Iusletter 48 – mag 2008

Iusletter 48
PERIODICO DI INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO GIURIDICO
ANNO IX N. 48 MAGGIO 2008
In questo numero, tra l’altro, segnaliamo:
nella sezione ATTUALITÀ NORMATIVE:
- Avviata la fase di consultazione sulle operazioni con parti correlate.
nella sezione DOTTRINA: LETTURE E ORIENTAMENTI:
- Casi di incontrovertibilità dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c..
- L’”azione di classe” Italiana per la tutela dei diritti individuali
omogenei.
nella sezione GIURISPRUDENZA:
- Selezione delle decisioni più recenti in materia di
Diritto dell’Impresa e Procedura Civile.
nella sezione OSSERVATORI:
- Una vittoria giudiziaria dello Studio in tema di direzione
e coordinamento di società.
- Una pronuncia del Tribunale di Milano favorevole ai nostri clienti
sull’utilizzo di musica da parte dei Music Providers.
- La transazione fiscale nel concordato preventivo.
LaScala
STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO
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Field Fisher Waterhouse

LaScala
STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO
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in materia di Intellectual Property e Information Technology;
■ una e-mail periodica curata dal Team di Diritto Tributario, con aggiornamenti e commenti
riguardanti la materia fiscale;
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di Iusletter di prossima pubblicazione ed il relativo link;
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Sommario
5 Attualità Normative
5 Linee guida di confindustria per la costituzione dei modelli di organizzazzione,
gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001.
5 Avviata la fase di consultazione sulle operazioni con parti correlate.
6 D.M. 2 aprile 2008: Rideterminazione delle percentuali di concorso
al reddito complessivo.
7 Dottrina: letture e orientamenti
7 Donazione remuneratoria e obbligazione naturale.
7 L’”azione di classe” Italiana per la tutela dei diritti individuali omogenei.
8 Stabilizzazione della compagine e clausole di lock-up sociali e parasociali.
9 Nota a sentenza Tribunale di Torino, 4 luglio 2007.
9 La sospendibilità di delibere assembleari già eseguite.
10 La discussa natura giuridica del memorandum di spesa delle carte di credito.
10 Il formalismo nei contratti dell’intermediazione finanziaria ed il recepimento della Mifid.
10 Un approccio semplificato alle nuove norme con interpretazioni elaborate dal notariato.
11 Funzioni e poteri della Consob “Nouvelle”.
11 Il credito fondiario e le prededuzioni del fallimento.
12 Omessa comunicazione al creditore opponente del provvedimento
di fissazione dell’udienza.
12 Valore formale probatorio del documento informatico alla luce del d.lsg.
4 aprile 2006 n. 159.
12 Ricorsi alla Cassazione e quesiti di diritto.
13 Casi di incontrovertibilità dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c..
13 Sequestro giudiziario e titoli di credito sine causa.
14 Esecutività del decreto ingiuntivo successivamente all’estinzione del procedimento.
14 Il reclamo cautelare avverso l’istanza di sospensione dell’esecuzione provvisoria.
14 Alcune riflessioni sulle licenze creative commons e i diritti connessi degli artisti
interpreti ed esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi
di diffusione radiotelevisiva.
15 Le nuove misure riparatorie del danno alla concorenza: impegni e misure cautelari.
15 Dalla pubblicità ingannevole alle pratiche commmerciali sleali.
Tutele amministrativa e giurisdizionale.
16 La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali.
17 Giurisprudenza
Selezione delle decisioni più recenti in materia di Diritto dell’Impresa e Procedura Civile.

35 Osservatorio
35 Diritto Civile, Conciliazione e “ADR”
Approvata la direttiva sulla conciliazione: dall’EU un forte impulso
alla diffusione dell’ADR.
36 Credito al consumo, Leasing e Factoring
Coordinamento degli artt. 33 e ss Cod. Cons. con gli artt. 1341 e 1342 c.c..
37 Diritto Societario
Una vittoria giudiziaria dello Studio in tema di direzione e coordinamento
di società.
38 Diritto Bancario
Notificazione dell’atto interruttivo della prescrizione tramite Ufficiale Giudiziario.
39 Mercati Finanziari
MiFID: L’intermediario deve verificare la competenza e la preparazione del suo cliente.
40 Diritto Fallimentare
Brevi note in tema di liquidazione coatta amministrativa e concordato fallimentare.
42 Esecuzioni immobiliari
La trasparenza del patrimonio del debitore: migliorare il recupero transfrontaliero
dei crediti.
43 Intellectual Property and Information Technology
Pronuncia del Tribunale di Milano sull’utilizzo di musica da parte dei Music Providers.
44 Diritto Tributario
La transazione fiscale nel concordato preventivo.
45 Brevissime
45 Addio agli scrivani dei processi; il computer diventa cancelliere
45 Esecuzioni immobiliari
45 Lentezza dei fallimenti
45 Notificazioni all’estero
45 Codice doganale europeo
46 Cose nostre
46 Nuove dallo studio
47 Convegni
47 Biblioteca
47 Nuovi acquisti

IUSLETTER n°48.08 | Attualità normative | 5
Attualità normative
Linee guida di confindustria per la costituzione dei modelli di organizzazione,
gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001.
- dal sito internet www.confindustria.it.
In data 2 aprile 2008, il Ministero della Giustizia ha comunicato la conclusione del procedimento
di esame della nuova versione delle Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli
di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001, che gli era stata trasmessa lo scorso 18
febbraio. Esse sono state approvate in quanto ritenute idonee al raggiungimento dello scopo fissato
dall’art. 6, comma 3, del d.lgs. 231/2001.
L’aggiornamento della versione delle Linee Guida del 24 maggio 2004, realizzato nell’ambito del
Gruppo di lavoro di Confindustria sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ha
riguardato sia la parte generale che l’appendice relativa ai singoli reati (c.d. case study).
Nello specifico, gli adeguamenti sono diretti a fornire indicazioni in merito alle misure idonee a
prevenire la commissione di nuovi reati – presupposto in materia di abusi di mercato, criminalità
organizzata transnazionale, salute e sicurezza sul lavoro e antiriciclaggio.
Con particolare riferimento agli abusi di mercato, l’adeguamento è stato realizzato a seguito di un
approfondito confronto con la Consob. (b.b.)
Avviata la fase di consultazione sulle operazioni con parti correlate.
- dal sito internet www.consob.it.
In data 9 aprile 2008, la Consob ha sottoposto alla consultazione del pubblico una proposta di
regolamentazione di attuazione della delega legislativa attribuita dall’art. 2391- bis cod. civ. in materia
di operazioni con parti correlate effettuate, direttamente o tramite società controllate, da società
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (società italiane con azioni quotate in mercati
regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’art. 2325- bis c.c.). La
disciplina civilistica demanda alla potestà regolamentare della Consob la definizione di principi
generali in tema di trasparenza e di correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti
correlate. Tali principi generali devono individuare una disciplina con riguardo alla competenza
decisionale, alle motivazioni e alla documentazione delle operazioni con parti correlate.
Nella proposta di cui sopra, la Consob stabilisce una nuova disciplina organica per le operazioni
con parti correlate, prevedendo sia obblighi di informazione immediata e periodica, sia principi
in materia di procedure che le società devono adottare al fine di assicurare le necessarie condizioni
di correttezza nell’intero processo di realizzazione delle operazioni con parti correlate.
Relativamente ai profili di trasparenza nei confronti del mercato, la proposta di regolamentazione
comporta un significativo rafforzamento della disciplina attuale (contenuta nell’art. 71- bis del Regolamento
Consob in materia di Emittenti), richiedendo l’immediata comunicazione al mercato
delle operazioni che superano determinate soglie quantitative o che presentano specifiche
caratteristiche qualitative.
Con riferimento ai profili di correttezza procedurale, la proposta di regolamentazione attribuisce
un ruolo centrale agli amministratori indipendenti nell’assicurare che le operazioni siano
realizzate nell’interesse della società.
Un executive summary e il documento di consultazione completo, che contiene, tra i diversi approfondimenti
effettuati, anche un’analisi d’impatto delle diverse opzioni regolamentari considerate
dalla Consob, sono disponibili sul sito internet: www.consob.it.

IUSLETTER n°48.08 | Attualità normative | 6
Le osservazioni al documento di consultazione dovranno pervenire entro il 9 giugno 2008 al seguente
indirizzo: CONSOB – Divisione Studi Giuridici, Via G. B. Martini, n. 3 - 00198 ROMA,
oppure all'indirizzo di posta elettronica: consob@consob.it. (b.b.)
D.M. 2 aprile 2008: Rideterminazione delle percentuali di concorso
al reddito complessivo.
Attraverso il predetto Decreto, pubblicato in G.U. n. 90 del 16 aprile 2008, Il Ministero dell’Economia
e delle finanze, ha provveduto alla Rideterminazione delle percentuali di concorso al reddito
complessivo dei dividendi, delle plusvalenze e delle minusvalenze di cui agli articoli 47,
comma 1, 58, comma 2, 59 e 68, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
La riderminazione di tali percentuali si è resa necessaria al fine di mantenere invariato il carico
fiscale complessivo, dopo la riduzione dell’aliquota Ires dal 33% a 27,5% introdotta dalla Legge
finanziaria del 2008.
Secondo quanto previsto nel decreto i dividendi percepiti (da soggetti non IRES), a seguito della
distribuzione di utili prodotti a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre
2007, sono imponibili per il 49,72% del loro ammontare (la percentuale resta al 40% se i dividendi
si riferiscono a utili formatisi in esercizi precedenti).
Sono, altresì, imponibili per il 49,72% del loro ammontare, le plusvalenze derivanti dalla cessione
di partecipazioni qualificate realizzate, a decorrere dal 1° gennaio 2009, da parte di persone fisiche
(e altri soggetti) che le detengono al di fuori del regime di impresa. Resta ferma la misura del
40% cento per le plusvalenze e le minusvalenze derivanti da atti di realizzo posti in essere anteriormente
al 1° gennaio 2009, ma i cui corrispettivi siano in tutto o in parte percepiti a decorrere
dalla stessa data.
Sono, invece, esenti limitatamente al 50,28 % del loro ammontare, le plusvalenze derivanti dalla
cessione di partecipazioni qualificate, effettuate da soggetti che le detenevano in regime di impresa
realizzate a decorrere dal 1° gennaio 2009. La stessa percentuale si applica per la determinazione
della quota delle corrispondenti minusvalenze non deducibile dal reddito imponibile.
(a.dc.)

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 7
Dottrina:
letture e orientamenti
Donazione remuneratoria e obbligazione naturale.
- di Francesca Badolato, in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag. 654.
La sentenza tratta la questione di qualificazione del comportamento di colui che attribuisce
beni/denaro ad un proprio congiunto o ad una persona cui è legato da affetto o benevolenza in
segno di riconoscenza per l’assistenza e la cura da questi prestata nei suoi confronti.
L’alternativa che si è sempre posta all’interprete è se qualificare il comportamento come donazione
rimuneratoria o invece come adempimento di una obbligazione naturale.
Il Tribunale di Monza, nell’affrontare tale quesito, ci offre un quadro delle soluzioni fornite dalla
dottrina: un primo criterio proposto fonda la distinzione tra i due istituti sulla diversità di animus
mentre per un altro è determinante il dato quantitativo dell’entità della prestazione.
La sentenza in questione preferisce invece condurre l’analisi sulla base di una più personale ricostruzione
ritenendo di dover analizzare il comportamento del beneficiario. In base a questo tipo
di analisi si può affermare che la figlia che accudisce il padre pone in essere doveri di solidarietà
familiare, ossia veri e propri doveri morali ex art. 2034 c.c., come tali inidonei a far nascere non
solo un obbligo giuridico ma anche un dovere morale di ricompensa. Ne deriva che, in quanto
espressione di una sua scelta la relativa attribuzione è da considerarsi donazione remuneratoria
per la quale è necessaria la forma scritta pena la nullità della stessa. (d.g.)
L’”azione di classe” Italiana per la tutela dei diritti individuali omogenei.
- di Davide Amadei, in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08, pag. 940.
L’articolo commenta l’inserimento, nella Legge Finanziaria 2008, dell’azione collettiva risarcitoria
tramite l’introduzione nel Codice del Consumo, dell’art. 140 bis.
Tale norma, che entrerà in vigore il 30 giugno p.v., nasce dalla necessità di proteggere gruppi
vasti e numerosi di consumatori, utenti o investitori rispetto a comportamenti illeciti di imprese
sul mercato. Trattasi di diritti soggettivi, di credito al risarcimento del danno o alla restituzione
di somme di denaro, di cui sono titolari singoli individui, consumatori o utenti che potrebbero
essere tutelati individualmente in via ordinaria mediante azioni autonome, ma che grazie all’introduzione
della norma in esame, possono essere azionati collettivamente.
L’art. 140 bis fa espresso riferimento a tre diverse fattispecie: 1) contratti conclusi mediante
moduli o formulari e clausole vessatorie ivi contenute; 2) atti illeciti extra contrattuali;
3) concorrenza sleale e pratiche scorrette di mercato. L’Autore dà una illustrazione dettagliata delle
tipologie lesive elencate mentre rileva la difficoltà di inserire in tale elencazione le cause risarcitorie
o restitutorie che riguardino soggetti investitori o risparmiatori rispetto alla collocazione
sul mercato di titoli azionari o obbligazionari.
Legittimato passivo è poi, secondo l’Amidei, necessariamente un imprenditore o un professionista,
così come definiti dall’art. 3 lett. c del Codice del Consumo.
La legittimazione ad agire viene invece attribuita alle Associazioni iscritte nel registro nazionale
di cui agli art. 138 e 139 del Codice, nonchè alle associazioni e comitati che “siano adeguatamente
rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere”. Scopo dell’azione collettiva è infatti quello
di ottenere una sentenza di accertamento dell’esistenza del diritto di credito, mentre manca la
quantificazione del danno effettivamente subito, per cui la sentenza riconosce un diritto ancora
non liquido e quindi non utilizzabile come titolo esecutivo (salvo il caso in cui la sentenza non
contenga una condanna al pagamento di somme minime per ogni aderente o intervenuto).

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 8
Elemento centrale attorno al quale ruota l’azione collettiva risarcitoria è il meccanismo qualificato
come OPT IN, che prevede cioè la facoltà di adesione dei singoli consumatori o utenti che
vogliono beneficiarne. Accanto all’adesione, che può avvenire fino all’udienza di precisazione
delle conclusioni in appello (ed anche questa scelta non è stata esente da critiche), il legislatore
ha espressamente previsto la possibilità dell’intervento del singolo consumatore o utente per proporre
una domanda avente il medesimo oggetto.
L’articolo continua con l’analisi dei commi successivi dell’art. 140 bis, relativamente alla pronuncia
– del Tribunale in composizione collegiale - sull’ammissibilità e sulla conseguente pubblicità
dell’azione (a cura del soggetto che ha introdotto il processo) e dei suoi contenuti.
Il giudicato poi si formerà solo sui diritti di coloro che aderiranno o interverranno nell’azione.
L’Autore fornisce inoltre un dettagliato esame della fase di liquidazione del danno – o alla restituzione
delle somme – degli aderenti al processo collettivo.
L’articolo si chiude con un rapido confronto con alcuni modelli di azioni collettive in altri ordinamenti
(francese, inglese, brasiliano ed americano) ed alcune riflessioni conclusive che evidenziano
le peculiarità dell’azione introdotta rispetto all’azione collettiva inibitoria delle associazioni. (c.f.)
Stabilizzazione della compagine e clausole di lock-up sociali e parasociali.
- di Carlo Felice Giampaolino, in Rivista delle Società, n. 1/08, pag. 148.
L’articolo segnalato commenta l’introduzione, a seguito della riforma del diritto societario, della
possibilità di inserire negli statuti sociali il divieto – per un determinato periodo di tempo – della
partecipazione azionaria, nonché la clausola di mero gradimento di cui all’art. 2355 bis c.c..
L’Autore tratta una serie di questioni derivanti dalla citata innovazione legislativa.
Innanzitutto, affronta il tema della derogabilità del divieto, domandandosi se i soci vincolati da una
disposizione statutaria a non alienare possano prevedere, sempre statutariamente, una deroga a
tale divieto e, a tal fine, effettua una valutazione comparativa riguardo a quanto stabilito dal
codice civile con riferimento alle società a responsabilità limitata.
Nel risolvere positivamente l’anzidetta questione l’autore muove dall’inquadramento sistematico
della clausola di divieto derogabile e conclude che quella debba essere qualificata come sub-fattispecie
della clausola di divieto piuttosto che una clausola di gradimento a tempo. Tale conclusione
è raggiunta attraverso un’approfondita analisi della ratio sottostante la disciplina delle due
ipotesi, ovverosia la stabilità della compagine sociale, da un lato, e la protezione di talune caratteristiche
di detta compagine, dall’altro lato.
L’Autore analizza, poi, i limiti (necessità di una delibera assembleare?) e l’ambito (possibilità di
stabilire un dies a quo in modo difforme da quanto previsto ex lege / possibilità di durata ultraquinquennale)
della deroga.
Da ultimo è analizzato il correlato argomento della stabilizzazione della compagine sociale
nelle società quotate realizzato, tipicamente, attraverso la stipulazione di appositi patti
parasociali cd. di lock up.
In particolare sono trattate due questioni: (i) posto che il socio stipulante il patto parasociale
può recedere condizionatamente all’adesione ad un’offerta pubblica, ci si chiede se sia possibile
regolare convenzionalmente le conseguenze del recesso in modo da garantire l’exit del socio
in modo neutrale rispetto all’offerta ma anche in modo coerente con l’interesse di altri soci
interessati ad acquistare la partecipazione; (ii) nel caso in cui le partecipazioni nella società quotata
siano acquistate attraverso un veicolo di investimento di più soggetti il cui statuto preveda
regole ad hoc per l’adesione della società veicolo ad un’offerta pubblica di acquisto lanciata
sulle azioni quotate ci si domanda se debba essere giustificata la resistenza delle clausole
statutarie rispetto al recesso del socio.
Al primo quesito è data risposta affermativa nel caso di convenzioni che attribuiscano, almeno a
parità di condizioni, ad altri soggetti l’opzione di acquisto sulle azioni per le quali si intende aderire

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 9
all’opa. Riguardo al secondo l’autore rileva che l’eventuale esistenza di regole statutarie di lock up
prescelte nel veicolo sottraggano al socio di questo la possibilità di recesso ex art. 123 T.U.F. (c.c.)
Nota a sentenza Tribunale di Torino, 4 luglio 2007.
- di Stefano G. Folesani e Cesare P. Franzi, in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08, pag. 1059.
Sul numero 4/2008, pag. 1057 e ss. della rivista Giurisprudenza di Merito è riportata una sentenza
del 4 luglio 2007 del Tribunale di Torino (per la cui massima si rimanda alla Sezione
Giurisprudenza) che affronta il tema relativo al mutamento del rito da ordinario a societario e
del decorso del termine ex art. 6 D.lgs n. 5 del 2003.
In estrema sintesi il principio stabilito è che il convenuto possa evitare che, una volta mutato il rito
da ordinario a societario, l’eventuale omessa tempestiva notifica della memoria di replica dell’attore
determini l’estinzione del processo, potendo egli notificare l’istanza di fissazione di udienza
nel rispetto dei termini di legge.
Il Presidente ha, invero, chiarito che una volta decorso il termine di replica per l’attore il convenuto
è libero di notificare validamente l’istanza di fissazione di udienza, pur non ricadendo
tale fattispecie nelle ipotesi previste dall’art. 8 D.lgs 5/2003 e fuori dei casi previsti dall’ultimo
comma di tale articolo. (c.c.).
La sospendibilità di delibere assembleari già eseguite.
– di Ilaria Kutufà, in Giurisprudenza Commerciale, n. 35.1/08, pag. 78/1.
L’articolo in esame muove da una pronuncia giurisprudenziale risalente al 2003 del Tribunale
di Lucca che ha riconosciuto il principio secondo cui l’impossibilità di ripristinare la situazione
di fatto precedente l’esecuzione di una delibera assembleare deve far considerare inattuabile il
rimedio della sospensione della stessa.
La riflessione dell’autrice consiste nell’individuare la ratio in base alla quale concedere o negare
il rimedio cautelare della sospensiva ex art. 2378 c.c. quando, in fatto o in diritto, la delibera impugnata
abbia già acquisito una sua rilevanza esterna.
In argomento sono sinteticamente esposti gli orientamenti giurisprudenziali maggioritari,
nonché la rilevanza pratica della risoluzione del conflitto.
L’analisi ripercorre gli interrogativi che dottrina e giurisprudenza si sono originariamente posti
nell’affrontare la questione ovverosia il tema se la sospensione delle delibere assembleari fosse
un provvedimento astrattamente pronunciabile nei confronti di qualsivoglia delibera, ovvero se
vi fossero tipologie di decisioni insuscettibili a priori di essere sospese in ragione di un’incompatibilità
logico giuridica della tutela cautelare con il regime societario del loro oggetto o della
loro efficacia.
Viene, quindi, condotta l’analisi della questione secondo una diversa prospettiva.
E’ brevemente descritto, infatti, un nuovo orientamento interpretativo che rifiuta la concezione
che assegna all’azione cautelare una funzione meramente conservativa ed adotta quella che attribuisce
alla tutela una funzione essenzialmente anticipatoria della pronuncia finale di merito:
la cautela cioè, secondo questa concezione, deve far conseguire un provvedimento il più possibile
coincidente con il risultato (favorevole) che si considera probabile nel merito e di cui si vuole
assicurare la piena utilità. Ecco allora che, una volta adottato il nuovo approccio, la tutela cautelare
ex art. 2378 c., anzichè dipendere dall’individuazione di quali tipologie di delibere siano con
essa compatibili, vede piuttosto definito tale ambito come tendenzialmente coincidente per relationem
con quello dei provvedimenti che si possono ragionevolmente ipotizzare come esiti
probabili nel giudizio di merito.
Si analizzano, quindi, applicando l’uno e l’altro orientamento, i casi delle delibere self executing
(nomina amministratori), delle delibere negative (rigetto di una proposta, accoglimento di una
proposta negativa, ovvero reiezione di quest’ultima) e delle delibere già eseguite. (c.c)

