tutte le regioni<br />

dell’arco alpino, dalla Liguria al Friuli Venezia<br />

Giulia. Procedendo lungo la dorsale appenninica<br />

la distribuzione appare puntiforme con un livello<br />

conoscitivo molto più deficitario, eccetto che per<br />

alcune aree.<br />

Nonostante negli ultimi anni vi sia stato un aumento<br />

del numero di ricerche (Marchesi et al., 1997,<br />

1999; Sascor & Maistri, 1997; toffoli & Bionda,<br />

1997; Casanova & Galli, 1998; Bionda, 2003; Forconi,<br />

2002; Rassati, 2002; Scaravelli et al., 2003; Bassi,<br />

2002, 2003; Muscianese, 2006; Scorrano, 2007), lo<br />

stato delle attuali conoscenze della specie risulta<br />

ancora frammentario e carente per molte regioni<br />

italiane. Chiavetta (1988), fornisce stime sulla consistenza<br />

della popolazione alpina in oltre 100 coppie<br />

e in poco più di 50 per quella appenninica.<br />

Il Gufo reale è una specie estremamente eclettica,<br />

adattabile ad una grande varietà di ambienti purché<br />

accomunati da alcune caratteristiche fondamentali,<br />

come la disponibilità di prede (Martinez<br />

& Zuberogoitia, 2001) in territori di caccia situati<br />

nelle immediate vicinanze del sito di nidificazio-<br />

Questo lavoro è stato svolto all’interno del programma di monitoraggio<br />

dei rapaci notturni coordinato da Michele Bux.<br />

ne (Penteriani, 1996). Soddisfatte queste esigenze<br />

fondamentali, il Gufo reale può essere rinvenuto<br />

in quasi tutte le tipologie ambientali aperte o semiaperte,<br />

dalla macchia mediterranea alla tundra,<br />

dal livello del mare ad oltre 2000 metri di quota<br />

(Bayle, 1992; Penteriani, 1996).<br />

Allo stato attuale delle conoscenze, la popolazione<br />

di Gufo reale in Italia è stimata in circa 250-300<br />

coppie (BirdLife International, 2004).<br />

Per la regione Puglia, sono disponibili poche indicazioni,<br />

spesso riferibili ad osservazioni occasionali<br />

riconducibili al promontorio del Gargano (di<br />

Carlo, 1965) dove si segnala una sola osservazione<br />

diretta (Sigismondi, com. pers.), e all’area delle gravine,<br />

zona quest’ultima in cui è stata documentata<br />

con certezza la nidificazione con 2 giovani involati<br />

nel 1984 (Sigismondi, 1987). Attualmente si stima<br />

la presenza di 2-3 coppie relativamente all’area<br />

delle Gravine (Sigismondi et al., 2005).<br />

Area di studio<br />

L’area di studio si estende ai piedi del rilievo murgiano,<br />

nella porzione sud-orientale dell’altopiano<br />

delle Murge, che va dalla provincia di taranto a<br />

quella di Matera comprendendo l’intero arco ionico<br />

delle gravine pugliesi e lucane. L’area in esame<br />

include i comuni di Matera, Laterza, Ginosa,<br />

Castellaneta, Palagianello, Palagiano, Mottola,<br />

Massafra e Statte, per una superficie complessiva<br />

di 1.136 Km2 (113.600 ha). Le gravine del territorio<br />

materano rientrano nella perimetrazione del<br />

“Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese<br />

Rupestri del Materano”, istituito dalla regione Basilicata<br />

nel 1990 (L.R. 11/90) (Fig. 1).<br />

68 69


Fig. 1 Localizzazione area di studio<br />

Materiali e Metodi<br />

A causa delle abitudini notturne e delle basse densità,<br />

il censimento del Gufo reale viene effettuato<br />

applicando metodiche combinate e specifiche.<br />

Per definire la presenza della specie e l’area di distribuzione<br />

sono stati utilizzati sia metodi indiretti<br />

di indagine, attraverso l’analisi di materiale bibliografico<br />

ed interviste, che metodi diretti, effettuando<br />

censimenti e rilievi di campo.<br />

Metodi indiretti<br />

E’ stata consultata la bibliografia allo scopo di raccogliere<br />

informazioni storiche circa le località di<br />

presenza del rapace.<br />

Si è intrapresa la raccolta di informazioni relative<br />

alla presenza o avvistamento del Gufo reale nelle<br />

province di taranto e Matera intervistando ornitologi,<br />

forestali, cacciatori, fotografi, agricoltori e<br />

residenti nei pressi delle gravine. Ogni informazione<br />

è stata attentamente vagliata, sottoponendo<br />

all’attenzione degli intervistati, fotografie raffiguranti<br />

la specie o facendo ascoltare il canto tipico.<br />

Inoltre, sono state visionate le collezioni ornitologiche<br />

conservate presso i principali musei della<br />

regione Puglia e sono stati contattati i referenti di<br />

alcuni centri di recupero della fauna selvatica della<br />

Regione Puglia.<br />

Le indicazioni ottenute dalle indagini bibliografiche,<br />

dalle collezioni ornitologiche museali e dai<br />

Centri di Recupero della Fauna Selvatica regionali,<br />

hanno consentito di ottenere informazioni soprattutto<br />

sulla località di provenienza degli esemplari<br />

di Gufo reale.<br />

I dati ottenuti dai metodi indiretti sopra descritti<br />

sono stati integrati con le indagini di campo al<br />

fine di costruire e determinare l’area di distribuzione<br />

della specie.<br />

Metodi diretti<br />

In letteratura i metodi più utilizzati per il censimento<br />

e il monitoraggio della specie sono la stimolazione<br />

con richiamo registrato (playback) e<br />

l’ascolto sistematico del canto spontaneo (Mikkola,<br />

1983; Cramp, 1985; Pedrini, 1989; Penteriani &<br />

Pinchera, 1989; Zuberogoitia & Campos, 1998).<br />

In caso di forte disturbo acustico provocato dalle<br />

cause più diverse (traffico veicolare, corsi d’acqua,<br />

ecc.), tali metodi risultano poco proficui; pertanto<br />

è necessario ricercare la specie di giorno utilizzando<br />

telescopi a diversi ingrandimenti o frequentare<br />

le pareti adatte alla nidificazione in cerca di borre<br />

e/o tracce di presenza.<br />

Anche il ritrovamento di segni di presenza quali<br />

spiumate, borre ed escrementi ha fornito ulteriori<br />

informazioni utili sulla presenza-assenza della<br />

specie e dei siti utilizzati nell’area di studio.<br />

L’intera area di studio è stata suddivisa in 284 Unità<br />

di Griglia (UdG) (113.600 ha). La localizzazione<br />

circa la presenza/assenza della specie è stata riferita<br />

ad una carta orto-fotostatica dell’area di studio,<br />

suddivisa in UdG di 2 Km di lato, ciascuna di<br />

400 ha. La griglia è stata costruita tramite software<br />

GIS ArcView 3.2 (ESRI) e l’estensione mila grid.<br />

La scelta della scala delle singole UdG è avvenuta<br />

sulla base delle conoscenze bibliografiche. Infatti,<br />

le aree maggiormente frequentate, si trovano in<br />

un raggio di 2-3 Km intorno il sito di nidificazione<br />

(Frey, 1973; Penteriani, 1996).<br />

L’indagine è stata svolta nel periodo ottobre 2002<br />

- maggio 2005 in 75 UdG o stazioni di ascolto<br />

(26,4% del totale) scelte random, per un totale di<br />

30.000 ha.<br />

Per ogni stazione sono stati eseguiti da un minimo<br />

