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<strong>ar</strong><br />

11. Let It Be<br />

«Words <strong>ar</strong>e flying out like endless rain»<br />

Dall’inizio della serie è stato evidente un nostro<br />

approccio scherzoso all’<strong>ar</strong>gomento, un po’ come<br />

fosse un gioco. Questa volta facciamo ancora più<br />

(o meno) sul serio e cambiamo le c<strong>ar</strong>te in tavola,<br />

stravolgendo il corso della storia, degli eventi.<br />

Gli appassionati dei Fab Four avranno forse già<br />

capito di cosa p<strong>ar</strong>liamo, gli altri lo scopriranno a breve.<br />

Tratteremo Let It Be, ultimo disco ufficiale della<br />

band, come se non fosse l’ultimo.<br />

Perché, in effetti, ultimo non fu.<br />

Cosa vuol dire? Per una serie di eventi, il materiale<br />

che oggi ben conosciamo e che compone la<br />

scaletta di questo album, uscì nel maggio 1970 ma<br />

fu registrato in buona p<strong>ar</strong>te all’inizio del 1969, prima<br />

che iniziassero le registrazioni di Abbey Road, penultima<br />

uscita ufficiale del gruppo. Doveva intitol<strong>ar</strong>si<br />

Get Back ed essere prodotto da Glyn Johns, ma i<br />

quattro non furono contenti del risultato, per cui fu<br />

temporaneamente accantonato e ripreso in seguito.<br />

Johns dovette f<strong>ar</strong>si c<strong>ar</strong>ico di selezion<strong>ar</strong>e qualcosa<br />

di decente da centinaia di ore di registrazione,<br />

compito così <strong>ar</strong>duo da risult<strong>ar</strong>e a lui impossibile. La<br />

missione fu portata a termine dall’americano Phil<br />

Spector, non senza problemi, come vedremo.<br />

Quindi, l’ultimo disco registrato, Abbey Road, s<strong>ar</strong>à<br />

per noi l’ultima puntata della serie.<br />

Visto che giochiamo, prendiamoci il lusso di togliere<br />

una cosa praticamente inutile come “Dig It”<br />

(già sentiamo le urla dei fan), sostituendola con la<br />

splendida “Don’t Let Me Down” e la geniale e divertente<br />

“You Know My Name (Look Up the Number)”,<br />

retro del singolo “Let It Be”.<br />

Ecco la nuova, inesistente scaletta:<br />

1. Two of Us<br />

2. Dig a Pony<br />

3. Across the Universe<br />

4. I Me Mine (H<strong>ar</strong>rison)<br />

5. Don’t Let Me Down”<br />

6. Let It Be<br />

7. Maggie Mae<br />

8. I’ve Got a Feeling<br />

9. One after 909<br />

10. The Long and Winding Road<br />

11. For You Blue (H<strong>ar</strong>rison)<br />

12. You Know My Name (Look Up the Number)<br />

13. Get Back<br />

Non male!<br />

Andiamo per ordine.<br />

Il progetto nasceva come un disco e un document<strong>ar</strong>io<br />

live, una ripresa più reale possibile del gruppo<br />

al lavoro, telecamere sempre accese per scoprire<br />

come la più grande band del pianeta scrivesse, provasse,<br />

registrasse. Tutta la musica doveva essere<br />

suonata dal vivo, senza sovraincisioni. Una sorta di<br />

Grande Fratello che avrebbe di sicuro incuriosito<br />

milioni di persone, e più. Il problema era che i quattro,<br />

dopo anni a strettissimo contatto, si sopportavano<br />

appena, spesso lavoravano sep<strong>ar</strong>atamente e<br />

litigavano anche in maniera pesante coinvolgendo<br />

tecnici e produzione; diverse persone si erano già<br />

rifiutate di lavor<strong>ar</strong>e ancora con loro.<br />

Volevano (in realtà il progetto era voluto da Paul,<br />

più che dagli altri) che fosse un film ‘reale’ e purtroppo<br />

lo fu. Le telecamere ripresero in maniera impietosa<br />

lo sgretol<strong>ar</strong>si di una band e le discussioni che<br />

nessuno dovrebbe mai vedere: non si entra negli<br />

spogliatoi di una squadra di calcio alla fine del primo<br />

tempo di una finale mondiale, se non si gioca in<br />

quella squadra.<br />

E allora ecco Ringo subire passivamente tutto ciò<br />

che accade, George suon<strong>ar</strong>e ciò che gli viene chiesto<br />

ma ribattere alla sua maniera tagliente, John<br />

prendere p<strong>ar</strong>te in modo piuttosto distaccato o fredd<strong>ar</strong>e<br />

tutti con uno sgu<strong>ar</strong>do dei suoi, e Paul recit<strong>ar</strong>e<br />

stancamente una p<strong>ar</strong>te che sapeva essere falsa e<br />

inutile.<br />

Per fortuna che di quel film entrò a f<strong>ar</strong> p<strong>ar</strong>te la<br />

leggend<strong>ar</strong>ia esibizione sul tetto della Apple, poche<br />

canzoni per vedere i Beatles al lavoro un’ultima volta,<br />

con la gente in strada incredula e a bocca aperta<br />

fissando il cielo, e la polizia che li fa smettere di suon<strong>ar</strong>e<br />

perché non autorizzati: quanta ironia nel finale.<br />

Nonostante tutto, eccoci a scrivere di un pezzo<br />

61<br />

chit<strong>ar</strong>ra acustica 5 duemilaundici

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