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 10
La discussa natura giuridica del memorandum di spesa delle carte di credito.
- di Matteo Montanari, in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2837.
L’Autore affronta la dibattuta questione dell’inquadramento dogmatico della carta di credito traendo
spunto da un non proprio recente intervento della Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. III, 4 luglio
2006 n. 16102, per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza) nell’ambito del
quale la Corte di Cassazione si è pronunciata su due distinti principi di diritto in materia di plastic
money, affermando che la natura giuridica delle carte di credito differirebbe da quella dei titoli
di credito ed alle stesse risulterebbe inapplicabile la disciplina prevista dall’art. 1189 c.c..
Nell’ambito dell’articolo in questione, in particolare, oltre ad analizzare la sentenza poc’anzi citata
e a criticarne taluni profili, l’Autore ripercorre le diverse tesi elaborate dalla dottrina in merito
all’inquadramento sistematico dei rapporti contrattuali fra emittente, titolare della carta di credito
ed esercizio commerciale affiliato. (f.s.)
Il formalismo nei contratti dell’intermediazione finanziaria ed il recepimento della Mifid.
- di Luciano Pontiroli e Paolo Duvia, in Giurisprudenza Commerciale, n. 35.1/08, Sez. I, pag. 151.
Nell’articolo in commento, gli Autori, dopo aver: (i) delineato le origini del neo-formalismo contrattuale
(ii) affermato che il ruolo del formalismo nelle direttive comunitarie sembra mutare di
volta in volta (iii) evidenziato che la disciplina italiana dei mercati finanziari aveva introdotto il
requisito formale sin da epoca anteriore all’armonizzazione del diritto dei mercati finanziari avviata
con la Direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993 e, fino ad epoca recentissima, non si è discostata
da quest’orientamento; (iv) illustrato le disposizioni della direttiva MiFID concernenti la
documentazione del contratto, si soffermano su alcune considerazioni, ossia: a) l’alternativa alla
forma ad substantiam è la responsabilità dell’intermediario per la violazione degli obblighi
d’informazione di cui all’art. 19 MiFID; b) la soluzione prospettata al punto precedente non appare
in alcun modo in contraddizione con l’esigenza di protezione degli investitori, allineando
anzi la disciplina della prestazione dei servizi d’investimento a quella dell’appello al pubblico risparmio.
L’intero sistema di protezione degli investitori di cui al d.lgs. n. 58 del 1998 ha al suo
centro l’informazione degli emittenti al mercato e delle imprese d’investimento agli investitori;
c) la preoccupazione di assicurare l’informazione è dominante nella disciplina delle offerte di strumenti
finanziari; d) il legislatore primario ed il regolatore si sono preoccupati di garantire
l’informazione degli investitori intesi come insieme di soggetti che accedono al mercato o che potrebbero
accedervi; e) la protezione degli investitori nel mercato primario sul piano civilistico è
affidata alla responsabilità extracontrattuale; allo stesso modo, le regole di comportamento dettate
dal d.lgs. n. 58 del 1998 per le imprese che prestano servizi d’investimento e per le gestioni
collettive trovano il loro migliore presidio nella responsabilità civile degli intermediari, nelle sue
varie declinazioni; f) la rinuncia a mantenere il presidio della nullità in favore di un più ampio
impiego della responsabilità civile anche nell’ipotesi di violazione degli obblighi d’informazione
non creerebbe problemi di coerenza con il sistema. (b.b.)
Un approccio semplificato alle nuove norme con interpretazioni elaborate dal notariato.
- di Mauro Leo, in Guida al Diritto, n. 17/08, pag. 114.
Nell’articolo in esame, l’Autore informa che le Faq (Frequently asked questions) in materia di normativa
antiriciclaggio, redatte a cura del gruppo di studio antiriciclaggio istituito presso il Consiglio
nazionale del Notariato, sono state elaborate con l’obiettivo di soddisfare una prima esigenza
informativa di base, consentendo ai notai, impegnati in prima linea nel contrasto al riciclaggio
di proventi criminosi e al finanziamento del terrorismo, un facile approccio alle problematiche
poste dal d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 di recepimento della terza direttiva in materia (ossia,
la direttiva 2005/60/CE).

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 11
Tali Faq, in particolare, riguardano: (i) l’ambito di applicazione della disciplina antiriciclaggio; (ii)
l’identificazione del cliente; (iii) l’identificazione del titolare effettivo; (iv) le società fiduciarie; (v)
le modalità di pagamento; (vi) gli archivi ed i registri; (vii) gli indicatori di anomalia e le sanzioni;
(viii) le limitazioni all’uso del contante.
Le Faq di cui si tratta, precisa l’Autore, non possono in alcun modo sostituirsi agli approfondimenti
in materia contenuti negli studi e nelle osservazioni del notariato, queste ultime già diffuse in occasione
del Convegno di Firenze del 26 gennaio 2008. Esse, pertanto, vanno intese come primi
orientamenti dal taglio eminentemente pratico, volti ad indirizzare il comportamento istituzionale
e professionale dei notai in questa fase di prima applicazione della nuova normativa. (b.b.)
Funzioni e poteri della Consob “Nouvelle”.
- di Sandro Amorosino, in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08, pag. 137.
L’articolo ha per oggetto l’analisi delle funzioni ed i poteri della Commissione Nazionale per le
Società e la Borsa (CONSOB).
La CONSOB, viene definita dall’Autore del testo in commento “CONSOB nouvelle”, in virtù delle
molte innovazioni normative – primarie e secondarie – intervenute negli ultimi anni.
In particolare, nell’articolo, l’Autore si sofferma: a) sull’intreccio di funzioni di vigilanza tra
CONSOB e Banca d’Italia; b) sulle funzioni della CONSOB anteriormente alla recente normativa;
c) sulle nuove funzioni della CONSOB ex lege n. 62 del 2005 sugli abusi di mercato; d) sul
ruolo della CONSOB nella legge sulla tutela del risparmio (n. 262 del 2005) e nel successivo decreto
legislativo correttivo (n. 303 del 2006); e) sulle funzioni della CONSOB in tema di: governance
e informazione societaria delle società quotate; società costituite in Stati che non garantiscono
la trasparenza societaria; conflitti d’interesse nei servizi di investimento; f) sulla nuova
disciplina della circolazione dei prodotti finanziari, anche emessi da banche ed assicurazioni;
g) sulle ulteriori funzioni della CONSOB in materia di: revisione contabile, procedure
di conciliazione, gestione dei mercati, conformazione dei prodotti finanziari; h) sulle modifiche
ai poteri della CONSOB, così come stabilito nei tre decreti legislativi, n. 51 del 2007, n. 164 del
2007 e n. 229 del 2007, con i quali sono state recepite – rispettivamente – le direttive in tema di:
prospetti, mercati di strumenti finanziari (la prima, 2004/39/CE, c.d. MiFID, e quella di secondo
livello 2006/73/CE recante modalità di esecuzione della prima) e offerte pubbliche di acquisto
(2004/25/CE); i) sulla limitazione ex lege della responsabilità della CONSOB per gli atti compiuti
od omessi nell’esercizio delle proprie funzioni, derogatoria rispetto all’art. 2043 c.c. e – apparentemente
– rispetto al principio generale dell’art. 28 della Costituzione. (b.b.)
Il credito fondiario e le prededuzioni del fallimento.
- di Luigi D’Orazio, in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag. 763.
L’Autore commenta una pronuncia con la quale la Corte d’Appello di Torino (App. Torino, 29 giugno
2007, per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza) ha respinto l’impugnazione
proposta da un Curatore Fallimentare avverso il decreto, emesso da un Giudice dell’Esecuzione,
di conferma dell’avvenuta assegnazione al creditore “fondiario” del ricavato della vendita del bene
oggetto dell’esecuzione.
Il commento condivide la tesi esposta dal Collegio piemontese relativa al diritto, sussistente in
capo al creditore munito di privilegio fondiario, di farsi assegnare, ai sensi dell’(ivi applicabile)
art. 42 r.d. 646/1905 (ora art. 41 D.Lgs. 385/1993), il ricavato della vendita del bene pignorato ancorché
pendente la procedura fallimentare del debitore esecutato, pur con la precisazione che tale
assegnazione ha carattere provvisorio e che il privilegio accordato al creditore “fondiario” ha natura
meramente processuale e non deroga al principio del concorso dei creditori di cui all’art. 52 l.f..
Non vi è, invece, adesione al diverso principio esposto dalla Corte d’Appello in relazione alla distinzione
degli effetti connaturati all’intervento effettuato dalla procedura nell’ambito dell’esecuzione
promossa dal creditore “fondiario”, a secondo che lo stesso richieda l’assegnazione del-

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 12
l’intero ricavato (ipotesi ricondotta nell’ambito meramente processuale) ovvero di parte del ricavato
in modo da soddisfare i creditori poziori rispetto a quello fondiario (fattispecie che, secondo
il Collegio, presuppone un’analisi del merito, con pronuncia suscettibile di superare il limite di
cui all’art. 52 l.f.).
Infatti, secondo l’Autore tale ultima soluzione non tiene conto della limitatezza della normativa in
questione, la quale in nessun caso può consentire al creditore assegnatario di superare il disposto
di cui all’art. 52 l.f., anche in ragione della necessità che sia il Giudice Delegato a disporre in via
definitiva il ricavato della vendita dei beni di titolarità del fallito. (s.b.)
Omessa comunicazione al creditore opponente del provvedimento
di fissazione dell’udienza.
- di Carlo Trentini, in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag.1057.
L’Autore commenta la sentenza emessa dal Tribunale di Caltagirone in data 3 maggio 2007 (per
la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), in merito al procedimento di opposizione
allo stato passivo ed omessa comunicazione del decreto di fissazione d’udienza, soffermandosi,
in particolare, sulla natura del procedimento di opposizione.
È communis opinio, sia in giurisprudenza che nella stragrande parte della dottrina, l’inclusione
dell’opposizione nel novero delle impugnazioni.
La regola che viene più di ogni altra ritratta dalla natura impugnatoria dell’opposizione è quella
della perentorietà del termine per l’ammissibilità del mezzo.
Al proposito, come emerge dalla sentenza in commento, si verifica una scissione tra l’editio actionis
e la vocativo in jus: l’impugnazione viene proposta appunto con il deposito del ricorso, spettando
poi al giudice ad quem di fissare l’udienza.
Pertanto, una volta che sia tempestivamente radicato il procedimento di opposizione, mediante
il deposito del ricorso, l’effetto preclusivo del giudicato resta intatto ove l’opponente non venga
ritualmente informato del provvedimento di fissazione della data dell’udienza, per quanto a lungo
perduri l’inerzia dell’ufficio. (n.r.)
Valore formale probatorio del documento informatico
alla luce del d. lgs. 4 aprile 2006, n. 159.
- di Sandei Claudia, in Le nuove leggi civili commentate, n. 1/08, pag. 3.
L’Autrice traccia un’ampia panoramica relativamente al documento informatico, esaminando e
comparando la normativa nazionale e comunitaria che regola la materia.
Il contributo è focalizzato, in particolare, sugli artt. 20 e 21 del Codice dell’amministrazione digitale
che, attualmente, regolano il valore giuridico del documento informatico e che differenziano
l’efficacia sostanziale e probatoria di detto documento a seconda che lo stesso venga sottoscritto con
firma semplice (cd debole) ovvero con firma elettronica qualificata, digitale (cd. firma forte). (f.s.)
Ricorsi alla Cassazione e quesiti di diritto.
- di Franco Cipriani, in Il Foro Italiano, n. 1/08, pag. 115.
L’Autore, commentando due ordinanze della Suprema Corte (Cass. 22 ottobre 2007, n. 22059 e
Cass. 28 febbraio 2007, n. 4640, per le cui massime si rimanda alla Sezione Giurisprudenza),
illustra, prima di tutto, le origini storiche dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal legislatore con l’art.
6 del d. leg. 2 febbraio 2006, n. 40, nonché le finalità di detta norma. In merito, egli osserva, che,
nonostante le buone intenzioni, l’art. 366 bis c.p.c., prevedendo l’obbligo di formulare il quesito
di diritto a pena di inammissibilità, ha determinato il sorgere di nuove problematiche. In particolare,
tale articolo sembra ostacolare il ricorrente, atteso che, da un lato, offre un nuovo strumento
al resistente per sollevare dubbi sulla ritualità del quesito, e, dall’altro lato, non impone un analogo
onere in caso di controricorso.

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 13
La seconda parte dell’articolo attiene, invece, più prettamente alle ordinanze in commento, con
le quali la Corte di Cassazione ha dichiarato che la formulazione del quesito non è necessaria in
caso di regolamento di giurisdizione, mentre lo è nell’ipotesi di revocazione. L’Autore non ritiene
condivisibile il contenuto della seconda ordinanza e illustra altre ipotesi nelle quali, a suo giudizio,
l’art. 366 c.p.c. non dovrebbe trovare applicazione.
Da ultimo, vengono esaminate le modalità concrete di formulazione del quesito. Quest’ultimo,
sempre secondo l’opinione del commentatore, dovrebbe essere enunciato in via interrogativa e
non sottoforma di massima. (s.d.)
Casi di incontrovertibilità dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c..
- di Raffaella Di Iorio, in Il Corriere Giuridico, n. 1/08, pag. 2869.
L’articolo commenta una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, ovvero la n. 13252/2006 (per
la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), tramite cui la Suprema Corte ha preso
posizione in merito alla natura dell’ordinanza anticipatoria di condanna ex art. 186 ter c.p.c.,
emessa nei casi previsti nei commi 4° e 5° di detto articolo, e cioè quando successivamente all’emissione
di detta ordinanza il processo si estingue, ovvero quando la parte contro cui la stessa
viene pronunciata è contumace.
L’Autore evidenzia le ragioni per le quali la Suprema Corte ha ritenuto opportuno aderire alla tesi
dottrinaria secondo cui l’ordinanza ingiuntiva, qualora venga pronunciata nei casi e secondo le
modalità previste dai commi 4° e 5° dell’art. 186 ter c.p.c., benché possa essere assorbita successivamente
in una sentenza che, ad esito del giudizio, ne ricalca il contenuto, ha il carattere della
incontrovertibilità, ed è idonea quindi a costituire cosa giudicata a cui il dispositivo della successiva
sentenza deve necessariamente attenersi.
Detta pronuncia della Cassazione respinge quindi l’opposto orientamento dottrinario, il quale sosteneva
che il contenuto decisorio dell’ordinanza ingiuntiva, non essendo sorretto da un vero e
proprio accertamento riconducibile solamente alla cognizione piena, è anche suscettibile di revoca
e modifica da parte della sentenza emanata successivamente. (g.m.)
Sequestro giudiziario e titoli di credito sine causa.
- di Antonio Lombardi, in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag. 699.
Nell’ordinanza in commento, il giudice, adito in via d’urgenza per evitare la riscossione e la circolazione
di alcuni assegni bancari postdatati e di vaglia cambiari consegnati ad un promittente
venditore, ha dapprima illustrato il contenuto dei diversi orientamenti dottrinali in materia di
vincolo ex art. 670 c.p.c. sui titoli di credito e, quindi, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto,
sulla base dell’assenza di elementi di fatto da cui desumere la permanenza degli effetti
nella materiale disponibilità del primo prenditore.
L’Autore, prendendo le mosse dalla predetta decisione, si sofferma in primo luogo ad esaminare
il rapporto tra sequestro giudiziario e titoli di credito sine causa, precisando che questi ultimi
ricorrono allorché il rapporto sotteso al rilascio del titolo difetti sin dall’inizio o venga meno per
fatti sopravvenuti ed illustrando le diverse tesi dottrinali in materia.
Vengono quindi esaminate le conseguenze derivanti dalla circolazione del titolo, evidenziando
come il sequestro giudiziario non sia esperibile nei confronti del terzo portatore, tranne nel caso
in cui si tratti di un terzo giratario e ne venga dimostrata la mala fede, per aver acquistato il titolo
con l’intento di danneggiare il debitore.
L’ultima parte dell’articolo è, infine, dedicata all’analisi dell’ipotesi in cui, richiesta la tutela cautelare,
il primo prenditore si costituisca negando semplicemente di essere in possesso dei titoli,
senza fornire alcuna prova. (s.d.)

