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L’ Avifauna di interesse comunitario<br />
delle gravine ioniche<br />
Risultati di ricerche e monitoraggi<br />
effettuati nella ZPS e SIC “Area delle Gravine” dal 2004 al 2007.<br />
Filippo Bellini, Nicola Cillo, Vittorio Giacoia & Marco Gustin (eds.) 2008.<br />
Relazioni scientifiche a cura di:<br />
Michele Bux,<br />
Filippo Bellini,<br />
Guido Ceccolini,<br />
Anna Cenerini,<br />
Nicola Cillo,<br />
Vittorio Giacoia,<br />
Marco Gustin,<br />
Marisa Laterza,<br />
Maurizio Marrese,<br />
Serena Scorrano,<br />
Antonio Sigismondi,<br />
Alberto Sorace,<br />
Francesca Zintu.<br />
Revisione dei testi:<br />
Marco Gustin<br />
progetto grafico, impaginazione e illustrazioni di copertina:<br />
Nicola Cillo<br />
Stampa:<br />
Pubblicità&Stampa, Bari<br />
Gli autori ringraziano Michele Mendi<br />
per le foto concesse per questo volume<br />
Per la citazione di lavori presenti in questo volume,<br />
la redazione raccomanda la seguente dizione:<br />
Michele Bux, 2008. Grillaio Falco naumanni. In: Bellini F., Cillo N.,<br />
Giacoia V. & Gustin M. (eds.) 2008. L’Avifauna di interesse comunitario<br />
delle gravine ioniche. Oasi LIPU Gravina di Laterza, Laterza (Ta). pp 38-41.<br />
Copyright © 2008<br />
OASI LIPU GRAVINA di LATERZA.<br />
Tutti i diritti sono riservati.<br />
Il contenuto di questa pubblicazione,<br />
immagini e testi, è di proprietà degli autori.<br />
Nessuna parte può essere utilizzata,<br />
in alcun modo e su qualsiasi mezzo,<br />
senza l’autorizzazione scritta dell’autore.<br />
Comune di Laterza<br />
www.comune.laterza.ta.it<br />
Regione Puglia<br />
Assessorato all’Ecologia<br />
POR PUGLIA 2000-2006<br />
“Piano d’azione per la conservazione<br />
del Capovaccaio e azioni di conservazione<br />
del Grillaio, Nibbio reale e del Nibbio Bruno<br />
nella ZPS-SIC AREA <strong>DELLE</strong> <strong>GRAVINE</strong>”.
i l v o l o d e i r a p a c i t e r r a d e l l e g r a v i n e<br />
Così come la pietra carsica, le alte coste rocciose, le<br />
pseudosteppe, anche il volo dei rapaci appartiene al paesaggio<br />
della nostra regione.<br />
Difficile non citare la passione che Federico II provava<br />
verso questi animali, una passione oggi sostituita dallo studio<br />
e dall’interesse che queste specie stimolano in intere generazioni<br />
di tecnici e studiosi. Interessi posti al centro delle attenzioni<br />
della Comunità Europea che individuano nei grillai, nei<br />
bianconi, nei nibbi che vivono in Puglia ineludibili componenti<br />
della biodiversità mediterranea.<br />
Come sia fatto un rapace ormai lo sanno tutti, il becco<br />
adunco, gli artigli, l’acutissima vista, ma vi sono ancora molti<br />
aspetti della vita di questi animali che vanno appresi e considerati.<br />
Appresi e considerati non per mera accademia, ma<br />
per procedere all’odierna fase che impone all’uomo di gestire<br />
e condurre politiche di attenzione. Un’attenzione che questo<br />
governo regionale non può che incentivare e fare propria, per<br />
controllare le attività dell’uomo che causano profonde modifiche<br />
sull’ambiente e per procedere a operazioni di recupero<br />
di ecosistemi dove vivono queste e altre numerosissime specie.<br />
L’istituzione di dodici nuovi parchi regionali, tra i quali<br />
spiccano il Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine” e<br />
quello del fiume “Ofanto”, testimonia un non facile percorso<br />
di mediazione e di confronto tra diverse culture, modelli di<br />
sviluppo e politiche che oggi non possono non prendere atto<br />
che la cultura della natura sia una delle risorse primarie della<br />
Puglia.<br />
Difficile, allora, immaginare lo spettacolare fenomeno<br />
geologico delle gravine senza i rapaci, suoi principali attori,<br />
un sentito ringraziamento va, quindi, all’impegno di coloro<br />
che hanno coordinato e collaborato alla realizzazione della<br />
raccolta dati e alla stesura del presente volume.<br />
Michele Losappio<br />
A s s e s s o r e a l l ’ E c o l o g i a R e g i o n e P u g l i a<br />
Questo volume scientifico che tratta dell’avifauna di interesse conservazionistico presente nella ZPS-<br />
SIC “Area delle Gravine”, è il primo in assoluto, ad affrontare tali argomenti tanto interessanti quanto urgenti<br />
nel nostro territorio.<br />
Questa Amministrazione persegue, da diversi anni ormai, una politica favorevole alla valorizzazione e<br />
conservazione del proprio straordinario patrimonio naturale.<br />
La collaborazione con la LIPU e la Provincia di Taranto nella gestione di una realtà che va consolidandosi<br />
negli anni, ha portato a raggiungere lusinghieri risultati nel settore del recupero e della conservazione, nonchè<br />
nella educazione e valorizzazione ambientale della Gravina di Laterza.<br />
Grazie al lavoro della LIPU, grazie ai contributi Comunitari del POR Puglia 2000-2006, al PIS Habitat<br />
Rupestre e ad altre forme di cofinanziamento di tipo Comunitario, che questa Amministrazione ha saputo<br />
intercettare, la Gravina di Laterza rivestirà nei prossimi anni un ruolo ancor più centrale nel catalizzare interessi<br />
culturali, naturali ambientali e turistici nell’ Area del Parco Naturale Regionale “Terra delle Gravine”.<br />
La gravina è pertanto una risorsa, anzitutto culturale su cui puntare e da cui partire per creare nel territorio<br />
una forma di sviluppo ecocompatibile ed ecosostenibile.<br />
Inscindibile da questa auspicabile forma di sviluppo che continuerà a contenere storia, tradizioni,<br />
cultura e produzioni locali, sarà la conservazione delle nostre peculiarità naturalistiche ormai universalmente<br />
riconosciute. In questo senso l’avifauna delle gravine di importanza comunitaria riveste un ruolo fondamentale<br />
nella conservazione dei nostri ambienti. I rapaci in particolare, da sempre simboli di fierezza e potenza,<br />
assurgono un ruolo leader nella conservazione delle gravine, loro abituali dimore.<br />
E’ con estremo piacere che pertanto ho l’onore di presentare il primo volume dedicato ai rapaci delle<br />
nostre gravine. Un utilissimo strumento per le Amministrazioni Comunali del comprensorio, per gli Enti di<br />
gestione delle Aree protette, un sicuro supporto alle politiche gestionali e di tutela del territorio, ma anche un<br />
utilissimo strumento per le scuole, per il cittadino che vuole approfondire le proprie conoscenze sul locale<br />
patrimonio faunistico.<br />
Giuseppe Cristella<br />
S i n d a c o d i L a t e r z a<br />
2 3
A n t o n i o S i g i s m o n d i<br />
I rapaci rappresentano, in quanto predatori al vertice<br />
delle catene trofiche, uno dei gruppi di specie<br />
maggiormente sensibili alle alterazioni ambientali<br />
e pertanto rappresentano un ottimo indicatore<br />
dello stato di conservazione degli ecosistemi. La<br />
conoscenza del loro status è quindi estremamen-<br />
te utile ai fini della gestione e conservazione delle<br />
risorse naturali.<br />
Obbiettivo del presente lavoro è l’analisi dello<br />
stato di conservazione dei rapaci diurni e notturni<br />
presenti in Puglia. Per l’analisi sono state prese in<br />
considerazione solo le specie che risultano nidificanti<br />
a partire dal secolo scorso, escludendo le<br />
altre categorie fenologiche, e valutando lo status<br />
di conservazione con il criterio della Lista Rossa<br />
IUCN con le seguenti sigle: estinto in natura (EX),<br />
in pericolo in modo critico (CR), in pericolo (EN),<br />
Vulnerabile (VU), a più basso rischio (LR)).<br />
Le specie nidificanti di rapaci diurni presenti in regione<br />
sono risultate 18, mentre le specie di rapaci<br />
notturni sono risultate 6. Il loro status è riassunto<br />
nella tabella allegata utile a sintetizzare il maggior<br />
numero di informazioni.<br />
Si tratta di un valore di biodiversità elevato con<br />
alcune specie, Grillaio (Falco naumanni) e Lanario<br />
(Falco biarmicus), presenti con popolazioni di as-<br />
soluta importanza internazionale.<br />
Complessivamente lo stato di conservazione dei<br />
rapaci di Puglia appare abbastanza critico, infatti,<br />
solo 4 specie sono escluse dalla lista in quanto<br />
non inserite in nessuna delle categorie a rischio.<br />
Quattro specie sono segnalate come certamente<br />
4<br />
estinte, in quanto negli ultimi 10 anni non risultano<br />
nidificanti Falco di palude (Circus aeruginosus),<br />
Falco della regina (Falco eleonorae). Aquila del Bonelli<br />
(Hieraetus fasciatus) e Falco Pescatore (Pandion<br />
haliaetus), sono segnalate nidificanti dubbie<br />
in tempi storici.<br />
Complessivamente 9 specie sono inserite nelle tre<br />
principali categorie di rischio. Due, Capovaccaio<br />
(Neophron percnopterus) e Albanella minore (Circus<br />
pygargus) sono vicine all’estinzione, se non già<br />
virtualmente estinte.<br />
Meno grave appare la situazione per Nibbio reale<br />
(Milvus milvus) e Gufo reale (Bubo bubo). Alcune<br />
specie hanno localmente situazioni molto a rischio<br />
come il Lanario sulla Murgia barese, il Nibbio<br />
bruno (Milvus migrans) sui Monti dauni, il Bianco-<br />
ne (Circaetus gallicus) sul Gargano.<br />
Tre specie attraversano una fase di trend favore-<br />
vole essendo in aumento almeno in alcune aree,<br />
il Falco Pecchiaiolo (Pernis apivorus) rappresen-<br />
la forte riduzione della popolazione nidificante di Nibbio reale sui<br />
Monti Dauni, sembra dovuta alla realizzazione di impianti eolici.<br />
M. MARRERSE<br />
ta una recente colonizzazione come nidificante,<br />
il Biancone è in aumento sulla Murgia barese, la<br />
Poiana (Buteo buteo) in tutta la regione.<br />
Il Nibbio reale e il Nibbio bruno sono in leggera ri-<br />
presa solo nell’area delle Gravine, probabilmente<br />
per l’effetto positivo dovuto alla realizzazione del<br />
carnaio finanziato dalla regione con il presente<br />
progetto POR nella Gravina di Laterza.<br />
Il Grillaio ha attraversato una fase di aumento per<br />
alcuni anni, da qualche anno appare in controten-<br />
denza evidenziando una certa riduzione.<br />
Di quattro specie, non abbiamo un quadro sullo<br />
status di conservazione esauriente Sparviere (Ac-<br />
cipiter nisus), Astore (Accipiter gentilis), Lodolaio<br />
(Falco subbuteo) Assiolo (Otus scops), dovuto alla<br />
carenza di ricerca scientifica svolta a livello regio-<br />
nale.<br />
Tra i principali fattori di minaccia oltre alla stori-<br />
ca trasformazione e semplificazione degli habitat<br />
che risulta ancora intensa soprattutto a causa delle<br />
attività agricole e dell’urbanizzazione, si segna-<br />
lano nell’ultimo decennio nuovi fenomeni come<br />
la realizzazione di impianti eolici che sembrano<br />
alla base della forte riduzione del Nibbio bruno e<br />
del Nibbio reale nei Monti Dauni. Anche l’aumento<br />
delle attività del tempo libero come, scalata<br />
sportiva, parapendio, e/o escursionismo, su specie<br />
sensibili al disturbo antropico, potranno gio-<br />
care un ruolo non secondario nella conservazione<br />
di alcune specie.<br />
Tab. 1 Stato di conservazione dei rapaci di Puglia sulla base delle categorie IUCN<br />
L I S T A R O S S A<br />
L E G E N D A<br />
CATEGORIE DELLA LISTA ROSSA, SECONDO L’I.U.C.N.<br />
(1994), ADATTATE PER IL PRESENTE LAVORO.<br />
EX = estinto. Quando non vi è alcun dubbio che la<br />
specie da almeno dieci anni non si riproduce nell’area;<br />
re =di recente a partire dalla metà del novecento;<br />
st= in tempi storici, anteriormente alla<br />
metà del novecento;<br />
CR = in pericolo critico. Un taxon è in pericolo critico<br />
quando si trova ad un livello d’estinzione allo stato<br />
selvatico estremamente elevato nell’immediato<br />
futuro.<br />
EN = in pericolo. Un taxon è in pericolo quando non<br />
è in pericolo critico ma si trova ad un livello di<br />
estinzione allo stato selvatico molto alto in un<br />
prossimo futuro;<br />
VU = vulnerabile. Un taxon è vulnerabile quando non<br />
è in pericolo critico o in pericolo ma si trova ad un<br />
livello di estinzione allo stato selvatico nel futuro<br />
a medio termine.<br />
LR = a più basso rischio rischio. Un taxon è a più basso<br />
rischio quando è stato valutato che non soddisfa<br />
nessuna delle categorie in pericolo critico, in pericolo<br />
o vulnerabile;<br />
DD = carenza d’informazioni. quando non esistono<br />
informazioni adeguate per fare una diretta o indiretta<br />
valutazione del suo rischio di estinzione<br />
basandosi sulla sua distribuzione e/o sullo status<br />
delle popolazioni;<br />
NE = non valutato. Un taxon è NE quando si tratta soprattutto<br />
di specie segnalata in bibliografia ma la<br />
cui presenza appare estremamente improbabile.<br />
M I N A C C E<br />
INFLUENZE ANTROPICHE INDIRETTE:<br />
A1 = Bonifica delle zone umide.<br />
A2 = Trasformazione dell’habitat.<br />
A3 = Uso di biocidi e inquinamento eutrofizzazione<br />
acque.<br />
A4 = Incendio e taglio dei boschi.<br />
A = Modernizzazione delle attività agro-silvo-pastorali<br />
e ittiche.<br />
A6 = Attività del tempo libero, caccia, arrampicata,<br />
volo a vela, parapendio, ecc..<br />
A7 = Realizzazione impianti eolici.<br />
C1 = Cause naturali.<br />
D1 = Cause sconosciute.<br />
INFLUENZE ANTROPICHE DIRETTE:<br />
B1 = Bracconaggio.<br />
B2 = Lotta ai nocivi.<br />
B3 = Prelievo di adulti, piccoli/pulli, uova, stadi larvali<br />
a scopo commerciale o per collezionismo.<br />
B4 = Randagismo e vandalismo.<br />
B = Inquinamento genetico.<br />
B6 = Pesca eccessiva.<br />
B7 = Collisione cavi elettrici, impianti eolici.<br />
T R E N D<br />
STABILE IN AUMENTO IN LEGGERA<br />
RIDUZIONE<br />
IN FORTE<br />
RIDUZIONE
6 7<br />
SPECIE<br />
ESCLUSE<br />
Non a rischio
Complessivamente il quadro appare quindi abbastanza<br />
critico, tenendo conto della tendenza alla<br />
riduzione manifestato da diverse specie a livello<br />
regionale o locale. Molte specie sono presenti con<br />
popolazioni costituite da poche coppie, spesso localizzate<br />
e i fattori di trasformazione del territorio<br />
non sembrano arrestarsi.<br />
Senza un impegno forte da parte di tutte le am-<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
ministrazioni pubbliche è probabile che nel breve<br />
periodo un numero significativo di specie, importante<br />
patrimonio di biodiversità, sia irrimediabilmente<br />
perduto.<br />
Azioni mirate di conservazione, come quelle<br />
estremamente positive del presente progetto<br />
POR, vanno indubbiamente perseguite e incrementate.<br />
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numero speciale, Vol. 27.<br />
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TALAMO V., 1998. Osservazioni sul Lanario Falco biarmicus Feldeggi sul Gargano dal 1995 al 1997. Picus, 24.<br />
8 9
V i t t o r i o G i a c o i a , F i l i p p o B e l l i n i , M a r c o G u s t i n<br />
In Italia le Regioni titolari di Programmi Operativi<br />
Regionali nell’Obiettivo 1 sono Basilicata, Calabria,<br />
Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. L’Autorità di<br />
Gestione di ciascun Programma è la rispettiva amministrazione<br />
regionale. Tutti i POR hanno un’impostazione<br />
uniforme e si dividono in sei capitoli:<br />
analisi della situazione di partenza, strategia di<br />
sviluppo, assi prioritari d’intervento, misure del<br />
Programma, piano finanziario, disposizioni di attuazione.<br />
L’articolazione del POR in Assi prioritari<br />
conclude il percorso logico che parte dall’analisi<br />
della situazione attuale e dall’esame delle esperienze<br />
del precedente ciclo di programmazione,<br />
individua gli obiettivi globali e il loro impatto sulle<br />
potenzialità dello sviluppo della regione e assume<br />
come riferimento per la programmazione le grandi<br />
aree in cui concentrare e integrare le scelte di<br />
investimento assicurando la loro coerenza interna.<br />
Gli assi prioritari, in tale contesto, non possono<br />
che essere identificati in corrispondenza delle<br />
grandi aree di intervento:<br />
Valorizzazione delle risorse ambientali e naturali<br />
– ASSE I “RISORSE NATURALI”;<br />
Valorizzazione delle risorse culturali – ASSE II “RI-<br />
SORSE CULTURALI”;<br />
Valorizzazione delle risorse umane – ASSE III “RI-<br />
SORSE UMANE”;<br />
Valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo – ASSE<br />
IV “SISTEMI LOCALI DI SVILUPPO”;<br />
Miglioramento della qualità delle città e della vita<br />
associata – ASSE V “CITTà”:<br />
Rafforzamento delle reti materiali e dei nodi di<br />
servizio – ASSE VI “RETI E NODI DI SERVIZIO”.<br />
Per quanto riguarda la Valorizzazione delle risorse<br />
ambientali e naturali ovvero l’Asse I “Risorse naturali”,<br />
gli obiettivi più significativi riguardano almeno<br />
in parte i siti Natura 2000 con alcune linee di<br />
intervento specifici su tali siti, come:<br />
1. Ripristino e fruibilità delle aree attraverso manutenzione,<br />
recupero e restauro dei beni paesaggistici<br />
ambientali, organizzazione della fruizione<br />
ambientale, recupero e ripristino degli ambiti<br />
degradati e vulnerabili (anche mediante l’eliminazione<br />
dei detrattori ambientali), miglioramento<br />
della capacità ricettiva e delle infrastrutture per<br />
la fruizione ambientale ed il turismo sostenibile,<br />
in coerenza con la pianificazione di riferimento,<br />
compresi gli strumenti di attuazione della normativa<br />
comunitaria per la Rete Natura 2000.<br />
2. Tutela e valorizzazione della biodiversità attraverso<br />
l’ampliamento delle conoscenze di base<br />
funzionali alla realizzazione della Rete Ecologica;<br />
interventi per la tutela di habitat/specie naturali<br />
e seminaturali; assistenza alla predisposizione dei<br />
Piani di Gestione dei Siti Natura 2000 e delle aree<br />
protette regionali; sensibilizzazione e divulgazione<br />
sui temi della Rete Ecologica; marketing territoriale<br />
e promozione di network tra aree protette.<br />
3. Promozione di azioni “di sistema” (indirizzi per<br />
le amministrazioni regionali), e di assistenza tecnica<br />
“locale” (diretta agli enti locali e agli enti di<br />
gestione delle aree protette), mirate all’approfondimento<br />
di temi specifici (ad es. applicazione<br />
della valutazione di incidenza, applicazione delle<br />
Linee Guida per la realizzazione dei Piani di Gestione<br />
dei siti Natura 2000, trasferimento di buone<br />
pratiche per la progettazione/realizzazione degli<br />
interventi) ed al rafforzamento della governance<br />
(supporto nelle procedure), anche mediante azioni<br />
di comunicazione ed informazione sulle tematiche<br />
della Rete Ecologica.<br />
4. Formazione ai soggetti beneficiari sui temi specifici<br />
relativi all’attuazione della Rete Ecologica<br />
(programmazione e gestione); formazione, riqualificazione<br />
ed aggiornamento professionale degli<br />
operatori dei settori coinvolti nella realizzazione<br />
della Rete Ecologica (ad esempio: artigianato,<br />
turismo, protezione dell’ambiente). In entrambi i<br />
casi, al fine del miglioramento delle competenze<br />
relative al settore, potranno anche essere previste<br />
azioni di affiancamento consulenziale, di sistema<br />
e di trasferimento di buone prassi.<br />
Il progetto pienamente inserito all’interno dell’asse<br />
I risorse naturali, del Programma Operativo della<br />
regione Puglia, ha contribuito attraverso un piano<br />
d’Azione alla conservazione del Capovaccaio<br />
(Neophron percnopterus). Ha inoltre contribuito<br />
alla conservazione di specie di interesse comuni-<br />
La Gravina di Laterza.<br />
tario con azioni di conservazione su specie prioritarie<br />
quali il Grillaio (Falco naumanni) e Lanario<br />
(Falco biarmicus), e su altre specie di interesse comunitario<br />
quali Nibbio reale (Milvus milvus), Nibbio<br />
bruno (Milvus migrans), Biancone (Circaetus<br />
gallicus), Gufo reale (Bubo bubo) nel SIC- ZPS “Area<br />
delle Gravine”.<br />
Una parte del SIC-ZPS “Area delle Gravine” è compresa,<br />
nel Parco Naturale Regionale “Terra delle<br />
Gravine”, istituito con Legge Regionale n. 18 del<br />
20 dicembre 200 .<br />
L’area è stata individuata da BildLife International<br />
come IBA (Important Bird Areas: Gravine, n°<br />
139)( (Heath & Evans 2000).<br />
Le attività di conservazione più importanti che<br />
hanno riguardato il progetto sono risultate:<br />
1) attività di controllo e sorveglianza del sito riproduttivo<br />
del Capovaccaio e di restocking;<br />
2) attivazione e mantenimento di risorse trofiche<br />
per il Capovaccaio, Nibbio bruno, Nibbio reale;<br />
3) attività di sensibilizzazione e divulgazione su<br />
tutte le specie;<br />
4) attività di monitoraggio in tutta l’area della ZPS,<br />
nei confronti delle specie inserite nella scheda Natura<br />
2000 riferita alla ZPS IT9130007.<br />
10 11<br />
V. GIACOIA
V i t t o r i o G i a c o i a , F i l i p p o B e l l i n i , M a r c o G u s t i n<br />
Le gravine sono gli elementi geomorfologici tipici<br />
dell’altopiano delle Murge e sono considerate le<br />
forme più importanti dell’evoluzione morfologica<br />
dell’arco ionico della provincia di Taranto.<br />
La loro origine è dovuta all’erosione operata dalle<br />
acque superficiali, la cui canalizzazione è stata<br />
favorita da sistemi di fratture presenti nelle rocce<br />
calcaree.<br />
L’area del progetto, oltre 26.000 ettari, è rappresentata<br />
dall’intero SIC (Sito di Importanza Comunitaria)<br />
e ZPS (Zona di Protezione Speciale) “Area<br />
delle Gravine” (IT9130007), che comprende i comuni<br />
di Laterza, Ginosa, Castellaneta, Palagianello,<br />
Crispiano, Massafra, Mottola, Palagiano e Statte<br />
(Fig. 1).<br />
L’area è costituita da 9 comuni per un totale di oltre<br />
1 0.000 abitanti, la cui residenza è concentrata<br />
prevalentemente nei centri urbani.<br />
La zootecnia rappresenta la principale attività agricola.<br />
Alta la produttività di foraggere utilizzando<br />
oltre che prati-pascolo, anche i querceti a Fragno,<br />
causando in diversi casi problemi di sovrapascolo<br />
e producendo difficoltà al rinnovamento del bosco<br />
stesso.<br />
La distribuzione delle gravine appare essere costituita<br />
da due semi archi affacciati sul golfo di Taranto.<br />
Il primo semiarco è disposto tra i 100 ed i 300 m,<br />
mentre il secondo è disposto tra i 300 ed i 00 m<br />
sul livello del mare.<br />
Il primo semiarco è più ricco di solchi erosivi ma<br />
più compromesso per quanto riguarda la coper-<br />
tura vegetazionale. Il semiarco alto, è invece caratterizzato<br />
da una più densa formazione forestale<br />
ed è connesso con il precedente da solchi erosivi<br />
in continuità.<br />
La vegetazione naturale appare ricca, con estese<br />
formazioni forestali in cui domina il Fragno (Quercus<br />
trojana), la Roverella (Quercus pubescens) e significative<br />
formazioni più o meno pure di Leccio<br />
(Quercus ilex) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis).<br />
Le gravine conservano delle specie faunistiche di<br />
particolare importanza, risultando l’unica area regionale<br />
al di fuori del gargano ad esempio come<br />
sito riproduttivo del Gufo reale. Risultano inoltre,<br />
nidificanti Lanario, Nibbio bruno, Biancone, e soprattutto<br />
Grillaio.<br />
Gli ambienti rupicoli delle gravine risultano importanti<br />
per altre specie quali Ghiandaia marina<br />
(Coracias garrulus), Passero solitario (Monticola<br />
solitarius), Monachella (Oenanthe hispanica melanoleuca),<br />
Rondone alpino (Apus melba) e Corvo<br />
imperiale (Corvus corax).<br />
Le pozze d’acqua sul fondo delle gravine sono<br />
l’habitat di specie rare come l’Ululone appenninico<br />
(Bombina pachypus).<br />
Nell’ambiente xerofilo delle gravine si osservano<br />
alcune specie di rettili importanti come: Colubro<br />
leopardino (Elaphe situla), Geco di Kotschy (Cyrtodactylus<br />
kotschy), e Cervone (Elaphe quatuorlineata).<br />
Come Sito di Importanza Comunitaria e Zona di<br />
Protezione Speciale, l’area delle gravine contiene<br />
importanti habitat prioritari e di interesse comu-<br />
nitario (All. I Direttiva Habitat, 43/92), così come<br />
specie animali prioritari e di interesse comunitario<br />
(All. II Direttiva Habitat 43/92 e All. I Direttiva Uccelli,<br />
79/409).<br />
In Tab. I si riassumono le principali caratteristiche<br />
del SIC/ZPS “Area delle Gravine” ed in particolare i<br />
dati generali del sito descritti nella scheda Natura<br />
2000, le caratteristiche ambientali, la percentuale<br />
di habitat inclusi nell’All. I della Direttiva Habitat,<br />
le specie ornitiche e non incluse nell’All. I della Direttiva<br />
Uccelli e nell’All. II della Direttiva Habitat e<br />
la vulnerabilità del sito.<br />
Pseudosteppa con Stipa austroitalica in fiore. Euphorbia dendroides.<br />
Una impenetrabile lecceta riveste i versanti della Gravina di Castellaneta.<br />
In particolare tra gli habitat prioritari della direttiva<br />
Habitat (43/92/CEE), risultano i percorsi substeppici<br />
di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea<br />
(Tab. I), che nell’area di studio<br />
rappresentano il 10% del sito e costituite comunque<br />
da limitate superfici a pseudosteppa con vegetazione<br />
a graminacee fra le quali è presente Stipa<br />
austroitalica e prati a Brachypodium ramosum<br />
all’interno della macchia mediterranea.<br />
Tra gli habitat di interesse comunitario accertati<br />
(Tab. I), si evidenziano:<br />
1) Pareti calcaree con vegetazione casmofitica,<br />
12 13<br />
N. CILLO<br />
N. CILLO<br />
N. CILLO
Fig. 1 Le gravine dell’arco ionico della provincia di Taranto in cui è compreso il SIC-ZPS IT9130007<br />
14 1
un associazione rupestre inquadrabile nell’associazione<br />
Aurinio-Centauretum apulae;<br />
2) pinete di pini mesogeni endemici, che si inquadra<br />
nell’associazione Pistacio-Pinetum halepensis;<br />
3) querceti di Quercus trojana;<br />
4) foreste di Quercus ilex;<br />
) vegetazione di Euphorbia dendroides.<br />
Tra le specie vegetali prioritarie secondo l’All. II<br />
della Direttiva Habitat, si rinviene la Stipa austroitalica.<br />
Le specie ornitiche nidificanti prioritarie secondo<br />
l’All. I della Direttiva Uccelli risultano il Grillaio ed il<br />
Lanario (Tab. I), mentre le specie ornitiche di interesse<br />
comunitario accertate secondo l’All. II della<br />
Direttiva Uccelli, risultano: Biancone, Capovaccaio,<br />
Nibbio bruno, Nibbio reale, Occhione (Burhinus<br />
oedicnemus), Ghiandaia marina (Coracias<br />
garrulus), Gufo reale, Succiacapre (Caprimulgus<br />
europaeus), Calandro (Anthus campestris), Totta-<br />
villa (Lullula arborea), Calandra (Melanocorypha<br />
calandra), Calandrella (Calandrella brachydactyla),<br />
Averla cenerina (Lanius minor).<br />
Tra le specie di anfibi e rettili di interesse comunitario<br />
secondo l’All. II della Direttiva Habitat risultano:<br />
Tritone crestato (Triturus carnifex), ed Ululone<br />
appenninico, Testuggine d’acqua (Emys orbicularis),<br />
Tartaruga comune (Testudo hermanni), Cervone<br />
e Colubro leopardino.<br />
Infine, sono varie le specie inserite nelle liste rosse<br />
nazionali di riferimento fra i quali: Raganella<br />
italiana (Hyla intermedia), Tritone italico (Triturus<br />
italicus), Rospo smeraldino (Bufo viridis), Geco dell’Egeo<br />
(Cyrtopodion kotschy), Colubro di riccioli<br />
(Coronella austriaca),<br />
Sono presenti 10 specie incluse nella Lista rossa<br />
nazionale (Conti et al. 1992) e 6 specie incluse nella<br />
Lista rossa regionale (Conti et al. 1997).<br />
Sono infine presenti 1 specie endemiche e 22<br />
specie di elevato valore fitogeografico.<br />
la Pineta mediterranea di pini mesogeni endemici è un habitat particolarmente minacciato dagli incendi dolosi.<br />
N. CILLO<br />
Tab. 1 Principali informazioni riguardanti il SIC-ZPS “Area delle Gravine”<br />
16 17
V i t t o r i o G i a c o i a , F i l i p p o B e l l i n i<br />
Introduzione<br />
Inquadramento della specie a livello regionale e<br />
nazionale<br />
Il Capovaccaio (Neophron percnopterus) è il più<br />
piccolo avvoltoio europeo, inconfondibile per il<br />
piumaggio uniformemente bianco ad eccezione<br />
delle ali che presentano le remiganti nere e le co-<br />
pritrici superiori giallo brune. La coda bianca è cu-<br />
neiforme. Il becco è nero, sottile e ricurvo. Le zone<br />
nude della testa e delle guance sono gialle. I sessi<br />
sono simili.<br />
Il giovane ha piumaggio bruno-scuro la cui to-<br />
nalità è variabile individualmente. Le zone nude<br />
della testa sono grigio-verdastre. Il piumaggio da<br />
adulto viene acquisito soltanto intorno al quinto<br />
anno dopo il passaggio attraverso una serie di li-<br />
vree intermedie.<br />
A causa del suo becco sottile e poco adatto a la-<br />
cerare la pelle delle carogne, non è un necrofago<br />
stretto. Si nutre, infatti, anche di insetti, sterco,<br />
placente e di ogni tipo di rifiuto organico; occa-<br />
