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1 Il sistema delle prefetture sul territorio - Ssai - Ministero Dell'Interno

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MINISTERO DELL’INTERNO<br />

SCUOLA SUPERIORE DELL’AMMINISTRAZIONE DELL’INTERNO<br />

XXV CORSO DI FORMAZIONE PER L’ACCESSO ALLA QUALIFICA DI<br />

VICEPREFETTO 2011<br />

RIFONDAZIONE DELL’UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO NELLA<br />

PROSPETTIVA DELL’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE<br />

Raffaele CAMPOGIANI<br />

Carmen COSENTINO<br />

Francesca D’ALESSANDRO<br />

Paola FICO<br />

Laura FRANCHINA<br />

Cristina PETTI<br />

Grazia RUTOLI<br />

Relatore: Prefetto Claudio MEOLI<br />

1


INTRODUZIONE ............................................................................................................ 5<br />

1 <strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong> <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.......................................................................... 9<br />

1.1 Precedenti storici ...................................................................................................................... 9<br />

1.2 <strong>Il</strong> monopolio istituzionale ....................................................................................................... 10<br />

1.3 Dalla “questione sociale” al pluralismo autonomistico .......................................................... 13<br />

2 Evoluzione dell’ente Provincia. ................................................................................... 19<br />

2.1 Evoluzione storica e normativa .............................................................................................. 19<br />

2.2 I disegni di legge costituzionale per l’abolizione <strong>delle</strong> Province. .......................................... 25<br />

2.3 <strong>Il</strong> disegno di legge A.S. 2259, c.d. Carta <strong>delle</strong> autonomie. ..................................................... 27<br />

3 Dall’ufficio territoriale del Governo al nuovo modello di prefettura-UTG ................ 35<br />

3.1 L’articolo 11 del D. Lgs. n. 300/99: creazione dell’ufficio territoriale del Governo<br />

nell’ambito del riassetto della p.a. <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> ........................................................................... 35<br />

3. 2 I problemi applicativi e le ragioni della mancata attuazione dell’UTG. ................................ 40<br />

3.3 <strong>Il</strong> D. Lgs. n. 29/2004: nuovo modello di prefettura-UTG come punto di equilibrio nei rapporti<br />

tra Stato e autonomie territoriali ................................................................................................... 43<br />

4 Uno sguardo all’Europa. .............................................................................................. 49<br />

4.1 Gli altri sistemi di coordinamento territoriale. ....................................................................... 49<br />

4.2 L’esigenza di una razionalizzazione del <strong>sistema</strong> pubblico in Europa. .................................... 59<br />

5 La Conferenza permanente nel “<strong>sistema</strong>” <strong>delle</strong> Conferenze nazionali: nuove<br />

prospettive ...................................................................................................................... 61<br />

5.1 <strong>Il</strong> coordinamento attuato dal prefetto nella Conferenza permanente. ..................................... 61<br />

5.2 <strong>Il</strong> “<strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Conferenze”: rapporti tra la Conferenza permanente e le Conferenze<br />

operanti a livello centrale. ............................................................................................................ 64<br />

5.3 <strong>Il</strong> modello organizzativo utilizzato dalle Conferenze operanti a livello centrale .................... 69<br />

5.4 Ipotesi di un nuovo modello di funzionamento della Conferenza .......................................... 71<br />

6 La nuova dimensione della prefettura-UTG ................................................................ 75<br />

6.1 <strong>Il</strong> contesto di riferimento: le politiche di spending review e le disposizioni vigenti .............. 75<br />

3


6.2 Proposte di riforma della prefettura-UTG anche ai fini della razionalizzazione <strong>delle</strong> risorse.<br />

...................................................................................................................................................... 83<br />

7 I nuovi assetti territoriali e funzionali <strong>delle</strong> province, anche in relazione alla<br />

prefettura-UTG ............................................................................................................... 91<br />

7.1 La riforma dell’organizzazione <strong>delle</strong> Province – Art. 23 del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201 e<br />

disegno di legge governativo del 24 febbraio 2012. ..................................................................... 91<br />

7.2 La prefettura-UTG in relazione al possibile nuovo assetto <strong>delle</strong> province. ............................ 96<br />

7.3 Riorganizzazione dell’amministrazione provinciale e statale <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>: il disegno di legge<br />

Lanzillotta, La Loggia, Vitali. .................................................................................................... 103<br />

CONCLUSIONI ........................................................................................................... 107<br />

4


INTRODUZIONE<br />

Le celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia si sono concluse con un bilancio<br />

positivo e con la conferma che gli auspìci di coloro i quali hanno combattuto, a costo<br />

della loro stessa vita, per un’Italia unita erano ben riposti.<br />

Nel corso degli anni successivi all’unificazione si è assistito a profondi cambiamenti<br />

politici ed istituzionali, alcuni epocali, che non hanno, però, mai intaccato seriamente<br />

l’unità del Paese.<br />

A tali cambiamenti ha sempre assistito il prefetto, il cui ruolo è stato introdotto sin dal<br />

1802 per volontà di Napoleone durante la prima Repubblica italiana 1 , e che si è<br />

modificato di pari passo con i nuovi assetti istituzionali della Nazione, vivendo momenti<br />

di grande visibilità, alternati ad altri in cui ne è stata invocata l’abolizione.<br />

Anche in questo periodo ci troviamo in presenza di una serie di istanze riformatrici -<br />

alcune <strong>delle</strong> quali già avviate -, la cui attuazione richiede necessariamente la modifica di<br />

molti aspetti dell’apparato pubblico.<br />

Tra queste riforme rientra, in prospettiva, la possibile abolizione <strong>delle</strong> Province, in<br />

relazione alla quale c’è chi pone anche la questione della sopravvivenza degli uffici<br />

statali istituiti a livello provinciale, primi fra tutti le <strong>prefetture</strong>, oggi denominate<br />

<strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo.<br />

Tuttavia, la presenza dei prefetti in epoca ben anteriore all’istituzione <strong>delle</strong> Province<br />

lascia intendere l’assoluta indipendenza del loro ruolo rispetto ad una articolazione<br />

intermedia del governo <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, la cui istituzione trova ragione in esigenze del<br />

tutto diverse, collegate alla provincia solo in quanto entità territoriale circoscritta.<br />

1 Si veda L. ANTONIELLI, I prefetti dell’Italia napoleonica. Repubblica e Regno d’Italia, Bologna 1983.<br />

Un’analisi <strong>sul</strong> ruolo dei prefetti nell’Italia napoleonica è anche svolta da B. STRATI, Le origini<br />

dell’istituto prefettizio, in Instrumenta, Rivista di cultura professionale, SSAI, n. 32/2007, pagg. 597 e<br />

segg.<br />

5


In un’ottica di razionalizzazione e conseguente riduzione <strong>delle</strong> spese - denominata<br />

spending review – lo stesso ministro Cancellieri 2 ha sottolineato che si ripropone l’idea<br />

dell’ufficio territoriale del Governo quale unico riferimento statale a livello decentrato.<br />

Tale scelta non è solo “una questione interna al Viminale, ma coinvolge l’intero<br />

Governo nella scelta di quale dovrà essere il suo modello di presenza <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, per<br />

proporsi come interlocutore ed interprete <strong>delle</strong> differenti esigenze locali.”<br />

Se si considera, poi, la fiducia che il Presidente della Repubblica Napolitano (come del<br />

resto anche i suoi predecessori) ripone 3 nelle capacità dei prefetti titolari degli UTG, il<br />

nuovo ruolo <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG può essere anche prospettato, con un’immagine più<br />

ampia quanto suggestiva, come un ufficio di rappresentanza dello Stato, posto<br />

laicamente a salvaguardia dei valori fondamentali della Costituzione.<br />

Con il presente lavoro, si intende confermare, indipendentemente dalle sorti dell’ente<br />

Provincia, la centralità <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo, data l’assoluta<br />

irrinunciabilità al mantenimento <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> di un ufficio di rappresentanza del<br />

Governo per garantire la tutela della legalità e della coesione sociale, oltre che<br />

l’esercizio <strong>delle</strong> funzioni statali che ormai in via residuale vengono svolte a livello<br />

periferico.<br />

A tal fine, a seguito di brevi cenni <strong>sul</strong> processo normativo che ha portato all’istituzione<br />

dell’ufficio territoriale del Governo e dell’analisi <strong>sul</strong> funzionamento della Conferenza<br />

permanente, luogo privilegiato in cui il prefetto esercita, attraverso il coordinamento, la<br />

sua funzione di “garanzia istituzionale a tutela dell’ordinamento”, verrà analizzata la<br />

possibilità di potenziare tale prezioso organismo, anche <strong>sul</strong>la base dei modelli<br />

organizzativi di altri Stati europei.<br />

Verranno, quindi, avanzate alcune osservazioni e proposte di reinterpretazione (se non<br />

proprio di rifondazione) dell’ufficio territoriale del Governo nell’intento di pervenire ad<br />

un rafforzamento dell’azione del prefetto attraverso nuovi modelli organizzativi che<br />

2 In occasione della comunicazione sugli indirizzi programmatici del <strong>Ministero</strong> dell’interno tenutasi<br />

dinanzi alla I commissione Senato il 6 dicembre 2011 Analoghe considerazioni sono state sviluppate in<br />

occasione dell’audizione tenutasi dinanzi alla I commissione Camera il 21 dicembre 2011.<br />

3 Negli interventi del 13 ottobre 209, in occasione della cerimonia di apertura della Prima Conferenza dei<br />

Prefetti, e del 11 luglio 2011, in occasione della cerimonia “Cento anni di Viminale”.<br />

6


consentano al medesimo di mantenere la coesione sociale, facilitando il dialogo e il<br />

confronto leale tra i diversi livelli di governo <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, in ragione di una<br />

triangolazione funzionale tra rappresentanza generale del Governo, coordinamento <strong>delle</strong><br />

pubbliche amministrazioni statali e espletamento dei compiti di collaborazione a favore<br />

di Regioni ed Enti Locali.<br />

La difficile condizione di crisi economica e sociale che l’Italia sta vivendo, le complesse<br />

istanze poste da una collettività divenuta più fragile dinanzi all’incertezza del futuro,<br />

rendono oggi ancora più ampio e cruciale il ruolo del prefetto e dei funzionari della<br />

carriera prefettizia. E’ per questo che appare di fondamentale rilievo operare una<br />

rivisitazione del modulo “ufficio territoriale del Governo” - anche attraverso interventi<br />

normativi ad hoc - che potrà consentire al prefetto di esercitare con incrementata<br />

efficacia le sue capacità di dialogo, mediazione e raccordo tra le molteplici componenti,<br />

istituzionali e non, presenti <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.<br />

Ciò nella convinzione che l’azione della prefettura-UTG, sempre più improntata ad una<br />

continua, complessa e faticosa ricerca di equilibrio tra garanzia <strong>delle</strong> libertà civili,<br />

rispetto rigoroso della legge e umana solidarietà, possa contribuire con rinnovata<br />

energia alla realizzazione del bene comune.<br />

7


1 <strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong> <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong><br />

1.1 Precedenti storici<br />

L’evoluzione dell’Amministrazione italiana procede in parallelo con quella del prefetto,<br />

ossia le trasformazioni che l’Amministrazione pubblica, e in particolare quella locale,<br />

ha avuto nell’ambito dei vari ordinamenti che si sono fino ad oggi succeduti trovano<br />

puntuale corrispondenza in quella che il prefetto, come organo dello Stato, ha subìto a<br />

livello istituzionale in un secolo e mezzo di storia unitaria 4 .<br />

Infatti, nei vari momenti della storia dell’istituto prefettizio, si evidenzia la posizione<br />

assunta di volta in volta dai prefetti rispetto ai ceti dirigenti locali.<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong> <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> in Italia si è sviluppato nel periodo dall’unità al<br />

D.L. 300/1999.<br />

I precedenti storici del prefetto francese e del prefetto italiano furono rispettivamente<br />

l’intendente dell’ancien regime e l’intendente subalpino: essi furono istituiti da<br />

Napoleone con la legge del 28 piovoso (febbraio) dell’anno VIII (1800), ispirandosi ad<br />

un modello storico del secolo XVI, quando la monarchia francese, nell’intento di<br />

assicurarsi un più diretto e incisivo intervento nelle circoscrizioni territoriali, affidò<br />

funzioni via via sempre più ampie a propri rappresentanti in ognuno dei dipartimenti in<br />

cui era suddiviso il <strong>territorio</strong>, che avevano un forte potere di controllo <strong>sul</strong>le<br />

amministrazioni periferiche 5 e la funzione di raccordo tra centro e periferia,<br />

Allo stesso modo, anche in Piemonte, prima dell’unità di Italia, si procedette alla<br />

nomina di funzionari centrali, detti anch’essi Intendenti, inviati nelle amministrazioni<br />

periferiche con funzioni amministrative e di politica generale, oltre che di tutela sugli<br />

enti locali, che divennero col tempo i capi della gerarchia amministrativa locale, nonché<br />

gli agenti delegati del governo centrale.<br />

4 C. MEOLI, Relazione al Convegno <strong>Il</strong> ceto dirigente italiano e la modernizzazione del Paese,<br />

organizzato dal Centro di ricerca Guido Dorso di Avellino, 18-19 marzo 2004.<br />

5 C. GHISALBERTI, Dall’Intendente al Prefetto, in “Contributo alla storia <strong>delle</strong> amministrazioni<br />

preunitarie”, Milano 1963; C. MEOLI, <strong>Il</strong> prefetto nell’ordinamento italiano, Profilo storico-istituzionale,<br />

Firenze 1984.<br />

9


Le Istituzioni provvisorie per le <strong>prefetture</strong> e le vice<strong>prefetture</strong>, emanate dal conte<br />

Francesco Melzi d’Eril, Vice Presidente della prima Repubblica Italiana, succeduta alla<br />

Cisalpina e proclamata dai Comizi di Lione del 1802, ribadirono nel dipartimento la<br />

centralità della figura prefettizia, già introdotta nel 1801 nei territori sabaudi, e, nel<br />

confermarne le tradizionali funzioni ispettive e di controllo, sancirono anche<br />

significative attribuzioni in materia di polizia, di sanità, di opere pubbliche nonché di<br />

imposte e finanza 6 .<br />

La riforma Cavour, attuata con la legge 23 marzo 1853 n. 1483, che aveva riorganizzato<br />

lo Stato sabaudo, fu estesa anche allo Stato unificato, soprattutto nei suoi moduli<br />

organizzativi, rimasti invariati fin quasi ai nostri giorni, basati su un’amministrazione<br />

centrale, il ministero, e su un’amministrazione periferica incentrata <strong>sul</strong>le <strong>prefetture</strong>,<br />

nonché <strong>sul</strong>la sottoposizione al controllo statale dei Comuni e <strong>delle</strong> Province.<br />

1.2 <strong>Il</strong> monopolio istituzionale<br />

La figura del prefetto italiano nacque con il regio decreto 9 ott<br />

obre 1861 n. 250, in base al quale i governatori <strong>delle</strong> province avrebbero dovuto<br />

assumere il titolo di prefetto, gli intendenti di circondario quello di sottoprefetto e i<br />

consiglieri di governo quello di consiglieri di prefettura. <strong>Il</strong> titolo di prefetto, attribuito,<br />

durante il dominio francese nella Penisola, ai rappresentanti periferici del Governo, fu<br />

preferito a quello di "governatore", che era stato adoperato dalla legge comunale e<br />

provinciale piemontese 23 ottobre 1859 n. 3702, perché il ricordo dei prefetti del<br />

periodo napoleonico era associato all'unico esempio di amministrazione moderna e<br />

fattiva che l'Italia avesse sperimentato.<br />

Le funzioni del prefetto furono disciplinate dall'articolo 3 della legge comunale e<br />

provinciale 20 marzo 1865 n. 2248 allegato A, che è opportuno riportare perché le<br />

disposizioni fondamentali <strong>sul</strong>l'istituto prefettizio sono rimaste quasi immutate fino ad<br />

oggi: “<strong>Il</strong> Prefetto rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia; esercita le<br />

attribuzioni a lui demandate dalle leggi, e veglia <strong>sul</strong> mantenimento dei diritti<br />

6 C. MOSCA, L’anno del bicentenario, in Amministrazione Pubblica, n. 23-24, 2002, p. 4.<br />

10


dell'autorità amministrativa elevando, ove occorra, i conflitti di giurisdizione secondo<br />

la legge 20 novembre 1859 n. 3780; provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione<br />

<strong>delle</strong> leggi; veglia <strong>sul</strong>l'andamento di tutte le Pubbliche Amministrazioni, ed in caso<br />

d'urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami del servizio;<br />

sopraintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica, e di<br />

richiedere la forza armata; dipende dal Ministro dell'Interno, e ne eseguisce le<br />

istruzioni".<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> era costituito da una struttura organizzativa di forma piramidale, operante su<br />

due livelli, centrale e periferico, caratterizzata da relazioni strettamente gerarchiche<br />

volte a garantire l’unicità del livello di comando e l’uniformità dell’esecuzione degli<br />

indirizzi di governo.<br />

L’apparato periferico del <strong>Ministero</strong> dell’Interno, cioè le <strong>prefetture</strong>, alle quali faceva<br />

capo la quasi totalità degli uffici statali, era, quindi, funzionale a garantire il controllo<br />

<strong>delle</strong> realtà locali. <strong>Il</strong> prefetto costituiva l’elemento determinante del rapporto centroperiferia,<br />

in cui si registrava la decisiva preminenza dell’ordinamento statale al quale,<br />

solo, spettava la valutazione dell’opportunità di dar rilievo alle altre amministrazioni,<br />

soprattutto locali.; egli, invero, presiedeva la deputazione provinciale, per cui doveva<br />

garantire l’aderenza della politica provinciale a quella del Governo centrale e costituiva<br />

il collegamento tra l’amministrazione dell’Interno, i prefetti e gli enti locali.<br />

<strong>Il</strong> valore fondamentale politico-istituzionale era quello dell’unità nazionale e, quindi, vi<br />

era una concezione totalizzante della pubblica Amministrazione (che non consentiva<br />

soggettività distinte rispetto a quella dello Stato), con l’affermazione del principio<br />

dell’unità organica della pubblica Amministrazione, che tutta fa capo allo Stato e può<br />

essere esercitata o direttamente dallo stesso attraverso i suoi organi o, indirettamente,<br />

per mezzo degli enti locali, qualificati «enti autarchici» 7 .<br />

Questo concetto rigorosamente monista della pubblica Amministrazione informò la<br />

legislazione e la giurisprudenza nel periodo liberale e durante il fascismo, persistendo<br />

7 Sulla nozione di autarchia vedi S. ROMANO, Decentramento amministrativo, in “Enciclopedia<br />

giuridica italiana”, 1897, vol. IV, parte I, ora in Scritti minori, Giuffrè, Milano, 1990, vol. II, pagg. 7-82.<br />

11


anche negli anni successivi alla Costituzione del 1948; ancora negli anni ’50, nel<br />

«Corso di diritto amministrativo» di Guido Zanobini, l’Amministrazione locale era,<br />

infatti, ancora definita «amministrazione indiretta» dello Stato.<br />

<strong>Il</strong> prefetto era nominato con decreto reale, su deliberazione del Consiglio dei Ministri<br />

adottata <strong>sul</strong>la proposta del Ministro dell'Interno. <strong>Il</strong> Governo aveva la più ampia<br />

discrezionalità nella scelta dei prefetti, nel trasferirli da una sede all'altra o nel<br />

destituirli. Fino alla fine del secolo XIX, furono nominati, nelle città più importanti,<br />

eminenti uomini politici (c. d. "prefetti politici") e, nelle sedi minori, funzionari<br />

provenienti dalla carriera prefettizia (c. d. "prefetti amministrativi o di carriera”).<br />

Essi erano diretti collaboratori del Ministro, suoi uomini di fiducia, che svolgevano<br />

un’attività di alfabetizzazione istituzionale nei confronti degli enti locali e favorivano il<br />

consolidamento dell’unità nazionale. <strong>Il</strong> legame con le realtà locali era accentuato,<br />

perché i prefetti e i funzionari di prefettura appartenevano al ruolo dell'amministrazione<br />

provinciale dell'Interno, distinto dal ruolo del personale dell'amministrazione centrale<br />

del <strong>Ministero</strong>, mentre all'inizio del periodo fascista i due ruoli furono unificati (regio<br />

decreto 11 novembre 1923 n. 2395), con la conseguenza che, da quel momento, i<br />

funzionari di prefettura poterono prestare servizio sia presso il <strong>Ministero</strong> sia in periferia.<br />

<strong>Il</strong> prefetto, secondo il ruolo delineato dalla legge comunale e provinciale del 1865,<br />

provvedeva all’esecuzione <strong>delle</strong> leggi, sovrintendeva alla pubblica sicurezza, potendo<br />

anche disporre della forza pubblica e richiedere l’intervento della forza armata, e<br />

vigilava <strong>sul</strong>l’andamento di tutte le pubbliche Amministrazioni.<br />

<strong>Il</strong> monopolio istituzionale <strong>delle</strong> relazioni tra centro e periferia, attribuito nominalmente<br />

al prefetto, cominciò ad attenuarsi con l’istituzione nel 1867, da parte del <strong>Ministero</strong><br />

della Pubblica Istruzione, dei Provveditorati agli studi, uffici su base provinciale in<br />

diretta relazione con il <strong>Ministero</strong>, e nel 1869 <strong>delle</strong> Intendenze di finanza, dipendenti in<br />

via diretta dal <strong>Ministero</strong> <strong>delle</strong> Finanze. Si venne, pertanto, a configurare un <strong>sistema</strong><br />

caratterizzato dal fatto che soltanto alcuni Ministeri oppure alcune funzioni erano<br />

soggette al coordinamento prefettizio, mentre in altri casi il collegamento tra centro e<br />

12


periferia prescindeva dal prefetto, come avvenne, successivamente, anche per gli Uffici<br />

del Genio Civile, <strong>delle</strong> Poste e dei Telegrafi e dell’amministrazione forestale.<br />

Nel decennio del Governo di Crispi 8 , l’Amministrazione pubblica cominciò ad avere<br />

maggiore consistenza rispetto al profilo iniziale, crebbero gli apparati e l’organizzazione<br />

diventò più complessa; il prefetto costituì il punto di riferimento di tutta<br />

l’Amministrazione statale, in quanto, pur dipendendo gerarchicamente dal Ministro<br />

dell’interno, poteva essere investito anche di questioni riguardanti i ministeri che non<br />

avevano in Provincia un proprio organo periferico; vi fu un impegno crescente in diversi<br />

ambiti, come quello dell’ordine pubblico, del controllo <strong>delle</strong> amministrazioni locali e<br />

<strong>delle</strong> istituzioni di assistenza e beneficenza.<br />

Con le riforme di Crispi del 1888 e 1889 il prefetto venne estromesso dall’ente<br />

Provincia e la carica di presidente della Deputazione provinciale divenne elettiva e<br />

cominciò a farsi strada l’idea che la Provincia fosse un ente a finalità generali. I<br />

controlli sugli atti degli enti locali furono demandati alla Giunta provinciale<br />

amministrativa (Gpa), che era presieduta dal prefetto e di cui facevano parte anche due<br />

consiglieri di prefettura.<br />

1.3 Dalla “questione sociale” al pluralismo autonomistico<br />

Nell’età giolittiana, coincidente con il primo quindicennio del Novecento, aumentò il<br />

numero degli uffici e degli enti operanti <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> con una crescita complessiva <strong>delle</strong><br />

dimensioni dell’apparato pubblico. <strong>Il</strong> prefetto, oltre ad avere il controllo politico <strong>delle</strong><br />

elezioni fu, infatti, impegnato nell’ambito della politica di mediazione governativa nei<br />

conflitti di lavoro, fu il rilevatore <strong>delle</strong> principali trasformazioni dell’economia ed un<br />

indispensabile punto di riferimento per gli enti locali in un’epoca caratterizzata<br />

dall’espandersi <strong>delle</strong> loro funzioni sociali.<br />

In particolare, l’applicazione <strong>delle</strong> nuove leggi varate tra la fine dell’Ottocento e l’inizio<br />

del Novecento concernenti il lavoro <strong>delle</strong> donne e dei fanciulli, l’emigrazione, le ferie<br />

obbligatorie, la prevenzione infortunistica e le pensioni operaie determinò la necessità di<br />

8 Sui prefetti del periodo crispino vedi G. TOSATTI, I prefetti, in G. MELIS (a cura di), Le élites nella<br />

storia dell’Italia unita, Cuen, Napoli, 2003, pagg. 124 e segg., e gli scritti ivi citati.<br />

13


un’attività di vigilanza, controllo e repressione da parte dei prefetti, che costituiva<br />

un’assoluta novità.<br />

L'"effetto Giolitti" sui membri della carriera prefettizia ha preservato, durante il periodo<br />

fascista, la Pubblica Amministrazione da eccessi e prevaricazioni, perché essi si<br />

consideravano servitori dello Stato, piuttosto che del regime. Non si diede luogo ad una<br />

fusione tra l’apparato prefettizio e l’organizzazione del partito, come avvenne nella<br />

Germania nazista, ma si conservò una distinzione tra le due istituzioni, in modo che<br />

ognuna di esse controllava l’altra ed era responsabile verso il governo.<br />

In una celebre circolare del 3 giugno 1923 il prefetto fu definito l’“unico rappresentante<br />

dell’autorità (del) Governo nella Provincia” e fu inizialmente utilizzato come<br />

l’essenziale contrappeso rispetto agli invadenti segretari federali fascisti nelle Province.<br />

Tuttavia, in seguito alla legge 3 aprile 1926, n.669, riguardante l’estensione <strong>delle</strong><br />

attribuzioni dei prefetti, la supremazia del prefetto su tutte le altre cariche e autorità<br />

provinciali diventò il punto fermo di una politica più generale, diretta a costruire quel<br />

particolare regime autoritario. I prefetti furono chiamati ad una collaborazione personale<br />

con il governo anche in via diretta, attraverso i periodici rapporti davanti allo stesso e vi<br />

fu una graduale adesione (c. d. “fascistizzazione”) della burocrazia al regime.<br />

<strong>Il</strong> regime fascista, con la Legge 27.12.1928, n. 2962 sostituì Consiglio, Deputazione e<br />

Presidente della Deputazione provinciale con la figura del Preside, di nomina regia,<br />

analogamente a quanto avvenne per il Sindaco ed il Consiglio comunale, che furono<br />

sostituiti dal Podestà.<br />

La Costituzione Repubblicana del 1948 all’art. 5 riconobbe le “autonomie locali” ed<br />

introdusse le Regioni come enti locali, con ruolo legislativo e di programmazione,<br />

nonché esercizio di funzioni amministrative, mediante la delega alle Province, ai<br />

Comuni o ad altri enti locali; fu introdotto un modello di Stato basato <strong>sul</strong> pluralismo<br />

autonomistico e gli enti locali furono sottratti al controllo statuale.<br />

In seno all’Assemblea Costituente si discusse se mantenere oppure sopprimere l’istituto<br />

prefettizio, che non sembrava corrispondere alle tendenze di decentramento che<br />

cominciavano ad affermarsi, ma infine si riconobbe che la questione non aveva valenza<br />

14


costituzionale: nella Costituzione non fu nominato il prefetto, ma fu previsto un<br />

Commissario del governo.<br />

Peraltro, subito dopo, la legge 8 marzo 1949, n. 277 riformulò l’art. 19 del<br />

t.u.l.com.prov. 1934, mantenendo il riconoscimento formale del prefetto quale<br />

rappresentante dell'esecutivo nella provincia e, conseguentemente, il carattere<br />

tendenzialmente "generale" <strong>delle</strong> sue attribuzioni; vennero meno, tuttavia, molti dei<br />

compiti presenti nella precedente formulazione dell'art. 19: l'unico settore di<br />

competenza che rimase integro fu quello della sicurezza pubblica, con il rilevante potere<br />

di cui all'art. 2 del testo unico <strong>delle</strong> leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.), di adottare atti<br />

contingibili e urgenti per esigenze di sicurezza pubblica, mentre fu cancellata ogni<br />

ingerenza "tutoria" del prefetto <strong>sul</strong>la vita amministrativa degli Enti Locali.<br />