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 14
Esecutività del decreto ingiuntivo successivamente all’estinzione del procedimento.
- di Marcella Negri, in Il Corriere Giuridico, n. 12/07, pag. 1717.
L’articolo commenta la sentenza n. 11095/2007 emessa dalla Corte di Cassazione – Sezione Lavoro
(per la cui massima si rimanda alla Sezione Giurisprudenza), attraverso cui la Suprema Corte
ha modificato il proprio precedente orientamento in merito ai limiti di applicabilità dell’art. 653,
1° comma c.p.c., nella parte in cui lo stesso prevede che a seguito dell’estinzione del processo, il
decreto ingiuntivo, qualora non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva.
L’Autrice, commentando la menzionata sentenza, illustra le tesi divergenti del dibattito giurisprudenziale
sorto con riguardo alla possibilità o meno di applicare detto articolo, nel caso in cui il
decreto ingiuntivo venga opposto, con specifico riguardo al caso particolare in cui il procedimento
di opposizione sia soggetto sia ad appello che a ricorso in Cassazione, la quale conclude l’iter giurisdizionale
con un rinvio che non viene tempestivamente riassunto.
L’ultimo orientamento della Suprema Corte in proposito, il quale viene accolto con favore dall’Autrice,
ritiene che quanto disposto dal menzionato articolo 653 c.p.c. trovi applicazione nel solo caso
in cui l’estinzione del giudizio instaurato con l’opposizione si verifichi prima che venga pronunciata
una sentenza, la quale, indipendentemente dagli sviluppi del giudizio in eventuali e successive
fasi, è destinata comunque ad avere prevalenza sul decreto emesso dal giudice ad esito del
procedimento a cognizione sommaria. (g.m.)
Il reclamo cautelare avverso l’istanza di sospensione dell’esecuzione provvisoria.
- di Federico Ungaretti, in Giustizia di Merito, n. 4/08, pag. 984.
L’Autore trae spunto da una recente pronuncia del Tribunale di Lucca (per la cui massima si rimanda
alla Sezione Giurisprudenza) per affrontare il tema della reclamabilità delle ordinanze
ex artt. 648 e 649 c.p.c alla luce del riformato codice di rito.
L’Autore pone in evidenza i punti critici della tesi prevalente in giurisprudenza e condivisa
dalla sentenza in commento che ritiene inammissibile detta ipotesi di gravame, con particolare
riferimento alle asimmetrie discendenti da tale interpretazione ed ai dubbi di costituzionalità
che derivano proponendo al contrario, e come sostenuto dalla dottrina maggioritaria,
una lettura che possa meglio soddisfare le esigenze di equivalenza delle garanzie a fronte
di provvedimenti sommari. (f.s.)
Alcune riflessioni sulle licenze creative commons e i diritti connessi degli
artisti interpreti ed esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi
di diffusione radiotelevisiva.
- di Andrea Glorioso e Giuseppe Mazziotti, in Il Diritto di Autore, n. 2/08, pag. 133.
Le licenze Creative Commons (Licenze “CC”) sono licenze del diritto d’autore messe gratuitamente
e liberamente a disposizione di chiunque. La principale peculiarità delle licenze CC consiste
nel fatto che il licenziante concede gratuitamente al licenziatario, per tutta la durata del diritto
d’autore applicabile, l’autorizzazione a compiere alcuni degli atti che le norme sul diritto
d’autore riservano al titolare dei diritti, tra cui la riproduzione, la distribuzione, la comunicazione
al pubblico e la messa a disposizione e, in alcuni casi specifici, l’uso dell’opera licenziata come
base di partenza per creare altre opere dell’ingegno.
In questo articolo si discute delle relazioni tra CC e diritti connessi (al diritto d’autore) di artisti
interpreti ed esecutori, produttori di fonogrammi e organismi di diffusione radio-televisiva (rispettivamente
“AIE”, “PF” e “ODR”).
Il primo problema che si pone è se il licenziante possa legittimamente compiere atti che rientrano
nell’oggetto dei diritti di sfruttamento economico spettanti ad eventuali coautori e/o diritti
connessi di AIE, PF e ODR che insistono sull’opera licenziata. Ciò potrebbe avvenire sia
nel caso di un’opera alla cui realizzazione hanno concorso più autori, sia nel caso in cui
l’opera concessa in licenza risulti dall’attività di uno o più autori unitamente all’attività di un

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 15
AIE, un PF o un ODR, come la fissazione ad opera del PF.
Il nodo centrale riguarda l’ipotetica coabitazione tra diritti esclusivi dell’autore concessi in licenza
e i diritti esclusivi di AIE, PF e/o ODR, per i quali si pone la questione di una loro eventuale soggezione
ai vincoli espressi tramite la particolare CC scelta dal licenziante. Se, per ipotesi, gli atti
compiuti da AIE, PF e/o ODR e i relativi diritti connessi non fossero soggetti a tali vincoli, questi
ultimi, in ragione dei diritti esclusivi loro riconosciuti dalla legge, potrebbero limitare la diffusione
dell’opera o subordinarla a condizioni più gravose rispetto a quanto previsto dall’autore/licenziante
originario.
Gli Autori concludono, rilevando che, onde evitare l’insorgere di eventuali conflitti, si pone
un’esigenza di armonizzazione delle Licenze CC con i diritti di eventuali coautori ed i diritti connessi
di AIE, PF e/o ODR. (g.t.)
Le nuove misure riparatorie del danno alla concorrenza: impegni e misure cautelari.
- di Alberto Bregoli, in Giurisprudenza Commerciale, n. 35.1/08, pag. 109.
Lo scritto propone una riflessione circa la valutazione del danno alla concorrenza.
Il procedimento cautelare disciplinato all’art. 14 bis L. 287/1990 (i) si applica nei casi in cui è necessario
evitare un danno grave ed irreparabile per la concorrenza, (ii) si apre d’ufficio e (iii) le
decisioni prese non possono essere rinnovate né prorogate.
L’Autore, dopo aver rilevato come antecedentemente al regolamento comunitario n. 1/2003 la
Corte di Giustizia Europea desse risalto al collegamento tra danno alla concorrenza e danno al
concorrente, osserva come il procedimento avanti all’Autorità Antitrust si fondi esclusivamente
sul primo: il diritto antitrust tutela, infatti, il mercato e, solo mediatamente, i consumatori quali
soggetti di un’autonoma sfera giuridica.
Pertanto, per adottare una misura cautelare deve dimostrarsi il rischio di una modifica dell’assetto
del mercato rilevante non reversibile o non facilmente reversibile; così deve correlarsi il
danno grave ed irreparabile alla dinamica strutturale di un mercato, soprattutto sul presupposto
che l’adozione della misura non dipende dal grado di determinatezza del comportamento vietato,
ma dal puntuale riscontro del danno alla concorrenza.
Tale valutazione che verte sul periculum, risulta influenzata da quella sul fumus boni iuris, posto
che maggiore è la certezza in ordine alla illiceità della condotta, meno rigorosa sarà la valutazione
del pericolo nel ritardo.
In conclusione, l’interesse dei concorrenti resta solo sullo sfondo e i due tipi di danno non vanno
confusi. Da ciò si comprende come sia diverso il rimedio cautelare adottato dall’Autorità Antitrust
(che procede ex officio) da quello esperibile davanti al giudice ordinario.
Da ultimo è interessante sottolineare come l’Autorità, in tema di applicazione dell’art. 14 bis ha
optato per la regola del contraddittorio preventivo, limitando i casi di decisione cautelare inaudita
altera parte. (v.dg.)
Dalla pubblicità ingannevole alle pratiche commerciali sleali.
Tutele amministrativa e giurisdizionale.
- di Carlo Piazza, in Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, n. 1/08, pag. 1.
Nel corso degli ultimi anni, in particolare dal 2005 in avanti, la materia della repressione della
pubblicità ingannevole è stata oggetto di diversi interventi sia da parte del legislatore interno che
di quello comunitario. Dopo una prima novella introdotta avvenuta con la Legge n. 49 del 29 aprile
2005, si giunge ai d.lgs. nn. 145 e 146 del 2 agosto 2007 che recepiscono la Direttiva
2005/29/CE (la “Direttiva”).
Oltre ad un’ulteriore implementazione degli strumenti di intervento dell’AGCM, la novità normativa
interviene sul piano del diritto sostanziale, configurando una nuova fattispecie, la pratica
commerciale scorretta, che, lungi dal sostituirsi alla figura della pubblicità ingannevole, la assorbe,
ampliando conseguentemente gli ambiti di intervento dell’AGCM.

IUSLETTER n°48.08 | Dottrine: letture e orientamenti | 16
Il d.lgs. n. 146/2007 introduce la figura delle pratiche commerciali scorrette, mentre il d.lgs.
145/2007 disciplina la materia della pubblicità ingannevole nei rapporti fra i professionisti.
Scopo della Direttiva è quello di armonizzare tutte le disposizioni rilevanti in materia di pratiche
commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori, affidando la vigilanza sull’applicazione,
in via congiunta o alternativa, al controllo giudiziale o a quello di un’autorità amministrativa
indipendente. La scelta del nostro legislatore è stata nel secondo senso, affidando all’AGCM
il compito della repressione della nuova figura di illecito.
La nozione di “pratica commerciale scorretta” (art. 20 del d.lgs. n. 146/2007) va ulteriormente
distinta nella “pratica commerciale ingannevole” (artt. 21-23) e nella “pratica commerciale aggressiva”
(artt. 25-26).
Accanto ad un divieto generale, imperniato sulla violazione della diligenza professionale unita
all’idoneità a falsare il comportamento economico del consumatore, che rappresenta la figura più
ampia delle pratiche commerciali scorrette (art. 20), vi è poi una descrizione degli elementi rispetto
ai quali valutare l’ingannevolezza della pratica (artt. 21 e 22), da un lato, o la sua aggressività
(artt. 24 e 25) dall’altro. A chiusura di tale opera di codificazione, segue un’analitica elencazione
delle fattispecie in ogni caso vietate sia rispetto alle pratiche ingannevoli (art. 23) che a quelle
aggressive (art. 26). (g.t.)
La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali.
- di Lorenzo Del Federico in Diritto Tributario, n. 3/08, pag. 215.
L’articolo propone una esauriente trattazione dell’istituto della transazione fiscale di cui al titolo
III della l.f. dedicato al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione dei debiti. In particolare,
viene individuato:
l’ambito applicativo della predetta disciplina (ampliato dal decreto correttivo del 12 settembre 2007
n. 169 alla ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182 bis, oltre ché al concordato preventivo
sia con ristrutturazione dei debiti che con cessione dei beni); i tributi per cui è ammessa la
definizione; il contenuto della domanda di transazione (che in sede di concordato preventivo deve
essere proposta come parte del piano di ristrutturazione dei debiti e/o di attribuzione delle attività
dell’assuntore); la procedura e gli adempimenti degli uffici finanziari; l’adesione o il diniego
alla proposta e la tutela del contribuente davanti al giudice tributario; gli effetti della definizione
ed il problema della cessazione della materia del contendere nelle liti tributarie.
L’Autore conclude l’articolo rilevando come, al momento, in mancanza di una vera prassi applicativa,
sia prematuro un bilancio sugli effetti dell’innesto della transazione fiscale nella riforma della
legge fallimentare. Certo è che tale riforma ha dedicato scarsa attenzione alla materia fiscale. (a.dc.)

Giurisprudenza
Selezione delle decisioni più recenti in materia
di Diritto dell’Impresa e Procedura Civile
Obbligazioni
Cass., 5 febbraio 2008, Sez. III, n. 4591.
- in Guida al Diritto, n. 19/08, pag. 55.
La notificazione al debitore ceduto, previsto
dall’art. 1264 del c.c. quale presupposto per il
perfezionamento della cessione del credito non
si identifica con quell’effettuata ai sensi dell’ordinamento
processuale, ma può realizzarsi
con un atto a forma libera, purché idoneo a
porre il debitore nella consapevolezza della mutata
titolarità attiva del rapporto obbligatorio.
Cass., 18 dicembre 2007, Sez. Unite Civili,
n. 26617.
- in Il Foro Italiano, n. 2/08, pag. 503.
Il creditore di una somma di denaro inferiore
ad euro 12.500 può rifiutare il pagamento con
assegno circolare, in alternativa al denaro contante,
solo per giustificato motivo da valutare
secondo la legge della correttezza e della
buona fede oggettiva; comunque l’effetto liberatorio
si verifica soltanto quando il creditore
acquista la concreta disponibilità della somma,
ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità
dell’assegno.
App. Milano, 13 giugno 2007, n. 115.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08,
pag. 730.
Qualora un soggetto abbia acquistato immobile
con atto notarile e a seguito dello stesso abbia ottenuto
mutuo sull’immobile l’eventuale mancata
rilevazione di ipoteca a carico dell’immobile
oggetto di aquisto, non rilevata dal notaio in occasione
delle ipoteche catastali, che abbiano cagionato
poi l’esecuzione sul bene acquistato,
sono fonte di responsabilità per il notaio qualificabile
quale inadempienza contrattuale per
contrarietà ai doveri di diligenza professionale.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 17
Credito al Consumo Leasing
e Factoring
Cass., 20 luglio 2007, Sez. I, n. 16158.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 298.
L’operazione di leasing finanziario postula un
collegamento funzionale tra il contratto di vendita
stipulato tra il fornitore ed il concedente e
quello di leasing stipulato tra quest’ultimo e
l’utilizzatore, e si realizza mediante clausole di
interconnessione, inserite nel primo contratto,
con cui si conviene che il bene viene acquistato
per cederlo in godimento all’utilizzatore e
dev’essere consegnato direttamente a quest’ultimo;
in tale contesto, non assumendo il fornitore
alcun impegno diretto nei confronti o a favore
dell’utilizzatore, l’acquisto del bene
rappresenta non solo un atto giuridico strumentale
alla concessione in godimento, ma anche
un evento che deve logicamente precedere
l’attribuzione all’utilizzatore della detenzione
autonoma qualificata della cosa, che deve necessariamente
provenire dal concedente - proprietario
perché si perfezioni il contratto di leasing;
la consegna del bene all’utilizzatore
costituisce invece per un verso adempimento
dell’obbligazione di consegna del fornitore, e
per altro verso esecuzione da parte di quest’ultimo
di un incarico conferitogli dal concedente
nell’interesse dell’utilizzatore, creditore del concedente
in base al contratto di leasing e quindi
da considerarsi adiectus solutionis causa rispetto
al contratto di vendita.
Poiché la dichiarazione di fallimento attua un
pignoramento generale dei beni del fallito, le rivendiche
dei beni inventariati proposte nei confronti
del fallimento hanno la stessa natura e
soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni
di terzo dell’esecutore, regolate per
l’esecuzione individuale dagli artt. 619 ss. c.p.c..
Pertanto, il terzo che rivendichi la proprietà o altro
diritto reale sui beni compresi nell’attivo
fallimentare, deve dimostrare, con atto di data
certa anteriore alla dichiarazione di fallimento,

di aver acquistato in passato la proprietà del
bene ed altresì che il bene stesso non era di
proprietà del debitore per essere stato a lui affidato
per un titolo diverso dalla proprietà o altro
diritto reale, trovando applicazione l’art. 621
c.p.c., che esclude che il terzo opponente possa
provare con testimoni (e quindi anche per presunzione)
il proprio diritto sui beni pignorati
nell’azienda o nella casa del debitore, consentendo
di fornire la prova tramite testimoni (o
presunzioni) nel caso in cui l’esercizio del diritto
stesso sia reso verosimile dalla professione o dal
commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
Società
Cass., 23 luglio 2007, Sez. I, n. 16211.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2708.
Nel caso in cui l’azione di responsabilità nei
confronti degli amministratori di una società
trovi fondamento nella relazione del divieto di
intraprendere nuove operazioni, a seguito dello
scioglimento della società derivante della riduzione
del capitale sociale al di sotto dei limiti
previsti dall’art. 2447 c.c., non è giustificata la
liquidazione del denaro in misura pari alla differenza
tra l’attivo ed il passivo accertati in sede
fallimentare, non essendo configurabile l’intero
passivo come frutto delle nuove operazioni intraprese
dagli amministratori, ma dovendosi
ascrivere lo stessa, almeno in parte, alle perdite
pregresse che avevano logorato il capitale.
(Massima ufficiale).
Cass., 19 luglio 2007, Sez. III, n. 16031.
- in Giurisprudenza Commerciale,
n. 35.1/08, pag. 103/II.
In caso di compravendita di azioni di una società,
che si assume stipulata ad un prezzo non
corrispondente al loro effettivo valore, senza
che il venditore abbia prestato alcuna garanzia
in ordine alla situazione patrimoniale della società,
il valore economico dell’azione non rientra
le qualità di cui all’art. 1429, n. 2, c.c. relativo
all’errore essenziale. Pertanto, non è
configurabile un’azione di annullamento della
compravendita basata su una pretesa revisione
del prezzo tramite la revisione di atti contabili
per dimostrare quello che non è altro che un er-
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 18
rore di valutazione da parte dell’acquirente, anche
quando il bilancio della società pubblicato
prima della vendita sia falso e nasconda una situazione
in forza della quale debbano applicarsi
le norme in materia di riduzione e perdita
del capitale sociale, o che imponga la messa in
liquidazione della società. Nella vendita di
azioni, la disciplina giuridica si ferma all’oggetto
immediato e, cioè, all’azione oggetto del
contratto, mentre non si estende alla consistenza
od al valore dei beni costituenti il patrimonio,
a meno che l’acquirente, per conseguire
tale risultato, non abbia fatto ricorso ad
un’espressa clausola di garanzia, frutto dell’autonomia
contrattuale, che consente alle parti di
rafforzare, diminuire, od escludere convenzionalmente
la garanzia, in modo tale da ricollegare
esplicitamente il valore dell’azione al valore
dichiarato del patrimonio sociale. La
compravendita di azioni può essere affetta dal
vizio costituito dal dolo determinante, ma il
semplice mendacio o le omissioni sulla situazione
patrimoniale della società non sono da
sole sufficienti. Ricorre dolus malus solo se, tenuto
conto delle circostanze di fatto e delle qualità
di condizioni dell’altra parte, il mendacio sia
accompagnato da malizie ed astuzie volte a realizzare
l’inganno voluto ed idonee in concreto a
sorprendere una persona di normale diligenza.
(Massima non ufficiale).
Cass., 23 ottobre 2006, Sez. Un., n. 22659.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2770.
In tema di società, la costituzione del rapporto
societario e l’originario conferimento, pur rappresentando
il presupposto giuridico, del diritto
del socio alla quota di liquidazione, non rilevano
come fatto direttamente generico di un
contestuale credito restitutorio del conferente,
configurandosi la posizione di quest’ultimo
come mera aspettativa o diritto in attesa di
espansione, destinato a diventare attuale soltanto
nel momento in cui si addivenga alla liquidazione,
(del patrimonio della società o della
singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti
dello scioglimento del rapporto societario,
soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione
che a tale momento dal bilancio (finale o di
esercizio) risulti una consistenza attiva suffi-

ciente a giustificare l’attribuzione pro quota
del socio stesso di valori proporzionali alla partecipazione.
Pertanto, il credito relativo alla
quota di liquidazione vantato dal socio di una
cooperativa escluso dalla società per effetto della
dichiarazione di fallimento, (ovvero, ai sensi
dell’art. 2533, n. 5, c.c., nel testo introdotto dal d.
lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, a seguito della delibera
di esclusione che è in facoltà della società
adottare in caso di fallimento del socio) nasce o
comunque diviene certo esclusivamente nel momento
in cui interviene quella dichiarazione (o
quella delibera), con la conseguenza che, non
potendosi considerare detto credito anteriore al
fallimento, viene a mancare il presupposto necessario,
ai sensi dell’art. 56 l.fall., per la compensabilità
dello stesso con i contrapposti crediti
vantati dalla società nei confronti del socio.
App. Milano, 20 novembre 2007, n. 175.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08,
pag. 1042.
Ai sensi del nuovo testo dell’art. 2495 c.c., la
cancellazione della società dal registro delle imprese
produce l’effetto costitutivo della estinzione
irreversibile della società anche in presenza
di crediti insoddisfatti e di rapporti di
altro tipo non definiti. In particolare anche la società
che si cancelli in corso di giudizio si estingue
con conseguente carenza di legittimazione
del liquidatore a far valere, dopo suddetta cancellazione,
crediti di pertinenza della società.
Trib. Torino, 4 luglio 2007.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08,
pag.1057, con nota di Stefano G. Folesani
e Cesare P. Franzi.
Disposto il mutamento del rito, da ordinario e
societario qualora l’attore non provveda a notificare
al convenuto la memoria di cui all’art. 6
d.lg.n. 5 del 2003, il convenuto ha facoltà di notificare
l’istanza di fissazione dell’udienza, con
ciò impedendo l’estinzione del processo.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 19
Trib. Gorizia, 31 maggio 2006.
- il Il Diritto Fallimentare e della Società
Commerciali, n. 2/08, pag. 215.
Alla nullità del bilancio intermedio di liquidazione
e del bilancio finale di liquidazione conseguono
la nullità o comunque l’inefficacia degli
atti dai primi dipendenti e, in particolare, di
quelli di disposizione del patrimonio sociale. Il
tramite prescrizionale applicabile alla domanda
proposta dal creditore sociale ai sensi dell’art.
2456 cod. civ. è quello ordinario decennale, e
non quello quinquennale ex art. 2949 cod. civ..
Trib. Milano 5 aprile 2006.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 201.
La legittimazione del socio assente o dissenziente
a impugnare la delibera di approvazione
del bilancio non è pregiudicata dal fatto che
egli non abbia impugnato i bilanci di esercizi
precedenti redatti con gli stessi criteri. Qualora
l’attività svolta dalla società (nella specie,
collocamento presso terze imprese di lavoratori
temporanei, con obbligo di versare loro la retribuzione
rivalendosi verso le imprese terze) richiede
che, tra i costi per lavoratori dipendenti,
si distinguano quelli di struttura rispetto a
quelli connessi alla fornitura di lavoro interinale,
trova concreta applicazione il comando
(art. 242, comma 3) di fornire informazioni
complementari a quelle richieste da specifiche
disposizioni di legge. La mancanza, nella
nota integrativa, di specificazioni sulla composizione
di costi per materie prime e di consumo,
degli oneri finanziari su strumenti derivati
e delle sopravvenienze passive, ove si
tratti di voci esigue rispetto al complesso del bilancio,
sulle quali gli impugnanti non hanno
chiesto dettagli in asemblea, non dà luogo ad
invalidità dell’approvazione.