sionalmente compie predazione diretta su piccole<br />
prede vive o su pulcini o uova prelevati dal nido di<br />
altri uccelli.<br />
Tra gli avvoltoi che abitano l’Europa è l’unico mi-<br />
gratore. Il suo range di distribuzione è il più vasto<br />
tra tutti gli avvoltoi europei, essendo nidificante<br />
in aree di montagna, di pianura e in aree semide-<br />
sertiche intorno al Mar Mediterraneo, nel Medio<br />
Oriente, in Turchia, nei Balcani, nel Sahel, nel sud e<br />
nell’est del continente africano; in India, Pakistan<br />
e Nepal con la ssp. ginginianus.<br />
La popolazione europea è migratrice e sverna in<br />
Africa a sud del Sahara. In primavera torna in Europa<br />
a nidificare principalmente in Spagna e Turchia<br />
(popolazione più consistente, ma meno conosciuta)<br />
e in alcuni luoghi dell’Europa meridionale con<br />
popolazioni ormai esigue: sud della Francia, Italia<br />
meridionale (Puglia, Basilicata e Calabria), Sicilia,<br />
Grecia, Albania e nei Balcani. Nidifica su rupi, pareti<br />
rocciose, specialmente se circondate da aree<br />
aperte con poca vegetazione boscata.<br />
La popolazione di Capovaccaio a partire dal XX secolo<br />
ha subito un forte declino in quasi tutto il suo<br />
areale distributivo. In Europa la specie é iniziata a<br />
diminuire a partire dagli anni ’70, subendo però<br />
un drammatico declino tra il 1990 ed il 2000 (Ceccolini,<br />
et al.,1996), in cui si calcola che tale specie<br />
si sia contratta per oltre il 0%. Attualmente la popolazione<br />
europea è stimata complessivamente<br />
in 3. 00 coppie ed è entrata ufficialmente nella<br />
red list mondiale dell’IUCN nella categoria di minaccia<br />
“Endangered”.<br />
In Spagna sopravvive la popolazione più studiata<br />
e conosciuta, che consiste in 1320-134 coppie<br />
(Del Moral, 2000), che però ha subito una riduzione<br />
del 2 % tra il 1990 e il 2000.<br />
In Italia il Capovaccaio era presente storicamente<br />
in buona parte del territorio nazionale, dalle<br />
Alpi Marittime alla Sicilia. Il declino é iniziato già<br />
a partire dal periodo 19 0-1960. Liberatori e Penteriani<br />
(2001) stimano che nel 1970, sebbene non<br />
vi siano dati storici certi, fossero presenti in Italia<br />
peninsulare 29 siti riproduttivi così distribuiti: 12<br />
nella Calabria ionica, 11 tra Puglia e Basilicata, 2 in<br />
Campania e 4 in Toscana. Solo dieci anni più tardi,<br />
e cioè agli inizi degli anni ’80, i siti riproduttivi risultavano<br />
essere 18, di cui 9 nella Calabria ionica,<br />
7 in Puglia e Basilicata, 2 in Toscana.<br />
Alla fina degli anni ’80 soltanto 13 siti riproduttivi<br />
furono censiti: 7 in Calabria e 6 tra Puglia e Basilicata.<br />
Nel 200 solo 4 coppie di Capovaccaio hanno nidificato<br />
nell’Italia peninsulare: 3 in Calabria ed 1<br />
in Basilicata.<br />
Anche in Sicilia, benché la popolazione di Capovaccaio,<br />
storicamente, sia stata sempre più consistente<br />
rispetto a quella dell’intera penisola, si è<br />
avuta una drammatica riduzione.<br />
Negli anni ’70 e sino alla metà degli ’80 vi erano<br />
infatti almeno 40 siti riproduttivi distribuiti in 6 distretti<br />
montani; poi, si è registrato un crollo della<br />
popolazione che ha raggiunto nel 1997 il livello<br />
più basso con solo 3 coppie nidificanti, per riprendersi<br />
tra il 2000 e il 2002 con 10-13 coppie territoriali<br />
o nidificanti (Di Vittorio et al., 2003) sino alle 4<br />
coppie nidificanti del 200 (Ceccolini et al.,).<br />
Nel 2006 sono state censite 10 coppie nidificanti<br />
distribuite tra Basilicata, Calabria e Sicilia (Ceccolini<br />
et al., 2006); nel 2007 solo 7-8 coppie sono<br />
risultate nidificanti in Italia (Ceccolini e Cenerini,<br />
com. pers.).<br />
Le cause di questo declino sono da imputare principalmente<br />
a: 1) persecuzione umana; 2) cambiamenti<br />
ambientali; 3) modificazioni nella conduzione<br />
di attività pastorali; 4) cambiamenti nella<br />
modalità di gestione delle discariche dei rifiuti<br />
urbani; ) avvelenamenti indiretti.<br />
In Fig.1 si evidenzia la distribuzione e la consistenza<br />
della popolazione di Capovaccaio nidificante in<br />
Italia dal 1970 al 2007.<br />
Area di studio e metodi<br />
L’area oggetto di studio sul Capovaccaio, coincide<br />
con la ZPS-SIC “Area delle Gravine”, (IT9130007)<br />
estesa per 26.740 ettari. Quest’ultima è composta<br />
fondamentalmente da due sub-aree, una occidentale<br />
di 1 .689 ettari e l’altra orientale di 11.019<br />
ettari, distanti tra loro alcuni chilometri. In entrambe<br />
le aree sono riconoscibili nove ambienti le<br />
cui estensioni sono riportate in in Tab. 1.<br />
In tutti gli ambienti che compongono l’area di studio<br />
il territorio si caratterizza ulteriormente per la<br />
presenza di particolari strutture morfologiche che<br />
lo attraversano in buona parte: “le gravine”.<br />
Le gravine sono gole rocciose con profilo a “V” o<br />
18 19
Tab.1 Estensione territoriale delle nove categorie principali di copertura del suolo<br />
nella ZPS-SIC “Area delle Gravine”<br />
con pareti subverticali e fondo piatto, incise su<br />
formazioni calcaree di età cretacea e su calcareniti<br />
di età plio-pleistocenica. La loro origine è dovuta<br />
all’erosione operata dalle acque superficiali, la cui<br />
canalizzazione è stata favorita da sistemi di fratture<br />
o discontinuità presenti nelle rocce calcaree<br />
generate da preesistenti fenomeni tettonici.<br />
La Gravina di Laterza è la più imponente delle<br />
circa sessanta incisioni che costituiscono nel loro<br />
insieme il sistema denominato Arco jonico delle<br />
gravine. Con i suoi 12 km di lunghezza, con pareti<br />
che raggiungono i 200 metri e con una larghezza<br />
di circa 400 metri, la Gravina di Laterza assume<br />
l’aspetto di un vero e proprio canyon.<br />
Tra gli habitat ritenuti prioritari per la conservazione<br />
ai sensi della direttiva Habitat 92/43/CEE<br />
sono presenti: 1) percorsi substeppici di graminacee<br />
e piante annue (Thero-brachypodietea); 2)<br />
pareti calcaree con vegetazione casmofitica; 3) pinete<br />
spontanee endemiche di Pinus halepensis; 4)<br />
querceti di Quercus trojana, ) foreste di Quercus<br />
ilex; 6) vegetazione di Euphorbia dendroides.<br />
Tra le specie di uccelli prioritarie per la conservazione<br />
incluse nella Direttiva 79/409 sono presenti<br />
e nidificanti: Lanario (Falco biarmicus) e Grillaio<br />
(Falco naumanni). Tra gli uccelli, inoltre, si riscontrano<br />
altre specie incluse nell’Allegato I della Direttiva<br />
Uccelli: Gufo reale (Bubo bubo), Biancone<br />
(Circaetus gallicus), Nibbio bruno (Milvus migrans),<br />
Capovaccaio, Monachella (Oenanthe hispanica) ed<br />
altre specie.<br />
Molte le specie di interesse comunitario secondo<br />
la Direttiva Habitat (92/43/CEE) sono presenti nel<br />
territorio della ZPS, tra cui ricordiamo: Testuggine<br />
palustre (Emys orbicularis); Testuggine comune<br />
(Testudo hermanni); Cervone (Elaphe quatuorlineata);<br />
Colubro leopardino (Elaphe situla). Tra i mammiferi:<br />
l’Istrice (Hystrix cristata) ed il Tasso (Meles<br />
meles).<br />
Numerose e di particolare interesse le specie di<br />
elevato valore fitogeografico: Asyneuma limonifolium,<br />
Euphorbia dendroides, Iris collina, Phlomis fruticosa,<br />
Quercus trojana, Scrophularia lucida, Linum<br />
tommasinii.<br />
Le ricerche sono state effettuate monitorando le<br />
pareti storiche della Gravina di Laterza, relative<br />
alla nidificazione di una coppia di Capovaccaio<br />
dei primi anni ’80, e sono poi proseguite lungo i<br />
solchi gravinali della sub-area occidentale della<br />
ZPS, aventi caratteristiche idonee alla nidificazione<br />
della specie, ovvero: pareti di oltre venti metri<br />
di profondità, situate in località tranquille e<br />
distanti da attività antropiche. L’osservazione del<br />
nido è avvenuta sempre da una distanza di circa<br />
00 metri utilizzando un cannocchiale con oculare<br />
20-60x77.<br />
Dal 2001 al 2007 sono state spese in media circa<br />
trenta giornate/anno per monitorare la coppia di<br />
Capovaccai frequentanti l’area di studio.<br />
La presenza del Capovaccaio nella ZPS - SIC “Area delle Gravine”<br />
dal 2000 al 2007. Monitoraggio e censimento delle coppie nidificanti<br />
Cenni storici e più recenti sulle coppie nidificanti nella ZPS - SIC “Area delle Gravine”, ante il 2003<br />
Pochi sono i dati storici della presenza della specie<br />
nell’area delle gravine. I primi dati reperibili sono<br />
quelli che risalgono alla fine del 1800 e agli inizi<br />
del 1900.<br />
Il De Romita (1883) riporta un individuo proveniente<br />
dai dintorni di Taranto ed il Giglioli (1907)<br />
riferisce di due nidiacei catturati nei pressi di Palagianello<br />
(TA).<br />
Sebbene non si abbiano dati certi sulla reale consistenza<br />
storica della popolazione di Capovaccaio<br />
nell’area delle gravine, si può ipotizzare, grazie ad<br />
interviste svolte tra la popolazione locale e sulla<br />
base di ricerche condotte da Sigismondi (1984),<br />
che, negli anni ’ 0-’60, l’area delle gravine joniche<br />
doveva ancora ospitare una popolazione nidificante<br />
di 4-8 coppie.<br />
La popolazione di Capovaccaio nell’area in questione<br />
ha poi subito una drammatica diminuzione<br />
negli anni immediatamente successivi, per sopravvivere<br />
con un’unica coppia nidificante sino al<br />
1984.<br />
Dal 1984 al 2001 non sono state più raccolte pro-<br />
Il ritorno del Capovaccaio dall’Africa avviene solitamente nel periodo di Pasqua, da qui l’origine del termine dialettale usato localmente: “Pascarella”.<br />
20 21<br />
M. MENDI
ve certe di nidificazione ma solo avvistamenti di<br />
individui isolati o coppie non riproduttive.<br />
Nel 2001, 2002 e 2003, una coppia di capovaccaio<br />
ha ripreso a riprodursi in uno dei siti “storici” utilizzati<br />
nei primi anni ottanta. Tutte le nidificazioni si<br />
sono concluse con l’involo di un giovane.<br />
Nel triennio 2001-2003 lo staff e i volontari dell’Oasi<br />
LIPU Gravina di Laterza hanno raccolto alcuni<br />
dati relativi alla biologia riproduttiva della<br />
coppia.<br />
Durante il periodo di studio e di osservazione della<br />
coppia è stato possibile individuare almeno 5<br />
fasi o periodi distinti, corrispondenti ad altrettante<br />
fasi comportamentali: 1) periodo pre-riproduttivo,<br />
2) costruzione del nido, 3) cova, 4) allevamento<br />
della prole, 5) involo del giovane.<br />
1. PerIODO Pre-rIPrODUTTIvO.<br />
Questo periodo è compreso tra l’arrivo degli adulti<br />
e la deposizione delle uova. La sua durata è di<br />
circa venticinque/trentacinque giorni (dal 20 marzo<br />
al 25 aprile circa).<br />
Nel quadriennio 2000-2003, l’arrivo dei capovaccai<br />
nell’area di studio è avvenuto in un periodo<br />
compreso tra l’ultima settimana di marzo e la prima<br />
settimana di aprile.<br />
Questo periodo è caratterizzato da due fasi:<br />
a) La coppia già nei primissimi giorni dall’arrivo<br />
frequenta la parete di nidificazione e prende progressivamente<br />
possesso della stessa. I partner volano<br />
insieme, effettuano voli a festoni in prossimità<br />
della parete di nidificazione, arrivano e ripartono<br />
congiuntamente da quest’ultima. L’attività di volo<br />
e di perlustrazione della gravina e del territorio di<br />
nidificazione é compiuta da entrambi gli individui<br />
della coppia. e’ in questo periodo che la coppia<br />
ha effettuato la predazione di due pulcini di Corvo<br />
imperiale al nido (24 aprile 2001, osservazione<br />
personale). Iniziano gli accoppiamenti che avvengono<br />
su posatoi posti sulla parete di nidificazione.<br />
Questa prima fase dura circa 15-20 giorni.<br />
b) La seconda fase ha una durata di 10-15 giorni<br />
e vede un individuo (probabilmente la femmina)<br />
più attiva sulla parete del nido. La frequenza degli<br />
accoppiamenti diminuisce sino ad annullarsi del<br />
tutto nei giorni immediatamente precedenti la<br />
deposizione delle uova. In questa seconda fase i<br />
capovaccai si muovono più spesso da soli, diminuendo<br />
la caratteristica attività di volo della coppia.<br />
La femmina trascorre molto tempo nel nido.<br />
2. COsTrUzIONe DeL NIDO<br />
In media la fase di costruzione del nido si è protratta<br />
per pochi giorni dal 15 al 20 aprile. Le nidificazioni<br />
nel triennio 2001-2003 sono avvenute<br />
sulla stessa parete, anche se nel 2003 la coppia<br />
ha utilizzato una cavità nuova, distante circa 150<br />
metri da quella utilizzata negli anni precedenti.<br />
L’esposizione della parete del nido è risultata e/Ne<br />
negli anni 2001 e 2002 e N/Ne nel 2003. In tutti e<br />
tre gli anni è stato osservato uno scarso apporto<br />
di materiale al nido. I capovaccai hanno sempre<br />
realizzato una lettiera poco visibile costituita da<br />
lana, pelle e piccoli rami.<br />
3. INCUbazIONe<br />
L’incubazione ha una durata di circa 42 giorni, in<br />
media dal 25 aprile al 6 giugno. In questo periodo<br />
uno degli adulti è sempre presente al nido. Le<br />
uova restano scoperte solo durante i cambi e per<br />
brevissimo tempo. Nella prima settimana la cova è<br />
effettuata solo dalla femmina, poi iniziano gli avvicendamenti<br />
che non sono mai più di due nell’arco<br />
della giornata. Il maschio e la femmina sono contemporaneamente<br />
presenti all’interno del nido<br />
solo per pochi attimi durante i cambi. Durante il<br />
periodo di cova non sono stati osservati apporti di<br />
cibo al nido né da parte del maschio, né da parte<br />
della femmina. Dalle osservazioni effettuate che<br />
hanno potuto determinare l’inizio della cova e la<br />
schiusa delle uova è stato possibile ricavare con<br />
buona approssimazione il periodo all’interno del<br />
quale sono avvenute le deposizioni delle uova nei<br />
singoli anni di osservazione.<br />
Nel 2001 la deposizione è avvenuta, presumibilmente,<br />
tra il 26 aprile e il 30 aprile.<br />
Nel 2002 la deposizione è avvenuta, presumibilmente,<br />
tra il 23 aprile e il 27 aprile.<br />
Nel 2003 la deposizione è avvenuta tra il 20 e il 24<br />
aprile e la nuova cavità utilizzata per la nidifica-<br />
zione permise una migliore osservazione dell’interno<br />
del nido, sono state osservate due uova e<br />
in seguito due pulcini, di cui però uno soltanto si<br />
involò dal nido.<br />
4. aLLevameNTO DeLLa PrOLe<br />
Negli anni di osservazione 2001-2003, la schiusa<br />
delle uova è avvenuta tra la prima e la seconda<br />
settimana di giugno. Nella settimana della schiusa<br />
la femmina ha trascorso la maggior parte del<br />
tempo nel nido, mentre il maschio ha aumentato<br />
notevolmente il tempo trascorso su un posatoio<br />
nei pressi del sito di nidificazione.<br />
Il cibo è stato trasportato nel becco in piccole<br />
quantità e poi strappato in brandelli e portato becco<br />
a becco al giovane. Causa la notevole distanza<br />
di osservazione, non è stato possibile distinguere<br />
la tipologia di alimenti trasportati al nido durante<br />
il periodo riproduttivo.<br />
man mano che il giovane diventava più grande,<br />
gli adulti lasciavano all’interno del nido il cibo da<br />
loro trasportato, ed il giovane si nutriva da solo.<br />
Il tempo trascorso dagli adulti nel nido è diminuito<br />
rapidamente dopo la quarta-quinta settimana<br />
dalla schiusa. Da questo periodo in poi, uno degli<br />
adulti ha trascorso più tempo su posatoi nei pressi<br />
del nido. Dopo nove/dieci settimane dalla schiusa<br />
gli adulti hanno diminuito drasticamente gli apporti<br />
di cibo al giovane.<br />
In questo periodo il giovane è stato visto più volte<br />
rovistare nella lettiera e ingerire vecchi resti di<br />
cibo o di escrementi.<br />
5. INvOLO<br />
Nel 2001 l’involo del giovane è avvenuto tra il 23 e<br />
il 27 agosto, ma il nido è stato abbandonato definitivamente<br />
non prima del 10 settembre.<br />
Nel 2002 l’involo del giovane è avvenuto tra il 20 e<br />
il 22 agosto, ma il nido è stato abbandonato definitivamente<br />
non prima del 7 settembre.<br />
Nel 2003 l’involo del giovane è avvenuto tra il 12 e<br />
il 13 agosto, ma il nido è stato abbandonato definitivamente<br />
non prima del 5 settembre.<br />
Gli adulti hanno continuato ad alimentare il giovane<br />
per alcuni giorni dopo l’involo con apporti di<br />
cibo, che veniva lasciato nel nido. Nei giorni successivi<br />
all’involo, il giovane ha sostato spesso su<br />
alcuni posatoi in parete o ritornava al nido. Dopo<br />
circa quindici giorni è iniziata la migrazione verso<br />
i quartieri di svernamento.<br />
Le osservazioni delle coppie territoriali nella ZPS<br />
“Area delle gravine” dal 2004 al 2007.<br />
Nel triennio 2004-2007 nell’area delle Gravine il<br />
Capovaccaio non si è riprodotto. Nonostante ciò,<br />
ogni anno, ad eccezione del 2005, è stata osservata<br />
una coppia di individui frequentare le aree<br />
storiche di nidificazione per tutto il periodo riproduttivo.<br />
Nel 2004, nonostante sia stata accertata precocemente,<br />
sin dai primi giorni del mese di aprile, la<br />
presenza di una coppia di capovaccai nella zPssIC<br />
“area delle Gravine” e nonostante siano stati<br />
osservati diversi accoppiamenti, che si sono protratti<br />
sino alla metà di maggio, tardivi rispetto a<br />
quanto avvenuto nelle annate precedenti, la coppia<br />
non si è riprodotta. Inoltre, dopo il 16 maggio<br />
e sino alla partenza verso le zone di svernamento<br />
un solo individuo è stato osservato, quasi giornalmente,<br />
nell’area delle ultime nidificazioni.<br />
Dalle osservazioni durante i rituali del corteggiamento,<br />
sembrerebbe che almeno un individuo<br />
della coppia possa appartenere a quella che ha<br />
nidificato negli ultimi anni; tale ipotesi potrebbe<br />
essere dovuta al fatto che l’individuo in questione<br />
è più volte entrato nel nido utilizzato nel 2001 e<br />
nel 2002 ed ha, con rituale di corteggiamento, invitato<br />
il partner a seguirlo in tale cavità-nido. Probabilmente<br />
lo stesso individuo ha interagito, giornalmente,<br />
con il giovane Capovaccaio “Laerte”, nel<br />
frattempo immesso nella Gravina di Laterza con<br />
un’operazione di hacking fino al 22 agosto, data di<br />
inizio della loro migrazione.<br />
Nella primavera-estate 2005 nessun individuo di<br />
Capovaccaio adulto, subadulto o giovane è stato<br />
osservato nell’area zPs-sIC delle gravine. Di conseguenza<br />
i due capovaccai liberati con la tecnica<br />
22 23
dell’hacking nel mese di agosto nella Gravina di<br />
Laterza, Alì e Turchino, non hanno interagito con<br />
alcun individuo di Capovaccaio durante il loro<br />
periodo di permanenza nell’Oasi LIPU Gravina di<br />
Laterza (23 agosto-7 settembre).<br />
Nel 2006, l’arrivo della coppia nella zPs-sIC “area<br />
delle Gravine” è stato tardivo, in quanto solo il 12<br />
maggio è stata osservata per la prima volta nel<br />
territorio in questione. sino alla fine del mese i<br />
due capovaccai hanno frequentato assiduamente<br />
un’area in cui è presente un carnaio, attivo dalla<br />
primavera 2004, e dove pascolano circa 200 vacche<br />
podoliche.<br />
La presenza della mandria di vacche podoliche,<br />
che ogni anno all’inizio dell’inverno si sposta dalle<br />
zone di Calvello (Pz) ai pascoli laertini, costituisce,<br />
come le osservazioni effettuate dimostreranno,<br />
un importante attrattiva trofica per i capovaccai<br />
che frequentano l’area delle gravine. Infatti, dal<br />
loro arrivo e sino al 30 maggio, la coppia si nutrirà,<br />
per gran parte, degli escrementi e di residui di placente<br />
delle stesse vacche. Il carnaio ha rappresentato<br />
nello stesso periodo un sito “interessante” per<br />
la coppia, che ha spesso sorvolato a bassa quota il<br />
carnaio. Quest’ultimo non ha costituito però una<br />
risorsa trofica da utilizzare da parte dei capovaccai,<br />
nonostante la contemporanea presenza nello<br />
stesso da parte di alcuni individui di Nibbio reale<br />
(Milvus milvus), Nibbio bruno (Milvus migrans) e<br />
Corvo imperiale (Corvus corax), nonché di numerose<br />
Gazze.<br />
Vitelli di mucche podoliche.<br />
N. CILLO<br />
Nello stesso periodo, benché sin da subito si è<br />
notato un solido legame nella coppia non è mai<br />
stato osservato alcun atteggiamento, comportamento,<br />
o parata riconducibile ad un tentativo di<br />
accoppiamento.<br />
Il 14 maggio alle 16,40 circa, per la prima volta<br />
dall’inizio delle ricerche, sono stati osservati quattro<br />
capovaccai contemporaneamente, con livrea<br />
da adulto, sorvolare insieme la zona del sito del<br />
carnaio. Questi ultimi hanno dato origine ad un<br />
carosello aereo, sino alle ore 17,15, poi si sono<br />
allontanati dalla zona di osservazione. Nei giorni<br />
successivi gli avvistamenti e le osservazioni sono<br />
divenute sempre meno frequenti ed hanno riguardato<br />
un solo esemplare adulto.<br />
Il 18 maggio, due esemplari con livrea da adulto<br />
sono stati osservati per l’ultima volta insieme, dalle<br />
7.15 alle 7.30 nella zona del sito del carnaio.<br />
Il 26, 27 e 28 maggio ed il 1° e 2 giugno un solo individuo<br />
è stato osservato, per pochi minuti, sempre<br />
nella stessa zona del sito del carnaio. Nel mese<br />
di giugno un altro individuo è stato osservato solo<br />
due volte: il 21 giugno nella gravina del varco (Laterza<br />
e Cillo com. pers.) e il 24 giugno nella zona<br />
del carnaio. Nei mesi successivi (luglio, agosto e<br />
settembre), l’attività di ricerca è continuata con<br />
una frequenza di almeno due giorni a settimana,<br />
ma non ha dato nessun esito positivo, e pertanto<br />
nessuna altra osservazione di Capovaccaio è stata<br />
registrata.<br />
Nell’estate 2006, è stata effettuata un’altra operazione<br />
di hacking che ha portato alla liberazione<br />
nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, due giovani capovaccai,<br />
Arianna e Barbara. Nonostante le osservazioni<br />
effettuate abbiano coperto tutti i giorni<br />
di permanenza in gravina dei giovani capovaccai<br />
(30 luglio-23 agosto), nessun individuo di Capovaccaio<br />
adulto o subadulto è stato mai osservato<br />
interagire con i giovani rilasciati.<br />
Nel 2007 il primo individuo viene avvistato nella<br />
zPs-sIC “area delle Gravine” il 20 aprile. L’osservazione<br />
è avvenuta in località “Castelluccio” sita<br />
nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, comprendente<br />
il sito del carnaio e i pascoli frequentati dalla mandria<br />
di vacche podoliche, presenti in zona già dal<br />
dicembre 2006.<br />
Il Capovaccaio, privo di elementi distintivi nel piumaggio<br />
utili ai fini del riconoscimento individuale,<br />
si è poi allontanato. Probabilmente, lo stesso individuo<br />
è ritornato negli stessi luoghi la mattina<br />
successiva in compagnia di un altro adulto, riconoscibile<br />
dal precedente perché privo della nona<br />
remigante secondaria sull’ala destra.<br />
I capovaccai sono rimasti nell’area descritta, compiendo<br />
numerosi sorvoli sul carnaio e sulla mandria<br />
di vacche podoliche. Nel pomeriggio della<br />
stessa giornata si sono allontanati per poi farvi ritorno<br />
poco prima del tramonto, scegliendo come<br />
dormitorio una cavità in parete nella Gravina di<br />
Laterza.<br />
Nei giorni successivi e sino al 3 maggio, i capovaccai<br />
hanno trascorso gran parte delle ore diurne in<br />
un’area ben circoscritta, comprendente il sito del<br />
carnaio e i pascoli occupati dalla mandria di vacche<br />
podoliche. si sono alimentati degli escrementi<br />
delle vacche e in alcune occasioni hanno approfittato<br />
dei resti di placente. Circa un’ora prima del<br />
tramonto si ritirano sempre nella stessa cavità in<br />
parete. In questo periodo la fonte trofica messa a<br />
loro disposizione nel sito del carnaio non è stata<br />
utilizzata, anche se ripetuti sono stati i sorvoli effettuati<br />
a bassa quota.<br />
Nei giorni seguenti e sino all’11 maggio, i due<br />
individui hanno frequentato nelle ore antimeridiane<br />
un’altra area della gravina posta più a sud,<br />
corrispondente ad un’ansa della gravina già sito<br />
delle ultime nidificazioni note. Nel tardo pomeriggio<br />
sono tornati sempre nell’area dove è presente<br />
il carnaio, preferendo come dormitorio sempre la<br />
stessa cavità in parete.<br />
Dal 12 maggio i due capovaccai hanno cambiato<br />
ulteriormente le loro abitudini, in quanto non solo<br />
non sono ritornati al loro dormitorio, utilizzato<br />
per 20 giorni consecutivi, ma hanno frequentato<br />
sempre meno l’area a pascolo e il sito del carnaio.<br />
si è assistito dunque ad un progressivo allargamento<br />
dell’area di loro interesse, spingendosi<br />
La coppia in volo, mentre sorvola il territorio dell’oasi di Laterza.<br />
probabilmente sin quasi a Ginosa (osservati in alimentazione<br />
su resti di cane sul bordo della strada<br />
provinciale Laterza-Ginosa) e sulla provinciale<br />
Laterza-Gioia del Colle. e’ probabile, infine, che un<br />
soggetto anche se non è stato possibile avere altre<br />
conferme, si sia spinto sino a Taranto (osservazione<br />
del sig. Teodoro Dura del 30 giugno).<br />
Da segnalare il passaggio, nell’area di studio, nei<br />
giorni 10 e 11 maggio, di un sub-adulto probabilmente<br />
del Iv° anno, che ha interagito con la coppia,<br />
sia in volo che posato. alle 7.30 dell’ 11 maggio<br />
il sub-adulto si è alzato in volo e sfruttando le<br />
termiche si è allontanato in direzione nord-ovest.<br />
In data 4 luglio, l’osservazione contemporanea di<br />
due individui nella Gravina di matera, da parte del<br />
sig. matteo visceglia, e l’osservazione di due altri<br />
individui nella Gravina di Laterza (Giacoia), hanno<br />
reso possibile accertare nell’area delle gravine<br />
compresa tra matera e Taranto, non essendoci state<br />
altre segnalazioni o avvistamenti, la presenza di<br />
due coppie territoriali.<br />
In tutto il periodo di permanenza della coppia dal<br />
20 aprile al 24 agosto, benché sin da subito si è<br />
notato un solido legame che si manifestava anche<br />
nella costante e assidua collaborazione nel reperire<br />
le risorse trofiche, nell’esplorare il territorio<br />
e nella scelta del dormitorio comune, non è mai<br />
stato osservato alcun atteggiamento, comportamento,<br />
o parata riconducibile ad un tentativo<br />
di accoppiamento. Non è stato registrato alcun<br />
elemento di disturbo, né alcun comportamento<br />
della coppia che potesse far supporre ad alcuna<br />
causa esterna quale motivo della non riproduzio-<br />
24 25<br />
v. GIaCOIa
ne. anzi, contrariamente ad altre coppie osservate<br />
in anni precedenti, i due individui hanno spesso<br />
mostrato uno spiccato interesse nei confronti degli<br />
essere umani, sorvolando a bassa quota anche<br />
aree peri-urbane in modo piuttosto insolito,<br />
dimostrando quindi una particolare tranquillità e<br />
confidenza.<br />
In Tab. 2 si riassume lo status riproduttivo del Capovaccaio<br />
nella zPs-sIC area delle gravine dal<br />
2000 al 2007.<br />
Tab.2 Status del Capovaccaio nella ZPS-SIC<br />
“Area delle gravine” dal 2000 al 2007<br />
Il carnaio:<br />
monitoraggio e raccolta dati complessivi sull’uso<br />
del carnaio da parte di Corvidi e rapaci<br />
L’incremento delle risorse trofiche per Capovaccaio,<br />
Nibbio reale e Nibbio bruno, specie necrofaghe<br />
e opportuniste, appare come uno dei principali<br />
fattori di conservazione per sopperire sia la<br />
riduzione delle risorse trofiche naturali, a seguito<br />
della trasformazione degli habitat, sia la sopravvenuta<br />
riduzione delle discariche e la modifica nella<br />
modalità di gestione delle stesse.<br />
La presenza di una fonte di cibo continua e costante,<br />
potrebbe determinare una maggiore frequentazione<br />
all’interno dell’area di studio da parte<br />
delle specie target e offrire probabilmente un<br />
ulteriore opportunità per il successo riproduttivo.<br />
La presenza delle fonti trofiche, inoltre, rende più<br />
probabile che eventuali soggetti in migrazione o<br />
estivanti possano fermarsi nell’area, determinando<br />
una riduzione dell’erratismo trofico e riducendo<br />
il rischio di avvelenamento legato alla frequentazione<br />
di discariche o siti non controllati.<br />
allo stato attuale, in Puglia oltre al carnaio realizzato<br />
in prossimità della Gravina di Laterza, azione<br />
prevista da questo progetto, ne è stato creato un<br />
altro a Gravina in Puglia (ba) e realizzato nell’ambito<br />
del “Piano di azione per la Conservazione del<br />
Nibbio reale (Milvus milvus) e del Nibbio bruno<br />
(Milvus migrans) nel sIC bosco Difesa grande” POr<br />
Puglia 2000-2006 mis. 1.6 int. b. Infine, sono in fase<br />
di realizzazione altri carnai nel territorio materano<br />
(Progetto LIFe Natura “rapaci Lucani”) e nel Gargano<br />
(Progetto LIFe Natura “Interventi urgenti di<br />
