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CAPITOLO 2 §8. EQUAZIONE DELLA RETTA IN ... - Ivan Cervesato

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<strong>CAPITOLO</strong> 2<br />

<strong>RETTA</strong><br />

<strong>§8.</strong> <strong>EQUAZIONE</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>RETTA</strong> <strong>IN</strong> FORMA ESPLICITA<br />

In questo capitolo studieremo la retta nel piano cartesiano; come il lettore sa già dallo studio della geometria<br />

euclidea, ricordiamo che la retta, al pari del punto e del piano, è considerata un ente geometrico primitivo,<br />

intuitivamente noto e di cui, pertanto, non si dà esplicita definizione (ciò al fine di evitare il problema di<br />

inaccettabili petizioni di principio).<br />

8.1 Rette parallele agli assi<br />

Cominciamo col considerare la situazione più semplice: sia data una retta r parallela all’asse delle ascisse,<br />

cui ci riferiremo nel seguito anche con la locuzione “retta orizzontale” (figura 8.1).<br />

Fig. 8.1 Rette orizzontali e verticali.<br />

Tale retta interseca l’asse y nel punto P di coordinate<br />

(0, a), dove a rappresenta un certo numero reale. Osservando<br />

la figura, ci si convince subito che tutti i punti<br />

della retta r sono caratterizzati dal fatto di avere la<br />

stessa ordinata: in altre parole, il punto P ′ ∈ r ha coordinate<br />

(x ′ , a); il punto P ′′ ∈ r ha coordinate (x ′′ , a),<br />

ecc. Questo significa che l’equazione della retta r è<br />

della forma:<br />

y = a (8.1)<br />

con x qualunque, ossia i punti appartenenti alla retta<br />

avranno coordinate della forma (x, a), dove x va pensato<br />

come variabile ed a come fissato.<br />

In modo totalmente analogo, la retta s parallela all’asse delle ordinate (“retta verticale”: vedasi nuovamente<br />

figura 8.1) interseca l’asse delle x nel punto di coordinate (b, 0), con b ∈ R: anche in questo caso è immediato<br />

constatare che tutti i punti della retta s sono caratterizzati dal fatto di avere la stessa ascissa: l’equazione<br />

della retta s è quindi della forma<br />

x = b (8.2)<br />

con y qualunque, ossia i punti appartenenti alla retta avranno coordinate della forma (b, y), dove y va pensato<br />

come variabile e b come fissato.<br />

In particolare, le equazioni degli assi cartesiani saranno:<br />

per l’asse delle y : x = 0 (8.3)<br />

per l’asse delle x : y = 0 (8.4)<br />

51


52 capitolo 2<br />

8.2 Breve digressione sul concetto di infinito<br />

Per motivi che saranno chiari tra poco, è opportuno affrontare una breve digressione sul concetto di infinito<br />

in matematica: occorre tenere conto che quanto sarà qui esposto ha carattere intuitivo, e verrà reso più<br />

rigoroso nel secondo volume, nell’ambito della teoria dei limiti.<br />

Il lettore sa già che la divisione per zero non ha significato algebrico: pertanto, quando si scrive<br />

n<br />

d<br />

si pone la condizione d = 0.<br />

Supponiamo ora che n sia un numero che per fissare le idee considereremo per il momento positivo: n > 0.<br />

Se calcoliamo il valore della frazione (8.5) con valori del denominatore d, che supporremo anch’esso positivo,<br />

via via più piccoli, evidentemente otteniamo che il valore della frazione (8.5) aumenterà al diminuire del<br />

denominatore. In altre parole, man mano che il denominatore “si avvicina” al valore zero (si pensi: d =<br />

0.1, 0.001, 0.000 000 1, . . .), il valore della frazione diventa “sempre più grande”: si dice che tale valore “si<br />

avvicina ad infinito”: anzi, visto che sia n sia d sono positivi, si dice che il valore della frazione “tende a più<br />

infinito”.<br />

In una forma puramente simbolica si usa pertanto scrivere<br />

(8.5)<br />

n<br />

= +∞ n > 0 (8.6)<br />

0 +<br />

dove la scrittura 0 + (leggasi “zero più”) sta a ricordare che il denominatore è pensato essere via via più<br />

piccolo (“vicino a zero”, “tendente a zero”) e positivo.<br />

In modo del tutto analogo potremmo pensare di dividere n per valori di d “molto prossimi” a zero, ma negativi<br />

(d = −0.1, −0.000 1, −0.000 001, . . .): in tal caso, il valore della frazione aumenta in valore assoluto, ma<br />

in effetti diminuisce sempre più, diventa via via sempre più piccolo (si ricordi che scrivendo, ad esempio, la<br />

successione −5, −500, −50 000 ecc., si stanno scrivendo numeri sempre più piccoli).<br />

Questo porta a scrivere<br />

n<br />

= −∞ n > 0 (8.7)<br />

0− dove – nuovamente – la scrittura 0 − (leggasi “zero meno”) sta a ricordare che il denominatore è pensato<br />

essere via via più piccolo (come prima: “vicino a zero”, “tendente a zero”) e negativo. Si dice questa volta<br />

che il valore della frazione “tende a meno infinito”.<br />

Qualora il numeratore fosse negativo (n < 0), verrebbe a valere un ragionamento analogo, solo che questa<br />

volta si avrebbe<br />

n<br />

= −∞<br />

0 + n < 0 (8.8)<br />

e<br />

n<br />

= +∞ n < 0 (8.9)<br />

0− (si osservi che ciò è pienamente coerente con la consueta “regola dei segni” in base alla quale il segno di una<br />

frazione è positivo se numeratore e denominatore sono concordi, negativo se sono discordi).<br />

Se si trascurano infine i segni del numeratore e del denominatore, e si pensa al valore di una frazione in cui<br />

il numeratore è costituito da un numero fissato, e il denominatore è costituito da un numero via via sempre<br />

“più piccolo”, ossia “tendente a zero”, si arriva a scrivere<br />

n<br />

= ∞ (8.10)<br />

0


etta 53<br />

Si osservi solo di sfuggita che le scritture dalla (8.6) alla (8.10) non sono in effetti in contraddizione con il<br />

“divieto di dividere per zero” che il lettore ha incontrato in Algebra al Biennio, in quanto i simboli “0 + ”,<br />

“0 − ”, “0” a denominatore non stanno a indicare il numero zero, ma numeri non nulli (negativi o positivi<br />

che siano) che sono pensati essere via via sempre più piccoli.<br />

Vale anche la pena di notare che l’“infinito”, che viene in questo modo introdotto e “parzialmente aritmetizzato”,<br />

non va comunque inteso come “un numero”. Il simbolo di infinito, ed espressioni del tipo sopra visto,<br />

sono scritture molto comode, il cui significato sarà approfondito, come si è detto, nel seguito.<br />

Per il momento sarà tuttavia sufficiente tenere a mente il significato delle (8.6)–(8.10) nel senso intuitivo<br />

esposto in questo paragrafo.<br />

8.3 Retta passante per l’origine<br />

Si consideri ora il caso di una retta r passante per l’origine O di un sistema di assi cartesiani ortogonali xOy<br />

(figura 8.2). Diamo subito la seguente<br />

DEF<strong>IN</strong>IZIONE 8.1 Chiamiamo angolo formato dalla retta r con l’asse delle ascisse l’angolo che il semiasse<br />

positivo delle x descrive per sovrapporsi alla retta r ruotando in senso antiorario.<br />

Fig. 8.2 Retta per l’origine<br />

In figura 8.2 tale angolo è stato indicato con α. Siano<br />

ora A(xA, yA), B(xB, yB), C(xC, yC),. . . dei punti<br />

giacenti nel I quadrante (distinti dall’origine) ed appartenenti<br />

alla retta r: poiché i triangoli AOA ′ , BOB ′ ,<br />

COC ′ ,. . . sono tra loro simili, è possibile scrivere<br />

AA ′ BB′ CC′<br />

= = = . . . (8.11)<br />

OA ′ OB ′ OC ′<br />

Essendo AA ′ = yA, OA ′ = xA, BB ′ = yB, OB ′ = xB,<br />

ecc., la (8.11) diventa<br />

yA<br />

xA<br />

= yB<br />

xB<br />

= yC<br />

xC<br />

= . . . (8.12)<br />

Questo significa che, sotto le ipotesi fatte, il rapporto tra le ordinate e le ascisse dei punti appartenenti alla<br />

retta è costante: tale costante è di solito indicata con la lettera m ed è detta coefficiente angolare della retta.<br />

yA<br />

xA<br />

= yB<br />

xB<br />

= yC<br />

xC<br />

= . . . = m (8.13)<br />

Considerando un generico punto P della retta (distinto dall’origine), di coordinate generiche (x, y), si ha<br />

y<br />

= m x = 0 (8.14)<br />

x<br />

La (8.14) vale in generale, cioè anche considerando punti della retta non appartenenti al I quadrante (quindi<br />

con coordinate di segno positivo o negativo), e rappresenta l’equazione di una retta passante per l’origine,<br />

ossia l’equazione di tutti e soli i punti di r, escludendo l’origine (0, 0) (il rapporto 0/0 non ha infatti significato<br />

algebrico).<br />

La (8.14) si pone di solito nella forma<br />

y = mx (8.15)<br />

che vale anche per x = 0, y = 0. Riassumendo, possiamo dire che


54 capitolo 2<br />

y = mx rappresenta l’equazione della generica retta passante per l’origine, ossia l’insieme di tutti e soli<br />

i punti per i quali il rapporto tra ordnata ed ascissa è costante; tale costante, indicata con la lettera m,<br />

è detta coefficiente angolare della retta.<br />

La (8.15) è anche detta equazione della proporzionalità diretta 1 tra le grandezze x ed y, con m costante di<br />

proporzionalità.<br />

Prima di approfondire il significato del coefficiente<br />

angolare, vediamo il seguente<br />

ESEMPIO 8.1 Sono date le equazioni<br />

y = 1<br />

1<br />

x y = 2x y = 3x y = −<br />

2 3 x<br />

Essendo equazioni della forma y = mx, deduciamo<br />

subito che si tratta di quattro rette passanti<br />

per l’origine, che chiameremo r, s, t, u, nell’ordine<br />

(figura 8.3).<br />

I coefficienti angolari sono quindi mr = 1/2,<br />

ms = 2, mt = 3, mu = −1/3. Per disegnare<br />

nel piano cartesiano le quattro rette, è sufficiente<br />

individuare due punti per ciascuna di esse: per<br />

tutte, un punto è certamente l’origine; per determinare<br />

un secondo punto, basta – come sappiamo<br />

– assegnare un valore arbitrario all’ascissa e ricavare<br />

l’ordinata corrispondente.<br />

Fig. 8.3 Rette per l’origine<br />

Per esempio, assumendo x = 2, per la retta r si ricava y = 1, e quindi r passa per A(2, 1); per la retta s<br />

scegliamo x = 1, ottenendo y = 2, quindi s passa per B(1, 2); per la retta t poniamo ancora x = 1, ottenendo<br />

y = 3, quindi t passa per C(1, 3); infine per la retta u scegliamo x = −3, ottenendo y = 1, quindi u passa<br />

per D(−3, 1). Con tali informazioni è possibile disegnare con facilità le quattro rette nel piano cartesiano.<br />

ESEMPIO 8.2 Assegnato il punto A(−2, −3), si chiede di determinare l’equazione della retta passante per<br />

O(0, 0) e per A: a tal fine sappiamo che l’equazione della retta è y = mx, dove occorre determinare il<br />

valore di m. Poiché la retta deve passare per A, imponiamo la condizione di passaggio per A, sostituendo le<br />

coordinate di tale punto nella retta generica y = mx: si ha −3 = m(−2), da cui m = 3/2: quindi y = (3/2)x<br />

è l’equazione della retta cercata.<br />

∗<br />

∗ ∗<br />

Come si intuisce anche solo dai casi esaminati nell’esempio 8.1, il coefficiente angolare è connesso alla “pendenza”<br />

della retta, ossia all’ampiezza dell’angolo α: per meglio comprendere la questione, sia y = mx la<br />

generica retta per l’origine. Consideriamo il punto P di tale retta che ha ascissa xP = 1: l’ordinata di P si<br />

ottiene dunque sostituendo in y = mx il valore xP = 1, cioè yP = m · 1 = m.<br />

1 Ricordiamo che dati due insiemi {x1, x2, x3, . . .} e {y1, y2, y3, . . .} di grandezze, tutte della stessa specie, in corrispondenza<br />

biunivoca (con xk corrispondente a yk), si dice che tali grandezze sono direttamente proporzionali quando è costante il rapporto<br />

m tra due qualunque grandezze corrispondenti, cioè se yk/xk = m ∀k.