Diritto Bancario e Finanziario
Cass., 19 dicembre 2007, Sez. Un, n. 26724.
- in Il Corriere Giuridico, n. 2/08, pag. 223.
La violazione dei doveri d’informazione del
cliente e di corretta esecuzione delle operazioni
che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati
alla prestazione dei servizi d’investimento
finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale,
con conseguente obbligo di risarcimento
dei danni, ove tali violazioni avvengano
nella fase precedente o coincidente con la
stipulazione del contratto d’intermediazione
destinato a regolare i successivi rapporti tra le
parti; può invece dar luogo a responsabilità
contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione
del predetto contratto, ove si tratti di
violazioni riguardanti le operazioni d’investimento
o disinvestimento compiute in esecuzione
del contratto d’intermediazione finanziaria in
questione. In nessun caso, in difetto di previsione
normativa in tal senso, la violazione dei
suaccennati doveri di comporta mento può però
determinare la nullità del contratto d’intermediazione,
o dei singoli atti negoziali conseguenti,
a norma dell’art. 1418 comma 1 c.c..
Cass., 12 luglio 2007, Sez. I, n. 15621.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 10/07, pag. 1827.
La l. 28 febbraio 2001 n. 24 di conversione del
d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, di interpretazione
autentica della l. 7 marzo 1996 n. 108,
che ha fissato la valutazione della natura usuraia
dei tassi d’interesse al momento della convenzione
e non a quello della dazione, non si
applica solo ai rapporti di mutuo ma a tutte le
fattispecie negoziali che possano contenere la
pattuizione d’interesse usurai, salvo che il rapporto
contrattuale non sia esaurito anteriormente
alla data di entrata in vigore dalla l. 7
marzo 1996 n. 108, senza che rilevi la pendenza
successiva di una controversia riguardante
le ragioni di credito di una delle parti, dovendo
trovare applicazione, in tale fattispecie,
l’ordinaria disciplina della successione delle
leggi nel tempo.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 20
Cass., 26 giugno 2007, Sez. Un., n. 14712.
- in Diritto e Pratiche delle Società,
n. 22/07, pag. 60.
Deve essere riconosciuta natura contrattuale
alla responsabilità delle banche giratarie per
l’incasso di un assegno non trasferibile, benché
non sia necessario a tal fine postulare che questa
operi in veste di mandataria della banca su
cui grava l’obbligazione cartolare di pagamento.
La responsabilità delle banche negoziatrici consegue
all’inadempimento di un obbligo di protezione
che opera nei confronti di tutti i soggetti
interessati alla regolare circolazione del titolo e
al buon fine della sottostante operazione: obbligo
preesistente, specifico e volontariamente
assunto. Il che conduce al di fuori dell’ambito
della responsabilità aquiliana, non permette di
configurare un caso di responsabilità ex legge
(intesa come responsabilità di fatto lecito) e
porta invece a concludere per la natura (lato
sensu) contrattuale delle responsabilità ricadente
sulla banca a norma dell’art. 43, comma
2, legge assegni. (Massima non ufficiale).
Cass., 26 giugno 2007, Sez. Unite Civili,
n. 14712.
- in Il Corriere Giuridico, n. 12/07,
pag. 1706.
La responsabilità per inesatto pagamento da
parte della banca che negozia un assegno non
trasferibile è di natura contrattuale per violazione
dell’obbligo di protezione da considerarsi
operante nei confronti di tutti i beneficiari del
titolo di credito.
Cass., 4 luglio 2006, Sez. III n. 16102.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2837, con
nota di Matteo Montanari.
In tema di responsabilità contrattuale nel rapporto
tra l’emittente una carta di credito e
l’esercente, questi, nell’accettare i pagamenti
da parte del titolare della carta, è tenuto all’adempimento
del contratto secondo il criterio
di cui l’art. 1176 c. c., usando la diligenza del
buon padre di famiglia, mentre restano inapplicabili
le norme di cui all’art. 1189 c.c., relativa
al pagamento al creditore apparente, e
altresì l’art. 1992 c.c., che concerne
l’adempimento in relazione alla presentazione
di un titolo di credito, al quale non è equipara-

ile la carta di credito, (nella specie la Suprema
Corte ha cassato la sentenza di merito, che
aveva ritenuto sussistere la responsabilità dell’esercente
per la mancata identificazione dei
soggetti utilizzatori di alcune carte di credito,
argomentando solo sul breve lasso temporale
di un gruppo di pagamenti e sul loro importo
medio, senza una valutazione selettiva delle
singole operazioni - alcune delle quali non
contestate dai titolari delle carte - per evidenziare
gli specifici elementi del sospetto).
(Massima non ufficiale).
Cass., 7 aprile 2006, Sez. I, n. 8229.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 137.
L’utilizzo da parte dell’investitore, di mezzi di
pagamento difformi da quelli che il promotore
finanziario è legittimato a ricevere non è sufficiente
ad integrare una fattispecie di concorso
colposo del creditore ex art. 1227 c.c.. Un intermediario
finanziario può esser chiamato a rispondere
di un illecito compiuto a danno di
terzi da chi appaia essere un suo promotore, e
in tale apparente veste abbia commesso un illecito,
ogni qualvolta l’affidamento del terzo risulti
incolpevole ed alla falsa rappresentazione
della realtà abbia invece concorso un comportamento
colpevole (ancorché solo ammissivo)
dell’intermediario medesimo. Il risarcimento
del danno subito dall’investitore deve comprendere
anche gli interessi che questi avrebbe percepito
qualora le somme da lui affidate al promotore
fossero state impiegate conformemente
alle indicazioni ricevute.
Cass., 18 gennaio 2006, Sez. I, n. 871.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 150.
La banca girataria per l’incasso di un assegno
non trasferibile subentra alla banca trattaria, sostituendosi
ad essa nel dovere di identificazione
del presentatore del titolo, mediante l’adozione
di cautele ed accorgimenti suggeriti dalla circostanze
del caso concreto, in osservanza del principio
di diligenza professionale. Ne consegue la
legittima predicabilità della responsabilità - extracontrattuale
- della banca negoziatrice nei
confronti della banca trattaria tutte le volte in
cui il pagamento dell’assegno sia stato effet-
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 21
tuato in violazione del ricordato dovere di diligenza,
come nel caso in cui, nonostante la clausola
di non trasferibilità l’assegno risulti girato
(con gira piena) dall’ordinatario ( mediante falsificazione
della firma), ad un terzo, destinatario
del pagamento, dovendo tale girata aversi
per non apposta, ex art. 43 del r.d. 21 dicembre
1933, n. 1736, con conseguente carenza di legittimazione
del giratario. Il concorrente comportamento
della banca trattaria, consiste nell’omesso
controllo, in stanza di compensazione,
della regolarità del titolo, e, peraltro, è idoneo ad
integrare gli estremi del fatto causalmente rilevante,
in parte qua, per la determinazione dell’evento
dannoso (poiché il diligente compimento
di tale verifica avrebbe condotto
all’accertamento della manifesta irregolarità
dell’assegno con conseguente bocco del medesimo)
non soltanto nei confronti del cliente
(verso il quale l’istituto è contrattualmente responsabile
nel quadro del rapporto di convenzione
d’assegno), ma anche nell’ambito del rapporto
extracontrattuale con la banca
negoziatrice, rispetto alla quale la negligenza dimostrata
si qualifica come fatto colposo del creditore,
giusta disposto dall’art. 1227 c.c., applicabile
alla responsabilità extracontrattuale per
effetto del richiamo contenuto nella disposizione
di cui all’art. 2056 stesso codice.
Trib. Ferrara, 28 settembre 2007.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 165.
Nella prestazione dei servizi finanziari, il sistema
è improntato al principio della conservazione
del contratto. Deve ritenersi operazione
interpretativa incongrua quella che tende ad
allargare a dismisura i casi di nullità allorché,
in presenza di norme imperative, non sia il
contratto in quanto tale ad attuarne la violazione.
Nel valutare le regole di condotta a carico
degli intermediari che effettuano prestazione di
servizi finanziari non può prescindersi dal considerare
la “solidarietà creditoria” che vincola i
medesimi a far fronte all’insolvenza dell’emittente
dei prodotti finanziari venduti.

Trib. Napoli, 5 luglio 2006.
- in Il Diritto Fallimentare e delle Società
Commerciali, n. 2/08, pag. 176.
E’ da ritenere illegittima l’applicazione dell’anatocismo
da parte della banca in un contratto di
c.c. con saldo a debito del cliente, in quanto in
contrasto con la norma imperativa dell’art. 1283
cod. civ., con conseguente nullità della relativa
norma contrattuale, rilevabile d’ufficio, stante la
natura di uso negoziale delle relative clausole,
giacché la ricostruzione storico- sistematica
delle caratteristiche della norma consuetudinaria,
quale fonte di diritto dell’ordinamento
giuridico, induce ad escudere che la prassi delle
clausole in tema di anatocismo costituisca un
uso normativo.
Trib. Milano, 4 aprile 2006.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 217.
Per i singoli ordini di investimento nell’ambito
dei contratti di gestione di portafogli di investimento
non è richiesta la forma scritta ai fini di
validità. Gli intermediari finanziari hanno
l’obbligo di informare i clienti sull’esistenza di
un conflitto di interessi e di agire in modo da
assicurare comunque agli stessi trasparenza
ed equo trattamento.
Trib. Pescara, 23 marzo 2006.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 223.
È nulla per contrasto con il requisito di determinatezza
o determinabilità dell’oggetto del contratto
ex art. 1346 c.c. la clausola di un contratto
di apertura di credito che autorizza la
banca a modificare in modo unilaterale e discrezionale,
mediante la variazione del prime
rate, il tasso di interesse, essendo quest’ultimo
convenzionabile ragguagliato al primo.
Trib. Roma, 20 marzo 2006.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 237.
La banca mandataria che esegua un incarico
per conto del correntista, deve dare notizia all’interessato
di tutti i fatti rilevanti ai fini dello
svolgimento del rapporto, come espressione
dei generali doveri di diligenza e di buona fede
cui il gestore deve uniformarsi nell’esecuzione
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 22
dell’incarico. La responsabilità dell’accorto banchiere
nei confronti di un cliente-correntista,
per aver eseguito un ordine di bonifico perfettamente
falsificato e pervenuto alla banca tramite
canali inusuali, non può essere esclusa
con riguardo al riscontro della conformità della
firma allo specimen, atteso che, in presenza di
circostanze nel caso concreto, che suggeriscano,
secondo le regole di diligenza cui è tenuto il
mandatario, ulteriori controlli l’omissione di
questi integra colpa ed è quindi ostativa alla
configurabilità di una situazione di esonero di
tale responsabilità. Il contratto posto ad essere
dal mandatario oltre i limiti del mandato, è
inopponibile al mandante ed i suoi effetti si
producono nel patrimonio del mandatario, che
li asume a suo carico ed ha l’obbligo di tenere
indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio
possa derivare per il suo patrimonio dalla stipulazione
e dall’esecuzione del negozio.
Trib. Milano, 20 gennaio 2006.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 267.
Non sussiste un suo normativo avente ad oggetto
la capitalizzazzione trimestrale degli interessi
sui saldi passivi di conto corrente bancario,
per cui la clausola anatocistica è affetta
da nullità. Nel rapporto di apertura di credito
a tempo indeterminato è configurabile una
responsabilità della banca verso il cliente per
esercizio arbitrario del diritto di recesso ad
natum, a condizione che quest’ultimo fornisca
la prova dell’irragionevole comportamento tenuto
della banca.

Contratti
Trib. Torino, 11 ottobre 2007, n. 166.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08,
pag. 1035.
Anche nel vigore della nuova disciplina, il trasportato
al pari di qualsiasi altro danneggiato,
può comunque agire a titolo risarcitorio nei
confronti del “responsabile del sinistro” diverso
dal proprio vettore in base agli ordinari principi
codicistici e a titolo indennitario nei confronti
della compagnia assicuratrice del veicolo antagonista
in base al nuovo art. 144 c.d.a..
Garanzie
Cass., 14 dicembre 2007, Sez. I, n. 26262.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 11/07, pag. 2000.
In tema di contratto autonomo di garanzia,
l’assunzione da parte del garante dell’impegno
di effettuare il pagamento a semplice richiesta
del beneficiario della garanzia comporta la rinunzia
ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto
principale, ivi comprese delle relative all’invalidità
del contratto da cui tale rapporto
deriva, con il duplice limite dell’esecuzione
fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante
può opporre l’exceptio doli, e del caso in
cui le predette eccezioni siano fondate sulla
nullità del contratto presupposto per contrarietà
a norme imperative o per illiceità della
sua causa, tenendo altrimenti il primo contratto
ad assicurare il risultato che
l’ordinamento vieta (in applicazione di tale principio,
la Suprema Corte, cassando con rinvio la
sentenza impugnata, che aveva erroneamente
ritenuto inammissibile l’eccezione di nullità, ha
confermato il dovere di accertare - come richiesto
degli opponenti ad un decreto ingiuntivo ottenuto
dalla banca ai sensi dell’art. 50 d.leg. n.
385 del 1993 - l’eventuale previsione del tasso
usuraio sugli interessi passivi interessanti il
rapporto di c.c. ai sensi degli art. 644 c.p. e 1815
c.c., e la conseguente nullità ex art. 1418 c.c.).
Fallimento
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 23
Cass. penale, 21 novembre 2007, Sez. V,
n. 43076.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 273.
In tema di reati fallimentari, posto che la sentenza
dichiarativa di fallimento non fa stato nel
processo penale, per cui spetta al giudice penale
il potere - dovere di verificare autonomamente,
tra l’altro se l’imputato possa o meno essere
considerato piccolo imprenditore, non soggetto,
come tale, a fallimento, ed avuto altresì riguardo
al fatto che la dichiarazione di fallimento
rappresenta un elemento costitutivo del
reato di bancarotta, per cui le modifiche normative
incidenti sui relativi presupposti assumono
rilevanza ai fini dell’applicabilità della disciplina
della disciplina dettata dall’art 2 c.p. in
materia di successione di leggi penali nel
tempo, deve ritenersi che, anche nel caso in cui
la suddetta qualità di piccolo imprenditorie sia
stata esclusa dal tribunale fallimentare, in applicazione
della disciplina transitoria dettata dall’art.
150 d.lgs.9 gennaio 2006 n. 5, sulla base
della originaria formulazione dell’art. 1 R.D. 16
marzo 1942 n. 267, il giudice penale debba
ciononostante far riferimento, invece, alla
nuova e più favorevole formulazione di tale
norma, introdotta dell’art. 1 del citato d.lgs. n.
5/2006 ed escludere, quindi, la configurabilità
del reato ove, secondo tale formulazione, la
qualità di piccolo imprenditore debba essere
riconosciuta.
Cass., 19 ottobre 2007, Sez. I, n. 22013.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 285.
La domanda avente ad oggetto la prededucibilità
di un credito può essere dedotta per la
prima volta con lo strumento dell’insinuazione
tardiva al passivo, laddove i necessari presupposti
fattuali siano maturati solo successivamente
al decreto con cui il giudice delegato ha dichiarato
esecutivo lo stato passivo (Nella specie, la
S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito
che aveva ritenuto inammissibile la questione
del grado del credito, affermato in prededuzione
ai sensi dell’art. 101 l.fall., in quanto
tale qualità era sorta in conseguenza dell’esercizio
da parte del curatore, dalla facoltà di su-

entro nel contratto di locazione finanziaria in
corso, esercizio comunicato al creditore solo
dopo l’adunanza di verifica dello stato passivo;
la preclusione del giudicato interno non
è di ostacolo all’esercizio da parte del curatore
della facoltà di subentro nel contratto e
quindi essa neppure può essere invocata per
negare l’accertamento di un diritto del creditore,
che sul quel medesimo atto trovi il prospettato
fondamento).
In materia di decorrenza del tramite per
l’opposizione dello stato passivo del fallimento,
i creditori esclusi o omessi con riserva possono
fare opposizione entro 15 giorni dalla data di ricezione
delle raccomandate con avviso di ricevimento,
con le quali il curatore deve dare notizia
dell’avvenuto deposito dello stato passivo
in cancelleria; ne consegue che il termine non
può farsi decorrere dalla data di ricevimento
della raccomandata, con la quale il curatore abbia
comunicato soltanto l’esito della domanda
d’isinuazione, senza far cenno del deposito in
cancelleria dello stato passivo del fallimento,
non essendo previsto dall’art. 97 della l.fall.
l’onore per il creditore insinuato di verificare il
predetto deposito.
Cass., 7 ottobre 2006, Sez. I, n. 23275.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08.
pag. 129.
Se è indiscutibile la natura non negoziale del
concordato previsto dall’art. 214 l. fall., non è affatto
vero che l’art. 1306 c.c. escluda l’estensione
alle obbligazioni accessorie dell’effetto estintivo
dell’obbligazione principale. L’art. 1306 c.c.
ribadisce al contrario nel secondo comma il
principio di accessorietà, sebbene contemperandolo
con il riconoscimento nel primo
comma dei limiti soggettivi del giudicato definiti
dall’art. 2909 c.c.; il principio dell’estensione
al debito accessorio dell’estinzione del
debito principale è applicabile anche nei casi di
estinzione coattiva, ed ha quindi una portata generale,
cui solo eccezionalmente derogano gli
artt. 135 comma 2° e 184 l. fall. per il concordato
fallimentare e il concordato preventivo. Al concordato
delle imposte sottoposte a liquidazione
coatta o ad amministrazione straordinaria, disciplinato,
dall’art. 214 ss. l. fall., non si applica
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 24
la disposizione dettata dall’art. 135, comma 2°,
l. fall. per il concordato fallimentare. Questa
norma, infatti, non è richiamata neppure implicitamente
dall’ art. 214 l. fall., mentre nel sistema
della legge fallimentare la disciplina del
fallimento si applica alle altre procedure concorsuali
solo quando specificamente richiamanta.
Cass., 15 settembre 2006, Sez. I, n. 19940.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2798.
In tema di fallimento, le osservazioni al progetto
di riparto (art. 11, comma 3, l.fall.) devono essere
limitate alla graduazione dei vari crediti ed all’ammontare
della somma distribuita, con esclusione
di qualsiasi questione relativa all’esistenza,
qualità e quantità dei crediti e dei
privilegi, atteso che tali questioni - per la correlazione
esistente tra le subprocedure di accertamento
del passivo e di riparto dell’attivo
liquidato - devono essere proposte, a pena di
preclusione, con le forme impugnative e contenziose
dello stato passivo esecutivo ovvero dei
provvedimenti emessi in relazione alle istanze
tardive ex art. 101 l. fall.. Pertanto, in sede di approvazione
del piano di riparto non è possibile
riconoscere natura pignoratizia al credito
ammesso in via chirografaria.
App. Torino 29 giugno 2007, Sez. I.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag.
757, con nota di Luigi D’Orazio.
La ratio del principio di resistenza dell’esecuzione
fondiaria rispetto al fallimento, mira a
consentire un’anticipazione di causa in favore
dell’istituto mutuante e pertanto l’art. 42 r.d. n.
646 del 1905 attua una deroga della regola posta
dall’art. 51 l.fall.. Il privilegio fondiario ha
tuttavia carattere meramente processuale e fa
salva la (eventualmente diversa) graduazione
sostanziale che normalmente compete al fallimento
in base all’art. 52 l. fall.; pertanto il provvedimento
col quale il giudice dell’esecuzione
assegna l’intero ricavato all’istituto procedente
nonostante il fallimento non opera alcuna graduazione
tecnicamente intesa e la distribuzione
così disposta avviene solo in via provvisoria. In
conseguenza l’esito finale della distribuzione effettuata
nella procedura individuale non impedisce
né pregiudica, in deroga al principio di
stabilità, l’eventuale diverso risultato di quella