di 3 ad un massimo di 6 rilevamenti al fine di<br />

evidenziare e confermare oltre la presenza anche<br />

la fedeltà della specie al sito, per un totale di 95<br />

uscite sul campo, di cui 37 diurne e 58 notturne.<br />

L’ascolto spontaneo è stato effettuato in un intervallo<br />

di tempo compreso tra i 30 minuti prima<br />

del tramonto e le 5 ore successive (Pedrini, 1989;<br />

Penteriani e Pinchera, 1989), con sessioni d’ascolto<br />

per stazione della durata di 30 minuti. Ad ogni<br />

sessione di ascolto spontaneo è seguita la stimolazione<br />

mediante playback della durata di 30 minuti<br />

suddivisi in 5 step di 6 minuti ciascuno. Ogni<br />

step è consistito in 4 minuti di emissione del canto<br />

territoriale e 2 minuti di ascolto come risposta alla<br />

stimolazione. A questa fase è seguita un’ulteriore<br />

sessione di ascolto spontaneo della durata di 15<br />

minuti. I rilevamenti, in ciascuna delle stazioni di<br />

ascolto, hanno avuto una durata complessiva di<br />

75 minuti.<br />

L’analisi e la definizione dell’area di distribuzione<br />

della specie è stata effettuata cumulando sia i risultati<br />

derivanti dai metodi indiretti che quelli ot-<br />

tenuti dalle indagini dirette, localizzando i dati di<br />

presenza all’interno della rispettiva UdG.<br />

70 71<br />

Risultati<br />

Metodi indiretti<br />

L’indagine attraverso analisi bibliografica e interviste<br />

ha delineato un quadro di scarsa conoscenza<br />

sul Gufo reale in Puglia e Basilicata. Il primo riferimento<br />

bibliografico riscontrato per la regione<br />

Puglia è fornito da di Carlo (1965) che descrive<br />

l’avvistamento di un individuo nei pressi di bosco<br />

Sfilzi nel promontorio del Gargano, considerando<br />

la specie stazionaria per il Gargano.<br />

Per l’area delle gravine la prima segnalazione, riportata<br />

in letteratura, risale al 1987, dove è documentato<br />

il primo avvistamento, corredato da fotografie,<br />

del Gufo reale (Sigismondi, 1987).<br />

Il sistema delle interviste si è rilevato il metodo<br />

più proficuo, in quanto dalle segnalazioni raccolte<br />

si è riusciti a definire alcune aree importanti di<br />

presenza della specie. Le collezioni museali esaminate<br />

non hanno fornito utili informazioni, in<br />

quanto, pur essendo presenti individui di Gufo<br />

reale tassidermizzati (6 esemplari) nella maggior<br />

parte dei casi è stato impossibile risalire alla provenienza<br />

degli animali. Al contrario i dati forniti<br />

dai Centri di Recupero della Fauna Selvatica di Puglia<br />

e Basilicata, dando precise indicazioni sui siti<br />

di rinvenimento degli esemplari morti e/o feriti,<br />

hanno permesso una localizzazione più precisa di<br />

alcuni siti di presenza.<br />

Complessivamente le localizzazioni del Gufo reale<br />

ottenute dalle indagini indirette riguardano 13 segnalazioni<br />

registrate dal 1984 al 2007.<br />

Le 13 segnalazioni raccolte con questa metodologia<br />

ricadono in 12 UdG rappresentando il 4,2%<br />

della copertura totale dell’area di studio, comprese<br />

nei territori comunali di Matera, Ginosa, Laterza<br />

e Massafra.<br />

Metodi diretti<br />

delle 75 UdG indagate tramite censimenti condotti<br />

nelle stazioni di ascolto, 9 risultano occupate<br />

dalla specie, per una copertura del 3,2%. di<br />

queste, 4 UdG coincidono con le UdG di presenza<br />

ottenute dalle indagini indirette, mentre 5 UdG risultano<br />

nuove aree di presenza. L’area di distribuzione<br />

reale è rappresentata da un totale di 17 UdG


Fig. 1 Localizzazione area di studio<br />

Materiali e Metodi<br />

A causa delle abitudini notturne e delle basse densità,<br />

il censimento del Gufo reale viene effettuato<br />

applicando metodiche combinate e specifiche.<br />

Per definire la presenza della specie e l’area di distribuzione<br />

sono stati utilizzati sia metodi indiretti<br />

di indagine, attraverso l’analisi di materiale bibliografico<br />

ed interviste, che metodi diretti, effettuando<br />

censimenti e rilievi di campo.<br />

Metodi indiretti<br />

E’ stata consultata la bibliografia allo scopo di raccogliere<br />

informazioni storiche circa le località di<br />

presenza del rapace.<br />

Si è intrapresa la raccolta di informazioni relative<br />

alla presenza o avvistamento del Gufo reale nelle<br />

province di Taranto e Matera intervistando ornitologi,<br />

forestali, cacciatori, fotografi, agricoltori e<br />

residenti nei pressi delle gravine. Ogni informazione<br />

è stata attentamente vagliata, sottoponendo<br />

all’attenzione degli intervistati, fotografie raffiguranti<br />

la specie o facendo ascoltare il canto tipico.<br />

Inoltre, sono state visionate le collezioni ornitologiche<br />

conservate presso i principali musei della<br />

regione Puglia e sono stati contattati i referenti di<br />

alcuni centri di recupero della fauna selvatica della<br />

Regione Puglia.<br />

Le indicazioni ottenute dalle indagini bibliografiche,<br />

dalle collezioni ornitologiche museali e dai<br />

Centri di Recupero della Fauna Selvatica regionali,<br />

hanno consentito di ottenere informazioni soprattutto<br />

sulla località di provenienza degli esemplari<br />

di Gufo reale.<br />

I dati ottenuti dai metodi indiretti sopra descritti<br />

sono stati integrati con le indagini di campo al<br />

fine di costruire e determinare l’area di distribuzione<br />

della specie.<br />

Metodi diretti<br />

In letteratura i metodi più utilizzati per il censimento<br />

e il monitoraggio della specie sono la stimolazione<br />

con richiamo registrato (playback) e<br />

l’ascolto sistematico del canto spontaneo (Mikkola,<br />

1983; Cramp, 1985; Pedrini, 1989; Penteriani &<br />

Pinchera, 1989; Zuberogoitia & Campos, 1998).<br />

In caso di forte disturbo acustico provocato dalle<br />

cause più diverse (traffico veicolare, corsi d’acqua,<br />

ecc.), tali metodi risultano poco proficui; pertanto<br />

è necessario ricercare la specie di giorno utilizzando<br />

telescopi a diversi ingrandimenti o frequentare<br />

le pareti adatte alla nidificazione in cerca di borre<br />

e/o tracce di presenza.<br />

Anche il ritrovamento di segni di presenza quali<br />

spiumate, borre ed escrementi ha fornito ulteriori<br />

informazioni utili sulla presenza-assenza della<br />

specie e dei siti utilizzati nell’area di studio.<br />

L’intera area di studio è stata suddivisa in 284 Unità<br />

di Griglia (UdG) (113.600 ha). La localizzazione<br />

circa la presenza/assenza della specie è stata riferita<br />

ad una carta orto-fotostatica dell’area di studio,<br />

suddivisa in UdG di 2 Km di lato, ciascuna di<br />

400 ha. La griglia è stata costruita tramite software<br />

GIS ArcView 3.2 (ESRI) e l’estensione mila grid.<br />