conservazione dei rapaci del Gargano”).<br />
Il carnaio è stato realizzato all’interno della zPssIC,<br />
in prossimità della Gravina di Laterza, in<br />
un’area non facilmente accessibile e che al tempo<br />
stesso ha consentito una agevole sorveglianza e<br />
monitoraggio da opportuna distanza. L’area del<br />
carnaio di circa 2.000 m2 è stata opportunamente<br />
delimitata con una recinzione alta 1,80 m ed interrata<br />
per impedire l’accesso a mammiferi (volpi,<br />
cinghiali e cani randagi).<br />
Il carnaio è stato rifornito settimanalmente dai<br />
primi di febbraio alla metà di settembre. sono<br />
stati utilizzati scarti di macelleria forniti in loco da<br />
una ditta autorizzata utilizzando tutte le procedure<br />
igienico-sanitarie previste in particolare dal<br />
reg/Ce n.1774/2002.<br />
Il rifornimento del carnaio a Laterza è stato avviato<br />
a partire dalla primavera 2004. Durante il periodo<br />
di attività sono state condotte osservazioni<br />
finalizzate al monitoraggio e alla sorveglianza del<br />
Un individuo di capocaccaio sorvola l’area del carnaio.<br />
v. GIaCOIa<br />
Tab. 3 Ore di osservazioni<br />
mensili medie al carnaio<br />
negli anni 2004-2007<br />
Tab. 4 - dati di frequenza del carnaio nella ZPS-SIC “Area delle Gravine” dal 2004 al 2007<br />
sito.<br />
In totale sono state condotte oltre 2.200 ore di osservazione,<br />
con una media di circa 600 ore/anno<br />
(Tab. 3) distribuite in circa 100 giornate/anno.<br />
Le osservazione condotte hanno messo in evidenza<br />
che i corvidi sono le specie che maggiormente<br />
hanno utilizzato il sito, Gazza (Pica pica) e Cornacchia<br />
grigia (Corvus cornix) in particolare.<br />
In Tab. 4, si evidenzia che il Corvo imperiale (Corvus<br />
corax) è risultata la specie più attiva nel frequentare<br />
il sito (45% del totale degli individui<br />
censiti), seguito da Nibbio bruno (31%) e Nibbio<br />
reale (22,3%).<br />
Nonostante il Capovaccaio sia stato osservato sorvolare<br />
anche a bassa quota il carnaio, è stato osservato<br />
al suo interno, in alimentazione, una sola<br />
volta. Più spesso ha approfittato delle scorte alimentari<br />
depositate dai corvi imperiali, nei pressi<br />
del carnaio, come riserva alimentare.<br />
Il carnaio è stato assiduamente utilizzato dal gio-<br />
Fig. 2 Andamento annuale dell’utilizzo del carnaio<br />
vane Capovaccaio “Arturo”, liberato nel 2007 con<br />
la tecnica dell‘hacking, durante gli ultimi giorni di<br />
permanenza nella Gravina di Laterza, prima dell’inizio<br />
della migrazione.<br />
Come evidenziato in Fig. 2, dal 2004 al 2007 è<br />
stata riscontrata una crescita lineare del numero<br />
di individui osservati in alimentazione al carnaio<br />
(r 2 = 0,9, p
e in un prossimo trend positivo per la popolazione<br />
a livello locale, seppur in un contesto regionale<br />
e nazionale fortemente sfavorevole.<br />
Infatti la presenza contemporanea nella Gravina<br />
di Laterza di quattro individui di Capovaccaio, osservati<br />
il 14 maggio 2006, e la presenza nel 2007<br />
di una coppia che ha sostato nell’area per tutto il<br />
periodo primaverile–estivo, con il passaggio, inoltre,<br />
di un giovane del Iv° anno, fanno sperare ad<br />
un possibile ritorno di nuove coppie riproduttive<br />
nei prossimi anni.<br />
Inoltre, le operazioni di hacking effettuate dal<br />
2004 al 2007 nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, con<br />
le quali sono stati immessi con successo 6 giovani<br />
Capovaccai, potrebbero far sperare nei prossimi<br />
anni nell’incremento della popolazione nidificante<br />
nella zPs-sIC area delle gravine.<br />
Le osservazioni del 2006 e 2007, hanno confermato<br />
la stretta relazione trofica esistente tra Capovaccaio<br />
e bovini ed hanno messo in evidenza la capacità<br />
opportunistica della specie nei confronti delle<br />
possibilità trofiche offerte dalle vacche podoliche.<br />
L’Oasi LIPU Gravina di Laterza.<br />
Per quanto riguarda l’utilizzo del carnaio, si può<br />
affermare con certezza che il carnaio non è quasi<br />
mai stato direttamente utilizzato dalla specie.<br />
Infatti, solo in un episodio un soggetto adulto ha<br />
utilizzato il carnaio (3 luglio 2007), preferendo nutrirsi<br />
delle scorte alimentari depositate dai corvi<br />
imperiali, come riserve di cibo, nelle vicinanze del<br />
carnaio. Lo scarso utilizzo del carnaio da parte dei<br />
capovaccai, potrebbe essere dovuto anche alle dimensioni<br />
dello stesso (40 metri x 40 metri), probabilmente<br />
non sufficienti per la specie. .<br />
Nella zPs “area delle Gravine”, grazie alla costante<br />
attività di monitoraggio e di vigilanza effettuata, è<br />
stato possibile in ogni caso scongiurare episodi di<br />
disturbo diretto e indiretto e comunque prevenire<br />
attività o tentativi di bracconaggio nei confronti<br />
della specie.<br />
Infine é importante segnalare, l’aumento costante<br />
e diretto dell’utilizzo del carnaio durante tutto il<br />
periodo di osservazione e soprattutto nel periodo<br />
(marzo-giugno), da parte di alcuni individui di<br />
Nibbio bruno e Nibbio reale.<br />
N. CILLO<br />
rINGrazIameNTI:<br />
si ringraziano Guido Ceccolini, anna Cenerini, Tonio sigismondi per i consigli e i suggerimenti sul campo,<br />
i volontari dell’Oasi LIPU Gravina di Laterza, manuel marra e Francesco barberio per la collaborazione nella<br />
raccolta dati, e i sig. Domenico Petrelli e michele Lomastro, per l’attività di vigilanza e monitoraggio, il Corpo<br />
Forestale dello stato.<br />
bIbLIOGraFIa<br />
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popolazioni di Accipritiformi e Falconiformi nidificanti nelle regioni Puglia e Basilicata. suppl. ric. biol. selvaggina,<br />
21: 707-710, bologna.<br />
vIsCeGLIa m., 1996. Comportamento alimentare di un Capovaccaio, Neophron percnopterus, in Basilicata. riv. Ital.<br />
Ornit., 66: 205-207.<br />
28 29
G u i d o C e c c o l i n i , A n n a C e n e r i n i<br />
Introduzione<br />
Il Progetto WWF Capovaccaio si pone l’obiettivo di<br />
incrementare la popolazione italiana della specie<br />
Neophron percnopterus percnopterus, in imminente<br />
pericolo di estinzione (Liberatori & Penteriani<br />
2001; Ceccolini et al. 2006), attraverso un programma<br />
di riproduzione in cattività ed azioni di<br />
restocking.<br />
Nel centro di riproduzione, ubicato nel Cerm, Centro<br />
rapaci minacciati di rocchette di Fazio (Gr),<br />
sono nati sino al 2007 dodici capovaccai, sette dei<br />
quali sono stati liberati. Inoltre nel 2005 il centro<br />
ha curato l’allevamento di tre giovani capovaccai<br />
provenienti da un sequestro effettuato dal nucleo<br />
CITes del CFs, due dei quali sono stati poi rilasciati<br />
in natura.<br />
Grazie alla realizzazione di un piano d’azione locale<br />
per la conservazione del Capovaccaio nella<br />
zPs-sIC area delle Gravine, attivo dal 2003, a cura<br />
della LIPU, e gestito dal Comune di Laterza (Ta),<br />
nell’ambito del P.O.r. Puglia 2000-2006, misura<br />
1.6, salvaguardia del patrimonio naturale regionale,<br />
sei esemplari (Laerte, alì, Turchino, arianna,<br />
barbara e arturo) sono stati liberati nell’Oasi LIPU<br />
Gravina di Laterza (Ta). altri due (David e Fidel)<br />
in Toscana, nell’alta valle dell’albegna, all’interno<br />
della riserva Naturale di rocconi (Gr).<br />
Nel 2006 la migrazione di arianna e barbara è stata<br />
seguita mediante radiotelemetria satellitare.<br />
Nel 2007 è stata seguita con lo stesso metodo la<br />
migrazione di arturo. I dati riportati di seguito si<br />
riferiscono ai sei esemplari rilasciati nell’Oasi LIPU<br />
di Gravina di Laterza.<br />
Materiali e metodi<br />
Metodo Hacking<br />
Il metodo “hacking” consiste nel sistemare dei giovani<br />
uccelli, capaci di termoregolarsi ed alimentarsi<br />
autonomamente ma non di volare, in una cavità<br />
rocciosa o in una cassa-nido nell’area di rilascio,<br />
nella quale vengono trattenuti sino al momento<br />
in cui sono in grado di volare. La liberazione è supportata<br />
dall’attivazione di alcuni carnai nei pressi<br />
del sito hacking.<br />
Il metodo presenta il vantaggio di imitare l’involo<br />
dei giovani allo stato selvatico e permette agli<br />
uccelli di disporre di sufficiente tempo per familiarizzare<br />
con l’ambiente circostante e soprattutto<br />
di memorizzare il luogo del rilascio per tornarvi a<br />
nidificare (Ceccolini & Cenerini 2005).<br />
La giovane Arianna si alimenta nella cavità-nido, rifornita di cibo<br />
ed acqua per mezzo di due tubi.<br />
G. CeCCOLINI<br />
ProtoCoLLo HACkIng APPLICAto ALLA SPeCIe CAPovACCAIo<br />
Per il rilascio dei capovaccai nella Gravina di Laterza (Ta) si è adottato il seguente nuovo e specifico<br />
protocollo hacking, testato con successo dal 2004 al 2007 senza alcuna perdita di soggetti nell’area<br />
di liberazione.<br />
1. sCeLTa DeL LUOGO DI rILasCIO<br />
La liberazione dei giovani deve avvenire in un’area protetta dove la specie era storicamente presente<br />
come nidificante e quindi caratterizzata da pareti rocciose dotate di numerose cavità. La<br />
gestione dell’area protetta deve garantire un controllo costante del territorio, almeno nelle fasi di<br />
rilascio.<br />
2. sCeLTa DeLLa CavITà DI rILasCIO<br />
Nell’area protetta prescelta si individua una cavità di una parete rocciosa che presenti le seguenti<br />
caratteristiche:<br />
- dimensioni minime di 2 m di larghezza, 2 m di profondità ed un metro di altezza;<br />
- ingresso rivolto a sud o sud-ovest;<br />
- non contornata da vegetazione, per evitare l’accesso di predatori terrestri;<br />
- ampia zona sottostante libera da vegetazione per evitare che nei primi voli i giovani capovaccai<br />
possano cadere tra i rami e rischiare di rovinarsi il piumaggio;<br />
- distante da luoghi frequentati da persone e mezzi meccanici;<br />
- facilmente accessibile solo a speleologi e/o scalatori.<br />
La cavità prescelta deve essere attrezzata inoltre con:<br />
- lana su di una parte del fondo, a simulare un nido;<br />
- un tubo corrugato esternamente e liscio internamente, tipo “cavidotto” di almeno 11 cm (di colore<br />
mimetico), che deve scendere dalla parte sommitale della parete ed essere fissato in più punti sino<br />
all’interno della cavità. Nell’interno del nido il tubo deve arrivare a circa 50 cm dal fondo. L’imboccatura<br />
di ingresso del tubo deve essere chiusa con un sistema di sicurezza od essere posta in una<br />
zona nascosta e sicura per evitare l’immissione nella cavità di prodotti nocivi da parte di malintenzionati;<br />
- un tubo per l’acqua, solidale al precedente cavidotto, che deve raggiungere il fondo di un piccolo<br />
abbeveratoio in cemento (circa 30 cm x 30 cm, profondità 10 cm) ed essere fissato stabilmente<br />
sul bordo interno dello stesso contenitore. Il tubo deve essere di piccolo diametro, circa 1 cm, per<br />
evitare che l’acqua scenda troppo velocemente;<br />
- un sistema di videocontrollo composto da una o due telecamere e da un monitor portatile. L’impianto<br />
può essere alimentato da una batteria per auto a 12 volt posta in un luogo idoneo, lontano<br />
dalla cavità prescelta, e caricata con un pannello solare. e’ consigliabile anche l’uso di un sistema di<br />
trasmissione radio che permetta di osservare l’interno della cavità anche a notevole distanza;<br />
- una rete di protezione in plastica morbida a maglia fitta, tesa a chiudere l’imboccatura della cavità<br />
per impedire che i giovani possano uscire dal nido troppo presto, prima di essersi ambientati<br />
nell’area di rilascio. La rete deve essere fissata con un sistema di fili che ne consenta la rimozione<br />
senza dover operare di fronte alla cavità.<br />
La cavità prescelta nella Gravina di Laterza, oltre alle caratteristiche generali di cui sopra, presentava<br />
anche il raro vantaggio di essere accessibile da dietro, attraverso un passaggio da una caverna<br />
30 31
sottostante, cosa che ha permesso una facile e rapida immissione dei soggetti da liberare. Il passaggio<br />
veniva chiuso con una rete, una volta inseriti nel nido i capovaccai. La cavità è stata adattata<br />
alle esigenze richieste con la creazione di una cengia artificiale in legno che ha consentito di<br />
allargare di molto l’imboccatura originaria.<br />
Tutte le operazioni di preparazione del sito sono state effettuate da personale specializzato in assoluta<br />
sicurezza (speleologi o scalatori).<br />
3. PreParazIONe e GesTIONe DeI GIOvaNI Da rILasCIare<br />
I giovani capovaccai, prima dell’immissione nella cavità, devono essere dotati di:<br />
- un anello INFs metallico e di un anello plastico per il riconoscimento a distanza;<br />
- una radiotrasmittente vhF, fissata alle due timoniere centrali, per il controllo degli animali nei<br />
dintorni dell’area di rilascio con ricevitori terrestri ed antenne direttive Yagi a tre elementi;<br />
- una radio satellitare a zainetto, se possibile, per il controllo degli spostamenti ad ampio raggio.<br />
La radio deve essere montata tassativamente da personale esperto per evitare danni fisici agli<br />
animali.<br />
Le radio trasmittenti vhF utilizzate, del peso di circa 12 gr, sono prodotte dalla società inglese<br />
biotrack. Le radio satellitari utilizzate sono state: microwave Telemetry solar Power PTT-100, 35<br />
gr argos (arianna); Northstar solar PTT, 40 gr argos (barbara) e microwave Telemetry solar Power<br />
PTT-100, 45 gr argos/GPs (arturo).<br />
Per facilitare il riconoscimento in volo è opportuno decolorare alcune penne remiganti primarie<br />
(con prodotti decoloranti per capelli), sulla base di uno schema di decolorazione prefissato, diverso<br />
per ogni soggetto liberato.<br />
I giovani capovaccai devono essere inseriti nella cavità-nido a 65 - 70 giorni di età, quando le penne<br />
remiganti primarie non sono ancora completamente sviluppate, e devono esservi trattenuti<br />
per 4-7 giorni. Durante la permanenza nel nido vengono somministrati giornalmente, attraverso<br />
gli appositi tubi, 300 gr di topi per soggetto ed acqua.<br />
4. rILasCIO e CONTrOLLO<br />
Il giorno in cui si decide di liberare i giovani, avendo verificato direttamente o attraverso il monitor<br />
il completo sviluppo delle penne e ripetuti “esercizi” di volo, si spargono nelle vicinanze del nido (a<br />
una distanza non superiore ai 150-200 metri) alcuni topi e conigli, aperti nell’addome ed in parte<br />
spellati. Il cibo deve essere collocato in punti che il capovaccaio possa facilmente avvistare durante<br />
il volo e nei quali possa atterrare senza difficoltà, anche nei primi giorni successivi alla liberazione.<br />
spuntoni di roccia isolati e piccoli ripiani rocciosi, possibilmente non accessibili a predatori terrestri<br />
come volpi e cani randagi, sono ideali punti di alimentazione. se non ci sono pozze naturali, in<br />
un luogo idoneo e sicuro si deve sistemare anche una vaschetta in cemento, simile a quella posta<br />
all’interno della cavità, rifornita sempre di acqua.<br />
Un sito adatto ove posizionare cibo ed acqua è rappresentato dalla zona da cui partono i tubi<br />
di alimentazione che scendono nel nido, perché il capovaccaio li riconoscerà facilmente e potrà<br />
scendervi accanto.<br />
I punti di alimentazione devono essere riforniti giornalmente: l’operazione deve essere compiuta<br />
accertandosi preliminarmente che i capovaccai siano posati e non in vista. se i giovani, nei giorni<br />
successivi all’involo, frequentassero la cavità-nido si dovrà continuare a rifornirla di cibo ed acqua.<br />
5. sOrveGLIaNza<br />
La sorveglianza dell’area deve essere continua, dall’alba al tramonto, sino al momento della partenza<br />
dell’ultimo giovane. Ciò evita o riduce fortemente fenomeni di disturbo causati da turisti o<br />
curiosi che possono interferire con l’adattamento degli avvoltoi all’area di rilascio.<br />
In particolare nella Gravina di Laterza la sorveglianza è stata effettuata da una caverna situata nella<br />
parete di fronte al nido, a circa 450 metri di distanza, in modo tale da non interferire con le fasi di<br />
ambientamento degli uccelli liberati e garantire nel contempo il controllo di un ampio tratto della<br />
gravina. Inoltre una guardia dell’oasi sorvegliava l’area alle spalle del nido per evitare il passaggio<br />
incontrollato di persone o automezzi. sono stati utilizzati binocoli e cannocchiali di diversa focale,<br />
questi ultimi sono stati utili anche per scattare foto digitali e fare riprese video a lunga distanza<br />
(digiscoping).<br />
Arturo appena inserito nel nido dall’apertura posteriore.<br />
32 33<br />
Risultati<br />
1. Comportamento al nido<br />
Gli individui, una volta inseriti nel nido, non hanno<br />
mostrato alcun segno di stress o irrequietezza,<br />
trascorrendo il tempo a mangiare, riposare ed<br />
osservare l’esterno. essi non hanno mai tentato<br />
di uscire dalla cavità prima della rimozione della<br />
rete. Le dimensioni della cavità hanno permesso<br />
loro di allenarsi al volo, con movimenti di apertura<br />
e battito delle ali nei quali si sono esercitati con<br />
maggior frequenza con il passare del tempo.<br />
2. Comportamento nell’area di rilascio<br />
Il momento dell’involo, seguito alla rimozione<br />
della rete, è variabile: solo in un caso (Laerte nel<br />
2004) è avvenuto a poche ore dalla rimozione della<br />
rete, per gli altri giovani l’involo è avvenuto tra il<br />
secondo ed il quinto giorno.<br />
Nei primi giorni di libertà i giovani hanno sempre<br />
compiuto voli di ricognizione e spostamento<br />
molto limitati, della durata non superiore ai cinque<br />
minuti. Con il trascorrere dei giorni la durata<br />
dei singoli voli è aumentata sino a raggiungere al<br />
massimo i 30 minuti consecutivi.<br />
Nei primi giorni di volo i giovani non si sono mai<br />
alimentati, probabilmente per la necessità di perdere<br />
peso. successivamente tutti hanno utilizzato<br />
i carnai temporanei apprestati nei dintorni. arturo<br />
(2007) si è alimentato in un carnaio temporaneo<br />
soltanto sette giorni dopo l’involo. arturo è stato<br />
anche l’unico capovaccaio a frequentare, per otto<br />
giorni consecutivi, un carnaio fisso dell’Oasi LIPU,<br />
situato a circa 600 metri dal nido.<br />
Quattro dei sei giovani liberati sono tornati nella<br />
cavità-nido nei giorni successivi all’involo (alì e<br />
Turchino, 2005; barbara ed arianna, 2006) utilizzando<br />
il cibo ivi disponibile.<br />
Tutti i giovani hanno compiuto la maggior parte<br />
degli spostamenti in volo rimanendo entro un<br />
raggio di circa 300 metri dal nido. soltanto nei<br />
giorni immediatamente precedenti alla partenza<br />
i capovaccai hanno compiuto voli esplorativi più<br />
ampi ma sempre di breve durata, tornando a trascorrere<br />
la notte nei pressi del nido.<br />
F. beLLINI
Alì e Turchino dopo l’involo nei pressi del nido.<br />
Per quanto riguarda i tempi di volo e di riposo nel-<br />
l’area di rilascio i giovani capovaccai hanno mo-<br />
strato comportamenti assai diversi, ciononostan-<br />
te i tempi di migrazione sono stati sostanzialmen-<br />
te identici nel raggiungere le stesse zone. arturo<br />
(2007), che aveva trascorso la maggior del tempo<br />
in gravina compiendo solo brevi voli e riposando<br />
spesso, ha raggiunto l’arcipelago delle egadi appena<br />
sei giorni dopo la partenza, ben prima di altri<br />
giovani “più attivi” nel sito di rilascio.<br />
3. Interazione inter e intraspecifica<br />
Durante la permanenza nell’area di rilascio i giovani<br />
capovaccai hanno attirato l’attenzione di altre<br />
specie di uccelli e, in particolare, di corvi imperiali,<br />
gheppi, poiane e lanari dai quali hanno subito ripetute<br />
azioni di mobbing.<br />
L’atteggiamento dei giovani capovaccai è stato<br />
remissivo nei primi giorni dopo il rilascio mentre,<br />
con il passar del tempo, è divenuto più reattivo<br />
e minaccioso. In particolare, i capovaccai hanno<br />
spesso ingaggiato lunghe ed innocue “battaglie<br />
aeree” con giovani di poiana.<br />
Di fatto gli unici episodi significativi di disturbo<br />
costante e di aggressione si sono verificati ad opera<br />
di conspecifici nel 2007, quando una coppia di<br />
capovaccai non nidificanti, già presenti nell’area,<br />
ha disturbato il giovane arturo sino al momento<br />
della loro partenza, avvenuta il 24 agosto, aggredendolo<br />
ogni qualvolta il giovane spiccava il volo<br />
e talora allungando le zampe per colpirlo sul dorso.<br />
Proprio il mobbing dei due adulti ha, probabilmente,<br />
indotto arturo a trascorrere tre giorni e<br />
mezzo sul fondo della gravina, lungo il torrente,<br />
dove mai nessun altro giovane era sceso.<br />
Nel 2004, invece, i contatti tra il giovane Laerte<br />
ed un capovaccaio adulto che frequentava regolarmente<br />
la gravina non erano stati delle stesso<br />
tenore, tanto che spesso i due esemplari volavano<br />
insieme. I due avvoltoi lasciarono nello stesso<br />
giorno il sito di rilascio, probabilmente intraprendendo<br />
assieme la migrazione.<br />
4. Disturbi<br />
Durante il periodo trascorso dai giovani nell’area<br />
di rilascio si sono verificati solo due episodi di disturbo<br />
per l’arrivo di mezzi a motore sfuggiti al<br />
v. GIaCOIa<br />
controllo. episodi che non hanno avuto conseguenze<br />
negative.<br />
senza dubbio il problema più grave, anche perché<br />
cronico, è legato al fenomeno del randagismo. Infatti,<br />
spesso il cibo distribuito nei punti di alimentazione<br />
è stato mangiato da cani randagi. Ciò ha<br />
complicato molto anche l’azione del personale<br />
che è stato costretto a distribuire il cibo giornalmente<br />
ed in punti pericolosi, non accessibili ai<br />
cani. Il problema potrebbe essere risolto con l’uso<br />
di una piattaforma sopraelevata sulla quale collocare<br />
il cibo per gli avvoltoi.<br />
5. Partenza dal sito di rilascio<br />
La partenza dal sito di rilascio dei 6 giovani è avvenuta<br />
tra il 12° ed il 21° giorno dopo l’involo. I<br />
capovaccai hanno iniziato la migrazione ad un’età<br />
compresa tra gli 87 ed i 99 giorni.<br />
6. Migrazione<br />
Tre dei sei individui liberati sono stati equipaggiati<br />
con radio satellitari (barbara, arianna ed arturo),<br />
che hanno permesso di raccogliere precise informazioni<br />
sulla loro migrazione.<br />
Laerte in volo, il primo capovaccaio rilasciato nel 2004 nell’Oasi<br />
LIPU Gravina di Laterza.<br />
anno 2004 (Laerte)<br />
Laerte iniziò la migrazione il 22 agosto. sebbene<br />
non munito di radio satellitare, il capovaccaio fu<br />
osservato in volo sopra all’Isola di marettimo il<br />
2 settembre, 11 giorni dopo aver lasciato il sito<br />
hacking, in compagnia di tre adulti. Il giorno seguente<br />
fu osservato lasciare l’isola in direzione<br />
della Tunisia insieme ad otto adulti (mastropasqua<br />
F. pers. com.). marettimo è un’isola montuosa localizzata<br />
a circa 30 km dalla sicilia, 130 km a nord del<br />
promontorio di Cap bon (Tunisia) e distante circa<br />
700 km dalla Gravina di Laterza.<br />
anno 2005 (alì e Turchino)<br />
alì e Turchino lasciarono il sito di rilascio rispettivamente<br />
il 6 e 7 settembre 2005. Della migrazione<br />
di questi due esemplari, non equipaggiati con radio<br />
satellitari, non si hanno ulteriori informazioni.<br />
anno 2006 (barbara ed arianna)<br />
barbara ed arianna lasciarono il sito di rilascio il 23<br />
agosto 2006.<br />
barbara raggiunse la sicilia il 31 agosto e nei giorni<br />
successivi si spostò lungo la costa sud-occidentale<br />
dell’isola, percorrendo un totale di 1.153 km.<br />
Dal 16 settembre la radio cessò di trasmettere, forse<br />
per la morte dell’animale.<br />
arianna arrivò in sicilia in 30 agosto ed il 1° settembre<br />
raggiunse l’Isola di marettimo (egadi).<br />
Il 2 settembre un gruppo misto di capovaccai,<br />
composto da 4 adulti e 3 giovani, fu avvistato sopra<br />
l’isola (vaccaro v., com. pers.), quando arianna<br />
veniva segnalata dai dati satellitari ancora presente<br />
in loco. arianna raggiunse la Tunisia il 3 settembre.<br />
Dopo aver sostato per 4 giorni vicino alla<br />
città di sbeitla in Tunisia (4/7 settembre), proseguì<br />
verso sud e raggiunse il mali il 16 settembre, 25<br />
giorni dopo l’inizio della migrazione. Il 20 settembre<br />
il giovane avvoltoio raggiunse l’attuale area di<br />
svernamento, dopo aver percorso circa 3.915 km.<br />
La massima distanza giornaliera venne percorsa<br />
il 9 e 10 settembre, attraversando il deserto del<br />
sahara tra Tunisia ed algeria, quando arianna<br />
volò per un totale di 923 km, cioè per una distanza<br />
media giornaliera di 461 km. raggiunse la massi-<br />
34 35<br />
F. beLLINI
ma velocità di 79,03 km/h nel deserto algerino (10<br />
settembre, 154,12 km coperti in 1 h 57’). Nell’ottobre<br />
2007 arianna si trovava ancora in quest’area<br />
semidesertica del mali centro-orientale.<br />
anno 2007 (arturo)<br />
arturo ha lasciato la Gravina di Laterza il 6 settembre<br />
2007 ed ha raggiunto l’isola di Favignana,<br />
nelle egadi, il 12 settembre, dove ha sostato per 3<br />
giorni. Il 15 settembre arturo è ritornato in sicilia<br />
e si è fermato per quasi un mese alla periferia di<br />
marsala dove è stato osservato e fotografato da<br />
diversi ornitologi che hanno anche provveduto<br />
a fornirgli del cibo (Piccioni s. e sciabica e. com.<br />
pers.). Il 12 ottobre è ripartito raggiungendo di<br />
nuovo le isole egadi (compresa marettimo) ma,<br />
dopo una breve sosta a causa di forti venti sfavorevoli<br />
(Panuccio m. com. pers.), è ritornato in sicilia<br />
ed ha puntato verso sud-est, raggiungendo la<br />
Cava di Ispica, in provincia di ragusa. Il 30 ottobre<br />
2007 il giovane si trovava ancora in quell’area, osservato<br />
e fotografato da alcuni ornitologi (Lentile<br />
r. com. pers.). 1.200 sono i chilometri percorsi sino<br />
a quel momento.<br />
Discussione<br />
L’esperienza di arianna, barbara (Ceccolini et al.<br />
2007) e arturo seguite grazie alla telemetria satellitare,<br />
così come le osservazioni dirette di Laerte<br />
nel 2004, confermano che i giovani capovaccai<br />
nati in cattività, per di più da genitori spagnoli,<br />
sono in grado di adattarsi perfettamente alla vita<br />
selvatica e di intraprendere la giusta rotta migratoria<br />
verso l’africa.<br />
Un ruolo non secondario nella migrazione sembra<br />
giocato dai capovaccai adulti. Infatti l’esperienza<br />
di Laerte ed arianna conferma quanto suggerito<br />
dalle osservazioni pregresse a marettimo di gruppi<br />
misti di capovaccai giovani ed adulti (agostini<br />
et al. 2000, 2004). I giovani probabilmente imparano<br />
la rotta migratoria seguendo gli adulti. Perciò<br />
appare evidente che la sopravvivenza della specie<br />
in Italia sia favorita da un continuo e tempestivo<br />
programma di rilasci che offra ai giovani liberati la<br />
possibilità di incontrare capovaccai adulti durante<br />
la migrazione.<br />
La rotta migratoria percorsa da barbara, arianna<br />
ed arturo ha toccato le principali aree protette<br />
dell’Italia meridionale (P. N. del Pollino, P. N. della<br />
sila Piccola, P. N. dell’aspromonte ecc.) che, dunque,<br />
rappresentano luoghi di fondamentale importanza<br />
per la conservazione della specie. sarebbe<br />
pertanto utile approntarvi una rete carnai per<br />
supportare la specie durante la migrazione al fine<br />
di diminuirne la mortalità, in particolare quella<br />
dovuta ad avvelenamento.<br />
altre aree protette per la sosta e l’alimentazione<br />
dei rapaci migratori dovrebbero essere realizzate<br />
nella sicilia occidentale (Provincia di Trapani),<br />
Dati sui rilasci di giovani capovaccai 2004-2007 nell’Oasi LIPU Gravina di Laterza (TA)<br />
* D o t a t o d i r a d i o s a t e l l i t a r e<br />
dove i capovaccai così come altri rapaci migratori,<br />
sostano anche per vari giorni in attesa di condizioni<br />
meteorologiche favorevoli per affrontare la traversata<br />
del Canale di sicilia. si tratta di un punto<br />
nevralgico per la salvaguardia della specie, messo<br />
in luce proprio dai dati satellitari dei giovani capovaccai<br />
rilasciati.<br />
La realizzazione di questi punti di sosta strategici,<br />
la sorveglianza ed il supporto alimentare nei pochi<br />
siti di nidificazione, come già è stato effettuato<br />
in Francia (Liberatori & Penteriani 2001), sono<br />
azioni assolutamente necessarie per tentare di<br />
evitare l’estinzione della popolazione italiana di<br />
capovaccaio.<br />
La migrazione di arianna ha permesso di scoprire<br />
che l’area di svernamento, sinora sconosciuta, dei<br />
capovaccai italiani è il mali centro-orientale. Quest’area<br />
si aggiunge alle due aree di svernamento<br />
sinora conosciute per i capovaccai europei: l’area<br />
di confine tra la mauritania sud-orientale ed il mali<br />
per i capovaccai spagnoli (benitez et al. 2004) e<br />
francesi e l’area sud- est del Chad per quelli bulgari<br />