L’attuazione <strong>delle</strong> regioni, all’inizio degli anni ’70, ha rappresentato un’altro passaggio<br />

critico, in quanto, con il trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni, il prefetto<br />

ha subito un notevole ridimensionamento di funzioni e di ruolo nei confronti degli enti<br />

locali, nondimeno, dimostrando la sua capacità di adattamento, egli è divenuto il centro<br />

di riferimento nelle situazioni di emergenza (terrorismo e lotta alla mafia) , mediatore<br />

dei conflitti sociali e consigliere tecnico, specialmente dei comuni minori, svolgendo<br />

attivamente la funzione di tramite per la segnalazione alle amministrazioni centrali dello<br />

Stato dei problemi emergenti nella provincia.<br />

A partire dagli anni '80, nella ricerca di un punto di incontro tra Amministrazione,<br />

servizi e utenza che fosse più vicino, anche fisicamente, alle istanze dei cittadini, ci fu<br />

una riscoperta significativa della presenza del prefetto, caricata di rinnovate valenze<br />

operative, in uno Stato a forte caratterizzazione decentrata se non, in prospettiva,<br />

federale.<br />

Le disposizioni contenute nel Titolo V Parte II Cost., relative agli enti locali, si<br />

limitavano a delineare i contorni dell’autonomia degli enti locali e ad affidare alla legge<br />

ordinaria l’attuazione concreta di tale autonomia. Con l. 142/1990, fu data una prima,<br />

effettiva attuazione all’art. 128 Cost., in relazione all’autonomia degli enti locali, che,<br />

fino ad allora, era stata riconosciuta ma non effettivamente realizzata, e alla definizione<br />

15


<strong>delle</strong> funzioni dei summenzionati enti: l’autonomia concerneva sia il Comune, ente<br />

esponenziale di base, caratterizzato dalla massima prossimità al cittadino, sia la<br />

Provincia, sia gli altri enti locali.<br />

Gli aspetti più rilevanti del nuovo ordinamento degli enti locali erano rappresentati<br />

dall’autonomia statutaria e da quella finanziaria, la prima espressione della capacità<br />

dell’ente di darsi un proprio ordinamento e l’autonomia finanziaria dell’attribuzione di<br />

una serie di risorse certe, proprie oppure trasferite, in misura tale da garantire il regolare<br />

esercizio della funzione di autogoverno ed il raggiungimento dei propri obiettivi.<br />

Nel periodo dal 1997 al 1999 furono, pertanto, varate una serie di norme che dovevano<br />

attuare il cosiddetto federalismo amministrativo, che, basandosi <strong>sul</strong>le norme<br />

costituzionali in vigore per realizzare la più ampia attribuzione possibile di compiti a<br />

Regioni, Province, Comuni e altri enti locali, è stato anche detto federalismo a<br />

Costituzione invariata.<br />

Esso mirava al “conferimento” alle Regioni e agli enti locali di tutte le funzioni e i<br />

compiti amministrativi degli organi centrali e periferici dello Stato, che, come previsto<br />

dall’art. 1 c. 2 l. 59/1997, fossero relativi alla cura degli interessi e alla promozione<br />

dello sviluppo <strong>delle</strong> rispettive comunità, nonché di tutte le funzioni e i compiti<br />

amministrativi localizzabili nei rispettivi territori; restavano allo Stato soltanto le<br />

funzioni e i compiti riconducibili alle materie tassativamente elencate nell’art. 1 c. 3 l.<br />

59/1997.<br />

Inoltre, l’art. 7 del D. Lgs. n. 112/1998 prevedeva che la decorrenza dell’esercizio, da<br />

parte <strong>delle</strong> Regioni e degli enti locali, <strong>delle</strong> funzioni conferite avvenisse<br />

contestualmente all’effettivo trasferimento dei beni e <strong>delle</strong> risorse finanziarie, umane,<br />

strumentali e organizzative a questi enti; in attuazione dei principi di sussidiarietà,<br />

differenziazione e adeguatezza, si è avuto un ampio trasferimento di funzioni dello Stato<br />

agli enti territoriali, costituenti livelli di governo più vicini al cittadino.<br />

Sempre allo scopo di rendere effettiva l’autonomia <strong>delle</strong> Regioni, una <strong>delle</strong> innovazioni<br />

più importanti della riforma Bassanini era il rilievo dato allo strumento della<br />

concertazione ad ogni livello decisionale: in particolare, a livello nazionale, con<br />

16


iferimento ai rapporti tra lo Stato, la Regione e gli enti locali venne stabilita la necessità<br />

del ricorso alla con<strong>sul</strong>tazione nelle sedi della Conferenza Stato- Regioni, della<br />

Conferenza Stato-Città- Autonomie locali e della Conferenza Unificata.<br />

In tale contesto di marcato decentramento, il prefetto continuava a rappresentare il<br />

nucleo centrale per la riaggregazione <strong>delle</strong> funzioni statali decentrate, disperse e<br />

frantumate ed a fungere da cerniera tra centro e periferia, soprattutto nel rapporto tra lo<br />

Stato e il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Autonomie Locali, in virtù del principio di sussidiarietà,<br />

enunciato dalla legge 15 marzo 1997, n. 59.<br />

Con il D. Lgs. n. 300/1999, in attuazione della delega legislativa <strong>sul</strong>la riforma<br />

dell’organizzazione dei Ministeri prevista dagli artt. 11 e 12 della legge n. 59 del 1997,<br />

dal <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong> si è passati alla nuova struttura organizzativa, definita<br />

Ufficio territoriale del Governo.<br />

17


2 Evoluzione dell’ente Provincia.<br />

2.1 Evoluzione storica e normativa<br />

La nascita <strong>delle</strong> Province in Italia risale all’editto del Re del Piemonte Carlo Alberto del<br />

27.11.1847, n. 659, che fu esteso provvisoriamente agli altri Stati italiani, dopo<br />

l’unificazione del Regno, fino alla Legge 20.3.1865, n. 2248, all. A, che divise il Regno<br />

in Province, circondari, Mandamenti e Comuni.<br />

Le Province – a differenza dei Comuni, sorti come comunità politiche indipendenti in<br />

età medievale – furono creazione legislativa, che diede vita ad un organismo intermedio<br />

tra Stato e Comune, il quale avrebbe dovuto funzionare in parte come ente autarchico e<br />

in parte come organo decentrato statale.<br />

Sotto quest’ultimo profilo, infatti, il suo legale rappresentante era il prefetto,<br />

rappresentante del governo centrale in sede locale, che presiedeva la deputazione<br />

provinciale, organo di governo della Provincia; inoltre, i compiti fondamentali dell’Ente<br />

erano il controllo sugli enti infraprovinciali (Comuni e istituzioni di beneficenza).<br />

D’altra parte, la Provincia aveva un organo elettivo, il Consiglio provinciale col suo<br />

presidente ed era, pertanto, espressione della collettività locale.<br />

In sostanza, essa rappresentava un ente di copertura per legittimare l’assegnazione di<br />

molti compiti e servizi statali in periferia senza perderne il controllo, espressione di<br />

accentramento statale, secondo un disegno di origine napoleonica di contemperare nella<br />

Provincia le rivendicazioni autonomistiche con la centralità statale.<br />

Con le riforme di Crispi del 1888 e 1889 il prefetto venne estromesso e la carica di<br />

presidente della Deputazione provinciale divenne elettiva e cominciò a farsi strada<br />

l’idea che la Provincia fosse un ente a finalità generali.<br />

<strong>Il</strong> regime fascista, con la Legge 27.12.1928, n. 2962 sostituì Consiglio, Deputazione e<br />

Presidente della Deputazione con la figura del Preside, di nomina regia, analogamente a<br />

quanto avvenne per il Sindaco ed il Consiglio comunale, che furono sostituiti dal<br />

Podestà.<br />

19


La Costituzione Repubblicana del 1948 all’art. 5 riconobbe le “autonomie locali” ed<br />

introdusse le Regioni come enti locali, con ruolo legislativo e di programmazione,<br />

nonché esercizio di funzioni amministrative, mediante la delega alle Province, ai<br />

Comuni o ad altri enti locali.<br />

L’art. 128, oggi abrogato, prevedeva che “le Province e i Comuni sono enti autonomi<br />

nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le<br />

funzioni”.<br />

Attualmente il testo dell’art. 114, comma 2 si limita ad enunciare che i “Comuni, le<br />

Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,<br />

poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”.<br />

Ma la differenza tra Regioni e gli altri enti ri<strong>sul</strong>ta evidente dal fatto che l’art. 117,<br />

comma 2, lett. p) attribuendo, come noto, alla competenza legislativa esclusiva del<br />

Parlamento nazionale la materia “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni<br />

fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”, ha recuperato quanto<br />

prevedeva il suddetto art. 128, confermando la legittimità costituzionale della legge<br />

fondamentale <strong>sul</strong>l’ordinamento <strong>delle</strong> autonomie locali (promulgata nel 1990).<br />

La Costituzione indica tre tipi di funzioni amministrative attribuite agli enti locali:<br />

- funzioni fondamentali, individuate dalla legge statale;<br />

- funzioni conferite, individuate dalla legge statale o regionali, in base alla<br />

materia;<br />

- funzioni proprie (che ciascun ente decide di assumere autonomamente in<br />

relazione, alle specifiche esigenze della rispettiva collettività di cui è<br />

esponenziale.<br />

Le leggi statali e regionali che stabiliscono quali funzioni e compiti attribuire alle<br />

Province incontrano il limite del criterio di sussidiarietà previsto dall’art. 118, comma 1,<br />

Cost.: ad esse devono essere attribuite/conferite tutte le funzioni amministrative per le<br />

quali i Comuni non siano ritenuti adeguati, sempreché le Province siano ritenute tali,<br />

poiché diversamente, si sale alle Regioni o alle amministrazioni statali.<br />

20


Secondo gli art. 19 e 20 del TUEL ( testo unico <strong>delle</strong> leggi <strong>sul</strong>l’ordinamento <strong>delle</strong><br />

autonomie locali – decreto legislativo 18.8.2000, n. 267) alla Provincia spettano<br />

compiti di pianificazione e programmazione sia economica e sia territoriale di area<br />

vasta, nonché di realizzazione di opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore<br />

economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e<br />

sportivo. In materia urbanistica, la Provincia adotta il piano territoriale di<br />

coordinamento, che determina gli indirizzi generali di assetto del <strong>territorio</strong>. Sono,<br />

inoltre, ad essa attribuite numerose altre funzioni in materia di protezione e gestione<br />

dell’ambiente, beni culturali, viabilità e trasporti, servizi sanitari, istruzione secondaria<br />

di secondo grado e artistica e formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica,<br />

assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.<br />

A queste se ne aggiungono altre, previste nei decreti legislativi di attuazione della Legge<br />

59/97; possono essere ricordate le funzioni connesse ai servizi per il lavoro e alle<br />

politiche per l’impiego. Vanno menzionate, infine, le funzioni amministrative conferite<br />

alle Province dalle Regioni, differenziate in ciascun ordinamento regionale.<br />

A partire dagli anni 90 del secolo scorso, il fenomeno del c. d. “federalismo<br />

amministrativo” ha determinato l’aumento dei compiti della Provincia, sia di<br />

amministrazione puntuale, sia di programmazione e coordinamento nei riguardi dei<br />

Comuni.<br />

Infatti, l’art. 119, comma quarto, Cost. stabilisce che le risorse degli enti locali (e <strong>delle</strong><br />

regioni) devono consentire il finanziamento integrale <strong>delle</strong> “funzioni pubbliche loro<br />

attribuite”. L’importanza dell’individuazione <strong>delle</strong> funzioni territoriali è confermata<br />

dalla legge n. 42 del 2009, <strong>sul</strong> federalismo fiscale, di attuazione dell’art. 119 Cost. Tale<br />

legge individua, all’articolo 21, commi 3 e 4, rispettivamente, per i comuni e per le<br />

province, un elenco provvisorio <strong>delle</strong> funzioni fondamentali da finanziare integralmente<br />

<strong>sul</strong>la base del fabbisogno standard, prevedendo, per le seconde, funzioni generali di<br />

amministrazione, di gestione e di controllo, funzioni di istruzione pubblica, ivi<br />

compresa l'edilizia scolastica, funzioni nel campo dei trasporti, funzioni riguardanti la<br />

gestione del <strong>territorio</strong>, funzioni nel campo della tutela ambientale e funzioni nel campo<br />

21


dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro. Rispetto alle<br />

funzioni individuate dal D.P.R. n. 194/1996-Regolamento per l'approvazione dei<br />

modelli di cui all'art. 114 del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, concernente<br />

l'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, non ri<strong>sul</strong>tano comprese le<br />

funzioni relative ai seguenti ambiti: cultura e beni culturali; settore turistico, sportivo e<br />

ricreativo; settore sociale; sviluppo economico, relativamente ai servizi per l’agricoltura<br />

e per l’industria, il commercio e l’artigianato.<br />

I decreti legislativi prevedono altresì che l'elenco provvisorio <strong>delle</strong> funzioni possa essere<br />

adeguato attraverso accordi tra Stato, regioni, province e comuni, da concludere in sede<br />

di Conferenza unificata (comma 5).<br />

La posizione di ente locale intermedio tra Comune e Regione, unita alla difficoltà di<br />

rinvenire <strong>sul</strong> piano sociale e politico, una “comunità” provinciale, hanno fatto della<br />

Provincia un ente da sempre “in discussione”, a più riprese oggetto di proposte di<br />

abolizione.<br />

Già in seno all’Assemblea Costituente fu posto il problema di mantenere o meno in vita<br />

le Province che, in base alla assimilazione del modello napoleonico, era sempre stata<br />

l’ambito di riferimento degli uffici governativi <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, ma per la capacità <strong>delle</strong><br />

Province di amministrazione attiva nei territori caratterizzati da una miriade di Comuni<br />

di piccole dimensioni, esse furono mantenute, mentre alle Regioni fu dato un ruolo<br />

legislativo e di programmazione, prevedendo l’esercizio <strong>delle</strong> loro funzioni legislative<br />

mediante la delega alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali. In tal modo esse<br />

furono assimilate ai Comuni.<br />

Verso la fine degli anni 60 del secolo scorso, in prossimità dell’istituzione <strong>delle</strong> Regioni<br />

nel 1970, si aprì un nuovo fronte favorevole all’abolizione <strong>delle</strong> Province, guidato dal<br />

Partito Repubblicano, che presentò un disegno di legge in tal senso a causa<br />

dell’innalzamento della spesa pubblica che la contemporanea presenza di Province e<br />

Regioni avrebbe comportato.<br />

Anche nell’ambito della discussione che precedette la promulgazione della legge<br />

<strong>sul</strong>l’ordinamento <strong>delle</strong> autonomie locali (L. 142/1990) si levarono non poche voci<br />

22


contro il mantenimento <strong>delle</strong> amministrazioni provinciali, ma infine prevalse il partito<br />

favorevole al mantenimento di un governo provinciale e dagli anni 90 in avanti la<br />

posizione della Provincia si è andata rafforzando.<br />

Negli ultimi anni il movimento favorevole all’abolizione <strong>delle</strong> Province sembra<br />

nuovamente aver guadagnato terreno tra le forze parlamentari e nel corso dell’attuale<br />

legislatura sono state presentate numerose proposte di legge di revisione costituzionale,<br />

aventi ad oggetto la soppressione <strong>delle</strong> Province, per due ordini di motivi: il primo è la<br />

“riduzione dei costi della politica”, il secondo è quello, più tradizionale, della scarsa<br />

identificazione tra Provincia e collettività di riferimento, cioè la percezione di un ente<br />

poco “sentito” dai cittadini, ancorato ad un impianto ordinamentale ottocentesco privo<br />

di radicamento territoriale, con funzioni agevolmente devolvibili ad altre<br />

amministrazioni, che in genere sono state identificate con agenzie intercomunali,<br />

spontanee aggregazioni tra Comuni, in alternativa alla previsione di un successivo<br />

intervento del legislatore ordinario per la riorganizzazione complessiva del <strong>sistema</strong> del<br />

governo locale.<br />

Nel corso della legislatura sono stati presentati progetti di legge recanti interventi di<br />

razionalizzazione <strong>sul</strong>le province, riconducibili a due distinti orientamenti, uno di<br />

soppressione, l’altro di regionalizzazione <strong>delle</strong> stesse 9 , che trasferiscono dallo Stato alle<br />

9 Quanto al primo orientamento, il 19 maggio 2009 la Commissione affari costituzionali della Camera ha<br />

avviato l’esame di sei proposte di legge di modifica costituzionale (A.C. 1990 e abbinate) intese a<br />

sopprimere l’ente Provincia, espungendolo dall’ordinamento territoriale della Repubblica.<br />

Le sei proposte, tutte di iniziativa parlamentare, modificano vari articoli della Costituzione sopprimendo<br />

in essi i riferimenti alla provincia. Due di esse (A.C. 2010 e A.C. 2264) apportano analoghe modifiche<br />

agli statuti speciali di tre regioni (Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia). Nessuna, peraltro, modifica<br />

la condizione <strong>delle</strong> province autonome di Trento e di Bolzano (quanto alla Valle d'Aosta, in essa non<br />

esiste un’amministrazione provinciale e la regione svolge anche i compiti della provincia).<br />

Tutte le proposte recano, in appositi articoli, disposizioni transitorie o di attuazione di diversa<br />

formulazione e ampiezza. Una di esse (A.C. 2264) destina le risorse finanziarie che si renderanno<br />

disponibili a seguito della soppressione <strong>delle</strong> province al finanziamento di iniziative per promuovere<br />

l’occupazione giovanile.<br />

A seguito dell'iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea, la Commissione (8<br />

ottobre 2009) ha conferito al relatore il mandato a riferire in senso contrario all'Assemblea (A.C. 1990-A,<br />

presentata dai deputati Donadi ed altri). Nella seduta del 13 ottobre 2009, l'Assemblea ha approvato una<br />

questione sospensiva: la discussione del provvedimento è stata conseguentemente rinviata fino alla<br />

presentazione e all'esame del disegno di legge del Governo <strong>sul</strong>la Carta <strong>delle</strong> autonomie locali.<br />

Nella successiva seduta del 18 gennaio 2011, l'Assemblea ha deliberato un nuovo rinvio in Commissione<br />

<strong>delle</strong> proposte di legge costituzionali n. 1990 e abbinate (n. 1989 e n. 2264), <strong>sul</strong>la base <strong>delle</strong> stesse<br />

richieste della Commissione di valutare meglio gli emendamenti presentati al fine di verificare la<br />

23


egioni la competenza in materia di istituzione di nuove province e di mutamento dei<br />

confini <strong>delle</strong> province esistenti.<br />

<strong>Il</strong> tema della cancellazione <strong>delle</strong> Province era tornato formalmente all’attenzione <strong>delle</strong><br />

istituzioni e degli studiosi anche negli ultimi giorni del maggio 2010, in occasione della<br />

predisposizione della manovra finanziaria allorché, per trovare le risorse necessarie, si<br />

era ipotizzato – e poi escluso – di operare con legge statale (o meglio con decreto-legge)<br />

la cancellazione <strong>delle</strong> Province con meno di 220.000 abitanti.<br />

L’art. 15 del Decreto Legge 13 agosto 2011 n. 138 aveva quindi previsto la<br />

soppressione <strong>delle</strong> Province diverse da quelle la cui popolazione rilevata al censimento<br />

generale della popolazione del 2011 fosse superiore a 300.000 abitanti o la cui<br />

superficie complessiva fosse superiore a 3.000 chilometri quadrati. La norma poneva<br />

infine il divieto di istituire Province in Regioni con popolazione inferiore a 500.000<br />

abitanti.<br />

L’art. 133 Cost. stabilisce la procedura per la modificazione <strong>delle</strong> circoscrizioni<br />

provinciali e l’istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione: essa consiste<br />

nella promozione di una legge della Repubblica “rinforzata” dalla necessità<br />

dell’iniziativa dei Comuni, sentita la Regione interessata e – ai sensi dell’art. 21 del<br />

TUEL – con l’adesione della maggioranza dei Comuni dell’area interessata. Non è<br />

prevista, invece, la soppressione di una Provincia, che potrebbe astrattamente verificarsi<br />

possibilità di addivenire a una riorganizzazione del <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> province che, senza sopprimerle, ne<br />

ridimensioni l'ambito e, al limite, ne riduca il numero. I lavori della Commissione hanno consentito di<br />

abbinare un'ulteriore proposta (A.C. 2579) e di adottare come testo base per il seguito dell'esame la<br />

proposta di legge costituzionale n. 1990 (25 gennaio 2011); sugli emendamenti si è svolto un<br />

approfondimento preliminare in comitato ristretto, che non ha tuttavia concluso i propri lavori a seguito di<br />

una ulteriore iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea. Dopo che il 25<br />

maggio 2011 la Commissione aveva concluso l'esame conferendo al relatore il mandato a riferire in senso<br />

contrario <strong>sul</strong> provvedimento, l'Assemblea della Camera lo ha respinto il 5 luglio 2011.<br />

Quanto alla "regionalizzazione" <strong>delle</strong> province, pochi giorni dopo che l'Assemblea della Camera aveva<br />

respinto la proposta di legge di soppressione <strong>delle</strong> province, la I Commissione Affari costituzionali inizia<br />

l'esame di alcune proposte di legge costituzionale (A.C. 1242, 4439, 4493 e 4499) A tal fine le proposte<br />

A.C. 1242, 4439, 4493 modificano il primo comma dell’art. 133 Cost. che prevede una riserva di legge<br />

statale in materia di istituzione di province, mentre l’A.C. 4499 dispone la competenza regionale nel<br />

secondo comma dell’art. 114 Cost., e, conseguentemente, abroga il primo comma dell’art. 133 Cost.<br />

Ad esclusione della pdl A.C. 1242, le proposte in esame intervengono anche <strong>sul</strong>la disciplina <strong>delle</strong> città<br />

metropolitane, stabilendo che la loro costituzione comporti la soppressione <strong>delle</strong> province nel medesimo<br />

<strong>territorio</strong>.<br />

24


solo nell’ipotesi-limite di una proposta di accorpamento tra più Province che prefiguri<br />

una circoscrizione provinciale coincidente con l’intera Regione. Tale previsione<br />

costituzionale ha reso improbabile l’aggregazione tra Province e, al contrario, la<br />

frequenza di disaggregazioni e moltiplicazioni. La L. 142/90 e il TUEL hanno<br />

specificato il procedimento ex art. 133 Cost., ma sono previsioni di rango legislativo e<br />

non sciolgono il dubbio se una legge di modifica <strong>delle</strong> Province in assenza<br />

dell’iniziativa dei Comuni sia costituzionalmente legittima.<br />

Comunque, la Legge 14 settembre 2011 n. 148, di conversione del D. L. 138/2011, ha<br />

soppresso le previsioni dell’art. 15.<br />

2.2 I disegni di legge costituzionale per l’abolizione <strong>delle</strong> Province.<br />

Come evidenziato dal Governatore della Banca d’Italia in sede di indagine conoscitiva<br />

<strong>sul</strong> decreto legge recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il<br />

consolidamento dei conti pubblici (D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con<br />

modificazioni in legge 22 dicembre 2011, n. 214), solo dotandosi di meccanismi idonei<br />

a formulare analisi dettagliate <strong>delle</strong> singole voci di spesa e di indicatori accurati di<br />

efficienza <strong>delle</strong> diverse strutture pubbliche (uffici, scuole, ospedali, tribunali), sarà<br />

possibile valutare l’adeguatezza degli interventi di riduzione <strong>delle</strong> spese, che dovranno<br />

essere necessariamente combinati con l’azione di riduzione e contenimento dei costi di<br />

enti pubblici ed organi istituzionali, per contribuire efficacemente nel medio termine a<br />

liberare risorse per una riduzione della pressione fiscale.<br />

In una recente riunione del 26 ottobre 2011, dei capi di Stato e di Governo dei Paesi<br />

dell’eurozona, il 26 ottobre 2011, è stata approvata una dichiarazione che reca, tra le<br />

altre cose, specifiche considerazioni e raccomandazioni <strong>sul</strong>la situazione economica<br />

dell’Italia e <strong>sul</strong>le misure prospettate dal Governo per assicurare una finanza pubblica<br />

sostenibile e per creare condizioni strutturali favorevoli alla crescita.<br />

<strong>Il</strong> lungo dibattito, tuttora in corso pro o contro il secondo livello di “governance”<br />

territoriale rappresentato dalla provincia ha dovuto dapprima fare i conti con la<br />

25


previsione normativa di carattere costituzionale di cui all’art. 114 che testualmente<br />

recita:<br />

“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle<br />

Regioni e dallo Stato.<br />

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con<br />

propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.<br />

Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo<br />

ordinamento.”<br />

Per superare tale ostacolo il Governo ha presentato uno specifico ed articolato disegno<br />

di legge di modifica costituzionale, esaminato dal Consiglio dei Ministri dell’8<br />

settembre 2011, su proposta del Presidente del Consiglio e dei Ministri per le riforme ed<br />

il federalismo e per la semplificazione normativa, che disciplina il procedimento di<br />

soppressione della Provincia quale ente locale statale.<br />

Nel testo predisposto sono state proposte modifiche agli artt. 114, 117, 118 e 119 della<br />

Costituzione, dirette ad espungere l’Ente Provincia, demandando altresì alla legislazione<br />

regionale, adottata previa intesa con il Consiglio <strong>delle</strong> autonomie locali di cui<br />

all'articolo 123, il compito di istituire <strong>sul</strong>l'intero <strong>territorio</strong> regionale forme associative<br />

quali enti locali regionali per l'esercizio <strong>delle</strong> funzioni di governo di area vasta nonché il<br />

relativo ordinamento.<br />

Sempre alle Regioni, nell'esercizio della propria competenza legislativa di cui all'art.<br />

117, quarto comma, della Costituzione, relativa agli enti locali regionali, verrebbe<br />

demandata la disciplina dell’ordinamento degli stessi “enti locali regionali”, in modo da<br />

assicurare che ogni ente locale regionale abbia una popolazione di almeno trecentomila<br />

abitanti oppure una estensione di almeno tremila chilometri quadrati.<br />

In caso di mancata entrata in vigore della legge regionale e fino alla entrata in vigore<br />

della stessa, il Governo, su proposta del Ministro dell'Interno, previa delibera del<br />

Consiglio dei Ministri, dovrebbe nominare, alla data di cessazione dei singoli mandati<br />

26


amministrativi provinciali in corso alla data di scadenza del termine per l’emanazione<br />

dell’apposita nuova disciplina regionale, un commissario 'ad acta' per l'esercizio di tutte<br />

le funzioni di ciascuna Provincia.<br />

In un tale contesto, infine, lo Stato, con propria legge, dovrebbe provvedere a<br />

razionalizzare la presenza dei propri uffici periferici, adeguandola a quanto previsto<br />

dalle leggi regionali adottate ai sensi dello stesso disegno di legge costituzionale.<br />

Sempre in materia di disegni di legge costituzionale, si deve far cenno dell’esame in<br />

corso, presso la Commissione I Affari Costituzionali della Camera dei Deputati di più<br />

proposte di modifica all’articolo 133 della Costituzione, in materia di istituzione,<br />

modificazione e soppressione <strong>delle</strong> province (gli A.C. 1242 cost. Gibelli, A.C. 4439<br />

cost. Bersani, A.C. 4493 cost. Pastore, A. C. 4499 cost. Calderisi, A. C. 4506 cost.<br />