concorsuale, a prescindere dal fatto che il curatore,
si avvalga o meno del potere d’intervento,
attribuitogli dall’art. 107 l. fall.. Ove il curatore,
non si limiti a chiedere l’assegnazione dell’intero
importo (domanda di puro rito), ma chiede
il riconoscimento di crediti prededucibili (con
valutazione del merito dei diritti di prelazione),
la decisione del G.E. ex art. 512 c.p.c. farà acquisire
alla distribuzione esecutiva peculiare stabilità
(sia pure quale minus del giudicato), tale da
non poter essere messa in discussione dal G.D
in sede fallimentare.
Trib. Treviso, 16 novembre 2007.
- in Il Foro Italiano, n. 2/08, pag. 634.
Nel procedimento di opposizione allo stato passivo
quale modificato dal d.leg. 5/06 (e prima
del d.leg. 169/07) non è consentita la produzione
di nuovi documenti che avrebbero dovuto
essere prodotti, a pena di decadenza, almeno
quindici giorni prima dell’udienza per
l’accertamento dello stato passivo davanti al
giudice delegato.
Trib. Ancona, 8 novembre 2007, Sez. II.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 347.
L’ammissione provvisoria dei crediti al voto è
operata del G.D. nell’esercizio dei poteri conferitigli
dall’art. 176 l.fall., all’esito di una valutazione
sommaria degli elementi attinenti alla
contestazione del creditore ed impregiudicata
qualsiasi pronuncia che accerti in via definitiva
l’esistenza del diritto. Ai fini della determinazione
del quorum per il calcolo delle maggioranze
di cui all’art. 177 l. fall., deve farsi riferimento
all’ammontare dei crediti dichiarati dal
creditore siano alla data dell’adunanza e, in
mancanza, a quelli riscontrati in contabilità.
Trib. Milano, 9 maggio 2007.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 360.
Ai fini della revocatoria fallimentare delle rimesse
in conto corrente bancario, il verificarsi
del c.d. “insoluto” non esclude la revocabilità
dell’accredito in conto corrente dell’anticipazione
dell’effetto.
Trib. Milano, 9 maggio 2007.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 360.
In tema di scientia decoctionis, la presenza di po-
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 25
sizioni di “sofferenza” nelle segnalazioni della
Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia costituisce
l’indizio di conoscenza dello stato
d’insolvenza da parte della banca.
Trib. Milano, 9 maggio 2007.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 359.
La disciplina dell’azione revocatoria fallimentare
delle rimesse del conto corrente bancario
introdotta dal d.l. n. 35/2005 non è applicabile
ai fallimenti dichiarati prima della sua entrata
in vigore.
Trib. Caltagirone, 3 maggio 2007.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag.
746, con nota di Carlo Trentini.
Nel procedimento di opposizione all’esclusione
dallo stato passivo, il tempestivo deposito
del ricorso determina l’effetto preclusivo
della definitività del provvedimento del giudice
delegato, di talché, in assenza della comunicazione
del provvedimento di fissazione dell’udienza,
al procedimento può essere dato
impulso, nel perdurare dell’omissione, anche
a notevole distanza di tempo dall’instaurazione
del procedimento.
Trib. Milano, 10 aprile 2007.
- in Il Fallimento, n. 3/08, pag. 359.
Il pagamento del debito altrui costituisce atto di
titolo gratuito solo nei riguardi del debitore liberato,
mentre è atto a titolo oneroso nei confronti
dell’accipiens.
Trib. Piacenza, 28 marzo 2007.
- in Il Diritto Fallimentare e delle Società
Commerciali, n. 2/08 pag. 172.
In applicazione dell’art. 150 del d.lgs. 5/06, la
procedura di esdebitazione può essere chiesta
anche nel caso in cui la procedura fallimentare
sia già chiusa al momento dell’entrata in vigore
della nuova legge fallim. in quanto essa
deve considerarsi “pendente” sino a quando è
possibile rchiedere l’esdebitazione.
Trib. Milano, 5 aprile 2006.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 191.
Ai fini della revocabilità di rimesse affluite su
c.c. ordinario, la linea di credito per anticipazioni
su portafoglio non riveste alcun rilievo,

poiché con essa la banca si limita ad indicare la
somma massima entro la quale anticiperà
somme di denaro a fronte della presentazione
di effetti e fatture a salvo buon fine. L’entità
massima della linea di credito per anticipazione
su portafoglio mantiene la propria irrilevanza
anche quando sul conto ordinario, affidato
per elasticità di cassa, affluiscano i ricavi
conseguiti attraverso sconti ed anticipazione
per effetto di tale linea di credito, posto che siffatta
correlazione tra i due affidamenti si risolve
in un meccanismo di alimentazione interna
del conto ordinario attraverso le rimesse
provenienti dalle singole operazioni di smobilizzo
dei crediti, alla stregua di qualunque altra
rimessa di diversa provenienza. L’esistenza dell’affidamentro
deve essere provata per iscritto,
stante il dispositivo di cui all’art. 117 del t.u.b..
Non sono oggettivamente revocabili le rimesse
consistenti in anticipazioni al salvo buon fine,
affluite sul conto corrente ordinario, qualora gli
effetti anticipati non siano stati pagati dal terzo
debitore. Spetta alla banca provare che alcune
rimesse non erano soggette, per espresso accordato
con la cliente, alla regola generale che disciplina
il contratto di c.c. bancario, secondo la
quale ogni rimessa è automaticamente imputata
ad estinzione parziale o totale dello scoperto.
I dati di bilancio possono assumere rilevanza
ai fini della prova della scentia
decoctionis quando essi denotino di per sè, specie
agli occhi di un operatore qualificato come
un istituto di credito, una situazione di grave
crisi gestionale, con ingenti perdite di esercizio
ed indici negativi (patrimonio netto, indice di liquidità,
capitale circolante, conto economico),
corredata da una negativa valutazione dello
stesso consiglio d’amministrazione nella relazione
integrativa. Gli indici di decozione possono
trovare conferma nei dati della Centrale
Rischi della banca d’Italia, i quali evidenzino
sconfinamenti in progressione crescente. Possono
trarsi elementi utili ai fini della prova
della scientia decoctionis anche dall’andamento
del c.c. il quale può evidenziare come lo stesso
sia rimasto aperto al solo scopo di consentire
alla banca di utilizzare le eventuali rimesse attive
per soddisfare le proprie ragioni creditorie
verso la correntista.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 26
Trib. Catania, 8 febbraio 2007.
- in Il Diritto Fallimentare e delle Società
Commerciali, n. 2/08, pag. 153.
Mediante l’azione revocatoria fallimentare sono
revocabili solamente le rimesse in c.c. che
hanno natura solutoria e non anche quelle
aventi natura meramente ripristinatoria. In
caso di concessione di fido, non sono dunque
revocabili le rimesse che hanno natura ripristinatoria
della provvista. Vanno altresì esclusi
dalle poste revocabili i c.d. insoluti se sorretti da
idoneo riscontro probatorio mentre sono revocabili,
in quanto aventi natura solutoria, le rimesse
che non sono assistite da apertura di
credito e con saldo passivo eccedente il fido
concesso oltre a quelle successive alla chiusura
del conto o alla revoca del fido.
Nel giudizio per azione revocatoria fallimentare
di una procedura concorsuale iniziata prima
del 17 marzo 2005, data di entrata in vigore
della riforma degli artt. 67 e 70 della l.f., si applica
l’art. 67 vecchio testo, non potendosi ritenere
applicabili i presupposti previsti dalla
nuova formulazione del medesimo articolo
nemmeno in via interpretativa.
Trib. Verona, 4 agosto 2006.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08,
pag. 193.
Il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione
del concordato preventivo e
l’adempimento di tutte le obbligazioni che discendono
dalla stessa da parte dell’assuntore
determina l’immediato trasferimento di tutti i
beni mobili materiali ed immateriali della società
ammessa alla procedura.
Trib. Saluzzo, 9 novembre 2006.
- in Giurisprudenza Commerciale,
n. 35.1/08, pag. 206/II.
Il curatore di un fallimento può conferire in un
trust la residue attività della procedura, al fine
di conseguentemente ottenere la chiusura del
fallimento.

Procedimento Civile
Cass., 22 gennaio 2008, Sez. II, n. 1280.
- in Il Foro Italiano, n. 2/08, pag. 670.
È valida la notifica del decreto ingiuntivo eseguita
all’intimato nella sua precedente residenza,
stante l’inopponibilità al notificante del
trasferimento di questa, in mancanza della
prova della sua effettuazione mediante la duplice
dichiarazione fatta al comune che si abbandona
e a quello ove si intende fissare la dimora
abituale.
Cass., 20 dicembre 2007, Sez. Lav., n. 26943.
- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 11/07,
pag. 2032.
L’esibizione di documenti (nella specie, delle dichiarazioni
dei redditi del lavoratore successive
alla data di licenziamento) non può essere
chiesta, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., a fini meramente
esplorativi, allorquando neppure la parte
istante deduca elementi sulla effettiva esistenza
del documento e del suo contenuto per verificarne
la rilevanza in giudizio e ciò in quanto potrebbe
determinarsi una protrazione della fase
istruttoria priva di qualsiasi utilità anche per la
stessa parte istante, a danno del principio di ragionevole
durata del processo.
Cass., 13 dicembre 2007, Sez. III, n. 26253.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 11/07, pag. 2000.
Qualora sia parte del processo una società, la
persona fisica che, nella qualità di organo della
stessa, ha conferito il mandato al difensore,
non ha l’onore di dimostrare tale sua qualità,
spettando, invece, alla parte che contesta la sussistenza
di detta qualità fornire la relativa prova
negativa, anche nella ipotesi in cui la società sia
costituita in giudizio per mezzo di persona diversa
dal legale rappresentante, sempre che
l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza,
processuale derivi tale potestà dall’atto
costitutivo o dallo statuto della società medesima.
Nell’assicurazione per conto di chi spetta
ha diritto all’indennità chi al momento dell’evento
dannoso risulti proprietario della cosa
o titolare di un diritto reale o di garanzia su di
essa, mentre il contraente, anche quando si
trova in una relazione di custodia con la cosa,
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 27
può pretendere l’idennità in luogo dall’avente
diritto se quest’ultimo presti il proprio consenso
ovvero se ciò sia previsto da apposita
clausola (nella fattispecie relativa ad un contratto
di assicurazione stipulato dal vettore in favore
del proprietario delle cose trasportate, la
Suprema Corte ha rigettato il ricorso avverso la
sentenza di merito che aveva dichiarato la carenza
di legittimazione del vettore ad agire contro
l’assicurazione per il pagamento dell’indennizzo,
a seguito della rapina su un furgone
portavalori, dal momento che i valori perduti
non appartenevano al vettore, ma ad altro soggetto,
e che non poteva ravvisarsi nel comportamento
dell’assicurato, che non aveva profittato
dell’assicurazione, il di lui “espresso
consenso” a che il contraente esercitasse i diritti
derivanti dalla polizza, ai sensi del comma 2°
dell’art. 1891 c.c.).
Cass., 28 novembre 2007, Sez. III, n. 24762.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 10/07, pag. 1899.
La morte della parte contumace non produce
automaticamente l’interruzione del processo,
occorrendo invece che l’evento sia notificato o
certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione
di notifica di uno degli atti previsti dall’art.
292 c.p.c., senza che spieghi influenza la
conoscenza acquisita aliunde; tale interruzione
opera di diritto nel senso che si perfeziona nel
momento dell’evento ovvero dalla sua notificazione,
dichiarazione o certificazione indipendentemente
da un provvedimento del giudice,
il quale, però è tenuto a provvedere non appena
abbia notizia del perfezionamento della
fattispecie interruttiva per evitare che sia illegittimamente
svolta ulteriore attività processuale.
La violazione delle norme sull’interruzione del
processo determina la nullità di tutti gli atti
compiuti successivamente al verificarsi dell’evento
interruttivo o alla dichiarazione o notificazione
di esso; tuttavia, trattasi di nullità relativa
eccepibile, ex art. 157 c.p.c., soltanto dalla
parte nel cui interesse sono poste le norme sull’interruzione,
e, cioè, dalla parte colpita dall’evento
interruttivo. In relazione al giudizio
d’appello introdotto con ricorso (nella specie,
controversia agraria soggetta al rito del lavoro),

il giudice - che abbia assegnato un termine per
l’integrazione del contraddittorio nei confronti
degli eredi di convenuto rimasto contumace in
primo grado ed al quale la notificazione del ricorso
in appello non abbia potuto essere eseguita
per essere deceduto - viola l’art. 184 bis
c.p.c. se non prenda in considerazione l’istanza
con la quale l’appellante, richiedendo di essere
messo in termini, allega l’impossibilità, a lui
non imputabile, di eseguire nel termine assegnato
la notificazione agli eredi collettivamente
ed impersonalmente nell’ultimo domicilio del
defunto per essere risultato che il destinatario
della notifica era deceduto da oltre un anno.
Cass., 22 novembre 2007, Sez. III, n. 24277.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 10/07, pag. 1883.
In tema di eccezione di incompetenza per territorio
derogabile, allorquando nelle controversie
in materia di obbligazioni, sia convenuta
una persona fisica, la contestazione da parte di
quest’ultima della sussistenza del foro del giudice
adito e la conseguente necessaria indicazione
del giudice competente deve essere svolta
con riferimento, oltre che ai fori speciali concorrenti,
di cui l’art. 20 c.p.c., anche in riferimento
ad entrambi i fori generali di cui al precedente
art. 18, cioè sia con riguardo alla residenza che
al domicilio, poichè quest’ultimo ha consistenza
di criterio di collegamento autonomo
rispetto a quello della residenza; peraltro,
l’Attore non è esentato dal suddetto onere neppure
in caso di indicazione, nella citazione,
della residenza del convenuto ovvero del suo
domicilio in un luogo non riconoscibile alla
giurisdizione territoriale del giudice, sia perchè
nella prima ipotesi l’individuazione della residenza
non può lasciar presumere la coincidenza
con essa del domicilio (atteso che l’art.
163, n. 2., c.p.c. prevede l’indicazione, alternativa
dell’una e dell’altro), sia perchè in entrambe
le ipotesi il comma 2°, secondo inciso, dell’art.
38 c.p.c. esclude ogni operatività del principio
di ammissione, onerando il convenuto eccipiente
in ogni caso di una specifica contestazione
e, quindi, in caso di concorrenza ed indicare
tutti i fori possibilmente concorrenti.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 28
Cass., 20 novembre 2007, Sez. II, n. 24140.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 10/07, pag. 1879.
Ai fini del risarcimento del danno patrimoniale
da inadempimento, deve essere in concreto
fornita la dimostrazione dell’esistenza
del pregiudizio lamentato e il diretto nesso
causale con la condanna illecita; deve, pertanto,
escludersi che il giudice possa fare ricorso alle
presunzioni in mancanza dell’allegazione e
della prova di circostanze di fatto gravi univoche
concordanti dalle quali desumere il danno
nella sua effettività e in ordine al quantum limitarsi
ad affidarne la determinazione al consulente
tecnico d’ufficio senza la preventiva
identificazione delle singole voci da valutare
(nel caso di specie la corte ha ritenuto del tutto
carente la prova del danno patrimoniale, fondata,
nel giudizio di merito, solo sul generico
riferimento al fatto che l’impresa danneggiata
avesse caratterizzato i propri investimenti e la
produzione sulle commesse della danneggiante
e conseguentemente avesse subìto un
danno dall’interruzione dei rapporti, rimessi
alla quantificazione del consulente tecnico
d’ufficio senza alcuna specifica indicazione).
Cass., 22 ottobre 2007, Sez. un. civ., n. 22059.
- in Il Foro Italiano, n. 1/08, pag. 115, con
nota di Franco Cipriani.
Il ricorso per regolamento di giurisdizione non
deve concludersi con la formulazione del quesito
di diritto. Sono devolute alla giurisdizione
della Corte dei conti le azioni dirette alla conservazione
della garanzia patrimoniale che possono
essere esercitate dai procuratori regionali.
Cass., 25 settembre 2007, Sez. Lav., n. 19710.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2694.
Ai sensi dell’art. 366 - bis c.p.c. ai fini dell’ammissibilità
del ricorso per cassazione è richiesto
soltanto che ad un motivo di ricorso o ad una
censura si accompagni almeno un unico quesito
in relazione al quale la Corte di cassazione
deve enunciare, in funzione nomofilattica, il
principio di diritto. L’indebita frammentazione
di un unico motivo (o di una unica censura) in
una pluralità di quesiti non porta però di per sé
all’inammissibilità del ricorso allorquando il
giudice sia in grado di ridurre ad unità i quesiti

formulati attraverso una interpretazione della
lettura del contenuto del motivo ( o della censura),
che riesca agevole per la chiarezza del
dato testuale e che non faccia sorgere, quindi,
dubbi o perplessità. Fattispecie ben distinta da
quella di un motivo complesso - in cui uno
stesso motivo include le stesse censure aventi
un proprio, specifico e ben delimitato oggetto a
fronte della quale la Corte di cassazione è tenuta,
nel caso di operata enunciazione di un
unico quesito, a scindere lo stesso alla luce
della pluralità delle censure. Nel caso previsto
dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’illustrazione
del motivo di ricorso per cassazione deve contenere
ai sensi dell’art. 366 - bis. c.p.c. “la chiara
indicazione del fatto controverso” e la “dedotta
insufficienza” della motivazione che rende idonea
a giustificare la decisione, dovendosi ravvisare
la ratio dell’art. 6 d.lgs. 2 febbraio 2006 n.
40 nella codificazione del principio dell’autosufficienza
del ricorso per cassazione, come regola
funzionalizata a rafforzare la nomofilachia
e, nello stesso tempo, ad agevolare, in
applicazione dell’art. 113, comma 2, cost., una
ragionevole durata del processo. Il rapporto richiesto
ai sensi dell’art 366 - bis c.p.c. tra motivo
(o censura) del ricorso e quesito del diritto
- cui deve corrispondere l’enunciazione da parte
della Corte di un corrispondente principio - è
ammissibile, seppure con qualche approssimazione,
per la diversità della materia, al rapporto
corrente tra motivazione e dispositivo della sentenza
almeno per quanto attiene all’approccio
interpretativo imposto dalla Corte di cassazione
per decidere sull’ammissibilità del quesito, dovendosi
la decisione al riguardo parametrarsi
sulla compatibilità e corrispondenza di esso
con il motivo che lo sorregge, in termini analoghi
a quelli che segnano la corrispondenza tra
motivazione e dispositivo della sentenza.
Cass., 3 agosto 2007, Sez. trib., n. 17108.
- in Il Massimario del Foro Italiano,
n. 10/07, pag. 1838.
In tema di ricorso per cassazione, secondo la
nuova disciplina introdotta dall’art. 366 bis
c.p.c., il quesito di diritto con il quale deve concludersi
a pena di inammissibilità ciascuno dei
motivi con i quali il ricorrente denunzia alla
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 29
corta un vizio riconducibile ad una o più fattispecie
regolate nei primi quattro numeri dell’art.
360, comma 1°, c.p.c. deve essere risolutivo
del punto della controversia e non può
definirsi nella richiesta di declaratoria di
un’astratta affermazione di principio da parte
del giudice di legittimità (in applicazione di tale
principio, la suprema corte ha dichiarato inammissibile
il motivo di ricorso con cui, in tema
di imposte di registro, si chiedeva di stabilire se
l’atto di classamento dell’immobile venduto in
base al quale ere stato redatto l’avviso di liquidazione
ai sensi dall’art. 12 d.l. 14 marzo 1988
n. 70, conv. in l. 13 maggio 1988 n. 154, dovesse
essere notificato anche al venditore, senza indicare
l’ente preposto obbligato a tale notifica
né i contraenti destinatari della stessa).
Cass., 20 luglio 2007, Sez. I, n. 16163.
- in Int’l Lis, n. 1/07-08, pag. 21.
Poiché ai fini dell’individuazione del mezzo di
impugnazione esperibile occorre fare riferimento
alla qualificazione adottata dal giudice
che ha emesso il provvedimento, qualora la
Corte di appello abbia accolto l’istanza di exequatur
di una sentenza condannatoria tedesca
in materia civile e commerciale ai sensi di cui
all’art. 1 conv. Bruxelles secondo le forme dell’art.
67 l. 218/1995, l’unica impugnazione proponibile
è il ricorso per cassazione e non già
l’opposizione ex art. 36 conv. Bruxelles.
Cass., 28 febbraio 2007, Sez. III, n. 4640.
- in Il Foro Italiano, n. 1/08, pag. 115, con
nota di Franco Cipriani.
Il ricorso per revocazione delle sentenze della
Cassazione deve concludersi, a pena di inammissibilità,
con la formulazione del quesito di
diritto. Le conclusioni del motivo di ricorso per
revocazione possono ben rappresentare il quesito
di diritto richiesto dall’art. 366 bis c.p.c..
Cass., 6 giugno 2006, Sez. III, n. 13252.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2869, con
nota di Raffaella Di Iorio.
L’ordinanza - ingiunzione emessa, ai sensi dell’art.
186 - ter c.p.c., nei confronti della parte
contumace e regolarmente ad essa notificata,
ove il contumace non si costituisca nel termine
di venti giorni dalla notifica, diventa inoppugna-