La scelta della scala delle singole UdG è avvenuta<br />

sulla base delle conoscenze bibliografiche. Infatti,<br />

le aree maggiormente frequentate, si trovano in<br />

un raggio di 2-3 Km intorno il sito di nidificazione<br />

(Frey, 1973; Penteriani, 1996).<br />

L’indagine è stata svolta nel periodo ottobre 2002<br />

- maggio 2005 in 75 UdG o stazioni di ascolto<br />

(26,4% del totale) scelte random, per un totale di<br />

30.000 ha.<br />

Per ogni stazione sono stati eseguiti da un minimo<br />

di 3 ad un massimo di 6 rilevamenti al fine di<br />

evidenziare e confermare oltre la presenza anche<br />

la fedeltà della specie al sito, per un totale di 95<br />

uscite sul campo, di cui 37 diurne e 58 notturne.<br />

L’ascolto spontaneo è stato effettuato in un intervallo<br />

di tempo compreso tra i 30 minuti prima<br />

del tramonto e le 5 ore successive (Pedrini, 1989;<br />

Penteriani e Pinchera, 1989), con sessioni d’ascolto<br />

per stazione della durata di 30 minuti. Ad ogni<br />

sessione di ascolto spontaneo è seguita la stimolazione<br />

mediante playback della durata di 30 minuti<br />

suddivisi in 5 step di 6 minuti ciascuno. Ogni<br />

step è consistito in 4 minuti di emissione del canto<br />

territoriale e 2 minuti di ascolto come risposta alla<br />

stimolazione. A questa fase è seguita un’ulteriore<br />

sessione di ascolto spontaneo della durata di 15<br />

minuti. I rilevamenti, in ciascuna delle stazioni di<br />

ascolto, hanno avuto una durata complessiva di<br />

75 minuti.<br />

L’analisi e la definizione dell’area di distribuzione<br />

della specie è stata effettuata cumulando sia i risultati<br />

derivanti dai metodi indiretti che quelli ot-<br />

tenuti dalle indagini dirette, localizzando i dati di<br />

presenza all’interno della rispettiva UdG.<br />

70 71<br />

Risultati<br />

Metodi indiretti<br />

L’indagine attraverso analisi bibliografica e interviste<br />

ha delineato un quadro di scarsa conoscenza<br />

sul Gufo reale in Puglia e Basilicata. Il primo riferimento<br />

bibliografico riscontrato per la regione<br />

Puglia è fornito da Di Carlo (1965) che descrive<br />

l’avvistamento di un individuo nei pressi di bosco<br />

Sfilzi nel promontorio del Gargano, considerando<br />

la specie stazionaria per il Gargano.<br />

Per l’area delle gravine la prima segnalazione, riportata<br />

in letteratura, risale al 1987, dove è documentato<br />

il primo avvistamento, corredato da fotografie,<br />

del Gufo reale (Sigismondi, 1987).<br />

Il sistema delle interviste si è rilevato il metodo<br />

più proficuo, in quanto dalle segnalazioni raccolte<br />

si è riusciti a definire alcune aree importanti di<br />

presenza della specie. Le collezioni museali esaminate<br />

non hanno fornito utili informazioni, in<br />

quanto, pur essendo presenti individui di Gufo<br />

reale tassidermizzati (6 esemplari) nella maggior<br />

parte dei casi è stato impossibile risalire alla provenienza<br />

degli animali. Al contrario i dati forniti<br />

dai Centri di Recupero della Fauna Selvatica di Puglia<br />

e Basilicata, dando precise indicazioni sui siti<br />

di rinvenimento degli esemplari morti e/o feriti,<br />

hanno permesso una localizzazione più precisa di<br />

alcuni siti di presenza.<br />

Complessivamente le localizzazioni del Gufo reale<br />

ottenute dalle indagini indirette riguardano 13 segnalazioni<br />

registrate dal 1984 al 2007.<br />

Le 13 segnalazioni raccolte con questa metodologia<br />

ricadono in 12 UdG rappresentando il 4,2%<br />

della copertura totale dell’area di studio, comprese<br />

nei territori comunali di Matera, Ginosa, Laterza<br />

e Massafra.<br />

Metodi diretti<br />

Delle 75 UdG indagate tramite censimenti condotti<br />

nelle stazioni di ascolto, 9 risultano occupate<br />

dalla specie, per una copertura del 3,2%. Di<br />

queste, 4 UdG coincidono con le UdG di presenza<br />

ottenute dalle indagini indirette, mentre 5 UdG risultano<br />

nuove aree di presenza. L’area di distribuzione<br />

reale è rappresentata da un totale di 17 UdG


(Figura 2), ottenute sommando i dati di presenza<br />

ricavati sia dai metodi indiretti che dai metodi diretti,<br />

ricoprendo il 6% delle UdG totali, per una superficie<br />

complessiva di 6.800 ha.<br />

Discussione<br />

L’attività svolta durante il periodo di ricerca (2002-<br />

2005), attraverso lo studio di campo sistematico,<br />

unitamente al lavoro di raccolta di informazioni<br />

(interviste, bibliografia, ecc.), ha permesso di uniformare<br />

le conoscenze sulla presenza e localizzazione<br />

del Gufo reale, ricostruendo l’effettiva area<br />

di distribuzione nel territorio dell’arco ionico delle<br />

gravine appulo-lucane. Le informazioni sulla specie,<br />

precedenti al periodo di studio, si presentavano<br />

frammentarie e frutto di incontri casuali da<br />

parte di escursionisti, birdwatchers, ambientalisti<br />

e rappresentanti delle diverse categorie del settore<br />

venatorio e agricolo.<br />

Dai censimenti effettuati, solo il 6% dell’intera superficie<br />

indagata risulta essere occupata dal Gufo<br />

reale, superficie ricadente nei comuni di Matera,<br />

Laterza, Ginosa, Castellaneta, Mottola e Massafra.<br />

Inoltre, dall’analisi della carta di distribuzione reale,<br />

si evince come la presenza del Gufo reale sia<br />

Fig. 2 Distribuzione reale del Gufo<br />

reale nell’area di studio<br />

puntiforme e localizzata soprattutto nei complessi<br />

gravinali di Matera e Laterza.<br />

La distribuzione puntiforme è conseguenza della<br />

stretta relazione della specie con i solchi gravinali<br />

che sono evidentemente distribuiti sul territorio<br />

in modo non omogeneo.<br />

Lo studio ha delineato un quadro incoraggiante<br />

circa l’effettiva distribuzione del Gufo reale nell’area<br />

indagata, sebbene i dati raccolti necessitano<br />

di un approfondimento negli anni successivi.<br />

Infatti, a causa dell’effettiva difficoltà di condurre<br />

ricerche su questa specie, si ritiene opportuno<br />

proseguire l’attività di ricerca sul medio-lungo periodo<br />

al fine di ampliare le conoscenze sull’ecologia<br />

della specie nella prospettiva di una sua futura<br />

conservazione.<br />

RInGRAZIAMEnTI<br />

Il lavoro ha visto la collaborazione di tante persone,<br />

senza le quali non sarebbe stato possibile raggiungere<br />

questi risultati: desidero perciò ringraziare Tonio<br />

Sigismondi, Matteo Visceglia, Vittorio Giacoia<br />

e Filippo Bellini per i dati forniti e l’amicizia dimostrata;<br />

ringrazio Rocco Sorino e Ramona Viterbi per<br />

l’elaborazione statistica dei dati e gli utili suggerimenti<br />

per la redazione dei testi.<br />

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72 73


A l b e r t o S o r a c e , M a r c o G u s t i n , Fr a n c e s c a Z i n t u<br />