(meyburg et al. 2004). L’area di svernamento<br />
di arianna sembra collocarsi all’incirca alla stessa<br />
latitudine di quelle dei capovaccaio spagnoli e<br />
francesi, ovvero tra 14°N e 17°N.<br />
bIbLIOGraFIa<br />
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peninsula: distribution, habitat preference, productivity and conservation implications. biological Conservation<br />
101: 381-389.<br />
meYbUrG b.-U., GaLLarDO m., meYbUrG C., DImITrOva e., 2004. Migrations and sojourn in Africa of Egyptian vultures<br />
(Neophron percnopterus) tracked by satellite. Journal of Ornithology 145: 273-280.<br />
rINGrazIameNTI<br />
si ringraziano: associazione speleologica La venta (per l’allestimento del nido nella Gravina di Laterza), Comune di<br />
Laterza (Ta), LIPU birdlife, museum of Natural history of Fribourg, Provincia di Grosseto, regione Puglia, WWF Italia.<br />
Un ringraziamento particolare a Francesco barberio, Filippo bellini e vittorio Giacoia dell’Oasi LIPU Gravina di Laterza,<br />
Tonio sigismondi e Giovanni zaccaria per il fondamentale aiuto nelle lunghe e complesse attività di rilascio dei giovani<br />
capovaccai in Puglia.<br />
si ringraziano tutti coloro che hanno osservato o tentato di osservare i giovani capovaccai in migrazione: Giuseppe<br />
Campo, Giusi Dipasquale, renzo Ientile, Giovanni Leonardi, mario Lo valvo, maurizio marchese, Fabio mastropasqua,<br />
Ugo mellone, samuele Piccioni, Guido Premuda, enzo sciabica, Pierpaolo storino, salvatore Urso e vito vaccaro.<br />
Infine ringraziamo adrian aebischer, alessandro andreotti (INFs), barbara anselmi, marco bedin, vincenzo Costantini,<br />
Fausto Fabbrizzi (CFs), bernard Ulrich meyburg, Paolo maria Politi e Fulco Pratesi per il loro supporto al progetto<br />
Capovaccaio.<br />
36 37
M i c h e l e B u x<br />
Introduzione<br />
Il Grillaio è un piccolo falco migratore dalle abitudini<br />
coloniali, considerato tra le specie di Uccelli<br />
globalmente minacciate (sPeC 1) ed a maggiore<br />
rischio di estinzione (birdLife International, 2004).<br />
eppure, nei territori a cavallo tra Puglia e basilicata<br />
è possibile ancora oggi osservare un elevato numero<br />
di grillai in caccia nelle campagne o mentre<br />
volteggiano chiassosi sui tetti delle abitazioni dei<br />
centri storici di altamura, matera, santeramo in<br />
Colle, Ginosa, ed altri ancora.<br />
Di conseguenza, sembrerebbe quindi che tale<br />
specie non sia poi così rara, ma la realtà è ben<br />
diversa, soprattutto se si analizza l’ecologia e la<br />
storia naturale recente (gli ultimi 50-100 anni) di<br />
questa specie.<br />
Dal punto di vista ecologico il Grillaio è un rapace<br />
diurno molto particolare appartenente al gruppo<br />
dei piccoli falchi in cui rientrano anche il più diffuso<br />
e stanziale Gheppio (Falco tinnunculus), con<br />
cui può essere facilmente confuso, il Falco cuculo<br />
(Falco vespertinus) o il Lodolaio (Falco subbuteo).<br />
rispetto ai congenerici presenta una più spiccata<br />
colonialità ed è strettamente legato alle attività<br />
antropiche sia per l’attività alimentare, cacciando<br />
le sue prede d’elezione, i grossi insetti, sui pascoli<br />
e nelle aree agricole estensive, che per la nidificazione<br />
dove utilizza principalmente i sottotetti e le<br />
cavità nei muri dei centri storici e delle case rurali<br />
dell’europa centro meridionale.<br />
se in passato la “vicinanza all’uomo” lo ha favorito<br />
man mano che questo sottraeva aree ai boschi<br />
per creare prima pascoli e poi terreni agricoli, e<br />
aumentava sempre più le aree urbane, con palazzi<br />
sempre più alti e somiglianti a pareti rocciose, dagli<br />
ultimi 50 anni, la situazione è fortemente cambiata.<br />
La meccanizzazione agricola e l’abbandono<br />
della pastorizia hanno trasformato le campagne<br />
in estese monocolture con una bassa biodiversità<br />
di insetti a causa dell’utilizzo crescente di anticrittogamici.<br />
Contemporaneamente, l’aumento della<br />
dimensione delle città e l’abbandono delle tecniche<br />
costruttive tradizionali (le uniche in grado di<br />
creare le condizioni idonee per la nidificazione),<br />
hanno sottratto al Grillaio siti di nidificazione un<br />
tempo abbondanti.<br />
La velocità di tali modificazioni colturali e sociali,<br />
non hanno consentito nel breve termine alcuna<br />
possibilità di adattamento alla specie che ha visto<br />
un tracollo della popolazione mondiale nella seconda<br />
metà del XX secolo.<br />
In particolare nel paleartico occidentale, nei paesi<br />
per i quali sono disponibili dati storici attendibili,<br />
si è dimostrato un calo spesso drammatico. La<br />
più importante popolazione, di quest’area, presente<br />
in spagna è passata da 100.000 coppie stimate<br />
nel 1960 a 20.000-30.000 coppie nel 1980 e<br />
4.200-5.100 coppie censite nel 1990 (Gonzàlez et<br />
al., 1990). attualmente la popolazione spagnola è<br />
stata censita in 8.000 coppie nidificanti, mostrando<br />
di aver reagito positivamente alle diverse iniziative<br />
di conservazione (Pomarol, 1993).<br />
anche in Italia, pur in assenza di dati numerici<br />
storici, il suo areale distributivo si è notevolmente<br />
ridotto. Nel periodo 1985-’87 (Progetto atlante<br />
Uccelli Nidificanti in Italia) la specie era presente<br />
in aree nelle quali non è più risultata presente<br />
nelle indagini condotte successivamente. In particolare,<br />
la specie è scomparsa in Puglia da tutte le<br />
aree esterne alle murge e alle Gravine, mentre era<br />
stata segnalata nel salento, nel Gargano e sull’appennino<br />
Dauno. Negli ultimi anni la popolazione<br />
appulo-lucana sembra, almeno numericamente,<br />
in ripresa con censimenti di circa 8.000-12.000<br />
individui ai dormitori notturni nel periodo postriproduttivo<br />
e con la recente segnalazione di coppie<br />
riproduttive in provincia di Foggia nel basso<br />
tavoliere.<br />
Gli studi fino ad ora condotti hanno interessato<br />
l’ecologia trofica (bux et al., 1997; Pantone e bux,<br />
1999), la biologia riproduttiva (bux et al., 2005;<br />
bux, 2007; bux et al., 2007) e lo status conservazionistico<br />
(sigismondi et al., 1995; sigismondi et al.,<br />
2003; bux e Pavone, 2005; Caldarella et al., 2007)<br />
fornendo un quadro abbastanza completo su biologia,<br />
ecologia e problemi di conservazione della<br />
specie.<br />
scopo del presente contributo è quello di illustrare<br />
i risultati delle indagini svolte nell’ambito del<br />
progetto “Piano d’azione per la conservazione del<br />
Capovaccaio (Neophron percnopterus) e azioni di<br />
conservazione del Grillaio, Nibbio reale (Milvus<br />
milvus) e Nibbio bruno (Milvus migrans) nella zPssIC<br />
“area DeLLe GravINe” finanziato con fondi<br />
POr 2000 – 2006 della regione Puglia.<br />
Area di studio<br />
La ricerca ha riguardato l’intero comprensorio delle<br />
gravine dell’arco ionico comprendente il territorio<br />
di due regioni, Puglia e basilicata, ed interessato<br />
dalla presenza di due sIC/zPs, “area delle<br />
Gravine cod. IT9130007” e “Gravine di matera cod.<br />
IT9220135”.<br />
L’area di studio ha interessato i territori dei comuni<br />
pugliesi di Ginosa, Laterza, Castellaneta, Palagianello,<br />
mottola e massafra e del comune di matera<br />
in basilicata, per un totale di circa 20.000 ettari.<br />
Materiali e metodi di rilevamento<br />
sono stati effettuati conteggi ai dormitori utilizzati<br />
dalla specie nei periodi pre- e post-riproduttivi<br />
nelle due colonie di matera e Ginosa. La stima del<br />
numero di coppie nidificanti in queste due colonie<br />
è stata ricavata considerando una percentuale<br />
di individui non riproduttivi variabile tra il 10 e il<br />
20% (bux, in prep.).<br />
La numerosità delle colonie nidificanti nei centri<br />
urbani di Laterza, Castellaneta, Palagianello, mottola<br />
e massafra è stata valutata attraverso un conteggio<br />
diretto degli individui, nel periodo presunto<br />
che precede la deposizione, in volo sulla città<br />
nel tardo pomeriggio. In questo periodo la coppia<br />
tende a volare o a posarsi insieme sopra il sito di<br />
nidificazione poco prima del sopraggiungere della<br />
notte. sono stati a tale scopo effettuati 6 conteggi<br />
differenti in 14 giorni.<br />
Nel 2007 è stato individuato un dormitorio nel<br />
centro storico di Laterza che però è stato utilizzato<br />
solo da una parte degli individui nidificanti, e<br />
non ha consentito di stimare più precisamente la<br />
numerosità della colonia.<br />
Inoltre, è stata verificata la presenza della specie<br />
in altri centri urbani al fine di accertare eventuali<br />
espansioni dell’areale locale di riproduzione.<br />
I conteggi ai dormitori notturni (colonie di matera<br />
e Ginosa) sono stati effettuati sia nel periodo preriproduttivo<br />
nei primi 15 giorni di maggio, che nel<br />
periodo post-riproduttivo, tra l’ultima settimana<br />
di luglio e la prima d’agosto.<br />
Risultati e discussione<br />
Il Grillaio occupa l’intero comprensorio territoriale<br />
rappresentato dalle gravine dell’arco ionico, nidificando<br />
in quasi tutti i centri storici dei comuni<br />
presenti all’interno del perimetro della zPs o nelle<br />
sue immediate vicinanze.<br />
La dimensione delle colonie varia notevolmente<br />
spostandosi da est ad ovest, con abbondanze<br />
nettamente superiori nel settore occidentale tra<br />
la città di matera e Laterza.<br />
I risultati dei censimenti e la stima del numero di<br />
38 39
coppie presenti sono riportate in Tab. 1. La popolazione<br />
riproduttiva è aumentata nei 4 anni di<br />
indagine, passando da 878–993 coppie nel 2004<br />
a 1.239–1.414 coppie nel 2007. La colonia di maggiori<br />
dimensioni, come già noto, è risultata quella<br />
di matera, seguita dalla colonia di Ginosa con il<br />
15% ed infine le colonie di Laterza e Castellaneta.<br />
La colonia di matera per cui si stima la presenza<br />
nel 2007 di 953–1074 coppie nidificanti rappresenta<br />
una delle colonie di grillaio di maggiori di-<br />
mensioni presenti in Italia ed in europa e ospita da<br />
sola circa l’80% dell’intera popolazione nidificante<br />
nel comprensorio delle gravine dell’arco ionico.<br />
Nel territorio pugliese la colonia di maggiori dimensioni<br />
è risultata quella di Ginosa con una stima<br />
nel 2007 di 222–250 coppie nidificanti.<br />
Il centro storico di Laterza ospita la seconda colonia<br />
per dimensione con una popolazione nel 2007<br />
di 38 –56 coppie.<br />
Le indagini hanno rilevato la presenza di coppie<br />
Tabella 1 Quadro riassuntivo della consistenza delle colonie di grillaio nidificanti nel comprensorio<br />
delle gravine dell’arco ionico nel periodo 2004 - 2007<br />
(1) conta post-riproduttiva non effettuata a causa della eccessiva dispersione degli individui su molti dormitori.<br />
(2) assenza di dormitori notturni. (3) media su tre conteggi. (4) conteggio effettuato nella fase di nidificazione.<br />
(5) conteggio non effettuato.<br />
Fig.1 Distribuzione e consistenza delle colonie di Grillaio Falco naumanni<br />
nelle gravine dell’arco ionico<br />
i Grillai si radunano sul dormitorio di Matera.<br />
N. CILLO<br />
nidificanti nel centro storico del Comune di Castellaneta,<br />
e la presenza di individui nei comuni di<br />
Palagianello, mottola e massafra. meno circostanziate<br />
sono state le osservazioni per il Comune di<br />
Palagianello e massafra dove la loro sporadicità<br />
non ha consentito una precisa valutazione della<br />
presenza o meno di coppie nidificanti.<br />
La popolazione di grillaio nidificante nel comprensorio<br />
delle gravine dell’arco ionico rappresenta<br />
una porzione significativa della popolazione<br />
italiana ed europea. Infatti, essa rappresenta<br />
ben il 25% dell’intera popolazione nazionale (cfr.<br />
Palumbo, in spagnesi e serra, 2002) e il 4% della<br />
popolazione europea.<br />
sebbene negli ultimi 10 anni si sia assistito ad un<br />
aumento delle colonie e delle coppie nidificanti,<br />
l’areale attuale appare molto più ridotto rispetto<br />
bIbLIOGraFIa<br />
a quello noto nella metà del 1900 (meschini e Frugis,<br />
1993; Palumbo, 1997; bux e Pavone, 2005).<br />
Nel comprensorio occupato dai due siti sIC/zPs<br />
“area delle Gravine” cod. IT9130007 e “Gravine di<br />
matera” cod. IT922013, la specie risulta molto più<br />
abbondante nella porzione occidentale del settore<br />
ovest, quest’ultimo caratterizzato dalla presenza<br />
di vaste estensioni di habitat di tipo steppico<br />
(pseudosteppa mediterranea), per la maggior<br />
parte costituita dalle associazioni vegetali a Festuco-Brometalia<br />
e Thero-Brachypoidea entrambi<br />
prioritarie per la Direttiva 92/43/Cee.<br />
La presenza di queste tipologie di habitat, soprattutto<br />
in prossimità delle colonie di nidificazione,<br />
rappresenta l’elemento chiave per la conservazione<br />
della specie.<br />
bIrDLIFe INTerNaTIONaL. 2004. Birds in Europe: population, estimates, trends and conservations status. Cambridge,<br />
UK; birdLife International. (birLife Conservation series N. 12).<br />
bUX m. PavONe a., 2005. Status del Grillaio Falco naumanni nelle gravine di Puglia e Basilicata. avocetta 29: 107.<br />
bUX m., PaNTONe N., massa b., maLaCarNe G., rIzzI v., PaLUmbO G.,1997. Primi dati sull’alimentazione della popolazione<br />
di Grillaio Falco naumanni dell’italia peninsulare (Puglia e Basilicata). avocetta 21: 112.<br />
bUX m., PerNIOLa m., sCILLITaNI G. 2005. Biologia riproduttiva del Grillaio Falco naumanni in Italia meridionale. avocetta<br />
29: 176.<br />
CaLDareLLa m., marrese m., veNTUra T., De LULLO L., rIzzI v., 2007. Nuovi dati sullo status del grillaio Falco naumanni<br />
nella provincia di Foggia. XIv Conv. Ital. Ornitologia. abstract.<br />
mesChINI e., FrUGIs s.,(eDs), 1993. atlante degli uccelli nidificanti in Italia. suppl. ric. biol. selvaggina, XX: 1-344.<br />
PaLUmbO G., 1997. Il Grillaio. altrimedia edizioni, matera.<br />
PaLUmbO G., 2002. Grillaio Falco naumanni. Pp: 54-55. In spagnesi e serra (eds.). Iconografia degli Uccelli d’Italia. volume<br />
II, Falconiformes, Galliformes. INFs e min. ambiente e della tutela del territorio – servizio Conservazione<br />
Natura.<br />
PaLUmbO G., rIzzI v., G. maLaCarNe. 1997. Contributo alla conoscenza di biologia riproduttiva, distribuzione e consistenza<br />
della popolazione di Grillaio (Falco naumanni) dell’Italia peninsulare. avocetta 21: 206-212.<br />
PaNTONe N., bUX m.,sCILLITaNI G.,1999. Dieta del Grillaio Falco naumanni nell’Italia peninsulare. avocetta 23: 171.<br />
POmarOL, m., 1993. Lesser kestrel (Falco naumanni) recovery project in Catalonia. pp. 24-28. In m.K. Nicholls and r.<br />
Clarke [eds.] . biology and conservation of small falcons: Proceedings of the 1991 hawk and Owl Trust Conference.<br />
The hawk and Owl Trust, London, england.<br />
sIGIsmONDI a., CassIzzI G., CILLO N., LaTerza m., LOsaCCO a., mUsCIaNese e. 2003. Status e problemi di conservazione<br />
della popolazione di Grillaio Falco naumanni nelle Murge. avocetta 27: 44.<br />
sIGIsmONDI, a., G. CassIzzI, N. CILLO, m. LaTerza, v. rIzzI, v. TaLamO. 1995. Distribuzione e consistenza delle popolazioni<br />
di Accipritiformi e Falconiformi nidificanti nelle regioni Puglia e Basilicata. suppl. ric. biol. selvaggina,<br />
22: 707-710.<br />
sIGIsmONDI, a., G. CassIzzI, N. CILLO, m. LaTerza, v. rIzzI, v. TaLamO. 1995. Distribuzione e consistenza delle popolazioni<br />
di Accipritiformi e Falconiformi nidificanti nelle regioni Puglia e Basilicata. suppl. ric. biol. selvaggina,<br />
22: 707-710.<br />
40 41
M a u r i z i o M a r r e s e<br />
Introduzione<br />
Inquadramento della specie a livello nazionale e<br />
regionale.<br />
Il Nibbio bruno (Milvus migrans) è considerato<br />
sPeC 3 (birdLife International 2004), con uno stato<br />
di conservazione vulnerabile. È una specie migratrice<br />
regolare, svernante regolare e raramente estivante.<br />
La specie sverna in africa al sud del sahara,<br />
marginalmente in spagna, Francia e sicilia.<br />
I movimenti migratori avvengono principalmente<br />
tra settembre-ottobre e marzo-maggio. Il trend<br />
della popolazione risulta essere stabile o in espansione,<br />
anche se esistono casi localizzati di un notevole<br />
decremento o addirittura estinzione. In<br />
Italia è migratrice e nidificante (stimate 700-1200<br />
coppie, birdLife International 2004) con una distribuzione<br />
nazionale frammentata in tre nuclei<br />
principali (settore alpino, settore centrale e meridionale)<br />
(brichetti e Fracasso, 2003).<br />
In passato in Puglia la specie veniva riportata come<br />
nidificante da numerosi autori (Di Carlo, 1964;<br />
1965; Chiavetta, 1981; brichetti, 1991; Petretti,<br />
1992), nel corso degli ultimi 15-20 anni il suo areale<br />
di nidificazione è notevolmente diminuito. Le<br />
informazioni relative a distribuzione e consistenza<br />
delle popolazioni di Nibbio bruno sono generiche<br />
e limitate a studi nazionali e/o a regioni limitrofe<br />
(sigismondi et al., 2002 e 2006). La presenza della<br />
specie risulta molto limitata e relativa ai monti<br />
Dauni (FG), alla pedemurgiana in provincia di<br />
bari ed al territorio delle Gravine (Ta), risultando<br />
presenti complessivamente 4-8 coppie di Nibbio<br />
bruno, mentre non sono state censite coppie ni-<br />
dificanti sul Gargano (sigismondi et al., 2002), con<br />
un evidente trend negativo almeno per l’area dei<br />
monti Dauni. alcuni individui vengono osservati<br />
in maniera sporadica presso alcune discariche del<br />
Gargano e durante le migrazioni. La specie risulta<br />
un migratore regolare ed osservato frequentemente<br />
durante recenti studi sulla migrazione dei<br />
rapaci sul Gargano e sulle isole Tremiti (marrese et<br />
al., 2007).<br />
Area di studio<br />
L’area di studio comprende tutta l’area interessata<br />
dal progetto nella zPs - sIC “area delle gravine”<br />
(IT9130007). Tale area è considerata attualmente<br />
come il limite orientale per la nidificazione e la<br />
presenza del Nibbio bruno in Italia.<br />
Materiali e Metodi di rilevamento<br />
sono stati effettuati percorsi lineari (transetti) lungo<br />
tragitti prestabiliti, percorrendoli a intervalli di<br />
tempo settimanali a partire dal 2004. sono stati<br />
percorsi mensilmente un totale di 168,75 km, ripartiti<br />
uniformemente nel territorio e i campionamenti<br />
sono stati effettuati in assenza di precipitazioni,<br />
vento forte e con visibilità superiore a<br />
1,5 km (Tab. 1).<br />
Le giornate di lavoro (15gg./a) sono state effettuate<br />
in modo tale da garantire due uscite mensili da<br />
Febbraio a settembre (i mesi invernali non sono<br />
stati monitorati per questa specie sia perché raramente<br />
presente in inverno, sia per concentrare lo<br />
sforzo di lavoro sul campo durante le giornate di<br />
monitoraggio nel periodo riproduttivo). I transetti<br />
sono stati scelti in base alla disposizione geografica<br />
di strade e tratturi del territorio e in base alla<br />
diversità degli ambienti attraversati.<br />
Gli avvistamenti effettuati fuori dai transetti e fuori<br />
dai tempi prestabiliti sono stati considerati come<br />
“casuali”. I transetti in auto sono stati percorsi con<br />
velocità media di 50 km/h e sono stati effettuati<br />
dalle ore 9,00 alle ore 17,00 circa (boano e Toffoli,<br />
2002).<br />
I dati rilevati sono stati inseriti in schede che hanno<br />
messo in evidenza le seguenti informazioni:<br />
data, località (toponimo) di avvistamento, orario<br />
di avvistamento, specie avvistata, numero di individui,<br />
tempo atmosferico, tipologia di habitat frequentato,<br />
attività dell’esemplare osservato.<br />
È stato utilizzato l’Indice Chilometrico di abbondanza<br />
(I.K.a.), che rappresenta il rapporto tra il numero<br />
di individui osservati durante le perlustrazioni<br />
standardizzate ed il numero di chilometri<br />
percorsi. L’I.K.a. può essere utilmente impiegato<br />
anche in aree collinari e montane, come nel caso<br />
dell’area di studio.<br />
Per ogni percorso lineare è stato calcolato l’indice<br />
IKa (indice chilometrico di abbondanza = numero<br />
dei individui rilevati per chilometro percorso) per<br />
le specie indagate secondo la seguente formula:<br />
IKAs = Σ IPs / P<br />
IKAs = indice chilometrico di abbondanza della<br />
specie “s” sul percorso “P”<br />
Σ IPs = sommatoria degli indici di presenza della<br />
specie “s” raccolti sul percorso “P”<br />
P = lunghezza in chilometri del percorso considerato<br />
sono stati distinti gli individui avvistati individuando<br />
come “popolazione migratrice e svernante”<br />
quella osservata durante i mesi di ottobre,<br />
novembre, dicembre e gennaio e “popolazione<br />
riproduttiva” quella osservata nei mesi di maggio,<br />
giugno e luglio (evitando il conteggio dei giovani<br />
Tab. 1 I percorsi lineari scelti durante il monitoraggio, l’habitat principale di riferimento<br />
e la descrizione del transetto con la lunghezza in km<br />
42 43
nati nell’anno in corso). In Tab. 1 vengono indicati<br />
i 14 percorsi campione effettuati mensilmente durante<br />
la ricerca.<br />
Nel periodo riproduttivo, per verificare e localizzare<br />
eventuali coppie riproduttive, sono stati effettuati<br />
alcuni appostamenti fissi di circa un’ora<br />
nelle aree ritenute più idonee grazie anche ai precedenti<br />
dati raccolti. sono stati utilizzati un binocolo<br />
8X42 e un cannocchiale zoom 30-60X, carte<br />
topografiche, bussola, termometro, barometro e<br />
altimetro.<br />
Risultati e discussione<br />
Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />
all’interno della ZPS<br />
Il Nibbio bruno è stato osservato nell’area di<br />
studio durante tutto il periodo di monitoraggio<br />
(febbraio-settembre), sino ad un massimo di 7<br />
individui nel periodo della migrazione (febbraiomarzo<br />
e settembre). La popolazione nidificante è<br />
Tab. 2 Riassunto delle stagioni riproduttive<br />
del Nibbio bruno nella ZPS delle Gravine<br />
risultata stabile. sono state infatti accertate 3 coppie<br />
nidificanti (2005-2007), localizzate in due aree<br />
specifiche della zPs (zona meridionale).<br />
Il nido è stato costruito su alberi vetusti in un ambiente<br />
alto e scosceso, spesso inaccessibile e invisibile.<br />
Il diametro del nido è risultato mediamente<br />
di circa 80 - 100 cm, ovattato con erba, fogliame<br />
e pelo. Per motivi conservazionistici non è stato<br />
effettuato il conteggio delle uova. Gli adulti osservati<br />
in caccia sono stati visti portare al nido piccoli<br />
mammiferi o piccoli uccelli.<br />
In Tab. 2, si riassumono i risultati delle coppie seguite<br />
durante il censimento.<br />
In Fig. 1 si evidenzia l’indice chilometrico di abbondanza<br />
dal 2004 al 2007 nel Nibbio bruno. I valori<br />
medi di abbondanza sono risultati mediamente<br />
molto bassi con un minimo di 0,018 individui in<br />
aprile, luglio ed agosto (1 individuo ogni 55,5 km)<br />
ed un massimo di 0,041 individui avvistati per<br />
chilometro (1 individuo ogni 24,1 km).<br />
In Fig. 2 si evidenzia come l’indice di abbondanza<br />
Tab. 3 Percentuale di utilizzo<br />
degli habitat<br />
(IKa) varia a seconda del tipo di habitat considerato.<br />
I transetti denominati con le sigle eF, Gh, Ih,<br />
Nh e TU, risultano avere un valore IKa più elevato<br />
rispetto alla media. Tali percorsi lineari attraversano<br />
tipologie di habitat più favorevoli alla specie,<br />
caratterizzati di una maggiore copertura vegetale<br />
(aree di nidificazione e roost potenziali) e da un<br />
mosaico di ambienti steppici (aree trofiche) quasi<br />
totalmente privi di presenza antropica (Tab. 3).<br />
Conclusioni<br />
Nei quattro anni di monitoraggio, il Nibbio bruno<br />
è risultato con un trend favorevole al contrario di<br />
quanto riscontrato a livello regionale. Infatti, la<br />
specie risulta in declino in Puglia (sigismondi et<br />
al., 2002, 2006), principalmente a causa della persecuzione<br />
umana, della pesante modificazione<br />
dell’habitat, dell’utilizzo di pesticidi e delle moderne<br />
pratiche agricole.<br />
Non solo, quindi la presenza del Nibbio bruno è<br />
stata confermata, ma nel 2007 a circa 400 metri di<br />
distanza hanno nidificato, in tempi diversi, due distinte<br />
coppie di Nibbi bruni (evento mai registrato<br />
negli anni precedenti). La prima nidificazione si<br />
è conclusa con l’involo di due giovani, mentre la<br />
seconda, che ha deposto con un ritardo di 5-6 settimane<br />
rispetto alla prima, potrebbe essersi con-<br />
clusa con l’involo di 1 o 2 giovani (Cillo e Laterza,<br />
com. pers.).<br />
La specie è risultata quindi localmente stabile ed<br />
in incremento, nonostante la chiusura delle discariche<br />
e l’incremento negli ultimi anni di impianti<br />
eolici nelle aree di nidificazione circostanti. L’area<br />
trofica “carnaio” avviato nell’ambito di questo POr<br />
potrebbe aver contribuito in modo considerevole<br />
all’aumento della popolazione nidificante di Nibbio<br />
bruno nell’area della zPs delle Gravine dell’arco<br />
ionico. Non sono stati evidenziati, ma non si<br />
escludono, casi di bracconaggio, bocconi avvelenati<br />
o di impatto con le linee elettriche.<br />
Le misure di conservazione più importanti da<br />
adottare sono sicuramente la rimozione delle<br />
minacce e dei fattori limitanti (distruzione e trasformazione<br />
degli habitat riproduttivo, uccisioni<br />
illegali, contaminazione da pesticidi e metalli pesanti).<br />
alcune misure di compensazione come, ad esempio,<br />
la creazione di una rete di carnai da realizzare<br />
sia in Puglia che basilicata ed una loro implementazione<br />
(in numero e continuità temporale) partendo<br />
da progetti già esistenti (esempio: POr Gravine<br />
arco Ionico, POr Gravina di Puglia, LIFe Fortore<br />
2005, LIFe rapaci del Gargano e LIFe rapaci<br />
Lucani), potrebbero essere un ulteriore strumento<br />
di conservazione per incrementare la presenza<br />
della specie nell’area di studio.<br />
44 45
IbLIOGraFIa<br />
bIrDLIFe INTerNaTIONaL, 2004. Birds in Europe: population estimates, trends and conservation status. Cambridge,<br />
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nella regione Basilicata, status e problemi di conservazione. 1° Convegno Italiano rapaci diurni e notturni.<br />
avocetta 27 :5.<br />
sIGIsmONDI a., bUX m., CaLDareLLa m., CILLO N., CrIPezzI e., LaTerza m., marrese m., rIzzI v., 2006. Status<br />
del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Puglia. atti Convegno aLTUra “status e conservazione del Nibbio reale<br />
(Milvus milvus) e del Nibbio bruno (Milvus migrans) in Italia e in europa meridionale”, serra s. Quirico.<br />
m. meNDI<br />
M a u r i z i o M a r r e s e<br />
Introduzione<br />
Inquadramento della specie a livello regionale e<br />
46 47<br />
nazionale<br />
Il Nibbio reale è considerato una sPeC 2 (birdLife<br />
International, 2004), con uno stato di conservazione<br />
in declino. È stato recentemente inserito nel<br />
2006 nella categoria “near threatened” della red<br />
List IUCN. È una specie migratrice regolare, svernante<br />
regolare e raramente estivante a distribuzione<br />
europea. I movimenti migratori si verificano<br />
principalmente tra settembre-ottobre e marzomaggio.<br />
Il trend della popolazione negli ultimi decenni<br />
risulta essere in fase di contrazione, specialmente<br />
a causa del decremento numerico nell’europa<br />
meridionale ed orientale. In Italia il Nibbio<br />
reale è specie migratrice, sedentaria e nidificante<br />
(stimate 300-400 coppie, birdLife International<br />
2004) nelle regioni centro-meridionali e insulari.<br />
La sua distribuzione non è uniforme, infatti nidifica<br />
esclusivamente in Italia centro-meridionale,<br />
sicilia e sardegna (brichetti e Fracasso, 2003).<br />
Le informazioni relative a distribuzione e consistenza<br />
delle popolazioni di Nibbio reale (Milvus<br />
milvus) sono generiche (sigismondi et alii, 2002 e<br />
2006). I dati storici relativi alla presenza della specie<br />
in Puglia non sono esaustivi. La popolazione di<br />
Nibbio reale non è mai stata molto abbondante in<br />
Puglia. autori del passato lo riportano come “raro<br />
nelle Puglie” (arrigoni degli Oddi, 1929) se non<br />
“accidentale” (De romita, 1884 e 1900). Nell’area<br />
del Gargano la specie veniva riportata come nidi-<br />
ficante da numerosi autori (Di Carlo, 1964; 1965;<br />
Chiavetta, 1981).<br />
attualmente a livello regionale la specie ha una<br />
diffusione limitata e relativa ai monti Dauni, alle<br />
murge di bari ed al territorio delle Gravine di Taranto,<br />
evidenziando un trend negativo almeno<br />
per l’area dei monti Dauni. secondo sigismondi et<br />
alii (2002 e 2006), il Nibbio reale appare prossimo<br />
all’estinzione in Puglia.<br />
Area di studio<br />