ile e, quindi la decisione sulla domanda ovvero
sul capo di domanda che ne era oggetto si intende
passata in cosa giudicata, senza che all’uopo
sia necessaria l’istanza del creditore di attribuzione
all’ordinanza della esecutività ai
sensi dell’art. 647 c.p.c. Allorquando venga proposta
l’opposizione a decreto ingiuntivo intempestivamente
e sia seguita da costituzione tempestiva
oppure venga proposta tempestivamente,
ma sia seguita da una costituzione
tardiva dell’opponente, non sussiste la possibilità
della formulazione da parte del creditore
della richiesta ai sensi dell’art. 647 c.p.c., che si
deve intendere limitata o alla mancanza di opposizione
o alla mancanza di costituzione dopo
l’opposizione. Qualora in un giudizio di primo
grado sia stata emessa ordinanza ingiuntiva
nei confronti del contumace e costui, a seguito
di regolare notificazione del provvedimento,
non si sia costituito, la successiva definizione
del giudizio con sentenza di
“conferma” dell’ordinanza anziché con ordinanza,
dichiarativa dell’esecutività del provvedimento
stesso ai sensi dell’art. 647 c.p.c. e
della definizione del giudizio per effetto di
esso, concreta una nuova statuizione sull’oggetto
deciso con il provvedimento ingiuntivo,
da intendersi come consapevole disconoscimento
della sua efficacia di giudicato per la
mancata costituzione del contumace.
Cass.,6 luglio 2007, Sez. I, n. 15297.
- in Il Massimario del Foro Italiano, n. 10/07,
pag. 1826.
La notifica della citazione in appello, non seguita
da iscrizione della causa a ruolo, non consuma
il potere di impugnazione, qualora sia
mancata qualsiasi pronuncia di inammissibilità
od improcedibilità; tuttavia, sebbene la
parte possa notificare ex nuovo l’atto d’appello
(ma non già riassumere la causa, non applicandosi
in questo caso l’art. 307 c.p.c.), è necessario
che ciò avvenga prima dello spirare del
termine dell’impugnazione, il quale non è interrotto
dalla notifica della citazione non
iscritta a ruolo.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 30
Cass., 7 aprile 2006, Sez. I, n. 8242.
- in Int’l Lis, n. 1/07-08, pag. 30.
In tema di notifica di atto a persona non residente,
né dimorante, né domiciliata nella Repubblica
ai sensi della Conv. dell’Aja 11 novembre
1965 relativa alla notifica all’estero di atti
giudiziari in materia civile o commerciale, resa
esecutiva in Italia con l. n. 42/1981, deve ritenersi
affetta da inesistenza la notifica effettuata
a mezzo posta presso l’indirizzo del destinatario
in Argentina, giacché l’Argentina, nel ratificare
detta Conv., si è opposta alla trasmissione
degli atti a mezzo del servizio postale.
Trib. Roma, 11 febbraio 2008 n. 165.
- in Giurisprudenza di Merito,
n. 4/08, pag. 1035.
A fronte della proposizione di un appello fondato
esclusivamente sul motivo di rito costituito
dalla nullità non sanata dell’atto di citazione
di primo primo grado per vizi concernenti
l’editio actionis, il giudice del gravame, dichiarata
la nullità della sentenza impugnata, è
tenuto, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 354
c.p.c., a disporre la rinnovazione dell’istruttoria.
Trib. Ivrea, 30 gennaio 2008, Sez. Lav., n.167.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08,
pag. 1036.
La consulenza tecnica di ufficio c.d. percipiente,
che si riferisce cioè ad un fatto tecnico non accertabile
nella sua intrinseca natura se non con
cognizioni settoriali che il Giudice non possiede,
costituisce fonte oggettiva di prova.
Trib. Torino, 14 dicembre 2007, Sez. III, n. 176.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08,
pag. 1043.
Il provvedimento di liquidazione delle spese
emanato a seguito della dichiarazione dell’estinzione
del giudizio a seguito di rinuncia agli atti
è inimpugnabile ai sensi dell’art. 306 comma 4,
secondo periodo, c.p.c., e, quindi, la parte che
intenda dolersene può soltanto proporre ricorso
straordinario per cassazione, in virtù dell’art. III
comma 7 Cost..

Trib. di Nola, 24 maggio 2007, n. 168.
- in Giurisprudenza di Merito,
n. 4/08, pag. 1037.
Non costituiscono prova della data certa i timbri
postali apposti sui contratti bancari e ciò per
l’evidente ragione che l’ufficiale postale non
compie alcun controllo sul contenuto del documento
sottoposto all’affrancatura.
Trib. Monza, 13 marzo 2007.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 3/08, pag.
643, con nota di Francesca Badolato.
Le domande formulate da un convenuto verso
un altro convenuto già in causa sono ammissibili
anche se preposte col solo scambio della
comparsa contenente la domanda medesima,
fatto salvo l’obbligo di notifica, nel caso in cui
il convenuto destinatario dell’ulteriore domanda
sia contumace, e fermo restando l’onere
di tempestiva costituzione ex art. 167 c.p.c..
L’assistenza prestata da uno dei figli ai genitori
non determina, secondo la morale sociale,
un’obbligazione in capo all’assistito o ad un
suo parente stretto, in quanto le attuali convinzioni
etiche della società, – per quanto le recenti
trasformazioni dei costumi abbiano condotto
ad indebolire i legami familiari – ancora prospettano
come doverosa l’assistenza l’assistenza
dei figli ai genitori anziani, assistenza la cui doverosità
è, del resto, sancita anche in via normativa
dall’art. 433, n. 2), c.c.: ne deriva che, in una
tale situazione, l’attribuzione patrimoniale effettua
dal genitore a favore del figlio potrebbe,
al più, ricondursi nell’ambito delle donazioni
remuneratorie, quale atto sorretto da uno spirito
di squisita libertà ma generato, sul piano
morale, dal desiderio di premiare un soggetto
ritenuto, secondo una valutazione personale e
non sociale, particolarmente meritevole.
Consiglio di Stato, 31 maggio 2007, Sez. V,
n. 2814.
- in Il Corriere Giuridico, n. 1/08, pag. 85.
Il consiglio di Stato, in relazione agli art. 81 e 10
(ex 85 e 5) del contratto CE, ha sollevato la questione
pregiudiziale alla Corte di giustizia in relazione
al conseguente problema interpretativo:
1) Se l’inderogabilità degli oneri minimi e
dei diritti stabiliti per le presentazioni dell’avvocato
costituisca una misura di favore per gli
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 31
appartenenti all’ordine professionale interessato,
in conformità dagli artt. 81 e 10 ( ex 85 e
5) del trattato. 2) Se il divieto al giudice di non
diminuire, nella liquidazione nella specie di
causa, i limiti minimi previsti dalle singole voci
nella tabella, in applicazione dell’inderogabilità
degli oneri minimi e dei diritti stabiliti per
le prestazioni dell’avvocato si risolva in una misura
di favore per gli appartenenti all’ordine
professionale interessato, difformemente dai
precetti degli artt. 81 e 10 del trattato. 3) Se
l’obbligo di maturazione comunque previsto
per la diminuzione degli oneri in misura inferiore
al minimo, contraddetto dalla prassi del
giudice amministrativo di procedere alla liquidazione
delle spese di causa sulla base di elementi
eterogenei tratti dalle risultanze processuali
e non dall’effettivo valore economico della
controversia, non rappresenti una restituzione
all’esercizio permanente della professione di
avvocato in uno Stato membro diverso da
quello in cui è stata acquistata la qualifica, garantito
dalla direttiva 16 febbraio 1998 n.
98/5/CE (7° considerando in particolare).

Processo esecutivo e provvedimenti
sommari
Cass., 15 maggio 2007, Sez. Lav., n. 11095.
- in Il Corriere Giuridico, n. 12/07, pag. 1714,
con nota di Marcella Negri.
In tema di effetti del giudizio di rinvio sul giudizio
di opposizione a decreto ingiuntivo, qualora
alla pronunzia del decreto sia seguita opposizione
e questa sia stata accolta, e
successivamente la sentenza di merito sia stata
a sua volta cassata con rinvio alla Corte di Cassazione,
nel caso in cui il processo non sia stato
riassunto in termine non deve trovare applicazione
il disposto dell’art. 653 c.p.c., a mente
del quale a seguito dell’estinzione del processo
di opposizione il decreto che non ne sia munito
acquista efficacia esecutiva, ma il disposto
dell’art. 393 c.p.c., alla stregua del quale alla
mancata riassunzione del giudizio in sede di
rinvio consegue l’estinzione dell’intero procedimento
e, quindi, l’inefficacia anche del decreto
ingiuntivo opposto.
Cass., 15 marzo 2007, Sez. lav., n. 6047.
- in Il Foro Italiano, n. 1/08, pag. 238.
La rinuncia del debitore alla prescrizione del decreto
al capitale comporta rinuncia alla prescrizione
del decreto agli interessi, salva la facoltà
di limitare gli effetti di tale rinuncia, dichiarando
che essa si riferisce soltanto al capitale.
Cass., 30 giugno 2006, Sez. II, n. 15084.
- in Giustizia Civile, n. 12/07, pag. 2845.
Il principio secondo il quale il creditore che
abbia ottenuto una pronuncia di condanna nei
confronti del debitore ha esaurito il suo diritto
di azione e non può, per difetto di interesse, richiedere
ex nuovo un decreto ingiuntivo contro
il medesimo debitore per lo stesso titolo e lo
stesso oggetto, trova deroga nei casi in cui la domanda
di condanna rivolta al giudice, nella
preesistenza di altro ed analogo titolo giudiziale,
non mira alla duplicazione del titolo già
conseguito, ma è diretta a far valere una situazione
giuridica che non ha trovato esaustiva
tutela, suscettibile di conseguimento di un risultato
ulteriore rispetto alla lesione denunziata
(in applicazione del succitato principio di
diritto la Suprema Corte, pur in presenza di
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 32
provvedimento, avente già efficacia di titolo
esecutivo, di liquidazione del compenso a un
consulente tecnico d’ufficio, ha ritenuto proponibile
la richiesta di emissione di decreto ingiuntivo
per il pagamento del medesimo compenso,
non costituendo il primo provvedimento
titolo per l’iscrizione di ipoteca giustiziale e
così sussistendo un interesse del creditore a
precostituirsi un titolo che offrisse maggiori
garanzie, in quanto spiegato effetto anche al di
fuori del processo esecutivo e nei confronti dei
vari terzi).
L’assenza di interesse ad agire, richiesto per
qualsiasi domanda dall’art. 100 c.p.c., è rilevabile
anche d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento, salva la formazione di un giudicato
sul punto, poiché l’esistenza di una utilità
concreta al giudizio costituisce un requisito per
la trattazione del merito della domanda (nella
specie relativa all’emissione di decreto ingiuntivo
per il pagamento del compenso a un consulente
tecnico d’ufficio, in presenza di provvedimento
di liquidazione del medesimo compenso
avente già efficacia di titolo esecutivo, la
Suprema Corte, affermando il principio di cui
sopra, ha confermato la sentenza di merito che
aveva respinto l’eccezione sul punto).
Trib. Macerata, 7 novembre 2007.
- in Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/08,
pag. 179.
È ammissibile la tutela anticipatoria ex art.
700 c.p.c., volta a porre riparo al pregiudizio
derivante dalla avvenuta pubblicazione di un
protesto a proprio carico. Il procedimento non
può svolgersi nei confronti della C.C.I.A.A. e
non può condurre ad un ordine, a questa diretto,
di sospendere la pubblicazione del protesto.
Per escudere la pubblicazione di un protesto
sul relativo Bollettino, tenuto dalla
C.C.I.A.A. è necessario - dovendo il giudizio ex
art. 700 c.p.c. avere la medesima conformazione
sia soggettiva che oggettiva del successivo
giudizio ordinario - un accertamento, tra
le parti, dell’illegittimità o dell’erroneità del
protesto, ovvero dell’inesistenza dell’obbligazione
cambiaria di colui contro il quale il protesto
stesso sia stato levato.

Trib. Lucca, 16 giugno 2007.
- in Giurisprudenza di Merito, n. 4/08,
pag. 984, con nota di Andrea Glorioso e
Giuseppe Mazziotti.
È inammissibile il reclamo ai sensi dell’art.
669 – terdecies c.p.c. esperito contro
l’ordinanza che nega la sospensione della
provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo
opposto non avendo quest’ultimo provvedimento
natura cautelare ed essendo revocabile
dal medesimo decidente.
E’ manifestamente infondata la prospettata
questione di legittimità costituzionale dell’art.
649 c.p.c., non costituendo la disciplina cautelare
uniforme valido tertium comparationis
per le differenze strutturale e funzionali con
la indicata disposizione.
Marchi
Cass., 25 giugno 2007, Sez. I, n. 14684.
- in Il Foro Italiano, n. 1/08, pag. 178.
È valido il marchio costituito da una lettera dell’alfabeto,
a prescindere dalla sua concreta caratterizzazione
grafica e dalla stilizzazione eventualmente
adottata per impedire di identificare
il segno di una lettera pura o semplice dell’alfabeto,
quando si dimostra la capacità del segno
nello stabilire un collegamento con i prodotti
dell’impresa titolare del segno stesso (nella specie
si trattava del marchio che riproduceva la
forma della lettera Omega dell’alfabeto greco).
Nel giudizio sulla confondibilità tra i marchi
costituiti da lettere dell’alfabeto, trattandosi di
marchi deboli, occorre verificare se, pur in presenza
di varianti formali, in entrambi i marchi
sia presente il nucleo del segno cui è affidata la
funzione distintiva, dovendosi affermare in
tale ipotesi la contraffazione del marchio anteriore
(nella specie, è stata cassata la sentenza di
merito che a fronte dell’uso di un marchio successivo
rappresentato mediante la riproduzione
della medesima lettera dell’alfabeto,
aveva escluso la confondibilità tra i marchi per
essere il successivo caratterizzato da diversità
di colorazioni e dell’opposizione, in aggiunta
alla lettera dell’alfabeto, del nome commerciale
dell’impresa).
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 33
Trib. di primo grado Ce, Sez IV, 12 settembre
2007, procedimento T- 291/03.
- in Diritto e Pratica delle Società, n. 22/07,
pag. 75.
La registrazione di un marchio comunitario
avente ad oggetto un segno che sia già parte, assieme
agli altri elementi, di un precedente Dop
è idonea a costituire un pregiudizio per la Dop
in questione. La registrazione di marchio che
comprende tale elemento non può quindi essere
concessa, salvo che l’elemento comune
alla Dop non sia qualificabile come generico.
(Massima non ufficiale).
Diritto Comunitario
Corte Costituzionale, 24 ottobre 2007,
n. 349.
- in Il Corriere giuridico, n. 2/08, pag. 193.
Il giudice comune ha l’obbligo di interpretare la
norma interna in modo conforme alla disposizione
internazionale, entro i limiti nei quali
ciò sia permesso dai testi delle norme e solo
qualora ciò non sia possibile, ovvero dubiti della
compatibilità della norma intera con la disposizione
convenzionale “interposta”, è tenuto ad
investire la Corte costituzionale della relativa
questione di legittimità costituzionale rispetto
al parametro dell’art. 117, primo comma Cost..
L’art. 5 bis. comma 7 bis, del decreto-legge 11 luglio
1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento
della finanza pubblica), convertito, con
modificazione, dalla legge 8 agosto 1992, n.
359, comma 1, Cost. integrato anche alla luce
dell’art. 1 del I prot. add. della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
nella parte in cui, disponendo
l’applicazione delle regole di determinazione
dell’indennità di espropriazione del risarcimento
del danno da occupazione appropriativa,
assicura un risarcimento del danno inferiore
al valore venale del bene.

Corte di giustizia, 26 giugno 2007,
n. C- 305/05.
- in Diritto Comunitario e degli Scambi
Commerciali, n. 4/07, pag. 753.
Gli ordini di collaborazione con le autorità responsabili
per la lotta contro il riciclaggio previsti
all’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio
del 10 giugno 1991, n. 91/308/Cee, relativa
alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario
a scopo di riciclaggio dei proventi di attività
illecite, come modificata dalla direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio del 4 dicembre
2001, n. 2001/97/Ce, e imposti dagli avvocati
dall’art. 2 bis, punto 5, di tale direttiva,
tenuto conto dell’art. 6, n. 3, secondo comma,
di questa, non violano il diritto ad un equo
processo, come garantito dagli artt. 6 della
Cedu e 6, n. 2, TUE.
Corte di giustizia, 3 maggio 2007 n. C-386/05.
- in Diritto Comunitario e degli Scambi
Commerciali, n. 4/07, pag. 746, con nota di
Carlo Trentini.
L’art. 5, punto 1, lett. b., primo trattino, del regolamento
(Ce) del consiglio del 22 dicembre
2000, n. 44/2001, concernente la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale,
deve essere interpretato nel senso
che tale disposizione è applicabile in caso di
pluralità di luoghi di consegna di un unico
Stato membro. In ipotesi del genere il giudice
competente a conoscere tutte le domande fondate
sul contratto di compravendita di beni è
quello nel cui circondario si trova il luogo della
consegna principale, la quale dovrà essere determinata
in regione di criteri economici. In
mancanza di elementi decisivi per stabilire il
luogo della consegna principale, l’attore può
citare il convenuto dinanzi al giudice del luogo
di consegna di sua scelta.
IUSLETTER n°48.08 | Giurisprudenza | 34
Corte di giustizia, 12 dicembre 2006,
n. c-446/44.
- in Diritto Comunitario e degli Scambi
Internazionali, n. 4/07, pag. 695.
In mancanza di normativa comunitaria,
spetta all’ordine giuridico interno di ciascuno
Stato membro designare i giudici competenti
e disciplinare le modalità processuali dei ricorsi
giurisdizionali volti a garantire la salvaguardia
dei diritti conferiti alle persone dall’ordinamento
comunitario, compresa la
qualificazione delle azioni promosse dalle persone
lese dinanzi ai giudici nazionali. Questi
ultimi devono garantire che le persone dispongano
di un mezzo di ricorso effettivo, che consenta
loro di ottenere il rimborso dell’imposta
indebitamente riscossa e degli importi, pagati a
tale Stato membro o trattenuti da quest’ultimo,
che siano in relazione diretta con tale imposta.
Con riferimento a tali danni che una persona
avrebbe subìto a causa di una violazione del diritto
comunitario imputabile ad uno Stato
membro, quest’ultimo è tenuto a risarcire i
danni causati alle persone alle condizioni enunciate
nel punto 51 della sentenza 5 marzo 1996
in cause riunite n. C-46/93 e C-48/93, Brasserie
du Pechêur e Factortame, senza che ciò
escluda che, in base al diritto nazionale, la responsabilità
dello Stato possa essere invocata a
condizioni meno restrittive.