Vassallo, A.C. 4682 d’iniziativa popolare e A.C. 4887 cost. Lanzillotta) attualmente<br />

all’esame di un apposito comitato ristretto, per la predisposizione di un testo base<br />

comune.<br />

In proposito basti ricordare che l’attuale articolo 133 della Costituzione in materia di<br />

istituzione e modifica del <strong>territorio</strong> <strong>delle</strong> province nell’ambito di una stessa Regione<br />

prevede che si provveda con legge della Repubblica su iniziativa dei comuni, sentita la<br />

regione stessa.<br />

2.3 <strong>Il</strong> disegno di legge A.S. 2259, c.d. Carta <strong>delle</strong> autonomie.<br />

II dettato costituzionale in materia di funzioni fondamentali è stato oggetto di più di un<br />

tentativo di attuazione.<br />

Un primo tentativo si è avuto con la legge n. 131 del 2003 che recava la delega, mai<br />

esercitata, per l’individuazione <strong>delle</strong> “funzioni fondamentali, ai sensi dell'articolo 117,<br />

secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di<br />

Comuni, Province e Città metropolitane nonché per il soddisfacimento di bisogni<br />

primari <strong>delle</strong> comunità di riferimento” (art. 2).<br />

27


In questa legislatura, è stato presentato alla Camera dei deputati, il 13 gennaio 2010, un<br />

disegno di legge (A.C. 3118) dal titolo “Individuazione <strong>delle</strong> funzioni fondamentali di<br />

Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali,<br />

nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta<br />

<strong>delle</strong> autonomie locali, razionalizzazione <strong>delle</strong> Province e degli Uffici territoriali del<br />

Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati”, approvato in prima lettura alla<br />

Camera il 30 giugno 2010 e trasmesso al Senato (A.S. 2259) ove è tuttora all’esame<br />

della 1ª Commissione Affari costituzionali.<br />

La determinazione <strong>delle</strong> funzioni fondamentali degli enti locali ri<strong>sul</strong>ta rilevante anche ai<br />

fini del federalismo fiscale.<br />

Infatti, l’art. 119, comma quarto, Cost. stabilisce che le risorse degli enti locali (e <strong>delle</strong><br />

regioni) – ossia tributi ed entrate proprie, compartecipazioni al gettito erariale e fondo<br />

perequativo - devono consentire il finanziamento integrale <strong>delle</strong> “funzioni pubbliche<br />

loro attribuite”. L’individuazione di tali funzioni appare, pertanto, un passaggio<br />

necessario per la valutazione dell’entità <strong>delle</strong> risorse finanziarie da attribuire alle<br />

autonomie locali.<br />

L’importanza dell’individuazione <strong>delle</strong> funzioni territoriali è confermata dalla legge n.<br />

42 del 2009, <strong>sul</strong> federalismo fiscale di attuazione dell’art. 119 Cost. Tale legge,<br />

nell’indicare i princìpi e i criteri direttivi della delega relativa al finanziamento <strong>delle</strong><br />

funzioni di comuni, province e città metropolitane, prevede una classificazione <strong>delle</strong><br />

spese degli enti locali ripartite in:<br />

- spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione statale;<br />

- spese relative alle altre funzioni;<br />

- spese finanziate con contributi speciali.<br />

In particolare, la legge n. 42 prevede l’integrale finanziamento <strong>delle</strong> spese riconducibili<br />

alle funzioni fondamentali, la cui individuazione è rinviata alla legislazione statale di<br />

attuazione dell’articolo 117, comma secondo, lett. p), mediante tributi propri,<br />

28


compartecipazioni e addizionali ai tributi erariali e regionali e fondo perequativo, che<br />

andranno a sostituire integralmente i trasferimenti statali. La garanzia del finanziamento<br />

integrale <strong>delle</strong> spese riconducibili alle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali <strong>delle</strong><br />

prestazioni da esse eventualmente implicate deve avvenire con modalità definite in base<br />

al “fabbisogno standard”, modalità che consente di superare il vigente criterio di<br />

finanziamento, basato <strong>sul</strong>la spesa storica (art. 11, co. 1, lett. b)).<br />

La fase transitoria, riconducibile ad un periodo di cinque anni per consentire il<br />

superamento definitivo del criterio della spesa storica, è disciplinata dall’art. 21 della<br />

legge <strong>sul</strong> federalismo che contiene principi e criteri direttivi per l’attuazione con decreti<br />

legislativi da parte del governo. In particolare, l’art. 21, co. 1, lett. e), dispone che, fin<br />

tanto che non saranno in vigore le disposizioni concernenti le funzioni fondamentali, il<br />

finanziamento <strong>delle</strong> spese degli enti locali avviene <strong>sul</strong>la base di alcuni specifici criteri.<br />

In particolare:<br />

- il fabbisogno <strong>delle</strong> funzioni di comuni e province viene finanziato assumendo l’ipotesi<br />

che l’80 per cento <strong>delle</strong> spese sia considerato come riconducibile alle funzioni<br />

fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali<br />

(punto 1);<br />

- l’80 per cento <strong>delle</strong> spese di comuni e province (cioè quelle di cui al punto 1), afferenti<br />

alle funzioni fondamentali, viene finanziato per mezzo <strong>delle</strong> entrate derivanti<br />

dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fondo<br />

perequativo; il residuo 20 per cento <strong>delle</strong> spese di cui al punto 1, relative alle altre<br />

funzioni, è finanziato per mezzo <strong>delle</strong> entrate derivanti dall’autonomia finanziaria,<br />

comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondo perequativo (punto 2).<br />

- a tal fine, il punto 3 prevede che venga preso a riferimento l’ultimo bilancio degli enti<br />

locali certificato a rendiconto, disponibile alla data di predisposizione degli schemi dei<br />

decreti legislativi attuativi della delega.<br />

Successivamente, l’articolo 3 del D.lgs. 26 novembre 2010, n. 216 (Determinazione dei<br />

fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province) considera, in via<br />

29


transitoria, quali funzioni fondamentali dei comuni e <strong>delle</strong> province le funzioni già<br />

individuate in via provvisoria come tali dall’articolo 21, commi 3 e 4, della legge 5<br />

maggio 2009, n. 42, che recano, rispettivamente, per i comuni e per le province, un<br />

elenco provvisorio <strong>delle</strong> funzioni fondamentali da finanziare integralmente <strong>sul</strong>la base<br />

del fabbisogno standard, ai sensi del comma 2.<br />

I decreti legislativi prevedono altresì che l'elenco provvisorio <strong>delle</strong> funzioni possa essere<br />

adeguato attraverso accordi tra Stato, regioni, province e comuni, da concludere in sede<br />

di Conferenza unificata (comma 5).<br />

Per quanto concerne il richiamato disegno di legge dal titolo “Individuazione <strong>delle</strong><br />

funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento<br />

regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di<br />

funzioni amministrative, Carta <strong>delle</strong> autonomie locali, razionalizzazione <strong>delle</strong> Province<br />

e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati”,<br />

approvato in prima lettura alla Camera il 30 giugno 2010 e trasmesso al Senato (AS<br />

2259) che è tuttora all’esame della 1ª Commissione Affari costituzionali, si deve fare<br />

menzione dell’art. 15, così come approvato dalla Camera dei Deputati, che prevede,<br />

proprio al fine di conseguire la razionalizzazione degli Uffici decentrati dello Stato una<br />

specifica delega al Governo in materia di <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo.<br />

Con tale delega il Governo sarebbe delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla<br />

data di entrata in vigore della stessa legge, uno o più decreti legislativi recanti il riordino<br />

e la razionalizzazione degli uffici periferici dello Stato, con l’osservanza tra gli altri del<br />

seguente princìpio e criterio direttivo:<br />

e) mantenimento della circoscrizione provinciale quale ambito territoriale di<br />

competenza <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo. Soppressione, a<br />

decorrere dalla razionalizzazione <strong>delle</strong> province, <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del<br />

Governo non rispondenti ai nuovi ambiti territoriali provinciali conseguenti alla<br />

razionalizzazione;<br />

f) titolarità in capo alle <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo <strong>delle</strong> funzioni<br />

30


espressamente conferite e di tutte le attribuzioni dell’amministrazione periferica dello<br />

Stato non espressamente conferite ad altri uffici;<br />

g) accorpamento, nell’ambito della prefettura-ufficio territoriale del Governo, <strong>delle</strong><br />

strutture dell’amministrazione periferica dello Stato le cui funzioni sono conferite<br />

all’ufficio medesimo;<br />

h) garanzia della concentrazione dei servizi comuni e <strong>delle</strong> funzioni strumentali da<br />

esercitare unitariamente, assicurando un’articolazione organizzativa e funzionale atta a<br />

valorizzare le specificità professionali, con particolare riguardo alle competenze di tipo<br />

tecnico;<br />

i) disciplina <strong>delle</strong> modalità di svolgimento in sede periferica da parte <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>uffici<br />

territoriali del Governo di funzioni e compiti di amministrazione periferica la cui<br />

competenza ecceda l’ambito provinciale;<br />

l) mantenimento dei ruoli di provenienza per il personale <strong>delle</strong> strutture periferiche<br />

trasferite alla prefettura-ufficio territoriale del Governo e della disciplina vigente per il<br />

reclutamento e per l’accesso ai suddetti ruoli, nonché mantenimento della dipendenza<br />

funzionale della prefettura-ufficio territoriale del Governo o di sue articolazioni dai<br />

Ministeri di settore per gli aspetti relativi alle materie di competenza;<br />

m) assicurazione che, per il conseguimento degli obiettivi di riduzione del 25 per cento<br />

degli oneri amministrativi, entro il 2012, nell’ambito degli obiettivi della Strategia di<br />

Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17<br />

giugno 2005, le amministrazioni interessate procedano all’accorpamento <strong>delle</strong> proprie<br />

strutture periferiche nell’ambito <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo entro un<br />

congruo termine stabilito dai decreti legislativi di cui al presente articolo;<br />

n) previsione della nomina e <strong>delle</strong> funzioni dei prefetti preposti alle <strong>prefetture</strong>-uffici<br />

territoriali del Governo, quali commissari ad acta nei confronti <strong>delle</strong> amministrazioni<br />

periferiche che non abbiano provveduto nei termini previsti all’accorpamento di cui alla<br />

lettera m);<br />

31


o) previsione dell’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su<br />

proposta del Ministro dell’economia e <strong>delle</strong> finanze, del Ministro dell’interno, del<br />

Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, del Ministro per le riforme<br />

per il federalismo e del Ministro per la semplificazione normativa, sentiti i Ministri<br />

interessati, che stabilisca l’entità e le modalità applicative della riduzione degli<br />

stanziamenti per le amministrazioni che non abbiano proceduto all’accorpamento <strong>delle</strong><br />

proprie strutture periferiche.<br />

Per tale previsione normativa, tuttora in itinere all’esame del Senato della Repubblica, è<br />

stato proposto un ulteriore emendamento, il n. 15.100, che lo vorrebbe riformulare per<br />

intero, prevedendo, per quanto attiene alle modalità di esercizio <strong>delle</strong> funzioni statali <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong>, che fino al completamento del trasferimento di funzioni statali a regioni ed<br />

enti locali, le funzioni amministrative esercitate dalle amministrazioni periferiche dello<br />

Stato, che devono essere conferite a regioni ed enti locali, sono concentrate<br />

provvisoriamente presso le <strong>prefetture</strong> – uffici territoriali del Governo.<br />

Le <strong>prefetture</strong> – uffici territoriali del Governo svolgono specifica attività volta a<br />

sostenere ed agevolare il trasferimento <strong>delle</strong> funzioni stesse e <strong>delle</strong> relative risorse,<br />

concorrendo alle necessarie intese con il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> regioni e degli enti locali.<br />

Al termine del processo di trasferimento di funzioni, le residue funzioni statali <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong> sono esercitate presso le <strong>prefetture</strong> – uffici territoriali del Governo.<br />

La rideterminazione <strong>delle</strong> strutture periferiche assicura maggiori livelli di funzionalità<br />

attraverso l'esercizio unitario <strong>delle</strong> funzioni logistiche e strumentali, l'istituzione di<br />

servizi comuni e l'uso in via prioritaria dei beni immobili di proprietà pubblica.<br />

Le nuove disposizioni non si applicherebbero alle amministrazioni periferiche dei<br />

Ministeri degli affari esteri, della giustizia e della difesa ed agli uffici i cui compiti sono<br />

attribuiti ad agenzie statali.<br />

Ciò posto, appare con sufficiente chiarezza dall’attuale quadro legislativo, sia vigente<br />

che “in fieri”, come la posizione dell’Ente Provincia, sia ancora lontana dall’ipotesi di<br />

32


effettiva abolizione, essendosi mutate soltanto le modalità di elezione (da diretta ad<br />

indiretta) degli organi, in quadro legislativo che tuttora riconosce notevoli funzioni ed<br />

attività allo stesso Ente.<br />

33


3 Dall’ufficio territoriale del Governo al nuovo modello di<br />

prefettura-UTG<br />

3.1 L’articolo 11 del D. Lgs. n. 300/99: creazione dell’ufficio<br />

territoriale del Governo nell’ambito del riassetto della p.a. <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong><br />

L’evoluzione dell’istituto prefettizio e dell’ufficio territoriale del Governo deve<br />

necessariamente essere letta nell’ambito della riforma dell’amministrazione periferica<br />

dello Stato che, a sua volta, trova la propria origine nel lungo processo di<br />

trasformazione e modernizzazione tracciato dalle leggi Bassanini<br />

decentramento amministrativo è il principale elemento portante.<br />

10 , in cui il<br />

Infatti, nel quadro della delega ex art. 11 della legge n. 59/97, venne dato mandato al<br />

Governo di riorganizzare e razionalizzare gli organi di rappresentanza periferica dello<br />

Stato riconoscendo agli stessi un ruolo di raccordo, supporto e collaborazione con<br />

Regioni ed Enti locali al fine di promuovere e governare, il più adeguatamente<br />

possibile, il decentramento amministrativo.<br />

Venne dato mandato altresì di procedere al riordino <strong>delle</strong> strutture periferiche dei<br />

ministeri, dislocate presso ciascuna provincia, in una logica di accorpamento e<br />

concentrazione finalizzata al necessario recupero di efficienza e miglioramento dei<br />

rapporti con il cittadino, garantendo quindi una maggiore speditezza dell’azione<br />

amministrativa tramite il superamento della frammentazione <strong>delle</strong> procedure.<br />

Lo scopo era quindi ridefinire il <strong>sistema</strong> amministrativo centrale, semplificare le regole,<br />

misurare l’attività amministrativa, individuare nuove modalità di tutela del cittadino e<br />

rimodulare il ruolo del pubblico impiego e degli apparati amministrativi.<br />

In relazione a ciò, è ri<strong>sul</strong>tata evidente la necessità di una “messa a <strong>sistema</strong>” di tutte le<br />

componenti territoriali che ha quale presupposto, per una sua complessiva e concreta<br />

funzionalità, strumenti di integrazione e raccordo sia in linea orizzontale tra l’azione<br />

10<br />

Sotto la dizione “leggi Bassanini” sono compresi alcuni provvedimenti normativi italiani<br />

principalmente ispirati o redatti da Franco Bassanini: la Legge 15 marzo 1997, n. 59, la Legge 15 maggio<br />

1997, n.127, la Legge 16 giugno 1998, n.191, la Legge 8 marzo 1999, n.50.<br />

35


degli Enti locali, della Regione e degli uffici statali, sia in senso verticale, tra <strong>sistema</strong><br />

territoriale e centrale 11 .<br />

Ciò non poteva che realizzarsi attraverso il livello istituzionale più prossimo al tessuto<br />

locale, vale a dire il prefetto che, per tradizione, ha sempre avuto il ruolo di “sensore”<br />

dei fenomeni che si manifestano <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> ed è la figura istituzionale che sembra più<br />

idonea a svolgere una funzione propulsiva e al tempo stesso regolatrice <strong>delle</strong> situazioni<br />

e degli interessi locali.<br />

Con il D. Lgs. n. 300/1999, pertanto, il Governo, nel dare attuazione alla delega<br />

legislativa <strong>sul</strong>la riforma dell’organizzazione dei Ministeri prevista dagli artt. 11 e 12<br />

della citata legge Bassanini n. 59 del 1997, ha individuato – facendone un punto cardine<br />

della riforma – la nuova struttura organizzativa definita Ufficio territoriale del Governo,<br />

quale punto di confluenza del riassetto della Pubblica Amministrazione <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> 12 .<br />

L‘originaria formulazione dell’art. 11 del D. Lgs. n.300/99 prevedeva che “le <strong>prefetture</strong><br />

sono trasformate in uffici territoriali del Governo”, mantengono le funzioni di<br />

competenza <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>, assumono quelle loro assegnate dal decreto legislativo<br />

stesso e diventano titolari di tutte le attribuzioni dell’Amministrazione periferica dello<br />

Stato non espressamente conferite ad altro ufficio (art. 11, co. 2). Veniva altresì affidata<br />

all’emanando regolamento il riordino e l’accorpamento nell’UTG dei compiti e <strong>delle</strong><br />

strutture degli uffici periferici dell’ amministrazione statale. Al riguardo, però, venivano<br />

espressamente escluse, al comma 5 del citato art. 11, le Amministrazioni periferiche<br />

degli affari esteri, della giustizia, della difesa, del tesoro, <strong>delle</strong> finanze, della pubblica<br />

istruzione, dei beni e <strong>delle</strong> attività culturali e gli uffici i cui compiti venivano attribuiti<br />

dallo stesso decreto legislativo alle agenzie.<br />

Al medesimo comma 5 era poi previsto che il titolare dell’UTG è coadiuvato da una<br />

Conferenza permanente composta dai responsabili <strong>delle</strong> strutture periferiche dello Stato<br />

provinciali e, nel capoluogo di Regione, regionali.<br />

11 Sul tema: L’accordo nell’azione amministrativa a cura del Formez, Roma, 1988, con interventi di F<br />

PIGA, G. BERTI, G. PASTORI, G. CORSI, V. CERULLI IRELLI, M. NIGRO.<br />

12 Cfr. C. MOSCA, La nuova Prefettura ponte tra lo Stato e le Comunità Locali, in “Amministrazione<br />

Civile”, ottobre 2001.<br />

36


L’intento della disposizione innanzi descritta era certamente quello di recuperare<br />

l’antica vocazione generalista della prefettura conferendole una dimensione<br />

interministeriale caratterizzata da un ruolo orizzontale di coordinamento<br />

amministrativo. Ciò allo scopo di realizzare, nell’ottica primaria di semplificazione<br />

dell’azione pubblica, un’amministrazione più snella, meglio coordinata, più capace di<br />

attuare un efficace raccordo tra Stato e <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie locali e regionali 13 .<br />

Sono ben note, infatti, le difficoltà e resistenze che hanno da sempre ostacolato il pieno<br />

conseguimento, nel nostro ordinamento, di un’amministrazione periferica non<br />

frammentata. Ciò perché l’azione dei vari organismi periferici si è sempre orientata<br />

maggiormente in senso verticale, verso gli apparati centrali, che non verso il contesto<br />

locale in cui si trovava ad operare.<br />

Nell’intenzione del legislatore, quindi, la nuova normativa avrebbe dovuto completare<br />

la riforma della struttura amministrativa dello Stato così come delineata dalla legge n.<br />

59/1997, nel senso dell’affermazione della centralità dell’organizzazione periferica dello<br />

Stato, adottando il modello della confluenza al fine di rendere più efficace l’attività di<br />

coordinamento <strong>delle</strong> residue funzioni statali svolte <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.<br />

<strong>Il</strong> <strong>sistema</strong> statuale veniva quindi riorganizzato sotto il profilo funzionale per essere in<br />

grado di collaborare, con risposte concrete ed adeguate, alle richieste locali a fronte<br />

<strong>delle</strong> sempre maggiori competenze <strong>delle</strong> Autonomie locali.<br />

Nel regolamento emanato con DPR n.287/01 venivano disciplinati i compiti e le<br />

responsabilità del titolare dell’UTG, nonché riordinati i compiti degli uffici periferici<br />

coinvolti nell’accorpamento. Di rilievo centrale appare la definizione dell’UTG quale<br />

struttura di governo a competenza generale, a supporto del prefetto, rappresentante<br />

generale del Governo, per il coordinamento <strong>delle</strong> pubbliche amministrazioni statali <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong> e di collaborazione con le Regioni e gli Enti locali 14 . Ciò a conferma di un<br />

13 cfr. C. MEOLI, <strong>Il</strong> nuovo profilo della prefettura-Ufficio territoriale del Governo, in “Giornale di diritto<br />

amministrativo” n.10/2004.<br />

14<br />

E’ interessante ricordare che, in applicazione <strong>delle</strong> disposizioni istitutive dell’UTG, era stato previsto<br />

presso le <strong>prefetture</strong> il posto di funzione di “coordinatore” dell’UTG – in posizione di co-management<br />

generale – cui erano stati attribuiti i seguenti compiti: coordinamento <strong>delle</strong> aree funzionali preposte<br />

all’esercizio a livello periferico <strong>delle</strong> funzioni e dei compiti dei Ministeri <strong>delle</strong> Attività Produttive, <strong>delle</strong><br />

37


uolo di centralità dell’UTG nonchè di raccordo e cooperazione tra Stato e <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong><br />

Autonomie.<br />

Particolarmente rilevanti appaiono poi le funzioni di raccordo del prefetto con la<br />

Presidenza del Consiglio dei Ministri, il <strong>Ministero</strong> dell’Interno e gli altri ministeri ai fini<br />

del supporto informativo e valutativo all’attività di impulso, indirizzo e coordinamento.<br />

Molto significativa è anche la previsione della titolarità di tutte le attribuzioni<br />

dell’amministrazione periferica dello Stato non conferite espressamente ad altri uffici.<br />

Ancora, di notevole interesse ri<strong>sul</strong>tano le funzioni connesse alla potestà di indirizzo e di<br />

coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri; all’eliminazione di<br />

duplicazioni organizzative o funzionali; alla semplificazione di procedure; all’attuazione<br />

<strong>delle</strong> misure di coordinamento nei rapporti tra Stato ed Autonomie locali definite nella<br />

Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali, ai sensi dell’art. 9, comma 5, D. Lgs. n.<br />

281/1997; all’attuazione <strong>delle</strong> leggi generali <strong>sul</strong> procedimento amministrativo, <strong>sul</strong>la<br />

cooperazione tra le pubbliche amministrazioni e <strong>sul</strong>l’adeguamento tecnologico <strong>delle</strong><br />

dotazioni strumentali degli uffici; al potere di promuovere e stipulare convenzioni per<br />

regolare le modalità di utilizzazione, da parte dello Stato o della Regione, di uffici<br />

appartenenti all’uno o all’altro Ente, nonché di indire la conferenza di servizi per la cura<br />

di interessi statali.<br />

Infrastrutture e dei Trasporti, del Lavoro, della Salute e <strong>delle</strong> Politiche Sociali costituite con il personale<br />

assegnato dalle rispettive amministrazioni; assicurazione dell’esercizio dei necessari rapporti funzionali<br />

con i dirigenti <strong>delle</strong> predette Aree e vigilanza <strong>sul</strong>l’attuazione <strong>delle</strong> direttive emanate dai rispettivi Ministri<br />

ai sensi dell’art.14 del D.L. n.29/1993; coordinamento <strong>delle</strong> unità preposte all’esercizio, a livello<br />

periferico, <strong>sul</strong>la base di apposite convenzioni, di funzioni del <strong>Ministero</strong> dell’Ambiente e della Tutela del<br />

Territorio, e <strong>delle</strong> Agenzie per le normative ed i controlli tecnici e per la proprietà industriale;<br />

coordinamento dell’esercizio, a livello periferico, <strong>delle</strong> funzioni di altre amministrazioni dello Stato per le<br />

quali la legge preveda l’avvalimento dell’U.T.G. e di ogni altro compito dello Stato non attribuito dalla<br />

legge ad altri Uffici; raccordo tra le Aree Funzionali preposte all’esercizio a livello periferico <strong>delle</strong><br />

funzioni e dei compiti degli altri Ministeri ed i Servizi Comuni dell’U.T.G.; convocazione di periodiche<br />

riunioni dei Dirigenti <strong>delle</strong> Aree Funzionali preposte all’esercizio a livello periferico <strong>delle</strong> funzioni e dei<br />

compiti dei Ministeri di settore e dei Servizi Comuni, al fine di verificare lo stato di conseguimento degli<br />

obiettivi assegnati, il funzionamento del <strong>sistema</strong> dei controlli e l’attuazione <strong>delle</strong> strategie generali di<br />

intervento <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>. (cfr. DM 18.11.2002 di individuazione dei posti di funzione presso le <strong>prefetture</strong>-<br />

UTG e tabelle allegate).<br />

Nel successivo DM 4.8.2005 e relative tabelle allegate, il suddetto posto di funzione non compare più e il<br />

vicario del prefetto viene ridefinito “vicario-coordinatore”, mantenendo solo i compiti riferiti all’istituto<br />

dell’avvalimento.<br />

38


Di rilievo essenziale è poi il previsto accorpamento nell’UTG <strong>delle</strong> funzioni e compiti<br />

degli uffici periferici dei ministeri <strong>delle</strong> attività produttive, <strong>delle</strong> infrastrutture e<br />

trasporti, del lavoro, della salute e <strong>delle</strong> politiche sociali, secondo una logica di<br />

semplificazione e concentrazione <strong>delle</strong> risorse. Con ciò il legislatore non aveva inteso<br />

dar luogo ad una “fusione ” , mediante il completo assorbimento degli uffici periferici,<br />

personale e mezzi, nell’ambito del nuovo ufficio prefettizio, fino a ridurlo ad unità,<br />

quanto, piuttosto, aveva voluto operare solo un “accorpamento”, per effetto del quale il<br />

personale <strong>delle</strong> strutture periferiche trasferite avrebbe mantenuto il ruolo di<br />

provenienza 15 .<br />

<strong>Il</strong> prefetto, quindi, assumeva la veste di coordinatore funzionale degli uffici statali<br />

periferici definiti “a necessaria autonomia funzionale”, gerarchicamente dipendenti<br />

dalle proprie amministrazioni (Esteri, Giustizia, Difesa, Istruzione); veniva chiamato a<br />

dirigere gli uffici statali “accorpati” negli UTG, che venivano assorbiti, pur restando<br />

nelle proprie sedi (Sanità, Trasporti, Lavoro, Attività Produttive); doveva, infine,<br />

collaborare con gli enti locali attraverso l’istituto dell’”avvalimento” (art. 1, comma 2,<br />

lett. g, DPR n. 287/01), inteso come interscambio orizzontale e continuo, finalizzato a<br />

promuovere la crescita dei comuni minori e ad assicurare la più ampia partecipazione<br />

dei cittadini all’amministrazione della cosa pubblica, in piena attuazione del principio di<br />

sussidiarietà 16 .<br />

Lo Stato, dunque, finalmente rinunciava alla sua posizione di supremazia per porsi in<br />

un’attività di servizio e di piena disponibilità, quale interlocutore paritario <strong>delle</strong><br />

autonomie locali e <strong>delle</strong> stesse rappresentanze sociali.<br />

In questo contesto, la previsione della Conferenza permanente, della quale si dirà più<br />

approfonditamente in seguito, assumeva significativa rilevanza strumentale rispetto alla<br />

funzione di coordinamento <strong>delle</strong> molteplici attività ancora esercitate dallo Stato <strong>sul</strong><br />

15 R. LAURO, V. MADONNA, <strong>Il</strong> Prefetto della Repubblica tra Istituzioni e Società, Maggioli Ed., 2005,<br />

pag. 291 e ss.<br />

16 L. FALCO, La nuova presenza dello Stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, in Instrumenta, Anno VIII, n. 23 – maggioagosto<br />