Introduzione<br />

Le profonde modificazioni ambientali che hanno<br />

interessato negli ultimi decenni il territorio regionale<br />

pugliese hanno avuto e continuano a produrre<br />

effetti profondi sulla composizione e struttura<br />

delle locali comunità di uccelli. Gli uccelli,<br />

infatti, rispondono ai cambiamenti ambientali al<br />

punto da essere considerati degli ottimi indicatori<br />

biologici (si veda, ad es. Farina e Meschini, 1985,<br />

Des Granges, 1987, Diamond e Filion 1987, Welsh<br />

1987, Furness e Greenwood, 1993, Hilty e Merenlender,<br />

2000, Gregory et al., 2003).<br />

L’area delle gravine ioniche, pur avendo subito anch’essa<br />

importanti cambiamenti ambientali, mantiene<br />

ancora delle caratteristiche di naturalità che<br />

potrebbero consentire la presenza di popolazioni<br />

significative di specie rare e di interesse conservazionistico.<br />

L’area, però, a parte le informazioni<br />

raccolte per alcuni rapaci di interesse comunitario,<br />

risulta poco conosciuta riguardo ad esempio<br />

la comunità di Passeriformi nidificanti (Meschini e<br />

Frugis, 1993, Scalera Liaci et al., 2001). Scopo del<br />

presente lavoro è quello di caratterizzare la comunità<br />

ornitica locale anche per fornire elementi<br />

utili a indirizzare la gestione della ZPS in modo da<br />

mantenerne e, dove possibile, migliorarne le caratteristiche<br />

di importanza naturalistica.<br />

Metodi<br />

All’interno dell’area delle gravine, l’avifauna è stata<br />

censita seguendo il metodo delle stazioni d’ascolto<br />

o IPA (Blondel et al., 1970). Tuttavia, in accordo<br />

con altri autori, il periodo di permanenza in ogni<br />

stazione è stato ridotto a dieci minuti (Bibby et al.,<br />

2000; Sorace et al., 2000).<br />

Dopo aver costruito una griglia di riferimento di<br />

1 km di lato sull’intera superfcie della ZPS, sono<br />

stati individuati complessivamente 102 punti<br />

d’ascolto collocati ognuno ai vertici della griglia.<br />

I punti d’ascolto sono stati effettuati nelle prime<br />

ore mattutine in giornate non piovose, senza vento<br />

o con vento leggero.<br />

È stata registrata la presenza delle specie, tramite<br />

l’osservazione degli individui e l’ascolto dei versi e<br />

dei canti, sia all’interno che all’esterno di un raggio<br />

di 50 m dal rilevatore. Per l’analisi condotta in<br />

questo lavoro, sono stati sommati tutti i contatti<br />

raccolti sia all’interno che all’esterno del raggio di<br />

50 m.<br />

nel periodo 2004-2006, i rilevamenti in ogni punto<br />

sono stati ripetuti 2 volte: la prima in aprile, la<br />

seconda in giugno. Per ogni specie, il punteggio<br />

massimo ottenuto tra le due sessioni di rilevamento<br />

è stato considerato come il numero di coppie<br />

presenti in ogni punto d’ascolto. A ogni individuo<br />

contattato è stato assegnato: un punteggio<br />

di 0.5 punti se non manifestava comportamenti<br />

territoriali; un punteggio di 1 punto se emetteva<br />

il canto territoriale, se era coinvolto in conflitti<br />

territoriali con altri individui della propria specie<br />

e se trasportava un’imbeccata, materiale da nido<br />

o una sacca fecale (Blondel et al., 1970). Un punto<br />

è stato assegnato anche a un gruppo di giovani<br />

appena involati.<br />

I punteggi ottenuti per ogni specie sono stati ela-<br />

borati per ottenere informazioni sui seguenti parametri<br />

della comunità ornitica:<br />

-RICCHEZZA (S), ossia il numero complessivo di<br />

specie campionate;<br />

-InDICE DI DIVERSITà (H‘): -Σ piln(pi) dove pi è<br />

la frequenza relativa di ogni specie (Shannon e<br />

Weaver, 1963);<br />

-L’InDICE DI EqUIRIPARTIZIOnE: H‘/H‘ max dove<br />

H‘ max = ln(S) (Lloyd e Ghelardi, 1964);<br />

-ABBOnDAnZA (A), numero medio di coppie registrate<br />

per stazione d’ascolto;<br />

- % DI nOn PASSERIFORMI;<br />

-nUMERO DI SPECIE DOMInAnTI, cioè numero di<br />

specie in cui la frequenza relativa (pi) è maggiore<br />

di 0,05 (Turcek, 1956; Oelke, 1980).<br />

Ulteriori informazioni sull’avifauna presente nella<br />

ZPS sono state raccolte durante escursioni nel territorio<br />

effettuate in maniera non sistematica.<br />

Sono state considerate come specie di interesse<br />

conservazionistico quelle incluse: nella nuova Lista<br />

Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (LIPU e<br />

WWF (a cura di 1999); nell’allegato I della Direttiva<br />

Uccelli 79/409/CEE; nelle categorie 1-3 delle Specie<br />

Europee di Uccelli di Interesse Conservazionistico<br />

(SPEC) (BirdLife International, 2004). L’analisi<br />

statistica è stata condotta mediante test non parametrici.<br />

74 75<br />

Risultati<br />

Primavera 2004<br />

nella primavera 2004 sono state censite 60 specie<br />

di cui 18 non Passeriformi (30.0%) e 42 Passeriformi<br />

(70.0%) (Tab.1). Le specie dominanti sono<br />

risultate Passera d’Italia (Passer italiae), Occhiocotto<br />

(Sylvia melanocephala), Cardellino (Carduelis<br />

carduelis) e Cappellaccia (Galerida cristata). Tra le<br />

specie subdominanti (p>0.02), le più abbondanti<br />

(p>0.04), sono risultate Verzellino (Serinus serinus),<br />

Cinciallegra (Parus major), Strillozzo (Miliaria<br />

calandra) e Rondine (Hirundo rustica).<br />

Il Cardellino, la Passera d’Italia, l’Occhiocotto, la<br />

Cappellaccia e la Gazza sono risultate, nell’ordine,<br />

le specie più diffuse nella ZPS, ovvero rilevate in<br />

un maggior numero di punti (Tab.1). Le specie più<br />

localizzate, ossia quelle censite in un solo punto<br />

d’ascolto sono risultate: Falco pecchiaiolo (Pernis<br />

apivorus), nibbio reale (Milvus milvus), Capovaccaio<br />

(Neophron percnopterus), Biancone (Circaetus<br />

gallicus), Ghiandaia marina (Coracias garrulus),<br />

Rondone pallido (Apus pallidus), Magnanina (Sylvia<br />

undata) e Rampichino (Certhia brachydactyla).<br />

Primavera 2005<br />

nella primavera 2005 sono state censite 61 specie<br />

di cui 17 non Passeriformi (27.9%) e 44 Passeriformi<br />

(72.1%) (Tab. 2). Le specie dominanti sono<br />

risultate: Passera d’Italia, Occhiocotto, Cardellino,<br />

Strillozzo e Cappellaccia.<br />

Tra le specie subdominanti (p>0.02), le più abbondanti<br />

(p>0.04) sono risultate: Rondine, Verzellino<br />

e Gazza.<br />

La Passera d’Italia, il Cardellino, l’Occhiocotto, la<br />

Gazza, la Cappellaccia e la Rondine sono risultate,<br />

nell’ordine, le specie più diffuse nella ZPS (Tab.<br />

2). Le specie più localizzate, ossia quelle censite in<br />

un solo punto d’ascolto sono risultate: Ghiandaia<br />

marina, Calandro (Anthus campestris), Magnanina,<br />

Fiorrancino (Regulus ignicapillus) e Rampichino.<br />

Primavera 2006<br />

nella primavera 2006 sono state censite 58 specie<br />

di cui 15 non Passeriformi (25.9%) e 43 Passeriformi<br />

(74.1%) (Tab.3). Le specie dominanti sono risultate:<br />

Passera d’Italia, Occhiocotto, Rondine, Cardellino<br />

e Cappellaccia. Tra le specie subdominanti<br />

(p>0.02), le specie più abbondanti (p>0.04) sono<br />

risultate: Verzellino, Gazza, Strillozzo e Fanello<br />

(Carduelis cannabina). Cardellino, Passera d’Italia,<br />

Occhiocotto, Gazza, Rondine e Cappellaccia sono<br />

risultate, nell’ordine, le specie più diffuse nella<br />

ZPS (Tab.3). Le specie più localizzate, ossia quelle<br />

censite in un solo punto d’ascolto, sono risultate:<br />

nibbio bruno (Milvus migrans), Gallinella d’acqua<br />

(Gallinula chloropus), Rondone pallido, Calandro,<br />

Magnanina ed Averla cenerina (Lanius minor).


Tab. 1 Numero di coppie e frequenza nei punti d’ascolto per le specie censite nella primavera 2004 Tab. 2 Numero di coppie e frequenza nei punti d’ascolto per le specie censite nella primavera 2005<br />

DS= deviazione standard pi= frequenza relativa DS= deviazione standard pi= frequenza relativa<br />

76 77


Tab. 3 Numero di coppie e frequenza nei punti d’ascolto per le specie censite nella primavera 2006<br />

DS= deviazione standard pi= frequenza relativa<br />

Variazioni annuali<br />

Oltre ai cambiamenti relativi alle specie più abbondanti,<br />

a quelle più diffuse e più rare, avvenuti<br />

nei tre anni investigati e riportati nei precedenti<br />

paragrafi, anche alcuni parametri della comunità<br />

ornitica sono variati nel corso del triennio. In<br />

particolare, il numero di individui censiti (Abbondanza)<br />

per punto d’ascolto è variato significativamente<br />

tra i tre anni (Friedman test, χ22,102 = 21.7,<br />

P = 0.00002), risultando massimo nel terzo anno<br />

Tab. 4 Parametri della comunità nidificante<br />

nelle due stagioni riproduttive investigate<br />

S = Ricchezza<br />

A = Abbondanza<br />

H = Diversità<br />

J = Equiripartizione<br />

non Pass = % di non Passeriformi<br />

no. dom. = numero di specie dominanti (Cfr. Metodi)<br />

di censimenti (Wilcoxon test; 2004 – 2005: Z102 =<br />

1.11, P = 0.26; 2004 – 2006: Z102 = 3.15, P = 0.002 ;<br />

2005 – 2006: Z102 = 4.11, P = 0.00004; Tab. 4). Benché<br />

nel terzo anno il valore della Ricchezza specifica<br />

sia risultato leggermente minore che negli anni<br />

precedenti (Tab. 4), il numero di specie per punto<br />

d’ascolto è risultato superiore nel terzo anno (Wilcoxon<br />

test; 2004 – 2005: Z102 = 0.51, P = 0.61; 2004<br />

– 2006: Z102 = 2.0, P = 0.046; 2005 – 2006: Z102 =<br />

2.26, P = 0.024; Fig. 1).<br />

non sono variati significativamente, tra gli anni<br />

studiati, i valori dell’indice di diversità (Kolmogorov-Smirnov<br />

Test; tutti i confronti a coppie, P>0.10)<br />

e della percentuale di non Passeriformi (χ22 = 0.45,<br />

P = 0.80).<br />

Variazioni annuali sono state osservate anche<br />

per i valori di abbondanza di singole specie. Per<br />

esempio, limitandosi alle specie a priorità di conservazione<br />

(Cfr. paragrafo successivo), le differenze<br />

tra gli anni sono risultate significative per Upupa<br />

Upupa epops (Friedman test, χ22,102 = 12.2, P =<br />

0.002; Tabelle 1-3), Rondine (Friedman test, χ22,102<br />

= 22.8, P = 0.00001; Tabelle 1-3) e Calandrella Calandrella<br />

brachydactyla (Friedman test, χ22,102 = 9.6,<br />

P = 0.008; Tabelle 1-3). Le prime due specie sono<br />

aumentate e la terza è diminuita nel corso dei tre<br />

anni investigati.<br />

Fig. 1 Numero medio di specie (± SE) per punto d’ascolto nei tre anni di studio<br />

78 79


Specie rilevate nei tre anni investigati<br />

Considerando complessivamente i dati dei censimenti<br />

e delle escursioni nel territorio effettuate<br />

in orario diurno nel corso dei tre anni di studio<br />

(2004-2006), sono state osservate 92 specie di<br />

cui 32 non Passeriformi (34,8%) e 60 Passeriformi<br />

(65,2%). Di queste, 20 sono incluse nell’Allegato<br />

1 della Direttiva 79/409/CEE, 27 nella nuova Lista<br />

Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (LIPU e WWF<br />

(a cura di 1999) e 37 nelle categorie 1-3 delle Spe-<br />

cie Europee di Uccelli di Interesse Conservazioni-<br />

stico (SPEC) (BirdLife International, 2004) (Tab. 5).<br />

Tab.5. Specie rilevate nelle primavere 2004-2007 nel corso dei censimenti mediante stazioni<br />

d’ascolto e durante escursioni nel territorio all’interno della ZPS – pSIC area delle gravine<br />