Osservatori
Diritto Civile, Conciliazione e “ADR”
Approvata la direttiva sulla conciliazione: dall’UE un forte impulso alla diffusione dell’ADR.
Il 23 aprile 2008 il Parlamento europeo ha approvato la Direttiva sulla “mediazione” (o “conciliazione”)
in materia civile e commerciale, sottoscrivendo la posizione comune del Consiglio del
28 febbraio scorso.
L’obiettivo è facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie, incoraggiando il ricorso
alla conciliazione e garantendo un'equilibrata relazione con il procedimento giudiziario.
La Direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U.U.E.; entro i successivi
36 mesi gli Stati membri dovranno adottarla e comunicare quali siano gli organi competenti a
ricevere la richiesta per l’esecutività dell’accordo conciliativo.
Per “mediazione” si intende un procedimento ove le parti di una controversia tentano esse
stesse di raggiungere un accordo sulla sua risoluzione con l'assistenza di un mediatore, terzo e
imparziale. Vi si può fare ricorso per volontà stessa delle parti, per ordine di un organo giurisdizionale
o per espressa previsione di una norma di diritto nazionale.
Le parti gestiscono il procedimento: possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi
momento (principio di volontarietà). Tuttavia, in virtù del diritto nazionale, l'organo giurisdizionale
dovrebbe avere la possibilità di fissare un termine alla procedura di conciliazione.
La scelta di conciliare non impedisce il ricorso alle normali vie giudiziarie, essendo previsto che
la domanda di conciliazione provochi la sospensione dei termini di decadenza e prescrizione.
La Direttiva chiede agli Stati membri di incoraggiare l'elaborazione di codici volontari di condotta
dei conciliatori e di promuovere la loro formazione.
Gli Stati membri dovranno assicurare che le parti abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto
dell’accordo scritto risultante dalla conciliazione sia reso esecutivo, a meno che questo risulti
contrario alla legge dello Stato membro in cui viene presentata la richiesta o se la legge di
detto Stato non ne prevede l'esecutività. L’accordo potrà essere reso esecutivo in una sentenza,
in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un'altra autorità competente
in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta.
Punto fondamentale della Direttiva è il principio di riservatezza: gli Stati dovranno garantire che,
se le parti non decidono diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell'amministrazione
della conciliazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato con
riguardo alle informazioni emerse in fase conciliativa, salvo che ciò sia necessario per superiori
considerazioni di ordine pubblico dello Stato interessato.
Per concludere, ci pare che l’adozione di questa Direttiva dimostri che la conciliazione è definitivamente
entrata fra i temi caldi del dibattito comunitario, ottenendo finalmente un riconoscimento
legislativo ufficiale.
PAOLA VENTURA (p.ventura@lascalaw.com)
STEFANO LA PORTA (s.laporta@lascalaw.com)
DAVIDE GRECO (d.greco@lascalaw.com)
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 35

Credito al Consumo, Leasing e Factoring
Coordinamento degli artt. 33 e ss Cod. Cons. con gli artt. 1341 e 1342 c.c..
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 36
La dottrina si è posta il problema del coordinamento degli artt. 33 ss. del Cod. Cons. con gli artt.
1341 e 1342 del c.c., aventi ad oggetto la protezione del consumatore nell’ipotesi di clausole vessatorie
contenute nei contratti conclusi mediante formulari.
L'art. 1341 c.c. offre al consumatore una protezione formale in quanto la specifica approvazione
scritta non impedisce che una clausola, pur vessatoria, sia inserita nel contratto e disciplini il rapporto
tra le parti.
Inoltre, il rispetto del requisito formale non implica che il consumatore inesperto abbia compreso
gli effetti della clausola vessatoria e che l'abbia realmente voluta.
Gli artt. 33 e ss., consentendo un controllo di merito sul contenuto della clausola, predispongono
una tutela sostanziale del consumatore, pertanto le disposizioni ritenute vessatorie non sono vincolanti
e ciò a prescindere da qualsiasi circostanza formale.
Atteso che gli articoli 1341 c.c. e 33 e ss. prevedono due tipi di tutela diversi, si può ipotizzare un'applicazione
concorrente così da avere un duplice sistema di controllo: il primo, formale, opererebbe
preventivamente, e il secondo, di merito, si applicherebbe previo rispetto del requisito di forma.
Occorre domandarsi se, ove la clausola sia dichiarata inefficace ai sensi dell'art. 1341 comma 2
c.c., vi sia il rischio dell'inefficacia dell'intero contratto in applicazione dell'art. 1419 comma 1 c.c..
La risposta è negativa per l'assorbente considerazione che se si discute della validità di un contratto
tra consumatore e professionista viene in rilievo solo l'art. 36 comma I, norma di carattere
speciale rispetto all'art. 1341 comma 2 c.c..
Più complesso appare il seguente caso: se una clausola in concreto non dia luogo ad uno squilibrio
ai sensi degli art. 33 ss. perché bilanciata dalla previsione di un prezzo conveniente per il consumatore,
ma non risulti specificamente approvata per iscritto, deve ritenersi inefficace ai sensi
dell'art. 1341 comma 2 c.c.? La risposta affermativa contrasta con il dettato normativo.
Sotto il primo profilo l'inefficacia della clausola ai sensi dell'art. 1341 comma 2 c.c. opererebbe a
prescindere dall'esistenza dello squilibrio contrattuale; il consumatore conseguentemente potrebbe
approfittare della mancata sottoscrizione per alterare, a proprio vantaggio, l'equilibrio contrattuale.
Ritenere applicabili al contratto tra consumatore e professionista gli artt. 1341 e 1342 c.c. non rafforza
la tutela del consumatore perché il controllo sul contenuto rende superfluo quello sulla sottoscrizione.
Si può semmai asserire che la verifica della sottoscrizione sia operazione più semplice
rispetto all’accertamento dello squilibrio contrattuale ma, basandosi solo sul requisito
formale, si corre il rischio di alterare l'equilibrio contrattuale in assenza di un'esigenza di protezione
dei consumatore. Quanto al secondo profilo attinente al rapporto tra l'art. 1341 comma 2
c.c. e la normativa sui contratti del consumatore in generale, il nuovo art. 1469 bis c.c. sancisce
che “le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate
dal Cod. Cons. o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore“, e l'art. 38, in ossequio
al principio di specialità, prevede che “per quanto non previsto dal codice, ai contratti conclusi
tra il consumatore e il professionista si applicano le disposizioni del c.c..
PAOLA GUIDI (p.guidi@lascalaw.com)
SABRINA SAVAZZI (s.savazzi@lascalaw.com)
LAURA TERENZI (l.terenzi@lascalaw.com)

Diritto Societario
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 37
Una vittoria giudiziaria dello Studio in tema di direzione e coordinamento di società.
Siamo lieti di segnalare ai lettori di Iusletter una sentenza pronunciata dal Tribunale di Messina
relativamente ad un giudizio societario, direttamente seguito dallo Studio La Scala, in materia
di responsabilità per direzione e coordinamento di società.
Per mere ragioni di riservatezza, la narrazione verrà caratterizzata da nomi e denominazioni
di fantasia.
Una società nostra cliente, Alfa S.p.A., socia di maggioranza di Beta S.r.l., con sede legale in
Messina, è stata citata in giudizio dai soci minoritari di Beta, i quali ritenevano che il valore e
la redditività delle proprie partecipazioni fossero state pregiudicate dall’abuso di attività di direzione
e coordinamento, svolta da Alfa su Beta.
In via preliminare, la difesa di Alfa ha sostenuto che la domanda di responsabilità e conseguente
risarcimento, avanzata dagli attori nei confronti della società controllante, doveva ritenersi improcedibile,
in quanto la stessa avrebbe dovuto essere subordinata al preventivo esperimento dell’azione
nei confronti della società controllata ovvero di Beta. Infatti, il comma 3 dell’art. 2497
c.c. stabilisce che il socio ed il creditore sociale possano agire contro la società o l’ente che esercita
direzione e coordinamento solo se non siano stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività
di direzione e coordinamento. La norma in esame pone, quindi, a carico dei soci legittimati
ad esercitare l’azione di responsabilità ex art. 2497 c.c., un obbligo di preventiva escussione della
società controllata, avendo la società capogruppo una responsabilità di rango sussidiario rispetto
alla società o all’ente che ha diretto e coordinato. Infatti, come affermato anche da autorevole dottrina,
poiché il danno subito dai soci o dai creditori della controllata è pur sempre un riflesso del
danno subito da quest’ultima, l’azione di risarcimento danni nei confronti della capogruppo è
esperibile solo nel caso in cui i predetti non siano stati soddisfatti dalla società controllata. Si tratta,
dunque, di un onere di preventiva escussione per cui l’azione contro la società che esercita direzione
e coordinamento deve intendersi improcedibile fino all’esito dell’escussione della società
sottoposta ad attività di direzione e coordinamento. Sulla base delle argomentazioni svolte dalla
difesa di Alfa, il collegio giudicante ha ritenuto fondata l’eccezione preliminare sollevata, statuendo
che, nel caso di specie, non fosse stata rispettata dagli attori la condizione di procedibilità prevista
dal citato articolo. Infatti, in ottemperanza al disposto dell’art. 2497, comma 3, c.c., i soci di
minoranza di Beta “avrebbero dovuto agire preventivamente nei confronti della società controllata
e solo, successivamente, in caso di mancata soddisfazione delle proprie pretese creditorie,
avrebbero potuto convenire in giudizio ex art. 2497 c.c. le società controllanti”, sussistendo “una
vera e propria responsabilità sussidiaria della società che svolge attività di direzione e coordinamento
rispetto alla società eterodiretta”. Condividendo pienamente le tesi della difesa, il collegio
giudicante ha dichiarato improcedibile la domanda di responsabilità per abuso di direzione e coordinamento
azionata nei confronti della nostra assistita.
CARLO EMANUELE ROSSI (e.rossi@lascalaw.com)
CLAUDIA CASAGRANDE (c.casagrande@lascalaw.com)
VALENTINA ZANELLI (v.zanelli@lascala.com)
SIMONA NICOLOSI (s.nicolosi@lascalaw.com)

Diritto Bancario
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 38
Notificazione dell’atto interruttivo della prescrizione tramite Ufficiale Giudiziario.
Come noto l’art. 2943 c.c. prevede, tra le varie modalità in cui si può concretare l’atto interruttivo
della prescrizione, anche la semplice costituzione in mora del debitore.
Già da tempo la Corte di Cassazione, con la propria sentenza n. 1019 emessa in data 19 febbraio
1986, ha stabilito non solo l’alternatività della notificazione della messa in mora tramite Ufficiale
Giudiziario, rispetto all’ordinario sistema postale, ma anche che, qualora il mittente decida di avvalersi
di detta facoltà, la notificazione stessa dell’atto e la conseguente possibilità di provare il perfezionamento
della ricezione della messa in mora, restano soggette alle norme del codice di rito.
Come noto la Sentenza n. 477, emanata dalla Corte Costituzionale nel 2002, nonché la successiva
giurisprudenza di legittimità, hanno stabilito una scissione del momento di perfezionamento
della notificazione di un atto giudiziario con riguardo al mittente e al destinatario.In ragione dell’ormai
consolidato orientamento ora esposto, la Giurisprudenza di merito si è quindi chiesta se,
nel caso in cui un atto di messa in mora stragiudiziale venga portato a conoscenza del destinatario,
utilizzando il sistema delle notificazioni previste dal codice di rito, debba prevalere, ai fini
dell’interruzione della prescrizione, la natura recettizia della messa in mora, ovvero il principio
stabilito dalla Corte costituzionale con la già menzionata sentenza n. 477/2002.
Nella prima delle due ipotesi ora esposte, l’interruzione della prescrizione, conseguente alla messa
in mora, si verifica necessariamente al momento di ricezione dell’atto da parte del destinatario;
nella seconda invece, sempre che la notificazione della diffida stragiudiziale si perfezioni,
l’interruzione si verifica al momento in cui il mittente richiede la notificazione della messa in mora
all’Ufficio Notifiche competente.
Come ovvia conseguenza, qualora si propenda per l’adesione alla prima delle tesi precedentemente
prospettate, si avvantaggerà il destinatario della messa in mora, il quale potrà giovarsi del fatto
che l’eventuale interruzione della prescrizione è necessariamente collegata ed avviene nel momento
in cui l’atto idoneo a provocare l’interruzione stessa perviene nella sua sfera giuridica di
conoscenza; qualora invece si propenda per la seconda delle tesi ora riferite, sarà il creditore che
potrà beneficiare del fatto che il verificarsi dell’evento interruttivo è comunque collegato ad un
comportamento (la presentazione della comunicazione di messa in mora all’Ufficiale Giudiziario),
che rientra nella propria sfera decisionale.
Si segnalano quindi due tesi contrapposte anche in Giurisprudenza: è prima intervenuto, in
data 1.9.03, il Tribunale di Roma sul punto, stabilendo l’applicabilità dei principi della sentenza
n. 477/2002 della Corte Costituzionale, anche con riguardo alla messa in mora trasmessa secondo
i consueti meccanismi di notificazione. In seguito, in data 16 marzo 2004, il Tribunale
di Benevento ha invece ritenuto opportuno dare prevalenza alla natura recettizia dell’atto interruttivo
della prescrizione.
Pertanto si attende sul punto una pronuncia chiarificatrice della Corte di legittimità.
LUCIANA CIPOLLA (l.cipolla@lascalaw.com)
SIMONA DAMINELLI (s.daminelli@lascalaw.com)
RAFFAELLA TAVACCA (r.tavacca@lascalaw.com)
GUIDO MALBERTI (g.malberti@lascalaw.com)
ROBERTO GRISOLIA (r.grisolia@lascalaw.com)
FLORA SCHIAVENATO (f.schiavenato@lascalaw.com)

Mercati Finanziari
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 39
MiFID: L’intermediario deve verificare la competenza e la preparazione del suo cliente.
L’articolo “Derivati, la Mifid aumenta le tutele per la clientela”, pubblicato su PLUS24, inserto de
Il Sole 24 Ore, in data 22 marzo 2008, pone l’attenzione sul seguente caso: “La società X ha un
certo affidamento presso la banca Y. Tizio, amministratore unico di X, viene indotto dal responsabile
di filiale della banca a sottoscrivere un’operazione in derivati, quale strumento ritenuto necessario
per coprire la società dal rischio di aumento dei tassi di interesse, assicurando che il rapporto
avrebbe potuto essere risoluto in ogni momento. Inoltre, pur essendo Tizio, come anche i
soci di X, del tutto privo di nozioni di materia di investimenti, specie per quanto attiene ai derivati,
gli viene fatta sottoscrivere la dichiarazione di possedere «una specifica competenza ed esperienza
in materia di operazioni in strumenti finanziari». Successivamente la società X fa causa
ad Y, sostenendo, tra le altre, che la banca sarebbe venuta meno di doveri informativi verso
l’investitore nel collocamento dei derivati. La banca si difende affermando che la dichiarazione
resa da Tizio, la esenta in gran parte da tali doveri, sulla base dell’art. 31 del Reg. Consob n.
11522/98, ora non più in vigore”.
La giurisprudenza appare divisa in tema di valore della dichiarazione o dell’effettiva verifica
dei requisiti di professionalità. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 20 luglio 2006, ha stabilito
che: “L’art. 31, comma 2 del Reg. Consob 11522/1998 consente al legale rappresentante
di società di capitali di rilasciare una dichiarazione che ha effetto liberatorio per l’intermediario
in relazione agli obblighi su di lui incombenti allorché il cliente non vanti specifiche competenze
in materia”. Il Tribunale di Torino, invece, con sentenza del 18 settembre 2007, n. 5930,
ha disposto che: “Anche l’investitore società o persona giuridica, per essere considerato operatore
qualificato ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 Reg. Consob n. 11522/98, deve effettivamente possedere
la specifica competenza e l’esperienza richieste per comprendere i rischi connessi all’operazione
finanziaria che intende porre in essere”.
L’Allegato 3 al Reg. Consob 16190/07, di recepimento della direttiva MiFID, conferisce un maggior
grado di tutela al soggetto dichiaratosi cliente professionale. La disapplicazione di regole di
condotta previste per la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita
quando, dopo aver effettuato una valutazione adeguata di: competenza, esperienza e conoscenze
del cliente, l’intermediario possa ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o
dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in
materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume. Nel corso della predetta valutazione,
devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti: (i) il cliente ha effettuato operazioni
di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di dieci operazioni
al trimestre nei quattro trimestri precedenti; (ii) il valore del portafoglio di strumenti finanziari
del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000,00 Euro; (iii) il cliente lavora o
ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga
la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti.
CHRISTIAN FAGGELLA (c.faggella@lascalaw.com)
SABRINA GALMARINI (s.galmarini@lascalaw.com)
BARBARA BANDIERA (b.bandiera@lascalaw.com)
PAOLO FRANCESCO BRUNO (p.bruno@lascalaw.com)

Diritto Fallimentare
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 40
Brevi note in tema di Liquidazione Coatta Amministrativa e concordato fallimentare.
Il disposto di cui all'art. 214 l.f. nel testo previgente. Nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa
il concordato fallimentare è disciplinato dall’art. 214 l.f. che, lasciato immutata dalla
riforma del 2005, è stato sensibilmente modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169 entrato
in vigore il 1 gennaio 2008.
L’art. 214 ante riforma prevedeva infatti che:
“dopo il deposito dell’elenco previsto dall’art. 209 l’autorità che vigila sulla liquidazione, su parere
del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare l’impresa
in liquidazione a proporre al tribunale un concordato osservate le disposizioni dell’art. 152 se si
tratta do società. La proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali garanzie. Essa
è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato
di sorveglianza e pubblicata nelle forme disposte dall’autorità che vigila sulla liquidazione. Entro
30 giorni dal deposito gli interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni
che vengono comunicate al commissario. Il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla
liquidazione, decide sulla proposta di concordato tenendo conto delle opposizioni, con sentenza
in camera di consiglio. La sentenza che approva il concordato è pubblicata a norma dell’art. 17 e
nelle altre forme che sono stabilite dal Tribunale. Contro la sentenza che approva o respinge il
concordato, l’impresa in liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono appellare
entro quindici giorni dalla affissione. La sentenza è pubblicata a norma del comma precedente
e il termine per il ricorso in cassazione decorre dall’affissione. Il commissario liquidatore
con l’assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l’esecuzione del concordato”. La particolarità
del concordato ex art. 214 l.f. è data dalla mancanza della votazione dei creditori: infatti la
tutela dei diritti di questi non è affidata all’espressione del voto, bensì all’opposizione da proporsi
nel termine (perentorio) dei trenta giorni dal deposito della proposta nella cancelleria del Tribunale.
L’opposizione non è una vera e propria domanda giudiziale ma è poco più di una semplice
dichiarazione (negativa) di volontà; pur non vincolando il giudice all’emissione di un provvedimento
specifico sul fatto dedotto (come avverrebbe se si trattasse di vera e propria domanda giudiziale)
essa radica tuttavia, in capo a chi l’ha proposta, la legittimazione attiva ad impugnare la
sentenza che approvi il concordato (Monsignori 1993, 156).
La sentenza del Tribunale è a contenuto vincolato, nel senso che “approva o respinge” il concordato
senza poterne modificare le condizioni. Questa è appellabile nel termine di 15 giorni dall’affissione.
La decorrenza di questo termine dall’affissione anziché dalla comunicazione aveva
fatto sorgere il dubbio di costituzionalità in alcuni Autori (Renzetti, 89, 377).
L’attuale formulazione dell’art. 214 l.f..
L’art. 214 post riforma prevede che:
“l’autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato
di sorveglianza, può autorizzare l’impresa in liquidazione, uno o più creditori o un terzo a proporre
al Tribunale un concordato a norma dell’art. 124, osservate le disposizioni dell’art. 152 se
si tratta di società. La proposta di concordato è depositata nella cancelleria del Tribunale con il parere
del Commissario Liquidatore e del comitato di sorveglianza, comunicata dal Commissario
a tutti i creditori ammessi al passivo nelle forme previste dall’art. 26, terzo comma. e pubblicata
mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e deposito presso l’Ufficio delle imprese.
I creditori e gli altri interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni nel termine
perentorio di 30 giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario per i creditori
e dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie di cui al secondo comma per ogni altro interessato.
Il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulla

IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 41
proposta di concordato tenendo conto delle opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 129, 130 e 131.
Gli effetti del concordato sono regolati dall’art. 135. Il commissario liquidatore con l’assistenza del
comitato di sorveglianza sorveglia l’esecuzione del concordato”.
La norma, non modificata dalla riforma del 2006, è stata del tutto sostituita dal decreto correttivo
n. 169/2007 al dichiarato “scopo di adeguare la disciplina del concordato della l.c.a., uniformandola
per quanto possibile alla nuova disciplina del concordato fallimentare e rendendola più
rispettosa delle garanzie della difesa e del contraddittorio” (cfr. relazione illustrativa). Come
emerge dalla semplice lettura dell’articolo, il decreto ha radicalmente modificato la disciplina relativa
alla comunicazione della proposta di concordato che, ora, deve essere fatta a tutti i creditori
ammessi al passivo nelle forme previste dall’art. 26 l.f. ( raccomandata con avviso di ricevimento,
telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenuta ricezione). Come ha rilevato la
dottrina “significative anche le nuove disposizioni in tema di pubblicità della proposta di concordato,
anche perché il precedente generico rinvio alla discrezionalità dell’Autorità amministrativa
aveva dato adito a notevoli incertezze soprattutto nel caso dei consorzi agrari dove si sono avute
proposte di concordato ad oltre 10 anni di distanza dal deposito dello stato passivo” (F. Tomasso,
Il Fallimento, n. 1/2008, 110 ss.). Ora il nuovo testo dell’art. 214 l.f. detta una disciplina che prevede:
1) la comunicazione, ad opera del commissario, a tutti i creditori ammessi allo stato passivo
tramite notificazione, lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica;
2) la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; 3) il deposito presso l’ufficio del registro delle imprese.
La comunicazione prevista sub n. 1 fa decorrere i termini nei confronti dei creditori ammessi per
la presentazione delle opposizioni; gli altri due adempimenti fanno decorrere i termini per qualsiasi
altro interessato. Il precedente testo dell’art. 214, come si è visto, prevedeva che la sentenza
di approvazione o di rigetto della proposta concordatataria potesse essere appellata nel termine
di 15 giorni dall’affissione dall’impresa, dal commissario liquidatore e dagli opponenti.
Secondo il nuovo testo dell’art. 131 l.f. il decreto del tribunale che omologa (in assenza di opposizioni)
o approva (se vi sono opposizioni e le cassa) oppure respinge (se vi sono opposizioni e
le accoglie) il concordato è reclamabile con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte
d’appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del decreto fatta dalla cancelleria
del Tribunale. La disciplina transitoriaLe regole relative all’entrata in vigore e alla disciplina transitoria
del c.d. decreto correttivo sono contenute nell’art. 22. Ai sensi del primo comma di tale articolo
la riforma entra in vigore il 1 gennaio 2008.
Il secondo comma sancisce che le disposizioni del decreto si applicano ai procedimenti per dichiarazione
di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore nonché alle procedure concorsuali
e di concordato fallimentare aperte successivamente alla data della sua entrata in vigore.
Il comma successivo prevede che gli artt, 7, vi comma, 18, v comma e 20 si applicano anche alle
procedure pendenti.
LUCIANA CIPOLLA (l.cipolla@lascalaw.com)
MONICA BIELLA (m.biella@lascalaw.com)
DANIELA CALVANO (d.calvano@lascalaw.com)
SIMONE BERTOLOTTI (s.bertolotti@lascalaw.com)
NADIA ROLANDI (n.rolandi@lascalaw.com)
GIULIA BASEGGIO (g.baseggio@lascalaw.com)