2004, pag. 449.<br />

39


<strong>territorio</strong> provinciale ed al concreto esercizio <strong>delle</strong> funzioni di raccordo e di supporto<br />

all’attività del prefetto, quale rappresentante generale del Governo.<br />

3. 2 I problemi applicativi e le ragioni della mancata attuazione<br />

dell’UTG.<br />

<strong>Il</strong> modello UTG del 1999 aveva evidenziato sin dall’inizio alcuni problemi applicativi.<br />

Taluni di essi erano riferiti proprio al funzionamento della Conferenza permanente:<br />

mancanza, nella normativa all’epoca vigente, di una dettagliata esposizione degli<br />

argomenti o <strong>delle</strong> questioni da portare all’esame della Conferenza; dubbi in merito alla<br />

natura del deliberato del collegio e quindi alla sua valenza rispetto alle decisioni assunte<br />

dal prefetto (parere necessario e vincolante ovvero atto amministrativo autonomo, ma<br />

costitutivo della determinazione conclusiva del prefetto e dunque concorrente alla<br />

formazione di un “atto complesso”); mancata previsione di risorse finanziarie atte a<br />

garantire il raggiungimento degli scopi e degli obiettivi programmati e di effettivi poteri<br />

di intervento rispetto alle situazioni riscontrate, nonché di adeguati poteri coercitivi per i<br />

casi di inadempienza.<br />

Ma i problemi più rilevanti hanno riguardato la cosiddetta confluenza: infatti, si erano<br />

subito registrate forti resistenze da parte <strong>delle</strong> Amministrazioni statali le cui<br />

articolazioni periferiche erano destinate ad essere assorbite negli UTG, resistenze<br />

ulteriormente rafforzate da provvedimenti che, nel riordinare alcuni Dicasteri, avevano<br />

escluso implicitamente o esplicitamente la realizzazione del processo di confluenza.<br />

Così ad esempio, il <strong>Ministero</strong> <strong>delle</strong> Comunicazioni, istituito dallo scorporo dal<br />

<strong>Ministero</strong> <strong>delle</strong> Attività Produttive, rinviando per l’organizzazione degli uffici e per<br />

l’ordinamento interno ad una normativa previgente alla data di operatività <strong>delle</strong><br />

disposizioni del D. Lgs. n. 300/99, aveva ritenuto di non essere più coinvolto nel<br />

processo di confluenza.<br />

Analogamente, il <strong>Ministero</strong> <strong>delle</strong> Infrastrutture e Trasporti, con il D. Lgs. n. 152/2003 di<br />

riforma della propria organizzazione, aveva previsto la soppressione <strong>delle</strong> strutture<br />

40


competenti in materia di patenti di guida ed immatricolazione, che avrebbero dovuto<br />

confluire nell’UTG, e l’istituzione ex novo dei Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti<br />

di livello sovraregionale (S.I.I.T.), quali proprie articolazioni periferiche 17 .<br />

A conferma di quanto sopra è da segnalare che la Corte dei Conti, nella “Relazione <strong>sul</strong><br />

rendiconto generale dello Stato 2003”, ha affermato che gli uffici territoriali del<br />

Governo “non hanno mai raggiunto la soglia dell’operatività a causa <strong>delle</strong> resistenze<br />

che, contro l’assorbimento in essi di una quota pur modesta di uffici statali periferici,<br />

sono state opposte dalle amministrazioni centrali”.<br />

Forse le amministrazioni interessate alla confluenza nell’UTG non avevano colto la<br />

ratio del <strong>sistema</strong>, che era quella di individuare in periferia un’autorità a competenza<br />

generale in grado di decidere in loco, superando la storica situazione di dipendenza della<br />

periferia dal centro, che aveva comportato tanti disservizi. Esse avevano invece colto<br />

l’aspetto, ovviamente non desiderato, di una doppia dipendenza: dai propri vertici<br />

centrali e da un’altra autorità “estranea” 18 .<br />

E' pur vero, però, che la stessa formulazione della norma (art.11 del D. Lgs. n. 300/99)<br />

conteneva già in se stessa una palese contraddizione laddove al comma 4 prevedeva<br />

l'accorpamento e al comma 5 escludeva dall'applicazione della norma i più importanti<br />

uffici periferici (affari esteri, giustizia, difesa, tesoro, finanze, pubblica istruzione, beni e<br />

attività culturali) svuotando di contenuto la disposizione medesima.<br />

7 Più in generale, come riportato nell’Audizione del Ministro dell’Interno Pisanu <strong>sul</strong>l’attuazione della<br />

riforma <strong>delle</strong> Prefetture UTG - in Instrumenta, Anno VIII, n. 22, gennaio-aprile 2004 - diverse<br />

Amministrazioni statali, facendo leva <strong>sul</strong> carattere specialistico e tecnico di alcune funzioni svolte dalle<br />

rispettive strutture periferiche, si opposero all’accorpamento funzionale, organizzativo e logistico <strong>delle</strong><br />

strutture stesse negli UTG, impedendo “l’auspicata sinergia di tutte le funzioni strumentali, con i<br />

conseguenti miglioramenti in termini di costi e di efficienza”; nello stesso resoconto, il Sen. Bassanini,<br />

dopo aver ricordato che il D. Lgs. 300 fu il ri<strong>sul</strong>tato di un compromesso, più limitato rispetto al disegno<br />

originario della riforma, che comprendeva il coinvolgimento anche di altre amministrazioni, auspicava<br />

che non fosse ulteriormente svuotata la funzione degli UTG, poiché altrimenti non si sarebbero potuti<br />

conseguire gli obiettivi sottolineati dallo stesso ministro Pisanu. Quanto alle resistenze <strong>delle</strong> altre<br />

amministrazioni rispetto alla confluenza, il Sen. Bassanini riteneva che il mantenimento del riferimento<br />

alle Prefetture potrebbe indurre a pensare che l’UTG, anziché un punto di riferimento per le<br />

amministrazioni dello Stato, sia un organo alle dirette dipendenze dell’Amministrazione dell’Interno.<br />

Continuava affermando che per il successo della riforma sarebbe stato necessario un impegno più incisivo<br />

della Presidenza del Consiglio (in particolare del Ministro per la Funzione Pubblica) e si sarebbe dovuto<br />

evidenziare l’effetto positivo per lo sviluppo <strong>delle</strong> autonomie locali.<br />

18 L. FALCO, La nuova presenza dello Stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, cit., pag. 453 e ss.<br />

41


D’altra parte, forse, anche il nuovo organismo “UTG” non appariva ancora pronto<br />

rispetto all’accorpamento di uffici che - per quanto di modesto rilievo rispetto a quelli<br />

esclusi - si caratterizzavano per competenze tecniche e specialistiche e, spesso, per<br />

situazioni di grave carenza di organico.<br />

<strong>Il</strong> descritto fenomeno di resistenza alla confluenza ha quindi contribuito in maniera<br />

determinante al fallimento (ma più che di fallimento deve parlarsi di mancata<br />

attuazione) del modello UTG, ma non solo: la strutturazione generale dell'art. 11 del D.<br />

Lgs n.300/99 e del successivo regolamento di attuazione dà indicazioni non univoche<br />

per quanto riguarda il ruolo di effettiva rilevanza dell'UTG e non sembra aver superato<br />

una concezione ancora centralistica dell'amministrazione. Infatti, gli aspetti che<br />

sembrano accrescere le potenzialità dell’UTG (quali la denominazione stessa di UTG<br />

nonchè la collocazione dell’art.11 nella parte della norma relativa all’intero Governo e<br />

non al <strong>Ministero</strong> dell’Interno) vengono in parte frustrati da altri aspetti di segnale<br />

opposto, quali la dipendenza funzionale dell’UTG dai singoli ministeri; la presenza, in<br />

materia finanziaria, di un unico fondo la cui gestione e rendicontazione restano però<br />

distinte 19 .<br />

Può certamente soggiungersi, inoltre, che la non attuazione dell’UTG costituisce uno<br />

dei segnali del fatto che il principale obiettivo della riforma dell’amministrazione<br />

centrale, e cioè il passaggio da una situazione di frammentazione <strong>delle</strong> strutture ad una<br />

situazione di fusione finalizzata alla loro diminuzione e conseguente accresciuta<br />

efficienza, nella sostanza è stato parzialmente disatteso 20 .<br />

In tale quadro è intervenuta la riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione, disposta<br />

con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e con legge 5 giugno 2003, n. 131, di<br />

adeguamento dell’ordinamento al nuovo Titolo V (c.d. “Legge La Loggia”) che –<br />

completando e definendo l’assetto pluralistico della Repubblica - ha posto l'esigenza di<br />

una ridefinizione del ruolo della prefettura – UTG.<br />

19 cfr. C. MEOLI, <strong>Il</strong> nuovo profilo della Prefettura – ufficio territoriale del Governo, cit.<br />

20 cfr. C. FRANCHINI, La riforma dell’amministrazione centrale, in La riforma dell’amministrazione<br />

centrale, a cura di G. VESPERINI, Milano, Giuffrè, 2005.<br />

42


In effetti, l'art. 10 L. n. 131/2003, sopprimendo la figura del Commissario del Governo,<br />

attribuiva ai prefetti dei capoluoghi di Regione a statuto ordinario la funzione di<br />

rappresentante dello Stato per i rapporti con il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie. Tale<br />

disposizione, nel contesto <strong>delle</strong> misure ordinamentali volte ad attuare la riforma del<br />

Titolo V, confermava il fondamentale compito di raccordo con le autonomie locali<br />

dell’UTG, “vero polo di riferimento unitario <strong>delle</strong> pubbliche amministrazioni <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong>, a garanzia del dialogo istituzionale” 21 .<br />

3.3 <strong>Il</strong> D. Lgs. n. 29/2004: nuovo modello di prefettura-UTG come punto<br />

di equilibrio nei rapporti tra Stato e autonomie territoriali<br />

L’attuazione dei principi fondanti della riforma costituzionale – sussidiarietà e leale<br />

collaborazione – comporta un preciso impegno di tutti i livelli istituzionali riconosciuti<br />

dalla Costituzione con pari dignità (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e<br />

Stato) e può essere realizzata solo con la valorizzazione <strong>delle</strong> sedi di concertazione tra<br />

tutti questi soggetti interessati.<br />

Emerge quindi con sempre maggiore evidenza la necessità di un forte ruolo di raccordo,<br />

interazione e collaborazione con il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie locali; ciò al fine di<br />

garantire le rispettive sfere di attribuzione, non soltanto nei confronti dello Stato ma<br />

anche e soprattutto nei rapporti reciproci tra i diversi enti territoriali.<br />

Ecco che si impone un ripensamento del modello “UTG”: con D. Lgs. n.29/2004 viene<br />

riformulato l'art. 11 del D. Lgs. n. 300/99 compiendo una necessaria scelta di rottura<br />

rispetto al passato. Prendendo atto <strong>delle</strong> difficoltà attuative di cui si è detto sopra, si<br />

provvede, infatti, ad abrogare le disposizioni relative alla confluenza e ad attribuire<br />

all’UTG una funzione di coordinamento dell’attività amministrativa degli uffici<br />

periferici dello Stato anche ai fini della garanzia della leale collaborazione di questi con<br />

gli enti locali. Viene ripristinata, accanto a quella di UTG, la denominazione di<br />

“prefettura” (peraltro di fatto mai abbandonata) e viene confermata la previsione della<br />

21 Audizione del Ministro On.le Pisanu <strong>sul</strong>l’attuazione della riforma <strong>delle</strong> Prefetture-UTG, cit., durante la<br />

quale venne riproposta la metafora dell’Amministrazione “portaerei” per esaltare la funzione<br />

spiccatamente interministeriale <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG, <strong>sul</strong> modello della “grande prefettura”, già<br />

sperimentato con successo in Francia.<br />

43


Conferenza permanente, quale strumento del coordinamento che fa capo al prefetto, con<br />

una sostanziale innovazione - la partecipazione, in via ordinaria, dei rappresentanti degli<br />

enti locali – che conferisce all’organismo un ruolo e un ambito più rilevanti rispetto al<br />

passato.<br />

<strong>Il</strong> nuovo modello di prefettura-UTG vede la luce all’indomani dell’intervento della<br />

Corte Costituzionale che, con sentenza n. 303 del 2003, nell’ormai mutato panorama<br />

costituzionale, aveva affermato il ruolo centrale dello Stato, e quindi <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-<br />

UTG, di garante <strong>delle</strong> istanze unitarie della Repubblica a salvaguardia dell’equilibrio<br />

costituzionale dei poteri e <strong>delle</strong> funzioni, a tutela della identità unitaria dei valori di cui<br />

la Repubblica è espressione, “in un momento delicato in cui occorre costruire un nuovo<br />

<strong>sistema</strong> di rapporti tra Stato ed autonomie territoriali, che con equilibrio ed efficienza<br />

tenga conto della storia e <strong>delle</strong> peculiarità del nostro Paese” 22 .<br />

La Con<strong>sul</strong>ta 23 ha puntato alla tutela di quella che viene definita “l’attività unificante<br />

dello Stato”, recuperando la centralità del ruolo statale e chiarendo che, al fine di<br />

realizzare tale esigenza, la legge statale, ai sensi dell’art.118, co.1, Cost., può attrarre in<br />

via sussidiaria funzioni amministrative di spettanza degli enti locali nelle materie di<br />

competenza legislativa statale esclusiva o concorrente, incidendo <strong>sul</strong>la stessa<br />

distribuzione della potestà legislativa.<br />

<strong>Il</strong> principio di sussidiarietà, operando assieme a quello di adeguatezza, assume, pertanto,<br />

una valenza dinamica, in grado di attrarre nella sfera statale funzioni amministrative e<br />

normative. E’ di tutta evidenza come, in tale ottica, assumono grande rilevanza le<br />

indispensabili intese interistituzionali. Diventa, cioè, fondamentale che vi sia l’accordo<br />

e la condivisione tra i livelli di governo interessati. E le intese possono essere raggiunte<br />

attraverso il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Conferenze istituito a livello centrale, che diventa sede di<br />

progettazione <strong>delle</strong> iniziative legislative del Governo, assunte con l’accordo degli Enti<br />

22 P. FORMICOLA, La funzione prefettizia di promozione della leale collaborazione interistituzionale per<br />

la tutela dei diritti civili e sociali dei cittadini, in Instrumenta, Anno VIII, n. 22, gennaio-aprile 2004, pag.<br />

95.<br />

23 La Corte era chiamata ad appurare se il legislatore nazionale abbia titolo per assumere e regolare<br />

l’esercizio di funzioni amministrative su materie in relazione alle quali esso non vanti una potestà<br />

legislativa esclusiva, ma solo una potestà concorrente.<br />

44


locali. A ciò si aggiunge il ruolo che la legge n. 131/2003, art. 10, come già detto, affida<br />

ai prefetti dei capoluoghi di Regione, di rappresentanti dello Stato per i rapporti con il<br />

<strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie, chiedendo loro di svolgere compiti di attuazione del principio<br />

di leale collaborazione interistituzionale, per garantire la comunicazione e l’integrazione<br />

tra i diversi livelli di governo, il sostanziale equilibrio del <strong>sistema</strong> pubblico e quindi il<br />

perseguimento dell’obiettivo comune dell’interesse generale, anche attraverso le<br />

Conferenze permanenti.<br />

Nel quadro descritto, la riforma dell’ art. 11 D. Lgs. n. 300/99 ha colto, esaltandola, la<br />

funzione di raccordo, interazione e collaborazione con le autonomie locali, rispondendo<br />

all’esigenza di garantire agli enti locali il rispetto <strong>delle</strong> attribuzioni ad essi conferite, non<br />

soltanto nei confronti dello Stato, ma anche nei confronti degli stessi enti autonomi di<br />

pari o di diverso livello territoriale nei loro rapporti reciproci 24 .<br />

<strong>Il</strong> nuovo art. 11 D. Lgs. n. 300/99, come già accennato, elimina del tutto anche i pochi<br />

casi di “accorpamento” previsti; lascia immutati i possibili casi di “avvalimento” della<br />

struttura prefettizia da parte <strong>delle</strong> amministrazioni dello Stato o <strong>delle</strong> agenzie, nei casi<br />

previsti dalle leggi o dai regolamenti. La prefettura-UTG perde, altresì, la titolarità <strong>delle</strong><br />

attribuzioni “residuali” dello Stato, ovvero non espressamente conferite ad altri uffici,<br />

per acquisire il coordinamento dell’attività amministrativa di tutti gli uffici periferici<br />

dello Stato (ad esclusione degli uffici di supporto e strumentali all’esercizio dell’attività<br />

giurisdizionale), finalizzato alla garanzia del rispetto del principio di leale<br />

collaborazione nel <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie, “in un’ottica di compresenza integrata tra<br />

Stato e autonomie” 25 .<br />

Coerentemente con tale impostazione viene poi emanato il regolamento di attuazione<br />

del nuovo art. 11, approvato con DPR n.180/2006, che abroga le precedenti norme<br />

regolamentari di cui al DPR n.287/2001.<br />

24 Relazione illustrativa allo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante disposizioni di<br />

attuazione dell’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e successive modificazioni, in<br />

materia di Prefetture-Uffici territoriali del Governo.<br />

25 C. MEOLI, La prefettura-ufficio territoriale del governo e il raccordo tra le amministrazioni in<br />

periferia, in Giornale di diritto amministrativo n.9/2008.<br />

45


All’art. 1, il regolamento definisce le funzioni della prefettura che, oltre a quelle<br />

proprie, assume quelle relative al novellato art. 11 D. Lgs. n. 300/99 - da compiersi<br />

anche con l’ausilio della Conferenza permanente - consistenti nel coordinamento<br />

dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> (art. 1, lett. a)<br />

e nell’attività diretta ad assicurare la leale collaborazione degli uffici periferici<br />

dell’amministrazione dello Stato con i diversi livelli di governo esistenti <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong><br />

(art. 1, lett. b).<br />

All’art. 2 il regolamento passa a definire i compiti del prefetto titolare della prefettura-<br />

UTG quale rappresentante generale del Governo <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> e organo di garanzia<br />

istituzionale a tutela dell’ordinamento giuridico. Essi si esplicano attraverso:<br />

l’attuazione <strong>delle</strong> determinazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri<br />

da lui delegati, espressione della potestà di indirizzo e coordinamento (art. 2, lett. a); la<br />

formulazione di proposte per una migliore organizzazione degli uffici periferici statali<br />

ed una migliore distribuzione <strong>delle</strong> risorse per una maggiore efficacia ed efficienza<br />

dell’azione amministrativa in periferia, nell’ambito territoriale di competenza (art. 2,<br />

lett. b); l’attuazione <strong>delle</strong> misure di coordinamento nei rapporti tra lo Stato e le<br />

autonomie locali, definite dalla Conferenza Stato – Città ed autonomie locali (art. 2, lett.<br />

c); la promozione ed il coordinamento di iniziative per la verifica del funzionamento del<br />

<strong>sistema</strong> amministrativo nel suo complesso, <strong>delle</strong> leggi generali <strong>sul</strong> procedimento<br />

amministrativo e <strong>sul</strong>la cooperazione tra le pubbliche amministrazioni e<br />

<strong>sul</strong>l’adeguamento tecnologico <strong>delle</strong> dotazioni strumentali degli uffici (art. 2, lett. d).<br />

Viene confermata poi, all’art. 3, la disposizione già inserita nel DPR n. 287/01, relativa<br />

alla potestà del prefetto, quale garante generale del Governo <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, di<br />

promuovere e stipulare convenzioni tra Amministrazioni dello Stato e Regioni, in<br />

conformità agli schemi approvati dalla Conferenza Stato-Regioni, volte a regolare le<br />

modalità di utilizzazione da parte dello Stato e <strong>delle</strong> Regioni di uffici statali e regionali;<br />

di indire le conferenze di servizi di cui all’art. 14 L. n. 241/90 per la cura degli interessi<br />

degli uffici dell’Amministrazione Periferica dello Stato ed anche, in caso di<br />

procedimenti amministrativi connessi, quando la convocazione venga richiesta dal<br />

Presidente della Giunta Regionale o da uno o più degli enti locali coinvolti.<br />

46


Dal complesso <strong>delle</strong> suddette disposizioni emerge vieppiù rafforzato il ruolo di<br />

coordinamento tipico della funzione del prefetto, espressione della sua posizione di<br />

primus inter pares rispetto ad altri organismi equiordinati. E la prefettura assurge a sede<br />

di aggregazione nonché di promozione e facilitazione del dialogo e della coesione tra i<br />

soggetti istituzionali presenti <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.<br />

Tale ruolo di neutralità e mediazione ri<strong>sul</strong>ta altresì confermato: dal comma 3 del citato<br />

art. 1 del regolamento - che ribadisce, adeguandolo al nuovo modello di prefettura, il<br />

principio dell’”avvalimento”, già previsto dal D. Lgs. n.300/99; dagli artt. 4 e 5 che<br />

disciplinano, in maniera organica e innovativa, la composizione ed il funzionamento<br />

<strong>delle</strong> Conferenze permanenti quali strumenti privilegiati di sintesi tra accentramento e<br />

decentramento; dall’art. 7 del regolamento che disciplina il potere d’intervento<br />

sostitutivo del prefetto volto ad evitare gravi pregiudizi alla qualità dei servizi resi alla<br />

cittadinanza, a tutela del buon andamento del <strong>sistema</strong> ordinamentale generale.<br />

<strong>Il</strong> nuovo modello di prefettura – ufficio territoriale del governo, quindi, si pone come<br />

centro unitario di riferimento, di coordinamento e di sintesi degli interessi pubblici ,<br />

anche in ossequio alla normativa riformatrice del Titolo V della Costituzione ed alla<br />

previsione di cui all’art. 10, L. n. 131/2003, come struttura dinamica e flessibile<br />

destinata ad interfacciarsi continuamente con il <strong>sistema</strong> regionale e locale prevenendo e,<br />

se del caso, risolvendo i possibili conflitti tra istituzioni, sempre al servizio<br />

dell’interesse generale.<br />

47


4 Uno sguardo all’Europa.<br />

4.1 Gli altri sistemi di coordinamento territoriale.<br />

Nel processo di ricerca di un valido <strong>sistema</strong> di riorganizzazione periferica<br />

dell’Amministrazione dello Stato e nel tentativo di individuare un ottimale modello<br />

relazionale tra lo Stato, nelle sue diverse articolazioni periferiche, e le Autonomie locali,<br />

potrebbe rivelarsi utile conoscere le modalità di raccordo, in ambito europeo, tra<br />

istituzioni pubbliche a livello decentrato.<br />

Un livello di governo provinciale esiste pressoché in tutti i paesi europei (province in<br />

Belgio, dipartimenti o province in Francia, circondari o province in Germania,<br />

deputazioni in Olanda, province in Spagna, ecc.) quasi sempre contestualmente a un<br />

governo regionale.<br />

E’ pertanto difficile immaginare, anche negli altri Paesi europei, un <strong>sistema</strong> di governo<br />

privo di un livello intermedio tra Comuni e Regioni, così come avviene negli altri paesi<br />

sia ad assetto federale che centralista 26 .<br />

Un elemento comune che si evidenzia, inoltre, nell’evoluzione dei sistemi<br />

amministrativi europei è il potenziamento dei processi di decentramento di poteri e<br />

funzioni agli Enti territoriali più prossimi al cittadino, non disgiunto però dalla<br />

consapevolezza della necessità di individuare idonei meccanismi compensativi che<br />

impediscano la disgregazione, assicurando comunque la funzionalità del <strong>sistema</strong> nella<br />

sua interezza e la sua complessiva tenuta.<br />

Le risposte a tali esigenze al di là dei possibili strumenti di attuazione, vengono<br />

generalmente individuate, anche negli Stati federali più avanzati, nelle formule del<br />

“raccordo”, della “cooperazione” e della “garanzia” che indicano quell’insieme di<br />

rimedi che funzionano da controspinta alle tendenze centrifughe di matrice<br />

federalistica 27 .<br />

26 S. CIVITARESE MATTEUCCI, La garanzia costituzionale della Provincia in Italia e le prospettive<br />

della sua trasformazione, in “Istituzioni del Federalismo”, n. 3 del 2011.<br />

27 L. LEGA, Prospettive di riordino dell’Amministrazione periferica dello Stato: il valore aggiunto<br />

dell’U.T.G., in Riv.trim.sc.amm.,2000,77 ss.<br />

49


Occorre, quindi, verificare in che modo in Europa venga assicurata la attività di<br />

raccordo tra centro e periferia.<br />

In linea generale, in Europa la citata funzione di garanzia viene svolta da rappresentanti<br />

dello Stato (prefetti, governatori o delegati) di norma nominati, con potere di<br />

rappresentanza, dal Governo degli Stati centralizzati, decentrati e regionalizzati e dalle<br />

autorità regionali degli Stati federali.<br />

Solo nel caso del Belgio, essi rappresentano lo Stato federale e lo Stato federato. In<br />

Europa, i settori di competenza dei prefetti e degli uffici dai medesimi presieduti, anche<br />

se variano in funzione dei succitati sistemi politici, convergono, di fatto, in modo assai<br />

significativo.<br />

Le quattro macro-aree di competenza degli uffici del Governo nelle loro circoscrizioni<br />

amministrative sono in via generale le seguenti:<br />

‣ un’area o sezione “spazi e <strong>territorio</strong>”, che comprende: l’assetto del <strong>territorio</strong>;<br />

l’organizzazione territoriale in Comuni e distretti ecc…; l’urbanizzazione e<br />

l’ambiente; lo sviluppo sostenibile dei territori con tutte le loro infrastrutture; le<br />

calamità naturali (terremoti, danni ambientali).<br />

‣ un’area o sezione riguardante il “funzionamento economico e sociale”, e cioè:<br />

gli investimenti economici e l’occupazione; il sociale nella sua accezione più<br />

ampia ovvero reddito minimo, salute, alloggi, sciopero; gestione dei contributi<br />

statali, anche europei (volume, stanziamento, controllo <strong>sul</strong>l’utilizzo).<br />

‣ un’area o sezione relativa ai “settori istituzionali in senso stretto”, come: la<br />

sicurezza e l’ordine pubblico; il giurisdizionale (ed il penale raramente); il<br />

controllo di legittimità (preventivo e, molto spesso, successivo) degli atti degli<br />

enti locali; il rispetto <strong>delle</strong> istituzioni e dell’etica pubblica;<br />

‣ un’altra area o sezione dove vengono presi in considerazione i “principali<br />

meccanismi della società”, sia negli aspetti demografici in senso lato, sia nella<br />

situazione sociale di ciascun cittadino: istruzione e cultura; formazione iniziale<br />

e permanente; stato civile e cittadinanza; migrazione ed autorizzazione di<br />

50


soggiorno, di lavoro, rifugiati; regime matrimoniale e anche regime<br />

patrimoniale; morale ed etica degli amministratori, dei dipendenti pubblici.<br />

Un vasto campo, quindi, di competenze e di conoscenze sono alla base <strong>delle</strong> funzioni di<br />

un prefetto in Europa che svolge così un ruolo settoriale, ma ancor più un ruolo<br />

trasversale, con tutte le istituzioni, facendo convergere e mettendo in sinergia, nella sola<br />

ottica del «servizio pubblico», tutti i settori del proprio lavoro.<br />

Non può, a questo punto, non evidenziarsi la analogia tra le quattro macro aree appena<br />

citate e l’articolazione <strong>delle</strong> sezioni operative della Conferenza permanente di cui al<br />

DPR n.180/2006, a dimostrazione della oggettiva necessità che sia lo Stato, attraverso il<br />

suo rappresentante <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, a garantire l’indispensabile coordinamento dei livelli di<br />

governo in siffatte aree organiche di materie.<br />

Peraltro, il ruolo trasversale dei prefetti, con tutte le componenti dello Stato – uffici<br />

periferici o enti locali – viene svolto attraverso una vera governance, con il<br />

coinvolgimento non solo degli amministratori locali, ma anche della società civile, dei<br />

partiti, <strong>delle</strong> associazioni, <strong>delle</strong> ONG e dei partner economici, sociali, culturali e<br />

ambientali.<br />

Una governance generalizzata che coinvolge così tanti settori non deve, però, far<br />

dimenticare le funzioni prioritarie dei prefetti in Europa che, indipendentemente dal loro<br />

