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alias Sandro Anselmi - Campo de'fiori

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Come eravamo<br />

I FORZATI...<br />

DELLA<br />

ROMA -<br />

NORD<br />

Erano gli anni 60, ave-<br />

di Alessandro Soli vamo appena finito la<br />

terza media, ci trovavamo<br />

davanti alla scelta più importante della<br />

nostra ancor giovane vita.<br />

Scegliere cioè gli studi superiori da intraprendere,<br />

e soprattutto dove farli. Per noi “civitonici”<br />

due sole alternative: Roma o Viterbo, perché<br />

purtroppo l’edilizia scolastica si arenava alla<br />

scuola media.<br />

Come andarci? Un solo mezzo era disponibile a<br />

quei tempi: il traballante, rumoroso e lento<br />

treno dell’ allora Roma-Nord, che nel suo tortuoso<br />

percorso, fiore all’occhiello dell’ingegneria<br />

ferroviaria del ventennio italiano, trasportava<br />

studenti e lavoratori nel tempo “record”<br />

di quasi tre ore da Roma a Viterbo.<br />

Riparlandone oggi, a distanza di tanti anni, mi<br />

accorgo dell’importanza che questo mezzo ha<br />

avuto nella mia vita, come del resto in quella di<br />

tutti gli studenti di allora. Era un mondo a sé,<br />

ed i ricordi che mi accingo a narrare spero<br />

saranno graditi a tutti gli ex forzati della<br />

Roma-Nord. Si partiva presto da Civita, alle<br />

ore 6,30, chi verso la capitale, chi verso<br />

Viterbo (eravamo più noi, che andavamo a<br />

Viterbo), sempre lo stesso rito: il capostazione<br />

che usciva dal suo ufficio, col suo berretto<br />

rosso, abbassava gli scambi manuali, un<br />

l<br />

la gloriosa motrice delle officine Della Stanga - Padova<br />

fischio secco e prolungato a mò di arbitro che<br />

assegna un rigore, la risposta dell’ OK strombettata<br />

del capotreno, e via verso il destino<br />

giornaliero di chi, come noi, riponeva nello studio<br />

un futuro migliore di qualche nostro coetaneo,<br />

già avviato al duro e polveroso lavoro del<br />

ceramista. Appena saliti, ognuno rigorosamente<br />

nel proprio vagone, la corsa ad accaparrarsi<br />

i posti migliori, vicino al finestrino, che<br />

quando lo aprivi ti lasciava sulle mani un nauseabondo<br />

odore di ottone. Cercavi di occupare<br />

più posti possibile, perché sapevi che a<br />

Vignanello o a Soriano, quando il treno si riempiva,<br />

sarebbero salite anche loro, le giovani studentesse<br />

che ti avevano fatto prendere una<br />

“cotta tremenda”. Era duro conservare il<br />

posto, perché gli altri viaggiatori e il bigliettaio<br />

spesso erano irremovibili, e tu che non ti alzavi<br />

a cedere il tuo, manco si benanche, per dirla<br />

alla “civitonica”, lo facevi con emozione e<br />

galanteria, non appena saliva “lei”. I sedili dei<br />

vagoni erano in legno, quasi sempre graffiti da<br />

cuori infranti con le iniziali degli innamorati,<br />

ed il maquillage che la Roma Nord<br />

ogni tanto faceva passando una mano di<br />

coppale, li rendeva accettabili, ma pur<br />

sempre scomodissimi. Un solo vagone era<br />

imbottito in pelle color vinaccia, allora si diceva<br />

che fosse stato il vagone riservato a Mussolini,<br />

che lo usò in un viaggio, forse unico, sul quel<br />

tracciato da Roma a Viterbo, orgoglio della<br />

S.R.F.N. (Società Romana Ferrovie del Nord) ,<br />

da allora divenne l’unico vagone di prima classe,<br />

tanto agognato da noi studenti, che quando<br />

veniva declassato a seconda, era affollatissimo.<br />

Già, i vagoni erano qualcosa che ci apparteneva,<br />

un posto dove si passavano ore “particolari”,<br />

dove le stagioni si susseguivano, testimoniate<br />

dallo scarno arredamento.<br />

L’inverno col<br />

freddo mattutino,<br />

che faceva<br />

appannare<br />

i vetri dei finestrini,<br />

quando<br />

ci divertivamo<br />

a scrivere,<br />

magari a rovescio,<br />

per<br />

essere lette<br />

dall’esterno,<br />

le frasi più<br />

strane, l’estate,<br />

quando le<br />

tendine mar-<br />

roni, montate<br />

con gli anelli<br />

di metallo,<br />

scorrevano sull’asta di ottone, per ripararti dal<br />

riverbero del sole, a picco sul vagone nei caldi<br />

pomeriggi durante il viaggio di ritorno.<br />