80 81


Conclusioni<br />

Diverse specie ornitiche dominanti o subdominanti<br />

nella ZPS risultano specie generaliste che<br />

riescono ad adattarsi meglio alle trasformazioni<br />

antropiche del territorio. Infatti, il 53% del territorio<br />

della ZPS “Area delle Gravine” ha una destinazione<br />

agricola (Bellini com. pers.) e la maggior<br />

parte delle aree naturali presenti al suo interno<br />

hanno subito delle profonde modificazioni ad<br />

opera dell’uomo.<br />

Tuttavia, l’area delle gravine ospita anche numerose<br />

specie a priorità di conservazione. queste<br />

necessitano di misure appropriate per il mantenimento<br />

delle popolazioni locali. In particolare, tra<br />

le misure da adottare è di importanza prioritaria<br />

preservare le zone a pseudosteppa e le formazioni<br />

naturali boschive e cespugliate da un ulteriore<br />

ampliamento delle zone agricole. In tal modo si<br />

dovrebbe conservare l’attuale mosaico ambientale<br />

che sembra favorire varie specie di interesse<br />

comunitario (es: Grillaio, Occhione, Calandra, Calandrella,<br />

Tottavilla, Averla cenerina). Inoltre, nelle<br />

aree agricole diverse specie di interesse conservazionistico<br />

dovrebbero essere favorite da azioni<br />

agroambientali come l’uso ridotto di pesticidi e<br />

l’aratura delle stoppie posticipata a dopo il periodo<br />

invernale (O’Connor e Shrubb 1986, Donald et<br />

al., 2001, newton 2004, Vickery et al., 2004).<br />

Risulta altrattanto importante la conservazione<br />

dell’integrità delle gravine che costituiscono un<br />

sito riproduttivo per varie specie di rapaci di interesse<br />

comunitario (es.: Capovaccaio Neophron<br />

percnopterus, Biancone Circaetus gallicus, Lanario<br />

Falco biarmicus; Cfr. i contributi specifici in questo<br />

volume) e in generale per specie a priorità<br />

di conservazione (es.: Ghiandaia marina Coracias<br />

garrulus, Passero solitario Monticola solitarius, Monachella<br />

Oenanthe ispanica, Rondone pallido).<br />

Per alcune specie censite, includendo alcune a<br />

priorità di conservazione, sono state evidenziate<br />

delle variazioni annuali significative dell’abbondanza<br />

di individui presenti nella ZPS. queste<br />

potrebbero rientrare nelle normali fluttuazioni<br />

annuali a cui vanno incontro le popolazioni orniti-<br />

che o potrebbero indicare tendenze pluriennali al<br />

decremento o all’incremento.<br />

I censimenti mediante stazioni d’ascolto intrapresi<br />

nell’area delle gravine ioniche, se ripetuti nel<br />

tempo, potrebbero consentire la verifica puntuale<br />

delle modificazioni delle caratteristiche di struttura<br />

e composizione dei popolamenti ornitici. Si<br />

potrebbe seguire in questo modo lo “stato generale<br />

dell’ambiente” nell’area o in parti di essa. In<br />

particolare, poi, potrebbero essere determinati, in<br />

modo oggettivo, gli effetti degli interventi di gestione<br />

realizzati nel territorio della ZPS.<br />

In Italia sono poche le aree in cui sono state avviate<br />

indagini pluriennali volte a individuare trend<br />

positivi o negativi nelle dimensioni delle popolazioni<br />

di uccelli stanziali, in particolare nelle ZPS<br />

(Tellini, 2004). Comunque, l’importanza di queste<br />

indagini è testimoniata dal fatto che, per valutare<br />

lo stato di conservazione della biodiversità nelle<br />

aree agricole europee, la Commissione Europea<br />

ha scelto il ‘Farmland bird index’, un indice basato<br />

su dati relativi all’andamento demografico delle<br />

popolazioni di specie ornitiche (Gregory et al.,<br />

2005, Campedelli et al., in stampa).<br />

RInGRAZIAMEnTI<br />

Si ringraziano V. Giacoia e F. Bellini per le preziose<br />

indicazioni sul territorio investigato.<br />

V. GIACOIA<br />

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82 83


A l b e r t o S o r a c e , M a r c o G u s t i n , Fr a n c e s c a Z i n t u<br />

Introduzione<br />

Considerando che numerose specie ornitiche degli<br />

ambienti agro-pastorali risultano in diminuzione<br />

in molti paesi europei (Tucker and Evans, 1997;<br />

Robinson and Sutherland, 2002; BirdLife, 2004;<br />

De la Concha, 2005) e del nord America (Vickery<br />

et al., 1994; Warner, 1994; Vickery et al., 1999; Peterjohn,<br />

2003), risulta prioritario il monitoraggio<br />

delle comunità ornitiche di questi ambienti. Una<br />

particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alle<br />

aree steppiche e pseudosteppiche che stanno diminuendo<br />

radicalmente nel continente europeo<br />

(Bota et al., 2005, Brotons et al., 2005a).<br />

Le comunità di Passeriformi delle aree xeriche<br />

Fig.1 I transetti effettuati nell’area di studio<br />

a pseudosteppa sono ancora poco indagate nel<br />

nostro paese (Gustin e Sorace 1987, Guerrieri et<br />

al.,1995, 1997), sebbene alcune specie nidificanti<br />

in tali ambienti (es. Calandra Melanocorhypha<br />

calandra, Calandrella Calandrella brachydactyla,<br />

Cappellaccia Galerida cristata), risultano in Europa<br />

in uno status di conservazione sfavorevole (BirdLife,<br />

2004).<br />

Scopo della presente ricerca è stato quello di<br />

confrontare le abbondanze delle diverse specie<br />

di alaudidi tra le aree a pseudosteppa e i seminativi<br />

all’interno della ZPS “Area delle Gravine”<br />

(IT91300007) e nei suoi immediati dintorni. Infatti,<br />

poiché nel territorio investigato le coltivazioni<br />

cerealicole stanno gradualmente sostituendo la<br />

pseudosteppa, si è reso necessario valutare l’impatto<br />

di queste trasformazioni su specie particolarmente<br />

sensibili ai cambiamenti ambientali.<br />

Area di studio e metodi<br />

La ricerca ha riguardato le aree a pseudosteppa e<br />

i seminativi (a grano e orzo), che si trovano nella<br />

parte occidentale della ZPS e nei suoi immediati<br />

dintorni. All’interno di questa area di studio sono<br />

stati effettuati 16 transetti in ambiente di pseudosteppa<br />

per una lunghezza complessiva di 11735<br />

m ed una lunghezza media per transetto di 733.4<br />

± 169.8 m. Inoltre sono stati effettuati 17 transetti<br />

nei seminativi per una lunghezza complessiva di<br />

13801 m ed una lunghezza media per transetto di<br />

811.8 ± 188.2 m (Fig. 1).<br />

I transetti sono stati percorsi lentamente annotando<br />

ogni individuo visto o sentito di ogni specie di<br />

Alaudidi (Calandra Melanocorhypha calandra, Calandrella<br />

Calandrella brachydactila, Cappellaccia<br />

Galerida cristata, Allodola Alauda arvensis, Tottavilla<br />

Lullula arborea) presenti nell’area di studio. I<br />

transetti sono stati effettuati nelle prime ore del<br />

mattino con giornate senza pioggia e con vento<br />

scarso o assente e sono stati ripetuti due volte: in<br />

aprile e giugno.<br />

I transetti sono stati effettuati senza limiti al rilevamento.<br />

A ogni individuo contattato è stato assegnato<br />

un punteggio: 1) 0.5 punti se non manifestava<br />

comportamenti territoriali; 2) 1 punto se<br />

emetteva il canto territoriale, se era coinvolto in<br />

conflitti territoriali con altri individui della propria<br />

specie e se trasportava un’imbeccata, materiale<br />

da nido o una sacca fecale. Per ogni specie, il punteggio<br />

massimo ottenuto tra le due sessioni di rilevamento<br />

è stato considerato come il numero di<br />

coppie presenti in ogni transetto.<br />

I dati sono espressi come numero di coppie per<br />

km lineare (Ferry & Frochot, 1958). Le differenze<br />

nell’abbondanza chilometrica di ogni specie tra<br />

transetti in pseudosteppa o in seminativi è stata<br />

valutata mediante il Mann-Whitney test.<br />

84 85<br />

Risultati<br />

Il primo anno sono stati censiti individui appartenenti<br />

a quattro specie: Calandra, Calandrella, Cappellaccia<br />

e Allodola. La Calandra e la Calandrella<br />

sono risultate più abbondanti negli ambienti a<br />

pseudosteppa, mentre la Cappellaccia nei seminativi<br />

(Tab. 1). Le differenze sono risultate significative<br />

solo per la Calandra e la Calandrella (Calandra:<br />

Z = 2.80, P = 0.005; Calandrella: Z = 1.93, P =<br />

0.054; Cappellaccia: Z = 1.51, P = 0.13). L’Allodola<br />

è risultata rara in entrambi gli ambienti (Z = 0.45,<br />

P = 0.65; Tab. 1).<br />

nel secondo anno, oltre le specie censite nel primo<br />

anno di censimento, è stata rilevata la tottavilla<br />

che comunque è risultata molto localizzata.<br />

Tutte le specie sono risultate più abbondanti negli<br />

ambienti a pseudosteppa, ma le differenze sono<br />

risultate significative solo per la calandra (Calandra:<br />

Z = 3.75; P = 0.0002; Calandrella: Z = 0.45, P<br />

= 0.65; Cappellaccia: Z = 0.65, P = 0.52; Allodola:<br />

Z = 1.91, P = 0.056; Tottavilla: Z = 1.66, P = 0.098;<br />

Tab. 1).<br />

Tab. 1 Abbondanza delle specie di alaudidi in ambienti a pseudosteppa o a seminativi. I dati sono<br />

