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The White Album<br />

LP ne piazzano addirittura dieci nei primi cinquecento,<br />

di cui cinque nei primi quindici!). Così come non<br />

è un caso che undici delle prime venti tra “The 500<br />

Greatest Songs of All Time” (sempre secondo Rolling<br />

Stone) siano uscite negli anni ‘60. Ben quattro<br />

di queste sono firmate dai Beatles, che ne piazzano<br />

nove nelle prime cento (Elvis cinque, Dylan quattro<br />

e i Rolling Stones tre, tanto per capirci), di cui<br />

sei nelle prime trenta. Le altre decadi risultano così<br />

accreditate: quattro tra le migliori cinquecento app<strong>ar</strong>tengono<br />

agli anni ‘50, tre agli anni ‘70, mentre<br />

anni ‘80 e ‘90 si ‘aggiudicano’ una sola canzone<br />

ciascuno. È come se gli anni ‘50 rappresentassero<br />

la fanciullezza del rock, gli anni ‘60 l’adolescenza<br />

(con tutte le sue turbolenze creative) e i ‘70 la maturità.<br />

Mentre tutto quello che viene dopo (a p<strong>ar</strong>te<br />

qualche r<strong>ar</strong>a eccezione, s’intende) non sembra altro<br />

che un raccogliere i frutti dei semi pregiati piantati<br />

in quelle tre decadi straordin<strong>ar</strong>iamente fertili. Va<br />

da sé che queste classifiche (per quanto, in questi<br />

due casi, redatte da <strong>ar</strong>tisti, musicisti, discografici,<br />

produttori e giornalisti specializzati) sono sempre<br />

soggette a una valanga di critiche (non tutte infondate);<br />

ma è chi<strong>ar</strong>o – come recita un proverbio inglese<br />

– che «Non c’è fumo, senza fuoco»! Meditate,<br />

gente, meditate.<br />

The king is dead. Long live the king!<br />

Attenzione, però, quando p<strong>ar</strong>lo di esaurimento<br />

della portata rivoluzion<strong>ar</strong>ia, mi riferisco, ovviamente,<br />

ai soli aspetti musicali (struttura compositiva, esecuzione,<br />

sonorità, produzione, ecc.) e non al valore<br />

culturale e/o sociale del messaggio, il quale – come<br />

la storia ha più volte dimostrato – può risult<strong>ar</strong>e dirompente<br />

anche sulle ali di una element<strong>ar</strong>e ballad<br />

per voce e chit<strong>ar</strong>ra.<br />

Sua maestà rock’n’roll, tanto per essere chi<strong>ar</strong>i, ha<br />

detto quello che aveva da dire. E scusate se è poco!<br />

Può continu<strong>ar</strong>e a dirlo, certo (e, personalmente, mi<br />

auguro che non smetta mai di f<strong>ar</strong>lo). E può anche<br />

continu<strong>ar</strong>e a dirlo molto bene, ma non credo possa<br />

dire nient’altro di altrettanto significativo e innovativo.<br />

Questa ‘cristallizzazione’ (che ci porta sempre<br />

più spesso a storcere il naso di fronte alle nuove<br />

produzioni e a mostr<strong>ar</strong>e apprezzamento per quelle<br />

che, in qualche modo, richiamano e ci riportano<br />

ai fasti di stagioni ormai lontane) non è però – di<br />

per sé – un fenomeno esclusivamente negativo. A,<br />

patto, ovviamente di esserne pienamente consapevoli.<br />

A rock e pop, infatti, sta accadendo ciò che, nel<br />

corso della storia, è accaduto a tutta quella musica<br />

che oggi chiamiamo ‘classica’. Musica che, al suo<br />

primo manifest<strong>ar</strong>si, ‘classica’ non poteva certo dirsi<br />

(se non altro per evidenti ragioni di anagrafe). Musica<br />

che – anche se a gu<strong>ar</strong>d<strong>ar</strong>la da qui stentiamo<br />

a crederlo - è stata anch’essa ‘nuova’ e spesso innovativa,<br />

rivoluzion<strong>ar</strong>ia e scandalosa tanto quanto il<br />

rock (non fa un certo effetto pens<strong>ar</strong>e che sia stata<br />

rinchiusa in strutture chiamate ‘Conservatori’?). E,<br />

in molti casi, addirittura molto più del rock.<br />

La ‘funzione’ di re Rock e della sua scintillante e<br />

irriverente corte, dunque, non è esaurita, così come<br />

non è esaurita (né mai si esaurirà) quella della musica<br />

classica. Se è vero che nulla si crea e nulla<br />

si distrugge, ma tutto si trasforma, allora anche il<br />

rock si sta trasformando: sta cambiando ruolo e funzione.<br />

«Ogni generazione lancia il proprio eroe in<br />

vetta alle classifiche», come canta Paul Simon, e,<br />

dunque, al venir meno dell’originalità delle invenzioni<br />

creative non corrisponderà il venir meno del ruolo<br />

di insostituibile ‘compagno di strada’, ma anche di<br />

‘social network’ ante litteram che il grande rock ha<br />

sempre avuto, sin dalla sua prima, folgorante, app<strong>ar</strong>izione.<br />

Ebbene: i Beatles rappresentano il punto più alto<br />

di quella ristrettissima cerchia di <strong>ar</strong>tisti stell<strong>ar</strong>i per<br />

i quali questi due elementi sono sempre andati (e<br />

sempre andranno) di p<strong>ar</strong>i passo, senza sep<strong>ar</strong><strong>ar</strong>si<br />

mai. A questo proposito è p<strong>ar</strong>ticol<strong>ar</strong>mente significativo<br />

non tanto il fatto che VH1 li abbia recentemente<br />

nominati i «Più grandi <strong>ar</strong>tisti di tutti i tempi», quanto<br />

il fatto che la stragrande maggioranza degli <strong>ar</strong>tisti/<br />

giurati che hanno votato per i Beatles, non fosse<br />

nemmeno nata quando la mela si spaccava irrimediabilmente<br />

in quattro spicchi. E, se fa un certo effetto<br />

che un vecchio leone come Ozzy Osbourne dichi<strong>ar</strong>i<br />

59<br />

chit<strong>ar</strong>ra acustica 5 duemilaundici

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