Esecuzioni Immobiliari
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 42
La trasparenza del patrimonio del debitore: migliorare il recupero transfrontaliero dei
crediti.
Le procedure esecutive, sia nazionali sia ancor più quelle transfrontaliere, hanno sempre creato
ingenti problemi ai creditori, stanti le scarse informazioni della situazione patrimoniale dei debitori
reperibili sul mercato.
Come risaputo, in data 6 Marzo 2008 la Commissione Europea ha adottato un Libro verde che
segna l’avvio di un'ampia consultazione tra le parti interessate su come migliorare la trasparenza
del patrimonio del debitore ai fini dell'esecuzione effettiva delle decisioni giudiziarie nell’Unione
Europea, ovvero su come tale trasparenza possa rendere più agevoli le procedure esecutive transfrontaliere.
Il Libro verde, pertanto, assolve ad una duplice funzione; da un lato descrive i problemi
della situazione attuale, mentre dall’altro indica le potenziali soluzioni.
Infatti le problematiche riguardanti il recupero transfrontaliero dei crediti possono costituire un
impedimento alla libera circolazione dei pagamenti all’interno dell’Unione europea. Per questi
motivi si rende necessario adottare un provvedimento che renda di chiara e facile consultazione
per i creditori la situazione patrimoniale del debitore, al fine di permettere al creditore, inizialmente,
di poter decidere se un determinato soggetto possa essere considerato un soggetto capiente,
in un secondo momento, qualora dovesse mancare il pagamento, rendere agevole la procedura
esecutiva all’interno dell’Unione Europea.
Alla luce di quanto innanzi esposto, il Libro verde ha dunque l’obiettivo di garantire un accesso
semplice alle informazioni di cui si necessita, attraverso l’uso combinato di due sistemi: da
un lato mediante l’annotazione di ogni dichiarazione che sia lo stesso debitore a rendere per
far conoscere la propria situazione patrimoniale, dall’altro mediante sistemi di ricerca certi che
consistono essenzialmente nella consultazione di quanto annotato nei succitati registri mobiliari-immobiliari.
Per questi motivi la Commissione ha ritenuto di considerare una serie di misure che potrebbero
migliorare la situazione attuale in un breve periodo di tempo, tra cui:
• stesura di un manuale sulle normative e sulle prassi nazionali in materia di esecuzione;
• aumento dei dati riportati nei registri e miglioramento dell’accesso (registri commerciali – registri
della popolazione – registri fiscali e previdenziali);
• scambio di informazioni tra le autorità preposte all’esecuzione;
• misure relative alla dichiarazione del debitore (uno strumento comunitario che obblighi gli Stati
membri ad istituire una procedura specifica per acquisire la dichiarazione del debitore o
l’introduzione di una “dichiarazione patrimoniale europea” uniforme).
In questo modo si spera di raggiungere lo scopo proprio che ci si era prefissi per giustificare la
nascita di detto Libro verde, ovvero dare l’avvio ad un’ampia consultazione tra le parti interessate
sui modi più opportuni per migliorare la trasparenza del patrimonio dei debitori nell’Unione europea
che viene garantita mediante registri o dichiarazioni del debitore.
LUCIANA CIPOLLA (l.cipolla@lascalaw.com)
SILVIA FOLCINI (s.folcini@lascalaw.com)
ISABELLA RAGO (i.rago@lascalaw.com)
TIZIANA ALLIEVI (t.allievi@lascalaw.com)
PAOLO GIANOLINI (p.gianolini@lascalaw.com)

Intellectual Property and Information Technology
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 43
Pronuncia del Tribunale di Milano sull'utilizzo di musica da parte dei Music Providers.
Il 9 aprile il Tribunale di Milano ha reso una pronuncia molto favorevole per i discografici italiani.
Il giudizio promosso, con l’assistenza dello Studio Legale La Scala, da SCF, Società Consortile Fonografici
per Azioni quale licenziataria dei diritti connessi al diritto d’autore di titolarità del 95%
delle case discografiche presenti in Italia, era volto ad accertare la responsabilità di un music provider
per la violazione dell’art. 72 lett. a) L.d.A. per aver riprodotto fonogrammi delle mandanti
di SCF senza averne ottenuto l’autorizzazione. Inoltre SCF chiedeva la condanna della convenuta
ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 72 lett. d) L.d.A. al risarcimento del danno per violazione del
diritto esclusivo di messa a disposizione del pubblico dei fonogrammi di titolarità delle mandanti
di SCF. Quale effetto sostanziale, SCF richiedeva l’inibitoria alla prosecuzione dell’illecita attività
di riproduzione dei fonogrammi a fini di copia tecnica e messa a disposizione del pubblico delle
copie dei fonogrammi già realizzate. L’articolo 72 lett. a) stabilisce che il produttore di fonogrammi
ha il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione diretta e indiretta, temporanea o permanente,
dei suoi fonogrammi in qualunque modo o forma, in tutto o in parte e con qualsiasi processo di
duplicazione. L’art. 72 lett. d) prevede, invece, il diritto di autorizzare la messa a disposizione del
pubblico dei suoi fonogrammi cosicché ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento
scelti individualmente. I programmi confezionati dal music provider sono palinsesti audio personalizzati
e messi a disposizione nei punti vendita di esercizi commerciali mediante trasmissione
via satellite o tramite connessione ADSL.
La convenuta rifiutava di corrispondere ad SCF il compenso per l’autorizzazione alla riproduzione
dei fonogrammi, adducendo che l’attività di diffusione al pubblico doveva addebitarsi alle aziende
sue committenti.Il Collegio ha ritenuto che l’attività di music provider ricada nella previsione di
cui all’art. 72 lett. a) e che, per il suo svolgimento sia necessario il consenso del produttore fonografico
di ogni brano riprodotto. E’ stata accertata l’illegittima riproduzione di brani musicali operata
dalla convenuta in assenza di autorizzazione dei titolari dei rispettivi diritti ex art. 72 lett. a)
e inibita l’ulteriore prosecuzione dell’attività. Per contro, il Tribunale non ha ritenuto sussistere
violazione ex art. 72 lett. d). Ciò che rileva nella pronuncia è il provvedimento di inibitoria, ossia
il divieto di prosecuzione dell’attività ritenuta illecita. Tale sanzione è di grande importanza ai fini
dell’affermazione dei diritti delle case discografiche perché l’ottenimento dell’autorizzazione e il
versamento del compenso diviene determinante ai fini prosecuzione dell’attività di music provider.
Il Giudice ha ritenuto incontestabile che la realizzazione dei diversi palinsesti per le società
committenti avvenga eseguendo copia di ciascun brano su un server e inserita in un palinsesto,
affermando la necessità di ottenere l’autorizzazione alla copia tecnica per riprodurre i brani. Non
ha ritenuto il music provider soggetto deputato a richiedere l’autorizzazione alla messa a disposizione
del pubblico ex art. 72 lett. d), bensì i singoli esercizi commerciali sull’assunto che si tratti
della trasmissione di un’opera specificamente commissionata, a differenza di quanto accade per
la messa a disposizione di palinsesti televisivi in cui il pubblico di destinazione è indeterminato
e pertanto sussiste la fattispecie di cui all’art. 72 lett. d).
DANIELA DE PASQUALE (d.depasquale@lascalaw.com)
MASSIMILIANO PAPPALARDO (m. pappalardo@lascalaw.com)
MATTEO MARTORANA (m.martorana@lascalaw.com)
VALENTINA DE GIORGI (v.degiorgi@lascalaw.com)
GUGLIELMO TROIANO (g.troiano@lascalaw.com)

Diritto Tributario
La transazione fiscale nel concordato preventivo.
IUSLETTER n°48.08 | Osservatori | 44
A seguito dell’introduzione nella l.f. dell’art. 182-bis che disciplina gli accordi di ristrutturazione
dei debiti, meritano particolare attenzione le disposizioni relative alla transazione fiscale (previste
all’art.182-ter L.F.). L’istituto della transazione fiscale costituisce una particolare procedura
“transattiva” tra il fisco ed il contribuente, esperibile in sede di concordato preventivo, potendo
essere parte integrante del piano di risanamento di cui all’articolo 160 della l.f. e della domanda
per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, nonché delle trattative che precedono
la stipula degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis della l.f.. I presupposti
soggettivi per beneficiare della transazione fiscale sono gli stessi richiesti dalla l.f. per
l’accesso alla procedura del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Con riferimento ai presupposti oggettivi l’articolo 182-ter, primo comma, della l.f. – prevede che
“il debitore può proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali
e dei relativi accessori,., ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”.
Ne consegue che restano esclusi dall’ambito applicativo della disposizione in commento
i tributi locali quali ad esempio, ICI, TARSU, TOSAP, imposta sulle pubblicità e diritto sulle pubbliche
affissioni. Deve essere invece ricompresa nell’ambito applicativo l’IRAP, in quanto pur
dando luogo ad un gettito non erariale, è amministrata dall’Agenzia delle entrate. Quanto al trattamento
da riservare all’IVA, l’articolo 182-ter esclude espressamente dalla transazione fiscale i
“tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”. Per quanto concerne l’IVA, nella Direttiva
CEE del 28 novembre 2006, n. 112 (relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto)
è affermato che “il bilancio delle Comunità europee, salvo altre entrate, è integralmente finanziato
da risorse proprie delle Comunità. Dette risorse comprendono, tra l’altro, quelle provenienti
dall’IVA,.”. In attesa di eventuali diversi orientamenti della giurisprudenza, l’Agenzia delle Entrate
ha invitato gli Uffici a escludere l’IVA dalle transazioni fiscali. Gli stessi Uffici nel certificare
il debito complessivo tributario, dovranno indicare anche il debito tributario relativo all’IVA,
il quale, non formando oggetto di transazione fiscale, non potrà essere falcidiato ma dovrà essere
interamente assolto dal contribuente. L’esclusione dell’IVA dalla transazione fiscale riguarda tuttavia
il solo tributo. Gli accessori relativi all’IVA, vale a dire gli interessi e le sanzioni - come previsto
dalla norma – possono, invece, formare oggetto di transazione fiscale. Quanto all’interpretazione
del contenuto dell’articolo 182-ter, è stato chiarito che rientrano nell’ambito della
transazione fiscale sia i crediti tributari chirografari sia quelli assistiti da privilegio, indipendentemente
dalla circostanza che vi sia stata l’iscrizione a ruolo. Quanto alla locuzione “credito tributario
assistito da privilegio” la stessa si dovrebbe intendere, in senso atecnico, comprensiva di
tutti i crediti tributari muniti di prelazione (compresi quelli muniti di ipoteca).
ANGELO CARLO COLOMBO (a.colombo@lascalaw.com)
ALBERTO DE CANDIA (a.decandia@lascalaw.com)
MARILENA BIELLA (ma.biella@lascalaw.com)
CRISTINA FONTANA (c.fontana@lascalaw.com)
LUCA NICOLETTI (l.nicoletti@lascalaw.com)
ENRICO TOSI (e.tosi@lascalaw.com)
FILIPPO DI NICOLÒ (f.dinicolo@lascalaw.com)

Brevissime
IUSLETTER n°48.08 | Brevissime | 45
Addio agli scrivani dei processi; il computer diventa cancelliere
Il tribunale di Milano inaugura una sperimentazione sui programmi di riconoscimento vocale
per verificare, in un anno di prova, costi e benefici di sofware informatici che permettano ai
giudici di “far scrivere” il computer sotto dettatura. Una strada percorsa più in grande, dal
Ministero della Giustizia che tra pochi giorni, siglerà l’avvio dei progetti di migliore
l’organizzazzione sul lavoro e il servizio del cittadino, in tutta Italia 35 uffici giudiziari
potranno farsi finanziare dal Fondo Sociale Europeo.
Una sperimentazione istituzionale, a tempo, con una verifica finale che raccoglierà i pro
e i contro evidenziati da un questionario tra cinquanta giudici.
Esecuzioni immobiliari
L’Associazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in occasione di un recente
convegno, ha chiesto che venga emanata una tariffa unica, su tutto il territorio nazionale,
e che sia costituito un organismo di natura interbancaria (composto da rappresentanti dell’Abi,
del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, degli avvocati,
dei notai, delle associazioni dei consumatori e dell’Adc), che possa gestire le situazioni di
esproprio abitativo per i debitori nei confronti delle banche.
Lentezza dei fallimenti
Il procuratore regionale della Corte dei conti Sicilia, con atto di citazione 2342/08, ha chiesto
il rinvio a giudizio di un curatore che, non riuscendo a chiudere da ben nove anni un
fallimento senza documentato motivo, avrebbe cagionato un grave danno all’erario.
Notificazioni all’estero
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, con sentenza depositata l’8.05 u.s. (sentenza
n. C-14/07) ha stabilito che, al fine di ridurre i costi delle controversie transfrontaliere e
velocizzare i tempi processuali, non è necessario tradurre gli atti da notificare all’estero nella
lingua del destinatario, se non sono essenziali per far comprendere il contenuto della causa
al convenuto.
Codice doganale europeo
Con regolamento del 23 aprile 2008, n. 450, pubblicato il 4 giugno u.s. nella Guue n. 145,
serie L, è stato varato il nuovo codice doganale comunitario che persegue, tra gli altri,
l’obiettivo di semplificare la normativa doganale, per consentire l’uso di tecnologie e strumenti
elettronici, nonché promuovere l’applicazione uniforme della normativa.

Cose nostre
IUSLETTER n°48.08 | Cose nostre | 46
Nuove dallo Studio
Prendendo spunto da questa rubrica, nei giorni scorsi è stato pubblicato “Cose Nostre”,
un foglio di comunicazione interna nel quale si darà conto, ai nostri collaboratori, di tutti
gli aggiornamenti riguardanti le nostre attività professionali.
Dal mese di maggio collaborano con il dipartimento Diritto Fallimentare Nadia Rolandi
e Giulia Baseggio.
Nadia Rolandi è nata il 24 ottobre 1975 a Varese e si è laureata presso l’Università Statale
di Milano con un tesi in Criminologia “Immigrazione: aspetti storici, fenomenologici e
giuridici”.
Risponde all’interno 305 e il suo indirizzo e-mail è n.rolandi@lascalaw.com
Giulia Baseggio è nata il 4 ottobre 1968 a Milano e si è laureata presso l’Università
Statale di Milano con un tesi in Diritto Privato “Le Clausole Vessatorie”.
Risponde all’interno 310 e il suo indirizzo e-mail è g.baseggio@lascalaw.com
Dal mese di aprile collabora con la sede romana Alessio Squatriti.
Alessio è nato il 30 giugno 1975 a Roma e si è laureato presso l’Università degli Studi di Roma
"La Sapienza" con una tesi in diritto penale “L'Attentato contro i Diritti Politici dei Cittadini”.
Il suo indirizzo e-mail è a.squatriti@lascalaw.com
Il giorno 5 maggio Paola Strada dello Studio di Vicenza è diventata mamma
del bellissimo Giammarco.
Congratulazioni!!!

Convegni
IUSLETTER n°48.08 | Convegni | 47
Daniela De Pasquale ha partecipato, in qualità di relatrice, al convegno Annual European
Data Protection Intensive che si è svolto a Berlino il 15 e 16 maggio scorso.
DANIELA DE PASQUALE (d.depasquale@lascalaw.com)
Daniela De Pasquale e Matteo Martorana sono stati a Berlino in occasione di un convegno
internazionale (INTA), il 19 maggio scorso, a cui hanno partecipato tutti gli avvocati che
nel mondo difendono e tutelano il marchio Crocs.
DANIELA DE PASQUALE (d.depasquale@lascalaw.com)
MATTEO MARTORANA (m.martorana@lascalaw. com)
Cristina Faissola ha partecipato a Torino al convegno "Azione Collettiva risarcitoria
- la tutela dei consumatori" organizzato dalla Camera di Commercio il 21 aprile scorso.
CRISTINA FAISSOLA (c.faissola@lascalaw.com)
Monica Buttignol, Sabrina Galmarini e Giuseppe La Scala sono stati a Lugano in occasione
del convegno “Berlino vs. Vaduz. riflessi e prospettive per il mercato bancario e finanziario
svizzero”, presso il Centro di studi bancari Villa Negroni (Associazione Bancaria Ticinese),
l’8 aprile 2008. Materiale già disponibile.
GIUSEPPE LA SCALA (g.lascala@lascalaw.com)
MONICA BUTTIGNOL (m.buttignol@lascalaw.com)
SABRINA GALMARINI (s.galmarini@lascalaw.com)
Christian Faggella e Marco Pesenti hanno partecipato al corso di “Marketing e gestione
dello studio legale” che si è svolto presso il Tribunale di Milano, marzo - maggio 2008
Materiale già disponibile.
CHRISTIAN FAGGELLA (c.faggella@lascalaw.com)
MARCO PESENTI (m.pesenti@lascalaw.com)
Paolo Bruno, Emanuele Rossi e Valentina Zanelli hanno partecipato al convegno
sulla "Class Action", “Le azioni collettive risarcitorie a tutela dei consumatori” organizzato
dall’Ordine degli Avvocati di Milano - Fondazione Forense di Milano tenutosi il 24 aprile 2008
EMANUELE ROSSI (e.rossi@lascalaw.com)
PAOLO BRUNO (p.bruno@lascalaw. com)
VALENTINA ZANELLI (v.zanelli@lascalaw.com)
Giacomo Rigoni ha partecipato al convegno organizzato da UGC Banca in collaborazione con
il Tribunale di Verona “Correttivo alla riforma fallimentare" il 16 aprile 2008. Inoltre il 18
aprile 2008 ha partecipato al convegno organizzato dall'Ordine degli Avvocati di Vicenza
”La riforma della disciplina dell'acccertamento del passivo fallimentare"
GIACOMO RIGONI (g.rigoni@lascalaw.com)
Biblioteca
Per ragioni tecniche, la sezione “Biblioteca” non ha potuto essere
approntata in questo numero.
Ci scusiamo e ci aggiorniamo al prossimo.

In questo numero la selezione delle riviste
è aggiornata ai numeri ricevuti sino al
14 maggio 2008:
Banca Borsa e Titoli di Credito, n. 2/2008;
Bollettino Tributario, n. 19/2008;
Circolari Assonime, n. 81/2007;
Contabilità Finanza e Controllo, n. 2/2008;
Contratto e Impresa, n. 6/2007;
Contratto e Impresa/Europa, n. 5/2007;
Corriere Tributario, n. 9/2008;
Diritto Comunitario e degli Scambi Internazionali,
n. 4/2007;
Diritto dell’Informazione dell’Informatica,
n. 3/2007;
Diritto e Giustizia (supplemento), n. 2/2008;
Diritto e Pratica delle Società, n. 22/2008;
Diritto del Turismo, n. 3/2007;
Famiglia e Minori, n. 5/2008;
Fiscalità Internazionale, n. 5/2007;
Giurisprudenza Commerciale, n. 35.1/2008;
Giurisprudenza di Merito, n. 4/2008;
Giustizia a Milano, n. 2/2008;
Giustizia Civile, n. 12/2007;
Guida al Diritto, n. 19/2008;
I Contratti, n. 1/2008;
Il Corriere Giuridico, n. 2/2008;
Il Corriere del Merito, n. 11/2007;
Il Diritto d’Autore, n. 2/2008;
Iusletter
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Massimario del Foro Italiano.
Questo numero è aggiornato alla sentenza n.
27209 del 28 dicembre 2007 (n. 11/2007 - fasc. n.
21-22).
Questo numero è stato chiuso il giorno 27 maggio
2008.
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