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Marco Ceccarelli APPUNTI DI CRISTOLOGIA BIBLICA

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PREPARAZIONE VETEROTESTAMENTARIA<br />

colui che ha il potere della morte, cioè il diavolo, e liberare coloro che per paura<br />

della morte erano tenuti in schiavitù per tutta la vita.<br />

Questi versetti sono una sintesi stupenda di antropologia e cristologia e ci<br />

mostrano come la seconda debba essere mantenuta in connessione con la<br />

prima. L’uomo si trova in una condizione di schiavitù permanente a causa<br />

della paura della morte. Questa condizione impedisce all’uomo di realizzare<br />

la sua vocazione, quella di donarsi all’altro, quella di amare. Amare significa<br />

morire per l’altro. Ma se io sono terrorizzato dalla morte, ogni volta che<br />

amare l’altro comporta morire a me stesso io sperimento una incapacità di<br />

farlo. Anche nei rapporti più intimi, romantici, o familiari, succede sempre<br />

lo stesso. Si ama fino ad un certo punto, fino a che l’altro non mi domanda<br />

troppo, fino a che l’altro corrisponde almeno in parte ai miei desideri, fino a<br />

che l’altro è come dico io. Ma quando l’altro diventa mio nemico, quando<br />

va contro tutte le mie idee e per amarlo devo annientarmi, questo diventa<br />

insopportabile e sperimento una incapacità a farlo, perché sono schiavo della<br />

paura della morte. L’uomo pare condannato ad essere frustrato, a non<br />

riuscire a realizzare la felicità per cui è stato creato. L’uomo è creato per<br />

amare, ma non può farlo.<br />

Tutto ciò è esplicitato molto bene in Rm 7,14-24. S. Paolo dice che c’è<br />

in noi il desiderio del bene, ma non la capacità di farlo (v. 18). Infatti il<br />

peccato non ha annullato in noi l’immagine di Dio. Ogni uomo sa nel suo<br />

profondo che la verità è amare, ma quando va per compiere il bene sperimenta<br />

in sé una forza che glielo impedisce. L’uomo vive in questa profonda<br />

divisione interiore; sa qual è il bene ma non riesce a farlo. E questa è<br />

l’origine delle sue frustrazioni. Raramente ci fermiamo a riflettere su questa<br />

realtà, perché guardare dentro noi stessi e accorgerci del vuoto che c’è ci<br />

terrorizza. Per questo l’uomo continuamente fugge, si aliena in tante cose,<br />

illudendosi di essere felice nel conseguimento di tante stupidaggini che lo<br />

lasceranno più vuoto e frustrato di prima. L’uomo creato per la relazione,<br />

per amare, per passare all’altro, dopo il peccato si trova chiuso in una prigione<br />

di morte, “schiavo del peccato” (v. 23). La relazione con Dio permette<br />

all’uomo di vivere in relazione con gli altri; ma la rottura della prima impedisce<br />

la seconda. L’uomo è dominato dalla legge del peccato che gli impedisce<br />

di realizzare la sua vocazione e di essere felice. Ciò significa appunto<br />

che l’uomo è schiavo. Per questo non è sufficiente il moralismo, un<br />

appello cioè alla volontà umana perché con le sue forze smetta di peccare e<br />

compia il bene; CCC 407:<br />

Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori<br />

nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi.<br />

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