Stefano Benedetti ancora dal passo <strong>di</strong> Geneal. XIV 16, 3, là dove, <strong>di</strong>fendendo i poeti dall’accusa <strong>di</strong> essere «mentium seductores», il <strong>Boccaccio</strong> correlava il «lyricum carmen» <strong>di</strong> David e il metro eroico <strong>di</strong> Giobbe, soggiungendo «et quod his <strong>di</strong>co, <strong>di</strong>ctum sit Orpheo, Homero, Maroni, Flacco et aliis» 84 . Fonte privilegiata del profilo biografico oraziano era d’altronde proprio l’Eusebio-Girolamo, che il <strong>Boccaccio</strong> leggeva in un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sua appartenenza 85 . In apertura egli si soffermava sull’umile censo del venosino, svolgendo la traccia «libertino patre Venusi nascitur» del Chronicon nella più <strong>di</strong>stesa esplicazione <strong>di</strong>dascalica <strong>di</strong> Esposiz. IV 1, 112: <strong>Orazio</strong> Flacco fu <strong>di</strong> nazione assai umile e depressa, per ciò che egli fu figliuolo d’uomo libertino: e «libertini» si <strong>di</strong>cevan quegli li quali erano stati figliuoli d’alcun servo, il quale dal suo signore fosse stato in libertà ridotto, e chiamavansi questi cotali «liberti» [...]. Quin<strong>di</strong>, dopo aver ricordato la nascita venosina <strong>di</strong> cui il <strong>Boccaccio</strong> ricavava anche notizia <strong>di</strong>retta dai versi oraziani 86 , informava (sempre sulla scorta della <strong>di</strong>retta lettura oraziana: «per quello che comprender si possa nelle sue opere», ma senza accennare al plagosus Orbilius: «Dove si stu<strong>di</strong>asse e sotto cui, non lessi mai, che io mi ricor<strong>di</strong>» 87 ) circa la residenza romana, il favore <strong>di</strong> Augusto, l’amicizia con Mecenate, e il ruolo <strong>di</strong> magister: «Fu [...] fatto maestro della scena [...] ed in poesia ottimamente ammaestrò». Dove la prima curiosa informazione si può forse connettere alla <strong>di</strong>ffusa lettura precettistico-teatrale dell’Ars poetica 88 , o ricondurre alla notizia dell’incarico per i lu<strong>di</strong> saeculares 89 ; la secon- 84 Non sarà un caso che, sul finale <strong>di</strong> questa pagina, l’allocuzione topica ai poetastri Bavio e Mevio congiunga la memoria virgiliana (Ecl. III 90) e oraziana (Epod. X 2), a suggellare l’abbinamento in un canone poetico latino ormai ristretto alla suprema <strong>di</strong>ade. Ma per quanto concerne i rapporti del <strong>Boccaccio</strong> con l’opera e l’immagine <strong>di</strong> Virgilio in genere, occorre vedere L. PAOLETTI, Virgilio e <strong>Boccaccio</strong>, in Présence de Virgile. Actes du Colloque des 9-12 Décembre 1976 (Paris-Tours), Paris, Les Belles Lettres, 1978, pp. 249-63 e G. PADOAN, s. v. <strong>Boccaccio</strong>, Giovanni, in Enciclope<strong>di</strong>a Virgiliana, vol. I, Roma, Istituto della Enciclope<strong>di</strong>a Italiana, 1985, pp. 511-16. 85 G. BILLANOVICH, Un nuovo esempio delle scoperte e delle letture del Petrarca: l’Eusebio-Girolamo-Pseudo Prospero, Krefeld, Scherpe, 1954 (ora in ID., Petrarca e il primo Umanesimo, cit., p. 198 n. 40). 86 Cfr., in proposito, la già ricordata annotazione in ZM, 24a. 87 Questo particolare, ove si voglia attribuire al commento dantesco l’atten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catore esatto circa le letture effettivamente svolte dal <strong>Boccaccio</strong>, potrebbe indurre a dubitare se non altro <strong>di</strong> una lettura attenta delle Epistole (in tal caso <strong>di</strong> Epist. II 1, 70-71), che il <strong>Boccaccio</strong> ovviamente conosceva, ma che come si è visto in effetti non citava mai (se non per la me<strong>di</strong>azione petrarchesca <strong>di</strong> cui si è detto); Epistole che peraltro risultano del tutto escluse dalla schedatura <strong>di</strong> notabilia oraziani in ZM (cfr. qui, supra, n. 14). 88 Cfr. VILLA, Dante <strong>lettore</strong> <strong>di</strong> <strong>Orazio</strong>, cit., pp. 98-100. 89 PADOAN, commento a Esposiz., p. 828 n. 136. 128
da alla più generale funzione normativa ascritta al «libro chiamato Poetria, nel quale egli ammaestra coloro, li quali a poesia vogliono attendere, <strong>di</strong> quello che operando seguir debbono e <strong>di</strong> quello da che si debbono guardare, volendo laudevolmente comporre», come poco più avanti viene argomentato. La data <strong>di</strong> morte («Morì in Roma d’età <strong>di</strong> cinquantasette anni, secondo Eusebio <strong>di</strong>ce in libro Temporum, l’anno XXXVI dello ‘mperio d’Ottaviano Augusto»), è esplicitamente fatta risalire al Chronicon; su <strong>di</strong> essa <strong>Boccaccio</strong> non manifestava il dubbio che Petrarca, al vaglio della vita pseudo-acroniana letta nell’<strong>Orazio</strong> laurenziano, registrava nella nota al suo Eusebio-Girolamo («In vita eius LXXVII° <strong>di</strong>citur») 90 , non senza l’incertezza pure da lui recepita circa l’oscillazione dei co<strong>di</strong>ci tra septuagesimo septimo e septuagesimo, anno quest’ultimo ricordato nella estrema Senile XVII 2, in<strong>di</strong>rizzata proprio al <strong>Boccaccio</strong>. 90 BILLANOVICH, Petrarca e il primo umanesimo, cit., p. 226 e n. 180. <strong>Boccaccio</strong> <strong>lettore</strong> <strong>di</strong> <strong>Orazio</strong> 129