espressi come numero medio di coppie per chilometro (± DS)


nel terzo anno l’Allodola non è stata censita nei<br />

seminativi (Tab.1). Calandra, Calandrella e Cappellaccia<br />

sono risultate più abbondanti negli ambienti<br />

a pseudosteppa (Tab. 1), ma come negli<br />

anni precedenti le differenze sono risultate significative<br />

solo per la Calandra (Calandra: Z = 3.82, P<br />

= 0.0001; Calandrella: Z = 0.14, P = 0.89; Cappellaccia:<br />

Z = 1.86, P = 0.064). LaTottavilla è risultata<br />

rara in entrambi gli ambienti investigati (Z = 1.26,<br />

P = 0.21; Tab.1).<br />

Discussione<br />

Sebbene la calandra possa occupare con discreta<br />

abbondanza alcune zone a seminativi ed altre aree<br />

ai margini tra frammenti di pseudosteppa e quelli<br />

a seminativi (Massa e Fontana, 2004, Santos e<br />

Suárez, 2005, Brichetti e Fracasso, 2007; oss. pers.),<br />

gli ambienti a pseudosteppa sono quelli preferiti<br />

dalla specie (Gustin e Sorace, 1987, Guerrieri et<br />

al.,1994, 1997, Santos e Suárez, 2005, Wolff, 2005).<br />

Infatti, nei tre anni di studio, la calandra ha mostrato<br />

un numero di individui più elevato in questi<br />

ambienti rispetto alle aree a seminativi. La sopravvivenza<br />

di questo alaudide nell’area in esame,<br />

appare quindi notevolmente condizionata dalla<br />

presenza delle aree relitte di pseudosteppa, che<br />

negli ultimi anni hanno subito un drastico declino<br />

a causa di inopportuni “spietramenti” e della susseguente<br />

messa a coltura (Mairota, 2002). Anche<br />

in altre aree europee l’intensificazione dell’uso<br />

agricolo ha portato ad una diminuzione della specie<br />

(Onrubia e Andrés, 2005).<br />

Per la calandrella, pur risultando in tutti gli anni<br />

più abbondante nella pseudosteppa, non sono<br />

state evidenziate differenze significative tra i due<br />

ambienti investigati (ad eccezione del 2004). In<br />

realtà, la specie può occupare aree a seminativi<br />

che, però, vengono scelti nei primi stadi vegetativi,<br />

includendo comunque ampie zone con vegetazione<br />

rada (oss. pers.; Suárez et al., 2002).<br />

Gustin e Sorace (1987) hanno osservato nei Monti<br />

della Tolfa che la specie predilige le zone a prato<br />

incolto piuttosto che quelle a pascolo (pseudosteppa)<br />

o quelle a seminativi. Guerrieri et al.,<br />

(1995) riportano che nella fascia costiera del Lazio<br />

la specie frequenta quasi esclusivamente le praterie<br />

xeriche.<br />

Brotons et al. (2005b) hanno osservato una mag-<br />

giore densità della specie in ambienti steppici rispetto<br />

a quelli a seminativi, evidenziando, che la<br />

specie si può comunque insediare con buone densità<br />

in aree in cui le zone steppiche sono affiancate<br />

da ampie porzioni di zone a maggese e foraggio.<br />

Ciò concorda con alcune nostre osservazioni nella<br />

ZPS “Area delle Gravine”.<br />

Per la Cappellaccia, non sono state evidenziate<br />

differenze significative tra i due ambienti investigati.<br />

Comunque, in tutti gli anni di studio, la specie<br />

risulta l’alaudide più abbondante nei seminativi in<br />

accordo con i risultati di altri autori (Gustin e Sorace,<br />

1987, Guerrieri et al., 1995, Santos e Suárez,<br />

2005).<br />

Anche Guerrieri et al. (1995) hanno osservato che<br />

la specie frequenta un’ampia varietà di ambienti<br />

aperti con le massime concentrazioni in praterie<br />

xeriche (Cynara cardunculus) e prati naturali falciabili<br />

(Hordeum sp.) e nelle monocolture a cereali.<br />

La Cappellaccia si può insediare anche in aree<br />

coltivate con metodi industriali (es.: Bernoni et al.,<br />

1989). questa adattabilità della specie, è il motivo<br />

per cui la Cappellaccia, rispetto alla Calandra e alla<br />

Calandrella, sembra risentire meno delle trasformazioni<br />

degli ambienti a pseudosteppa della ZPS<br />

delle Gravine.<br />

Allodola e Tottavilla sono risultate molto localizzate<br />

nella ZPS delle Gravine. Per l’Allodola ciò<br />

potrebbe essere in relazione con fattori geografici.<br />

Infatti l’abbondanza dell’Allodola diminuisce<br />

nelle regioni italiane più meridionali, tendendo ad<br />

essere più comune in zone montane (Brichetti e<br />

Fracasso, 2007, Londi et al., in press.; per la Spagna<br />

vedi Santos e Suárez, 2005).<br />

In ogni caso, i dati del secondo e terzo anno<br />

suggeriscono una preferenza per le aree a pseudosteppa<br />

rispetto ai seminativi, in accordo con<br />

quanto osservato nella CRAU nel sud della Francia<br />

(Brotons et al., 2005b) e nella fascia costiera laziale<br />

(Guerrieri et al., 1995).<br />

La Tottavilla non è una specie di origine steppica,<br />

ed è probabilmente questa la ragione della sua<br />

rarità negli ambienti investigati all’interno della<br />

ZPS delle Gravine. La Tottavilla tende a preferire<br />

territori con elevate pendenze (Londi et al., in<br />

press.) e soprattutto aree ad ampia diversità ambientale<br />

con presenza di zone arbustive e boschive<br />

(Cramp, 1988, Sposimo e Tellini, 1988, Schaefer<br />

e Vogel, 2000).<br />

RInGRAZIAMEnTI<br />

Si ringrazia Filippo Bellini e Vittorio Giacoia per la preziosa collaborazione in particolare per il reperimento<br />

delle carte e l’individuazione delle aree di studio.<br />

86 87<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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A l b e r t o S o r a c e , F i l i p p o B e l l i n i<br />

Introduzione<br />

Inserito tra le specie dell’All. 1 della Direttiva Uccelli<br />

79/409/CEE, l’Occhione (Burhinus oedicnemus) è<br />

considerato specie SPEC 3 (status di conservazione<br />

non favorevole ma non concentrato in Europa)<br />

ed in decremento in Europa (BirdLife International,<br />

2004).<br />

In Italia, l’Occhione è una specie migratrice e nidificante,<br />

con popolazioni parzialmente sedentarie<br />

nelle regioni meridionali, in Sicilia e Sardegna. Eccetto<br />

alcune situazioni locali favorevoli alla specie,<br />

risulta in genere più scarso nelle regioni centrosettentrionali<br />

(Brichetti e Fracasso, 2004). La popolazione<br />

italiana, stimata in 1000-1500 coppie,<br />

è in decremento (BirdLife International, 2004, Brichetti<br />

e Fracasso, 2004). Per il suo status negativo,<br />

la specie è inserita nella categoria ‘in pericolo’<br />

nella Lista Rossa nazionale (LIPU e WWF (cura di),<br />

1999).<br />

In Puglia la specie è diffusa nella fascia che dal<br />

Gargano, attraverso le Murge, raggiunge le zone<br />

pseudosteppiche al confine con la Basilicata (Rizzi<br />

e Cripezzi, 1994). Le informazioni sulla densità<br />

Fig 1. Area di studio e distribuzione dei punti in cui l’Occhione ha risposto o non ha risposto alla<br />

