Settembre-Dicembre - Ex-Alunni dell'Antonianum

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sapersi districare in questo groviglio di idee e di esperienze che affatica, anche se sembra avvertire il nostro modo educativo. E soprattutto dobbiamo essere grati perché forniscono ai giovani le categorie di letture in profondità, che vanno oltre la scorza degli eventi, per cogliere quei frammenti di verità che solo la grazia aiuta a capire. Vorrei concludere rileggendo le parole di Paolo che mi sembrano cadere opportune. Sono, a ben vedere, un programma di umanesimo cristiano. Gli esegeti vanno a ricercarvi anche le consonanze con la cultura del tempo e in particolare con la cultura stoica. Ma sembra a me che Paolo collochi tutte queste parole in un quadro diverso, che è quello della Chiesa e il quadro del Vangelo e l'altro referente costante, Cristo, il Signore. Ed ecco, ne sono certo, che non sono soltanto un programma che Paolo proponeva alla Chiesa di Filippi, e quindi alla chiesa, ma sono anche un programma che i padri cercano di rendere costantemente operante in mezzo ai giovani. In conclusione così dice l'Apostolo: «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri». Qui troviamo nel nostro cuore questo per raccomandazione dell'apostolo Paolo, auguriamo ai padri di poter continuare questa grande opera a servizio dei giovani, e non solo dei giovani per tradizio- ne; tutti vi cofluiscono, persone di diversa età, e questo rappresenta il luogo della memoria per molti, per altri il luogo della formazione e per altri ancora inizio di speranze sul cammino appena intravvisto. Noi chiediamo ai padri gesuiti che si ricordino di questo appello di Paolo. E soprattutto domandiamo al Signore che benedica la loro opera. E che questa celebrazione non resti soltanto rievocazione di un tempo vissuto, di esperienze compiute, ma rievocazione di tante grazie di Dio, di tanti esempi che sono venuti dai padri e da coloro che hanno collaborato con i padri, ma resti la promessa per quello che sin dall'inizio intravvedevo, cioè un lungo cammino nel nome del Signore per la fede in Cristo Gesù e alla sua chiesa. •
OTTANI'ANNI DELL'ANTONIANUM Discorso commemorativo di Antonio Tognoni SJ rettore dell'Antonionum Sono tentato, e cedo alla tentazione, di chiedere scusa alla stragrande maggioranza di voi per il fatto che proprio io debba fare la relazione ufficiale in questo Ottantesimo dell'Antonianum: Tanti altri Padri, infatti, per la durata della loro presenza a Padova, per il numero di iniziative intraprese e quindi di contatti personali realizzati e di vicende vissute insieme in questa ormai lunga storia, avrebbero potuto meglio cogliere quell'ethos dell'Antonianum che oggi siamo qui a festeggiare. Tuttavia, anche il fatto che il Rettore che vi parla sia il più estraneo a voi dei Padri presenti penso possa avere un suo aspetto positivo. Perché l'Antonianum è certamente una grande famiglia, costituita sostanzialmente dagli innumerevoli rapporti di amicizia tra Gesuiti, studenti ed Ex-alunni; ma è anche — come dice P. Scurani direttamente nel titolo del suo libro — una istituzione. E l'istituzione è qualcosa che travalica i singoli e permane nel tempo al di là delle persone; ha qualcosa di impersonale, o meglio, se si vuole, ha una certa sua personalità ben individuabile che caratterizza di sé le iniziative e le persone che la costituiscono; le quali però, a loro volta, hanno la capacità di modificare o di accentuare questo o quel carattere della stessa istituzione in conformità con i loro temperamenti e le loro genialità. Che sia proprio io a farvi questa relazione, quindi, potrebbe voler sottolineare questo aspetto istituzionale dell'Antonianum, che, io credo, è tutt'altro che secondario, perché la sua 8 continuità nel tempo è legata proprio al fatto che tanti Padri e Fratelli, i cui nomi a stento si ricordano o si riconoscono, con la loro assidua fatica e con la loro presenza serena, hanno per così dire consolidato e stabilizzato nel tempo quelle genialità educative e culturali che nella storia dell'Antonianum, per grazia di Dio, non sono mancate, ma che senza questo tessuto istituzionale sarebbero rimaste delle comete luminose, ma isolate. Ma l'Antonianum è innanzitutto una famiglia, e la ricorrenza degli ottanta anni della sua fondazione è stata ritenuta come l'occasione - forse irripetibile - di corredarla di un suo Album di Famiglia, che salvaguardasse dall'usura del tempo avvenimenti forse lontani, ma a noi cari, perché in essi si sono plasmati gli anni giovanili della nostra esistenza. E la pubblicazione del libro è l'occasione di questa solenne convocazione, per la cui realizzazione il P. Messori ha profuso tutto il suo giovanile entusiasmo, nella certezza di offrire con essa la possibilità a ciascuno di noi di sperimentare la profonda gioia del ritrovarsi insieme. Riincontrarsi dopo molti anni è un avvenimento tra i più toccanti: riemergono dalla memoria i ricordi dei momenti belli del passato, quando, in età intellettualmente ormai quasi matura, si prendeva gusto nel cimentarsi in discussioni che erano vere escursioni mentali, valutazioni politiche, estetiche, prese di posizioni - spesso drastiche - sugli accadimenti più rilevanti, o ritenuti tali, della vita del Collegio e della società. Il ritrovarsi insieme dopo anni di vita, in cui la si è frequentata anche nelle sue strettoie, fa ricordare cioè la « felice» condizione della giovinezza, quando si era ancor liberi da tante responsabilità sociali, le quali finiscono per imporre una sorta di «coerenza» (una «facies publica») nel proprio modo di giudicare e di comportarsi; «coerenza» che è spesso un pragmatico rifiuto di esporsi a riesami e rivalutazione della nostra impostazione mentale e operativa, rifiuto che è certamente utile per semplificate l'esistenza, ma che finisce per restringere e talvolta rendere angusta quella vocazione all'avventura dello spirito a cui l'Ulisse di Dante invitava i suoi uomini, e a cui negli anni giovanili si era spesso più disponibili. E assieme a questa disponibilità all'avventura dello spirito, anzi sua condizione di possibilità, c'era un esaltante senso che in linguaggio biologico si chiamerebbe di «totipotenza» - quella capacità cioè delle cellule germinali di evolvere in qualsiasi direzione per poter all'occorrenza trasformarsi in qualsiasi parte del futuro organismo - quella speranza giovanile che riteneva possibili anche le conquiste più ardue purché ammantate da un fascino che, sottraendo l'esistenza al grigiore quotidiano, facesse assaporare un po' di infinito. Gioia del rivivere i momenti belli, quasi come in un sogno ad occhi aperti; incontro che, facendosi conversazione, fa assaporare la gioia più sobria del raccontare le alterne vicende della vita, in quel clima però tipico tra vecchi amici di gioventù, che è fatto di consapevolezza di connivenze in so-
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