<strong>sistema</strong> politico di riferimento, sono il mantenimento dell’ordine pubblico, la protezione<br />

civile, il controllo <strong>sul</strong>la legittimità degli atti degli enti locali con il potere di<br />

annullamento e, più sovente, di sospensione.<br />

Significativo, ai fini del presente lavoro, può essere lo studio <strong>delle</strong> peculiarità <strong>delle</strong><br />

autorità prefettizie negli Stati federali in Europa, con particolare riferimento all’Austria,<br />

al Belgio e alla Repubblica federale tedesca, in ragione <strong>delle</strong> recenti spinte<br />

federalistiche.<br />

Altrettanto utile può, quindi, ri<strong>sul</strong>tare l’approfondimento del rapporto tra Stato e<br />

<strong>territorio</strong> in Spagna, in quanto più vicina alla nostra cultura mediterranea, e in Francia,<br />

51


eterno modello di riferimento per il nostro corpo prefettorale, nonché l’analisi <strong>delle</strong><br />

rispettive specificità, discendenti da fattori storici e politici.<br />

<br />

Austria, Belgio, Repubblica Federale Tedesca<br />

In Austria, Belgio e Repubblica federale tedesca, facendo riferimento alle quattro aree<br />

di intervento prima illustrate, l’attività di governance dei prefetti viene indirizzata<br />

secondo le seguenti priorità:<br />

‣ Sezione “spazio e <strong>territorio</strong>”<br />

I prefetti austriaci (il Landeshauptmann, <strong>sul</strong> piano regionale, e il Bürgermeister <strong>sul</strong><br />

piano locale) danno notevole importanza al proprio ruolo nei seguenti settori: assetto<br />

territoriale, vie di comunicazione, ambiente, sviluppo del <strong>territorio</strong> e sviluppo generale.<br />

I governatori belgi si occupano molto di urbanistica e di sviluppo del <strong>territorio</strong>.<br />

I prefetti tedeschi (Regierungspräsident per ogni distretto all’interno del Land)<br />

affrontano prevalentemente problemi legati all’ambiente.<br />

‣ Sezione della governance economica e sociale<br />

I prefetti austriaci svolgono una cospicua attività in materia di alloggi, di salute pubblica<br />

e di interventi sociali, ed hanno, altresì, specifiche competenze in materia di attribuzione<br />

ed utilizzo dei contributi statali ed anche dei contributi europei.<br />

I governatori belgi, che non hanno competenze in materia di contributi pubblici, ivi<br />

compresi quelli europei, sono invece molto impegnati <strong>sul</strong> fronte dello sviluppo<br />

sostenibile e meno su quello dell’occupazione e degli interventi sociali.<br />

I prefetti tedeschi svolgono un ruolo minore nei settori dell’economia e<br />

dell’occupazione, pur assumendo una rilevanza in ordine alle decisioni che riguardano<br />

l’attribuzione e l’utilizzo dei contributi pubblici statali ed europei.<br />

‣ Sezione della governance istituzionale<br />

Nei tre Paesi federali sin qui presi in esame, i prefetti svolgono funzioni prioritarie sia in<br />

materia di ordine pubblico e di protezione civile, inclusa l’organizzazione dei soccorsi,<br />

sia in materia di controllo <strong>sul</strong>la legittimità degli atti emanati dagli Enti Locali.<br />

52


‣ Sezione problemi sociali<br />

I prefetti austriaci hanno compiti rilevanti in materia di istruzione, cultura, cittadinanza,<br />

ma in minor misura di immigrazione. I governatori belgi, al di là dei compiti relativi alla<br />

rappresentanza protocollare del Re, sono poco impegnati sui temi dell’immigrazione,<br />

della cittadinanza, della cultura e dell’istruzione. I prefetti tedeschi possiedono ampie<br />

competenze nei settori dell’istruzione, della cultura, dell’immigrazione, <strong>delle</strong><br />

cittadinanze e, ovviamente, in tema di rifugiati politici ed economici 28 .<br />

<br />

Spagna<br />

La Spagna, tradizionalmente considerata un modello di Stato regionale, ha realizzato,<br />

con la Costituzione del 1978, dopo il ritorno alla democrazia, una complessa<br />

riorganizzazione dello Stato, articolato in Comuni, Province e Comunità Autonome,<br />

optando per un modello organizzativo pluralista e decentralizzato. La concretezza<br />

conferita a questo <strong>sistema</strong> di autonomie ha impedito la creazione di legami di forte<br />

dipendenza gerarchica tra Stato centrale, comunità autonome ed enti locali, ed i rapporti<br />

fra questi livelli di governo devono essere riguardati su un piano di sostanziale<br />

eguaglianza. In tale panorama non ha storicamente trovato spazio una figura identica a<br />

quella del prefetto francese o italiano postunitario, anche se può desumersi un po’<br />

ovunque nella legislazione spagnola l’esigenza, prevalentemente evidenziatasi a partire<br />

dagli anni 80, di individuare momenti e sedi di raccordo interistituzionale tra i vari<br />

livelli di governo.<br />

Sotto il profilo dei rapporti tra organi dello stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, può dirsi che la<br />

situazione dell’ordinamento spagnolo è per certi versi molto simile alla posizione degli<br />

uffici territoriali del Governo italiani, così come era stata ipotizzata nella riforma del<br />

1999. Nel 1997 sono infatti state soppresse molte direzioni provinciali dei ministeri,<br />

unificandole nelle delegazioni del Governo presso le Comunità Autonome regionali, cui<br />

sono collegate subdelegazioni in sede provinciale. I dirigenti di questi ex uffici<br />

periferici (riferiti ai Ministeri <strong>delle</strong> infrastrutture, della cultura, dell’industria,<br />

28 L’Istituto prefettizio nei diversi Paesi europei e in Italia - Intervento del Prof. CHARLES RICQ<br />

dell’Università di Ginevra, Presidente del centro Europeo di osservazione <strong>delle</strong> regioni, alla conferenza<br />

tenuta a Roma presso la SSAI il 28 marzo 2011.<br />

53


dell’agricoltura, della sanità e sicurezza sociale, in parte del lavoro) sono perciò stati<br />

inglobati nelle delegazioni del Governo e dipendono direttamente dal Delegato del<br />

Governo nelle province maggiori e dai Subdelegati del Governo nelle province minori.<br />

<strong>Il</strong> delegato del Governo perciò, nella sua qualità di rappresentante diretto degli<br />

organismi centrali, si interpone per la determinazione degli indirizzi principali<br />

dell’ufficio, fra i dirigenti degli ex servizi decentrati, che rispondono direttamente a lui<br />

o al suo delegato, e gli uffici ministeriali. Per la gestione degli affari ordinari i Ministeri<br />

possono tenere rapporti diretti con i citati delegati, informandone contestualmente il<br />

delegato di governo o il subdelegato.<br />

Altra prospettiva va, invece, riguardata quando si affronti il discorso <strong>delle</strong> relazioni tra<br />

Stato e enti territoriali e locali. A livello normativo, la legge regolatrice <strong>delle</strong> basi del<br />

regime locale del 1985 ha chiarito le modalità di relazione tra Stato e comunità,<br />

prevedendo meccanismi basati su principi di collaborazione e coordinamento, per<br />

garantire i quali si è fatto uso di una pluralità di strumenti: le Convenios bilaterales, le<br />

Conferencias sectoriales e le convenzioni 29 . Questi strumenti, che avrebbero dovuto<br />

consentire una corretta ripartizione <strong>delle</strong> competenze ed un’efficace collaborazione, non<br />

sembrano tuttavia avere dato prova di funzionare sempre in modo ottimale,<br />

evidenziando, ove ce ne fosse bisogno, la difficoltà insita in ogni meccanismo di<br />

raccordo interistituzionale.<br />

Le commissioni bilaterali, ad esempio, che pur avevano prodotto inizialmente discreti<br />

ri<strong>sul</strong>tati, favorendo l’instaurazione di meccanismi di collaborazione verticale tra Stato e<br />

comunità autonome, hanno cominciato ad evidenziare una certa debolezza ed oggi<br />

vengono utilizzate in misura sempre minore 30 .<br />

Le conferenze settoriali sono organismi di collaborazione verticale e sono presiedute e<br />

coordinate dal ministro competente per la materia oggetto di discussione. Sono<br />

composte dai rappresentanti del governo centrale e <strong>delle</strong> comunità al fine di scambiare<br />

29 <strong>Il</strong> ruolo della Provincia nei sistemi territoriali Europei: Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno<br />

Unito e Polonia. Modelli di comparazione, Assemblea Generale dell’UPI anno 2008, relazione a cura di<br />

S. MANGIAMELI.<br />

30 La public governance in Europa. La Spagna, Quaderni Formez – Area Servizi editoriali a cura di V.<br />

DE MAGISTRIS, L. BOBBIO, I. BENATI e G. MELI.<br />

54


informazioni ed affrontare e risolvere in maniera coordinata i problemi concernenti<br />

ambiti di competenza ripartita tra Stato e Comunità autonome.<br />

Altro strumento previsto in Spagna, peraltro quello allo stato maggiormente utilizzato, è<br />

la convenzione, cioè l’impegno bilaterale con il quale si stabiliscono compromessi<br />

vincolanti su questioni finanziarie e <strong>sul</strong>l’esecuzione <strong>delle</strong> politiche che nascono da<br />

negoziati multilaterali.<br />

Lo strumento <strong>delle</strong> convenzioni spagnole ha goduto di un crescente successo, ma il loro<br />

utilizzo non ha risolto completamente i problemi della cooperazione e del<br />

coordinamento tra i diversi livelli di governo. Sarebbe però semplicistico attribuire le<br />

ragioni di quest’insuccesso solo agli strumenti, in quanto un ruolo determinante in senso<br />

negativo è ascrivibile in parte anche agli attori, comunità autonome e Stato centrale, che<br />

sono apparsi essere spesso scarsamente cooperativi e tendenzialmente votati<br />

all’esclusivo raggiungimento dell’ obiettivo campanilistico, rendendo più complesso il<br />

raggiungimento di una governance efficace.<br />

A livello centrale, quindi, anche il <strong>sistema</strong> di governance interistituzionale spagnolo<br />

appare nel suo complesso ancora alla ricerca di una sua quadratura e degli strumenti più<br />

adatti a garantirla.<br />

<br />

Francia<br />

Imprescindibile è, infine, l’esame dell’esperienza francese, un ordinamento nel quale i<br />

prefetti hanno, come noto, poteri molto più incisivi rispetto a quelli del prefetto italiano<br />

nei confronti degli altri organi statali che fanno capo funzionalmente alle <strong>prefetture</strong>.<br />

L’organizzazione amministrativa territoriale della Francia si è evoluta per oltre duecento<br />

anni secondo due linee guida complementari che sono la décentralisation e la<br />

déconcentration, in base alla presenza, in ogni <strong>territorio</strong> della Repubblica, di un<br />

prefetto, rappresentante dello Stato, intorno a cui l’Etat local si è progressivamente<br />

costruito e si è evoluto 31 .<br />

31 F. TESTA, Istituto prefettizio e riforme di decentramento e deconcentramento in Francia, in<br />

Instrumenta – n. 23, maggio-agosto 2004.<br />

55


Al riguardo, due principi fondamentali sono dettati nella Costituzione francese del<br />

1958:<br />

L’articolo 1 prevede che l’organizzazione della repubblica sia<br />

decentralizzata: “La Francia è una repubblica indivisibile, laica,<br />

democratica e sociale. Assicura l’uguaglianza davanti la legge di tutti i<br />

cittadini senza alcuna distinzione di origine, di razza o religione. Rispetta<br />

tutte le credenze. La sua organizzazione è decentrata”.<br />

L’articolo 72 prevede che “nell’ente territoriale della Repubblica, il<br />

rappresentante dello Stato, rappresenta ognuno dei membri del governo,<br />

è responsabile degli interessi nazionali, del controllo amministrativo e<br />

del rispetto <strong>delle</strong> leggi”.<br />

Con decreto n. 374 del 29 aprile 2004 sono state introdotte in Francia nuove norme che<br />

riordinano organicamente le funzioni prefettizie nonché l'organizzazione e l'azione dei<br />

servizi dello Stato nelle regioni e nei dipartimenti, con la finalità di adattarle alla<br />

seconda riforma di decentramento avviata con la legge costituzionale n. 276 del 28<br />

marzo 2003 che ha, in particolare, inserito la regione tra le collettività territoriali<br />

previste dalla Carta fondamentale ed ha conferito compiuto rango costituzionale alle<br />

funzioni esercitate dal prefetto.<br />

Esso rinnova il <strong>sistema</strong> dell'amministrazione territoriale dello Stato, promuovendo un<br />

riassetto regionale che si impernia <strong>sul</strong> ruolo del prefetto, rafforzando, altresì, le<br />

competenze del prefetto di regione anche in termini di coordinamento dell'azione dei<br />

prefetti di dipartimento.<br />

Ma le attribuzioni del prefetto francese sono state riordinate anche nel contesto di altri<br />

interventi normativi che, a partire dal 2002, hanno riguardato il <strong>sistema</strong> di difesa civile,<br />

la democrazia di prossimità, la sicurezza interna e, più recentemente, il <strong>sistema</strong> di<br />

sicurezza civile.<br />

<strong>Il</strong> citato decreto n.374/2004 è stato recentemente modificato dal Consiglio dei Ministri<br />

del 16 Febbraio 2010 che ha disegnato una nuova gestione dello “stato locale”,<br />

56


iaffermando la funzione di coordinamento interministeriale, tradizionalmente affidata<br />

al prefetto.<br />

<strong>Il</strong> prefetto, responsabile del coordinamento interdipartimentale, si qualifica così come<br />

un’autorità dal doppio volto: garante della sicurezza per conto del Ministro degli Interni<br />

e responsabile dell'attuazione <strong>delle</strong> politiche pubbliche per conto degli altri Ministeri.<br />

L’autorità del prefetto sui servizi decentrati <strong>delle</strong> amministrazioni civili dello Stato è<br />

così riaffermata poiché viene sempre con<strong>sul</strong>tato prima della nomina, cambiamento di un<br />

capo di un servizio decentrato posto sotto la sua autorità, di un viceprefetto del<br />

dipartimento, di un comandante della gendarmerie o dei suoi sottoposti. <strong>Il</strong> prefetto può,<br />

inoltre, disporre le missioni dei viceprefetti e dei capi dei servizi posti sotto la sua<br />

autorità. <strong>Il</strong> prefetto presiede, infine, di diritto tutte le commissioni amministrative che<br />

interessano i servizi dello Stato all’interno della Regione, salvo eccezioni.<br />

A livello regionale, il prefetto francese, alla luce della recente normativa, vede altresì<br />

rafforzata la propria funzione di coordinamento interministeriale. <strong>Il</strong> prefetto della<br />

regione è, infatti, responsabile dell’esecuzione <strong>delle</strong> politiche dello Stato nella regione<br />

ed anche dell’esecuzione <strong>delle</strong> politiche comunitarie che rilevano per la competenza<br />

dello Stato. A questo titolo, ha autorità sui prefetti dei dipartimenti nella gestione <strong>delle</strong><br />

politiche pubbliche escluse le materie di loro competenza esclusiva (sicurezza, controllo<br />

di legalità, diritto degli stranieri)<br />

<strong>Il</strong> prefetto della regione esercita il coordinamento regionale attraverso il potere di<br />

indirizzo ai prefetti dipartimentali che si devono conformare alle sue istruzioni nelle<br />

loro decisioni.<br />

La recente riforma in Francia ha anche rinnovato la funzione prefettizia di<br />

coordinamento interministeriale a livello dipartimentale in tal guisa che il rafforzamento<br />

dell’organizzazione dipartimentale ha ridotto l’esigenza di coordinamento da parte <strong>delle</strong><br />

<strong>prefetture</strong> regionali ed ha attribuito ai prefetti dipartimentali la guida diretta di politiche<br />

pubbliche più delicate: sviluppo di lungo periodo, politica urbana, organizzazione dei<br />

servizi pubblici.<br />

57


A livello infradipartimentale, l’arrondissement, “testa di ponte avanzata dello Stato<br />

territoriale”, costituisce il livello di prossimità più vicino al <strong>territorio</strong>, in grado di<br />

mettere in relazione la politica dipartimentale con quella regionale. <strong>Il</strong> viceprefetto è il<br />

delegato del prefetto nell’arrondissement, lo coadiuva nella rappresentanza territoriale<br />

dello Stato, costituendo l’interlocutore privilegiato dell’amministratore locale e<br />

garantendo una funzione di mediatore.<br />

<strong>Il</strong> viceprefetto nell’arrondissement armonizza le politiche pubbliche, anima e coordina<br />

l’azione dei servizi dello stato (es. progetta lo sviluppo locale, le politiche del lavoro) ed<br />

esercita, a livello comunale, una missione particolare per la domanda di sicurezza<br />

nazionale e della sicurezza civile.<br />

Nella sua qualità di rappresentante del governo e dei ministri il prefetto francese<br />

esercita, quindi, molteplici funzioni in stretto raccordo e sinergia con le realtà locali. Si<br />

tratta di compiti che talvolta hanno un preciso riferimento giuridico in norme scritte, ma<br />

che spesso sono il frutto di consuetudini. Ovviamente questa elasticità di funzioni è<br />

naturalmente correlata, come anche in Italia, alla intraprendenza ed alla personalità di<br />

ciascun Prefetto.<br />

Grazie ad un nuovo ed accresciuto partenariato con le collettività locali, molte politiche<br />

pubbliche, in Francia, vengono così condotte congiuntamente tra Stato e collettività<br />

territoriali.<br />

In questo contesto, il prefetto e più in generale il corpo prefettorale appaiono<br />

l’interlocutore privilegiato degli amministratori locali perché svolgono una funzione di<br />

parere e di controllo della legalità, offrendo supporto tecnico ai progetti di sviluppo<br />

locale 32 .<br />

32 Réforme de l’Etat central et de l’Etat territorial en France, Daniel CANEPA, Préfet de région <strong>Il</strong>e-de-<br />

France AFCI – rencontre des préfets Italiens Octobre 2012 ; Le préfet, manager de la coordination<br />

interministérielle et intercollectivités, Pascal OTHEGUY Auditeur, administrateur civil hors classe -<br />

CHEMI –scuola francese di alta formazione del <strong>Ministero</strong> dell’Interno.<br />

58


4.2 L’esigenza di una razionalizzazione del <strong>sistema</strong> pubblico in Europa.<br />

<strong>Il</strong> breve excursus <strong>sul</strong> ruolo in alcuni Paesi europei, federali e non, del rappresentante del<br />

Governo e dello Stato nel distretto territoriale di appartenenza, induce senz’altro a<br />

riflettere <strong>sul</strong>la circostanza che in tutti gli Stati presi in esame si rinviene la necessità<br />

comune di far coesistere un forte raccordo verticale fra centro e periferia con un<br />

coordinamento operativo orizzontale a livello periferico, compito questo assai gravoso<br />

che può essere garantito soltanto dal prefetto o da figure corrispondenti.<br />

Perdippiù l’esigenza di contenimento della spesa pubblica in tutti i paesi europei induce<br />

i governi interessati a ricercare tutte quelle forme di intese e raccordi tra istituzioni che<br />

offrano ai cittadini servizi pubblici efficienti ed opportunità di crescita e sviluppo,<br />

consentendo l’eliminazione di passaggi burocratici inutili e dispendiosi con il<br />

conseguente risparmio in termini di impiego di risorse umane e strumentali.<br />

Appare, altresì, necessario porre in atto un più incisivo sforzo di concertazione e di<br />

cooperazione interistituzionale per l’attuazione della complessa architettura dispositiva<br />

di tutti quei settori in cui la competenza concorrente dello Stato e <strong>delle</strong> Regioni si<br />

coniuga anche con gli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria e dai Trattati<br />

internazionali.<br />

La crisi economica internazionale, la ricerca di strumenti tecnicamente efficaci per<br />

combatterne i riflessi <strong>sul</strong>l’economia eurocomunitaria e, ancora, le vicende che hanno<br />

accompagnato l’assunzione, in diversi paesi europei (es.: Grecia, Italia, Spagna,<br />

Portogallo), di misure straordinarie per il risanamento della finanza pubblica hanno, in<br />

particolare, accresciuto l’interesse e l’attenzione della politica e della cultura per<br />

l’esigenza di rigorosi controlli amministrativi, da un lato, e per la necessità di una<br />

spending review, dall’altro, orientata alla razionalizzazione del <strong>sistema</strong> pubblico.<br />

Entrambe le esigenze sono ormai intese, a tutti i livelli della normazione comunitaria,<br />

come fattore di garanzia circa la serietà e la coerenza degli svolgimenti che i governi<br />

nazionali debbono dare alle decisioni comuni di drastica ristrutturazione <strong>delle</strong> finanze<br />

nazionali.<br />

59


Pertanto, all’interno degli Stati, deve farsi luogo a controlli esaurienti ed efficienti circa<br />

la rispondenza dei documenti e dei comportamenti finanziari alle regole e agli obiettivi<br />

di bilancio che i governi nazionali si sono impegnati a rispettare secondo le regole della<br />

nuova governance economica europea 33 .<br />

In aggiunta al <strong>sistema</strong> dei controlli, gli ultimi interventi normativi nazionali in tema di<br />

spending review hanno imposto un processo di modernizzazione dell'amministrazione<br />

pubblica e di riqualificazione dei servizi attraverso un'incisiva ed innovativa opera di<br />

razionalizzazione.<br />

Alla razionalizzazione degli apparati occorre procedere, quindi, anche in Italia <strong>sul</strong>la<br />

base di una preliminare e puntuale analisi settoriale <strong>delle</strong> funzioni e dei servizi di cui<br />

sono titolari le singole strutture, che possa fungere da presupposto per una intelligente<br />

riorganizzazione, anche mediante accorpamenti di enti.<br />

La riduzione di spesa e la quantificazione del fabbisogno devono essere effetti non<br />

meramente contabili, ma di vero riassetto organizzativo. In tal senso, linee governative<br />

di indirizzo chiare e orientate alla razionalizzazione della pubblica amministrazione,<br />

garantite dalla presenza unitaria dello Stato nel <strong>territorio</strong>, costituiscono, per tutti i Paesi<br />

europei, una condizione indispensabile nella ricerca dei percorsi e <strong>delle</strong> misure più<br />

congruenti alla realizzazione degli obiettivi generali di equilibrio e solidità <strong>delle</strong> finanze<br />

pubbliche.<br />

33 Cerimonia di inaugurazione dell’anno Giudiziario 2012 - Relazione del Procuratore Generale della<br />

Corte Dei Conti Lodovico Principato- Adunanza <strong>delle</strong> SS.RR. del 16 febbraio 2012.<br />

60


5 La Conferenza permanente nel “<strong>sistema</strong>” <strong>delle</strong> Conferenze<br />

nazionali: nuove prospettive<br />

5.1 <strong>Il</strong> coordinamento attuato dal prefetto nella Conferenza<br />

permanente.<br />

Si è sin qui iniziato a delineare un quadro generale in cui emerge la necessità, comune a<br />

molti i paesi europei, di una profonda riorganizzazione della macchina amministrativa,<br />

dettata da esigenze di contenimento della spesa pubblica, che non può, nel nostro Paese,<br />

non coinvolgere anche la prefettura – UTG.<br />

Le funzioni dell’UTG devono, infatti, essere oggi “ripensate” in una logica di<br />

miglioramento dell’efficienza e di potenziamento dei suoi strumenti operativi, prima<br />

ancora di addivenire, come si tenterà di fare più avanti, ad una rifondazione dell’istituto,<br />

anche in vista di una possibile abolizione <strong>delle</strong> province.<br />

Nel paragrafo dedicato all’evoluzione dell’ufficio territoriale del Governo sono stati<br />

delineati gli strumenti che la vigente legislazione ha attribuito al prefetto per svolgere,<br />

in ambito provinciale, un’efficace azione propulsiva, di indirizzo, di mediazione sociale<br />

e di intervento, di con<strong>sul</strong>enza e collaborazione, sia interorganica – nei confronti degli<br />

altri uffici statali –, sia intersoggettiva – verso gli enti locali e territoriali – in tutti i<br />

campi del “fare amministrazione”, in vista del raggiungimento dell’efficacia ed<br />

efficienza dell’azione amministrativa in ambito provinciale.<br />

Uno degli strumenti privilegiati attraverso cui attuare tali delicate attribuzioni e che può<br />

essere oggetto di analisi in vista di un suo possibile potenziamento è senz’altro quello<br />

della Conferenza permanente di cui all´art. 11 del D. Lgs. n. 300/1999 e successive<br />

modifiche.<br />

Per il miglior svolgimento <strong>delle</strong> funzioni di coordinamento <strong>delle</strong> strutture<br />

amministrative periferiche dello Stato e di garanzia della leale collaborazione di queste<br />

con le autonomie territoriali, il prefetto può, infatti, avvalersi di tale consesso, che egli<br />

presiede, composto, a livello provinciale, dai responsabili <strong>delle</strong> strutture periferiche<br />

dello Stato e dai rappresentanti degli Enti locali.<br />

61


La stessa disposizione statuisce che il prefetto del capoluogo di Regione sia altresì<br />

coadiuvato da una Conferenza regionale permanente composta dai referenti <strong>delle</strong><br />

strutture periferiche regionali dello Stato, alla quale possono partecipare i rappresentanti<br />

<strong>delle</strong> Regioni.<br />

Con DPR n. 180/2006 sono stati anche definiti i profili ordinamentali ed organizzativi<br />

di tale consesso, prevedendo l´articolazione del nuovo organismo in quattro sezioni -<br />

amministrazioni d'ordine; sviluppo economico e attività produttive; <strong>territorio</strong>, ambiente<br />

e infrastrutture; servizi alla persona e alla comunità - corrispondenti ad altrettanti settori<br />

organici di materie, che abbiamo visto essere sostanzialmente sovrapponibili alle<br />

macroaree di competenza dei prefetti in alcuni paesi europei.<br />

Istituendo la Conferenza permanente si è, pertanto, inteso rafforzare in capo al titolare<br />

dell´U.T.G. l´attività di raccordo di tutte le funzioni statali esercitate a livello periferico,<br />

attraverso quel “coordinamento orizzontale” di cui si è già detto, che riporta in capo al<br />

prefetto l´unitarietà dell´azione amministrativa in sede locale, attribuendogli il ruolo<br />

significativo di cerniera tra Stato e <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Autonomie, per fornire la risposta più<br />

adeguata, in attuazione del principio di sussidiarietà, ai bisogni <strong>delle</strong> collettività<br />

territoriali.<br />

<strong>Il</strong> passaggio fondamentale nell’evoluzione normativa dell’istituto della Conferenza<br />

permanente è senz’altro rinvenibile nel nuovo testo dell’art 11, come riscritto dal D.<br />

Lgs. 21 gennaio 2004, n.29, laddove sono chiaramente delineate le due funzioni<br />

fondamentali dell’UTG: assicurare l’esercizio coordinato dell’attività amministrativa<br />

degli uffici periferici dello Stato e garantire la leale collaborazione di detti uffici con gli<br />

enti locali e territoriali.<br />

L’art.11 individua, dunque, nel coordinamento del prefetto esercitato nella Conferenza<br />

permanente, il perno fondamentale ed il momento elettivo della funzione di governo <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong> inteso nella sua accezione più elevata 34 .<br />

34 Circolare del <strong>Ministero</strong> dell’interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali n. M/3204/A del<br />