Fig. 8.4 Coefficiente angolare e pendenza della retta.<br />

retta 55<br />

Anzitutto osserviamo che se m > 0, il punto P (1, m)<br />

si trova nel I quadrante (figura 8.3) e l’angolo α risulta<br />

acuto: la retta giace pertanto nel I e nel III quadrante.<br />

Viceversa, se m < 0 il punto P ′ (1, m) si trova nel IV<br />

quadrante, l’angolo α ′ risulta ottuso e la retta giace nel<br />

II e IV quadrante.<br />

In secondo luogo, supponiamo dapprima che sia m ><br />

0: osservando la figura 8.3 ci si convince subito che<br />

all’aumentare di m il punto P “si sposta” sempre<br />

più verso l’alto, la retta tende a porsi parallelamente<br />

all’asse delle y, ruotando in senso antiorario, e l’angolo<br />

α si avvicina al valore di 90 ◦ , restando però acuto<br />

(0 < α < 90 ◦ ). Se invece fosse m < 0, al diminuire<br />

di m il punto P ′ “si sposta” sempre più verso il basso,<br />

la retta tende ancora a disporsi parallelamente all’asse<br />

y, ma ruotando questa volta in senso orario, mentre<br />

l’angolo α ′ si avvicina al valore di 90 ◦ , restando però<br />

ottuso (90 ◦ < α ′ < 180 ◦ ).<br />

Se m = 0 si ha il caso banale y = 0 (asse x) e α = 0.<br />

Riassumendo, la discussione ora svolta mostra che al variare di m varia la pendenza della retta di equazione<br />

y = mx, e quindi l’angolo da essa formato con l’asse delle x: usando la terminologia introdotta nel precedente<br />

paragrafo, diremo che<br />

Fig. 8.5 Bisettrici dei quadranti.<br />

la retta verticale ha coefficiente angolare infinito (m = ∞),<br />

distinguendo i due casi:<br />

a) se la retta tende alla posizione verticale ruotando in senso<br />

antiorario (quindi con α < 90 ◦ ), diremo che m “tende”<br />

(“si avvicina”) a più infinito e scriveremo m = +∞ o<br />

anche m → +∞;<br />

b) se la retta tende alla posizione verticale ruotando in senso<br />

orario (quindi con α > 90 ◦ ), diremo che m “tende”<br />

(“si avvicina”) a meno infinito e scriveremo m = −∞ o<br />

anche m → −∞;<br />

È bene ripetere, tuttavia, che “infinito” non è “un numero”: l’equazione dell’asse y deve essere pertanto<br />

espressa come x = 0 e non può essere posta nella forma (8.15); analogamente, come già sappiamo, l’equazione<br />

di una retta verticale qualunque è x = a, con a costante, e non può essere scritta nella forma y = mx.<br />

Tra le rette passanti per l’origine si consideri ora la retta r che forma con l’asse x un angolo di α = 45◦ , che<br />

equivale a dire che r è la bisettrice del I e III quadrante. È immediato constatare (figura 8.5) che qualunque<br />

punto P ∈ r ha ascissa uguale all’ordinata: tale condizione si traduce scrivendo y = x (quindi m = 1), che<br />

rappresenta l’equazione della bisettrice in questione.


56 capitolo 2<br />

In modo del tutto analogo si può considerare la retta s che forma con l’asse x un angolo di α = 135 ◦ , che<br />

equivale a dire che s è la bisettrice del II e IV quadrante. Anche in questo caso è immediato constatare che<br />

qualunque punto Q ∈ s è caratterizzato dall’avere ascissa opposta all’ordinata: tale condizione si traduce<br />

scrivendo y = −x (quindi m = −1), che rappresenta l’equazione della bisettrice in questione.<br />

Riassumendo, si ha:<br />

bisettrice I e III quadrante: y = x (8.16)<br />

bisettrice II e IV quadrante: y = −x (8.17)<br />

8.4 Retta in posizione generica<br />

Vogliamo ora affrontare il problema di determinare l’equazione di una retta generica, che cioè non sia né<br />

parallela agli assi coordinati, né passante per l’origine.<br />

Fig. 8.6 Retta generica.<br />

A tal fine si consideri il sistema cartesiano S : xOy e<br />

sia r una generica retta che interseca l’asse delle y nel<br />

punto A(0, q) (figura 8.6). Consideriamo ora un secondo<br />

sistema di coordinate S ′ : XAY , ottenuto con una<br />

traslazione degli assi che porti l’origine proprio in A:<br />

in base alla (5.2) le relazioni che legano le coordinate<br />

nei due sistemi S e S ′ sono<br />

<br />

X = x<br />

(8.18)<br />

Y = y − q<br />

Nel sistema XAY la retta r passa per l’origine A e<br />

quindi ha equazione Y = mX.<br />

Per determinare l’equazione della retta nel sistema S iniziale, è sufficiente usare le (8.18): sostituendo si<br />

ottiene subito<br />

y − q = mx<br />

vale a dire<br />

y = mx + q (8.19)<br />

La (8.19) rappresenta l’equazione in forma esplicita della generica retta (con esclusione però della<br />

retta verticale che, come si è già detto, ha equazione x = a)<br />

Continuano ovviamente a valere anche in questo caso le considerazioni sopra svolte sul significato del coefficiente<br />

angolare:<br />

a) m > 0 implica che la retta forma un angolo acuto con l’asse delle ascisse;<br />

b) m < 0 implica che la retta forma un angolo ottuso con l’asse delle ascisse;<br />

c) m = 0 implica y = q, che come noto rappresenta una retta orizzontale.<br />

Per rappresentare graficamente sul piano cartesiano la retta di equazione y = mx+q è sufficiente determinare<br />

le coordinate di due punti della retta. A tal fine si assegneranno due valori arbitrari x1 e x2 alla variabile


etta 57<br />

indipendente x, ricavando i due valori corrispondenti y1 e y2 della variabile indipendente: sapendo che la<br />

retta passa per A(x1, y1) e per B(x2, y2), è possibile tracciare il grafico.<br />

ESEMPIO 8.3 Per disegnare la retta di equazione y = 2x − 4, attribuiamo alla x il valore x = 0, cui<br />

corrisponde y = −4; attribuiamo alla x il valore x = 3, cui corrisponde y = 2 · 3 − 4 = 2. La retta passa<br />

pertanto per A(0, −4) e B(3, 2): collocati tali punti nel piano cartesiano, si può tracciare la retta.<br />

8.5 Coefficiente angolare della retta<br />

Come si è detto poco sopra, data la retta r di equazione y = mx + q (quindi non verticale) è possibile<br />

individuare due punti della retta attribuendo alla x due valori arbitrari x1 e x2, ricavando i corrispondenti<br />

valori dell’ordinata: rispettivamente y1 e y2.<br />

Ciò equivale a dire che la retta passa per i due punti A(x1, y1) e B(x2, y2): risultano pertanto valide le due<br />

relazioni:<br />

y1 = mx1 + q<br />

e<br />

y2 = mx2 + q<br />

Se ora dalla seconda sottraiamo membro a membro la prima, otteniamo subito<br />

vale a dire<br />

y2 − y1 = mx2 − mx1<br />

m = y2 − y1<br />

≡<br />

x2 − x1<br />

y1 − y2<br />

x1 − x2<br />

(8.20)<br />

Tale espressione, che esiste in quanto r non è verticale (e quindi x1 = x2), permette di esprimere il coefficiente<br />

angolare di una retta generica in funzione delle coordinate di due suoi punti.<br />

ESEMPIO 8.4 La retta r passa per i due punti A(−3, −2) e B(1, −5); in base alla (8.20) il coefficiente angola<br />

della retta r è dato quindi da<br />

m = yA − yB<br />

=<br />

xA − xB<br />

−2 − (−5)<br />

= −3<br />

−3 − 1 4<br />

8.6 Distanza tra due punti: seconda formula<br />

Nel precedente §2 abbiamo ricavato la formula (2.1) che esprime la distanza tra due punti A(x1, y1) e B(x2, y2).<br />

Supponendo che sia x1 = x2 (se x1 = x2 i due punti appartengono ad una retta verticale, e la loro distanza<br />

è AB = |y2 − y1|), la (2.1) si può riscrivere come:<br />

AB = (x2 − x1) 2 + (y2 − y1) 2 <br />

<br />

<br />

= (x2 − x1) 2<br />

<br />

<br />

2 <br />

y2 − y1<br />

y2 − y1<br />

1 +<br />

= |x2 − x1| 1 +<br />

e quindi, usando la (8.20):<br />

x2 − x1<br />

x2 − x1<br />

AB = |x2 − x1| 1 + m 2 (8.21)<br />

(si noti la presenza del valore assoluto nel fattore “portato fuori” dal segno di radice).<br />

Come vedremo meglio nel seguito, l’uso di tale formula risulta preferibile quando occorre calcolare la distanza<br />

tra i due punti di intersezione di una retta con una curva del secondo ordine (la cui equazione sia cioè della<br />

forma F (x, y) = 0 dove F (x, y) è un polinomio di secondo grado): la (8.21) permette infatti di evitare il<br />

2


58 capitolo 2<br />

calcolo delle ordinate y1 e y2 dei punti di intersezione, valori che invece è necessario conoscere se si vuole<br />

applicare la (2.1).<br />

ESEMPIO 8.5 Calcolare la distanza tra i punti di intersezione tra la retta di equazione y = −x + 1 e la curva<br />

(circonferenza) di equazione x 2 + y 2 + 2x − y − 1 = 0: ponendo a sistema<br />

y = −x + 1<br />

x 2 + y 2 + 2x − y − 1 = 0<br />

ed eliminando la y, dopo brevi passaggi si ottiene l’equazione 2x 2 + x − 1 = 0 che dà x1 = −1 e x2 = 1/2,<br />

che sono le ascisse dei punti A e B di intersezione.<br />

Usando la (8.21), senza dovere calcolare le ordinate di A e B si ha subito<br />

AB = | 1<br />

2 + 1|1 + (−1) 2 = 3√<br />

2<br />

2<br />

§9. <strong>EQUAZIONE</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>RETTA</strong> <strong>IN</strong> FORMA IMPLICITA<br />

La (8.19) mostra che una generica retta del piano è rappresentata da un’equazione lineare in x e y (nel caso<br />

particolare di rette parallele agli assi si avrà solo la x o solo la y, come si è visto).<br />

Vogliamo ora mostrare che l’equazione generale di primo grado in x e in y:<br />

ax + by + c = 0 (9.1)<br />

rappresenta una qualunque retta del piano al variare dei tre coefficienti a, b, c (c è detto termine noto).<br />

Ciò può essere verificato senza difficoltà, analizzando i vari casi possibili:<br />

a) a = 0, b = 0, c = 0: dividendo per b ed esplicitando rispetto alla y la (9.1) assume la forma esplicita:<br />

y = − a c<br />

x −<br />

b b<br />

che evidentemente coincide con la (8.19) ponendo m = −a/b e q = −c/b.<br />

b) a = 0, b = 0, c = 0: la (9.1) viene a scriversi come ax + by = 0 che, ricavando la y, diventa y = −ax/b<br />

che rappresenta una retta passante per l’origine (della forma y = mx ponendo m = −a/b).<br />

c) a = 0, b = 0 e c ∈ R: la (9.1) diventa by + c = 0 che, esplicitata, dà y = −c/b, equazione di una retta<br />

orizzontale.<br />

d) a = 0, b = 0 e c ∈ R: la (9.1) diventa ax + c = 0 che, esplicitata, dà x = −c/a, equazione di una retta<br />

verticale.<br />

e) a = 0, b = 0, c = 0: il caso è banale: la (9.1), riducendosi ad un’identità, verificata per ogni coppia di<br />

numeri reali (x, y), rappresenta in effetti l’intero piano cartesiano.<br />

f) a = 0, b = 0, c = 0: anche questo è un caso banale, in quanto l’equazione c = 0 è impossibile e non è<br />

rappresentabile graficamente.<br />

Pertanto, due sono le possibili forme per l’equazione della retta generica: la (8.19) e la (9.1), rispettivamente<br />

in forma esplicita e in forma implicita.<br />

Si possono tenere presenti le seguenti osservazioni:<br />

1. in forma implicita la retta è determinata da due parametri (m e q), mentre in forma implicita i parametri<br />

sono tre (a, b, c);<br />

(9.2)


etta 59<br />

2. mentre la forma esplicita non descrive, come è stato detto, le rette verticali, la forma implicita le descrive<br />

