Il Cinghiale Corazzato - Comunità Antagonista Padana
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xh IL CINGHIALE MUSICALE a y<br />
di Giovanni Cristaldi<br />
Ascoltato per voi: The Real McKenzies – Off the Leash (2008)<br />
Nel panorama del punk celtico sono tre i nomi più noti: Flogging Molly, Dropkick Murphys e, naturalmente,<br />
i Real McKenzies. Personalmente, ritengo questi ultimi la formazione più interessante: non<br />
si ispirano all’Irlanda, rinunciando così a una certa aura di intellettualismo esistenziale (James Joyce!<br />
I pub di Dublino!), ma alla Scozia; e come sapete non amo i gruppi che si prendono troppo sul serio.<br />
Notiamo, tra parentesi, che i Real McKenzies potrebbero addirittura avere ispirato altri del filone,<br />
dato che sono attivi fin dall’inizio degli anni 90.<br />
Eppure, sono proprio loro a raccogliere tante recensioni<br />
negative. I motivi? Fingono di essere scozzesi<br />
quando invece sono canadesi, usano le cornamuse<br />
come un trucco, sono banali, e così via. Mi perdoneranno<br />
gli etnomusicologi che hanno la bontà di leggermi,<br />
ma a me questi discorsi interessano veramente<br />
poco; mi interessa invece la musica, il suono, le vibrazioni,<br />
tutte cose che per essere valutate non richiedono<br />
l’esame di un passaporto.<br />
E ritengo che l’ultimo album di questi ragazzi canadesi<br />
(diciamolo pure, non è un disonore) sia una prova<br />
non solo di grande maturità ma anche di spessore<br />
musicale non indifferente. Dagli esordi, il gruppo ha<br />
mostrato una costante crescita fino ad arrivare a un<br />
disco che ha qualcosa per tutti: ci sono atmosfere più<br />
rock e la novità di alcuni momenti più riflessivi, ma<br />
sempre con una grande cura delle melodie. E le cornamuse<br />
non sono un trucco, ma un elemento essenziale<br />
dello stile, dato che assumono quasi sempre la guida<br />
dei brani com’è giusto che sia. Questo significa usare<br />
uno strumento in modo intelligente, rispettandone le<br />
caratteristiche peculiari: non un ornamento esotico<br />
ma una caratteristica fondamentale del gruppo, come<br />
potrebbe essere un cantante dal timbro particolare o<br />
un chitarrista molto bravo.<br />
Una canzone su tutte? Senza dubbio “White Knuckle<br />
Ride”: splendido intro di cornamusa che introduce<br />
Folk Power: Kodo – Best of Kodo<br />
Talvolta si rischia di trovarsi intrappolati in schemi predefiniti:<br />
ad esempio, che il folk sia inteso solo come parte<br />
del patrimonio nordeuropeo. Questo può essere vero per<br />
il folk/metal, ma il folk in sé appartiene a tutti i popoli, e<br />
talvolta può essere decisamente power.<br />
Andiamo allora in Giappone e scopriamo i Kodo, un gruppo<br />
forse senza pari; ma sarebbe più corretto parlare di orchestra,<br />
vista la quantità dei membri e la variabilità della<br />
formazione a seconda delle canzoni. Dalla fondazione, avvenuta<br />
nel 1981, la ricerca dei Kodo si incentra sul taiko (o<br />
daiko), il tamburo tradizionale giapponese.<br />
il tema, poi una ritmica irresistibile lo rafforza;<br />
intermezzo ancora di cornamuse armonizzate<br />
e grande finale. Citiamo anche<br />
“The Maple Trees Remember”, un sorprendente<br />
numero country dove è protagonista<br />
un’ottima chitarra.<br />
Non solo divertimento e whisky, quindi, ma<br />
anche tanta sostanza per gli ascoltatori di<br />
mentalità aperta. A chi ama questo gruppo,<br />
dichiaratamente ruspante ma non superficiale,<br />
raccomando anche il resto della discografia,<br />
fatta di ottimi lavori magari più sul<br />
versante punk ma sempre godibili.