24 febbraio 2004.<br />

62


<strong>Il</strong> coordinamento è stato tradizionalmente inteso 35 come il potere, riconosciuto<br />

all’organo coordinatore, di impartire le disposizioni idonee per la realizzazione di un<br />

disegno unitario, vigilando <strong>sul</strong>l’osservanza di esse.<br />

Esso assume rilievo allorché ci si trova di fronte ad una pluralità di attività o di soggetti<br />

cui l'ordinamento riconosce una propria autonomia, per i quali esiste l'esigenza di una<br />

loro armonizzazione per fini ben determinati, attribuendo ad un unico soggetto il potere<br />

di ricondurre ad omogeneità le diverse posizioni e a destinare teleologicamente le<br />

decisioni finali.<br />

In tal modo gli uffici e i soggetti coinvolti nell’organizzazione si pongono tra loro non<br />

in un rapporto di sovrapposizione gerarchica, ma in una relazione tendenzialmente<br />

paritaria, pur se con la presenza di un unico soggetto che garantisce la coesione e la<br />

finalizzazione <strong>delle</strong> decisioni.<br />

In questo ultimo significato, allora, il coordinamento si pone sì accanto alla gerarchia e<br />

al controllo come uno dei tipici rapporti esistenti tra le diverse figure soggettive della<br />

pubblica amministrazione, ma, diversamente dalla seconda, è in grado di esprimere il<br />

concetto di “crescita” dell’organizzazione verso forme più evolute, tenendo conto del<br />

grado di maturazione ed autonomia raggiunto dai soggetti destinatari del<br />

coordinamento.<br />

L’attività di coordinamento affidata al prefetto e il ruolo di “guida” al medesimo<br />

attribuito nei confronti dei componenti della Conferenza permanente viene prevista<br />

dalla legge come espressione della sua capacità di composizione e conciliazione di<br />

interessi diversificati per il raggiungimento di una soluzione efficace; è dettata proprio<br />

dal “valore aggiunto” di tale figura istituzionale, connotata da una posizione di terzietà,<br />

quale garante dei diritti civili dei cittadini, di “risolutore di conflitti” e di “problem<br />

solver” rispetto ad inerzie connotate dal pericolo di rilevante nocumento per la qualità<br />

dei servizi resi alla cittadinanza.<br />

Si può quindi sostanzialmente affermare che il coordinamento svolto dal prefetto in<br />

Conferenza permanente sia stato disegnato e concepito proprio per garantire<br />

35 A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1989.<br />

63


contemporaneamente l'autonomia <strong>delle</strong> singole istituzioni e insieme la possibilità di un<br />

loro indirizzo unitario in vista del perseguimento dell’interesse pubblico e che proprio<br />

in tale ottica tale modello di funzionamento sia stato ipotizzato come attuabile in un<br />

consesso composto, oltre che dalle amministrazioni periferiche dello Stato, anche dagli<br />

Enti locali e a cui può essere chiamato a partecipare anche il referente della Regione.<br />

A ben guardare, però, e approfondendo l’attività svolta e i campi d’intervento della<br />

Conferenza permanente, ci si accorge che tale prezioso strumento è stato in alcuni casi<br />

sotto utilizzato ovvero vissuto in maniera passiva dai suoi componenti, che in più<br />

occasioni, ben lungi dall’accettare il coordinamento del prefetto quale occasione per<br />

contribuire attivamente alla determinazione finale, si sono posti in seno al consesso<br />

senza consentire alla Conferenza di fornire risposte alla multicentricità e alla<br />

complessità della società contemporanea.<br />

La Conferenza permanente, e, per l’effetto, lo stesso modello di coordinamento nella<br />

stessa utilizzato, ha dunque evidenziato, alla luce della esperienza degli ultimi anni,<br />

l’esigenza di una ripensamento, forse di un affinamento <strong>delle</strong> metodologie operative,<br />

che possano consentirle di esplicare, in tutta la sua pienezza, le enormi potenzialità che<br />

il Legislatore del 1999 è stato in grado di intuire, anticipando, per certi aspetti, anche la<br />

svolta epocale dei nuovi rapporti tra Stato ed autonomie introdotta dalla riforma del<br />

Titolo V della Costituzione.<br />

5.2 <strong>Il</strong> “<strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Conferenze”: rapporti tra la Conferenza<br />

permanente e le Conferenze operanti a livello centrale.<br />

La costruzione dell’istituto della Conferenza permanente, dunque, efficace e funzionale<br />

allo scopo <strong>sul</strong> piano teorico, nella pratica non sembra essere riuscita ad ottenere i<br />

positivi ri<strong>sul</strong>tati conseguiti dalle altre “Conferenze”, previste in ambito nazionale, sedi<br />

autorevoli di incontro <strong>delle</strong> volontà <strong>delle</strong> diverse istituzioni coinvolte ed espressione di<br />

quel “<strong>sistema</strong>” di organismi collegiali che il nostro ordinamento ha concepito per<br />

regolare i rapporti tra diversi livelli di governo.<br />

64


La ricerca di forme alternative di confronto e di raccordo fra Stato, Regioni ed Enti<br />

locali che possano rendere efficaci e funzionali i trasferimenti di competenze previsti<br />

dalla riforma del 2001, ha, infatti, negli ultimi anni conferito una rinnovata centralità<br />

agli organismi che svolgono la delicata funzione del raccordo interistituzionale tra enti,<br />

quali la Conferenza Stato-Regioni, la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali, la<br />

Conferenza unificata e, in periferia, la stessa Conferenza permanente, che ne costituisce<br />

il logico sviluppo periferico e il naturale pendant territoriale.<br />

Questi luoghi di incontro tra Stato ed Autonomie sono divenuti, negli anni, essenziali<br />

strumenti attraverso cui si è inteso risolvere il problema tipico <strong>delle</strong> democrazie<br />

occidentali moderne, caratterizzate da una pluralità di livelli di governo e costrette a fare<br />

i conti con la individuazione di idonee “formule di coabitazione” tra Stato ed Enti locali<br />

e territoriali, nell’ottica comune della garanzia di unitarietà e di tenuta del <strong>sistema</strong>.<br />

L’attualità e l’intrinseca validità di siffatti organismi e, in particolare, l’efficacia <strong>delle</strong><br />

funzioni e degli obiettivi dagli stessi perseguiti è implicitamente confermata anche<br />

dall’attenzione che il mondo politico ha di recente loro riservato.<br />

Significativo, al riguardo, è il dibattito apertosi intorno ai contenuti del Disegno di<br />

Legge AC 4567, al momento al vaglio della Camera dei Deputati, predisposto per la<br />

istituzione e la disciplina della “Conferenza permanente dei livelli di Governo”,<br />

destinata a conferire, in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione operativa,<br />

un’unica sede istituzionale alla Conferenza Stato-Regioni, alla Conferenza Stato-Città<br />

ed Autonomie locali ed alla Conferenza unificata.<br />

Può quindi sostenersi che il “<strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Conferenze”, all’interno del quale entra a<br />

pieno titolo anche la Conferenza che coadiuva il prefetto titolare della prefettura – UTG,<br />

rappresenti la risposta, in via di evoluzione, alla ineludibile esigenza di individuare un<br />

raccordo unitario tra Stato ed Autonomie locali e territoriali, che abbiamo visto essere<br />

sottesa a molti Stati europei, indipendentemente dal grado di federalismo o di<br />

decentramento prescelti come forma di governo.<br />

Occorre ora verificare come funzioni tale “<strong>sistema</strong>”, se vi siano margini di una più<br />

coerente interconnessione al suo interno e, per l’effetto, se possa attribuirsi un ruolo<br />

65


ancor più marcatamente significativo alla Conferenza permanente, quale snodo e anello<br />

di congiunzione tra centro e periferia, in tal modo attribuendole un rinnovato vigore ed<br />

un potenziamento dell’efficacia.<br />

La Conferenza permanente, peraltro, anche per espressa previsione normativa, deve<br />

necessariamente interagire con gli omologhi organismi centrali, assicurando<br />

l’indispensabile funzione di collegamento con la realtà territoriale, in modo da garantire<br />

un <strong>sistema</strong> di relazioni compiuto, alimentato anche dalla circolarità <strong>delle</strong> informazioni.<br />

Infatti l’art. 2, comma 1 lett. c) del D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180 36 , prevede che il<br />

prefetto, nell'esercizio dei compiti di rappresentanza generale del Governo <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong><br />

e di garanzia istituzionale a tutela dell'ordinamento giuridico, “favorisce e promuove…<br />

l'attuazione, da parte degli uffici periferici dello Stato, <strong>delle</strong> misure di coordinamento<br />

nei rapporti tra lo Stato e le Autonomie locali definite dalla Conferenza Stato-Città ed<br />

autonomie locali…”.<br />

Con successivo D.P.C.M. 27 luglio 2007 37 sono stati definiti in maniera organica i<br />

flussi informativi ascendenti e discendenti tra la Conferenza permanente e la<br />

Conferenza Stato-Città, al fine di dare concreta attuazione alle misure di coordinamento<br />

definite a livello generale nella competente sede istituzionale e alla promozione e al<br />

coordinamento <strong>delle</strong> iniziative per la verifica del funzionamento del <strong>sistema</strong><br />

amministrativo nel suo complesso.<br />

A tal fine, è stato previsto che l'ufficio di segreteria della Conferenza Stato-Città tenga<br />

informate le <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo circa le misure di coordinamento<br />

adottate dalla Conferenza Stato-città ai sensi dell'art. 9, comma 5, del D. Lgs. 28 agosto<br />

1997, n. 281; in merito ai pareri e alle determinazioni adottate dalla Conferenza Statocittà<br />

sui provvedimenti sottoposti all'esame della stessa; in ordine alle questioni di<br />

carattere generale valutate dalla Conferenza Stato-Città; nonché in relazione ad ogni<br />

36 “Regolamento recante disposizioni in materia di <strong>prefetture</strong> – uffici territoriali del Governo in attuazione<br />

dell’art. 11 del D.Lgs.30 luglio 1999, n.300 e successive modificazioni”.<br />

37 “Modalità di raccordo tra gli uffici della Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e le <strong>prefetture</strong>uffici<br />

territoriali del Governo, ai sensi dell'articolo 2 del D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180.”<br />

66


altro elemento che possa interessare l'attività <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del<br />

Governo e <strong>delle</strong> Conferenze permanenti.<br />

Inoltre, l'ufficio di segreteria della Conferenza Stato-Città provvede ad inviare, anche in<br />

formato elettronico, tutta la documentazione esaminata dalla Conferenza, nonché i<br />

relativi atti e verbali.<br />

In fase ascendente, le <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo sono a loro volta tenute<br />

ad inviare agli uffici della Conferenza Stato-Città, anche in formato elettronico, i verbali<br />

<strong>delle</strong> sedute e le deliberazioni adottate dalla Conferenza permanente di cui alla lettera a)<br />

che, secondo le valutazioni del prefetto che la presiede, possono essere di interesse per<br />

gli uffici della Conferenza Stato-Città, nonché ogni altro elemento che, ad avviso della<br />

Conferenza permanente ovvero del prefetto, possa interessare l'azione dell'ufficio di<br />

segreteria della Conferenza Stato-Città.<br />

All’art.3 del DPCM, poi, è dettata una clausola generale di chiusura che consente alla<br />

segreteria della Conferenza Stato-Città di chiedere gli elementi informativi su questioni<br />

di interesse per l'attività della Conferenza stessa alle <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del<br />

Governo, che potranno avvalersi a tal fine della Conferenza permanente.<br />

Inequivoca e di portata assolutamente dirompente è poi la formulazione dell’art.4 del<br />

DPCM del 2007, il quale prevede che il prefetto, anche su richiesta della Conferenza<br />

permanente, possa formulare all'ufficio di segreteria della Conferenza Stato-Città<br />

proposte per una valutazione tecnica, ai fini di cui all'art. 9, commi 5 e 6, del D. Lgs. 28<br />

agosto 1997, n. 281, <strong>sul</strong>le tematiche di carattere generale afferenti i rapporti tra gli uffici<br />

periferici dello Stato e le Autonomie locali, attribuendo un ruolo attivo e propositivo al<br />

prefetto che così potrà “inserirsi” operosamente nella Conferenza disegnata in ambito<br />

centrale.<br />

Se quanto sin qui detto chiarisce i rapporti normativamente previsti che governano le<br />

relazioni della Conferenza permanente e della prefettura – UTG con la Conferenza<br />

Stato–Città, sorge però spontaneo chiedersi perché il D.P.R. n.180/2006 abbia previsto<br />

che con apposito D.P.C.M. dovessero essere regolati i soli rapporti con la Conferenza<br />

Stato Città ed autonomie locali e non anche quelli con la Conferenza Stato-Regioni o<br />

67


con la Conferenza unificata. Deve presumersi che tale scelta sia stata dettata ancora una<br />

volta dalla diversa posizione riconosciuta, a livello costituzionale, alle Regioni rispetto<br />

agli Enti locali, che, d’altra parte, si riverbera anche nella stessa struttura della<br />

Conferenza permanente la quale prevede il coinvolgimento, a titolo meramente<br />

partecipativo, degli enti territoriali ai lavori della Conferenza, mentre invece contempla<br />

i rappresentanti degli enti locali quali componenti effettivi del consesso 38 .<br />

In ogni caso, preso atto che il <strong>sistema</strong> dettagliatamente delineato dal citato DPCM<br />

evidenzia l’intenzione del legislatore di costruire una struttura complessa, ma in teoria<br />

perfettamente in grado di funzionare, per comprendere come sia possibile potenziare lo<br />

strumento della Conferenza permanente nell’ottica di una rifondazione dell’UTG è<br />

necessario spostare l’attenzione <strong>sul</strong> modulo organizzativo utilizzato negli altri organismi<br />

sopra descritti.<br />

Non può negarsi, infatti, che il modello utilizzato dalle Conferenze Stato-Regioni,<br />

Stato-Città ed Autonomie locali e unificata abbia sinora dato prova di maggiore<br />

efficacia nel conseguimento degli obiettivi rispetto allo strumento di ausilio del prefetto<br />

in ambito provinciale e regionale.<br />

L’analisi dell’attività svolta dalle Conferenze operanti a livello centrale ne evidenzia la<br />

rilevanza e la portata quali organi deputati a favorire e realizzare la concertazione e la<br />

collaborazione interistituzionale, al fine di conseguire ri<strong>sul</strong>tati condivisi.<br />

In particolare, la Conferenza Stato-Regioni svolge una intensa attività di con<strong>sul</strong>enza e di<br />

raccordo volta ad armonizzare le finalità della programmazione statale con quella<br />

regionale, sostanziandosi, prevalentemente, nell’acquisizione di intese o nel<br />

perseguimento di accordi finalizzati al raggiungimento di una volontà comune dello<br />

Stato e <strong>delle</strong> Regioni.<br />

Anche la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali opera nell’ottica del<br />

coordinamento dei rapporti tra Stato ed Autonomie, attraverso l’espressione di pareri o<br />

38 Cfr. C. MEOLI, La prefettura - ufficio territoriale del Governo e il raccordo tra le amministrazioni in<br />

periferia, in Giornale di diritto amministrativo n. 9/2008.<br />

68


intese su schemi di provvedimenti o dando vita a dibattiti <strong>sul</strong>l’ordinamento o <strong>sul</strong><br />

funzionamento <strong>delle</strong> autonomie locali.<br />

La Conferenza unificata assume deliberazioni, promuove o sancisce intese ed accordi in<br />

relazione alle materie e ai compiti di interesse comune alle Regioni, alle Province, ai<br />

Comuni e alle Comunità montane.<br />

Come si è avuto modo di accennare, il disegno di legge AC 4567, in attuazione del<br />

principio di leale collaborazione, prevede la razionalizzazione <strong>delle</strong> anzidette previsioni,<br />

ipotizzando la creazione di un’unica sede di raccordo interistituzionale, denominata<br />

“Conferenza permanente dei livelli di Governo”, in cui si deve tenere conto del<br />

“complesso interagire dei soggetti costitutivi della Repubblica”.<br />

<strong>Il</strong> richiamo operato dal legislatore è anche una implicita conferma della esistenza, nel<br />

nostro ordinamento, di un “<strong>sistema</strong>” <strong>delle</strong> Conferenze, definizione utilizzata in dottrina<br />

per esprimere la delicata funzione della concertazione interistituzionale e alla quale si<br />

riferisce anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale 39 .<br />

5.3 <strong>Il</strong> modello organizzativo utilizzato dalle Conferenze operanti a<br />

livello centrale<br />

La giurisprudenza della Con<strong>sul</strong>ta ci conduce ad una riflessione <strong>sul</strong> modello<br />

organizzativo prescelto dalle Conferenze istituite a livello centrale, giurisprudenza,<br />

peraltro, che si attaglia perfettamente e che forse ne è stata la occulta ispiratrice, al<br />

disegno di legge razionalizzatore <strong>delle</strong> Conferenze.<br />

Già con sentenza n.116/1994, la Corte, con riferimento alla Conferenza Stato-Regioni,<br />

ha chiarito la natura dell’organismo quale istituzione della comunità nazionale,<br />

complessivamente considerata, in quanto sede privilegiata del confronto e della<br />

negoziazione politica fra Stato e Regioni e strumento di raccordo e collaborazione fra i<br />

medesimi.<br />

39 Sentenza Corte costituzionale n.401 del 2007.<br />

69


In tale pronuncia, la Corte si è soffermata <strong>sul</strong>la natura giuridica dello strumento<br />

dell’intesa fra lo Stato e le Regioni, quale “forma tipica di coordinamento paritario”<br />

che comporta che i soggetti partecipanti siano posti <strong>sul</strong>lo stesso piano in relazione alla<br />

decisione da assumere; quest’ultima deve, pertanto, essere “la ri<strong>sul</strong>tante di un accordo e<br />

quindi di una negoziazione diretta fra il soggetto cui la decisione è giuridicamente<br />

imputata e quello la cui volontà deve concorrere alla decisone stessa ” 40 .<br />

In particolare, la Corte 41 , intervenendo <strong>sul</strong> tema della unificazione <strong>delle</strong> Conferenze<br />

Stato-Regioni e Stato-Città, ha sostenuto che in tal modo si facilita l’integrazione dei<br />

diversi punti di vista e <strong>delle</strong> diverse esigenze emergenti in tema di assetto <strong>delle</strong><br />

autonomie e si lascia meno spazio a rigide contrapposizioni suscettibili di sfociare in<br />

resistenze al processo di decentramento; la Con<strong>sul</strong>ta si è poi espressa <strong>sul</strong> metodo<br />

decisionale 42 , chiarendo che, nel caso <strong>delle</strong> intese, la Conferenza non opera come<br />

collegio deliberante, ma come sede di concertazione e di confronto fra Governo e<br />

Regioni, volto a raggiungere, ove possibile, una posizione comune.<br />

L’intesa non può pertanto dirsi mancata qualora tutti i soggetti siano stati messi in grado<br />

di partecipare effettivamente alla ricerca e alla definizione dell’accordo e di concorrere<br />

al raggiungimento del medesimo.<br />

Decisivo, a tal riguardo, è che il processo decisionale si svolga, in conformità del<br />

principio di leale collaborazione, con modalità idonee a consentire a ciascuna <strong>delle</strong><br />

componenti di far emergere la propria posizione, di valutare le posizioni <strong>delle</strong> altre e di<br />

elaborare e proporre soluzioni su cui poter raggiungere un accordo o un intesa 43 .<br />

In ogni caso la Corte 44 soffermandosi <strong>sul</strong>lo strumento dell’intesa, ha ricordato che essa<br />

costituisce una <strong>delle</strong> possibili forme di attuazione del principio di leale cooperazione tra<br />

lo Stato e le Regioni e si sostanzia in una “paritaria codeterminazione del contenuto<br />

dell’atto”, tesa a realizzare e a ricercare il raggiungimento di un accordo, laddove<br />

40 Per precedenti in tal senso si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 337/1989; n. 21/1991; n.<br />

220/1990; n. 747/1988.<br />

41 Sentenza Corte costituzionale n. 400/1998.<br />

42 Sentenza Corte costituzionale n. 206/2001.<br />

43 Sentenza Corte Costituzionale n. 379 del 1992.<br />

44 Sentenza Corte Costituzionale n. 21/2006.<br />

70


necessario, anche attraverso “...idonee procedure per consentire reiterate trattative<br />

volte a superare le divergenze” 45 .<br />

Secondo la Con<strong>sul</strong>ta, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale solo<br />

nell’ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all’accordo 46 .<br />

5.4 Ipotesi di un nuovo modello di funzionamento della Conferenza<br />

L’interpretazione fornita dalla Con<strong>sul</strong>ta in merito alle modalità di funzionamento <strong>delle</strong><br />

Conferenze operanti in sede centrale, può indurci ad una riflessione anche <strong>sul</strong><br />

coordinamento, formula organizzativa sin qui utilizzata dalla Conferenza permanente,<br />

non solo in considerazione del nuovo <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> relazioni tra Stato ed autonomie<br />

locali e territoriali, così come delineato dalla riforma del titolo V della Costituzione, ma<br />

soprattutto tenendo conto della complessità dei rapporti tra organi rappresentativi dello<br />

Stato e autonomie locali, in ambito regionale e provinciale.<br />

D’altro canto, la stessa previsione della partecipazione, all’interno della Conferenza<br />

permanente, sia pure con diverse modalità, dei rappresentanti degli Enti locali e della<br />

Regione, evidenzia come inevitabilmente le modifiche legislative introdotte con la<br />

novella del 2001 abbiano inciso anche <strong>sul</strong> concetto di coordinamento, demandato, a<br />

livello periferico, al prefetto.<br />

Difatti, la nuova composizione <strong>delle</strong> Conferenze - provinciale e regionale - ha di fatto<br />

recepito le forti spinte tendenti alla equiordinazione tra livelli di governo che poc’anzi<br />

abbiamo visto essere il “filo conduttore” del funzionamento <strong>delle</strong> Conferenze operanti a<br />

livello centrale e principio ispiratore del disegno di legge di razionalizzazione del<br />

<strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Conferenze.<br />

Invero, proprio la partecipazione congiunta, in seno alle Conferenze “territoriali” dei<br />

rappresentanti <strong>delle</strong> Amministrazioni statali, locali e regionali, ha già prodotto ri<strong>sul</strong>tati<br />

positivi poiché, nella concreta sperimentazione, il prefetto, anche nella veste di<br />

Rappresentante dello Stato, ha di fatto svolto un’azione di coordinamento molto vicina,<br />

nella sostanza, a quel concetto di equiordinazione che abbiamo visto essere stato<br />

45 Ex plurimis sentenze Corte Costituzionale n.121 del 2010, n.24 del 2007; n.339 del 2005.<br />

46 Sentenza Corte Costituzionale n. 33 del 2011.<br />

71


delineato dalla Corte Costituzionale quale meccanismo da incentivare e rafforzare per il<br />

perseguimento del principio di leale collaborazione: non la mera imposizione di una<br />

volontà superiore, ma un’attività di raccordo e armonizzazione tra diverse volontà e i<br />

differenti interessi in gioco.<br />

Ciò dimostra che talvolta il prefetto, sensore privilegiato dei bisogni del <strong>territorio</strong>, ha<br />

saputo tradurre nel proprio operato l’indirizzo della giurisprudenza costituzionale<br />

cogliendone appieno lo spirito, individuando la strada che ha consentito di introdurre,<br />

“in fatto”, efficaci correttivi alle complessità operative della Conferenza permanente, al<br />

di là dei “limiti” del dettato normativo e di pervenire a decisioni comuni improntate al<br />

conseguimento dell’interesse pubblico nel caso concreto.<br />

Va al riguardo sottolineato che uno dei maggiori condizionamenti dell’attività<br />

demandata al prefetto in seno alle Conferenze è storicamente costituita dalla resistenza<br />

degli uffici dotati di autonomia a lasciarsi coordinare, nel senso più tradizionale del<br />

termine, da una diversa istituzione - e la vicenda della mancata attuazione dell’UTG ne<br />

è la prova -; per questo assume una rilevanza fondamentale la capacità del<br />

rappresentante del governo in periferia di gestire il confronto con equilibrio e tecniche<br />

di mediazione e composizione <strong>delle</strong> conflittualità, senza mai imporre la soluzione<br />

“dall’alto”, ma promuovendo, invece, il dibattito e l’esame approfondito dei diversi<br />

punti di vista, affinché la soluzione prescelta sia frutto dell’adesione di tutte le<br />

amministrazioni coinvolte e, nel contempo, sia tale da garantire il soddisfacimento<br />

dell’interesse pubblico.<br />

Non è poi di poco conto constatare che, nel più volte citato disegno di legge AC 4567<br />

l’art.1, comma 3, che stabilisce i principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega<br />

al Governo, alla lett. s) nuovamente si preveda che la istituenda “Conferenza<br />

permanente dei livelli di Governo” e le sue sezioni possano avvalersi <strong>delle</strong> Conferenze<br />

permanenti di cui all’art.11, comma 3 del D. Lgs 30 luglio 1999 n.300 e succ. mod.,<br />

stabilendone anche le relative modalità di raccordo.<br />

Si tratta senz’altro di una conferma dell’orientamento già espresso con il DPR<br />

n.180/2006, ma tale statuizione può anche essere vista nel senso di una formale<br />

72


“investitura” e di un riconoscimento della sostanziale simmetria che potrebbe operare,<br />

ove l’AC 4567 divenisse una legge dello Stato, tra Conferenza permanente dei livelli di<br />

Governo al centro e Conferenze permanenti presiedute dal prefetto in provincia.<br />

Da ciò dovrebbe quindi conseguire una analoga simmetria anche nei meccanismi di<br />

funzionamento dei due organismi.<br />

E’ indubbio, peraltro, che la Conferenza permanente possa essere individuata come il<br />

“contenitore” ideale che, in periferia, meglio si attaglia ad accogliere le dinamiche<br />

scaturenti dal binomio coordinamento - leale collaborazione <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, in quanto<br />

“casa comune” ove lo Stato coabita con il mondo degli enti locali, “camera di problem<br />

solving”, sede di confronto e cooperazione e “stanza di compensazione di conflitti<br />

attuali e potenziali” 47 proprio come abbiamo visto nella istituenda Conferenza<br />

permanente dei livelli di Governo in sede centrale.<br />

Altrettanto rilevante è il ruolo che la Conferenza permanente può svolgere, in quanto<br />

strumento e sede di ricomposizione dell’unità del <strong>territorio</strong> e <strong>delle</strong> sue istituzioni, statali<br />

e territoriali, attraverso un altro aspetto del coordinamento e del raccordo che è<br />

rappresentato dall’acquisizione di un patrimonio comune di conoscenze, funzionale ad<br />

un miglioramento degli standards e ad una crescita in chiave positiva del livello dei<br />

servizi resi al cittadino <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.<br />

<strong>Il</strong> coordinamento attuato dal prefetto dovrebbe pertanto sempre più orientarsi, così come<br />

chiarito dalla Corte Costituzionale per la Conferenza unificata, verso una impostazione<br />

organizzativa fondata <strong>sul</strong>l’utilizzo di strumenti codificati di concertazione e di<br />

confronto, realizzando forme di cooperazione in seno alla Conferenza, in quanto sede<br />

idonea e qualificata per l’elaborazione di regole e per il raggiungimento di intese basate<br />

<strong>sul</strong> parametro della leale collaborazione.<br />

Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso una previsione normativa espressa,<br />

finalizzata ad attribuire alla Conferenza permanente, nel solco dell’attività svolta dalle<br />