L’area di studio comprende tutta l’area interessata<br />
dal progetto nella zPs - sIC “area delle gravine”<br />
(IT9130007). Tale area è considerata attualmente<br />
come il limite orientale per la nidificazione e presenza<br />
del Nibbio reale in Italia. In Fig 1, si evidenzia<br />
l’areale potenziale di svernamento della specie<br />
in Puglia e basilicata e nell’area di studio.<br />
Fig.1 Areale potenziale di svernamento di<br />
Nibbio reale nel Sud Italia (A) ed in prossimità<br />
della ZPS (B) oggetto di studio (rielaborato<br />
su base dati “GIS natura”)
Materiali e Metodi di rilevamento<br />
sono stati effettuati percorsi lineari (transetti) lungo<br />
tragitti prestabiliti, percorrendoli a intervalli di<br />
tempo settimanali a partire dal 2004 (Tab. 1). sono<br />
stati percorsi mensilmente un totale di 168,75 km,<br />
ripartiti uniformemente nel territorio, e i campionamenti<br />
sono stati effettuati in assenza di precipitazioni,<br />
vento forte e con visibilità superiore a 1,5<br />
km (Tab. 1 a pag. 43).<br />
Le giornate di lavoro (15gg./a) sono state effettuate<br />
in modo tale da garantire due uscite mensili da<br />
Febbraio a settembre (i mesi invernali non sono<br />
stati monitorati per concentrare le giornate di monitoraggio<br />
nel periodo riproduttivo). Tali transetti<br />
sono stati scelti in base alla disposizione geografica<br />
di strade e tratturi del territorio e in base alla<br />
diversità di ambienti attraversati.<br />
Gli avvistamenti effettuati fuori dai transetti e fuori<br />
dai tempi prestabiliti sono stati considerati come<br />
“casuali”. I transetti in auto sono stati percorsi con<br />
velocità media di 50 km/h e sono stati effettuati<br />
dalle ore 9,00 alle ore 17,00 circa (boano e Toffoli,<br />
2002).<br />
I dati rilevati sono stati inseriti in schede che hanno<br />
messo in evidenza le seguenti informazioni:<br />
data, località (toponimo) di avvistamento, orario<br />
di avvistamento, specie avvistata, numero di individui,<br />
tempo atmosferico, tipologia di habitat frequentato,<br />
attività dell’esemplare osservato.<br />
m. meNDI<br />
È stato utilizzato l’Indice Chilometrico di abbondanza<br />
(I.K.a.), che rappresenta il rapporto tra il numero<br />
individui osservati durante le perlustrazioni<br />
standardizzate ed il numero di chilometri percorsi.<br />
L’I.K.a. può essere utilmente impiegato anche in<br />
aree collinari e montane, come nel caso dell’area<br />
di studio.<br />
Per ogni percorso lineare è stato calcolato l’indice<br />
IKa (indice chilometrico di abbondanza = numero<br />
dei individui rilevati per chilometro percorso) per<br />
le specie indagate secondo la seguente formula:<br />
IKAs = Σ IPs / P<br />
IKAs = indice chilometrico di abbondanza della<br />
specie “s” sul percorso “P”<br />
Σ IPs = sommatoria degli indici di presenza della<br />
specie “s” raccolti sul percorso “P”<br />
P = lunghezza in chilometri del percorso considerato<br />
sono stati distinti gli individui avvistati individuando<br />
come popolazione “migratrice” quella<br />
osservata durante i mesi di febbraio-aprile e agosto-settembre“<br />
e popolazione “riproduttiva” quella<br />
osservata nei mesi di maggio, giugno e luglio<br />
(evitando il conteggio dei giovani nati nell’anno<br />
in corso).<br />
Risultati e discussione<br />
Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />
all’interno della ZPS.<br />
La presenza del Nibbio reale è risultata abbastanza<br />
discontinua nell’area di studio. La specie è stata<br />
riscontrata maggiormente nei mesi di febbraio,<br />
marzo e settembre sino ad un massimo di 9 individui.<br />
Nel 2005 e 2006 la specie è risultata assente<br />
come nidificante, mentre nel 2007 sono state accertate<br />
2 coppie riproduttive (Laterza m. e Cillo N.,<br />
vedere il box a pag. 50).<br />
In Fig. 2 si evidenzia l’indice chilometrico di abbondanza<br />
dal 2004 al 2007 nel Nibbio reale. La<br />
specie risulta assente nel mese di luglio, mentre<br />
i valori massimi di presenza si raggiungono in autunno-inverno<br />
con 0,053 individui per chilometro<br />
(1 individuo ogni 18,8 km).<br />
Osservando la Fig. 3, si evidenzia come l’indice<br />
di abbondanza (IKa) varia a seconda del tipo di<br />
habitat considerato. I transetti denominati con le<br />
sigle eF, Gh, Ih, Nh e TU, risultano avere un valore<br />
IKa più elevato rispetto alla media. Tali percorsi<br />
lineari attraversano tipologie di habitat più favorevoli<br />
alla specie, caratterizzati da una maggiore<br />
copertura vegetale (aree di nidificazione e roost<br />
potenziali) e da un mosaico di ambienti steppici<br />
(aree trofiche) quasi totalmente privi di presenza<br />
antropica (Tab. 2).<br />
Tab. 2 Percentuale di utilizzo degli habitat<br />
48 49
Nidificazioni di Nibbio reale nel 2007<br />
Marisa Laterza e Nicola Cillo<br />
Nel corso del 2007, la presenza della specie è stata rilevata oltre il periodo di svernamento in due gravine caratterizzate da<br />
versanti molto boscosi e, in seguito, sono state osservate le nidificazioni nei due siti distanti tra loro circa 8 km.<br />
SITO 1<br />
La presenza della coppia è stata rilevata durante la seconda metà di marzo e la nidificazione è stata avviata e conclusa con<br />
l’involo di due giovani a metà giugno.<br />
Durante il mese di aprile è stato individuato il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) sul quale la coppia ha costruito il nido<br />
(versante ovest). L’osservazione dell’attività riproduttiva è avvenuta da un punto panoramico sufficientemente lontano<br />
del versante opposto (250-300 m di distanza) dal quale il nido, posto nella parte più alta dell’albero, era occultato dalla<br />
fitta chioma. Nel periodo della cova, il maschio si è lasciato più volte osservare nel trasporto di prede al nido oppure su<br />
posatoi vicini (altri pini o sporgenze rocciose sul bordo della gravina), mentre la femmina si è allontanata dal nido soltanto<br />
per pochi minuti. Nel corso della prima settimana di maggio si è verificata la schiusa delle uova. Da quel momento in poi,<br />
numerosi sono stati gli avvistamenti degli adulti (inizialmente soltanto il maschio) durante il trasporto di prede al nido,<br />
generalmente brandelli di carogne non identificabili. Durante una delle visite, uno dei due adulti si è lasciato osservare<br />
in un lungo bagno di sole sulle rocce del margine della gravina. Una brevissima visita dal versante ovest ha permesso di<br />
osservare due giovani nel nido. Le osservazioni seguenti dal versante est hanno confermato il numero dei giovani, che si<br />
sono involati intorno alla metà di giugno.<br />
I Nibbi reali, per tutto il periodo riproduttivo, sono stati abbastanza vociferi. La zona della gravina scelta per la nidificazione<br />
è risultata particolarmente “affollata”: nel raggio di 200-300 m hanno nidificato anche una coppia di Nibbio bruno (Milvus<br />
migrans) ed una di Poiana (Buteo buteo). Presenti anche il Lanario (Falco biarmicus), lo Sparviere (Accipiter nisus), il Gheppio<br />
(Falco tinnunculus) e molti Grillai (Falco naumanni). Con tutte le specie i Nibbi reali hanno mostrato un comportamento<br />
tollerante, se si esclude qualche interazione durante il trasporto di prede al nido, con Nibbio bruno e Poiana.<br />
SITO 2<br />
Si tratta di una gravina provvista di un esteso bosco maturo, con grandi alberi e ampie zone irraggiungibili, habitat riproduttivo<br />
ideale per i Nibbi. Nel corso dei precedenti tre anni, si erano verificate soltanto sporadiche osservazioni di individui<br />
isolati durante i mesi primaverili ed estivi, molto probabilmente individui estivanti, mentre, durante la primavera 2007, tra<br />
aprile e giugno, è stato possibile seguire la nidificazione di una coppia.<br />
La presenza della coppia nidificante è stata accertata durante la seconda metà di aprile. L’osservazione di un individuo in<br />
volteggio o diretto verso una precisa zona della gravina è stata interpretata come un chiaro segno di nidificazione in corso.<br />
L’individuazione del nido è avvenuta a metà giugno, quando i giovani erano ormai prossimi all’involo, dopo ripetute visite<br />
durante le quali i due adulti erano stati spesso osservati in volo o sostare a turno su un vicino albero secco, usato come posatoio.<br />
Il nido era su Pino d’Aleppo, in un tratto molto boscoso del versante ovest. Anche in questa gravina la nidificazione si<br />
è conclusa con l’involo di due giovani. I Nibbi reali sono stati molto tolleranti con le altre specie di rapaci. Nella stessa zona,<br />
nel raggio di circa 250 m, hanno nidificato ben due coppie di Nibbi bruni e, non lontano, anche una coppia di Bianconi.<br />
L’involo di quattro giovani Nibbi reali nell’anno 2007, due nel sito 1 e due nel sito 2, è certamente un evento di grande importanza<br />
per la ZPS “Area delle Gravine”. Infatti, questa specie, che nidifica regolarmente nella confinante Basilicata in siti<br />
poco distanti dall’area di studio, quasi certamente non era più nidificante da circa 15 anni nelle Gravine ioniche pugliesi.<br />
Gli avvistamenti di individui svernanti sono diventati sempre più frequenti nel corso degli ultimi anni, soprattutto presso<br />
il carnaio avviato nell’ambito di questo POR, che quindi potrebbe aver contribuito in modo decisivo al ritorno nel 2007 del<br />
Nibbio reale come nidificante nella ZPS.<br />
Conclusioni<br />
L’involo di quattro giovani Nibbi reali nel 2007, è<br />
certamente un evento di grande importanza per la<br />
ZPS “Area delle Gravine”. Infatti, questa specie, che<br />
nidifica regolarmente nella confinante Basilicata<br />
in siti poco distanti dall’area di studio, quasi certamente<br />
non era più nidificante da circa 15 anni nelle<br />
Gravine ioniche pugliesi.<br />
Gli avvistamenti di individui svernanti sono diventati<br />
sempre più frequenti nel corso degli ultimi<br />
anni, soprattutto presso il carnaio avviato nell’ambito<br />
di questo POR, che potrebbe aver contribuito<br />
in modo decisivo al ritorno nel 2007 del Nibbio reale<br />
come nidificante nella ZPS.<br />
Nei quattro anni di monitoraggio, quindi, la specie<br />
ha evidenziato un trend favorevole al contrario di<br />
quanto riscontrato a livello regionale. Infatti, la specie<br />
risulta in declino in Puglia (Sigismondi, op.cit.),<br />
principalmente a causa della persecuzione umana,<br />
della pesante modificazione dell’habitat, dell’utilizzo<br />
di pesticidi e delle moderne pratiche agricole.<br />
Il Nibbio reale, infatti, è risultata una specie in locale<br />
incremento, nonostante la chiusura delle di-<br />
scariche e l’incremento negli ultimi anni di impianti<br />
eolici nelle aree di svernamento e nidificazione<br />
circostanti. Non sono stati evidenziati, ma non si<br />
escludono, casi di bracconaggio, bocconi avvelenati<br />
o di impatto con le linee elettriche.<br />
Le misure di conservazione più importanti da adottare<br />
sono sicuramente la rimozione delle minacce<br />
e dei fattori limitanti (distruzione e trasformazione<br />
habitat di riproduzione ed alimentazione, modificazione<br />
dei sistemi di conduzione agricola e allevamento<br />
del bestiame, chiusura di discariche, avvelenamento<br />
da pesticidi, uccisioni illegali) (Brichetti &<br />
Fracasso 2003).<br />
Alcune misure di compensazione come, ad esempio,<br />
la creazione di una rete di carnai da realizzare<br />
sia in Puglia che Basilicata ed una loro implementazione<br />
(in numero e continuità temporale), partendo<br />
da progetti già esistenti (esempio: POR Gravine<br />
arco Ionico, POR Gravina di Puglia, LIFE Fortore<br />
2005, LIFE Rapaci del Gargano e LIFE Rapaci Lucani),<br />
potrebbe essere un ulteriore strumento di<br />
conservazione per incrementare la presenza della<br />
specie nell’area di studio.<br />
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milvus) e del Nibbio bruno (Milvus migrans) in Italia e in Europa meridionale”, Serra S. Quirico.<br />
50 51
M a r i s a L a t e r z a , N i c o l a C i l l o<br />
Introduzione<br />
Inquadramento della specie a livello regionale e<br />
nazionale<br />
Il Lanario (Falco biarmicus) è un Falconide distribuito<br />
su un areale molto vasto, che comprende<br />
il Continente Africano, la Penisola Arabica, il Mediterraneo<br />
Centro-orientale e la Regione caucasica.<br />
La fascia che include i Paesi del Mediterraneo<br />
Centro-orientale e la Regione caucasica ospita la<br />
sottospecie Falco biarmicus feldeggii.<br />
Il Lanario predilige ambienti aperti e aridi, come<br />
steppe, praterie o aree ricoperte da rada vegetazione,<br />
che costituiscono il suo habitat trofico, e<br />
nidifica su pareti, anche non molto alte, purché<br />
siano al riparo dal disturbo antropico.<br />
La sua dieta è costituita in prevalenza da uccelli<br />
di dimensioni medie e piccole e, in misura minore,<br />
da altri vertebrati e da grossi insetti. durante<br />
l’attività di caccia, il Lanario esplora il territorio<br />
volteggiando ad altezze elevate oppure posato<br />
su una roccia dominante. Individuata la preda, si<br />
lancia in spettacolari picchiate o, più raramente, la<br />
sorprende compiendo voli radenti. La cattura può<br />
avvenire anche al suolo e spesso è il risultato della<br />
cooperazione tra maschio e femmina.<br />
Il Lanario è una specie sedentaria e monogama.<br />
Le coppie tendono ad occupare sempre lo stesso<br />
sito che visitano anche in periodi dell’anno diversi<br />
da quello riproduttivo. In Italia i siti presentano<br />
un’altitudine s.l.m. compresa tra 50 e 1150 m, più<br />
spesso tra 400 e 500 m (Leonardi et al., 1992).<br />
Già a dicembre iniziano i voli territoriali, mentre le<br />
spettacolari parate nuziali si svolgono soprattutto<br />
tra gennaio e febbraio. L’accoppiamento avviene<br />
spesso su sporgenze rocciose nei pressi della cavità<br />
scelta per nidificare e la deposizione (in media<br />
3-4 uova) si verifica più frequentemente, in Italia<br />
meridionale, tra la fine di febbraio e la prima settimana<br />
di marzo. L’incubazione dura circa 28-38<br />
giorni e l’allevamento richiede circa 35-38 giorni.<br />
In Italia meridionale, i giovani si involano di solito<br />
intorno alla metà di maggio.<br />
Nel recente Piano d’Azione per il Lanario (Andreotti<br />
e Leonardi, 2007), la consistenza complessiva<br />
delle popolazioni di Falco biarmicus feldeggii in<br />
tutto il Paleartico Occidentale è stimata tra 261 e<br />
472 coppie, di cui 140-172 nidificanti nella nostra<br />
penisola. Poiché l’Italia ospita tra il 15 e il 50% della<br />
popolazione mondiale di Falco biarmicus feldeggii,<br />
questa sottospecie risulta ad elevata priorità di<br />
conservazione nel nostro Paese.<br />
tucker e Heath (1994), hanno classificato il Lanario<br />
come SPEC 3 (non concentrato in Europa, ma<br />
con stato di conservazione sfavorevole). BirdLife<br />
International (2004) lo ha confermato SPEC 3, valutandolo<br />
come “vulnerabile”, sia per le ridotte dimensioni<br />
delle popolazioni europee, sia per il moderato<br />
declino subito negli ultimi decenni. Nella<br />
Lista Rossa Italiana (Calvario et al., 1999), la specie<br />
è classificata come “specie in pericolo”.<br />
Nell’Italia peninsulare la popolazione di Lanario<br />
risulta frammentata in piccoli gruppi all’interno<br />
di un areale piuttosto discontinuo che si estende<br />
dall’Appennino emiliano fino alla Calabria (fig.1).<br />
La Sicilia ospita il maggior numero di coppie (70-<br />
80) rispetto al totale nazionale, concentrate soprattutto<br />
nelle zone centro-meridionali dell’isola<br />
(Andreotti e Leonardi, 2007).<br />
In Puglia è stata accertata la presenza di 11-16<br />
coppie nidificanti, con tendenza alla stabilità, distribuite<br />
in tre nuclei: in provincia di Foggia (5-7<br />
coppie, di cui almeno 4 nel promontorio del Gargano),<br />
nelle Murge baresi (4-6 coppie) e nelle Gravine<br />
ioniche (3 coppie) (Sigismondi et al., 2004).<br />
Area di studio<br />
L’area di studio presenta caratteristiche ambientali<br />
molto favorevoli alla presenza del Lanario. Esiste<br />
un’elevata disponibilità di pareti idonee per la<br />
nidificazione. Si tratta in alcuni casi di complessi<br />
sistemi di pareti, a tratti davvero imponenti (fino<br />
a 200 m di altezza), mentre le gravine di minori dimensioni,<br />
più boscose o con versanti meno ripidi,<br />
sono dotate di piccole pareti, spesso poco accessibili<br />
e soprattutto poco disturbate.<br />
Le aree trofiche risultano abbastanza estese. Le<br />
zone naturali aperte (praterie, steppe e garighe)<br />
costituiscono quasi il 20% della superficie complessiva<br />
della ZPS, mentre le aree aperte coltivate<br />
a seminativi ricoprono circa il 40% del territorio.<br />
Materiali e Metodi di rilevamento<br />
È stato adottato il seguente metodo di rilevamento<br />
per il monitoraggio delle coppie di Lanario all’interno<br />
della ZPS.<br />
durante il primo anno (2004), è stata accertata<br />
la presenza della coppia presso l’unico sito noto<br />
(sito 1) nei primi giorni di gennaio, mentre nelle<br />
settimane successive, nel periodo quindi in cui si<br />
concentrano i voli territoriali e le parate nuziali, è<br />
stata condotta una ricerca di presenza della specie<br />
su tutte le pareti idonee alla nidificazione all’interno<br />
dell’intera ZPS.<br />
Con il supporto della cartografia e delle precedenti<br />
conoscenze, è stato possibile, già nel corso del<br />
primo anno, individuare tutti i probabili siti, sia<br />
lungo i versanti delle gravine, sia su pareti isolate.<br />
tratto da:<br />
Piano d’Azione nazionale<br />
per il Lanario<br />
(Falco biarmicus feldeggii).<br />
ANdREOttI A., LEONARdI G., 2007.<br />
Fig. 1 Distribuzione del Lanario in Italia<br />
Sono state esplorate tutte le gravine, percorrendone<br />
il bordo, per individuare lungo i due versanti<br />
i punti più panoramici da cui fossero ben visibili le<br />
pareti. L’osservazione di coppie territoriali o anche<br />
di cavità con chiari segni di presenza della specie<br />
(colate di guano, resti di precedenti nidificazioni<br />
all’interno), ha permesso di selezionare, tra tutte<br />
le pareti delle varie gravine, quelle dove compiere<br />
le successive osservazioni.<br />
Negli anni successivi, in gennaio sono state effettuate<br />
le visite per confermare la presenza delle<br />
coppie note, mentre nelle settimane seguenti<br />
sono state controllate le altre pareti idonee.<br />
Una volta individuati i siti occupati, sono state attuate<br />
tutte le misure per evitare di disturbare le<br />
coppie nidificanti, scegliendo punti di osservazione<br />
situati lungo il versante opposto della gravina<br />
e sufficientemente lontani dai probabili nidi.<br />
tra la fine di febbraio e la prima decade di marzo<br />
è stato verificato l’inizio della nidificazione, mediante<br />
l’osservazione della femmina in cova o delle<br />
prime uova deposte. Nelle settimane seguenti,<br />
fino alla schiusa, le visite sono state ridotte sia nel<br />
numero, sia nella durata, mentre durante la prima<br />
metà di aprile, sono state effettuate le visite per<br />
constatare l’avvenuta schiusa e determinare il nu-<br />
52 53
mero dei pulli.<br />
Nel periodo seguente (aprile – prima decade di<br />
maggio) sono state raccolte informazioni sull’andamento<br />
dell’allevamento, soltanto presso i nidi<br />
visibili con il cannocchiale da notevole distanza.<br />
dopo l’involo (metà di maggio) e fino alla metàfine<br />
di giugno, sono state raccolte informazioni<br />
sull’attività dei giovani nei pressi del nido. Nello<br />
stesso periodo sono state ripetute le visite presso<br />
altre pareti per avere conferma dell’assenza di<br />
coppie nidificanti.<br />
Le osservazioni sono state condotte con un binocolo<br />
10x40 ed un cannocchiale 20-60x77.<br />
Mediante la tecnica del digiscoping, è stato possibile<br />
fotografare da notevole distanza sia gli adulti,<br />
sia i giovani. L’attento esame e il confronto delle<br />
immagini hanno permesso di riconoscere e distinguere<br />
gli individui fermi su posatoi o in cova,<br />
grazie all’osservazione di particolari diversi nella<br />
colorazione del piumaggio dei vari soggetti.<br />
Risultati e discussione<br />
Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />
all’interno della ZPS<br />
Nella ZPS “Area delle Gravine”, nel corso di quattro<br />
anni, sono state osservate dieci nidificazioni in tre<br />
Tab.1 Osservazioni sulle coppie di Lanario<br />
nidificanti nella ZPS ”Area delle Gravine”<br />
dal 2004 al 2007<br />
siti differenti, distanti tra loro 14 km e 8,6 km.<br />
In tab. 1 si evidenziano i risultati del monitoraggio<br />
delle coppie di Lanario nella ZPS “Area delle Gravine”<br />
dal 2004 al 2007.<br />
La ricerca di altri siti, ripetuta ogni anno nelle altre<br />
gravine, non ha prodotto nuovi risultati. Sporadici<br />
avvistamenti di altri individui, soprattutto immaturi,<br />
si sono verificati in zone lontane dai siti di nidificazione.<br />
La dimensione media della covata (= numero<br />
medio di giovani involati / numero di coppie che<br />
hanno portato a termine con successo la nidificazione)<br />
è stata 2,7.<br />
Il successo riproduttivo (= numero medio di giovani<br />
involati / numero di coppie che hanno deposto<br />
e/o allevato giovani) è stato 1,4.<br />
La produttività (= numero medio di giovani involati<br />
/ numero di coppie territoriali) è stata 1,3.<br />
tali valori sono stati calcolati considerando l’intero<br />
periodo di quattro anni dedicati a questo monitoraggio.<br />
di seguito si descrivono i risultati del monitoraggio<br />
sul Lanario nei tre siti individuati.<br />
SItO 1<br />
Si tratta di un sito già noto prima di questo monitoraggio.<br />
Nel corso dei quattro anni, la coppia, costituita<br />
con molta probabilità dagli stessi individui, ha<br />
occupato sempre lo stesso nido. Ogni anno è avvenuta<br />
la deposizione: nel 2004 durante la prima<br />
settimana di marzo, mentre nei tre anni successivi<br />
durante l’ultima settimana di febbraio.<br />
Nel 2004 la nidificazione si è interrotta tra la metà<br />
e la fine di aprile, quando nel nido è stato possibile<br />
intravedere resti di gusci di uova.<br />
Nel 2005 tre uova si sono schiuse tra gli ultimi<br />
giorni di marzo e l’inizio di aprile e la nidificazione<br />
ha avuto un esito positivo con l’involo di tre giovani<br />
intorno alla metà di maggio.<br />
Nel 2006 si è schiuso soltanto un uovo e l’unico<br />
giovane si è involato a metà maggio. Non è stato<br />
possibile stabilire se le uova deposte fossero più<br />
di una.<br />
Questo giovane Lanario, da poco involato, ghermisce un Grillaio, predato dagli adulti e lasciato nei pressi del nido.<br />
Nel 2007 il nido è stato abbandonato intorno al 20<br />
aprile, dopo che la femmina aveva proseguito la<br />
cova per altre tre settimane oltre la presunta data<br />
della schiusa. Nello stesso periodo, nei pressi del<br />
nido erano presenti tre Lanari: i due adulti e un<br />
immaturo.<br />
SItO 2<br />
La scoperta di questo sito è avvenuta durante il<br />
primo anno di monitoraggio, ma probabilmente<br />
era occupato anche in precedenza (non esistono<br />
dati a riguardo). La coppia è apparsa legata alla<br />
stessa parete nel corso dei quattro anni, ma la cavità<br />
scelta per la nidificazione nel 2004 non è stata<br />
la stessa degli anni successivi (2005 e 2007). Gli<br />
individui della coppia erano quasi certamente gli<br />
stessi nel 2004 e nel 2005; la femmina presentava<br />
una colorazione del dorso ancora tendente al<br />
marrone, in modo meno evidente nel 2005, mentre<br />
nel 2007 entrambi gli individui avevano un tipico<br />
piumaggio da adulto.<br />
Nel 2004 e nel 2005, la femmina ha deposto in<br />
due cavità differenti della stessa parete e la nidificazione<br />
si è conclusa con l’involo di tre giovani<br />
ogni anno.<br />
Nel 2006, dopo l’osservazione dei voli territoriali<br />
nei pressi sempre della stessa parete, la femmina<br />
non è stata più osservata, mentre, durante tutta la<br />
primavera si sono ripetuti fugaci avvistamenti del<br />
maschio e di un individuo immaturo, già presente<br />
durante le parate nuziali della coppia. L’esplorazione<br />
dell’intera gravina e l’assenza di giovani<br />
involati hanno permesso di escludere lo spostamento<br />
del nido su un’altra parete.<br />
Nel 2007 la nidificazione ha avuto lo stesso andamento<br />
del 2005 e non è stato possibile definire<br />
con certezza se la femmina fosse la stessa degli<br />
anni precedenti.<br />
SItO 3<br />
La coppia ha occupato questo sito a partire dal<br />
2006. Nei due anni precedenti, la stessa gravina,<br />
che è caratterizzata da pareti idonee per il Lanario,<br />
era stata ripetutamente visitata, ma nessun individuo<br />
era stato avvistato. Non esistono dati sulla<br />
presenza del Lanario in questo sito prima del monitoraggio.<br />
Nel 2006, la nuova coppia ha occupato il sito mostrandosi<br />
molto territoriale e vocifera. durante la<br />
prima settimana di marzo, la femmina ha deposto<br />
due uova che dopo la cova, a metà aprile, sono<br />
state abbandonate.<br />
Nel 2007 la presenza della coppia è stata confermata,<br />
è avvenuta la deposizione (certamente un<br />
54 55<br />
N. CILLO
uovo) durante la prima settimana di marzo, sempre<br />
nella stessa cavità dell’anno precedente, ma a<br />
metà aprile il nido è risultato vuoto.<br />
Le nidificazioni di Lanario nell’area di studio sono<br />
avvenute sempre su pareti esposte ad ovest, quindi<br />
sul versante est delle gravine, in cavità ubicate<br />
nella metà superiore della parete.<br />
La cova è stata condotta prevalentemente dalla<br />
femmina. Nei siti 1 e 2 è stato osservato in cova anche<br />
il maschio, ma soltanto per periodi molto brevi,<br />
durante gli ultimi giorni prima della schiusa.<br />
Sporgenze rocciose nei pressi del nido sono state<br />
abitualmente utilizzate come posatoi, sia dagli<br />
adulti durante lunghe soste o per spiumare le prede<br />
da portare al nido, sia dai giovani dopo l’involo.<br />
durante tutta la cova e le prime due settimane<br />
dopo la schiusa, è stato soprattutto il maschio<br />
a procurare le prede, mentre la femmina era nel<br />
nido a proteggere o a nutrire i pulli. Nelle ultime<br />
due settimane di permanenza al nido, i due adulti<br />
si sono alternati in una frenetica attività di trasporto<br />
delle prede, anche due nell’arco di un’ora. I<br />
giovani, sebbene autonomi e molto vivaci, erano<br />
sempre controllati da uno dei genitori in sosta su<br />
un posatoio nei pressi del nido.<br />
Gli adulti e i giovani sono rimasti molto legati anche<br />
per varie settimane dopo l’involo, ritrovandosi<br />
spesso nei pressi del nido e mantenendo un<br />
contatto costituito anche da un’ampia gamma di<br />
vocalizzazioni. L’ultimo chiassoso ritrovo tra adulti<br />
e giovani è stato osservato presso un sito di nidificazione<br />
addirittura a metà agosto.<br />
Raramente è stato possibile identificare le prede<br />
cacciate ed ancor meno i resti presenti nel nido.<br />
La Gazza (Pica pica) e il Grillaio (Falco naumanni)<br />
sono le uniche prede identificate con certezza.<br />
Nella primavera del 2005, durante le settimane<br />
successive all’involo, i giovani sono stati più volte<br />
osservati a caccia di cavallette in aree aperte non<br />
lontane dal sito di nidificazione.<br />
Nelle tre gravine in cui il Lanario ha nidificato, è<br />
stato possibile rilevare la costante interazione<br />
con coppie di Corvo imperiale (Corvus corax) ni-<br />
dificanti su pareti poco distanti. Nei tre siti la condivisione<br />
degli spazi ha inevitabilmente generato<br />
conflittualità fra le due specie, quasi sempre causate<br />
dal comportamento provocatorio dei Corvi e<br />
accompagnate da voli minacciosi e grida. La presenza<br />
dei Corvi non sembra però aver influito negativamente<br />
sulle attività riproduttive e sull’esito<br />
delle nidificazioni di Lanario.<br />
Conclusioni<br />
La ricerca condotta sulla specie ha evidenziato la<br />
bassa densità di coppie e l’elevato valore della distanza<br />
media tra i siti riproduttivi (11,3 km), come<br />
pure i valori molto bassi del successo riproduttivo<br />
e della produttività (rispettivamente 1,4 e 1,3).<br />
Considerando la disponibilità di habitat e dei siti<br />
idonei per la nidificazione, si potrebbe ipotizzare<br />
che l’area di studio sia in grado di ospitare un numero<br />
maggiore di coppie nidificanti di Lanario.<br />
Esaminando nel complesso le caratteristiche di<br />
tutta la ZPS, risulta evidente che le tre coppie di<br />
Lanario hanno scelto i migliori siti di nidificazione<br />
disponibili, sia per i requisiti delle pareti, sia<br />
Una coppia sorveglia il proprio territorio.<br />
N. CILLO<br />
per la presenza a breve distanza di adeguate aree<br />
trofiche.<br />
Il disturbo umano diretto nei pressi dei nidi è sembrato<br />