(si veda il caso (d) poco sopra): in questo senso la (9.1) è più generale della (8.19).<br />

Qualora sia data una retta in forma implicita, può essere conveniente per prima cosa porla in forma esplicita:<br />

ESEMPIO 9.1 Porre in forma esplicita le rette 3x + 2y − 4 = 0 e 2x + 5 = 0: nel primo caso ricavando la y<br />

si ha subito y = −3x/2 + 2; nel secondo caso si tratta di retta verticale di equazione x = −5/2.<br />

§10. CONDIZIONI DI PARALLELISMO E PERPENDICOLARITÀ FRA RETTE<br />

Consideriamo subito il facile caso in cui due rette sono entrambe verticali: il loro coefficiente angolare non è<br />

a rigore definito (come abbiamo visto, è “infinito”).<br />

Fig. 10.1 Condizione di parallelismo.<br />

In tal caso è però del tutto immediato riconoscere il parallelismo<br />

tre le rette, che avranno equazioni della forma x = a e<br />

x = b, con a, b costanti. Consideriamo invece il caso di due<br />

rette r e s in posizione generica (quindi non verticali): ricordando<br />

quanto detto sul significato del coefficiente angolare<br />

di una retta, è del tutto immediato ricavare la condizione di<br />

parallelismo tra r ed s (figura 10.1). Infatti, se le due rette<br />

sono parallele, esse formano con l’asse delle ascisse angoli<br />

congruenti, e quindi hanno lo stesso coefficiente angolare;<br />

viceversa, a coefficienti angolari uguali corrispondono rette<br />

aventi la stessa pendenza, ossia formanti angoli congruenti<br />

con l’asse delle ascisse.<br />

Condizione di parallelismo fra rette: due rette di equazioni y = mx+q e y = m ′ x+q ′ risultano parallele<br />

se e solo se i due coefficienti angolari sono uguali, cioè se e solo se<br />

m = m ′<br />

(10.1)<br />

Se le rette sono in forma implicita (ax + by + c = 0 e a ′ x + b ′ y + c ′ = 0: cfr. §9), ricordando che m = −a/b<br />

la condizione di parallelismo diventa<br />

a a′<br />

=<br />

b b ′<br />

(10.2)<br />

ESEMPIO 10.1 Per stabilire se le due rette di equazione 3x + 4y − 2 = 0 e −6x + 8y + 3 = 0 sono parallele,<br />

basterà porle in forma esplicita e controllare se i coefficienti angolari sono uguali o no: avendosi, in concreto,<br />

che la prima retta in forma esplicita è y = 3x/4 − 1/2, la seconda è y = 3x/4 − 3/8, le due rette risultano<br />

effettivamente parallele.<br />

ESEMPIO 10.2 Parallela ad una retta data, passante per un punto assegnato (I metodo).<br />

Data la retta r di equazione y = 3x − 2 ed il punto A(2, 5), si chiede di determinare la retta s parallela<br />

ad r e passante per A. A tal fine si cominci con l’osservare che l’equazione della retta s sarà della forma<br />

y = mx + q: per trovare la retta occorre evidentemente determinare i valori di m e q. Sapendo che r//s, si<br />

può scrivere subito che l’equazione di s è y = 3x + q (in quanto per la (10.1) mr = ms). Per determinare q è<br />

sufficente applicare la Regola 1 di §7 (condizione di appartenenza/passaggio) e sostituire le coordinate di A<br />

in y = 3x + q: si ha 5 = 3 · 2 + q da cui q = −1. L’equazione della retta s è quindi y = 3x − 1.


60 capitolo 2<br />

Nel seguente §12.2 vedremo un secondo metodo per risolvere lo stesso problema.<br />

Consideriamo ora la condizione di perpendicolarità; osserviamo anzitutto che, anche in questo caso, verificare<br />

la perpendicolarità tra rette parallele agli assi è del tutto immediato: tali rette saranno tra loro perpendicolari<br />

se una ha coefficiente angolare nullo (cioè equazione della forma y = b) e l’altra ha coefficiente angolare infinito<br />

(cioè equazione della forma x = a).<br />

Siano quindi r ed s due rette passanti per l’origine e perpendicolari<br />

tra loro: naturalmente, il fatto di considerare<br />

rette per l’origine O non riduce la generalità del discorso,<br />

in quanto se le due rette perpendicolari si intersecassero<br />

in un punto A diverso da O, si potrebbe sempre effettuare<br />

una opportuna traslazione degli assi che porti l’origine del<br />

sistema proprio in A, riconducendosi al caso considerato.<br />

La retta r ha dunque equazione y = mx, la retta s ha<br />

equazione y = m ′ x (figura 10.2). Consideriamo ora il punto<br />

A ∈ r di ascissa x = 1: la rispettiva ordinata risulta<br />

evidentemente y = m · 1 = m; pertanto si ha A(1, m).<br />

Fig. 10.2 Condizione di perpendicolarità.<br />

In modo analogo sia B ∈ s con ascissa x = 1: quindi B(1, m ′ ). Ora, il triangolo AOH è rettangolo, quindi<br />

applicando il teorema di Pitagora si ha<br />

OA 2 = OH 2 + AH 2 = 1 2 + m 2 = 1 + m 2<br />

Analogamente, essendo anche OHB triangolo rettangolo, si ha<br />

OB 2 = OH 2 + BH 2 = 1 2 + m ′2 = 1 + m ′2<br />

Infine, anche il triangolo ABO è rettangolo, quindi, tenendo conto che AB = |m − m ′ |, si ha<br />

quindi<br />

da cui, semplificando, si ottiene subito<br />

AB 2 = AO 2 + BO 2<br />

(m − m ′ ) 2 = 1 + m 2 + 1 + m ′2<br />

m · m ′ = −1 oppure m = − 1<br />

m ′<br />

Condizione di perpendicolarità fra rette: due rette di equazioni y = mx + q e y = m ′ x + q ′ risultano<br />

perpendicolari se e solo se i due coefficienti angolari sono antireciproci, cioè se e solo se uno è l’opposto<br />

del reciproco dell’altro (oppure, equivalentemente, se e solo se il prodotto dei due coefficienti angolari è<br />

−1).<br />

(10.3)<br />

Anche in questo caso, se le rette sono in forma implicita (ax + by + c = 0 e a ′ x + b ′ y + c ′ = 0), ricordando<br />

che m = −a/b la condizione di perpendicolarità diventa<br />

<br />

− a<br />

<br />

b<br />

− a′<br />

b ′<br />

<br />

= −1


ovvero<br />

retta 61<br />

aa ′ + bb ′ = 0 (10.4)<br />

ESEMPIO 10.3 Stabilire se le due rette di equazioni y = 4x−3 e 2x−5y+1 = 0 sono perpendicolari: ponendo<br />

la seconda retta in forma esplicita si ha y = 2x/5 + 1/5. I due coefficienti angolari non sono antireciproci<br />

(m = 4 e m ′ = 2/5), perciò le due rette non sono perpendicolari.<br />

ESEMPIO 10.4 Perpendicolare ad una retta data, passante per un punto assegnato (I metodo).<br />

Data la retta r di equazione y = 3x − 2 ed il punto A(2, 5), si chiede di determinare la retta s perpendicolare<br />

ad r e passante per A.<br />

Come nel precedente Esempio 10.2, l’equazione della retta s sarà della forma y = mx + q: di nuovo, per<br />

trovare la retta occorre determinare i valori di m e q. Sapendo che r⊥s, si può scrivere subito che l’equazione<br />

di s è y = (−1/3)x + q (in quanto per la (10.3) mr = −1/ms).<br />

Per determinare q è sufficente applicare la Regola 1 di §7 (condizione di appartenenza/passaggio) e sostituire<br />

le coordinate di A in y = (−1/3)x + q: si ha 5 = (−1/3) · 2 + q da cui q = 17/3. L’equazione della retta s è<br />

quindi y = (−1/3)x + 17/3.<br />

Anche in questo caso, nel seguente §12.2 vedremo un secondo metodo per risolvere lo stesso problema.<br />

ESEMPIO 10.5 Simmetria rispetto alla bisettrice del I e III quadrante.<br />

Consideriamo i due punti P (x, y) e P ′ (x ′ , y ′ ), simmetrici<br />

rispetto alla bistettrice del I e III quadrante, di equazione<br />

y = x (figura 10.3). Vogliamo determinare quale relazione<br />

intercorre tra le coordinate dei due punti: a tal fine è sufficiente<br />

osservare che:<br />

1. il punto medio M del segmento P P ′ appartiene alla<br />

retta y = x, e quindi l’ascissa di M è uguale alla sua<br />

ordinata: xM = yM;<br />

2. il segmento P P ′ è perpendicolare alla retta y = x, e<br />

quindi il coefficiente angolare della retta su cui giace<br />

P P ′ è −1: mP P ′ = −1.<br />

Ora, le coordinate di M si ricavano subito:<br />

così come è immediato scrivere:<br />

xM = x′ + x<br />

2<br />

∧ yM = y′ + y<br />

2<br />

mP P ′ = y′ − y<br />

x ′ − x<br />

Le condizioni (1) e (2) danno così:<br />

⎧<br />

⎪⎨<br />

x<br />

⎪⎩<br />

′ + x<br />

2 = y′ + y<br />

2<br />

y ′ − y<br />

x ′ = −1<br />

− x<br />

Risolvendo tale sistema rispetto alla x ′ e alla y ′ si ottiene, dopo semplici passaggi:<br />

<br />

′ x = y<br />

y ′ = x<br />

Fig. 10.3 Simmetria rispetto a y = x.<br />

(10.5)<br />

(10.6)


62 capitolo 2<br />

Le trasformazioni (10.6) rappresentano la simmetria cercata:<br />

dato il punto P (x, y), le coordinate del suo simmetrico P ′ si ottengono semplicemente scambiando tra<br />

loro le due coordinate di P .<br />

Ad esempio, se P (−2, 3), allora P ′ (3, −2).<br />

Quanto visto per un punto si estende subito ad un insieme di punti, ovvero al grafico di una funzione di<br />

equazione y = f(x) o di una curva di equazione F (x, y) = 0: il grafico simmetrico si ottiene scambiando tra<br />

loro le due coordinate: x = f(y) o F (y, x) = 0.<br />

ESEMPIO 10.6 Data la retta r di equazione y = 3x − 1, la retta simmetrica di r rispetto alla bisettrice del<br />

I e III quadrante ha equazione x = 3y − 1 che naturalmente può essere esplicitata, all’occorrenza, rispetto<br />

alla y come y = x/3 + 1/3. In questo esempio la curva iniziale è rappresentata da una funzione, ed anche la<br />

simmetrica è ancora una funzione: non sempre ciò accade, come evidente dal seguente<br />

ESEMPIO 10.7 Data la curva (parabola) di equazione y = x 2 , la curva simmetrica rispetto alla y = x ha<br />

equazione x = y 2 , che non è una funzione (infatti un valore di x corrispondono due valori di y: y = √ x e<br />

y = − √ x).<br />

Si lascia come esercizio verificare che le equazioni della simmetria rispetto alla bisettrice del II e IV quadrante<br />

sono <br />

′ x = −y<br />

y ′ = −x<br />

(10.7)<br />

Pertanto la curva simmetrica della curva di equazione F (x, y) = 0 ha equazione F (−y, −x) = 0.<br />

ESEMPIO 10.8 Data la curva γ di equazione x 3 − y 2 + 2x − xy + 1 = 0, la simmetrica di γ rispetto alla retta<br />

y = −x è −y 3 − x 2 − 2y − xy + 1 = 0, ottenuta con le sostituzioni x → −y e y → −x.<br />