stimolazione mediante playback all’interno dell’area di studio<br />

della specie nel territorio regionale sono limitate<br />

ad alcune aree della provincia di Foggia dove<br />

sono stati rilevati 0.14-0.80 ind./km2 (Rizzi et al.,<br />

1996). Alcuni studi indicano che la specie è drammaticamente<br />

in diminuzione nella regione (Rizzi<br />

et al., 1997).<br />

Scopo della presente ricerca è stato quello di indagare<br />

la distribuzione, le preferenze ambientali e<br />

l’entità della popolazione nidificante di Occhione<br />

nella ZPS “Area delle Gravine” (IT91300007).<br />

Area di studio<br />

L’area di studio ha interessato esclusivamente la<br />

porzione occidentale della ZPS – SIC “Area delle<br />

Gravine” e alcune aree esterne. Di queste ultime le<br />

più settentrionali si caratterizzano per la presenza<br />

di estesi seminativi, mentre le aree a confine con il<br />

territorio lucano presentano significative superfici<br />

di pseudosteppa (Fig.1).<br />

Materiali e Metodi di rilevamento<br />

La ricerca é stata effettuata tra aprile e luglio nel<br />

triennio 2004-2006. Tra i diversi metodi utilizzati<br />

in Italia per il censimento dell’Occhione (Tinarelli<br />

et al., 1991, Rizzi et al., 1997, Meschini, 2000, Pollonara<br />

et al., 2003) è stato scelto il censimento<br />

mediante playback, che è stato effettuato in una<br />

fascia oraria compresa tra il crepuscolo e le prime<br />

due ore della notte. Sono stati individuati 40 punti<br />

di emissione-ascolto scelti casualmente nelle<br />

aree a prevalenza di seminativi o di pseudosteppa<br />

(Fig.1). In ogni punto, il ciclo richiamo/ascolto<br />

(circa un minuto di emissione delle vocalizzazioni<br />

della specie, seguito da due minuti di ascolto) veniva<br />

ripetuto consecutivamente per tre volte. Le<br />

vocalizzazioni utilizzate sono state ottenute dalle<br />

registrazioni di Roché (1990).<br />

In un buffer di 500 m di raggio intorno a ognuno<br />

dei 40 punti di emissione-ascolto è stato calcolato<br />

l’uso del suolo con l’ausilio di applicativi G.I.S.. Le<br />

elaborazioni sono state condotte previa redazione<br />

della carta dell’uso del suolo della ZPS – SIC “Area<br />

delle Gravine” e dei territori adiacenti mediante<br />

fotointerpretazione delle ortofoto digitali B/n in<br />

scala 1:10.000 (voli del 2000-2002).<br />

Le preferenze ambientali della specie sono state<br />

valutate mediante l’indice di Jacobs (1974):<br />

Dove X1 è la superficie del tipo 1 nelle aree di 500<br />

m di raggio intorno ai punti di presenza dell’Occhione,<br />

X2 è la superficie totale del tipo 1 nell’area<br />

di studio, Y1 è la superficie totale delle aree di 500<br />

m di raggio intorno ai punti di presenza dell’Occhione,<br />

Y2 è la superficie totale dell’area di studio.<br />

L’indice è compreso tra valori di -1 e +1; assume<br />

valori positivi se l’habitat è selezionato, negativi<br />

se non viene utilizzato e valori intorno allo zero se<br />

è usato al pari della disponibilità. L’indice è stato<br />

calcolato sulle seguenti categorie di uso del suolo:<br />

masserie e aree annesse (presenza di allevamento<br />

di bestiame, letamaie, cortili, iazzi, ecc.), seminativi,<br />

seminativi arborati, colture arboree (oliveti),<br />

boschi, pseudosteppa, formazioni a macchia mediterranea,<br />

corpi idrici.<br />

Risultati e discussione<br />

censimento delle coppie nidificanti 2004-2006<br />

all’interno della ZPS<br />

Complessivamente la specie ha risposto in 14<br />

(35%) dei 40 punti da cui è stato emesso il playback<br />

del canto territoriale (Fig. 1).<br />

A parte uno dei 14 punti in cui non erano presenti<br />

frammenti a pseudosteppa nell’area di 500 m di<br />

raggio intorno al punto di richiamo e a parte altri<br />

due punti in cui questi frammenti occupavano una<br />

superficie ridotta (rispettivamente 10.8% e 19.6%<br />

dell’area di 500 m di raggio), intorno agli altri 11<br />

punti i frammenti a pseudosteppa occupavano<br />

una percentuale compresa tra il 46.9% e il 96.0%<br />

(media = 64.6 ± 14.7DS) del buffer indagato.<br />

Sommando le 14 aree di 500 m di raggio, si<br />

ottiene un uso del suolo caratterizzato per il 55%<br />

da pseudosteppa, per il 35% da seminativi e per il<br />

88 89


10% da altre forme di uso del suolo (Fig. 2).<br />

Diversamente, l’uso del suolo intorno ai 26 punti<br />

in cui non sono state ottenute risposte, è carat-<br />

terizzato per il 63% da seminativi, per il 6% da<br />

seminativi arborati, per il 10.8 % da oliveti, per il<br />

16.5% da altre forme di uso del suolo e solo per<br />

il 3.7% dalla pseudosteppa (Fig. 3). In particolare,<br />

nell’area di 500 m di raggio intorno a ognuno dei<br />

Fig. 2 Uso del suolo nell’area ottenuta sommando<br />

le aree di 500 m di raggio intorno ai punti di presenza<br />

dell’Occhione (Cfr. Metodi)<br />

26 punti, i frammenti a pseudosteppa non hanno<br />

superato l’8% eccetto in un punto in cui hanno<br />

raggiunto il 32% dell’area.<br />

L’analisi con l’indice di Jacobs (Fig. 4), mostra che<br />

le aree arborate sia coltivate che naturali vengo-<br />

no evitate dalla specie, mentre sono selezionate<br />

la pseudosteppa e i corpi idrici. I seminativi non<br />

influenzano apparentemente la presenza o l’as-<br />

senza della specie.<br />

I risultati confermano la spiccata preferenza del-<br />

la specie per aree steppiche e pseudosteppiche,<br />

i pascoli e altri ambienti caratterizzati da una co-<br />

pertura erbacea scarsa (es: Meschini e Fraschet-<br />

ti, 1989, Heath, 1994, Rizzi et al., 1996, Santos e<br />

Suárez, 2005, Wolff, 2005). Comunque i nostri dati,<br />

in accordo con quanto osservato da altri autori<br />

(es.: nipkow, 1997), indicano che l’Occhione può<br />

accettare nel suo territorio anche ampie porzioni<br />

di ambienti coltivati. In alcuni casi il beneficio di<br />

questa scelta può derivare dall’incremento della<br />

diversificazione degli habitat trofici disponibili<br />

(Wolff, 2005). E’ stato osservato che alcuni individui<br />

della specie possono raggiungere zone di<br />

alimentazione notturne distanti anche più di un<br />

chilometro dal proprio territorio (Green, 2000).<br />

L’intensificazione delle pratiche agricole nella matrice<br />

intorno i frammenti di pseudosteppa può<br />

Fig. 3 Uso del suolo nell’area ottenuta sommando<br />

le aree di 500 m di raggio intorno ai punti in cui<br />

l’Occhione non ha risposto (Cfr. Metodi)<br />

contribuire quindi al declino dell’Occhione (Heath,<br />

1994, Aebischer et al., 2000, newton, 2004, Onrubia<br />

e Andrés, 2005, Sanderson et al., 2005).<br />

Fig. 4 Analisi dell’indice di Jacobs per l’Occhione<br />

nell’area di studio<br />

Conclusioni<br />

nell’area investigata dovrebbero essere presenti<br />

15-30 coppie di cui non più di 10 nella ZPS-SIC,<br />

ma futuri studi sono necessari per stabilire più approfonditamente<br />

le dimensioni della popolazione<br />

locale e mappare i territori delle coppie nidificanti.<br />

Inoltre, sarebbe opportuno effettuare censimenti<br />

in periodo invernale per stabilire l’entità della popolazione<br />

svernante e per individuare gli ambienti<br />

preferiti della specie in inverno.<br />

La causa principale della contrazione dell’areale<br />

dell’Occhione nelle regioni meridionali è probabilmente<br />

da attribuire alle trasformazioni fondiarie<br />

che hanno ridotto drasticamente le aree a<br />

vegetazione erbacea rada (Rizzi et al.,1996, 1997;<br />

vedi anche Heath, 1994, Onrubia e Andrés, 2005,<br />

Sanderson et al., 2005). Risulta prioritario quindi<br />

Il futuro dell’Occchione nella area delle Gravine è fortemente legato alla conservazione della pseudosteppa.<br />

conservare le residue aree a pseudosteppa per il<br />

loro ruolo fondamentale nel mantenimento della<br />

ridotta popolazione della specie nidificante nella<br />

ZPS. Inoltre, nelle aree a seminativi incluse nei<br />

territori dell’Occhione dovrebbero essere limitati<br />

drasticamente l’uso di pesticidi e pratiche agricole<br />

intensive.<br />

90 91<br />

M. MEnDI


RInGRAZIAMEnTI<br />

Si ringraziano Vittorio Giacoia, Francesco Barberio e Marco Gustin per l’aiuto offerto nella raccolta dei dati.<br />

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Burhinus oedicnemus in provincia di Foggia. Atti Mus. reg. Sci. nat. Torino: 501-502.<br />

RIZZI V., CRIPEZZI V., PALUMBO G., 1996. Primi dati sulla densità dell’Occhione, Burhinus oedicnemus, in alcuni agroecosistemi<br />

marginali della Puglia, Basilicata e Calabria. In: L’avifauna degli ecosistemi di origine antropica, pp: 120-<br />

123. Monografia n.5 dell’ASOIM, Electa napoli<br />

RIZZI V., SCARAVELLI D., CRIPEZZI V., 1997. Distribuzione storica dell’Occhione (Burhinus oedicnemus Linnaeus) nella<br />

Daunia e analisi dei reperti museali. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina 27: 769-774.<br />

