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Marco Ceccarelli APPUNTI DI CRISTOLOGIA BIBLICA

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PREPARAZIONE VETEROTESTAMENTARIA<br />

di termini legati al “movimento”; il soggetto di tale movimento è il popolo<br />

e la direzione è generalmente quella di allontanamento da Jahveh. Il risultato<br />

di ciò è la rottura del rapporto “matrimoniale”, che viene espresso in<br />

termini di “separazione”. In 3,8 si parla esplicitamente di “mandare via”<br />

(shlh ) e di “documento di divorzio” (sêfer k e rîtut) con il quale Jahveh ha<br />

ratificato il ripudio del regno del Nord e che ora sta per ripetere con Giuda.<br />

Di ciò si fa accenno anche in 3,1 con l’espressione “se un uomo manda via<br />

(shlh ) sua moglie”. I due passi appena menzionati alludono evidentemente<br />

alla norma sul caso di divorzio riportata in Dt 24,1-4. Ci troviamo dunque<br />

in un contesto di rottura matrimoniale, che viene sancita, come è prescritto<br />

dalla legge, dal marito; è Jahveh che dichiara conclusa la relazione<br />

sponsale con il suo popolo. La gravità e l’apparente irrimediabilità della situazione<br />

sono descritte in più punti, ma in particolare in Ger 3,1:<br />

Se un uomo manda via la sua moglie, ed essa se ne va da lui e diventa di un altro<br />

uomo, forse che egli ritornerà a lei ancora?<br />

Il testo rimanda come già detto alle disposizioni di Dt 24,1-4, nel cui contesto<br />

si proibisce il ritorno al primo marito di una ripudiata che è andata in<br />

sposa ad un altro. Il riferimento a questa norma sembra segnalare la condizione<br />

irreversibile in cui si è venuto a trovare Israele; la domanda retorica<br />

porta a rispondere, proprio sulla base del testo deuteronomico, che una ripresa<br />

della relazione è diventata impossibile. Il rapporto di alleanza fra Jahveh<br />

e il popolo è estremamente compromesso e praticamente irrimediabile.<br />

La cosa strana però è che il Signore continua a parlare come se invece ci<br />

fosse ancora una possibilità di rimediare la situazione; Egli continua ad invitare<br />

la nazione al “ritorno”, alla conversione a Lui, come vediamo chiaramente<br />

in Ger 3,12:<br />

Va’ e proclama queste parole al nord e dì: Ritorna o apostata Israele, oracolo<br />

di Jahveh, non mi mostrerò sdegnato contro di te; poiché misericordioso<br />

(hâsîd)io sono, oracolo di Jahveh, non sarò risentito per sempre.<br />

Nonostante tutto Dio offre ad Israele, attraverso il profeta, una opportunità<br />

di ristabilire il rapporto, e il fondamento di tale insperata opportunità risiede<br />

nel fatto che Jahveh è h âsîd. C’è però una condizione che sta alla base di<br />

questa possibilità di ritorno, ed è il riconoscimento della propria colpa. Per<br />

il ristabilimento dell’alleanza al popolo è chiesto come condizione fondamentale<br />

una sincera ammissione dei propri peccati; Ger 3,13:<br />

Soltanto (’ach) riconosci la tua colpa, che contro Jahveh hai trasgredito.<br />

Perché ci sia un vero ritorno, perché si instauri di nuovo una relazione che<br />

sia duratura, è assolutamente necessario che il popolo riconosca la sua colpa.<br />

L’avverbio ’ach ha in questo caso tutta la forza di una condizione sine<br />

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