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Sessione 2 - Ispra

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Lungo le pareti della fossa affiorano, a partire dal piano campagna, alternanze di strati di<br />

forma tabulare (fig. 6) costituiti da piroclastiti cineritiche fini rimaneggiate di colore<br />

marrone chiaro-avana, contenenti rari clasti calcarei (Ø = 1–2 cm), scorie nerastre, strutture<br />

da bioturbazione e strati di ghiaie con ciottoli e blocchi (Ø anche maggiore di 20 cm),<br />

in matrice fina sabbiosa. I clasti e i ciottoli, di natura calcarea, hanno forma irregolare e<br />

spigoli vivi o poco smussati. Si tratta di depositi alluvionali e di conoide di età compresa<br />

tra l’Attuale e l’Olocene, deposti dal torrente S. Marco, dello spessore massimo di circa<br />

15 m.<br />

A letto dei depositi alluvionali si rinviene la formazione dell’Ignimbrite Campana, data da<br />

un tufo ricco di scorie, lapilli lapidei e clasti calcarei metamorfosati, di colore grigiastro<br />

(che nella parte alta del deposito vira verso il giallastro) che affiora limitatamente al piede<br />

di alcune pareti della fossa, con uno spessore massimo di pochi metri.<br />

Per quanto riguarda la genesi della depressione, si esclude un’origine legata ad attività<br />

estrattive e vulcaniche e si propende ad assimilarla ad una cavità da sprofondamento in<br />

base alle seguenti considerazioni.<br />

La morfologia sub-circolare della cavità appare naturale: le pareti, sub verticali, non<br />

presentano alterazioni antropiche. Non si ritiene plausibile l’ipotesi che la fossa costituisca<br />

una antica cava di tufo, poiché interessa terreni eterogenei e dalle proprietà scadenti<br />

(alternanze di ghiaie e piroclastiti rimaneggiate) ad eccezione di un modesto livello di tufo<br />

presente alla base delle pareti. Diversamente, a poca distanza dalla fossa, erano noti fin<br />

dall’antichità affioramenti di tufo di molte decine di metri spessore, dove l’attività estrattiva<br />

si è protratta per secoli (cave di Fiano e di Fossa Lupara).<br />

Si esclude una connessione con episodi di degassazione vulcanica (cavità da maar), poiché<br />

non sono presenti ai bordi della stessa depositi primari riconducibili a questo tipo di eventi,<br />

né la cavità presenta un rilievo perimetrale, che avrebbe dovuto essere ancora ben<br />

conservato se si pensa che la cavità, poiché taglia i depositi di conoide recenti, è successiva<br />

ad essi. Inoltre, nell’areale di studio non sono segnalate forme di origine vulcanica e<br />

91<br />

Fig. 5 – Ortofoto della<br />

fossa di S. Vito.

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