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Let It Be<br />

gli altri brani, ma è sempre pronto a raddoppi<strong>ar</strong>e la<br />

chit<strong>ar</strong>ra di H<strong>ar</strong>rison nei fill di chiusura o nei riff.<br />

Ecco che in “Dig a Pony” affianca George nei riff<br />

iniziale e finale, mentre in “I’ve Got a Feeling”, oltre<br />

a suon<strong>ar</strong>e il c<strong>ar</strong>atteristico riff-accompagnamento,<br />

raddoppia, ma un’ottava più in basso, i passaggi di<br />

chiusura del brano suonati da H<strong>ar</strong>rison. Famoso è<br />

anche il bending di due battute eseguito da George<br />

a metà canzone, prima ascendente e poi calante,<br />

sulla realizzazione del quale c’era stato un battibecco<br />

con McC<strong>ar</strong>tney!<br />

H<strong>ar</strong>rison mostra tutta la sua bravura ed esperienza<br />

nelle p<strong>ar</strong>ti soliste di “One after 909”, con un assolo<br />

graffiante, double stops e passaggi che accompagnano<br />

tutta la canzone. Anche in “Dig a Pony” il<br />

suo lavoro non è da poco e mai banale. In “Don’t Let<br />

Me Down” non c’è assolo, ma la chit<strong>ar</strong>ra di H<strong>ar</strong>rison<br />

ha comunque un ruolo fondamentale.<br />

L’aspetto più interessante di questi brani è che le<br />

due chit<strong>ar</strong>re non suonano mai la stessa cosa e non<br />

si sovrappongono mai. Ognuno dei due chit<strong>ar</strong>risti<br />

sa sempre cosa suon<strong>ar</strong>e e come f<strong>ar</strong>lo!<br />

In “Let It Be” e “The Long and Winding Road” il<br />

basso originale è suonato da Lennon col Fender VI<br />

Bass, ma nelle versioni ufficiali è stato doppiato in<br />

fase di sovraincisione. Ad entrambe le canzoni furono<br />

aggiunte p<strong>ar</strong>ti orchestrali e cori.<br />

“Let It Be” è stata pubblicata in tre differenti versioni,<br />

ognuna con un assolo differente dall’altro,<br />

anche se sempre realizzati da H<strong>ar</strong>rison. Il primo,<br />

l’originale in presa diretta, è presente nella versione<br />

Naked, il secondo è ascoltabile sul 45 della canzone,<br />

il terzo nell’LP.<br />

Negli altri pezzi predominano le chit<strong>ar</strong>re acustiche.<br />

Interessante è l’<strong>ar</strong>rangiamento di “Two of Us”,<br />

in cui John e Paul imbracciano le loro M<strong>ar</strong>tin D-28<br />

mentre George esegue una linea di basso con la<br />

sua Telecaster.<br />

In “For You Blue” George suona la Gibson J-200<br />

con capo al quinto tasto, John è alla steel guit<strong>ar</strong><br />

(una Hofner da appoggio accordata DADF#CD),<br />

Paul al piano e Ringo alla batteria. Non c’è basso!<br />

Durante le session furono provati numerosi brani<br />

che poi avrebbero visto la luce sull’album Abbey<br />

Road. Val la pena ricord<strong>ar</strong>e una “I Want You” in stile<br />

funky cantata in coppia da Lennon e Preston, “Old<br />

Brown Shoes”, “Something”, “Octopus’s G<strong>ar</strong>den”.<br />

Altri pezzi non videro mai la luce, come “Wake up<br />

this morning” scritta da McC<strong>ar</strong>tney ma cantata da<br />

Lennon; altri ancora entreranno negli LP da solista<br />

dei veri componenti della band: “All Things Must<br />

Pass” di H<strong>ar</strong>rison, “Teddy Boy” di McC<strong>ar</strong>tney, “Gimme<br />