In particolare, se le trasformazioni (10.6) non mutano la forma della curva (cioè se F (x, y) = F (y, x)), si dice<br />

che la curva è simmetrica rispetto alla retta di equazione y = x.<br />

Analogamente, se le trasformazioni (10.7) non mutano la forma della curva (cioè se F (x, y) = F (−y, −x)), si<br />

dice che la curva è simmetrica rispetto alla retta di equazione y = −x.<br />

La seguente tabella completa la tabella 7.1 con le due simmetrie ora introdotte.<br />

simmetria rispetto a:<br />

asse x asse y origine y = x y = −x<br />

x → x<br />

y → −y<br />

x → −x<br />

y → y<br />

x → −x<br />

y → −y<br />

x → y<br />

y → x<br />

Tabella 10.1 Simmetrie elementari.<br />

x → −y<br />

y → −x<br />

§11. POSIZIONE RECIPROCA TRA DUE RETTE<br />

Dalla geometria elementare è noto che due rette nel piano possono intersecarsi (in uno e in un solo punto),<br />

possono essere parallele o possono essere coincidenti (in questo caso “banale” i punti in comune sono infiniti) 2 .<br />

2 Nello spazio due rette possono risultare anche sghembe: ciò accade quando le due rette non sono parallele ma, appartenendo<br />

a piani diversi, non hanno comunque punti in comune.


etta 63<br />

In base a quanto già visto in generale nel precedente §7, per stabilire le coordinate dell’intersezione (unica) di<br />

due rette incidenti, è sufficiente risolvere il sistema (7.4) costituito dalle equazioni delle due rette: se queste<br />

sono in forma esplicita, e supponendo che non siano rette verticali, si ha quindi<br />

<br />

y = mx + q<br />

y = m ′ x + q ′<br />

(11.1)<br />

Ovviamente, alla luce delle considerazioni svolte circa la condizione di parallelismo, si avrà che:<br />

1. se m = m ′ e q = q ′ , le due rette sono distinte e parallele, ed il sistema (11.1) risulta impossibile (nessuna<br />

soluzione);<br />

2. se m = m ′ e q = q ′ , le due rette sono in effetti coincidenti, ed il sistema (11.1) risulta indeterminato<br />

(infinite soluzioni);<br />

3. se m = m ′ le due rette sono incidenti in un sol punto, e l’unica soluzione del sistema (11.1) rappresenta<br />

le coordinate del punto di intersezione.<br />

Come caso particolare (banale) si possono considerare due rette verticali, di equazioni x = a e x = b (con<br />

a = b: se a = b le due rette coincidono): è chiaro che le due rette risultano parallele tra loro.<br />

Qualora una delle rette fosse verticale, e l’altra no, il sistema (11.1) assumerebbe la forma<br />

x = a<br />

y = mx + q<br />

(11.2)<br />

che dà una sola soluzione.<br />

§12. FASCI DI RETTE<br />

Numerosi problemi di Geometria Analitica possono essere risolti in modo rapido, ossia con notevole risparmio<br />

di calcoli, utilizzando il cosiddetto “metodo dei fasci”: in questo paragrafo vogliamo proprio studiare<br />

l’argomento, considerando il caso dei fasci di rette. Si può sottolineare che le tecniche-base, che in questa<br />

sede applicheremo proprio alle rette, sono fondamentalmente comuni anche ad altre curve: una buona<br />

comprensione del caso dei fasci di rette sarà pertanto di notevole ausilio per affrontare il restante percorso.<br />

Segnaliamo subito che nei due seguenti paragrafi affronteremo la questione in termini più elementari; nel<br />

seguente §12.3, invece, torneremo su quanto visto in modo un po’ più generale.<br />

12.1 Fascio improprio<br />

Cominciamo col considerare la seguente<br />

DEF<strong>IN</strong>IZIONE 12.1 Chiamiamo fascio improprio di rette l’insieme di tutte le rette del piano tra loro parallele.<br />

In Geometria Analitica l’equazione di un fascio improprio di rette (non verticali) è del tutto immediata: basta<br />

infatti considerare l’equazione generica della retta:<br />

y = mx + k (12.1)<br />

nella quale il coefficiente angolare m è fissato e l’intercetta q = k è pensata come variabile: fissare m, in base a<br />

quanto detto sul significato del coefficiente angolare, significa proprio fissare la direzione, ossia l’inclinazione<br />

(o pendenza) delle rette. Pertanto, assegnando a k valori diversi, 3 si otterranno rette distinte, tra loro<br />

parallele.<br />

3 Per indicare un parametro una diffusa consuetudine tende ad usare, tipicamente, le lettere k, h, m; accanto a queste si<br />

usano anche le prime lettere dell’alfabeto (a, b, . . .), o lettere greche: λ, µ, . . .. Sotto il profilo strettamente matematico, in un<br />

certo senso “una lettera vale l’altra”, ed anche l’uso della lettera q sarebbe stato accettabile. Sotto il profilo dell’“intuizione”, è<br />

tuttavia consigliabile conformarsi alla consuetudine, in modo tale che “certe” lettere siano associate automaticamente a “certi”<br />

usi.


64 capitolo 2<br />

Chiameremo retta base del fascio la retta corrispondente a<br />

k = 0, ossia la retta passante per l’origine (di equazione<br />

y = mx), alla quale tutte le altre rette del fascio risultano<br />

parallele.<br />

Come al solito, la (12.1) non rappresenta un fascio di rette<br />

verticali: questo avrà, banalmente, equazione<br />

x = k con k ∈ R (12.2)<br />

La (12.1) comprende invece il caso di rette orizzontali: qui<br />

si ha m = 0, e l’equazione del fascio è<br />

Fig. 12.1 Fascio improprio di rette.<br />

y = k con k ∈ R (12.3)<br />

ESEMPIO 12.1 Vogliamo scrivere l’equazione del fascio di rette parallele alla retta r di equazione 8x+4y−3 =<br />

0; a tal fine, esplicitando, si ha y = −2x + 3/4, quindi m = −2: l’equazione cercata, che rappresenta tutte le<br />

rette parallele ad r, è dunque semplicemente y = −2x + k.<br />

L’equazione del fascio di rette perpendicolari alla retta r è invece y = (1/2)x+k: infatti il coefficiente angolare<br />

di queste rette è l’antireciproco del coefficiente angolare della retta r.<br />

Fig. 12.2 Fascio proprio di rette.<br />

12.2 Fascio proprio<br />

DEF<strong>IN</strong>IZIONE 12.2 Chiamiamo fascio proprio di rette<br />

l’insieme di tutte le rette del piano passanti per un punto<br />

fissato, detto centro del fascio.<br />

Per ricavare l’equazione del fascio, sia P (x0, y0) un punto<br />

fissato del piano cartesiano. Imponendo che la generica<br />

retta del piano y = mx + q passi per P , otteniamo y0 =<br />

mx0 + q, cioè q = y0 − mx0. Sostituendo tale valore nella<br />

generica retta del piano si ha quindi y = mx + y0 − mx0<br />

ossia<br />

y − y0 = m(x − x0) (12.4)<br />

che rappresenta l’equazione del fascio proprio passante per P : questo significa che attribuendo valori diversi<br />

ad m, pensato questa volta come parametro variabile in R, otterremo rette diverse, tutte passanti per P .<br />

Come al solito, la (12.4) non rappresenta la retta verticale passante per P , retta che ovviamente ha equazione<br />

x = x0: l’insieme di tutte le rette per P potrà quindi essere scritto come<br />

x = x0<br />

y − y0 = m(x − x0) con m ∈ R<br />

(12.5)<br />

ESEMPIO 12.2 Si vuole scrivere il fascio proprio di rette passanti per P (−2, 3): la (12.5) applicata al caso


in esame, in cui x0 = −2 e y0 = 3, dà<br />

x = −2<br />

y − 3 = m(x + 2) con m ∈ R<br />

(si faccia attenzione ai segni. . . )<br />

retta 65<br />

ESEMPIO 12.3 Parallela ad una retta data, passante per un punto assegnato (II metodo).<br />

Riprendiamo l’Esempio 10.2: data la retta r di equazione y = 3x − 2 ed il punto A(2, 5), si chiede di<br />

determinare la retta s parallela ad r e passante per A. Usiamo questa volta il metodo dei fasci, e scriviamo<br />

l’equazione del fascio di rette passanti per A:<br />

y − 5 = m(x − 2) (12.6)<br />

La condizione di parallelismo ci dà immediatamente che mr = ms = 3: sostituendo nell’equazione (12.6) il<br />

valore m = 3 si ottiene subito l’equazione della retta cercata: y − 5 = 3(x − 2), ossia y = 3x − 1.<br />

ESEMPIO 12.4 Perpendicolare ad una retta data, passante per un punto assegnato (II metodo).<br />

In modo del tutto analogo, riprendiamo l’Esempio 10.4: data la retta r di equazione y = 3x − 2 ed il punto<br />

A(2, 5), si chiede di determinare la retta s perpendicolare ad r e passante per A. Usiamo, di nuovo, il metodo<br />

dei fasci: l’equazione del fascio di rette passanti per A è ancora dato dalla (12.6) dove, questa volta, il valore<br />

di m è l’antireciproco di 3 (condizione di perpendicolarità): ms = −1/3. Sostituendo nella (12.6) tale valore,<br />

si ottiene subito l’equazione della retta cercata: y − 5 = −1/3(x − 2), ossia y = (−1/3)x + 17/3.<br />

Come si vede anche solo dagli ultimi due esempi, il metodo dei fasci consente un sensibile risparmio di tempo<br />

e di calcoli. Nel seguito avremo modo di tornare a verificare, in modo ancora più evidente, la bontà di tale<br />

metodo.<br />

12.3 Fasci generati da due rette<br />

Vogliamo ora affrontare lo studio dei fasci di rette da un punto di vista più generale.<br />

Consideriamo due rette distinte r ed s, che supporremo per il momento incidenti nel punto P (x0, y0), di<br />

equazioni:<br />

r : ax + by + c = 0 (12.7)<br />

e<br />

s : a ′ x + b ′ y + c ′ = 0 (12.8)<br />

Poichè le rette sono incidenti, ricordando la (10.2) sarà a/b = a ′ /b ′ .<br />

Siano λ, µ due parametri reali non contemporaneamente nulli; si consideri l’equazione<br />

λ(ax + by + c) + µ(a ′ x + b ′ y + c ′ ) = 0 (12.9)<br />

ottenuta a partire dalle equazioni delle rette date. La (12.9) prende il nome di combinazione lineare generata<br />

dalle equazioni delle rette r ed s.<br />

Fissati λ e µ, la (12.9) è un’equazione lineare in x e y e rappresenta quindi una retta t; poiché sia r sia s<br />

passano per il punto P , si ha ax0 + by0 + c = 0 e contemporaneamente a ′ x0 + b ′ y0 + c ′ = 0, quindi anche la<br />

retta t passa per P (le coordinate di P inserite nella (12.9) danno cioè un’identità).<br />

L’equazione della retta t si può ottenere moltiplicando e raccogliendo nella (12.9), fino ad ottenere<br />

(λa + µa ′ )x + (λb + µb ′ )y + (λc + µc ′ ) = 0 (12.10)<br />

Al variare di λ e di µ la (12.9) – o la (12.10) – rappresenta tutte le rette passanti per P , ossia il fascio proprio<br />

di centro P .