ROCHé J.C., 1990. Tous le oiseaux d’Europe – All the bird songs of Britain and Europe. Sittelle, Mens, France.<br />

SAnDERSOn F., DOnALD P.F., BURFIELD I.J., 2005. Farmland birds in Europe: from policy change to population decline<br />

and back again. In: Bota G., Morales M.B., Mañosa S., Camprodon J. (eds.) 2005. Ecology and conservation of<br />

steppe-land birds. Lynx Edicions & Centre Tecnologic Forestal de Catalunya, Barcelona, pp. 211-236<br />

SAnTOS T., SUáREZ F,. 2005. Biogeography and population trends of iberian steppe birds. In: Bota G., Morales M.B.,<br />

Mañosa S., Camprodon J. (eds.) 2005. Ecology and conservation of steppe-land birds. Lynx Edicions & Centre<br />

Tecnologic Forestal de Catalunya, Barcelona, pp. 69-102.<br />

TInARELLI R., PARODI R., CAnDOn I., 1991. Sperimentazione di un metodo per il censimento dell’Occhione (Burhinus<br />

oedicnemus). Suppl. Ric. Biol. Selvaggina 17: 385-388.<br />

WOLFF A., 2005. Influence of landscape and habitat heterogeneity on the distribution of steppe-land birds in the Crau,<br />

Southern France. In: Bota G., Morales M.B., Mañosa S., Camprodon J. (eds.) 2005. Ecology and conservation of<br />

steppe-land birds. Lynx Edicions & Centre Tecnologic Forestal de Catalunya, Barcelona, pp. 69-102.<br />

COnCLUSIOnI<br />

La Zona a Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria denominato “Area delle Gravine”, pur<br />

avendo subito negli ultimi 50 anni importanti cambiamenti ambientali che hanno, in alcuni casi, stravolto la<br />

struttura stessa degli ecosistemi originari, conserva ancora aree con notevoli caratteristiche di naturalità e tali<br />

da consentire la sopravvivenza di una flora e di una fauna rara e d’interesse conservazionistico a livello Comunitario.<br />

Questo volume per la prima volta raccoglie studi, ricerche e monitoraggi riguardanti la poco investigata<br />

avifauna delle gravine ioniche della provincia di Taranto, colmando un vuoto storico di informazioni che,<br />

lungi da voler essere esaustivi e completi, hanno posto una base conoscitiva per ulteriori approfondimenti ed<br />

auspicabili studi e ricerche sul campo.<br />

Nella ZPS sono presenti oltre 600 specie botaniche, 70 specie di uccelli nidificanti, 30 specie di mammiferi,<br />

17 specie di rettili, 7 specie di anfibi, alcune delle quali risultano di importanza prioritaria per la conservazione<br />

a livello europeo e fanno della ZPS “Area delle Gravine” uno dei territori a maggiore biodiversità<br />

presenti a livello regionale.<br />

Sarà quindi fondamentale nei prossimi anni intensificare gli sforzi e adoperarsi con sempre maggior<br />

impegno, nella tutela e nella conservazione di questi ambienti tanto affascinanti, quanto ecologicamente peculiari<br />

e fragili.<br />

Numerosi purtroppo sono oggi i fattori di impatto negativi che direttamente o indirettamente insistono<br />

ed “accerchiano” gli ultimi baluardi naturali della ZPS.<br />

Dal ben conosciuto fenomeno dello spietramento, tanto diffuso purtroppo nella limitrofa Murgia di<br />

Nord-ovest, che ha visto ridurre notevolmente l’estensione dell’habitat di pseudosteppa, all’invadenza di<br />

un’agricoltura intensiva, che ha eroso anno dopo anno, inesorabilmente, fasce sempre più ampie di aree naturali,<br />

all’abuso di pesticidi, agli incendi ricorrenti che hanno drasticamente ridotto le superfici boschive.<br />

Purtroppo si affacciano all’orizzonte nuovi fattori negativi che potrebbero impoverire in maniera ancor<br />

più marcata il paesaggio e la fauna ornitica in particolare. Il mega eolico previsto nell’”Area delle Gravine”,<br />

oggi preoccupa per il suo mastodontico impatto visivo, che comporterà l’apertura di nuove strade, di nuovo<br />

cemento, e l’inevitabile impatto che avrà sull’avifauna.<br />

È noto infatti, che tutte le popolazioni di rapaci diurni e di migratori in particolare, subiscono effetti disastrosi<br />

dalla presenza di tali impianti. Studi effettuati per anni in altri paesi europei, in cui l’eolico è una realtà<br />

ormai consolidata da tempo, parlano chiaro: le collisioni sono un problema rilevante per la sopravvivenza dell’avifauna<br />

ed in particolare per le specie di rapaci diurni. Contenere la dimensione di tali impianti e relegarli in<br />

aree di scarso pregio paesaggistico, sufficientemente distanti dalle zone frequentate dall’avifauna migratoria e<br />

da quella stanziale di interesse conservazionistico, rappresentano scelte fondamentali per un corretta gestione<br />

dell’eolico nella “Terra delle Gravine”.<br />

Sapranno gli Enti gestori di tali Aree, i Comuni interessati, le popolazioni locali, salvaguardare e consegnare<br />

alle generazioni future questo vitale e straordinario patrimonio paesaggistico, naturalistico e floro- faunistico<br />

rappresentato dal mondo delle “gravine”?<br />

Sapranno ancora le gravine esercitare quel “fascino primordiale” sulle nuove generazioni, fascino che<br />

per millenni l’uomo ha elaborato positivamente, creando in esse dimore e insediamenti che ancora oggi stupiscono<br />

per la loro eco compatibilità e per il loro intrinseco rispetto della natura?<br />

92 93


indice<br />

L’ Avifauna di interesse comunitario<br />

delle gravine ioniche.<br />

Risultati di ricerche e monitoraggi<br />

effettuati nella ZPS e SIC “Area delle Gravine” dal 2004 al 2007.<br />

IL VOLO DEI <strong>RAPACI</strong><br />

P r e s e n t a z i o n e a c u ra d i M i c h e l e L o s a p p i o<br />

TERRA <strong>DELLE</strong> GRAVInE<br />

I n t r o d u z i o n e a c u ra d i G i u s e p p e C r i s t e l l a<br />

LO STATO DI COnSERVAZIOnE<br />

DEI <strong>RAPACI</strong> In PUGLIA<br />

a c u ra d i A n t o n i o S i g i s m o n d i<br />

IL PROGETTO<br />

InqUADRAMEnTO GEnERALE<br />

a c u ra d i V i t t o r i o G i a c o i a , Fi l i p p o B e l l i n i e M a r c o G u s t i n<br />

LA ZPS-SIC “AREA <strong>DELLE</strong> GRAVInE”<br />

DESCRIZIOnE DELL’ARIA DI STUDIO<br />

a c u ra d i V i t t o r i o G i a c o i a , Fi l i p p o B e l l i n i e M a r c o G u s t i n<br />

CAPOVACCAIO Neophron percnopterus<br />

a c u ra d i V i t t o r i o G i a c o i a e Fi l i p p o B e l l i n i<br />

LA TECnICA DELL’ HACKInG<br />

IL BILAnCIO DI qUATTRO AnnI DI ATTIVITà<br />

a c u ra d i G u i d o C e c c o l i n i e A n n a C e n e r i n i<br />

GRILLAIO Falco naumanni<br />

a c u ra d i M i c h e l e B u x<br />

nIBBIO BRUnO Milvus migrans<br />

a c u ra d i M a u r i z i o M a r r e s e<br />

nIBBIO REALE Milvus milvus<br />

a c u ra d i M a u r i z i o M a r r e s e<br />

LAnARIO Falco biarmicus<br />

a c u ra d i M a r i s a L a t e r z a e N i c o l a C i l l o<br />

Pag.2<br />

Pag.3<br />

Pag.4<br />

Pag.10<br />

Pag.12<br />

Pag.18<br />

Pag.30<br />

Pag.38<br />

Pag.42<br />

Pag.47<br />

Pag.52<br />

BIAnCOnE Circaetus gallicus<br />

a c u ra d i M a r i s a L a t e r z a e N i c o l a C i l l o<br />

<strong>RAPACI</strong> nOTTURnI<br />

a c u ra d i M i c h e l e B u x<br />

GUFO REALE Bubo bubo<br />

a c u ra d i S e r e n a S c o r ra n o<br />

MOnITORAGGIO DELLA COMUnITà ORnITICA<br />

a c u ra d i A l b e r t o S o ra c e , M a r c o G u s t i n e Fra n c e s c a Z i n t u<br />

ALAUDIDI<br />

a c u ra d i A l b e r t o S o ra c e , M a r c o G u s t i n e Fra n c e s c a Z i n t u<br />

OCCHIOnE Burhinus oedicnemus<br />

a c u ra d i A l b e r t o S o ra c e e Fi l i p p o B e l l i n i<br />

COnCLUSIOnI<br />

n. CILLO<br />

Pag.58<br />

Pag.64<br />

Pag.69<br />

Pag.74<br />

Pag.84<br />

Pag.88<br />

Pag.93

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