ininfluente nei siti 1 e 2, grazie alla posizione<br />
e all’altezza delle pareti, mentre tale disturbo<br />
potrebbe aver avuto un ruolo importante nel fallimento<br />
delle due nidificazioni nel sito 3.<br />
Nel 2006, condizioni meteorologiche avverse, con<br />
numerose giornate fredde e piovose, hanno caratterizzato<br />
la prima metà di marzo e potrebbero<br />
aver influito negativamente sul numero delle<br />
schiuse.<br />
I bassi valori di produttività e successo riproduttivo<br />
potrebbero quindi essere stati determinati da<br />
particolari condizioni venutesi a creare proprio<br />
nel periodo compreso tra il 2004 e il 2007.<br />
La prosecuzione nel tempo dell’attività di monitoraggio<br />
permetterebbe di chiarire i fattori che<br />
limitano la densità e il successo riproduttivo del<br />
Lanario nelle Gravine ioniche.<br />
Un giovane alle prese con i primi voli.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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birdlife International, Cambridge.<br />
56 57<br />
N. CILLO
M a r i s a L a t e r z a , N i c o l a C i l l o<br />
Introduzione<br />
Inquadramento della specie a livello regionale e<br />
nazionale<br />
Il Biancone (Circaetus gallicus) è un rapace migratore<br />
che nidifica nel Paleartico Occidentale in due<br />
aree, una più occidentale, che comprende anche<br />
l’Italia, ed una più orientale, che si spinge verso<br />
nord-est fino alle pianure russe.<br />
Essendo la sua dieta costituita essenzialmente da<br />
rettili, soprattutto serpenti, predilige gli ambienti<br />
caldi ed aridi, sebbene la parte più settentrionale<br />
del suo areale di nidificazione sia caratterizzata da<br />
pianure umide.<br />
A partire dalla prima metà di marzo, il Biancone<br />
arriva in Europa dai quartieri di svernamento africani<br />
compresi in una fascia tra 20°N e 10°N di latitudine.<br />
Nidifica in aree caratterizzate da un basso grado<br />
di disturbo antropico, dove siano presenti boschi<br />
alternati a zone aperte anche non estese, come<br />
piccole radure, essenziali per la ricerca di prede. La<br />
tecnica di caccia più frequente consiste nell’esplorare<br />
il territorio da un’altezza di 20-50 m, sostando<br />
spesso in “spirito santo”.<br />
Costruisce il nido su alberi emergenti o isolati,<br />
mai dove la vegetazione è troppo densa, preferibilmente<br />
su Pini o altre essenze sempreverdi, e<br />
depone un solo uovo, normalmente tra la metà e<br />
la fine di aprile. L’incubazione e l’allevamento durano<br />
rispettivamente circa 45 e 70 giorni, pertanto<br />
l’involo avviene più frequentemente tra la fine di<br />
luglio e la metà di agosto. Il giovane rimane nei<br />
pressi del nido per alcune settimane.<br />
Nel Paleartico Occidentale sono stimate complessivamente<br />
8400-13000 coppie, mentre nell’Unione<br />
Europea è stimata una popolazione nidificante<br />
di 5400-7500 coppie (BirdLife International 2004).<br />
La specie risulta stabile negli ultimi 30 anni ed è<br />
stata classificata come SPEC 3 (non concentrata in<br />
Europa, ma con stato di conservazione sfavorevole).<br />
In Italia è stimata una popolazione di Biancone di<br />
oltre 500 coppie (Campora e Cattaneo, 2006; Cattaneo<br />
e Petretti, 1992), nidificanti in varie regioni,<br />
in una fascia altitudinale compresa tra 180 e 1700<br />
m, concentrate soprattutto nell’Appennino Ligure<br />
e lungo l’arco alpino (fig. 1). Assente nella Pianura<br />
padana, nel Salento e nella parte più meridionale<br />
della Calabria, il Biancone è distribuito maggiormente<br />
lungo il versante tirrenico, con una densità<br />
di popolazione che si riduce scendendo verso sud.<br />
In Sicilia e in Sardegna viene segnalato soltanto<br />
come svernante.<br />
I Bianconi nidificanti nell’Italia centro-meridionale<br />
seguono una singolare rotta migratoria “ad arco”<br />
(Agostini et al., 2002). In autunno risalgono il versante<br />
tirrenico fino alla Liguria, per poi dirigersi<br />
verso Gibilterra; soltanto un esiguo numero di<br />
individui raggiunge l’Africa attraverso il Canale di<br />
Sicilia. Un analogo percorso in direzione contraria<br />
sarebbe seguito durante la migrazione primaverile<br />
(Baghino e Premuda, 2005).<br />
Per la Puglia, non esistono dati precisi sul numero<br />
delle coppie nidificanti e sono possibili soltanto<br />
stime molto approssimative. La specie è certa-<br />
mente presente nel promontorio del Gargano (3-<br />
4 coppie), nelle Murge (3-5 coppie) e nelle Gravine<br />
ioniche (2-3 coppie). I piccoli nuclei pugliesi sono<br />
le propaggini più orientali della popolazione lucana<br />
di Biancone, costituita da un numero di coppie<br />
nidificanti stimato tra 15 e 30 (Sigismondi, 1998).<br />
Fig. 1 Distribuzione del Biancone in Italia<br />
tratto da:<br />
The Short-toed Eagle,<br />
Circaetus gallicus, in Italy<br />
CAMPORA M., CAttANEO G., 2006.<br />
Area di studio<br />
La ZPS “Area delle Gravine”, è caratterizzata da una<br />
discreta disponibilità di ambienti adatti alla presenza<br />
del Biancone. Circa l’11% del totale della superficie<br />
è rappresentato da boschi a prevalenza di<br />
Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) o a prevalenza di<br />
Leccio (Quercus ilex) che, soprattutto lungo i versanti<br />
di alcune gravine, costituiscono un ottimo<br />
habitat riproduttivo. Ben rappresentate anche le<br />
aree trofiche idonee: più di un quarto della superficie<br />
è costituito, infatti, da zone naturali aperte e<br />
da macchia mediterranea.<br />
Materiali e Metodi di rilevamento<br />
Per censire le coppie di Bianconi nidificanti all’interno<br />
della ZPS è stato innanzitutto necessario in-<br />
dividuare, nell’intero territorio, le aree corrispondenti<br />
all’habitat riproduttivo più idoneo per la<br />
specie.<br />
tale operazione è stata avviata durante il mese di<br />
febbraio 2004, prima dell’arrivo dei Bianconi dai<br />
quartieri di svernamento, ed è proseguita anche<br />
nei mesi seguenti. L’individuazione dei possibili<br />
siti di nidificazione è avvenuta grazie alla visita di<br />
tutte le gravine, percorrendone il bordo e osservando<br />
entrambi i versanti. Sebbene tutte le gravine<br />
presentino tratti più o meno estesi di copertura<br />
arborea, non è stato difficile, già durante il primo<br />
anno di monitoraggio, operare una selezione dei<br />
siti più probabili per la nidificazione anche sulla<br />
base del livello di disturbo antropico.<br />
Negli anni successivi al primo, le visite sono state<br />
quindi concentrate nelle gravine provviste di zone<br />
boscose non disturbate. In particolare, durante il<br />
periodo compreso tra la seconda metà di marzo<br />
e la prima decade di aprile, si è accertata la presenza<br />
delle coppie, osservando le parate nuziali e<br />
il trasporto di rami per la costruzione o il ripristino<br />
del nido.<br />
Individuate le coppie, ogni anno, dopo la deposizione<br />
e l’avvio della cova, si è ritenuto opportuno<br />
ridurre le visite di controllo, per non rischiare di<br />
influire sull’esito della nidificazione.<br />
A partire dall’ultima settimana di maggio sono avvenute<br />
le visite per constatare l’avvenuta schiusa<br />
e per controllare il regolare andamento dell’allevamento,<br />
osservando, laddove possibile, direttamente<br />
il nido con il cannocchiale a notevole<br />
distanza, oppure rilevando il trasporto di prede<br />
al nido. Soltanto nel sito 1 le varie fasi dell’allevamento<br />
sono state seguite da un punto di osservazione<br />
nascosto e piuttosto vicino al nido (circa<br />
230 m), dove è stato opportuno non sostare mai a<br />
lungo per non arrecare disturbo.<br />
tra l’ultima settimana di luglio e la prima decade<br />
di agosto è stato accertato l’involo del giovane. Le<br />
visite si sono protratte fino alla fine di agosto o ai<br />
primi giorni di settembre.<br />
Le osservazioni sono state condotte con un binocolo<br />
10x40 ed un cannocchiale 20-60x77.<br />
58 59
Risultati e discussione<br />
Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />
all’interno della ZPS<br />
Nella ZPS “Area delle Gravine”, nel corso di quattro<br />
anni, sono state osservate sei nidificazioni in tre<br />
siti differenti.<br />
In tab. 1 si evidenziano i risultati del monitoraggio<br />
delle coppie di Bianconi nella ZPS “Area delle Gravine”<br />
dal 2004 al 2007.<br />
I siti 1 e 2, distanti tra loro circa 25 km, sono stati<br />
individuati durante il primo anno di monitoraggio<br />
(2004). Il sito 3, occupato nel 2007, ha molto probabilmente<br />
sostituito il sito 1, da cui dista quasi 6<br />
km.<br />
Ogni anno è stata ripetuta la ricerca di altri siti,<br />
senza ulteriori risultati.<br />
Il successo riproduttivo (= numero medio di giovani<br />
involati / numero di coppie che hanno deposto<br />
e/o allevato giovani), calcolato su tutte le<br />
nidificazioni seguite nel corso dei quattro anni,<br />
considerando soltanto gli involi certi, è stato 0,3.<br />
di seguito si descrivono i risultati del monitoraggio<br />
sul Biancone nei tre siti individuati.<br />
SItO 1<br />
La presenza di una coppia nidificante in questa<br />
gravina era nota da molti anni, ma la nidificazione<br />
non era mai stata seguita.<br />
Tab. 1 Osservazioni sulle coppie di Biancone<br />
nidificanti nella ZPS “Area delle Gravine”<br />
dal 2004 al 2007<br />
Nel 2004, dopo aver constatato l’arrivo della coppia<br />
nella seconda metà marzo, si è ritenuto opportuno<br />
procedere alla ricerca di nuovi siti, pertanto il<br />
nido è stato individuato soltanto nei primi giorni<br />
di giugno, quando il pullo era già nato.<br />
Il nido, costruito su un Leccio posto su una piccola<br />
parete, era molto probabilmente già stato utilizzato<br />
negli anni precedenti. L’involo è avvenuto<br />
durante la prima settimana di agosto e il giovane<br />
è rimasto nella gravina almeno fino alla fine dello<br />
stesso mese.<br />
Nel 2005 la coppia è risultata presente a partire<br />
da metà marzo ed è stato possibile osservarla in<br />
parate nuziali e nel trasporto di rami al nido, posto<br />
sempre su Leccio, pochi metri più in basso rispetto<br />
al vecchio nido quasi distrutto. La deposizione<br />
è avvenuta intorno al 20 aprile e la cova si è svolta<br />
regolarmente, ma, durante la prima settimana di<br />
giugno il nido è risultato vuoto e gli adulti hanno<br />
smesso di frequentare la gravina.<br />
Nel 2006 la coppia è tornata a metà marzo ed ha<br />
deposto a metà aprile, nello stesso nido risistemato<br />
del 2004. La schiusa è avvenuta durante l’ultima<br />
settimana di maggio e il giovane si è involato alla<br />
fine di luglio. dopo un mese il giovane frequentava<br />
ancora i dintorni del nido.<br />
Nel 2007 la coppia di Bianconi è risultata assente<br />
e il nido ricostruito l’anno precedente è stato<br />
occupato da una coppia di Poiana (Buteo buteo).<br />
Nessun adulto di Biancone ha frequentato la gravina,<br />
mentre un individuo immaturo è stato ripetutamente<br />
avvistato in zona.<br />
SItO 2<br />
tale sito, durante le preliminari perlustrazioni dell’area<br />
di studio nel 2004, è risultato come uno dei<br />
siti più adatti per la specie. In effetti, all’inizio di<br />
aprile, una coppia di Bianconi volteggiava ripetutamente<br />
sulla gravina e, durante le successive visite,<br />
un solo adulto si lasciava osservare in furtive<br />
apparizioni.<br />
Individuato il gruppo di Pini d’Aleppo su cui era<br />
stato costruito il nido, le varie fasi della nidificazione<br />
sono state seguite da punti di osservazione<br />
posti sul versante opposto, più a monte o più a<br />
valle, evitando così di sostare proprio di fronte.<br />
La scelta, dettata soprattutto dal comportamento<br />
diffidente del Biancone, ha impedito, a causa della<br />
distanza (300-400 m) e della chioma compatta dei<br />
Pini, di individuare subito la precisa posizione del<br />
nido e controllare le varie fasi dello sviluppo. La<br />
schiusa è avvenuta molto probabilmente durante<br />
la prima settimana di giugno e gli avvistamenti di<br />
un individuo adulto diretto al gruppo di alberi, o in<br />
partenza da essi, sono stati abbastanza frequenti<br />
fino alla prima settimana di luglio. Un albero secco<br />
nei pressi del nido è stato spesso utilizzato come<br />
posatoio.<br />
In seguito, nonostante le numerose ore di osservazione,<br />
gli avvistamenti sono diventati rarissimi,<br />
fino diventare nulli durante il mese di agosto.<br />
L’assenza, ad agosto, di un giovane involato nei<br />
paraggi del nido sarebbe una prova sufficiente<br />
dell’interruzione della nidificazione, ma il reale andamento<br />
nelle ultime settimane e l’esito finale di<br />
questa nidificazione rimangono incerti. Altri due<br />
osservatori (P. e G. Chiatante) avrebbero rilevato la<br />
presenza del giovane nel nido durante due visite<br />
nella seconda metà di luglio.<br />
Nel 2005, a partire dalla metà di marzo e fino ai<br />
primi giorni di maggio, un solo individuo adulto<br />
ha frequentato la gravina, mentre una coppia di<br />
Bianconi ha nidificato non lontano (a circa 6 km),<br />
in un sito esterno alla ZPS “Area delle Gravine” (P. e<br />
G. Chiatante, com. pers.).<br />
Nel 2006 la coppia di Bianconi è risultata assente,<br />
mentre nel 2007 è tornata a nidificare. Il nido, posto<br />
in un gruppo di Pini d’Aleppo, era distante circa<br />
1,5 km dal precedente (2004), e, poiché la sua<br />
precisa localizzazione avrebbe richiesto un eccessivo<br />
avvicinamento, si è deciso di seguire la nidificazione<br />
da un punto distante e panoramico, adatto<br />
per controllare arrivi e partenze dei Bianconi,<br />
senza arrecare alcun disturbo. durante una visita<br />
compiuta a metà giugno, la coppia si è mostrata<br />
in ripetuti volteggi e richiami, mentre nelle settimane<br />
seguenti è tornata ad un comportamento<br />
più elusivo. Furtivi avvistamenti si sono verificati<br />
fino all’inizio di luglio, quando la nidificazione si<br />
è interrotta. durante le numerose visite effettuate<br />
in seguito, fino alla prima settimana di settembre,<br />
nessun Biancone è stato avvistato.<br />
SItO 3<br />
Si tratta di un’altra gravina provvista di versanti<br />
boscosi, ideali per la nidificazione del Biancone, e<br />
con adeguate zone di caccia nei dintorni. tuttavia,<br />
la specie era risultata assente nei primi tre anni di<br />
monitoraggio.<br />
Nel 2007 si è verificato l’insediamento di una coppia,<br />
che ha però avviato con notevole ritardo la<br />
nidificazione. Infatti, durante le visite effettuate<br />
all’inizio della primavera, nessun Biancone è stato<br />
avvistato. A metà giugno, in seguito all’osservazione<br />
di un individuo adulto in un preciso tratto<br />
della gravina durante ripetute discese e partenze,<br />
è iniziata la ricerca del nido. Questo era situato in<br />
un tratto piuttosto inaccessibile della gravina, su<br />
un Pino d’Aleppo ben visibile anche a notevole distanza<br />
dal versante opposto.<br />
A fine giugno l’individuo nel nido sembrava ancora<br />
in cova e, durante le visite effettuate a luglio e<br />
ad agosto, nessun Biancone è stato osservato ed il<br />
nido era vuoto. L’ultima visita è avvenuta ad inizio<br />
settembre.<br />
In base a quando osservato, è apparso plausibile<br />
ipotizzare che l’insediamento nel 2007 della coppia<br />
di Bianconi in questo sito, in ritardo rispetto all’arrivo<br />
dai quartieri di svernamento, sia stato una<br />
conseguenza della sostituzione del sito 1 (a circa<br />
6 km), dove una coppia di Poiane ha nidificato nel<br />
precedente nido di Biancone. Non è stato possibile<br />
verificare quanto l’avvio ritardato della nidificazione<br />
nel sito 3 abbia determinato il fallimento<br />
della nidificazione o se questo è stato causato da<br />
altri fattori.<br />
tutte le nidificazioni descritte, ad eccezione di<br />
quella del 2007 nel sito 2, sono avvenute sul versante<br />
occidentale delle gravine e i nidi sono stati<br />
costruiti su Leccio o Pino d’Aleppo.<br />
Se si esclude il sito 3 nel 2007, i siti sono stati occupati<br />
a partire dalla metà di marzo.<br />
60 61
Un giovane Biancone, nei pressi del nido dopo l’involo.<br />
La distanza e la durata delle osservazioni hanno<br />
impedito di distinguere il sesso degli adulti sulla<br />
base di differenze morfologiche e di piumaggio,<br />
mentre la distinzione è stata dedotta dal compor-<br />
tamento dei due adulti durante la cova e l’alleva-<br />
mento. È, infatti, molto probabile, ma non certo,<br />
che l’individuo in cova o presente nel nido per<br />
accudire il pullo fosse la femmina e l’individuo os-<br />
servato nel trasporto di prede al nido fosse il ma-<br />
schio. L’identificazione del giovane ormai pronto<br />
all’involo o durante le settimane successive è in-<br />
vece stata possibile osservando sia il compor-<br />
tamento, sia alcuni particolari nella colorazione<br />
del piumaggio. Il giovane, meno diffidente degli<br />
adulti, si è lasciato spesso osservare su posatoi nei<br />
pressi del nido o in brevi voli ed era riconoscibile<br />
grazie al colore visibilmente più chiaro e fulvo di<br />
gola e petto.<br />
Nel periodo che precede la deposizione, gli avvi-<br />
stamenti sono stati abbastanza frequenti, mentre<br />
durante tutto il periodo della cova, l’impegno dei<br />
Bianconi nel passare inosservati ha raggiunto i<br />
massimi livelli. Anche dopo la schiusa, questi ra-<br />
paci hanno manifestato estrema prudenza prima<br />
di dirigersi al nido.<br />
Laddove è stato possibile compiere osservazioni<br />
presso i nidi, è stata rilevata l’assidua presenza<br />
della femmina durante le prime quattro-cinque<br />
settimane dopo la schiusa.<br />
Molto raramente sono state osservate interazioni<br />
di Bianconi con altre specie di uccelli nidificanti<br />
nella stessa gravina. La specie non ha mai intera-<br />
gito con Sparviere (Accipiter nisus) o Gheppio (Fal-<br />
co tinnunculus), nidificanti anche a poche decine<br />
di metri, risultando molto tollerante anche nei<br />
confronti di Nibbio reale (Milvus milvus) e Nibbio<br />
bruno (Milvus migrans), nidificanti a meno di 300<br />
m. È stata osservata invece una maggiore intera-<br />
zione con Corvo imperiale (Corvus corax) e Cor-<br />
nacchia grigia (Corvus cornix). Ad esempio, è stata<br />
osservata una coppia di Corvi imperiali nel tenta-<br />
tivo, poi fallito, di sottrarre al Biancone diretto al<br />
nido il serpente trasportato nel becco. In un altro<br />
episodio, sono state invece tre Cornacchie grigie<br />
N. CILLO<br />
ad infastidire con ripetuti attacchi un Biancone<br />
diretto al nido. Non si può escludere che i Corvidi<br />
abbiano contribuito, addirittura con la predazio-<br />
ne dell’uovo, al fallimento di due nidificazioni (sito<br />
1 nel 2005, sito 3 nel 2007).<br />
Conclusioni<br />
Il monitoraggio del Biancone nidificante nell’area<br />
di studio ha prodotto risultati piuttosto sconfor-<br />
tanti, sia per la bassissima densità rilevata, sia per<br />
lo scarso successo riproduttivo.<br />
Considerando l’estensione delle aree trofiche ido-<br />
nee e dell’habitat riproduttivo adatto, sorprende<br />
la presenza di sole due coppie in siti distanti più di<br />
20 km. Non si può però trascurare che la densità<br />
di questa specie risulta minore lungo il versante<br />
orientale della penisola italiana rispetto al versan-<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
te tirrenico (Brichetti & Fracasso, 2003) .<br />
Per quanto riguarda le cause che avrebbero porta-<br />
to allo scarso successo riproduttivo (soltanto due<br />
nidificazioni certamente concluse con successo<br />
sulle sei seguite in quattro anni), non è possibile<br />
fornire ipotesi plausibili. Le aree trofiche non sono<br />
certo povere di prede e i siti di nidificazione moni-<br />
torati presentano un grado di disturbo antropico<br />
molto basso. L’unica fonte di disturbo che merita<br />
di essere citata è stata rilevata presso il sito 2, dove<br />
nel maggio del 2004 due elicotteri della Marina<br />
Militare hanno sorvolato ripetutamente la gravi-<br />
na, sostando sospesi a pochi metri in diversi punti,<br />
anche in corrispondenza del nido di Biancone.<br />
Infine, non si può escludere l’ipotesi che Cornac-<br />
chia grigia o Corvo imperiale abbiano potuto con-<br />
tribuire al fallimento di alcune nidificazioni.<br />
AGOStINI N., BAGHINO L., COLEIRO C., CORBI F., PREMUdA G., 2002. Circuitous autumn migration in the Short-toed<br />
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del VII Convegno Nazionale di Ornitologia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XXII: 707-710.<br />
62 63
M i c h e l e B u x<br />
Introduzione<br />
La gran parte degli studi condotti in Puglia sugli<br />
Strigiformi hanno riguardato l’ecologia trofica<br />
(Sublimi e Quaranta, 1988; Cignini, 1989; Battisti<br />
et al., 1997; Bux et al., 2000; Bux, 2001; Bux e Rizzi;<br />
2005), mentre rari sono state le ricerche inerenti<br />
la distribuzione e l’abbondanza (Bux, 1999; Sigismondi<br />
et al., 2005).<br />
Il censimento dei rapaci notturni nell’area delle<br />
gravine dell’arco ionico rappresenta il primo lavoro<br />
organico su di una comunità di strigiformi<br />
della Puglia. Esso ha lo scopo di definire le specie<br />
presenti, la distribuzione e densità. Le specie indagate<br />
sono state il Barbagianni (Tyto alba), l’Assiolo<br />
(Otus scops), il Gufo comune (Asio otus) e la<br />
Civetta (Athene noctua). Queste rappresentano<br />
tutte quelle note per l’area delle gravine con l’uni-<br />
ca eccezione del Gufo reale (Bubo bubo), a cui è<br />
stata dedicata una ricerca specifica (vedi Scorrano,<br />
questo volume).<br />
Area di studio<br />
Nei tre anni di indagine, l’area di studio ha interessato<br />
l’intero comprensorio delle gravine dell’arco<br />
ionico. Sono stati individuati 3 transetti all’interno<br />
dei siti SIC/ZPS “Area delle Gravine” cod. It9130007<br />
e “Gravine di Matera” cod. It9220135; 2 nel settore<br />
ovest (transetto A lungo 12 km e transetto B lungo<br />
8 km) e 1 nel settore est (transetto C lungo 9<br />
km) (Fig. 1).<br />
Fig. 1 Aree di studio e individuazione dei transetti nel settore occidentale ed orientale delle<br />
gravine dell’arco ionico<br />
Materiali e metodi<br />
La metodologia utilizzata è stata quella del censimento<br />
tramite playback e dell’ascolto sistematico<br />
del richiamo spontaneo emesso dai giovani (valido<br />
soprattutto per il Gufo comune).<br />
Il censimento al playback consiste nello stimolare<br />
una risposta territoriale della specie da censire,<br />
mediante la riproduzione del canto con un registratore,<br />
simulando la presenza di un conspecifico.<br />
Il censimento con il playback presenta i seguenti<br />
vantaggi rispetto ad altre tecniche: 1) impiego di<br />
un numero limitato di rilevatori; 2) possibilità di<br />
censire vaste superfici anche molto eterogenee;<br />
3) applicabilità anche con basse densità; 4) rapidità<br />
e alto rendimento dei censimenti in quanto incrementa<br />
il tasso di canto anche di specie normalmente<br />
elusive o silenziose; 5) possibilità di censire<br />
le covate; 6) possibilità di individuare il sito di riposo<br />
diurno tramite triangolazione; 7) possibilità di<br />
definire, con buona approssimazione, i territori in<br />
quanto gli animali possono essere indotti a seguire<br />
il richiamo entro i propri confini; 8) attenuazione<br />
della variabilità stagionale nell’attività di canto,<br />
per cui è possibile applicare il metodo anche in<br />
periodi in cui la specie è relativamente silenziosa;<br />
9) possibilità di compiere osservazioni dirette sul<br />
comportamento, in quanto alcune specie tendono<br />
ad avvicinarsi alla fonte dello stimolo; 10) possibilità<br />
di censire anche le zone impraticabili.<br />
Per ognuno dei 3 transetti sono stati individuati<br />
una serie di punti di emissione-ascolto distanti<br />
800 metri. Sono stati utilizzati versi e canti territoriali,<br />
per ciascuna delle specie considerate, emessi<br />
partendo dalla specie più piccola secondo l’ordine<br />
seguente: Assiolo, Civetta, Gufo comune e<br />
Barbagianni. I dati sono stati raccolti all’interno di<br />
schede appositamente create seguendo quanto<br />
indicato in takats & Holroyd (1997).<br />
Per ogni stazione di emissione-ascolto il protocollo<br />
di indagine era composto da 5 intervalli;<br />
0 – 2 minuti di ascolto iniziale;<br />
I – 1 minuto di emissione del canto territoriale del-<br />
l’assiolo e 1 minuto di ascolto;<br />
II – 1 minuto di emissione del canto territoriale<br />
della civetta e 1 minuto di ascolto;<br />
III – 1 minuto di emissione del canto territoriale<br />
del gufo comune e 1 minuto di ascolto;<br />
IV – 1 minuto di emissione del canto territoriale<br />
del barbagianni e 1 minuto di ascolto.<br />
L’intera serie ha avuto la durata di 10 minuti, di cui<br />
6 di ascolto e 4 di emissione.<br />
durante la stimolazione acustica l’altoparlante è<br />
stato mantenuto ad un’altezza costante dal suolo<br />
di circa 1,7 metri e rivolto verso tutte le direzioni. Il<br />
volume del playback è stato calibrato in modo da<br />
consentire al rilevatore di sentire la risposta dell’animale<br />
più lontano. L’impianto di emissione era<br />
composto da un lettore Cd portatile con amplificazione<br />
di 15 Watt. Ogni transetto è stato iniziato<br />
mezz’ora dopo il tramonto è ha avuto una durata<br />
variabile tra le 2 e le 4 ore.<br />
Sono stati considerati quali contatti positivi tutti<br />
i canti territoriali delle specie target, sia del maschio<br />
che della femmina, e le osservazioni dirette<br />
di individui in avvicinamento verso il playback.<br />
Non sono stati considerati validi i richiami dei giovani,<br />
che soprattutto per il Gufo comune possono<br />
sentirsi molto facilmente a partire già da aprile.<br />
Risultati e discussione<br />
Censimento delle coppie nidificanti 2004-2007<br />
all’interno della ZPS<br />
In ciascun anno di indagine sono stati effettuati<br />
216 sessioni di emissione ed ascolto nel periodo<br />
compreso tra marzo ed agosto, per un totale di<br />
648 sessioni. Novanta sono state effettuate nel<br />
transetto “A”, 60 in “B” e 66 in “C”. E’ stata registrata,<br />
ogni anno, la presenza di tutte e 4 le specie target<br />
della ricerca: Assiolo, Civetta, Gufo comune e Barbagianni,<br />
mentre non è mai stata ascoltata nessuna<br />
vocalizzazione attribuibile all’Allocco.<br />
In totale si sono avuti 251 contatti (canto o osservazione<br />
diretta), cosi suddivisi nei tre anni: 82 nel<br />
2004, 77 nel 2005 e 92 nel 2006; con una media di<br />
64 65
63,67 per anno. Il numero di contatti positivi non<br />
ha evidenziato variazioni significative tra gli anni<br />
(χ2 = 1,394 df=2 p0,05).<br />
Fig. 3 Andamento annuale del numero<br />
di territori stimati per Civetta, Assiolo e<br />
Gufo comune<br />
Per civetta e assiolo non sono state<br />
rilevate variazioni significative (test<br />
χ2 P>0,05) mentre per il Gufo comune<br />
il numero di territori varia tra gli anni<br />
(test χ 2 P
Il numero di contatti ottenuti è variato nei diversi<br />
mesi, con una netta prevalenza di risposte in aprile<br />
e maggio (Fig. 5).<br />
Civetta e Assiolo hanno presentato il massimo di<br />
contatti nei mesi di aprile e maggio. Il Gufo comune<br />
ha mostrato il massimo di contattabilità a<br />
marzo in relazione alla sua stagione riproduttiva<br />
precoce.<br />
Infine, sulla base dei dati raccolti è possibile stimare<br />
il numero di territori presenti nel sistema delle<br />
Gravine dell’arco ionico, almeno per civetta, assiolo<br />
e Gufo comune. Il Barbagianni necessiterebbe<br />
di indagini ad hoc soprattutto in ragione della<br />
N. CILLO<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
morfologia del territorio ricco di pareti rocciose e<br />
per le abitudini rupicole della specie.<br />
La stima dei territori occupati si basa sui dati riportati<br />
nel grafico in Fig. 3, considerando, secondo<br />
quanto illustrato da takats & Holroyd (1997),<br />
che ciascun transetto ha consentito di indagare<br />
una superficie di 1500 ettari per il transetto A,<br />
1000 per B e 1200 per C..<br />
Sulla base di tali presupposti si stimano, per i 267<br />
kmq delle gravine dell’arco ionico, 61 territori di<br />
Assiolo, 147 di Civetta e 53 di Gufo comune, con<br />
densità pari a, 0.23, 0.55 e 0.20 territori/kmq rispettivamente.<br />
BAttIStI C., CIGNINI B., CONtOLI L., 1997. Geographical peninsular effects on the trophic system “Tyto alba - micromam-<br />
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BUX M., RIZZI V., COCUMAZZI B., PAVONE A., 2000. An analysis of Apulian micromammal population by studying owls’<br />
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BUX M., RIZZI V. 2005. Dieta della civetta, Athene noctua, in una salina dell’Italia meridionale. In: Mastrorilli M., Nappi<br />