66 capitolo 2<br />

In particolare, per λ = 0, la combinazione lineare (12.9) “restituisce” la retta s e, analogamente, per µ = 0<br />

la (12.9) si riduce alla retta r: tali rette sono dette generatrici del fascio.<br />

L’uso di due parametri può essere evitato dividendo la (12.9) per (ad esempio) λ:<br />

ponendo ora k = µ/λ, la (12.9) viene a scriversi:<br />

ax + by + c + µ<br />

λ (a′ x + b ′ y + c ′ ) = 0 (12.11)<br />

ax + by + c + k(a ′ x + b ′ y + c ′ ) = 0 (12.12)<br />

che rappresenta l’equazione del fascio in un solo parametro k ∈ R: se k = 0 si ottiene, nuovamente, la retta<br />

r (prima generatrice); la retta s non viene invece rappresentata per alcun valore finito di k.<br />

Se però si ricorda (si veda poco sopra) che la retta s si otteneva dalla (12.9) per λ = 0, ricordando quanto si<br />

è detto in <strong>§8.</strong>2 a proposito di infinito, si ha che la retta s (seconda generatrice) si ottiene dalla (12.12) per<br />

k = µ/0 = ∞.<br />

Pertanto, la (12.9) rappresenta, al variare di λ e µ, tutte le rette per P , ma ha lo “svantaggio” di essere<br />

un’equazione in due parametri; la (12.12) rappresenta, al variare dell’unico parametro k, tutte le rette per P<br />

tranne la seconda generatrice s.<br />

In base a quanto detto, tuttavia, diremo per convenzione che la seconda generatrice si ottiene dalla (12.12)<br />

in corrispondenza di k = ∞.<br />

In analogia con la (12.10), la (12.12) può anche essere scritta come<br />

(a + ka ′ )x + (b + kb ′ )y + (c + kc ′ ) = 0 (12.13)<br />

in cui è ben visibile che i coefficienti di x ed y ed il termine noto vengono a dipendere da k, al variare del<br />

quale si ottengono diverse rette passanti per P .<br />

Il coefficiente angolare della (12.13) risulta subito dato da<br />

a + ka′<br />

m = −<br />

b + kb ′<br />

(12.14)<br />

Poichè le generatrici sono incidenti, a/b = a ′ /b ′ , cioè a/a ′ = b/b ′ : ma allora m dato dalla (12.14) viene<br />

effettivamente a dipendere da k, in quanto<br />

a′<br />

a + ka′ + k a m = − = −a(1<br />

b + kb ′ )<br />

b(1 + k b′<br />

b )<br />

e le quantità 1 + ka ′ /a e 1 + kb ′ /b non possono essere semplificate.<br />

(12.15)<br />

Se viceversa le due generatrici iniziali fossero parallele, se cioè fosse a/b = a ′ /b ′ , il che significa a/a ′ =<br />

b/b ′ , nella (12.15) si potrebbero semplificare le due parentesi a numeratore e denominatore, ottenendo m =<br />

−a/b =costante: in altre parole, tutte le rette del fascio, avendo stesso coefficiente angolare, risulterebbero<br />

tra loro parallele. Se le generatrici sono parallele si ottiene quindi un fascio improprio.<br />

Riassumendo:


etta 67<br />

un’equazione lineare della forma (12.13), in cui i coefficienti di x e di y ed il termine noto dipendono<br />

linearmente da un parametro k ∈ R, rappresenta<br />

• un fascio di rette proprio se il coefficiente angolare (12.14) è funzione di k;<br />

• un fascio di rette improprio se il coefficiente angolare è costante.<br />

Assegnato un fascio nella forma (12.14), e verificato che si tratta di un fascio proprio, il centro del fascio<br />

può essere calcolato intersecando le due generatrici, dopo averle individuate scrivendo il fascio nella forma<br />

(12.12).<br />

In alternativa, per trovare il centro del fascio è anche possibile assegnare a k due valori arbitrari distinti,<br />

ottenendo così due rette del fascio, ed intersecare tali rette.<br />

Quanto fin qui visto può essere meglio compreso seguendo attentamente i seguenti esempi.<br />

ESEMPIO 12.5 Consideriamo il punto P (x0, y0): due rette che passano per P sono date evidentemente dalla<br />

retta verticale x = x0 e dalla retta orizzontale y = y0: in forma implicita tali rette assumono la forma<br />

x − x0 = 0 e y − y0 = 0: facendo una combinazione lineare di tali equazioni si ottiene subito<br />

y − y0 + k(x − x0) = 0 cioè y − y0 = −k(x − x0)<br />

che, ponendo −k = m (cioè “cambiando nome” al parametro, come è possibile fare), evidentemente coincide<br />

con la (12.4).<br />

Lo studio dei fasci generati da due rette consente quindi di ritrovare l’equazione (12.4), ricavata in precedenza<br />

sulla base di considerazioni elementari.<br />

ESEMPIO 12.6 Data l’equazione<br />

(2k + 1)x + (k − 1)y − 2k + 1 = 0 k ∈ R (12.16)<br />

a) verificare che rappresenta un fascio proprio, di cui si chiedono le generatrici e il centro;<br />

b) stabilire per quale valore di k la (12.16) rappresenta una retta passante per A(2, 1) e per quale valore una<br />

retta passante per B(1, 0);<br />

c) stabilire per quale valore di k la (12.16) rappresenta una retta parallela alla retta r : y = 4x − 5;<br />

d) stabilire per quale valore di k la (12.16) rappresenta una retta perpendicolare alla retta s : y = −3x + 8;<br />

e) stabilire per quali valori di k la (12.16) rappresenta rette che formano angoli acuti con l’asse delle x;<br />

f) rappresentare graficamente l’andamento delle rette del fascio.<br />

a) L’equazione è lineare in x e y, ed i coefficienti dipendono linearmente dall’unico parametro k; esplicitando<br />

rispetto alla y si ottiene<br />

y = −<br />

2k + 1 2k − 1<br />

x +<br />

k − 1 k − 1<br />

2k + 1<br />

⇒ m = −<br />

k − 1<br />

(con k = 1)<br />

quindi m dipende da k: l’equazione rappresenta quindi un fascio proprio di rette. In particolare, per<br />

k = 1 la (12.16) diventa 3x − 1 = 0, cioè x = 1/3 (retta verticale, coefficiente angolare infinito).


68 capitolo 2<br />

Riscrivendo la (12.16) nella forma<br />

x − y + 1 + k(2x + y − 2) = 0<br />

si deduce che la prima generatrice (ottenuta per k = 0) ha equazione x−y+1 = 0, la seconda generatrice<br />

(k = ∞) 2x + y − 2 = 0. Intersecando tali rette è immediato ricavare che il centro del fascio è il punto<br />

P (1/3, 4/3).<br />

b) Per determinare il valore di k in corrispondenza del quale la (12.16) rappresenta la retta passante per il<br />

punto A(2, 1), è sufficiente applicare la condizione di passaggio per un punto, sostituendo nella (12.16)<br />

le coordinate di A: si ha (2k + 1) · 2 + (1 − 1) · 1 − 2k + 1 = 0 da cui k = −3/2: per tale valore del<br />

parametro la (12.16) diventa 4x + 5y − 8 = 0 (si verifichi), che rappresenta la retta cercata.<br />

Per risolvere lo stesso quesito applicato al punto B(1, 0), sostituiamo nuovamente tali coordinate nella<br />

(12.16): si ottiene 1 + 2k − 2k + 1 = 0 che equivale all’equazione impossibile 2 = 0: questo significa che<br />

non esistono valori finiti di k per i quali la (12.16) dà una retta per B. Necessariamente dovrà essere<br />

la seconda generatrice (per k = ∞) a passare per B, come in effetti succede.<br />

c) Per la condizione di parallelismo il coefficiente angolare della generica retta del fascio deve essere uguale<br />

a mr = 4:<br />

2k + 1<br />

− = 4<br />

k − 1<br />

⇒ k = 1/2<br />

e la retta in questione si ottiene sostituendo tale valore di k nella (12.16).<br />

Fig. 12.4 Fascio proprio di rette.<br />

d) Per la condizione di perpendicolarità il coefficiente angolare<br />

della generica retta del fascio deve essere uguale<br />

all’antireciproco di ms = −3, cioè deve essere uguale<br />

a 1/3:<br />

2k + 1 1<br />

− =<br />

k − 1 3<br />

⇒ k = −2/7<br />

e, di nuovo, la retta in questione si ottiene sostituendo<br />

tale valore di k nella (12.16).<br />

e) In base a quanto sappiamo sul coefficiente angolare, le<br />

rette formeranno angoli acuti con l’asse delle ascisse<br />

se m > 0, cioè se<br />

2k + 1<br />

− > 0 ⇒ −1 < k < 1<br />

k − 1 2<br />

f) Da ultimo, per dare una rappresentazione grafica dell’andamento del fascio, conviene anzitutto disegnare<br />

le due generatrici (figura 12.4), avendo cura di porre sul grafico, accanto a ciascuna generatrice, il valore<br />

di k (0 o ∞) corrispondente. Per stabilire quindi come le rette del fascio si collocano al variare di k<br />

sarà sufficiente assegnare a k un valore arbitrario e rappresentare la retta corrispondente: per esempio,<br />

nel caso in esame se k = 2 si ha la retta y = −5x + 3. Tale retta si colloca tra la prima e la seconda<br />

generatrice nella posizione indicata: essendo k = 2 un valore positivo, si può dedurre che all’aumentare<br />

di k dal valore 0 a valori via via più grandi, le rette del fascio “ruotano” dalla prima alla seconda<br />

generatrice in senso antiorario. Viceversa, al passare di k dal valore 0 a valori (negativi) via via più<br />

piccoli, le rette ruotano in senso orario dalla prima alla seconda generatrice.


ESEMPIO 12.7 Data l’equazione<br />

retta 69<br />

(k − 3)x + (3 − k)y + k = 0<br />

è facile rendersi conto che essa rappresenta effettivamente un fascio di rette (cfr. il punto (a) del precedente<br />

Esempio): essendo però questa volta<br />

m = − a − 3<br />

= −k = 1<br />

b 3 − k<br />

il coefficiente angolare non dipende da k: si tratta quindi di un fascio improprio.<br />

Scrivendo l’equazione del fascio nella forma<br />

−3x + 3y + k(x − y + 1) = 0<br />

si ricavano le equazioni delle due generatrici (che sono parallele): la prima (per k = 0) è −3x + 3y = 0, la<br />

seconda (per k = ∞) è x − y + 1 = 0.<br />

ESEMPIO 12.8 Fascio in due parametri. L’equazione in due parametri k, h:<br />

x(2k + h) + y(h − k) + k = 0 (12.17)<br />

è della forma (12.10) (dove i parametri là erano λ e µ, e qui k e h: ma la cosa è ovviamente irrilevante). Con<br />

semplici passaggi la (12.17) si può scrivere nella forma (12.9) come<br />

k(2x − y + 1) + h(x + y) = 0<br />

che consente di evidenziare le due generatrici 2x − y + 1 = 0 e x + y = 0 (la cui intersezione dà il centro del<br />

fascio.)<br />

Invece, l’equazione in due parametri k, h:<br />

x(2k + 3h) + hy + k − 1 = 0 (12.18)<br />

rappresenta infinite rette, ma non un fascio, in quanto non è possibile in questo caso determinare le due<br />

generatrici, ossia non è possibile ricondurre la (12.18) alla forma (12.9).<br />

ESEMPIO 12.9 Nell’equazione<br />

(1 + k 2 )x + (2k + 3)y − k 2 + 1 = 0<br />

i coefficienti non dipendono linearmente dal paramentro k, quindi l’equazione lineare in x e in y rappresenta<br />

infinite rette (una famiglia di rette) al variare di k, ma non rappresenta un fascio, non essendo riconducibile<br />

alla forma (12.9) o (12.12).<br />

ESEMPIO 12.10 Si chiede di determinare la retta che i due fasci di rette x − 1 + k(x + y) = 0 e y − 2 + h(y −<br />

x + 1) = 0 hanno in comune: allo scopo basta osservare che tale retta sarà quella passante per i centri dei due<br />

fasci. Si verifica subito che il primo fascio ha centro in C(1, −1): basterà quindi sostituire le coordinate di<br />

tale punto nel secondo fascio per trovare h = −3 e quindi la retta richiesta, che ha equazione 3x − 2y − 5 = 0.<br />

§13. <strong>RETTA</strong> PER DUE PUNTI<br />

Siano A(x1, y1) e B(x2, y2) due punti assegnati, di coordinate note: si chiede di determinare la retta passante<br />

per tali punti.<br />

Per risolvere il problema possiamo procedere, sulla base di quanto esposto nei precedenti paragrafi, in vari<br />

modi. Osserviamo però dapprima che


70 capitolo 2<br />

• se A e B hanno uguale ascissa (x1 = x2), allora è immediato dedurre che la retta cercata è una retta<br />

verticale, di equazione x = x1;<br />

• se A e B hanno uguale ordinata (y1 = y2), allora è immediato dedurre che la retta cercata è una retta<br />

orizzontale, di equazione y = y1.<br />

Supponiamo quindi, come caso generale, che i due punti abbiano ascisse ed ordinate tra loro distinte, sia cioè<br />

x1 = x2 e y1 = y2.<br />

I metodo.<br />

Si tratta di determinare m e q nell’equazione y = mx + q della retta generica: a tal fine basterà imporre che<br />

la retta generica passi per A e per B, sostituendo in essa le coordinate dei due punti, e risolvere il sistema<br />

nelle incognite m e q che così si ottiene, come nel seguente<br />

ESEMPIO 13.1 Dati di due punti A(2, 1) e B(4, 5), imponiamo la condizione di passaggio:<br />

1 = m · 2 + q<br />

5 = m · 4 + q<br />

Risolvendo il sistema si ricava m = 2 e q = −3, da cui la retta cercata: y = 2x − 3.<br />

II metodo.<br />

Usiamo il metodo dei fasci, e scriviamo l’equazione del fascio proprio passante per uno dei due punti, per<br />

esempio A: ciò, in base alla (12.4), è immediato.<br />

Per determinare m è sufficiente richiedere che la generica retta del fascio passi anche per l’altro punto B: il<br />

valore di m così determinato, inserito nell’equazione del fascio, dà la retta cercata, come evidente dal seguente<br />

ESEMPIO 13.2 Risolviamo il problema del precedente Esempio col metodo dei fasci, e scriviamo l’equazione<br />

del fascio per A(2, 1):<br />

y − 1 = m(x − 2) (13.1)<br />

In tale equazione sostituiamo le coordinate di B(4, 5) e ricaviamo m:<br />

5 − 1 = m(4 − 2) ⇒ m = 2<br />

Sostituendo tale valore nella (13.1) si ottiene la retta per A e B: y − 1 = 2(x − 2), ossia l’equazione già<br />

trovata sopra: y = 2x − 3.<br />

13.1 Condizione di allineamento per tre punti<br />

Per stabilire se i tre punti A(x1, y1), B(x2, y2), C(x3, y3) sono allineati sarà sufficiente determinare l’equazione<br />

della retta r per due di essi, e verificare se il terzo punto appartiene o no a tale retta.<br />

ESEMPIO 13.3 Per stabilire se i tre punti A(1, 2), B(−1, 6) e C(2, 3) sono allineati, determiniamo la retta<br />

per A e B usando il metodo dei fasci: il fascio per A ha equazione<br />

y − 2 = m(x − 1)<br />

Imponendo il passaggio per B si ha 6 − 2 = m(−1 − 1) da cui m = −2: quindi la retta per A e B è<br />

y − 2 = −2(x − 1) cioè y = −2x + 4.<br />

Sostituendo le coordinate di C in tale equazione si ottiene 2 = −6 + 4, eguaglianza falsa: il punto C non è<br />

pertanto allineato con A e B.


