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libro -- i vultaggio di monte san giuliano rivisto - 3 - Trapani Nostra

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missione furono conservati nella regia cancelleria, in un volume dal titolo “Liber<br />

prelatiarum”. Questo materiale confluì nei “Beneficia Ecclesiasticae”, portata a<br />

compimento nel 1511. Egli interpretava le molte controversie tra Stato e Chiesa anche alla<br />

luce della bolla "quia propter prudentiam tuam", con la quale Urbano II, nel 1098, aveva<br />

concesso a Ruggero I il privilegio della Apostolica Legazia. Questo documento,<br />

<strong>di</strong>menticato nei secoli precedenti, era stato ritrovato, non si sa come né dove, dallo stesso<br />

Barberi che lo aveva inserito nel "liber regiae monarchiae". Intanto le turbolenze dei baroni<br />

non si chetarono, ma gli attacchi si fecero più scaltri e mirati. Con il Capitolo CIX del 1514<br />

il Parlamento siciliano sferrò una serie <strong>di</strong> accuse circostanziate, che trovarono ascolto<br />

presso la Corte. Barberi veniva accusato <strong>di</strong> trarre guadagno illecito facendo pagare, in<br />

modo arbitrario, ai beneficiari il riconoscimento delle ragioni <strong>di</strong> patronato; secondo gli<br />

accusatori, infatti, l'inquisitore doveva <strong>di</strong>mostrare l'esistenza <strong>di</strong> "ius patronatus", non<br />

costringere i beneficiari ad esibire la prova della loro eventuale autonomia. Un'altra<br />

accusa, già avanzata nel 1508, riguardava il modo in cui Barberi lucrava per effettuare<br />

ricerche nella Cancelleria, pretendendo compensi esosi per il rilascio <strong>di</strong> copie dei benefici.<br />

La terza accusa riguardava l'irritualità delle procedure nel formulare le allegazioni. La<br />

notizia è da ritenere poco atten<strong>di</strong>bile, tuttavia dal re non fu spesa una parola in sua <strong>di</strong>fesa<br />

e fu accolta la richiesta <strong>di</strong> togliere valore normativo alle allegazioni e anche quella <strong>di</strong> non<br />

obbligare i Baroni ad esibire i documenti se non lo volessero. L'incarico a Barberi non fu<br />

revocato ma non gliene vennero dati altri e la morte <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando, infine, concorse a<br />

relegare la sua opera in secondo piano. Barberi continuò a lavorarci fino al 1516 e fino al<br />

1521 produsse aggiunte e aggiornamenti ai capibrevi. Si deve presumere pertanto che egli<br />

sia morto negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi al 1529.<br />

I Capibrevi: Sotto questo vocabolo si definivano le raccolte dei privilegi e delle<br />

prerogative della monarchia, l’opera del Barberi è un rapporto, un ren<strong>di</strong>conto sulla<br />

situazione sia dei beni feudali che ecclesiastici in Sicilia. Relativamente ai beni feudali<br />

Barberi compila due gran<strong>di</strong> opere. La Descriptio terrarum in hoc Siciliae Regno<br />

existentium in tre volumi, comunemente denominato, anche dallo stesso Barberi, Magnum<br />

Capibrevium, riguarda i feu<strong>di</strong> popolati o terre o contee. Fu composto nel 1508 e, insieme al<br />

capibreve della Secrezia, alla “Dignitates Ecclesiasticae” e al De Monarchia, Barberi li<br />

presentò al Re Fer<strong>di</strong>nando nel suo primo viaggio in Spagna nel 1509. Il testo, rimasto<br />

ine<strong>di</strong>to, solo recentemente è stato pubblicato dalla Società Siciliana per la Storia Patria <strong>di</strong><br />

Palermo a cura <strong>di</strong> Giovanna Stalteri Ragusa. Il Capibrevium Feudorum, in tre volumi,<br />

riguarda, invece, i feu<strong>di</strong> minori non popolati, <strong>di</strong>stribuiti in modo tra<strong>di</strong>zionale secondo le<br />

tre valli amministrative, val <strong>di</strong> Noto, val Demone e val <strong>di</strong> Mazzara. Oltre ai feu<strong>di</strong> minori<br />

sono trattate anche alcune terre: è il caso <strong>di</strong> Aidone, Lico<strong>di</strong>a e Alcamo ma si tratta <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>menti o integrazioni su terre già esaminate nel “Magnum Capibrevium”,<br />

inoltre, per ciascuna valle sono esaminate le ren<strong>di</strong>te e i titoli <strong>di</strong> porti, mulini, giar<strong>di</strong>ni,<br />

tonnare, magazzini. La pubblicazione del capibreve dei feu<strong>di</strong> fu curata in gran parte da<br />

Giuseppe Silvestri, Soprintendente agli archivi, e alla sua morte, avvenuta nel 1899, fu<br />

portata a compimento da Giuseppe La Mantia. Fra i due capibrevi non sembra ci sia una<br />

vera e propria <strong>di</strong>fferenza né <strong>di</strong> sostanza né <strong>di</strong> metodo, ma l’uno integra e completa l’altro.<br />

Nelle due opere sono descritti tutti i feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sicilia insieme agli atti <strong>di</strong> investitura, le<br />

successioni e le decadenze del rapporto feudale, le ren<strong>di</strong>te percepite dal fisco e la<br />

legittimità o meno del possesso a partire dai primi beneficiari fino a quelli contemporanei<br />

allo stesso Barberi. Ne risulta un ampio affresco ben documentato della situazione feudale<br />

in Sicilia, dalla fine del XIII secolo agli inizi del XVI secolo. Da quest’opera, a piene mani,<br />

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