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Marco Ceccarelli APPUNTI DI CRISTOLOGIA BIBLICA

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PREPARAZIONE VETEROTESTAMENTARIA<br />

peccato, la morte diventa insopportabile; per questo l’uomo ha paura e si<br />

copre (vv. 9-11). In questi versetti vediamo lo sviluppo del peccato:<br />

frutto mangiato → conoscenza della nudità → paura<br />

tradotto: peccato → esperienza della morte → paura<br />

I.2.2 LA CON<strong>DI</strong>ZIONE DELL’UOMO<br />

Dobbiamo capire che questo “meccanismo” avviene a tutti noi. Il peccato,<br />

la trasgressione, si presenta come desiderabile, come buono per la nostra<br />

realizzazione. Al contrario la sottomissione alla legge appare come una limitazione,<br />

come una frustrazione. La tentazione ci invita sempre a qualcosa<br />

di buono. Il demonio fa un sofisma, cioè fa un ragionamento con il quale ci<br />

convince che quello che la legge dice essere un male è invece un bene. Peccando<br />

l’uomo compie un segno con il quale produce una frattura nei confronti<br />

di Dio. Ma siccome noi siamo creature e viviamo in quanto Dio ci dà<br />

l’esistenza, rompere con Dio provoca in me un smarrimento esistenziale; io<br />

non capisco più chi sono, perché vivo, da dove vengo e dove vado. Peccando<br />

mi sono fatto dio, sono effettivamente diventato dio di me stesso, come<br />

dirà Gen 3,22; però la realtà mi mostra che non sono dio, perché non ho potere<br />

sugli eventi, sulla malattia, sulla morte. Se prima era possibile accettare<br />

la precarietà della condizione umana perché il rapporto con Dio mi assicurava<br />

della sua protezione, del suo amore, ora avendo rotto con lui, avendo<br />

detto attraverso un segno concreto, cioè con il peccato, che Dio non mi ama,<br />

che Dio non c’è, allora tutto quello che va contro di me, tutto quello<br />

che mi minaccia, tutto quello che mi rappresenta la morte, diventa qualcosa<br />

di insostenibile, qualcosa di spaventoso. Il peccato produce in me una morte<br />

esistenziale ben più grave che la morte fisica 7 . In questo senso Sap 2,24 dirà<br />

che «per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo».<br />

[Occorre tenere presente che nel linguaggio biblico di tipo sapienziale la morte è<br />

molto spesso una realtà che si colloca all’interno di questa esistenza, di questa vita.<br />

I termini “morte” e “vita” acquistano una dimensione esistenziale; essi esprimono<br />

due “stati” dell’esistenza umana. Lo Sheol entra già nella nostra esistenza e ci<br />

schiaccia 8 . Ugualmente anche il concetto di “vita” si riferisce a qualcosa di molto<br />

7 Nella natura sembra essere annunciato che la morte fisica è solo momentanea.<br />

L’uomo ha sempre visto la natura morire e poi risorgere. Così è l’alternarsi della notte con<br />

il giorno, dell’inverno con l’estate; così è il ciclo della campagna dove la flora muore per<br />

poi rinascere in primavera. Quello che spaventa l’uomo non è tanto la morte fisica ma<br />

quella angoscia esistenziale di finitudine e di frustrazione che l’uomo sperimenta nel non<br />

riuscire a raggiungere veramente la sua propria realizzazione.<br />

8 Cfr. ad esempio Sal 16,10; 30,4; 40,3; ecc. Riguardo a questa tematica, cfr. H. J.<br />

KRAUS, Teologia dei Salmi, Brescia 1989, 271ss.<br />

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