§14. DISTANZA DI UN PUNTO DA UNA <strong>RETTA</strong><br />

Vogliamo ora esaminare come si possa determinare la distanza<br />

di un punto P , di coordinate (x0, y0), da una retta data r: a tal<br />

fine cominciamo subito con l’osservare che se tale retta risulta<br />

parallela agli assi coordinati, il caso è banale.<br />

Infatti la distanza P H del punto P dalla retta verticale di equazione<br />

x = a (figura 14.1) è data semplicemente da P H = |x0−a|;<br />

analogamente, la distanza P K dalla retta orizzontale di equazione<br />

y = b è data da P K = |y0 − b|.<br />

È quindi opportuno considerare il caso generale di una retta r<br />

in posizione generica, di equazione y = mx + q (figura 14.2).<br />

Fig. 14.2 Distanza punto–retta.<br />

cioè<br />

P H RS<br />

=<br />

P K KS<br />

Ora, la distanza P K è immediatamente esprimibile come<br />

retta 71<br />

Fig. 14.1 Distanza punto–retta.<br />

Sia P H la distanza, che vogliamo trovare, del punto<br />

P (x0, y0) dalla retta r, e sia K il punto di intersezione<br />

tra r e la retta verticale passante per P , di equazione<br />

x = x0.<br />

Il punto K, che ha ascissa x0, appartiene alla retta r,<br />

pertanto la sua ordinata è yK = mx0 + q.<br />

Inoltre i due triangoli rettangoli P HK e KRS risultano<br />

simili (P ˆ KH = R ˆ KS in quanto opposti al vertice):<br />

è possibile quindi scrivere la proporzione<br />

P H : P K = RS : KS<br />

(14.1)<br />

P K = |yP − yK| = |y0 − (mx0 + q)| (14.2)<br />

In base alla (8.21), la distanza KS si può scrivere immediatamente come<br />

Sostituendo la (14.3) nella (14.1) e semplificando, si ha<br />

vale a dire<br />

da cui, usando la (14.2), si ha finalmente<br />

KS = RS 1 + m 2 (14.3)<br />

P H<br />

P K =<br />

P H =<br />

RS<br />

RS √ 1 + m 2<br />

P K<br />

√ 1 + m 2<br />

P H = |y0 − mx0 − q|<br />

√ 1 + m 2<br />

(14.4)<br />

(14.5)


72 capitolo 2<br />

che rappresenta la formula cercata, nel caso in cui la retta sia data in forma esplicita.<br />

Se la retta fosse data in forma implicita ax + by + c = 0, è possibile ricavare una formula per la distanza<br />

ricordando (§9) che m = −a/b e q = −c/b: sostituendo infatti tali espressioni nella (14.5) si ha<br />

P H = |y0 + a<br />

b |<br />

<br />

a 1 + (−<br />

b x0 + c<br />

b )2 = |y0 + a<br />

b x0 + c<br />

b |<br />

<br />

a2 +b2 b2 Moltiplicando numeratore e denominatore per |b|, portando tale fattore sotto il segno di radice e semplificando<br />

si ha<br />

P H = |ax0 + by0 + c|<br />

√<br />

a2 + b2 (14.6)<br />

che rappresenta la formula cercata.<br />

Si può osservare che il segno di valore assoluto, nelle (14.5)(14.6), può essere omesso se è nota la posizione<br />

di P rispetto alla retta: precisamente, se P “sta sopra” alla retta (cioè se yP > yK, ovvero se y0 > mx0 + q,<br />

come in figura 14.2), allora l’argomento del valore assoluto è positivo: il valore assoluto può essere ignorato.<br />

Viceversa, se P “sta sotto” ad r, si ha yP < yK, ovvero y0 < mx0 + q: in tal caso, come ben noto, si può<br />

omettere il segno di valore assoluto, cambiando però il segno a tutto l’argomento.<br />

ESEMPIO 14.1 Per calcolare la distanza del punto P (2, −3) dalla retta y = −x + 3 è sufficiente applicare la<br />

(14.5) tenendo conto che x0 = 2, y0 = −3, m = −1, q = 3:<br />

P H =<br />

| − 3 − (−1) · 2 − 3|<br />

1 + (−1) 2<br />

= 4<br />

√ 2<br />

Per calcolare la distanza di P dalla retta in forma implicita 3x−2y +2 = 0 si potrà invece applicare la (14.6):<br />

P H =<br />

3 · 2 − 2 · (−3) + 2<br />

3 2 + (−2) 2<br />

= 14<br />

√ 13<br />

Naturalmente, si sarebbe anche potuto esplicitare la retta ed applicare la (14.5).<br />

§15. LUOGHI GEOMETRICI<br />

Nel precedente §7 abbiamo già introdotto la nozione di “luogo geometrico”: prendiamo nuovamente in considerazione<br />

la Definizione 7.4, che riportiamo per comodità del lettore:<br />

DEF<strong>IN</strong>IZIONE 15.1 Chiamiamo luogo geometrico, o semplicemente luogo, l’insieme di tutti e soli i punti che<br />

godono di una data proprietà P.<br />

In questa definizione bisogna porre l’attenzione sulla locuzione “tutti e soli”: per poter affermare che una<br />

figura è un luogo di punto, occorre mostrare che ogni punto della figura gode della proprietà P, e che se un<br />

punto gode della proprietà P, allora esso deve appartenere alla figura.<br />

Viceversa, un punto che non appartenga al luogo non gode della proprietà P, e se un punto non gode della<br />

proprietà P, esso non appartiene al luogo.


15.1 Asse di un segmento<br />

Come noto dalla Geometria euclidea, vale il seguente<br />

TEOREMA 15.1 Il luogo dei punti di un piano equidistante da<br />

due punti dati A, B è l’asse del segmento AB.<br />

Sulla base di quanto sopra detto circa il concetto di luogo, questo<br />

significa che se un punto P appartiene all’asse del segmento, allora<br />

esso è equidistante dagli estremi del segmento stesso (cioè P A =<br />

P B) e, viceversa, se un punto P è equidistante dagli estremi del<br />

segmento, tale punto appartiene all’asse.<br />

In Geometria Analitica, assegnati due punti A(x1, y1) e B(x2, y2),<br />

per determinare l’asse del segmento AB si potrà procedere in due<br />

modi.<br />

retta 73<br />

Fig. 15.1 Asse di un segmento.<br />

I metodo<br />

Ricordando la definizione di asse come retta perpendicolare al segmento, passante per il punto medio del<br />

segmento stesso, sarà possibile:<br />

1. tramite la (8.20) determinare mAB, coefficiente angolare della retta per A e B;<br />

2. determinare le coordinate del punto medio M del segmento AB;<br />

3. determinare l’equazione della retta passante per M e perpendicolare ad AB (in base alla (10.3), tale<br />

retta avrà per coefficiente angolare −1/mAB).<br />

ESEMPIO 15.1 Si chiede di determinare l’equazione dell’asse del segmento di estremi A(−2, 1) E B(3, −1):<br />

1. per la (8.20) si ha mAB = [1 − (−1)]/(−2 − 3) = −2/5;<br />

2. il punto medio M del segmento AB è M(1/2, 0);<br />

3. l’equazione della retta passante per M e perpendicolare ad AB ha per coefficiente angolare m ′ =<br />

−1/mAB = 5/2; sostituendo tale valore nel fascio di rette passanti per M, di equazione y = m(x−1/2),<br />

si ottiene l’asse di AB: 10x − 4y − 5 = 0.<br />

II metodo<br />

Per determinare l’asse di un segmento si può sfruttare la proprietà di cui godono i punti dell’asse espressa<br />

dal Teorema 15.1: quella cioè di essere equidistanti da A e B.<br />

In concreto, questo significa che, preso un generico punto P (x, y) dell’asse, dovrà risultare P A = P B:<br />

(x − x1) 2 + (y − y1) 2 = (x − x2) 2 + (y − y2) 2<br />

Elevando al quadrato i due membri, svolgendo i quadrati, semplificando (si noti che i due radicandi sono<br />

certamente positivi, come i due membri dell’uguaglianza, e i termini di II grado, x 2 e y 2 , si semplificano) e<br />

riordinando si ottiene un’equazione lineare in x e y che rappresenta l’equazione dell’asse.


74 capitolo 2<br />

ESEMPIO 15.2 Risolviamo l’esercizio del precedente Esempio con il secondo metodo: chiamiamo P (x, y)<br />

un generico punto dell’asse, e imponiamo che sia P A = P B: anzi, per semplificare ulteriormente il calcolo,<br />

scriviamo direttamente P A 2 = P B 2 :<br />

quindi<br />

(x + 2) 2 + (y − 1) 2 = (x − 3) 2 + (y + 1) 2<br />

x 2 + 4x + 4 + y 2 − 2y + 1 = x 2 − 6x + 9 + y 2 + 2y + 1<br />

cioè, semplificando: 10x − 4y − 5 = 0, risultato già trovato nell’Esempio 15.1.<br />

15.2 Bisettrice di un angolo<br />

Un secondo ben noto esempio di luogo è fornito dalla bisettrice di un angolo: ricordiamo in proposito i<br />

seguenti Teoremi:<br />

TEOREMA 15.2 Dato un angolo qualunque ˆα, esiste sempre una e una sola semiretta, detta bisettrice<br />

dell’angolo, che esce dal vertice dell’angolo e che divide ˆα in due parti eguali.<br />

TEOREMA 15.3 La bisettrice di un angolo convesso (ossia non contenente i prolungamenti dei lati) è il luogo<br />

dei punti equidistanti dai lati dell’angolo.<br />

Si dice retta bisettrice di un angolo la retta che contiene la semiretta bisettrice e anche la semiretta opposta.<br />

Ovviamente la retta bisettrice di ˆα divide a metà anche<br />

l’angolo opposto al vertice di ˆα stesso.<br />

In analogia a quanto sopra visto per l’asse, il Teorema<br />

15.3 asserisce che se un punto P appartiene alla<br />

bisettrice di un angolo, allora P è equidistante dai<br />

lati dell’angolo (cioè, con riferimento a figura 15.2,<br />

P H = P K) e, viceversa, se P è equidistante dai lati,<br />

allora necessariamente P appartiene alla bisettrice<br />

dell’angolo.<br />

In Geometria Analitica, assegnato un certo angolo, di<br />

cui siano note le equazioni dei lati, il metodo più semplice<br />

per determinare l’equazione della retta bisettrice<br />

consiste appunto nello sfruttare la proprietà ora enunciata.<br />

Fig. 15.2 Bisettrice di un angolo.<br />

Precisamente, detto P (x, y) il generico punto della retta bisettrice, se le rette dei lati hanno equazioni<br />

r : ax + by + c = 0 e r ′ : a ′ x + b ′ y + c ′ = 0, calcoleremo dapprima P H e P K che in base alla (14.6) sono:<br />