Some Truth” di Lennon per cit<strong>ar</strong>ne solo alcune.<br />

Manzoni vs. Lennon-McC<strong>ar</strong>tney – 2<br />

di Giuseppe Ces<strong>ar</strong>o<br />

Il primo gruppo di ‘cantautori’<br />

Altro fatto la cui portata rivoluzion<strong>ar</strong>ia viene r<strong>ar</strong>amente<br />

sottolineata, è che i Beatles sono il primo<br />

grande gruppo di cantautori. I songwriter, beninteso,<br />

erano sempre esistiti, ma, fino ad allora, nel<br />

music business era come se esistessero due mondi<br />

sep<strong>ar</strong>ati: chi scriveva canzoni e chi le interpretava.<br />

Ebbene, fin dall’inizio, i Beatles pretesero (e ottennero)<br />

di incidere brani propri, spuntandola sulla tradizione<br />

e sulle perplessità iniziali di George M<strong>ar</strong>tin,<br />

che avrebbe preferito cominci<strong>ar</strong>e con brani di autori<br />

‘collaudati’.<br />

Con loro, quella che era un’eccezione (che l’autore<br />

cantasse le proprie canzoni), divenne una regola.<br />

Fu grazie a Lennon, McC<strong>ar</strong>tney, H<strong>ar</strong>rison e – permettetemelo<br />

– M<strong>ar</strong>tin, se la figura del cantautore si<br />

impose come centrale nella ‘musica popol<strong>ar</strong>e’ di<br />

tutto il mondo. Una svolta di fondamentale importanza<br />

per l’evoluzione della cultura rock-pop. Non<br />

solo per i vantaggi creativi che derivano dal fondere<br />

la figura dell’autore con quella dell’interprete (si<br />

semplifica la ‘filiera’ creativa, in favore di maggiore<br />

immediatezza, aderenza e intensità e si moltiplica<br />

esponenzialmente la ‘platea’ degli autori), ma soprattutto<br />

perché l’asse dell’accento espressivo –<br />

culturale, esistenziale, sociale e politico – si sposta<br />

definitivamente su quella che allora era definita la<br />

‘generazione giovane’. Per la prima volta un’intera<br />

generazione che non aveva mai avuto voce, non<br />

solo diventava protagonista della scena, ma cominciava<br />

addirittura a dett<strong>ar</strong>e mode, filosofie, linguaggi,<br />

politiche e, naturalmente, orient<strong>ar</strong>e consumi e mercati.<br />

Una tendenza che a tutt’oggi non si è ancora<br />

invertita. Nel bene e nel male, ovviamente.<br />

Dalla ‘pancia’ alla ‘testa’: andata e ritorno<br />

Dal punto di vista più strettamente musicale, l’aspetto<br />

più ‘rivoluzion<strong>ar</strong>io’ e interessante risiede nel<br />

fatto che il prolifer<strong>ar</strong>e dei ‘cantautori’ (Dylan su tutti,<br />

ovviamente, ma anche Simon & G<strong>ar</strong>funkel, Crosby,<br />

Stills, Nash & Young, James Taylor, Jackson<br />

Browne, Joni Mitchell, Van Morrison, Patti Smith,<br />

Bruce Springsteen, Johnny Cash, Leon<strong>ar</strong>d Cohen,<br />

ecc. ecc. ecc.), spostò l’accento della musica, alzandone<br />

il b<strong>ar</strong>icentro dalla ‘pancia’ alla ‘testa’. Mi<br />

spiego: ciò che era nato come espressione quasi<br />

puramente ‘fisica’, si faceva, infatti, più r<strong>ar</strong>efatto,<br />

più ‘metafisico’. La ‘natura’ veniva filtrata e affinata<br />

dalla “cultura”. La ‘passione’ si faceva presupposto<br />

alla ‘riflessione’. Ecco, allora, che una musica la<br />

cui funzione – fino a tutti gli anni cinquanta – era<br />

stata quasi esclusivamente quella di accompagn<strong>ar</strong>e<br />

il ballo (con tutto ciò che questo simboleggiava:<br />

ritualità, magia, sessualità e, in generale, la vitalità<br />

64<br />

chit<strong>ar</strong>ra acustica 5 duemilaundici

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