A. E BARAttIERI M., 2005. Atti del I Convegno Nazionale sulla Civetta. Gruppo Italiano Civette. Bairano (BG) Pp.<br />
50-52.<br />
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Martina Franca, 4: 63-66.<br />
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conservation of Owl of Northern hemisphere. Second Internaltion Symposium, Pp. 421 – 430.<br />
S e r e n a S c o r r a n o<br />
Introduzione<br />
Il Gufo reale (Bubo bubo) è specie sedentaria e<br />
strettamente territoriale durante tutto il corso dell’anno,<br />
eccetto alcune popolazioni di montagna<br />
che possono compiere migrazioni verticali nel<br />
periodo invernale (Mikkola, 1983; Cramp, 1985).<br />
La specie è considerata SPEC 3, secondo BirdLife<br />
International (2004).<br />
Il Gufo reale è irregolarmente distribuito in tutta<br />
l’Italia ad eccezione della Sicilia, dove si è recentemente<br />
estinto (Sarà et al., 1987) e della Sardegna<br />
dove la specie non è mai stata presente (Fasce,<br />
1993). La specie è ben distribuita in tutte le regioni<br />
dell’arco alpino, dalla Liguria al Friuli Venezia<br />
Giulia. Procedendo lungo la dorsale appenninica<br />
la distribuzione appare puntiforme con un livello<br />
conoscitivo molto più deficitario, eccetto che per<br />
alcune aree.<br />
Nonostante negli ultimi anni vi sia stato un aumento<br />
del numero di ricerche (Marchesi et al., 1997,<br />
1999; Sascor & Maistri, 1997; toffoli & Bionda,<br />
1997; Casanova & Galli, 1998; Bionda, 2003; Forconi,<br />
2002; Rassati, 2002; Scaravelli et al., 2003; Bassi,<br />
2002, 2003; Muscianese, 2006; Scorrano, 2007), lo<br />
stato delle attuali conoscenze della specie risulta<br />
ancora frammentario e carente per molte regioni<br />
italiane. Chiavetta (1988), fornisce stime sulla consistenza<br />
della popolazione alpina in oltre 100 coppie<br />
e in poco più di 50 per quella appenninica.<br />
Il Gufo reale è una specie estremamente eclettica,<br />
adattabile ad una grande varietà di ambienti purché<br />
accomunati da alcune caratteristiche fondamentali,<br />
come la disponibilità di prede (Martinez<br />
& Zuberogoitia, 2001) in territori di caccia situati<br />
nelle immediate vicinanze del sito di nidificazio-<br />
Questo lavoro è stato svolto all’interno del programma di monitoraggio<br />
dei rapaci notturni coordinato da Michele Bux.<br />
ne (Penteriani, 1996). Soddisfatte queste esigenze<br />
fondamentali, il Gufo reale può essere rinvenuto<br />
in quasi tutte le tipologie ambientali aperte o semiaperte,<br />
dalla macchia mediterranea alla tundra,<br />
dal livello del mare ad oltre 2000 metri di quota<br />
(Bayle, 1992; Penteriani, 1996).<br />
Allo stato attuale delle conoscenze, la popolazione<br />
di Gufo reale in Italia è stimata in circa 250-300<br />
coppie (BirdLife International, 2004).<br />
Per la regione Puglia, sono disponibili poche indicazioni,<br />
spesso riferibili ad osservazioni occasionali<br />
riconducibili al promontorio del Gargano (di<br />
Carlo, 1965) dove si segnala una sola osservazione<br />
diretta (Sigismondi, com. pers.), e all’area delle gravine,<br />
zona quest’ultima in cui è stata documentata<br />
con certezza la nidificazione con 2 giovani involati<br />
nel 1984 (Sigismondi, 1987). Attualmente si stima<br />
la presenza di 2-3 coppie relativamente all’area<br />
delle Gravine (Sigismondi et al., 2005).<br />
Area di studio<br />
L’area di studio si estende ai piedi del rilievo murgiano,<br />
nella porzione sud-orientale dell’altopiano<br />
delle Murge, che va dalla provincia di taranto a<br />
quella di Matera comprendendo l’intero arco ionico<br />
delle gravine pugliesi e lucane. L’area in esame<br />
include i comuni di Matera, Laterza, Ginosa,<br />
Castellaneta, Palagianello, Palagiano, Mottola,<br />
Massafra e Statte, per una superficie complessiva<br />
di 1.136 Km2 (113.600 ha). Le gravine del territorio<br />
materano rientrano nella perimetrazione del<br />
“Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese<br />
Rupestri del Materano”, istituito dalla regione Basilicata<br />
nel 1990 (L.R. 11/90) (Fig. 1).<br />
68 69
Fig. 1 Localizzazione area di studio<br />
Materiali e Metodi<br />
A causa delle abitudini notturne e delle basse densità,<br />
il censimento del Gufo reale viene effettuato<br />
applicando metodiche combinate e specifiche.<br />
Per definire la presenza della specie e l’area di distribuzione<br />
sono stati utilizzati sia metodi indiretti<br />
di indagine, attraverso l’analisi di materiale bibliografico<br />
ed interviste, che metodi diretti, effettuando<br />
censimenti e rilievi di campo.<br />
Metodi indiretti<br />
E’ stata consultata la bibliografia allo scopo di raccogliere<br />
informazioni storiche circa le località di<br />
presenza del rapace.<br />
Si è intrapresa la raccolta di informazioni relative<br />
alla presenza o avvistamento del Gufo reale nelle<br />
province di taranto e Matera intervistando ornitologi,<br />
forestali, cacciatori, fotografi, agricoltori e<br />
residenti nei pressi delle gravine. Ogni informazione<br />
è stata attentamente vagliata, sottoponendo<br />
all’attenzione degli intervistati, fotografie raffiguranti<br />
la specie o facendo ascoltare il canto tipico.<br />
Inoltre, sono state visionate le collezioni ornitologiche<br />
conservate presso i principali musei della<br />
regione Puglia e sono stati contattati i referenti di<br />
alcuni centri di recupero della fauna selvatica della<br />
Regione Puglia.<br />
Le indicazioni ottenute dalle indagini bibliografiche,<br />
dalle collezioni ornitologiche museali e dai<br />
Centri di Recupero della Fauna Selvatica regionali,<br />
hanno consentito di ottenere informazioni soprattutto<br />
sulla località di provenienza degli esemplari<br />
di Gufo reale.<br />
I dati ottenuti dai metodi indiretti sopra descritti<br />
sono stati integrati con le indagini di campo al<br />
fine di costruire e determinare l’area di distribuzione<br />
della specie.<br />
Metodi diretti<br />
In letteratura i metodi più utilizzati per il censimento<br />
e il monitoraggio della specie sono la stimolazione<br />
con richiamo registrato (playback) e<br />
l’ascolto sistematico del canto spontaneo (Mikkola,<br />
1983; Cramp, 1985; Pedrini, 1989; Penteriani &<br />
Pinchera, 1989; Zuberogoitia & Campos, 1998).<br />
In caso di forte disturbo acustico provocato dalle<br />
cause più diverse (traffico veicolare, corsi d’acqua,<br />
ecc.), tali metodi risultano poco proficui; pertanto<br />
è necessario ricercare la specie di giorno utilizzando<br />
telescopi a diversi ingrandimenti o frequentare<br />
le pareti adatte alla nidificazione in cerca di borre<br />
e/o tracce di presenza.<br />
Anche il ritrovamento di segni di presenza quali<br />
spiumate, borre ed escrementi ha fornito ulteriori<br />
informazioni utili sulla presenza-assenza della<br />
specie e dei siti utilizzati nell’area di studio.<br />
L’intera area di studio è stata suddivisa in 284 Unità<br />
di Griglia (UdG) (113.600 ha). La localizzazione<br />
circa la presenza/assenza della specie è stata riferita<br />
ad una carta orto-fotostatica dell’area di studio,<br />
suddivisa in UdG di 2 Km di lato, ciascuna di<br />
400 ha. La griglia è stata costruita tramite software<br />
GIS ArcView 3.2 (ESRI) e l’estensione mila grid.<br />
La scelta della scala delle singole UdG è avvenuta<br />
sulla base delle conoscenze bibliografiche. Infatti,<br />
le aree maggiormente frequentate, si trovano in<br />
un raggio di 2-3 Km intorno il sito di nidificazione<br />
(Frey, 1973; Penteriani, 1996).<br />
L’indagine è stata svolta nel periodo ottobre 2002<br />
- maggio 2005 in 75 UdG o stazioni di ascolto<br />
(26,4% del totale) scelte random, per un totale di<br />
30.000 ha.<br />
Per ogni stazione sono stati eseguiti da un minimo<br />
di 3 ad un massimo di 6 rilevamenti al fine di<br />
evidenziare e confermare oltre la presenza anche<br />
la fedeltà della specie al sito, per un totale di 95<br />
uscite sul campo, di cui 37 diurne e 58 notturne.<br />
L’ascolto spontaneo è stato effettuato in un intervallo<br />
di tempo compreso tra i 30 minuti prima<br />
del tramonto e le 5 ore successive (Pedrini, 1989;<br />
Penteriani e Pinchera, 1989), con sessioni d’ascolto<br />
per stazione della durata di 30 minuti. Ad ogni<br />
sessione di ascolto spontaneo è seguita la stimolazione<br />
mediante playback della durata di 30 minuti<br />
suddivisi in 5 step di 6 minuti ciascuno. Ogni<br />
step è consistito in 4 minuti di emissione del canto<br />
territoriale e 2 minuti di ascolto come risposta alla<br />
stimolazione. A questa fase è seguita un’ulteriore<br />
sessione di ascolto spontaneo della durata di 15<br />
minuti. I rilevamenti, in ciascuna delle stazioni di<br />
ascolto, hanno avuto una durata complessiva di<br />
75 minuti.<br />
L’analisi e la definizione dell’area di distribuzione<br />
della specie è stata effettuata cumulando sia i risultati<br />
derivanti dai metodi indiretti che quelli ot-<br />
tenuti dalle indagini dirette, localizzando i dati di<br />
presenza all’interno della rispettiva UdG.<br />
70 71<br />
Risultati<br />
Metodi indiretti<br />
L’indagine attraverso analisi bibliografica e interviste<br />
ha delineato un quadro di scarsa conoscenza<br />
sul Gufo reale in Puglia e Basilicata. Il primo riferimento<br />
bibliografico riscontrato per la regione<br />
Puglia è fornito da di Carlo (1965) che descrive<br />
l’avvistamento di un individuo nei pressi di bosco<br />
Sfilzi nel promontorio del Gargano, considerando<br />
la specie stazionaria per il Gargano.<br />
Per l’area delle gravine la prima segnalazione, riportata<br />
in letteratura, risale al 1987, dove è documentato<br />
il primo avvistamento, corredato da fotografie,<br />
del Gufo reale (Sigismondi, 1987).<br />
Il sistema delle interviste si è rilevato il metodo<br />
più proficuo, in quanto dalle segnalazioni raccolte<br />
si è riusciti a definire alcune aree importanti di<br />
presenza della specie. Le collezioni museali esaminate<br />
non hanno fornito utili informazioni, in<br />
quanto, pur essendo presenti individui di Gufo<br />
reale tassidermizzati (6 esemplari) nella maggior<br />
parte dei casi è stato impossibile risalire alla provenienza<br />
degli animali. Al contrario i dati forniti<br />
dai Centri di Recupero della Fauna Selvatica di Puglia<br />
e Basilicata, dando precise indicazioni sui siti<br />
di rinvenimento degli esemplari morti e/o feriti,<br />
hanno permesso una localizzazione più precisa di<br />
alcuni siti di presenza.<br />
Complessivamente le localizzazioni del Gufo reale<br />
ottenute dalle indagini indirette riguardano 13 segnalazioni<br />
registrate dal 1984 al 2007.<br />
Le 13 segnalazioni raccolte con questa metodologia<br />
ricadono in 12 UdG rappresentando il 4,2%<br />
della copertura totale dell’area di studio, comprese<br />
nei territori comunali di Matera, Ginosa, Laterza<br />
e Massafra.<br />
Metodi diretti<br />
delle 75 UdG indagate tramite censimenti condotti<br />
nelle stazioni di ascolto, 9 risultano occupate<br />
dalla specie, per una copertura del 3,2%. di<br />
queste, 4 UdG coincidono con le UdG di presenza<br />
ottenute dalle indagini indirette, mentre 5 UdG risultano<br />
nuove aree di presenza. L’area di distribuzione<br />
reale è rappresentata da un totale di 17 UdG
Fig. 1 Localizzazione area di studio<br />
Materiali e Metodi<br />
A causa delle abitudini notturne e delle basse densità,<br />
il censimento del Gufo reale viene effettuato<br />
applicando metodiche combinate e specifiche.<br />
Per definire la presenza della specie e l’area di distribuzione<br />
sono stati utilizzati sia metodi indiretti<br />
di indagine, attraverso l’analisi di materiale bibliografico<br />
ed interviste, che metodi diretti, effettuando<br />
censimenti e rilievi di campo.<br />
Metodi indiretti<br />
E’ stata consultata la bibliografia allo scopo di raccogliere<br />
informazioni storiche circa le località di<br />
presenza del rapace.<br />
Si è intrapresa la raccolta di informazioni relative<br />
alla presenza o avvistamento del Gufo reale nelle<br />
province di Taranto e Matera intervistando ornitologi,<br />
forestali, cacciatori, fotografi, agricoltori e<br />
residenti nei pressi delle gravine. Ogni informazione<br />
è stata attentamente vagliata, sottoponendo<br />
all’attenzione degli intervistati, fotografie raffiguranti<br />
la specie o facendo ascoltare il canto tipico.<br />
Inoltre, sono state visionate le collezioni ornitologiche<br />
conservate presso i principali musei della<br />
regione Puglia e sono stati contattati i referenti di<br />
alcuni centri di recupero della fauna selvatica della<br />
Regione Puglia.<br />
Le indicazioni ottenute dalle indagini bibliografiche,<br />
dalle collezioni ornitologiche museali e dai<br />
Centri di Recupero della Fauna Selvatica regionali,<br />
hanno consentito di ottenere informazioni soprattutto<br />
sulla località di provenienza degli esemplari<br />
di Gufo reale.<br />
I dati ottenuti dai metodi indiretti sopra descritti<br />
sono stati integrati con le indagini di campo al<br />
fine di costruire e determinare l’area di distribuzione<br />
della specie.<br />
Metodi diretti<br />
In letteratura i metodi più utilizzati per il censimento<br />
e il monitoraggio della specie sono la stimolazione<br />
con richiamo registrato (playback) e<br />
l’ascolto sistematico del canto spontaneo (Mikkola,<br />
1983; Cramp, 1985; Pedrini, 1989; Penteriani &<br />
Pinchera, 1989; Zuberogoitia & Campos, 1998).<br />
In caso di forte disturbo acustico provocato dalle<br />
cause più diverse (traffico veicolare, corsi d’acqua,<br />
ecc.), tali metodi risultano poco proficui; pertanto<br />
è necessario ricercare la specie di giorno utilizzando<br />
telescopi a diversi ingrandimenti o frequentare<br />
le pareti adatte alla nidificazione in cerca di borre<br />
e/o tracce di presenza.<br />
Anche il ritrovamento di segni di presenza quali<br />
spiumate, borre ed escrementi ha fornito ulteriori<br />
informazioni utili sulla presenza-assenza della<br />
specie e dei siti utilizzati nell’area di studio.<br />
L’intera area di studio è stata suddivisa in 284 Unità<br />
di Griglia (UdG) (113.600 ha). La localizzazione<br />
circa la presenza/assenza della specie è stata riferita<br />
ad una carta orto-fotostatica dell’area di studio,<br />
suddivisa in UdG di 2 Km di lato, ciascuna di<br />
400 ha. La griglia è stata costruita tramite software<br />
GIS ArcView 3.2 (ESRI) e l’estensione mila grid.<br />
La scelta della scala delle singole UdG è avvenuta<br />
sulla base delle conoscenze bibliografiche. Infatti,<br />
le aree maggiormente frequentate, si trovano in<br />
un raggio di 2-3 Km intorno il sito di nidificazione<br />
(Frey, 1973; Penteriani, 1996).<br />
L’indagine è stata svolta nel periodo ottobre 2002<br />
- maggio 2005 in 75 UdG o stazioni di ascolto<br />
(26,4% del totale) scelte random, per un totale di<br />
30.000 ha.<br />
Per ogni stazione sono stati eseguiti da un minimo<br />
di 3 ad un massimo di 6 rilevamenti al fine di<br />
evidenziare e confermare oltre la presenza anche<br />
la fedeltà della specie al sito, per un totale di 95<br />
uscite sul campo, di cui 37 diurne e 58 notturne.<br />
L’ascolto spontaneo è stato effettuato in un intervallo<br />
di tempo compreso tra i 30 minuti prima<br />
del tramonto e le 5 ore successive (Pedrini, 1989;<br />
Penteriani e Pinchera, 1989), con sessioni d’ascolto<br />
per stazione della durata di 30 minuti. Ad ogni<br />
sessione di ascolto spontaneo è seguita la stimolazione<br />
mediante playback della durata di 30 minuti<br />
suddivisi in 5 step di 6 minuti ciascuno. Ogni<br />
step è consistito in 4 minuti di emissione del canto<br />
territoriale e 2 minuti di ascolto come risposta alla<br />
stimolazione. A questa fase è seguita un’ulteriore<br />
sessione di ascolto spontaneo della durata di 15<br />
minuti. I rilevamenti, in ciascuna delle stazioni di<br />
ascolto, hanno avuto una durata complessiva di<br />
75 minuti.<br />
L’analisi e la definizione dell’area di distribuzione<br />
della specie è stata effettuata cumulando sia i risultati<br />
derivanti dai metodi indiretti che quelli ot-<br />
tenuti dalle indagini dirette, localizzando i dati di<br />
presenza all’interno della rispettiva UdG.<br />
70 71<br />
Risultati<br />
Metodi indiretti<br />
L’indagine attraverso analisi bibliografica e interviste<br />
ha delineato un quadro di scarsa conoscenza<br />
sul Gufo reale in Puglia e Basilicata. Il primo riferimento<br />
bibliografico riscontrato per la regione<br />
Puglia è fornito da Di Carlo (1965) che descrive<br />
l’avvistamento di un individuo nei pressi di bosco<br />
Sfilzi nel promontorio del Gargano, considerando<br />
la specie stazionaria per il Gargano.<br />
Per l’area delle gravine la prima segnalazione, riportata<br />
in letteratura, risale al 1987, dove è documentato<br />
il primo avvistamento, corredato da fotografie,<br />
del Gufo reale (Sigismondi, 1987).<br />
Il sistema delle interviste si è rilevato il metodo<br />
più proficuo, in quanto dalle segnalazioni raccolte<br />
si è riusciti a definire alcune aree importanti di<br />
presenza della specie. Le collezioni museali esaminate<br />
non hanno fornito utili informazioni, in<br />
quanto, pur essendo presenti individui di Gufo<br />
reale tassidermizzati (6 esemplari) nella maggior<br />
parte dei casi è stato impossibile risalire alla provenienza<br />
degli animali. Al contrario i dati forniti<br />
dai Centri di Recupero della Fauna Selvatica di Puglia<br />
e Basilicata, dando precise indicazioni sui siti<br />
di rinvenimento degli esemplari morti e/o feriti,<br />
hanno permesso una localizzazione più precisa di<br />
alcuni siti di presenza.<br />
Complessivamente le localizzazioni del Gufo reale<br />
ottenute dalle indagini indirette riguardano 13 segnalazioni<br />
registrate dal 1984 al 2007.<br />
Le 13 segnalazioni raccolte con questa metodologia<br />
ricadono in 12 UdG rappresentando il 4,2%<br />
della copertura totale dell’area di studio, comprese<br />
nei territori comunali di Matera, Ginosa, Laterza<br />
e Massafra.<br />
Metodi diretti<br />
Delle 75 UdG indagate tramite censimenti condotti<br />
nelle stazioni di ascolto, 9 risultano occupate<br />
dalla specie, per una copertura del 3,2%. Di<br />
queste, 4 UdG coincidono con le UdG di presenza<br />
ottenute dalle indagini indirette, mentre 5 UdG risultano<br />
nuove aree di presenza. L’area di distribuzione<br />
reale è rappresentata da un totale di 17 UdG
(Figura 2), ottenute sommando i dati di presenza<br />
ricavati sia dai metodi indiretti che dai metodi diretti,<br />
ricoprendo il 6% delle UdG totali, per una superficie<br />
complessiva di 6.800 ha.<br />
Discussione<br />
L’attività svolta durante il periodo di ricerca (2002-<br />
2005), attraverso lo studio di campo sistematico,<br />
unitamente al lavoro di raccolta di informazioni<br />
(interviste, bibliografia, ecc.), ha permesso di uniformare<br />
le conoscenze sulla presenza e localizzazione<br />
del Gufo reale, ricostruendo l’effettiva area<br />
di distribuzione nel territorio dell’arco ionico delle<br />
gravine appulo-lucane. Le informazioni sulla specie,<br />
precedenti al periodo di studio, si presentavano<br />
frammentarie e frutto di incontri casuali da<br />
parte di escursionisti, birdwatchers, ambientalisti<br />
e rappresentanti delle diverse categorie del settore<br />
venatorio e agricolo.<br />
Dai censimenti effettuati, solo il 6% dell’intera superficie<br />
indagata risulta essere occupata dal Gufo<br />
reale, superficie ricadente nei comuni di Matera,<br />
Laterza, Ginosa, Castellaneta, Mottola e Massafra.<br />
Inoltre, dall’analisi della carta di distribuzione reale,<br />
si evince come la presenza del Gufo reale sia<br />
Fig. 2 Distribuzione reale del Gufo<br />
reale nell’area di studio<br />
puntiforme e localizzata soprattutto nei complessi<br />
gravinali di Matera e Laterza.<br />
La distribuzione puntiforme è conseguenza della<br />
stretta relazione della specie con i solchi gravinali<br />
che sono evidentemente distribuiti sul territorio<br />
in modo non omogeneo.<br />
Lo studio ha delineato un quadro incoraggiante<br />
circa l’effettiva distribuzione del Gufo reale nell’area<br />
indagata, sebbene i dati raccolti necessitano<br />
di un approfondimento negli anni successivi.<br />
Infatti, a causa dell’effettiva difficoltà di condurre<br />
ricerche su questa specie, si ritiene opportuno<br />
proseguire l’attività di ricerca sul medio-lungo periodo<br />
al fine di ampliare le conoscenze sull’ecologia<br />
della specie nella prospettiva di una sua futura<br />
conservazione.<br />
RInGRAZIAMEnTI<br />
Il lavoro ha visto la collaborazione di tante persone,<br />
senza le quali non sarebbe stato possibile raggiungere<br />
questi risultati: desidero perciò ringraziare Tonio<br />
Sigismondi, Matteo Visceglia, Vittorio Giacoia<br />
e Filippo Bellini per i dati forniti e l’amicizia dimostrata;<br />
ringrazio Rocco Sorino e Ramona Viterbi per<br />
l’elaborazione statistica dei dati e gli utili suggerimenti<br />
per la redazione dei testi.<br />
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alimentazione. Avocetta 21: 99.<br />
ZUBEROGOITIA I., CAMPOS L.S.,1998. Censusing owls in large areas: a comparison between methods. Alauda 45 (1): 47-53.<br />
72 73
A l b e r t o S o r a c e , M a r c o G u s t i n , Fr a n c e s c a Z i n t u<br />
Introduzione<br />
Le profonde modificazioni ambientali che hanno<br />
interessato negli ultimi decenni il territorio regionale<br />
pugliese hanno avuto e continuano a produrre<br />
effetti profondi sulla composizione e struttura<br />
delle locali comunità di uccelli. Gli uccelli,<br />
infatti, rispondono ai cambiamenti ambientali al<br />
punto da essere considerati degli ottimi indicatori<br />
biologici (si veda, ad es. Farina e Meschini, 1985,<br />
Des Granges, 1987, Diamond e Filion 1987, Welsh<br />
1987, Furness e Greenwood, 1993, Hilty e Merenlender,<br />
2000, Gregory et al., 2003).<br />
L’area delle gravine ioniche, pur avendo subito anch’essa<br />
importanti cambiamenti ambientali, mantiene<br />
ancora delle caratteristiche di naturalità che<br />
potrebbero consentire la presenza di popolazioni<br />
significative di specie rare e di interesse conservazionistico.<br />
L’area, però, a parte le informazioni<br />
raccolte per alcuni rapaci di interesse comunitario,<br />
risulta poco conosciuta riguardo ad esempio<br />
la comunità di Passeriformi nidificanti (Meschini e<br />
Frugis, 1993, Scalera Liaci et al., 2001). Scopo del<br />
presente lavoro è quello di caratterizzare la comunità<br />
ornitica locale anche per fornire elementi<br />
utili a indirizzare la gestione della ZPS in modo da<br />
mantenerne e, dove possibile, migliorarne le caratteristiche<br />
di importanza naturalistica.<br />
Metodi<br />
All’interno dell’area delle gravine, l’avifauna è stata<br />
censita seguendo il metodo delle stazioni d’ascolto<br />
o IPA (Blondel et al., 1970). Tuttavia, in accordo<br />
con altri autori, il periodo di permanenza in ogni<br />
stazione è stato ridotto a dieci minuti (Bibby et al.,<br />
2000; Sorace et al., 2000).<br />
Dopo aver costruito una griglia di riferimento di<br />
1 km di lato sull’intera superfcie della ZPS, sono<br />
stati individuati complessivamente 102 punti<br />
d’ascolto collocati ognuno ai vertici della griglia.<br />
I punti d’ascolto sono stati effettuati nelle prime<br />
ore mattutine in giornate non piovose, senza vento<br />
o con vento leggero.<br />
È stata registrata la presenza delle specie, tramite<br />
l’osservazione degli individui e l’ascolto dei versi e<br />
dei canti, sia all’interno che all’esterno di un raggio<br />
di 50 m dal rilevatore. Per l’analisi condotta in<br />
questo lavoro, sono stati sommati tutti i contatti<br />
raccolti sia all’interno che all’esterno del raggio di<br />
50 m.<br />
nel periodo 2004-2006, i rilevamenti in ogni punto<br />
sono stati ripetuti 2 volte: la prima in aprile, la<br />
seconda in giugno. Per ogni specie, il punteggio<br />
massimo ottenuto tra le due sessioni di rilevamento<br />
è stato considerato come il numero di coppie<br />
presenti in ogni punto d’ascolto. A ogni individuo<br />
contattato è stato assegnato: un punteggio<br />
di 0.5 punti se non manifestava comportamenti<br />
territoriali; un punteggio di 1 punto se emetteva<br />
il canto territoriale, se era coinvolto in conflitti<br />
territoriali con altri individui della propria specie<br />
e se trasportava un’imbeccata, materiale da nido<br />
o una sacca fecale (Blondel et al., 1970). Un punto<br />
è stato assegnato anche a un gruppo di giovani<br />
appena involati.<br />
I punteggi ottenuti per ogni specie sono stati ela-<br />
borati per ottenere informazioni sui seguenti parametri<br />
della comunità ornitica:<br />
-RICCHEZZA (S), ossia il numero complessivo di<br />
specie campionate;<br />
-InDICE DI DIVERSITà (H‘): -Σ piln(pi) dove pi è<br />
la frequenza relativa di ogni specie (Shannon e<br />
Weaver, 1963);<br />
-L’InDICE DI EqUIRIPARTIZIOnE: H‘/H‘ max dove<br />
H‘ max = ln(S) (Lloyd e Ghelardi, 1964);<br />
-ABBOnDAnZA (A), numero medio di coppie registrate<br />
per stazione d’ascolto;<br />
- % DI nOn PASSERIFORMI;<br />
-nUMERO DI SPECIE DOMInAnTI, cioè numero di<br />
specie in cui la frequenza relativa (pi) è maggiore<br />
di 0,05 (Turcek, 1956; Oelke, 1980).<br />
Ulteriori informazioni sull’avifauna presente nella<br />
ZPS sono state raccolte durante escursioni nel territorio<br />
effettuate in maniera non sistematica.<br />
Sono state considerate come specie di interesse<br />
conservazionistico quelle incluse: nella nuova Lista<br />
Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (LIPU e<br />
WWF (a cura di 1999); nell’allegato I della Direttiva<br />
Uccelli 79/409/CEE; nelle categorie 1-3 delle Specie<br />
Europee di Uccelli di Interesse Conservazionistico<br />
(SPEC) (BirdLife International, 2004). L’analisi<br />
statistica è stata condotta mediante test non parametrici.<br />
74 75<br />
Risultati<br />
Primavera 2004<br />
nella primavera 2004 sono state censite 60 specie<br />
di cui 18 non Passeriformi (30.0%) e 42 Passeriformi<br />
(70.0%) (Tab.1). Le specie dominanti sono<br />
risultate Passera d’Italia (Passer italiae), Occhiocotto<br />
(Sylvia melanocephala), Cardellino (Carduelis<br />
carduelis) e Cappellaccia (Galerida cristata). Tra le<br />
specie subdominanti (p>0.02), le più abbondanti<br />
(p>0.04), sono risultate Verzellino (Serinus serinus),<br />
Cinciallegra (Parus major), Strillozzo (Miliaria<br />
calandra) e Rondine (Hirundo rustica).<br />
Il Cardellino, la Passera d’Italia, l’Occhiocotto, la<br />
Cappellaccia e la Gazza sono risultate, nell’ordine,<br />
le specie più diffuse nella ZPS, ovvero rilevate in<br />
un maggior numero di punti (Tab.1). Le specie più<br />
localizzate, ossia quelle censite in un solo punto<br />
d’ascolto sono risultate: Falco pecchiaiolo (Pernis<br />
apivorus), nibbio reale (Milvus milvus), Capovaccaio<br />
(Neophron percnopterus), Biancone (Circaetus<br />
gallicus), Ghiandaia marina (Coracias garrulus),<br />
Rondone pallido (Apus pallidus), Magnanina (Sylvia<br />
undata) e Rampichino (Certhia brachydactyla).<br />
Primavera 2005<br />
nella primavera 2005 sono state censite 61 specie<br />
di cui 17 non Passeriformi (27.9%) e 44 Passeriformi<br />
(72.1%) (Tab. 2). Le specie dominanti sono<br />
risultate: Passera d’Italia, Occhiocotto, Cardellino,<br />
Strillozzo e Cappellaccia.<br />
Tra le specie subdominanti (p>0.02), le più abbondanti<br />
(p>0.04) sono risultate: Rondine, Verzellino<br />
e Gazza.<br />
La Passera d’Italia, il Cardellino, l’Occhiocotto, la<br />
Gazza, la Cappellaccia e la Rondine sono risultate,<br />
nell’ordine, le specie più diffuse nella ZPS (Tab.<br />
2). Le specie più localizzate, ossia quelle censite in<br />
un solo punto d’ascolto sono risultate: Ghiandaia<br />
marina, Calandro (Anthus campestris), Magnanina,<br />
Fiorrancino (Regulus ignicapillus) e Rampichino.<br />
Primavera 2006<br />
nella primavera 2006 sono state censite 58 specie<br />
di cui 15 non Passeriformi (25.9%) e 43 Passeriformi<br />
(74.1%) (Tab.3). Le specie dominanti sono risultate:<br />
Passera d’Italia, Occhiocotto, Rondine, Cardellino<br />
e Cappellaccia. Tra le specie subdominanti<br />
(p>0.02), le specie più abbondanti (p>0.04) sono<br />
risultate: Verzellino, Gazza, Strillozzo e Fanello<br />
(Carduelis cannabina). Cardellino, Passera d’Italia,<br />
Occhiocotto, Gazza, Rondine e Cappellaccia sono<br />
risultate, nell’ordine, le specie più diffuse nella<br />
ZPS (Tab.3). Le specie più localizzate, ossia quelle<br />
censite in un solo punto d’ascolto, sono risultate:<br />
nibbio bruno (Milvus migrans), Gallinella d’acqua<br />
(Gallinula chloropus), Rondone pallido, Calandro,<br />
Magnanina ed Averla cenerina (Lanius minor).