P H =<br />

|ax + by + c|<br />

√ a 2 + b 2<br />

e P K = |a′ x + b ′ y + c ′ |<br />

√ a ′2 + b ′2<br />

Imponendo ora la condizione P H = P K (in quanto P appartiene alla retta bisettrice), si ha<br />

|ax + by + c|<br />

√ a 2 + b 2<br />

= |a′ x + b ′ y + c ′ |<br />

√ a ′2 + b ′2


e quindi<br />

retta 75<br />

ax + by + c<br />

√ a 2 + b 2 = ±a′ x + b ′ y + c ′<br />

√ a ′2 + b ′2<br />

(si ricordi che |a| = |b| equivale a dire a = ±b, cioè a = b o a = −b).<br />

(15.1)<br />

Si noti che l’imposizione della condizione P H = P K porta a determinare due equazioni di rette, date dalla<br />

(15.1), e precisamente<br />

ax + by + c<br />

√ a 2 + b 2 = +a′ x + b ′ y + c ′<br />

√ a ′2 + b ′2<br />

e<br />

ax + by + c<br />

√ a 2 + b 2 = −a′ x + b ′ y + c ′<br />

√ a ′2 + b ′2<br />

Tali equazioni sono quelle delle rette s e t, rappresentate in Figura 15.2 (rette bisettrici delle due coppie<br />

di angoli al vertice individuati dalle rette r e r ′ ). Si osservi che risulta s⊥t, come noto dalla geometria<br />

elementare e come facilmente dimostrabile.<br />

ESEMPIO 15.3 Date le due rette incidenti di equazioni r : x − 2y + 1 = 0 e s : 3x − y − 2 = 0, per la (15.1)<br />

le equazioni delle rette bisettrici degli angoli formati dalle rette r ed s sono<br />

x − 2y + 1<br />

√ 5<br />

3x − y − 2<br />

= ± √<br />

10<br />

Moltiplicando ambo i membri per √ 10 si ottiene √ 2(x − 2y + 1) = ±(3x − y − 2) ossia, considerando<br />

separatamente il segno più e il segno meno e svolgendo i semplici calcoli:<br />

x( √ 2 − 3) + y(1 − 2 √ 2) + √ 2 + 2 = 0 e x( √ 2 + 3) − y(1 + 2 √ 2) + √ 2 − 2 = 0<br />

Si noti che i coefficienti angolari della due rette così trovate sono rispettivamente<br />

m1 = 3 − √ 2<br />

1 − 2 √ 2<br />

e<br />

√<br />

2 + 3<br />

m2 =<br />

1 + 2 √ 2<br />

Verifichi il lettore che risulta m1 · m2 = −1, ovvero che le due rette bisettrici trovate sono perpendicolari.<br />

15.3 Luogo dei punti equidistanti da due rette parallele<br />

Se le due rette r : ax + by + c = 0 e r ′ : a ′ x + b ′ y + c ′ = 0 sono parallele, esse determinano una striscia<br />

costituita dalla parte di piano compresa tra le due rette.<br />

In questo caso il luogo dei punti equidistanti da r e r ′ è costituito evidentemente dalla retta parallela ad r e<br />

r ′ , che divide la striscia a metà. Il procedimento più semplice e veloce per determinare questa retta è identico<br />

a quello descritto nel paragrafo precedente: in questo caso si ottiene però una sola equazione, come evidente<br />

dal seguente<br />

ESEMPIO 15.4 Date le rette parallele r : 2x + 3y − 4 = 0 e s : 2x + 3y + 1 = 0, chiamiamo P (x, y) il generico<br />

punto appartenente al luogo dei punti equidistanti da r ed r ′ . Chiediamo quindi che la distanza di P da r<br />

sia uguale alla distanza di P da r ′ :<br />

cioè, semplificando i denominatori,<br />

|2x + 3y − 4|<br />

√ 4 + 9<br />

= |2x + 3y + 1|<br />

√ 4 + 9<br />

2x + 3y − 4 = 2x + 3y + 1 e 2x + 3y − 4 = −(2x + 3y + 1)


76 capitolo 2<br />

La prima delle due equazioni è evidentemente impossibile, la seconda invece, che, dopo semplici passaggi, si<br />

può riscrivere come t : 4x + 6y − 3 = 0, dà il luogo cercato.<br />

Si lascia al lettore come esercizio di rappresentare graficamente le tre rette r, s, t in questione sul piano<br />

cartesiano.<br />

§16. EQUAZIONI PARAMETRICHE DI UN LUOGO<br />

Come è stato detto, un luogo può essere definito da un’equazione F (x, y) = 0 o anche, talvolta, da una<br />

funzione y = f(x): si dice che queste sono le equazioni cartesiane del luogo.<br />

Esiste però anche un’altra forma per descrivere un luogo geometrico: infatti, se si pone x = t, dove t<br />

rappresenta un parametro reale definito in un sottoinsieme A di R (A ⊆ R), si ottiene:<br />

x = t<br />

F (t, y) = 0<br />

che rappresentano le equazioni parametriche del luogo.<br />

oppure<br />

x = t<br />

y = f(t)<br />

(16.1)<br />

ESEMPIO 16.1 Le equazioni parametriche della retta in forma cartesiana −6x + 2y + 5 = 0 si otterranno<br />

scrivendo dapprima l’equazione della retta in forma esplicita: y = 3x − 5/2, poi ponendo x = t ∈ R e quindi<br />

y = 3t − 5/2: x = t<br />

y = 3t − 5/2<br />

Si osservi che si sarebbe anche potuto procedere scrivendo la retta come 6x = 2y + 5, quindi eguagliando i<br />

due membri a t: 6x = t<br />

2y + 5 = t<br />

⇒<br />

x = t/6<br />

y = (t − 5)/2<br />

Questo mostra che la rappresentazione parametrica di un luogo non è unica.<br />

Più in generale, possiamo pensare che i punti di coordinate (x, y) di un certo luogo possano essere rappresentati<br />

dalla coppia di equazioni: <br />

x = f(t)<br />

y = g(t)<br />

(16.2)<br />

in funzione del parametro reale t. Questo significa che al variare di t si ottengono, tramite le funzioni f(t) e<br />

g(t), le coordinate (x(t), y(t)) dei punti del luogo.<br />

Se si vuole passare dalla forma parametrica a quella cartesiana, occorrerà ricavare il parametro da una delle<br />

due equazioni ed “eliminarlo” operando una sostituzione, come nel seguente<br />

ESEMPIO 16.2 Si vuole scrivere in forma cartesiana la curva di equazioni parametriche:<br />

x = t + 2<br />

y = 2t − 3<br />

A tal fine basta ricavare il parametro dalla prima equazione: t = x − 2, e sostituire nella seconda, ottenendo<br />

y = 2(x − 2) − 3, cioè y = 2x − 7, che rappresenta il luogo in forma cartesiana.<br />

Numerosi problemi chiedono di determinare proprio l’equazione del luogo dei punti che godono di una certa<br />

proprietà, ossia che soddisfano una certa condizione, come nel seguente<br />

ESEMPIO 16.3 Si consideri il triangolo che ha due vertici fissi: A(2, 1) e B(3, −2), ed il terzo vertice C sulla<br />

retta r di equazione y = x + 2 (figura 16.1). Poiché C ∈ r, indicata con il parametro reale t l’ascissa di C, la<br />

corrispondente ordinata sarà y = −t + 5 e le coordinate di C risultano (t, −t + 5).


e<br />

Fig. 16.1 Luogo dei baricentri di un triangolo.<br />

yG =<br />

retta 77<br />

1 − 2 − t + 5<br />

3<br />

Naturalmente tali coordinate si sarebbero potute<br />

anche indicare come (x, −x + 5), ma per non ingenerare<br />

confusioni (si vedrà tra poco quali) è meglio<br />

“cambiare lettera” ed introdurre proprio un parametro<br />

per dare le coordinate di C.<br />

In base alle (4.3) le coordinate del baricentro G del<br />

triangolo ABC sono<br />

= −t + 4<br />

3<br />

xG =<br />

2 + 3 + t<br />

3<br />

= 5 + t<br />

3<br />

cioè, omettendo il pedice, le coordinate in forma parametrica del baricentro risultano proprio<br />

x = (5 + t)/3<br />

y = (−t + 4)/3<br />

(si noti l’opportunità di avere usato la lettera t e non x per indicare le coordinate di C: in caso contrario si<br />

sarebbe fatta confusione tra la ascissa di C e quella del baricentro).<br />

Eliminiamo t: dalla prima equazione si ha t = 3x − 5 che, sostituita nella seconda, dà la retta s: y = −x + 3,<br />

che è l’equazione del luogo: questo significa che al variare di C sulla retta r, i baricentri del triangolo ABC<br />

“si muovono” restando sulla retta s.<br />

In Fisica il parametro t spesso rappresenta il tempo; come noto dalla cinematica, in tale contesto l’insieme<br />

dei punti (x(t), y(t)) viene a rappresentare le posizioni del corpo (inteso come punto materiale) in movimento<br />

al variare del tempo (in questo caso, visto che il moto avviene sul piano, si tratterà di un moto piano): il<br />

luogo dei punti (x(t), y(t)) dà quindi la traiettoria del corpo, e le equazioni (16.2) sono dette equazioni orarie<br />

o anche legge oraria del moto.<br />

§17. ESERCIZI SVOLTI SULLA <strong>RETTA</strong><br />

Si deve sottolineare con forza sin da ora che per risolvere problemi di Geometria Analitica, che potranno essere<br />

più o meno complessi, la conoscenza delle “tecniche-base” fin qui viste (e delle altre tecniche che vedremo nei<br />

capitoli seguenti) è condizione necessaria, così come i risultati della geometria euclidea e le tecniche algebriche<br />

studiate al Biennio.<br />

A tali “prerequisiti” va aggiunta una capacità di ragionamento e di analisi, per acquistare le quali è perfettamente<br />

illusorio pensare di poter fare a meno di applicazione ed esercizio personali costanti.<br />

Ciò premesso, proprio per acquisire la opportuna capacità di analisi, si presentano qui alcuni problemi svolti,<br />

che andranno seguiti con attenzione specialmente per quanto attiene al metodo di risoluzione.<br />

Inutile sottolineare che tali esempi certamente non esauriscono la casistica, potenzialmente infinita.<br />

ESEMPIO 17.1 Tracciare il grafico della funzione<br />

Si può osservare come questo esempio mostri che una funzione non necessariamente è sempre espressa come<br />

y = f(x) con f a rappresentare un’unica espressione analitica, ma può anche essere definita “a tratti”, ossia<br />

può assumere forme diverse su diversi intervalli.