47 Commento alla rappresentazione grafica del modello di coordinamento orizzontale attuato nella<br />

Conferenza Permanente che compare nel link, dedicato all’istituto, nel sito Internet del <strong>Ministero</strong><br />

dell’Interno (www.interno.it).<br />

73


Conferenze centrali e nella scia della interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale,<br />

un forte impulso verso il raccordo e la equiordinazione, valorizzando strumenti<br />

decisionali come l’intesa o l’accordo interistituzionale, che appaiono più rispondenti al<br />

nuovo panorama dei rapporti fra diversi livelli di governo, così come delineati dalla<br />

riforma del Titolo V.<br />

L’UTG, mediante la Conferenza permanente, potrebbe così rappresentare il luogo di<br />

produzione di intese ed accordi che siano in grado di far fronte a tale complessa realtà,<br />

riportando il <strong>territorio</strong>, nell’ottica del principio di sussidiarietà, al ruolo di centro<br />

propulsore <strong>delle</strong> decisioni di interesse per i cittadini e per la realtà locale, veicolando, in<br />

stretta sinergia con le omologhe Conferenze nazionali, preziose indicazioni provenienti<br />

“dal basso” verso le sedi decisionali centrali.<br />

74


6 La nuova dimensione della prefettura-UTG<br />

6.1 <strong>Il</strong> contesto di riferimento: le politiche di spending review e le<br />

disposizioni vigenti<br />

L’Italia sta attraversando una condizione di crisi economica che è comune a molti altri<br />

Stati dell’Unione Europea, tant’è che, con il fiscal compact, si è ormai avviato il<br />

processo di modifica del trattato dell’Unione con l’introduzione di disposizioni che<br />

vincolano gli Stati membri a rispettare rigorosi parametri di equilibrio e garantire, in tal<br />

modo, la solvibilità dei debiti sovrani.<br />

Non sono pochi gli Stati europei che hanno la necessità di adottare misure che<br />

favoriscano la ripresa della crescita economica e riducano le spese a carico dello Stato.<br />

In particolare, dal punto di vista dell’esigenza di risanamento dei conti pubblici, l’Italia<br />

ha avviato un drastico programma di ridimensionamento della spesa pubblica<br />

(amministrazioni centrali, locali ed enti previdenziali) che negli ultimi anni ha registrato<br />

una costante crescita rispetto al prodotto interno lordo 48 .<br />

Pertanto, nel tentativo di abbandonare strumenti di contenimento della spesa basati sui<br />

tagli lineari, è stato avviato un processo, denominato spending review 49 , diretto a<br />

monitorare la spesa per individuare soluzioni di riqualificazione volte a ridurne l’entità e<br />

ad incrementarne l’efficacia e l’efficienza.<br />

Si tratta della trasposizione in ambito pubblico dell’approccio noto in campo aziendale<br />

con il nome di “bilancio a base zero”, che chiede di giustificare l’intera struttura e<br />

l’intera dotazione di ciascun centro decisionale, senza più considerare sufficiente a tale<br />

scopo il dato storico. È quindi un approccio opposto a quello incrementale, che<br />

48 <strong>Il</strong> ministro per i rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, nel suo rapporto su “ Dinamica, struttura e<br />

criteri di governo della spesa pubblica”, pubblicato <strong>sul</strong> sito internet istituzionale, così si esprime “ La<br />

spesa pubblica è spesso indicata come uno dei sintomi o <strong>delle</strong> cause della malattia italiana che va sotto il<br />

nome di “elevato rapporto tra debito pubblico e reddito nazionale”, per i vincoli che essa pone (i) a una<br />

politica di bilancio coerente con i mutamenti della domanda e dei bisogni della collettività per i servizi e<br />

le attività tradizionalmente svolti dal settore pubblico, (ii) a ipotesi spesso avanzate di ridurre la pressione<br />

tributaria come strumento per il sostegno della crescita economica, (iii) alla possibilità di utilizzare gli<br />

strumenti tradizionali della politica fiscale a sostegno della ripresa ciclica dell’economia.”<br />

49 Introdotto in via sperimentale con la legge finanziaria per il 2007, per poi diventare un programma<br />

permanente con la successiva legge finanziaria per il 2008.<br />

75


considera incontestabile la base costituita dai livelli e dai modi di finanziamento e spesa<br />

già conseguiti, limitandosi a valutare le variazioni al margine (che sono generalmente<br />

incrementi).<br />

In tale quadro generale, il processo di modernizzazione dell'amministrazione pubblica e<br />

di riqualificazione dei servizi non può che realizzarsi attraverso un'incisiva ed<br />

innovativa opera di razionalizzazione. In altri termini, la procedura di spending review<br />

deve accompagnarsi all’elaborazione di politiche pubbliche mirate ad un'ottimizzazione<br />

<strong>delle</strong> risorse, evitando, al contempo, che l’azione amministrativa dei poteri pubblici si<br />

frammenti e perda di efficacia. Sul piano dell’esercizio <strong>delle</strong> funzioni istituzionali,<br />

occorre favorire la concentrazione di alcune funzioni in un unico livello unitario<br />

attraverso il riordino <strong>delle</strong> competenze degli uffici, anche mediante il loro<br />

accorpamento.<br />

Con il Governo Berlusconi (2008-2011) sono stati adottati alcuni provvedimenti di<br />

riduzione del deficit pubblico, ma soprattutto l’azione del Governo Monti è finalizzata<br />

quasi esclusivamente agli interventi di risanamento necessari per consentire all’Italia di<br />

riconquistare un ruolo di primo piano tra i maggiori Paesi dell’Unione, posizione<br />

assunta per molto tempo, sin dalla nascita della Comunità Economica Europea. Ed è<br />

un’azione a 360 gradi che mira, secondo quanto ritenuto dallo stesso Governo, nel<br />

rapporto redatto dopo i primi 100 giorni di attività, “a trasformare l’Italia da paese in<br />

emergenza a modello per uscire dalla crisi dell’eurozona”.<br />

Pertanto, l’ipotesi di rifondazione della prefettura-UTG va esaminata con riferimento,<br />

da un lato, alla problematica <strong>delle</strong> dimensioni e dell’articolazione dell’apparato statale<br />

in periferia, alla luce della normativa vigente e <strong>delle</strong> nuove proposte in discussione, e,<br />

dall’altro lato, in funzione del ruolo che le <strong>prefetture</strong>-UTG possono svolgere per<br />

raggiungere proprio gli obiettivi di efficientamento della spesa pubblica, governando i<br />

processi di risanamento <strong>delle</strong> amministrazioni centrali e vigilando sui processi avviati<br />

dalle amministrazioni locali.<br />

In modo particolare, le <strong>prefetture</strong>-UTG sono interessate da due disegni riformatori: il<br />

primo, costituito dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) è inserito<br />

76


in un contesto di riforme istituzionali molto ampio, volto a rideterminare l’ambito<br />

territoriale <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG, affinché siano distribuite adeguatamente in relazione<br />

alle diverse funzioni esercitate dallo Stato a seguito della riforma del titolo V della<br />

Costituzione. Con il secondo disegno riformatore, ancora in discussione al Senato (A.S.<br />

2259), tra i numerosi principi e criteri direttivi ai quali occorre ispirarsi, è prevista la<br />

rideterminazione territoriale <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG in conseguenza della<br />

razionalizzazione <strong>delle</strong> province.<br />

- La legge finanziaria per il 2007<br />

Con la legge n. 296/2006 (articolo 1, commi da 404 a 425) è stato dato avvio ad un<br />

ampio programma riformatore di tutte le strutture ministeriali, espressamente finalizzato<br />

al contenimento <strong>delle</strong> spese di funzionamento e con l’obiettivo esplicito di conseguire<br />

risparmi di spesa non inferiori a 7 milioni di euro per l'anno 2007, a 14 milioni di euro<br />

per l'anno 2008 ed a 20 milioni di euro per l'anno 2009.<br />

Sono state individuate diverse linee di intervento: è prevista innanzitutto (comma 404,<br />

lett. a) una riorganizzazione <strong>delle</strong> articolazioni interne di ciascuna amministrazione<br />

volta alla riduzione del numero degli uffici di livello dirigenziale generale e<br />

l’eliminazione <strong>delle</strong> duplicazioni organizzative eventualmente esistenti 50 .<br />

Una seconda linea di intervento consiste (comma 404, lett. c) nella revisione <strong>delle</strong><br />

strutture periferiche prevedendone, anche in questo caso, la loro riduzione o tramite<br />

l’accorpamento di tutti gli uffici periferici facenti capo ad una amministrazione in un<br />

unico ufficio regionale, oppure mediante il trasferimento <strong>delle</strong> funzioni svolte da tali<br />

50 L’organizzazione interna dei ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di<br />

primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dal D. Lgs. 300/1999, che fissa<br />

per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali. Con D.P.R. ex art. 17,<br />

comma 4-bis, L. 400/1988, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione<br />

organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le<br />

direzioni generali. L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al<br />

ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, all’individuazione degli uffici di<br />

livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti.<br />

77


uffici all’interno <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>–uffici territoriali del Governo 51 , nel rispetto dei<br />

princìpi di efficienza ed economicità.<br />

Un terzo indirizzo (comma 404, lett. f) prevede una generale riduzione degli organici<br />

<strong>delle</strong> amministrazioni ministeriali e un intervento di contenimento del personale con<br />

funzioni di supporto.<br />

Gli altri criteri-guida riguardano la riduzione e la riorganizzazione di particolari attività<br />

o strutture <strong>delle</strong> amministrazioni statali: la gestione del personale da realizzare in modo<br />

unitario anche attraverso lo sfruttamento degli strumenti di innovazione tecnologica e<br />

amministrativa (comma 404, lett. b), gli uffici con funzioni ispettive e di controllo<br />

(comma 404, lett. d) e gli organismi di analisi, di con<strong>sul</strong>enza e di studio (comma 404,<br />

lett. e).<br />

Viene, poi, delineato (commi da 405 a 416) il procedimento di adozione dei regolamenti<br />

di revisione degli assetti <strong>delle</strong> amministrazioni dello Stato secondo i criteri individuati,<br />

ed è previsto un <strong>sistema</strong> di controllo e di sanzioni 52 , nonché l’istituzione di una “Unità<br />

per la riorganizzazione”, composta dai ministri per le riforme e le innovazioni nella<br />

pubblica amministrazione, dell'economia e <strong>delle</strong> finanze e dell'interno, con il duplice<br />

51 La scelta tra le due prospettate soluzioni deve avvenire, in base alle linee guida adottate in attuazione<br />

<strong>delle</strong> disposizioni in esame con D.P.C.M. 13 aprile 2007, per ciascun ministero, avendo come dato di<br />

partenza la garanzia della qualità dei servizi assicurati all'utenza ed analizzando le opportunità di<br />

razionalizzazione e integrazione <strong>delle</strong> attività di autoamministrazione, nell’ottica di una possibile<br />

riduzione del numero degli uffici addetti ad attività strumentali, anche con l'istituzione di servizi comuni o<br />

di centri interservizi.<br />

Le linee guida, sempre ai fini di una maggiore efficienza e razionalizzazione della spesa, menzionano<br />

quali criteri aggiuntivi, ove applicabili, quelli dettati dall'art. 20 della L. 59/1997, quali: l'accorpamento<br />

<strong>delle</strong> funzioni per settori omogenei, la soppressione degli organi che ri<strong>sul</strong>tino superflui, la costituzione di<br />

centri interservizi dove ricollocare il personale degli organi soppressi e raggruppare le competenze<br />

diverse ma confluenti in un'unica procedura; l'ottimale utilizzazione <strong>delle</strong> tecnologie dell'informazione e<br />

della comunicazione; l'avvalimento di uffici e strutture tecniche e amministrative pubbliche da parte di<br />

altre pubbliche amministrazioni, <strong>sul</strong>la base di accordi conclusi ai sensi dell'art. 15 della L. 241/1990, e<br />

successive modificazioni; il trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti di funzioni anche<br />

decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificità, l'esercizio in forma collegiale, nonché la<br />

sostituzione degli organi collegiali con conferenze di servizi.<br />

52 Sono previste verifiche semestrali <strong>sul</strong>lo stato d’attuazione, anche da parte della Corte dei Conti, oltre al<br />

divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto e alla<br />

responsabilità dei dirigenti tenuti ad adottare i provvedimenti di pianificazione.<br />

78


compito di coordinare le attività <strong>delle</strong> singole amministrazioni e di monitorare tali<br />

attività, al fine espresso di conseguire i previsti risparmi finanziari 53 .<br />

Per quel che concerne gli uffici periferici del <strong>Ministero</strong> dell’interno in particolare, il<br />

comma 425 dispone che, “In coerenza con la revisione dell'ordinamento degli enti<br />

locali prevista dal titolo V della parte seconda della Costituzione e con il conferimento<br />

di nuove funzioni agli stessi ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, (…), sono<br />

individuati gli ambiti territoriali determinati per l'esercizio <strong>delle</strong> funzioni di competenza<br />

degli uffici periferici dell'Amministrazione dell'interno, tenendo conto di una serie di<br />

criteri e indirizzi ispirati, da un lato, alla razionalizzazione <strong>delle</strong> risorse organizzative,<br />

dall’altro, alla coerenza con le esigenze del tessuto economico-sociale, della tutela<br />

dell'ordine e della sicurezza pubblica, del rispetto <strong>delle</strong> realtà etnico-linguistiche.<br />

Conclusivamente, è anche prevista la ponderazione di tutti i criteri stabiliti con le<br />

specificità dell'ambito territoriale di riferimento e con l’esigenza di garantire<br />

principalmente la prossimità dei servizi resi al cittadino.”<br />

<strong>Il</strong> <strong>Ministero</strong> dell’interno, ad oggi, ha provveduto ad adottare unicamente il D.P.R. 24<br />

novembre 2009, n. 210, con il quale sono state soppresse alcune strutture dirigenziali<br />

ministeriali e numerosi posti di funzione territoriali.<br />

- Le <strong>prefetture</strong>-UTG e la Carta <strong>delle</strong> autonomie<br />

Con il ddl n. 2259 54 , comunemente denominato Carta <strong>delle</strong> autonomie, si intende<br />

rideterminare le funzioni degli enti territoriali in un’ottica federalista, e, per quel che<br />

53 In attuazione di tali disposizioni sono stati emanati sinora i seguenti regolamenti di riorganizzazione:<br />

D.P.R. 14 novembre 2007, n. 225, <strong>Ministero</strong> dello sviluppo economico;<br />

D.P.R. 26 novembre 2007, n. 233 <strong>Ministero</strong> per i beni e le attività culturali;<br />

D.P.R. 14 novembre 2007, n. 253 <strong>Ministero</strong> del commercio internazionale;<br />

D.P.R. 19 novembre 2007, n. 254 <strong>Ministero</strong> <strong>delle</strong> infrastrutture;<br />

D.P.R. 19 dicembre 2007, n. 258 <strong>Ministero</strong> degli affari esteri;<br />

D.P.R. 21 dicembre 2007, n. 260 <strong>Ministero</strong> della pubblica istruzione;<br />

D.P.R. 19 novembre 2007, n. 264 <strong>Ministero</strong> dell’università e della ricerca;<br />

D.P.R. 8 dicembre 2007, n. 271 <strong>Ministero</strong> dei trasporti;<br />

D.P.R. 20 gennaio 2009, n. 17, <strong>Ministero</strong> dell'istruzione, dell'università e della ricerca<br />

D.P.R. 9 gennaio 2008, n. 18 <strong>Ministero</strong> <strong>delle</strong> politiche agricole alimentari e forestali;<br />

D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43 <strong>Ministero</strong> dell’economia e <strong>delle</strong> finanze;<br />

D.P.R. 3 agosto 2009, n. 145, <strong>Ministero</strong> della difesa;<br />

D.P.R. 24 novembre 2009, n. 210, <strong>Ministero</strong> dell'interno.<br />

79


iguarda gli uffici periferici dello Stato, l’articolo 15 attribuisce la delega al Governo ad<br />

“adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,<br />

uno o più decreti legislativi recanti il riordino e la razionalizzazione degli uffici<br />

periferici dello Stato, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:<br />

a) contenimento della spesa pubblica;<br />

b) rispetto di quanto disposto dall’articolo 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,<br />

convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive<br />

modificazioni, e dai piani operativi previsti da disposizioni attuative del medesimo<br />

articolo 74;<br />

c) individuazione <strong>delle</strong> amministrazioni escluse dal riordino, in correlazione con il<br />

perseguimento di specifiche finalità di interesse generale che giustifichino, anche in<br />

considerazione di peculiarità ordinamentali, il mantenimento <strong>delle</strong> relative strutture<br />

periferiche;<br />

d) mantenimento in capo agli uffici territoriali del Governo di tutte le funzioni di<br />

competenza <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>;<br />

e) mantenimento della circoscrizione provinciale quale ambito territoriale di<br />

competenza <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo. Soppressione, a decorrere<br />

dalla razionalizzazione <strong>delle</strong> province, <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo<br />

non rispondenti ai nuovi ambiti territoriali provinciali conseguenti alla<br />

razionalizzazione;<br />

f) titolarità in capo alle <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo <strong>delle</strong> funzioni<br />

espressamente conferite e di tutte le attribuzioni dell’amministrazione periferica dello<br />

Stato non espressamente conferite ad altri uffici;<br />

g) accorpamento, nell’ambito della prefettura-ufficio territoriale del Governo, <strong>delle</strong><br />

strutture dell’amministrazione periferica dello Stato le cui funzioni sono conferite<br />

all’ufficio medesimo;<br />

h) garanzia della concentrazione dei servizi comuni e <strong>delle</strong> funzioni strumentali da<br />

esercitare unitariamente, assicurando un’articolazione organizzativa e funzionale atta<br />

a valorizzare le specificità professionali, con particolare riguardo alle competenze di<br />

tipo tecnico;<br />

i) disciplina <strong>delle</strong> modalità di svolgimento in sede periferica da parte <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>uffici<br />

territoriali del Governo di funzioni e compiti di amministrazione periferica la cui<br />

competenza ecceda l’ambito provinciale;<br />

l) mantenimento dei ruoli di provenienza per il personale <strong>delle</strong> strutture periferiche<br />

trasferite alla prefettura-ufficio territoriale del Governo e della disciplina vigente per il<br />

reclutamento e per l’accesso ai suddetti ruoli, nonché mantenimento della dipendenza<br />

funzionale della prefettura-ufficio territoriale del Governo o di sue articolazioni dai<br />

Ministeri di settore per gli aspetti relativi alle materie di competenza;<br />

54<br />

Recante “Individuazione <strong>delle</strong> funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione<br />

dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di<br />

funzioni amministrative, Carta <strong>delle</strong> autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati”.<br />

80


m) assicurazione che, per il conseguimento degli obiettivi di riduzione del 25 per cento<br />

degli oneri amministrativi, entro il 2012, nell’ambito degli obiettivi della Strategia di<br />

Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17<br />

giugno 2005, le amministrazioni interessate procedano all’accorpamento <strong>delle</strong> proprie<br />

strutture periferiche nell’ambito <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-uffici territoriali del Governo entro un<br />

congruo termine stabilito dai decreti legislativi di cui al presente articolo;<br />

n) previsione della nomina e <strong>delle</strong> funzioni dei prefetti preposti alle <strong>prefetture</strong>-uffici<br />

territoriali del Governo, quali commissari ad acta nei confronti <strong>delle</strong> amministrazioni<br />

periferiche che non abbiano provveduto nei termini previsti all’accorpamento di cui<br />

alla lettera m);<br />

o) previsione dell’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su<br />

proposta del Ministro dell’economia e <strong>delle</strong> finanze, del Ministro dell’interno, del<br />

Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, del Ministro per le riforme<br />

per il federalismo e del Ministro per la semplificazione normativa, sentiti i Ministri<br />

interessati, che stabilisca l’entità e le modalità applicative della riduzione degli<br />

stanziamenti per le amministrazioni che non abbiano proceduto all’accorpamento <strong>delle</strong><br />

proprie strutture periferiche.”<br />

I due disegni riformatori si basano su diversi presupposti.<br />

Con la legge finanziaria 2007 si risponde prioritariamente all’esigenza di contenimento<br />

della spesa pubblica ipotizzando di superare il criterio della competenza territoriale<br />

provinciale <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG per privilegiare criteri basati <strong>sul</strong>l’efficienza<br />

dell’azione amministrativa. Difatti, la Commissione tecnica per la finanza pubblica,<br />

istituita dalla medesima legge con compiti di studio e analisi su questioni di finanza<br />

pubblica, ha rappresentato che, a fronte di “un significativo decentramento territoriale,<br />

sono state rilevate <strong>delle</strong> opportunità di revisione dell’allocazione <strong>delle</strong> risorse in<br />

funzione dei livelli effettivi di domanda <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>”. In particolare, proprio portando<br />

ad esempio la struttura periferica <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG (e dei tribunali), la Commissione<br />

ha osservato che “la definizione dei livelli di decentramento <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> sembra<br />

riflettere più <strong>delle</strong> logiche di ripartizione amministrativa (province) che dei criteri di<br />

massa critica efficiente” 55 .<br />

Diversamente, la Carta <strong>delle</strong> autonomie prevede la rideterminazione degli ambiti<br />

territoriali di competenza <strong>delle</strong> province e, di conseguenza, <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG, la cui<br />

competenza rimane connessa con il <strong>territorio</strong> della provincia.<br />

55 Commissione tecnica per la finanza pubblica, “Rapporto intermedio <strong>sul</strong>la revisione della spesa”, 13<br />

dicembre 2007, rintracciabile <strong>sul</strong> sito istituzionale del <strong>Ministero</strong> dell’economia e <strong>delle</strong> finanze.<br />

81


Si tratta, dunque, di due disegni riformatori tra loro inconciliabili, che pur tuttavia<br />

esprimono entrambi l’esigenza di accentrare presso un’unica struttura le funzioni facenti<br />

capo a diversi uffici periferici statali.<br />

Infine, il panorama <strong>delle</strong> disposizioni emanate nell’ottica di spending review è<br />

completato dall’art. 01 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 56 , che ha previsto la<br />

presentazione, da parte del Ministro dell'economia e <strong>delle</strong> finanze, d'intesa con i<br />

Ministri interessati, di un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica,<br />

contenente, tra l’altro, “la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche<br />

dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio<br />

unitario a livello provinciale”.<br />

Ai fini del presente lavoro, dunque, i criteri individuati nelle citate disposizioni possono<br />

rappresentare una “traccia” da seguire nel tentativo di individuare il percorso per una<br />

possibile “rifondazione” <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>–UTG.<br />

In modo particolare, la strada sembra segnata dalla Carta <strong>delle</strong> autonomie che offre lo<br />

spunto per adottare i provvedimenti che verranno descritti, anche perché non appare<br />

percorribile la scelta di campo operata dalla Commissione tecnica per la finanza<br />

pubblica (cit.) la quale, nel rapporto intermedio redatto nel 2007, confermato anche nel<br />

rapporto del 2008, è giunta a ritenere la necessità di riconsiderare il criterio di<br />

ripartizione territoriale su base provinciale in quanto è stato calcolato che “l’efficienza<br />

nelle Prefetture … sia rapidamente crescente fino a quando la circoscrizione arrivi<br />

all’intorno dei 500.000 abitanti”. La teoria formulata dalla Commissione tecnica<br />

demolisce l’apparato amministrativo periferico di riferimento <strong>delle</strong> amministrazioni<br />

statali, le cui funzioni attualmente si svolgono per lo più <strong>sul</strong>la base del <strong>territorio</strong><br />

provinciale ed i cui interlocutori sono individuati con lo stesso criterio. Più<br />

precisamente, l’ipotesi formulata dalla Commissione tecnica, imponendo di<br />

riconsiderare la base territoriale di riferimento per tutte le amministrazioni periferiche<br />

statali, imporrebbe di individuare un nuovo ed unico criterio di riferimento per la<br />

56 <strong>Il</strong> decreto, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, è stato<br />

convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 14 settembre 2011, n. 148.<br />

82


determinazione dell’ambito di competenza che non è necessariamente ugualmente<br />

valido – in termini di efficienza - per tutte le amministrazioni. Solo in tal modo si<br />

potrebbe mantenere il medesimo bilanciamento tra i vari uffici periferici e soprattutto si<br />

eviterebbe una vera e propria confusione istituzionale, con negative ripercussioni <strong>sul</strong>la<br />

collettività, oltre che nell’ambito dei rapporti infra-istituzionali.<br />

6.2 Proposte di riforma della prefettura-UTG anche ai fini della<br />

razionalizzazione <strong>delle</strong> risorse.<br />

Nell’attuale contesto socio-economico nessuna proposta di riforma <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-<br />

UTG può prescindere dall’esigenza di contenimento della spesa pubblica, ormai<br />

immanente su tutte le pubbliche amministrazioni. In tale ottica, le <strong>prefetture</strong>-UTG<br />

possono assumere un ruolo da protagonista, divenendo polo di attrazione rispetto alle<br />

altre istituzioni periferiche statali, in coerenza con il solco tracciato dalla stessa storia<br />

che ha mantenuto in capo a tali strutture una posizione di riferimento per tutte le altre<br />

amministrazioni periferiche statali e per gli enti locali.<br />

Occorre altresì tenere presente che le articolazioni periferiche degli altri ministeri sono<br />

distribuite <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> secondo modalità non uniformi, in quanto la loro collocazione<br />

risponde, ovviamente, alle esigenze di operatività di ciascuna amministrazione di<br />

riferimento: la dimensione più frequente è quella provinciale, ma vi sono diverse<br />

amministrazioni periferiche articolate secondo criteri ultraprovinciali, regionali e<br />

interregionali. Talune strutture, poi, hanno mantenuto uffici in ciascuna provincia (o in<br />

alcune province), rimanendo prive di figure apicali (ad esempio, i Provveditorati alle<br />

opere pubbliche sono solo 9 ma sono presenti in altre province con uffici cui sono<br />

attribuiti compiti specifici). Ciò rende difficile una ricognizione complessiva. Tuttavia,<br />

anche a fronte di tale disordine territoriale, anzi, proprio a causa di tale disordine,<br />

emerge la necessità per il cittadino di avere un unico punto di riferimento, anche fisico,<br />

ove trovare risposte alle proprie esigenze. Ed è in questa ottica che si è pensato a misure<br />

di contenimento della spesa da conseguire sia attraverso una unificazione fisica <strong>delle</strong><br />

strutture periferiche presso un unico edificio, sia attraverso la convergenza funzionale di<br />

talune attività sostanzialmente coincidenti tra le varie amministrazioni.<br />

83


a) <strong>Il</strong> palazzo dello Stato<br />

L’esigenza di razionalizzazione <strong>delle</strong> risorse strumentali comporta la necessità di ridurre<br />

una <strong>delle</strong> voci più importanti dei costi relativi alla presenza degli uffici periferici <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong>, quelli relativi agli immobili ove sono collocati uffici ed archivi. Infatti,<br />

ciascuna struttura occupa immobili molto spesso acquisiti in locazione, per i quali<br />

corrisponde canoni che incidono significativamente <strong>sul</strong> bilancio dello Stato.<br />

Ai prefetti potrebbe essere conferito il compito di realizzare l’unificazione degli uffici<br />

periferici statali e di concentrarli presso un’unica struttura: il palazzo dello Stato.<br />

Nell’ambito della ricognizione degli immobili demaniali che deve essere svolta ai fini<br />

della dismissione di quelli non essenziali per le funzioni pubbliche, potrebbe essere<br />

individuato un unico immobile in grado di ospitare non solo gli uffici della prefettura,<br />

ma anche tutti gli altri uffici ancora presenti <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> provinciale, fatta eccezione<br />

per gli apparati esclusivamente tecnici, come i presìdi di Polizia e Vigili del Fuoco, che<br />

hanno esigenze eminentemente operative.<br />

A fronte di un’apparente assunzione di ulteriori oneri economici, dovuta all’allestimento<br />

dei nuovi uffici, ciò consentirebbe senz’altro di conseguire, in una prospettiva di mediolungo<br />

termine, risparmi di spesa per effetto dell’abbattimento degli oneri di locazione,<br />

di quelli per i consumi energetici e per le manutenzioni, di quelli relativi alla gestione<br />

dei servizi informativi automatizzati, nonché per la concentrazione degli uffici relazioni<br />

con il pubblico, e così via 57 .<br />

La medesima considerazione varrebbe anche nel caso in cui, in assenza di immobili<br />

demaniali idonei, si potesse acquisire un’unica struttura in locazione, poiché in ogni<br />

caso tale soluzione avrebbe innegabili riflessi anche <strong>sul</strong>la possibilità di rendere fungibile<br />