Tab. 1 Numero di coppie e frequenza nei punti d’ascolto per le specie censite nella primavera 2004 Tab. 2 Numero di coppie e frequenza nei punti d’ascolto per le specie censite nella primavera 2005<br />
DS= deviazione standard pi= frequenza relativa DS= deviazione standard pi= frequenza relativa<br />
76 77
Tab. 3 Numero di coppie e frequenza nei punti d’ascolto per le specie censite nella primavera 2006<br />
DS= deviazione standard pi= frequenza relativa<br />
Variazioni annuali<br />
Oltre ai cambiamenti relativi alle specie più abbondanti,<br />
a quelle più diffuse e più rare, avvenuti<br />
nei tre anni investigati e riportati nei precedenti<br />
paragrafi, anche alcuni parametri della comunità<br />
ornitica sono variati nel corso del triennio. In<br />
particolare, il numero di individui censiti (Abbondanza)<br />
per punto d’ascolto è variato significativamente<br />
tra i tre anni (Friedman test, χ22,102 = 21.7,<br />
P = 0.00002), risultando massimo nel terzo anno<br />
Tab. 4 Parametri della comunità nidificante<br />
nelle due stagioni riproduttive investigate<br />
S = Ricchezza<br />
A = Abbondanza<br />
H = Diversità<br />
J = Equiripartizione<br />
non Pass = % di non Passeriformi<br />
no. dom. = numero di specie dominanti (Cfr. Metodi)<br />
di censimenti (Wilcoxon test; 2004 – 2005: Z102 =<br />
1.11, P = 0.26; 2004 – 2006: Z102 = 3.15, P = 0.002 ;<br />
2005 – 2006: Z102 = 4.11, P = 0.00004; Tab. 4). Benché<br />
nel terzo anno il valore della Ricchezza specifica<br />
sia risultato leggermente minore che negli anni<br />
precedenti (Tab. 4), il numero di specie per punto<br />
d’ascolto è risultato superiore nel terzo anno (Wilcoxon<br />
test; 2004 – 2005: Z102 = 0.51, P = 0.61; 2004<br />
– 2006: Z102 = 2.0, P = 0.046; 2005 – 2006: Z102 =<br />
2.26, P = 0.024; Fig. 1).<br />
non sono variati significativamente, tra gli anni<br />
studiati, i valori dell’indice di diversità (Kolmogorov-Smirnov<br />
Test; tutti i confronti a coppie, P>0.10)<br />
e della percentuale di non Passeriformi (χ22 = 0.45,<br />
P = 0.80).<br />
Variazioni annuali sono state osservate anche<br />
per i valori di abbondanza di singole specie. Per<br />
esempio, limitandosi alle specie a priorità di conservazione<br />
(Cfr. paragrafo successivo), le differenze<br />
tra gli anni sono risultate significative per Upupa<br />
Upupa epops (Friedman test, χ22,102 = 12.2, P =<br />
0.002; Tabelle 1-3), Rondine (Friedman test, χ22,102<br />
= 22.8, P = 0.00001; Tabelle 1-3) e Calandrella Calandrella<br />
brachydactyla (Friedman test, χ22,102 = 9.6,<br />
P = 0.008; Tabelle 1-3). Le prime due specie sono<br />
aumentate e la terza è diminuita nel corso dei tre<br />
anni investigati.<br />
Fig. 1 Numero medio di specie (± SE) per punto d’ascolto nei tre anni di studio<br />
78 79
Specie rilevate nei tre anni investigati<br />
Considerando complessivamente i dati dei censimenti<br />
e delle escursioni nel territorio effettuate<br />
in orario diurno nel corso dei tre anni di studio<br />
(2004-2006), sono state osservate 92 specie di<br />
cui 32 non Passeriformi (34,8%) e 60 Passeriformi<br />
(65,2%). Di queste, 20 sono incluse nell’Allegato<br />
1 della Direttiva 79/409/CEE, 27 nella nuova Lista<br />
Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (LIPU e WWF<br />
(a cura di 1999) e 37 nelle categorie 1-3 delle Spe-<br />
cie Europee di Uccelli di Interesse Conservazioni-<br />
stico (SPEC) (BirdLife International, 2004) (Tab. 5).<br />
Tab.5. Specie rilevate nelle primavere 2004-2007 nel corso dei censimenti mediante stazioni<br />
d’ascolto e durante escursioni nel territorio all’interno della ZPS – pSIC area delle gravine<br />
80 81
Conclusioni<br />
Diverse specie ornitiche dominanti o subdominanti<br />
nella ZPS risultano specie generaliste che<br />
riescono ad adattarsi meglio alle trasformazioni<br />
antropiche del territorio. Infatti, il 53% del territorio<br />
della ZPS “Area delle Gravine” ha una destinazione<br />
agricola (Bellini com. pers.) e la maggior<br />
parte delle aree naturali presenti al suo interno<br />
hanno subito delle profonde modificazioni ad<br />
opera dell’uomo.<br />
Tuttavia, l’area delle gravine ospita anche numerose<br />
specie a priorità di conservazione. queste<br />
necessitano di misure appropriate per il mantenimento<br />
delle popolazioni locali. In particolare, tra<br />
le misure da adottare è di importanza prioritaria<br />
preservare le zone a pseudosteppa e le formazioni<br />
naturali boschive e cespugliate da un ulteriore<br />
ampliamento delle zone agricole. In tal modo si<br />
dovrebbe conservare l’attuale mosaico ambientale<br />
che sembra favorire varie specie di interesse<br />
comunitario (es: Grillaio, Occhione, Calandra, Calandrella,<br />
Tottavilla, Averla cenerina). Inoltre, nelle<br />
aree agricole diverse specie di interesse conservazionistico<br />
dovrebbero essere favorite da azioni<br />
agroambientali come l’uso ridotto di pesticidi e<br />
l’aratura delle stoppie posticipata a dopo il periodo<br />
invernale (O’Connor e Shrubb 1986, Donald et<br />
al., 2001, newton 2004, Vickery et al., 2004).<br />
Risulta altrattanto importante la conservazione<br />
dell’integrità delle gravine che costituiscono un<br />
sito riproduttivo per varie specie di rapaci di interesse<br />
comunitario (es.: Capovaccaio Neophron<br />
percnopterus, Biancone Circaetus gallicus, Lanario<br />
Falco biarmicus; Cfr. i contributi specifici in questo<br />
volume) e in generale per specie a priorità<br />
di conservazione (es.: Ghiandaia marina Coracias<br />
garrulus, Passero solitario Monticola solitarius, Monachella<br />
Oenanthe ispanica, Rondone pallido).<br />
Per alcune specie censite, includendo alcune a<br />
priorità di conservazione, sono state evidenziate<br />
delle variazioni annuali significative dell’abbondanza<br />
di individui presenti nella ZPS. queste<br />
potrebbero rientrare nelle normali fluttuazioni<br />
annuali a cui vanno incontro le popolazioni orniti-<br />
che o potrebbero indicare tendenze pluriennali al<br />
decremento o all’incremento.<br />
I censimenti mediante stazioni d’ascolto intrapresi<br />
nell’area delle gravine ioniche, se ripetuti nel<br />
tempo, potrebbero consentire la verifica puntuale<br />
delle modificazioni delle caratteristiche di struttura<br />
e composizione dei popolamenti ornitici. Si<br />
potrebbe seguire in questo modo lo “stato generale<br />
dell’ambiente” nell’area o in parti di essa. In<br />
particolare, poi, potrebbero essere determinati, in<br />
modo oggettivo, gli effetti degli interventi di gestione<br />
realizzati nel territorio della ZPS.<br />
In Italia sono poche le aree in cui sono state avviate<br />
indagini pluriennali volte a individuare trend<br />
positivi o negativi nelle dimensioni delle popolazioni<br />
di uccelli stanziali, in particolare nelle ZPS<br />
(Tellini, 2004). Comunque, l’importanza di queste<br />
indagini è testimoniata dal fatto che, per valutare<br />
lo stato di conservazione della biodiversità nelle<br />
aree agricole europee, la Commissione Europea<br />
ha scelto il ‘Farmland bird index’, un indice basato<br />
su dati relativi all’andamento demografico delle<br />
popolazioni di specie ornitiche (Gregory et al.,<br />
2005, Campedelli et al., in stampa).<br />
RInGRAZIAMEnTI<br />
Si ringraziano V. Giacoia e F. Bellini per le preziose<br />
indicazioni sul territorio investigato.<br />
V. GIACOIA<br />
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82 83
A l b e r t o S o r a c e , M a r c o G u s t i n , Fr a n c e s c a Z i n t u<br />
Introduzione<br />
Considerando che numerose specie ornitiche degli<br />
ambienti agro-pastorali risultano in diminuzione<br />
in molti paesi europei (Tucker and Evans, 1997;<br />
Robinson and Sutherland, 2002; BirdLife, 2004;<br />
De la Concha, 2005) e del nord America (Vickery<br />
et al., 1994; Warner, 1994; Vickery et al., 1999; Peterjohn,<br />
2003), risulta prioritario il monitoraggio<br />
delle comunità ornitiche di questi ambienti. Una<br />
particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alle<br />
aree steppiche e pseudosteppiche che stanno diminuendo<br />
radicalmente nel continente europeo<br />
(Bota et al., 2005, Brotons et al., 2005a).<br />
Le comunità di Passeriformi delle aree xeriche<br />
Fig.1 I transetti effettuati nell’area di studio<br />
a pseudosteppa sono ancora poco indagate nel<br />
nostro paese (Gustin e Sorace 1987, Guerrieri et<br />
al.,1995, 1997), sebbene alcune specie nidificanti<br />
in tali ambienti (es. Calandra Melanocorhypha<br />
calandra, Calandrella Calandrella brachydactyla,<br />
Cappellaccia Galerida cristata), risultano in Europa<br />
in uno status di conservazione sfavorevole (BirdLife,<br />
2004).<br />
Scopo della presente ricerca è stato quello di<br />
confrontare le abbondanze delle diverse specie<br />
di alaudidi tra le aree a pseudosteppa e i seminativi<br />
all’interno della ZPS “Area delle Gravine”<br />
(IT91300007) e nei suoi immediati dintorni. Infatti,<br />
poiché nel territorio investigato le coltivazioni<br />
cerealicole stanno gradualmente sostituendo la<br />
pseudosteppa, si è reso necessario valutare l’impatto<br />
di queste trasformazioni su specie particolarmente<br />
sensibili ai cambiamenti ambientali.<br />
Area di studio e metodi<br />
La ricerca ha riguardato le aree a pseudosteppa e<br />
i seminativi (a grano e orzo), che si trovano nella<br />
parte occidentale della ZPS e nei suoi immediati<br />
dintorni. All’interno di questa area di studio sono<br />
stati effettuati 16 transetti in ambiente di pseudosteppa<br />
per una lunghezza complessiva di 11735<br />
m ed una lunghezza media per transetto di 733.4<br />
± 169.8 m. Inoltre sono stati effettuati 17 transetti<br />
nei seminativi per una lunghezza complessiva di<br />
13801 m ed una lunghezza media per transetto di<br />
811.8 ± 188.2 m (Fig. 1).<br />
I transetti sono stati percorsi lentamente annotando<br />
ogni individuo visto o sentito di ogni specie di<br />
Alaudidi (Calandra Melanocorhypha calandra, Calandrella<br />
Calandrella brachydactila, Cappellaccia<br />
Galerida cristata, Allodola Alauda arvensis, Tottavilla<br />
Lullula arborea) presenti nell’area di studio. I<br />
transetti sono stati effettuati nelle prime ore del<br />
mattino con giornate senza pioggia e con vento<br />
scarso o assente e sono stati ripetuti due volte: in<br />
aprile e giugno.<br />
I transetti sono stati effettuati senza limiti al rilevamento.<br />
A ogni individuo contattato è stato assegnato<br />
un punteggio: 1) 0.5 punti se non manifestava<br />
comportamenti territoriali; 2) 1 punto se<br />
emetteva il canto territoriale, se era coinvolto in<br />
conflitti territoriali con altri individui della propria<br />
specie e se trasportava un’imbeccata, materiale<br />
da nido o una sacca fecale. Per ogni specie, il punteggio<br />
massimo ottenuto tra le due sessioni di rilevamento<br />
è stato considerato come il numero di<br />
coppie presenti in ogni transetto.<br />
I dati sono espressi come numero di coppie per<br />
km lineare (Ferry & Frochot, 1958). Le differenze<br />
nell’abbondanza chilometrica di ogni specie tra<br />
transetti in pseudosteppa o in seminativi è stata<br />
valutata mediante il Mann-Whitney test.<br />
84 85<br />
Risultati<br />
Il primo anno sono stati censiti individui appartenenti<br />
a quattro specie: Calandra, Calandrella, Cappellaccia<br />
e Allodola. La Calandra e la Calandrella<br />
sono risultate più abbondanti negli ambienti a<br />
pseudosteppa, mentre la Cappellaccia nei seminativi<br />
(Tab. 1). Le differenze sono risultate significative<br />
solo per la Calandra e la Calandrella (Calandra:<br />
Z = 2.80, P = 0.005; Calandrella: Z = 1.93, P =<br />
0.054; Cappellaccia: Z = 1.51, P = 0.13). L’Allodola<br />
è risultata rara in entrambi gli ambienti (Z = 0.45,<br />
P = 0.65; Tab. 1).<br />
nel secondo anno, oltre le specie censite nel primo<br />
anno di censimento, è stata rilevata la tottavilla<br />
che comunque è risultata molto localizzata.<br />
Tutte le specie sono risultate più abbondanti negli<br />
ambienti a pseudosteppa, ma le differenze sono<br />
risultate significative solo per la calandra (Calandra:<br />
Z = 3.75; P = 0.0002; Calandrella: Z = 0.45, P<br />
= 0.65; Cappellaccia: Z = 0.65, P = 0.52; Allodola:<br />
Z = 1.91, P = 0.056; Tottavilla: Z = 1.66, P = 0.098;<br />
Tab. 1).<br />
Tab. 1 Abbondanza delle specie di alaudidi in ambienti a pseudosteppa o a seminativi. I dati sono<br />
espressi come numero medio di coppie per chilometro (± DS)
nel terzo anno l’Allodola non è stata censita nei<br />
seminativi (Tab.1). Calandra, Calandrella e Cappellaccia<br />
sono risultate più abbondanti negli ambienti<br />
a pseudosteppa (Tab. 1), ma come negli<br />
anni precedenti le differenze sono risultate significative<br />
solo per la Calandra (Calandra: Z = 3.82, P<br />
= 0.0001; Calandrella: Z = 0.14, P = 0.89; Cappellaccia:<br />
Z = 1.86, P = 0.064). LaTottavilla è risultata<br />
rara in entrambi gli ambienti investigati (Z = 1.26,<br />
P = 0.21; Tab.1).<br />
Discussione<br />
Sebbene la calandra possa occupare con discreta<br />
abbondanza alcune zone a seminativi ed altre aree<br />
ai margini tra frammenti di pseudosteppa e quelli<br />
a seminativi (Massa e Fontana, 2004, Santos e<br />
Suárez, 2005, Brichetti e Fracasso, 2007; oss. pers.),<br />
gli ambienti a pseudosteppa sono quelli preferiti<br />
dalla specie (Gustin e Sorace, 1987, Guerrieri et<br />
al.,1994, 1997, Santos e Suárez, 2005, Wolff, 2005).<br />
Infatti, nei tre anni di studio, la calandra ha mostrato<br />
un numero di individui più elevato in questi<br />
ambienti rispetto alle aree a seminativi. La sopravvivenza<br />
di questo alaudide nell’area in esame,<br />
appare quindi notevolmente condizionata dalla<br />
presenza delle aree relitte di pseudosteppa, che<br />
negli ultimi anni hanno subito un drastico declino<br />
a causa di inopportuni “spietramenti” e della susseguente<br />
messa a coltura (Mairota, 2002). Anche<br />
in altre aree europee l’intensificazione dell’uso<br />
agricolo ha portato ad una diminuzione della specie<br />
(Onrubia e Andrés, 2005).<br />
Per la calandrella, pur risultando in tutti gli anni<br />
più abbondante nella pseudosteppa, non sono<br />
state evidenziate differenze significative tra i due<br />
ambienti investigati (ad eccezione del 2004). In<br />
realtà, la specie può occupare aree a seminativi<br />
che, però, vengono scelti nei primi stadi vegetativi,<br />
includendo comunque ampie zone con vegetazione<br />
rada (oss. pers.; Suárez et al., 2002).<br />
Gustin e Sorace (1987) hanno osservato nei Monti<br />
della Tolfa che la specie predilige le zone a prato<br />
incolto piuttosto che quelle a pascolo (pseudosteppa)<br />
o quelle a seminativi. Guerrieri et al.,<br />
(1995) riportano che nella fascia costiera del Lazio<br />
la specie frequenta quasi esclusivamente le praterie<br />
xeriche.<br />
Brotons et al. (2005b) hanno osservato una mag-<br />
giore densità della specie in ambienti steppici rispetto<br />
a quelli a seminativi, evidenziando, che la<br />
specie si può comunque insediare con buone densità<br />
in aree in cui le zone steppiche sono affiancate<br />
da ampie porzioni di zone a maggese e foraggio.<br />
Ciò concorda con alcune nostre osservazioni nella<br />
ZPS “Area delle Gravine”.<br />
Per la Cappellaccia, non sono state evidenziate<br />
differenze significative tra i due ambienti investigati.<br />
Comunque, in tutti gli anni di studio, la specie<br />
risulta l’alaudide più abbondante nei seminativi in<br />
accordo con i risultati di altri autori (Gustin e Sorace,<br />
1987, Guerrieri et al., 1995, Santos e Suárez,<br />
2005).<br />
Anche Guerrieri et al. (1995) hanno osservato che<br />
la specie frequenta un’ampia varietà di ambienti<br />
aperti con le massime concentrazioni in praterie<br />
xeriche (Cynara cardunculus) e prati naturali falciabili<br />
(Hordeum sp.) e nelle monocolture a cereali.<br />
La Cappellaccia si può insediare anche in aree<br />
coltivate con metodi industriali (es.: Bernoni et al.,<br />
1989). questa adattabilità della specie, è il motivo<br />
per cui la Cappellaccia, rispetto alla Calandra e alla<br />
Calandrella, sembra risentire meno delle trasformazioni<br />
degli ambienti a pseudosteppa della ZPS<br />
delle Gravine.<br />
Allodola e Tottavilla sono risultate molto localizzate<br />
nella ZPS delle Gravine. Per l’Allodola ciò<br />
potrebbe essere in relazione con fattori geografici.<br />
Infatti l’abbondanza dell’Allodola diminuisce<br />
nelle regioni italiane più meridionali, tendendo ad<br />
essere più comune in zone montane (Brichetti e<br />
Fracasso, 2007, Londi et al., in press.; per la Spagna<br />
vedi Santos e Suárez, 2005).<br />
In ogni caso, i dati del secondo e terzo anno<br />
suggeriscono una preferenza per le aree a pseudosteppa<br />
rispetto ai seminativi, in accordo con<br />
quanto osservato nella CRAU nel sud della Francia<br />
(Brotons et al., 2005b) e nella fascia costiera laziale<br />
(Guerrieri et al., 1995).<br />
La Tottavilla non è una specie di origine steppica,<br />
ed è probabilmente questa la ragione della sua<br />
rarità negli ambienti investigati all’interno della<br />
ZPS delle Gravine. La Tottavilla tende a preferire<br />
territori con elevate pendenze (Londi et al., in<br />
press.) e soprattutto aree ad ampia diversità ambientale<br />
con presenza di zone arbustive e boschive<br />
(Cramp, 1988, Sposimo e Tellini, 1988, Schaefer<br />
e Vogel, 2000).<br />
RInGRAZIAMEnTI<br />
Si ringrazia Filippo Bellini e Vittorio Giacoia per la preziosa collaborazione in particolare per il reperimento<br />
delle carte e l’individuazione delle aree di studio.<br />
86 87<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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A l b e r t o S o r a c e , F i l i p p o B e l l i n i<br />
Introduzione<br />
Inserito tra le specie dell’All. 1 della Direttiva Uccelli<br />
79/409/CEE, l’Occhione (Burhinus oedicnemus) è<br />
considerato specie SPEC 3 (status di conservazione<br />
non favorevole ma non concentrato in Europa)<br />
ed in decremento in Europa (BirdLife International,<br />
2004).<br />
In Italia, l’Occhione è una specie migratrice e nidificante,<br />
con popolazioni parzialmente sedentarie<br />
nelle regioni meridionali, in Sicilia e Sardegna. Eccetto<br />
alcune situazioni locali favorevoli alla specie,<br />
risulta in genere più scarso nelle regioni centrosettentrionali<br />
(Brichetti e Fracasso, 2004). La popolazione<br />
italiana, stimata in 1000-1500 coppie,<br />
è in decremento (BirdLife International, 2004, Brichetti<br />
e Fracasso, 2004). Per il suo status negativo,<br />
la specie è inserita nella categoria ‘in pericolo’<br />
nella Lista Rossa nazionale (LIPU e WWF (cura di),<br />
1999).<br />
In Puglia la specie è diffusa nella fascia che dal<br />
Gargano, attraverso le Murge, raggiunge le zone<br />
pseudosteppiche al confine con la Basilicata (Rizzi<br />
e Cripezzi, 1994). Le informazioni sulla densità<br />
Fig 1. Area di studio e distribuzione dei punti in cui l’Occhione ha risposto o non ha risposto alla<br />
stimolazione mediante playback all’interno dell’area di studio<br />
della specie nel territorio regionale sono limitate<br />
ad alcune aree della provincia di Foggia dove<br />
sono stati rilevati 0.14-0.80 ind./km2 (Rizzi et al.,<br />
1996). Alcuni studi indicano che la specie è drammaticamente<br />
in diminuzione nella regione (Rizzi<br />
et al., 1997).<br />
Scopo della presente ricerca è stato quello di indagare<br />
la distribuzione, le preferenze ambientali e<br />
l’entità della popolazione nidificante di Occhione<br />
nella ZPS “Area delle Gravine” (IT91300007).<br />
Area di studio<br />
L’area di studio ha interessato esclusivamente la<br />
porzione occidentale della ZPS – SIC “Area delle<br />
Gravine” e alcune aree esterne. Di queste ultime le<br />
più settentrionali si caratterizzano per la presenza<br />
di estesi seminativi, mentre le aree a confine con il<br />
territorio lucano presentano significative superfici<br />
di pseudosteppa (Fig.1).<br />
Materiali e Metodi di rilevamento<br />
La ricerca é stata effettuata tra aprile e luglio nel<br />
triennio 2004-2006. Tra i diversi metodi utilizzati<br />
in Italia per il censimento dell’Occhione (Tinarelli<br />
et al., 1991, Rizzi et al., 1997, Meschini, 2000, Pollonara<br />
et al., 2003) è stato scelto il censimento<br />
mediante playback, che è stato effettuato in una<br />
fascia oraria compresa tra il crepuscolo e le prime<br />
due ore della notte. Sono stati individuati 40 punti<br />
di emissione-ascolto scelti casualmente nelle<br />
aree a prevalenza di seminativi o di pseudosteppa<br />
(Fig.1). In ogni punto, il ciclo richiamo/ascolto<br />
(circa un minuto di emissione delle vocalizzazioni<br />
della specie, seguito da due minuti di ascolto) veniva<br />
ripetuto consecutivamente per tre volte. Le<br />
vocalizzazioni utilizzate sono state ottenute dalle<br />
registrazioni di Roché (1990).<br />
In un buffer di 500 m di raggio intorno a ognuno<br />
dei 40 punti di emissione-ascolto è stato calcolato<br />
l’uso del suolo con l’ausilio di applicativi G.I.S.. Le<br />
elaborazioni sono state condotte previa redazione<br />
della carta dell’uso del suolo della ZPS – SIC “Area<br />
delle Gravine” e dei territori adiacenti mediante<br />
fotointerpretazione delle ortofoto digitali B/n in<br />
scala 1:10.000 (voli del 2000-2002).<br />
Le preferenze ambientali della specie sono state<br />
valutate mediante l’indice di Jacobs (1974):<br />
Dove X1 è la superficie del tipo 1 nelle aree di 500<br />
m di raggio intorno ai punti di presenza dell’Occhione,<br />
X2 è la superficie totale del tipo 1 nell’area<br />
di studio, Y1 è la superficie totale delle aree di 500<br />
m di raggio intorno ai punti di presenza dell’Occhione,<br />
Y2 è la superficie totale dell’area di studio.<br />
L’indice è compreso tra valori di -1 e +1; assume<br />
valori positivi se l’habitat è selezionato, negativi<br />
se non viene utilizzato e valori intorno allo zero se<br />
è usato al pari della disponibilità. L’indice è stato<br />
calcolato sulle seguenti categorie di uso del suolo:<br />
masserie e aree annesse (presenza di allevamento<br />
di bestiame, letamaie, cortili, iazzi, ecc.), seminativi,<br />
seminativi arborati, colture arboree (oliveti),<br />
boschi, pseudosteppa, formazioni a macchia mediterranea,<br />
corpi idrici.<br />
Risultati e discussione<br />
censimento delle coppie nidificanti 2004-2006<br />
all’interno della ZPS<br />
Complessivamente la specie ha risposto in 14<br />
(35%) dei 40 punti da cui è stato emesso il playback<br />
del canto territoriale (Fig. 1).<br />
A parte uno dei 14 punti in cui non erano presenti<br />
frammenti a pseudosteppa nell’area di 500 m di<br />
raggio intorno al punto di richiamo e a parte altri<br />
due punti in cui questi frammenti occupavano una<br />
superficie ridotta (rispettivamente 10.8% e 19.6%<br />
dell’area di 500 m di raggio), intorno agli altri 11<br />
punti i frammenti a pseudosteppa occupavano<br />
una percentuale compresa tra il 46.9% e il 96.0%<br />
(media = 64.6 ± 14.7DS) del buffer indagato.<br />
Sommando le 14 aree di 500 m di raggio, si<br />
ottiene un uso del suolo caratterizzato per il 55%<br />
da pseudosteppa, per il 35% da seminativi e per il<br />
88 89
10% da altre forme di uso del suolo (Fig. 2).<br />
Diversamente, l’uso del suolo intorno ai 26 punti<br />
in cui non sono state ottenute risposte, è carat-<br />
terizzato per il 63% da seminativi, per il 6% da<br />
seminativi arborati, per il 10.8 % da oliveti, per il<br />
16.5% da altre forme di uso del suolo e solo per<br />
il 3.7% dalla pseudosteppa (Fig. 3). In particolare,<br />
nell’area di 500 m di raggio intorno a ognuno dei<br />
Fig. 2 Uso del suolo nell’area ottenuta sommando<br />
le aree di 500 m di raggio intorno ai punti di presenza<br />
dell’Occhione (Cfr. Metodi)<br />
26 punti, i frammenti a pseudosteppa non hanno<br />
superato l’8% eccetto in un punto in cui hanno<br />
raggiunto il 32% dell’area.<br />
L’analisi con l’indice di Jacobs (Fig. 4), mostra che<br />
le aree arborate sia coltivate che naturali vengo-<br />
no evitate dalla specie, mentre sono selezionate<br />
la pseudosteppa e i corpi idrici. I seminativi non<br />
influenzano apparentemente la presenza o l’as-<br />
senza della specie.<br />
I risultati confermano la spiccata preferenza del-<br />
la specie per aree steppiche e pseudosteppiche,<br />
i pascoli e altri ambienti caratterizzati da una co-<br />
pertura erbacea scarsa (es: Meschini e Fraschet-<br />
ti, 1989, Heath, 1994, Rizzi et al., 1996, Santos e<br />
Suárez, 2005, Wolff, 2005). Comunque i nostri dati,<br />
in accordo con quanto osservato da altri autori<br />
(es.: nipkow, 1997), indicano che l’Occhione può<br />
accettare nel suo territorio anche ampie porzioni<br />
di ambienti coltivati. In alcuni casi il beneficio di<br />
questa scelta può derivare dall’incremento della<br />
diversificazione degli habitat trofici disponibili<br />
(Wolff, 2005). E’ stato osservato che alcuni individui<br />
della specie possono raggiungere zone di<br />
alimentazione notturne distanti anche più di un<br />
chilometro dal proprio territorio (Green, 2000).<br />
L’intensificazione delle pratiche agricole nella matrice<br />
intorno i frammenti di pseudosteppa può<br />
Fig. 3 Uso del suolo nell’area ottenuta sommando<br />
le aree di 500 m di raggio intorno ai punti in cui<br />
l’Occhione non ha risposto (Cfr. Metodi)<br />
contribuire quindi al declino dell’Occhione (Heath,<br />
1994, Aebischer et al., 2000, newton, 2004, Onrubia<br />
e Andrés, 2005, Sanderson et al., 2005).<br />
Fig. 4 Analisi dell’indice di Jacobs per l’Occhione<br />
nell’area di studio<br />
Conclusioni<br />
nell’area investigata dovrebbero essere presenti<br />
15-30 coppie di cui non più di 10 nella ZPS-SIC,<br />
ma futuri studi sono necessari per stabilire più approfonditamente<br />
le dimensioni della popolazione<br />
locale e mappare i territori delle coppie nidificanti.<br />
Inoltre, sarebbe opportuno effettuare censimenti<br />
in periodo invernale per stabilire l’entità della popolazione<br />
svernante e per individuare gli ambienti<br />
preferiti della specie in inverno.<br />
La causa principale della contrazione dell’areale<br />
dell’Occhione nelle regioni meridionali è probabilmente<br />
da attribuire alle trasformazioni fondiarie<br />
che hanno ridotto drasticamente le aree a<br />
vegetazione erbacea rada (Rizzi et al.,1996, 1997;<br />
vedi anche Heath, 1994, Onrubia e Andrés, 2005,<br />
Sanderson et al., 2005). Risulta prioritario quindi<br />
Il futuro dell’Occchione nella area delle Gravine è fortemente legato alla conservazione della pseudosteppa.<br />
conservare le residue aree a pseudosteppa per il<br />
loro ruolo fondamentale nel mantenimento della<br />
ridotta popolazione della specie nidificante nella<br />
ZPS. Inoltre, nelle aree a seminativi incluse nei<br />
territori dell’Occhione dovrebbero essere limitati<br />
drasticamente l’uso di pesticidi e pratiche agricole<br />
intensive.<br />
90 91<br />
M. MEnDI
RInGRAZIAMEnTI<br />
Si ringraziano Vittorio Giacoia, Francesco Barberio e Marco Gustin per l’aiuto offerto nella raccolta dei dati.<br />
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RIZZI V., CRIPEZZI V., PALUMBO G., 1996. Primi dati sulla densità dell’Occhione, Burhinus oedicnemus, in alcuni agroecosistemi<br />
marginali della Puglia, Basilicata e Calabria. In: L’avifauna degli ecosistemi di origine antropica, pp: 120-<br />
123. Monografia n.5 dell’ASOIM, Electa napoli<br />
RIZZI V., SCARAVELLI D., CRIPEZZI V., 1997. Distribuzione storica dell’Occhione (Burhinus oedicnemus Linnaeus) nella<br />
Daunia e analisi dei reperti museali. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina 27: 769-774.<br />
ROCHé J.C., 1990. Tous le oiseaux d’Europe – All the bird songs of Britain and Europe. Sittelle, Mens, France.<br />
SAnDERSOn F., DOnALD P.F., BURFIELD I.J., 2005. Farmland birds in Europe: from policy change to population decline<br />
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SAnTOS T., SUáREZ F,. 2005. Biogeography and population trends of iberian steppe birds. In: Bota G., Morales M.B.,<br />
Mañosa S., Camprodon J. (eds.) 2005. Ecology and conservation of steppe-land birds. Lynx Edicions & Centre<br />
Tecnologic Forestal de Catalunya, Barcelona, pp. 69-102.<br />
TInARELLI R., PARODI R., CAnDOn I., 1991. Sperimentazione di un metodo per il censimento dell’Occhione (Burhinus<br />
oedicnemus). Suppl. Ric. Biol. Selvaggina 17: 385-388.<br />
WOLFF A., 2005. Influence of landscape and habitat heterogeneity on the distribution of steppe-land birds in the Crau,<br />
Southern France. In: Bota G., Morales M.B., Mañosa S., Camprodon J. (eds.) 2005. Ecology and conservation of<br />
steppe-land birds. Lynx Edicions & Centre Tecnologic Forestal de Catalunya, Barcelona, pp. 69-102.<br />
COnCLUSIOnI<br />
La Zona a Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria denominato “Area delle Gravine”, pur<br />
avendo subito negli ultimi 50 anni importanti cambiamenti ambientali che hanno, in alcuni casi, stravolto la<br />
struttura stessa degli ecosistemi originari, conserva ancora aree con notevoli caratteristiche di naturalità e tali<br />
da consentire la sopravvivenza di una flora e di una fauna rara e d’interesse conservazionistico a livello Comunitario.<br />
Questo volume per la prima volta raccoglie studi, ricerche e monitoraggi riguardanti la poco investigata<br />
avifauna delle gravine ioniche della provincia di Taranto, colmando un vuoto storico di informazioni che,<br />
lungi da voler essere esaustivi e completi, hanno posto una base conoscitiva per ulteriori approfondimenti ed<br />
auspicabili studi e ricerche sul campo.<br />
Nella ZPS sono presenti oltre 600 specie botaniche, 70 specie di uccelli nidificanti, 30 specie di mammiferi,<br />
17 specie di rettili, 7 specie di anfibi, alcune delle quali risultano di importanza prioritaria per la conservazione<br />
a livello europeo e fanno della ZPS “Area delle Gravine” uno dei territori a maggiore biodiversità<br />
presenti a livello regionale.<br />
Sarà quindi fondamentale nei prossimi anni intensificare gli sforzi e adoperarsi con sempre maggior<br />
impegno, nella tutela e nella conservazione di questi ambienti tanto affascinanti, quanto ecologicamente peculiari<br />
e fragili.<br />
Numerosi purtroppo sono oggi i fattori di impatto negativi che direttamente o indirettamente insistono<br />
ed “accerchiano” gli ultimi baluardi naturali della ZPS.<br />
Dal ben conosciuto fenomeno dello spietramento, tanto diffuso purtroppo nella limitrofa Murgia di<br />
Nord-ovest, che ha visto ridurre notevolmente l’estensione dell’habitat di pseudosteppa, all’invadenza di<br />
un’agricoltura intensiva, che ha eroso anno dopo anno, inesorabilmente, fasce sempre più ampie di aree naturali,<br />
all’abuso di pesticidi, agli incendi ricorrenti che hanno drasticamente ridotto le superfici boschive.<br />
Purtroppo si affacciano all’orizzonte nuovi fattori negativi che potrebbero impoverire in maniera ancor<br />
più marcata il paesaggio e la fauna ornitica in particolare. Il mega eolico previsto nell’”Area delle Gravine”,<br />
oggi preoccupa per il suo mastodontico impatto visivo, che comporterà l’apertura di nuove strade, di nuovo<br />
cemento, e l’inevitabile impatto che avrà sull’avifauna.<br />
È noto infatti, che tutte le popolazioni di rapaci diurni e di migratori in particolare, subiscono effetti disastrosi<br />
dalla presenza di tali impianti. Studi effettuati per anni in altri paesi europei, in cui l’eolico è una realtà<br />
ormai consolidata da tempo, parlano chiaro: le collisioni sono un problema rilevante per la sopravvivenza dell’avifauna<br />
ed in particolare per le specie di rapaci diurni. Contenere la dimensione di tali impianti e relegarli in<br />
aree di scarso pregio paesaggistico, sufficientemente distanti dalle zone frequentate dall’avifauna migratoria e<br />
da quella stanziale di interesse conservazionistico, rappresentano scelte fondamentali per un corretta gestione<br />
dell’eolico nella “Terra delle Gravine”.<br />
Sapranno gli Enti gestori di tali Aree, i Comuni interessati, le popolazioni locali, salvaguardare e consegnare<br />
alle generazioni future questo vitale e straordinario patrimonio paesaggistico, naturalistico e floro- faunistico<br />
rappresentato dal mondo delle “gravine”?<br />
Sapranno ancora le gravine esercitare quel “fascino primordiale” sulle nuove generazioni, fascino che<br />
per millenni l’uomo ha elaborato positivamente, creando in esse dimore e insediamenti che ancora oggi stupiscono<br />
per la loro eco compatibilità e per il loro intrinseco rispetto della natura?<br />
92 93
indice<br />
L’ Avifauna di interesse comunitario<br />
delle gravine ioniche.<br />
Risultati di ricerche e monitoraggi<br />
effettuati nella ZPS e SIC “Area delle Gravine” dal 2004 al 2007.<br />
IL VOLO DEI <strong>RAPACI</strong><br />
P r e s e n t a z i o n e a c u ra d i M i c h e l e L o s a p p i o<br />
TERRA <strong>DELLE</strong> GRAVInE<br />
I n t r o d u z i o n e a c u ra d i G i u s e p p e C r i s t e l l a<br />
LO STATO DI COnSERVAZIOnE<br />
DEI <strong>RAPACI</strong> In PUGLIA<br />
a c u ra d i A n t o n i o S i g i s m o n d i<br />
IL PROGETTO<br />
InqUADRAMEnTO GEnERALE<br />
a c u ra d i V i t t o r i o G i a c o i a , Fi l i p p o B e l l i n i e M a r c o G u s t i n<br />
LA ZPS-SIC “AREA <strong>DELLE</strong> GRAVInE”<br />
DESCRIZIOnE DELL’ARIA DI STUDIO<br />
a c u ra d i V i t t o r i o G i a c o i a , Fi l i p p o B e l l i n i e M a r c o G u s t i n<br />
CAPOVACCAIO Neophron percnopterus<br />
a c u ra d i V i t t o r i o G i a c o i a e Fi l i p p o B e l l i n i<br />
LA TECnICA DELL’ HACKInG<br />
IL BILAnCIO DI qUATTRO AnnI DI ATTIVITà<br />
a c u ra d i G u i d o C e c c o l i n i e A n n a C e n e r i n i<br />
GRILLAIO Falco naumanni<br />
a c u ra d i M i c h e l e B u x<br />
nIBBIO BRUnO Milvus migrans<br />
a c u ra d i M a u r i z i o M a r r e s e<br />
nIBBIO REALE Milvus milvus<br />
a c u ra d i M a u r i z i o M a r r e s e<br />
LAnARIO Falco biarmicus<br />
a c u ra d i M a r i s a L a t e r z a e N i c o l a C i l l o<br />
Pag.2<br />
Pag.3<br />
Pag.4<br />
Pag.10<br />
Pag.12<br />
Pag.18<br />
Pag.30<br />
Pag.38<br />
Pag.42<br />
Pag.47<br />
Pag.52<br />
BIAnCOnE Circaetus gallicus<br />
a c u ra d i M a r i s a L a t e r z a e N i c o l a C i l l o<br />
<strong>RAPACI</strong> nOTTURnI<br />
a c u ra d i M i c h e l e B u x<br />
GUFO REALE Bubo bubo<br />
a c u ra d i S e r e n a S c o r ra n o<br />
MOnITORAGGIO DELLA COMUnITà ORnITICA<br />
a c u ra d i A l b e r t o S o ra c e , M a r c o G u s t i n e Fra n c e s c a Z i n t u<br />
ALAUDIDI<br />
a c u ra d i A l b e r t o S o ra c e , M a r c o G u s t i n e Fra n c e s c a Z i n t u<br />
OCCHIOnE Burhinus oedicnemus<br />
a c u ra d i A l b e r t o S o ra c e e Fi l i p p o B e l l i n i<br />
COnCLUSIOnI<br />
n. CILLO<br />
Pag.58<br />
Pag.64<br />
Pag.69<br />
Pag.74<br />
Pag.84<br />
Pag.88<br />
Pag.93