78 capitolo 2<br />

Fig. 17.1 Esempio 17.1.<br />

ESEMPIO 17.2 Tracciare il grafico delle funzione<br />

Ricordando che<br />

|x − 2| =<br />

f(x) =<br />

(x − 2)2<br />

|x − 2|<br />

x − 2 per x ≥ 2<br />

−(x − 2) per x < 2<br />

(17.1)<br />

f(x) =<br />

2x − 4 per x ≥ 3<br />

x/3 − 1 per x < 3<br />

L’esercizio è estremamente semplice: si tratta di tracciare<br />

la retta y = 2x − 4 e di considerarne solo la semiretta<br />

a destra di x = 3 (valora incluso) e, analogamente,<br />

di tracciare la retta y = x/3 − 1 e di considerarne<br />

solo la semiretta a sinistra di x = 3 (ora valora<br />

escluso). Tale grafico è riportato in figura 17.1.<br />

la (17.1) viene a scriversi Fig. 17.2 Esempio 17.2.<br />

f(x) =<br />

(x−2) 2<br />

x−2<br />

(x−2) 2<br />

−(x−2)<br />

≡ x − 2 per x > 2<br />

≡ −x + 2 per x < 2<br />

(17.2)<br />

(si noti che nella (17.2) il valore x = 2 è escluso, in quanto per tale valore la (17.1) perde di significato).<br />

Pertanto, come per l’esercizio precedente, si tratta di rappresentare le due rette di equazione y = x − 2 e<br />

y = −x + 2, di cui però andranno considerati i tratti a destra (x > 2) e a sinistra (x < 2) del punto x = 2.<br />

Il semplice grafico è rappresentato in figura 17.2.<br />

ESEMPIO 17.3 Determinare i punti della retta y = −4x + 1 equidistanti dai punti A(3, 1) e B(6, 4).<br />

Indicando con P (x, y) = P (x, −4x + 1) il generico punto della retta, è sufficiente imporre la condizione<br />

P A = P B, o direttamente la condizione equivalente P A 2 = P B 2 :<br />

(x − 3) 2 + (−4x + 1 − 1) 2 = (x − 6) 2 + (−4x + 1 − 4) 2<br />

Risolvendo la semplice equazione si ottiene subito x = −2 e quindi y = 9: il punto cercato ha quindi<br />

coordinate (−2, 9).<br />

ESEMPIO 17.4 Il triangolo ABC ha due vertici in A(−2, 4) e in B(5, 1): si deve determinare il terzo vertice<br />

sapendo che esso appartiene alla retta r : y = −2x − 2 e che il baricentro G sta sulla bisettrice del I e III<br />

quadrante.<br />

Come al solito, poiché C ∈ s, le sue coordinate possono essere scritte come C(k, −2k − 2), dove si è preferito<br />

indicare con k, e non con x, l’ascissa. Il baricentro G del triangolo risulta quindi avere ascissa e ordinata


date da:<br />

xG =<br />

−2 + 5 + k<br />

3<br />

retta 79<br />

e yG =<br />

4 + 1 − 2k − 2<br />

3<br />

Poichè G appartiene alla retta y = x, bisettrice del I e III quadrante, dovrà essere xG = yG e quindi<br />

da cui k = 0: si ha pertanto C(0, −2).<br />

−2 + 5 + k<br />

3<br />

= 4 + 1 − 2k − 2<br />

3<br />

ESEMPIO 17.5 Dati i punti A(2, 2) e B(5, 3), determinare sulla retta r : 3x − y − 6 = 0 un punto C in modo<br />

tale che l’area del triangolo ABC misuri 5.<br />

Poichè r : y = 3x − 6, le coordinate di C possono essere scritte come C(k, 3k − 6), dove al solito si è usato k<br />

al posto di x. Per risolvere il peroblema occorrerà calcolare l’area A del triangolo, in funzione – ovviamente<br />

– di k, e porre tale area uguale a 5.<br />

Per determinare A bisognerà: 1) determinare la lunghezza della base AB; 2) determinare l’equazione della<br />

retta per A e B; 3) determinare l’altezza CH relativa ad AB, data dalla distanza di C dalla retta s passante<br />

per A e B (dove ovviamente H è il piede della perpendicolare condotta da C ad s.<br />

Avendo “scomposto” la risoluzione in tali passi, avremo:<br />

AB = (5 − 2) 2 + (3 − 2) 2 = √ 10<br />

La retta s passante per A e per B può essere determinata col metodo dei fasci (§13): il fascio per A<br />

ha equazione y − 2 = m(x − 2); imponendo il passaggio per B(5, 3) si ottiene subito m = 1/3 e quindi,<br />

sostituendo tale valore nell’equazione del fascio, si ha s : x − 3y + 4 = 0.<br />

Infine la distanza tra C ed s si calcola tramite la (14.6):<br />

L’area del triangolo risulta così:<br />

CH =<br />

|k − 3(3k − 6) + 4|<br />

√ 1 + 3 2<br />

= | − 8k + 22|<br />

√ 10<br />

A = 1<br />

1√<br />

| − 8k + 22|<br />

AB · CH = 10 √ = | − 4k + 11|<br />

2 2 10<br />

Siamo ora in grado di scrivere l’equazione risolvente del problema, nell’incognita k:<br />

| − 4k + 11| = 5 ⇒ −4k + 11 = ±5<br />

Le due equazioni ottenute (−4k + 11 = 5 e −4k + 11 = −5) danno le due soluzioni k = 3/2 e k = 4: i punti<br />

sulla retta r che soddisfano alla richiesta del problema sono quindi due: C1(3/2, −3/2) e C2(4, 6).<br />

ESEMPIO 17.6 La distanza del punto P dal punto A(1, −2) è 5. Si sa inoltre che il coefficiente angolare<br />

mP A della retta passante per P e per A è 4/3. Si chiede di determinare le coordinate di P .<br />

Chiamiamo genericamente tali coordinate incognite x ed y; occorre sfruttare le due condizioni date dal<br />

problema: P A = 5, o meglio P A 2 = 25, e mP A = 4/3:<br />

e<br />

P A 2 = (x − 1) 2 + (y + 2) 2 = 25 ⇒ x 2 + y 2 − 2x + 4y − 20 = 0<br />

mP A =<br />

y + 2 4<br />

=<br />

x − 1 3<br />

⇒ 3y − 4x + 10 = 0


80 capitolo 2<br />

Mettendo a sistema le due equazioni così trovate è possibile calcolare le coordinate di P : verifichi il lettore<br />

che risultano due soluzioni: P (4, 2) e P (−2, −6).<br />

ESEMPIO 17.7 Determinare per quale valore di k la retta r : y = kx − 2 appartiene al fascio generato dalle<br />

due rette s : y = 5x − 7 e t : y = −3x + 9.<br />

Evidentemente, affinché r appartenga al fascio in questione, r dovrà passare per il centro C del fascio stesso.<br />

Tale centro si ottiene subito intersecando s e t: risulta C(2, 3): imponendo il passaggio di r per tale punto si<br />

ha 3 = k · 2 − 2 ossia k = 5/2.<br />

ESEMPIO 17.8 Un triangolo ha vertici O(0, 0), A(6, 0) e B(0, 4).<br />

Si deve condurre una retta orizzontale r che divida il triangolo<br />

in due parti aventi area uguale.<br />

Tracciamo una generica retta orizzontale r, di equazione y = k,<br />

che incontra l’asse y in C e il lato AB del triangolo in D (figura<br />

17.3).<br />

Si noti che affinché r intersechi il triangolo, la retta r non può<br />

“salire” oltre B né “scendere” al di sotto di O: questo si traduce<br />

nella condizione 0 < k < 4.<br />

Fig. 17.3 Esempio 17.8.<br />

Ciò premesso, il triangolo risulta suddiviso da r nel triangolo BCD e nel trapezio rettangolo OADC: per<br />

determinare le aree di tali figure dovremo determinare – in funzione di k – i segmenti BC, CD, OC, OA.<br />

Si ha subito: OC = k, BC = 4 − k, AB = 6. Per determinare CD occorre trovare le coordinate di D,<br />

punto di intersezione tra y = k e la retta passante per B e A: tale retta si trova subito ed ha equazione<br />

y = −2x/3 + 4, quindi dal sistema<br />

y = k<br />

y = −2x/3 + 4<br />

si ha xD = −3k/2 + 6 e quindi CD = −3k/2 + 6.<br />

Si hanno quindi tutti gli elementi per il calcolo delle due aree:<br />

e<br />

A(BCD) = 1<br />

2<br />

A(OADC) =<br />

BC · CD = 1<br />

2<br />

(OA + CD)OC<br />

2<br />

Dovendo essere A(BCD) = A(OADC) si ha l’equazione risolvente:<br />

1<br />

2<br />

(4 − k)(−3<br />

2<br />

k + 6) = 1<br />

2<br />

(4 − k)(−3 k + 6)<br />

2<br />

= 1 3<br />

(6 − k + 6)k<br />

2 2<br />

3<br />

(6 − k + 6)k<br />

2<br />

da cui, con semplici passaggi, k 2 − 8k + 8 = 0 che dà k1 = 4 − 2 √ 2 e k2 = 4 + 2 √ 2: di queste radici k2 non è<br />

accettabile, essendo al di fuori dei limiti imposti a k (infatti k2 > 4).<br />

Si tratta ora di scegliere un’incognita, poi di scrivere e risolvere un’equazione contenente tale incognita:<br />

chiamiamo x ∈ R l’ascissa di B, che quindi viene ad avere coordinate B(x, 2).<br />

Il problema consiste ora nello scrivere le coordinate di C e D in funzione di x: per quanto riguarda D,<br />

sapendo che BD = 3 e che xD < xB è facile ricavare che l’ascissa di D è x − 3, e quindi che le coordinate di<br />

D sono D(x − 3, 2).<br />

Più delicata la questione delle coordinate del vertice C: indicando per il momento tali coordinate con α<br />

(l’ascissa) e β (l’ordinata), il problema sta nello scrivere tali coordinate in funzione di x.


ESEMPIO 17.9 Il parallelogrammo ABCD ha un vertice<br />

in A(2, 0), la diagonale BD è sulla retta y = 2<br />

e misura 3, mentre la diagonale AC è lunga √ 41.<br />

Si sa inoltre che l’ascissa del vertice B è maggiore<br />

dell’ascissa del vertice D. Si chiede di determinare le<br />

coordinate dei vertici B, C, D.<br />

Tracciamo un disegno sommario della figura, indicando<br />

con M il centro del parallelogrammo.<br />

retta 81<br />

Fig. 17.4 Esempio 17.9.<br />

La soluzione è fornita dal fatto che M taglia le due diagonali a metà, e quindi M risulta punto medio sia di<br />

AC sia di BD. Calcolando quindi xM e yM dalle coordinate di B(x, 2) e D(x − 3, 2) si ha<br />

xM =<br />

2x − 3<br />

2<br />

yM = 2<br />

Calcolando xM e yM dalle coordinate di A(2, 0) e C(α, β) si ha<br />

Allora<br />

2x − 3<br />

2<br />

2 + α<br />

=<br />

2<br />

xM =<br />

e 2 = β<br />

2<br />

2 + α<br />

2<br />

yM = β<br />

2<br />

⇒ α = 2x − 5 e β = 4<br />

Abbiamo in tal modo ricavato le coordinate di C in funzione dell’unica incognita x. Non rimane che utilizzare<br />

l’informazione (finora non sfruttata) relativa alla lunghezza della diagonale AC, per scrivere l’equazione<br />

risolvente:<br />

AC = √ 41 ⇒ (2x − 5 − 2) 2 + 4 2 = 41 ⇒ x 2 − 7x + 6 = 0<br />

L’ultima equazione fornisce x = 1 o x = 6: i possibili parallelogrammi che soddisfano alle condizioni del<br />

problema sono pertanto due, aventi i vertici nei punti B(1, 2), C(−3, 4) e D(−2, 2), oppure B(6, 2), C(7, 4)<br />

e D(3, 2).<br />

Si lascia come semplice esercizio al lettore di verificare che il perimetro e l’area dei due parallelogrammi in<br />

questione misurano rispettivamente 6 √ 5 e 6.<br />

ESEMPIO 17.10 Sono dati i punti A(2, 0), B(−3, 0) e<br />

C(0, t) con t ∈ R; da A e B si conducono le rette r ed s<br />

rispettivamente perpendicolari ad AC e BC (figura 17.5).<br />

Si chiede di determinare il luogo dei punti di intersezione<br />

di r ed s al variare di t.<br />

Si può osservare preliminarmente che per t = 0 il punto C<br />

coincide con O(0, 0) e r//s: in questo caso non c’è intersezione.<br />

Supporremo quindi t = 0.<br />

Per risolvere il problema occorre determinare le equazioni<br />

delle rette r ed s. Consideriamo per esempio r: tra le rette<br />

del fascio di centro A, di equazione y = m(x−2), dobbiamo<br />

determinare la retta perpendicolare alla retta passante per<br />

C ed A.<br />

Fig. 17.5 Esempio 17.10.


82 capitolo 2<br />

Risulta immediatamente che mAC = −t/2, quindi mr = 2/t; l’equazione di r è dunque<br />

y = 2<br />

(x − 2) con t = 0 (17.3)<br />

t<br />

In modo analogo si ha mBC = t/3, quindi ms = −3/t: sostituendo tale valore nell’equazione del fascio di<br />

centro B: y = m(x + 3) si ottiene l’equazione di s:<br />

y = − 3<br />

(x + 3) con t = 0 (17.4)<br />

t<br />

Mettendo a sistema le due equazioni, semplificando il parametro t e riordinando si ottiene x + 1 = 0, o<br />

x = −1. Da questa retta occorre però escludere il punto P (−1, 0) in quanto l’ordinata y = 0 non si ottiene<br />

per alcun valore di t dalle (17.3)(17.4): tale esclusione è peraltro evidente anche esaminando la figura: il<br />

punto M si “avvicina” a P (−1, 0) man mano che t aumenta (C “sale” sull’asse y) o diminuisce (C “scende”<br />

sull’asse y), ma M coinciderebbe con P solo per valori di t infiniti (t = ±∞).

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