L’avventura<br />

era cominciata<br />

ai<br />

primi di<br />

Ottobre con<br />

l’inizio dell’annoscolastico,<br />

e<br />

subito il rito<br />

della “stira”,riservato<br />

ai<br />

maschietti<br />

del primo<br />

anno, i<br />

quali venivanosotto-<br />

posti per<br />

bonario<br />

“nonnismo”,<br />

ad un semidenudamento, con lieve<br />

tiraggio delle parti intime, che li facevano<br />

entrare di diritto tra i titolari nel vagone. Poi<br />

c’era il “nonnismo culinario”che era rivolto al<br />

rapinare le colazioni, amorevolmente preparate<br />

dalle mamme dei più giovani, operazione<br />

riservata agli studenti del 5° anno. Qualcuno<br />

però esasperato da questi fatti, aveva escogitato<br />

un piccolo trucco: quello di spalmare i panini<br />

con forte peperoncino, che avrebbe creato i<br />

noti problemi al rapinatore di turno. Arrivati<br />

a Viterbo, i più andavano a scuola, qualcuno<br />

(molte volte anche il sottoscritto), o per motivi<br />

di scarsa preparazione, o per evitare rischiose<br />

interrogazioni, facevano “sega”. In italiano si<br />

dice bigiare la scuola, ma a parte i modi di dire<br />

il risultato era sempre quello : passare le cinque<br />

ore di lezione lontano dai professori. Ma dove<br />

andare? A Viterbo era più difficile che a Roma<br />

evitare brutti incontri e trovare allegre alternative,<br />

data l’estensione cittadina. Noi andavamo,<br />

nella bella stagione, tra il verde di<br />

5<br />

Pratogiardino, correndo però dei continui<br />

rischi, qualcuno, si spingeva fino al Bulicame,<br />

dove approfittava per fare salutari abluzioni.<br />

Nella stagione invernale c’era un luogo fisso per<br />

i segaroli viterbesi la famosa, mitica<br />

“Casbah”. Era una immensa sala biliardi,<br />

situata vicino alla UPIM, di fronte al palazzo<br />

INPS, quindi in pieno centro, un ambiente<br />

fumoso, che ricordava i locali americani resi<br />

celebri dal film Lo spaccone. Il titolare era<br />

L’Americano, un uomo anziano vestito perennemente<br />

da un sinalone nero, che ci ricordava<br />

quello dei bidelli, lui che a modo suo era per noi<br />

un altro bidello. Voce roca, sigaro in bocca,<br />

riusciva a gestire con autorità quella “masnada”di<br />

giovani rampolli, che ignari genitori<br />

immaginavano in classe. Ma ritorniamo alla<br />

la vecchia motrice che traina i vagoni della MET.RO.<br />

Roma Nord, al viaggio di ritorno, quando non<br />

era raro vedere sgridate sacrosante fatte dal<br />

genitore venuto a parlare coi professori proprio<br />

il giorno che avevi “fatto sega” e magari eri<br />

andato pure al Bulicame. Certo noi, che non<br />

abitavamo sul posto, eravamo come dei “forzati”,<br />

perché perdevamo tra andata e ritorno<br />

circa tre ore, e la levataccia mattutina, influiva<br />

non poco sullo studio pomeridiano, minato<br />

dalla stanchezza fisica causata da quel “turutun-tu-rutun”<br />

tipico delle rotaie. Certo passati<br />

i cinque anni (per qualcuno anche di più)<br />

delle superiori, il treno della Roma Nord rimaneva<br />

nei ricordi di una gioventù di “mezzo”<br />

come la nostra, ma per altri, come me, che<br />

avrebbero intrapreso la loro vita lavorativa,<br />

fuori Civita, i lavori forzati continuavano,<br />

perché cominciava la vita da pendolare. Allora<br />

ti accorgevi che i tempi stavano cambiando,<br />

venivano introdotte corse di pulman, con orari<br />

più elastici e più veloci tempi di percorrenza.<br />

Solo il vecchio caro treno rimaneva lo stesso,<br />

con le stesse vetture delle officine “Della<br />

Stanga di Padova”, lo stesso “tu-rutun-turutun”,<br />

una sola cosa era certa: eri tu che stavi<br />

cambiando, tu che ti recavi all’ Università, tu<br />

che avevi trovato il ”postarello” a Roma o a<br />

Viterbo, tu che guardavi con occhi diversi quei<br />

ragazzi che salivano e ti sedevano vicino, tu che<br />

pensavi con<br />

nostalgia e<br />

un po’ di<br />

rimpianto ai<br />

tempi della<br />

scuola,<br />

quando eri e<br />

continuavi<br />

ad essere un<br />

“ forzato<br />

della Roma<br />

Nord”<br />

logo della<br />

Società Romana Ferrovie del Nord

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