– tramite la conclusione di specifici accordi tra le amministrazioni interessate - il<br />

personale che svolge funzioni coincidenti tra i vari uffici, come gli addetti allo sportello<br />

57 Si segnala che sono stati avviati progetti di ricollocazione della sede della Prefettura in una struttura<br />

Demaniale, la cui ristrutturazione è stata presa in carico dal comune capoluogo che, a sua volta, ha<br />

beneficiato di ottenere in proprietà un altro immobile demaniale. Proprio tale esempio, ove l’immobile in<br />

questione è un edificio facente parte di un complesso più vasto comprensivo di altri edifici, suggerisce<br />

l’allocazione degli altri uffici periferici statali della provincia nel medesimo compendio immobiliare.<br />

84


e ai servizi di anticamera, i centralinisti, gli addetti alle dotazioni informatiche, i<br />

manutentori, ecc. 58 .<br />

Tale misura può essere adottata sia nei capoluoghi di regione che nelle altre province,<br />

con effetti parzialmente diversi. Infatti, per quel che riguarda i capoluoghi di provincia,<br />

atteso che molte amministrazioni hanno ridotto le strutture dirigenziali portandole<br />

presso le sedi regionali (se non addirittura ultraregionali) l’unificazione rappresenta<br />

un’ipotesi più facilmente percorribile.<br />

Analoghe considerazioni possono farsi per il capoluogo di regione, ove tuttavia appare<br />

più difficile immaginare la reperibilità di un immobile che consenta la convergenza di<br />

tutte le amministrazioni periferiche presso il palazzo dello Stato. In tal caso sarebbe<br />

comunque possibile immaginare l’unificazione di taluni servizi, secondo le modalità che<br />

saranno di seguito esposte.<br />

Per quanto suggestiva, la proposta di istituzione del palazzo dello Stato offrirebbe una<br />

risposta ad un’istanza di saldatura della molteplice e confusa presenza statuale <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong>, già ampiamente reclamata da tempo 59 .<br />

a) L’ufficio servizi generali<br />

Tra le misure previste per l’organizzazione degli uffici territoriali del Governo, l’art. 10<br />

dell’ormai abrogato DPR n. 287/2001, recante “Disposizioni in materia di ordinamento<br />

degli uffici territoriali del Governo”, prevedeva espressamente che si dovesse procedere<br />

alla concentrazione in strutture unitarie di una serie di servizi, definiti comuni,<br />

espressamente elencati: controllo di gestione; gestione del personale distintamente per i<br />

ruoli di appartenenza; amministrazione, servizi generali e attività contrattuale;<br />

rappresentanza dell'amministrazione in giudizio; contabilità e gestione finanziaria. Era<br />

previsto, altresì, che la gestione dei sistemi informativi automatizzati degli uffici del<br />

Governo nella regione dovesse essere affidata ad una apposita struttura unitaria istituita<br />

58 Sempre in un’ottica di razionalizzazione e di risparmio di spesa, potrebbero essere unificati gli<br />

immobili ove sono collocati gli archivi generali di deposito che invece ri<strong>sul</strong>tano distribuiti in diversi<br />

locali, non sempre idonei dal punto di vista della sicurezza e della corretta conservazione del materiale<br />

custodito.<br />

59 L. LEGA, Prospettive di riordino dell’Amministrazione periferica dello Stato: il valore aggiunto<br />

dell’U.T.G., cit.<br />

85


nell'ufficio del capoluogo regionale, al fine di garantire progressivamente un <strong>sistema</strong> di<br />

collegamento che assicurasse la funzionalità operativa dei sistemi stessi nel loro<br />

complesso. Inoltre, l'ufficio per le relazioni con il pubblico dell'ufficio del Governo<br />

veniva organizzato in modo da consentire che le richieste di tutti i servizi potessero<br />

essere presentate dal cittadino attraverso un unico sportello, a cui fosse possibile<br />

accedere da qualsiasi sede in cui l'ufficio è logisticamente articolato, provvedendo in tal<br />

senso ad una efficace interconnessione dei sistemi informatici.<br />

Nonostante il DPR n. 287/2001 sia rimasto inattuato, come evidenziato in precedenza, a<br />

causa della resistenza degli altri uffici periferici dello Stato a confluire nell’ufficio<br />

territoriale del Governo, la condivisione dei servizi comuni resta una soluzione che<br />

risponde pienamente alla immanente esigenza di contenimento <strong>delle</strong> spese e di<br />

razionalizzazione <strong>delle</strong> funzioni esercitate dagli uffici pubblici, che impone di<br />

considerare nuovamente una forma di concentrazione, in un unico ufficio, <strong>delle</strong> funzioni<br />

facenti capo allo Stato.<br />

Analogamente a quanto richiesto ai comuni per l’esercizio associato della gran parte<br />

<strong>delle</strong> loro funzioni ed alle Regioni e alle province autonome per l’organizzazione dello<br />

svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei,<br />

individuati in riferimento a dimensioni comunque non inferiori a quella del <strong>territorio</strong><br />

provinciale (art. 3 bis, D L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge, con<br />

modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 14 settembre 2011, n. 148), per le<br />

amministrazioni periferiche dello Stato, un settore di intervento riformatore non può che<br />

riguardare l’unificazione <strong>delle</strong> “funzioni di servizio” svolte da ciascun ufficio periferico<br />

statale.<br />

Infatti, ciascun ufficio periferico <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> ha una dotazione di personale e di beni<br />

mobili e immobili, gestiti autonomamente dal personale assegnato ad ognuno di essi<br />

(tenuta della contabilità, sia per il personale che per il funzionamento, manutenzione,<br />

pulizia, ecc.), con un’evidente moltiplicazione di adempimenti che rispondono ai<br />

medesimi criteri di contabilità pubblica. Si tratta di quei settori funzionali (c.d. di back<br />

86


office) concernenti la gestione “interna” dell’amministrazione, con un basso grado di<br />

differenziazione tra le diverse amministrazioni.<br />

In un’ottica di razionalizzazione e di risparmio di spesa, le funzioni strumentali comuni<br />

a più amministrazioni periferiche potrebbero essere accorpate in un'unica struttura<br />

amministrativa facente capo alla prefettura - UTG, diretta da un dirigente di I fascia,<br />

coadiuvato da pochi altri dirigenti di II fascia e da un adeguato numero di personale, una<br />

sorta di ufficio servizi generali. <strong>Il</strong> personale addetto potrebbe essere attinto anche dalle<br />

amministrazioni periferiche interessate dal processo di accorpamento, le quali, pur<br />

rimanendo funzionalmente dipendenti dall’amministrazione di appartenenza, verrebbero<br />

poste a servizio di tale nuovo ufficio a servizio della generalità degli apparati statali.<br />

Si consideri le procedure per l’affidamento dei servizi di pulizia degli immobili. Già ora<br />

gli uffici contabili <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong> si prendono cura degli appalti per le pulizie di<br />

questure e caserme dei carabinieri: perché non immaginare che l’ufficio servizi generali<br />

possa svolgere anche le gare per l’affidamento degli stessi servizi degli altri uffici<br />

periferici statali?<br />

E ancora: alcune amministrazioni periferiche affidano servizi necessari per lo<br />

svolgimento dell’attività istituzionale mediante gare d’appalto. Si pensi alle gare indette<br />

dalle soprintendenze per la manutenzione e restauro dei beni artistici e architettonici. Le<br />

procedure che regolano lo svolgimento <strong>delle</strong> gare pubbliche sono particolarmente<br />

complesse, soprattutto se per il loro importo devono essere indette a livello comunitario.<br />

Come può il soprintendente, che è un dirigente “tecnico” per eccellenza, avere gli<br />

strumenti giuridici per predisporre un bando di gara “a prova di ricorso”? A lui<br />

certamente spetta il compito di fissare nel merito il contenuto dell’appalto che si intende<br />

affidare ma la predisposizione del bando di gara e la cura di tutte le altre incombenze<br />

“burocratiche” potrebbe essere affidata all’ufficio servizi generali .<br />

Tali riflessioni non ignorano che in molte province e regioni si sta provvedendo alla<br />

costituzione <strong>delle</strong> Stazioni Uniche Appaltanti ai sensi del DPCM 30 giugno 2011,<br />

emanato in attuazione dell’art. 13 della legge 13 agosto 2010, n. 136, peraltro, spesso<br />

87


istituite su iniziativa dei prefetti, ma l’ufficio servizi generali potrebbe in ogni caso<br />

provvedere a tutte le attività non rientranti nelle competenze della SUA.<br />

Ciò è possibile non solo perché tutte le amministrazioni pubbliche rispondono ai<br />

medesimi criteri di tenuta della contabilità, ma anche perché la diffusione capillare degli<br />

strumenti tecnologici e informatici consente la comunicazione dei dati in tempo reale e<br />

l’imputazione <strong>delle</strong> spese a ciascun ministero competente.<br />

In prospettiva, i vantaggi di tale soluzione possono essere molteplici. Si ottengono<br />

certamente economie di scala sia dal punto di vista del personale (che potrebbe essere<br />

ottimizzato, in un orizzonte volto non certo a realizzare tagli occupazionali ma<br />

prioritariamente guadagni misurabili in termini di efficienza), sia dal punto di vista dei<br />

risparmi che l’ufficio servizi generali riuscirebbe a conseguire gestendo con maggiore<br />

efficienza attività comuni a più uffici. Uno studio in tal senso è stato condotto sotto la<br />

direzione del Prefetto De Martino il quale ha raccolto dati relativi alle regioni Toscana,<br />

Piemonte e Liguria concernenti le amministrazioni periferiche dei Ministeri del Lavoro<br />

(Direzione Provinciale del Lavoro), Infrastrutture e Trasporti (M.C.T.C.), Interno<br />

(Questura e Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco) e Sviluppo Economico, e, per i<br />

soli capoluoghi di regione, l’Ispettorato Territoriale per le Comunicazioni, il<br />

Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche e l’I.S.P.E.S.L. Partendo dal<br />

presupposto della necessità di mettere in rete le amministrazioni periferiche dello Stato,<br />

lo studio ha preso a riferimento per ciascun <strong>territorio</strong> la percentuale di risorse umane<br />

adibite ai servizi comuni dell’ufficio che ne impiega il minor numero; tale valore è stato<br />

poi applicato all’organico effettivo dell’insieme degli uffici statali considerati,<br />

ricavando, in tal modo, il nuovo contingente di personale da adibire alle funzioni<br />

logistico-strumentali. Lo studio ha, pertanto, messo in evidenza la possibilità di<br />

recuperare un ingente numero di unità di personale, abitualmente adibite a servizi di<br />

back office , a beneficio <strong>delle</strong> attività istituzionali e, quindi, dell’efficienza <strong>delle</strong><br />

amministrazioni.<br />

88


Inoltre il prefetto avrebbe la possibilità di coordinare e razionalizzare l’azione <strong>delle</strong><br />

varie amministrazioni periferiche operanti <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, evitando duplicazioni di<br />

adempimenti o attività “strabiche” che generano sprechi e diseconomie.<br />

89


7 I nuovi assetti territoriali e funzionali <strong>delle</strong> province, anche<br />

in relazione alla prefettura-UTG<br />

7.1 La riforma dell’organizzazione <strong>delle</strong> Province – Art. 23 del D. L. 6<br />

dicembre 2011, n. 201 e disegno di legge governativo del 24 febbraio<br />

2012.<br />

In attesa che le proposte e disegni di legge costituzionale in materia di abolizione <strong>delle</strong><br />

province vengano esaminati ed eventualmente modificati ed approvati, con il D. L.<br />

201/2011 (manovra Monti), si è ritornati alla decretazione d’urgenza con contenuti<br />

finora inediti, nonostante i correttivi apportati in sede di conversione in Legge 22<br />

dicembre 2011, n. 214.<br />

I commi 14 - 21 dell’art. 23 regolano funzioni, organi di governo e legislazione<br />

elettorale <strong>delle</strong> province, materia che, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p)<br />

della Costituzione è affidata alla competenza esclusiva della legge dello Stato.<br />

In particolare il comma 14 prevede che spettino alla Provincia esclusivamente le<br />

funzioni di indirizzo politico e di coordinamento <strong>delle</strong> attività dei Comuni. Non viene<br />

precisato esattamente in cosa dovrebbero consistere tali funzioni: l’indirizzo e<br />

coordinamento è riferito alle “attività dei Comuni”, pertanto tutte le funzioni di governo<br />

di area vasta inconciliabili con la dimensione comunale (viabilità provinciale,<br />

formazione professionale, edilizia scolastica superiore, centri per l’impiego, politiche<br />

ambientali, pianificazione territoriale di area vasta) passerebbero inevitabilmente alle<br />

regioni, con ricadute fortemente negative per i servizi <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> in quanto, come si è<br />

detto da più parti, al fine di assicurare la prossimità al cittadino, saranno probabilmente<br />

creati uffici decentrati , enti strumentali ed agenzie, con una conseguente inevitabile con<br />

moltiplicazione dei costi.<br />

L’obbligo di trasferimento ai comuni <strong>delle</strong> funzioni finora già conferite alle province,<br />

sancito dal comma 18, trova un solo limite, conforme alle previsioni del primo comma<br />

dell’art. 118 Cost., costituito dall’esigenza di assicurarne l’esercizio unitario, <strong>sul</strong>la base<br />

dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, a garanzia del quale le<br />

funzioni possono essere “acquisite” dalle Regioni. In mancanza di trasferimento <strong>delle</strong><br />

91


funzioni dalle sopprimende province ai comuni da parte <strong>delle</strong> Regioni entro il termine<br />

del 31 dicembre 2012, è previsto l’attivazione del potere statale di sostituzione, con<br />

legge dello Stato, secondo quanto disciplinato dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003,<br />

n. 131 60 .<br />

I successivi commi 15, 16 e 17, nel ridisegnare gli organi della provincia e le relative<br />

modalità di elezione nel rispetto dell’art. 117, co. 2, lett. p), della Costituzione che<br />

ricomprende, tra le competenze legislative esclusive dello Stato, quelle della<br />

legislazione elettorale e degli organi di governo di comuni, province e città<br />

metropolitane 61 , riducono a due gli organi della provincia: consiglio provinciale e<br />

presidente della provincia, con eliminazione <strong>delle</strong> giunte.<br />

Sia il consiglio provinciale che il presidente della provincia sono configurati - a<br />

differenza degli altri enti indicati dall’art. 114 Cost. - come organi ad elezione indiretta,<br />

60 Tale disposizione prevede, al comma 1, che, nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo<br />

comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente<br />

per materia, anche su iniziativa <strong>delle</strong> Regioni o degli enti locali, assegni all'ente interessato un congruo<br />

termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei<br />

ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio<br />

dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario.<br />

Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione<br />

interessata al provvedimento.<br />

61 La disciplina della forma di governo dei comuni e <strong>delle</strong> province era stata modificata in maniera<br />

incisiva con la legge n. 81 del 1993, che aveva introdotto l’elezione diretta del sindaco e del presidente<br />

della provincia. La relativa disciplina era confluita nel testo unico <strong>sul</strong>l’ordinamento degli enti locali (D.<br />

Lgs. n. 267/2000).<br />

Gli organi di governo della provincia erano: il presidente della provincia, il consiglio, organo<br />

rappresentativo eletto dalla collettività provinciale e la giunta, organo esecutivo (art. 36, comma 2,<br />

TUEL). <strong>Il</strong> presidente della provincia era eletto a suffragio diretto, durava in carica cinque anni ed era<br />

rieleggibile per una sola volta; egli provvedeva alla scelta degli assessori e poteva disporne la revoca. A<br />

ciascun assessore era assegnato uno specifico settore di attività. La composizione del consiglio<br />

provinciale era variabile e dipendeva dall’ampiezza demografica della provincia (art. 37 TUEL). <strong>Il</strong><br />

numero degli assessori era stabilito dallo statuto in relazione a quello dei consiglieri. Ai sensi del testo<br />

unico, la Giunta provinciale era composta dal presidente della provincia, che la presiedeva, e da un<br />

numero di assessori, stabilito dagli statuti. <strong>Il</strong> presidente della provincia ed il consiglio provinciale erano<br />

eletti, contestualmente con <strong>sistema</strong> misto a doppio turno, in base a liste formate da gruppi di candidati nei<br />

collegi uninominali (artt. 74 e 75 TUEL).<br />

<strong>Il</strong> consiglio poteva votare la sfiducia alla giunta; all’ approvazione della mozione di sfiducia conseguiva<br />

non solo la cessazione dalla carica del presidente della giunta provinciale e della sua giunta, ma anche lo<br />

scioglimento del consiglio stesso. <strong>Il</strong> consiglio si configurava, in linea di principio, quale organo deputato<br />

all’adozione degli indirizzi e alla effettuazione dei controlli, mentre la giunta era incaricata del governo<br />

dell’ente locale in attuazione di quegli indirizzi. Oltre alle funzioni di indirizzo, il consiglio esercitava<br />

anche compiti normativi e programmatici, assumeva le decisioni fondamentali inerenti l’ordinamento<br />

dell’ente e approvava i bilanci.<br />

92


eletto il primo dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel <strong>territorio</strong> della provincia e il<br />

secondo dal consiglio provinciale stesso tra i suoi componenti. Tali organi durano in<br />

carica cinque anni e le modalità di elezione del consiglio provinciale, composto da non<br />

più di dieci membri, saranno stabilite con legge dello Stato entro il 30 aprile 2012.<br />

<strong>Il</strong> comma 20 prevede che agli organi provinciali che avrebbero dovuto essere rinnovati<br />

entro il 31 dicembre 2012, si applica l'articolo 141 del D. Lgs. n. 267/2000, testo unico<br />

<strong>delle</strong> leggi <strong>sul</strong>l'ordinamento degli enti locali 62 . Pertanto, le sette province (Vicenza,<br />

Ancona, Ragusa, Como, Belluno, Genova e La Spezia) che dovrebbero rinnovare i<br />

propri organi nel corrente anno potrebbero essere commissariate.<br />

<strong>Il</strong> comma 20-bis impone alle regioni a Statuto speciale di adeguare i propri ordinamenti<br />

alle previsioni dei commi da 14 a 20 dell’articolo 23 della manovra e chiarisce che le<br />

disposizioni di cui sopra non si applicano alle province autonome di Trento e di<br />

Bolzano.<br />

In attuazione di quanto disposto dall’art. 23, cit., il 24 febbraio 2012 il Governo ha<br />

varato il disegno di legge, esaminato su proposta del Presidente del Consiglio e del<br />

Ministro dell’interno, che interviene <strong>sul</strong>la definizione <strong>delle</strong> nuove modalità di elezione<br />

dei Consiglieri provinciali e dei Presidenti <strong>delle</strong> Province. Al <strong>sistema</strong> elettorale attuale,<br />

basato <strong>sul</strong>l’elezione diretta del Presidente e del Consiglio provinciale, si sostituisce un<br />

<strong>sistema</strong> proporzionale, fra liste concorrenti. La riforma non prevede nuovi oneri a<br />

carico della spesa pubblica. <strong>Il</strong> risparmio presunto per lo svolgimento <strong>delle</strong> elezioni è di<br />

circa 118 mila euro per lo Stato e di circa 120 mila euro per le Province.<br />

Gli aspetti essenziali sono quattro:<br />

62 Tale disposizione disciplina lo scioglimento o la sospensione dei consigli comunali e provinciali nel<br />

caso di compimento di atti contrari alla Costituzione, o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché<br />

per gravi motivi di ordine pubblico, oppure quando non possa essere assicurato il normale funzionamento<br />

degli organi e dei servizi per impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del<br />

presidente della provincia o per dimissioni del sindaco o del presidente della provincia, o ancora per<br />

cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché<br />

contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non<br />

computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia o, infine, per riduzione dell’organo<br />

assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio.<br />

93


1) Si riduce il numero massimo di consiglieri provinciali. Per le province con più di<br />

700.000 abitanti saranno 16, per quelle con popolazione compresa tra i 300.000 e i<br />

700.000 saranno 12, mentre per quelle con meno di 300.000 abitanti il numero massimo<br />

di consiglieri previsto è di 10 unità. I nuovi limiti sono stati pensati per consentire<br />

l’accesso in Consiglio di tutto l’arco di forze politiche, garantendo la rappresentatività<br />

di tutte le opinioni e la tutela <strong>delle</strong> minoranze.<br />

2) I candidati al seggio di consigliere provinciale potranno essere solo i sindaci e i<br />

consiglieri comunali della provincia interessata. Le “elezioni di secondo grado”<br />

riducono i costi. Gli eletti, infatti, mantengono la carica di sindaco o consigliere<br />

comunale per tutta la durata del quinquennio provinciale di carica. Le elezioni, inoltre,<br />

si svolgeranno in un solo giorno (una domenica che verrà fissata con decreto dal<br />

Ministro dell’interno in una data diversa da quella del turno primaverile <strong>delle</strong> elezioni<br />

comunali).<br />

3) <strong>Il</strong> Presidente della Provincia è eletto direttamente dal corpo elettorale composto dai<br />

Consiglieri comunali per abbinamento di lista.<br />

4) Per preservare l’equità di genere tra gli eletti, si prevede la presenza necessaria di<br />

candidati di entrambi i sessi in ciascuna lista, nel rispetto del principio di pari<br />

opportunità.<br />

<strong>Il</strong> testo, dopo l’esame della Conferenza unificata, dovrà essere definitivamente<br />

approvato da parte del Consiglio dei Ministri.<br />

Con riferimento al D. L. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito con legge 22 dicembre<br />

2011, n.214 non possono sottacersi le questioni di legittimità costituzionale da più parti<br />

sollevate, compresa l’Unione Province d’Italia (UPI), in merito all’art.23, commi da 14<br />

a 21, con i quali, come si è visto, sono stati ridisegnati la struttura e le funzioni dell’ente<br />

provincia.<br />

E’ stato osservato che tali disposizioni, avendo un impatto profondo <strong>sul</strong>la forma di<br />

Stato prevista dalla Costituzione, avrebbero dovuto essere introdotte con modalità<br />

diverse dalla decretazione d’urgenza. <strong>Il</strong> decreto legge, com’è noto, presuppone la<br />

presenza di due requisiti - la necessità e l’urgenza – che non sussisterebbero nella<br />

94


proposta di modifica <strong>delle</strong> province, proposta che, peraltro, non determinerebbe,<br />

nell’immediato, neppure un risparmio di spesa.<br />

Le province sono infatti riconosciute tra le autonomie locali dall’art. 5 della<br />

Costituzione e sono tra le istituzioni costitutive della Repubblica, ai sensi dell’art. 114<br />

della Carta fondamentale. Con le disposizioni in parola esse verrebbero completamente<br />

trasformate, in quanto perderebbero le funzioni amministrative e diverrebbero enti di<br />

secondo grado adibiti a funzioni di coordinamento <strong>delle</strong> attività proprie dei Comuni.<br />

Tale trasformazione, peraltro, sarebbe introdotta attraverso lo strumento del decreto<br />

legge che, ai sensi dell’art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400 non può essere<br />

adottato nelle materie previste dall’art. 72, comma 4 della Costituzione, tra le quali<br />

figurano le norme a carattere costituzionale.<br />

In particolare le censure di costituzionalità sono state sollevate con riferimento al<br />

comma 14 che, così come approvato, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, comma<br />

2, lett. p) e 118, comma 2, della Costituzione, in quanto priverebbe le province<br />

dell’esercizio <strong>delle</strong> funzioni conferite con leggi statali o regionali e <strong>delle</strong> funzioni loro<br />

proprie. Inoltre attribuirebbe alle stesse province funzioni di indirizzo e di<br />

coordinamento dei comuni, ponendosi in contrasto con l’art. 114 Cost. che non<br />

contempla una posizione di sovraordinazione <strong>delle</strong> une rispetto agli altri.<br />

E’ stato inoltre rilevato che, a fronte della qualificazione costituzionale <strong>delle</strong> province<br />

quali enti esponenziali di una comunità territoriale, la legge in argomento limiterebbe<br />

l’autonomia politica ed il carattere democratico dell’ente. Inoltre, qualificando la<br />

provincia come ente di secondo grado si tradirebbe il carattere di ente territoriale<br />

rivestito dalla Provincia nel nostro ordinamento.<br />

Infine, l’Unione <strong>delle</strong> Province d’Italia ha osservato che la devoluzione alle Regioni<br />

anche solo di talune competenze della provincia escluderebbe quest’ultima dai livelli di<br />

Governo attraverso i quali trova esplicazione ed applicazione il principio di<br />

sussidiarietà e, d’altro canto, escluderebbe la possibilità che lo Stato eserciti il potere<br />

sostitutivo di cui all’art. 120, comma 2 della Costituzione e ciò malgrado la<br />

Costituzione preveda espressamente che anche per le funzioni attribuite alla Provincia<br />

95


possa essere assicurato un esercizio unitario secondo i principi di sussidiarietà,<br />

adeguatezza e differenziazione.<br />

7.2 La prefettura-UTG in relazione al possibile nuovo assetto <strong>delle</strong><br />

province.<br />

Le misure di riduzione della spesa esaminate nel paragrafo precedente riguardano<br />

l’amministrazione statale, compresa quella dell’interno, ma ad esse si sovrappongono<br />

progetti di riforme istituzionali che coinvolgono anche gli enti locali e, in particolare, le<br />

province.<br />

Sotto quest’ultimo profilo occorre riflettere <strong>sul</strong> se e come lo Stato debba ristrutturarsi in<br />

funzione della contestuale rivisitazione degli enti Provincia.<br />

Certamente, a fronte dei disegni costituzionali di soppressione <strong>delle</strong> province, non può<br />

ritenersi che debbano scomparire anche gli uffici statali periferici, per la semplice<br />

considerazione che lo Stato, nonostante la riforma del titolo V Cost., anzi, proprio alla<br />

luce di tale riforma, deve mantenere la sua presenza <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> per esercitare le<br />

proprie funzioni il più vicino possibile ai cittadini e per garantire che l’azione stessa<br />

venga adattata alle concrete esigenze della popolazione amministrata (art. 5 Cost. “… la<br />

Repubblica (…) attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento<br />

amministrativo”) 63 . Occorre, cioè, che l’amministrazione <strong>delle</strong> funzioni che fanno capo<br />

allo Stato sia quanto più vicina al <strong>territorio</strong> e che, soprattutto, sia possibile esercitare,<br />

per le <strong>prefetture</strong> in particolare, una funzione di vigilanza <strong>sul</strong> mantenimento dei livelli<br />

essenziali <strong>delle</strong> prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117<br />

Cost., in modo da fungere, anche nei territori più “lontani” da sentinella per intervenire,<br />

sia pure in via eventuale, in tutte le situazioni in cui è previsto l’intervento statale, ancor<br />

più nel caso in cui amministrazioni periferiche dello Stato non sono presenti in quanto<br />

“arretrate” a livello regionale o interregionale.<br />

Per assicurare l’insopprimibile esigenza di reductio ad unum dell’intero <strong>sistema</strong>,<br />

andrebbe, infatti, correttamente individuato proprio nella prefettura - UTG, quale unica<br />

63 Cfr. intervento del prefetto di Milano, G. Lombardi, in occasione del convegno I prefetti nell’Italia<br />

unita, Lecco il 30 settembre 2011, sito istituzionale, link alla pagina della Prefettura di Lecco.<br />

96


espressione dell’apparato centrale <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> cui l’ordinamento riconosce una<br />

vocazione generalista, il soggetto istituzionale che si pone come interfaccia con gli altri<br />

uffici espressione dello Stato centrale e nei confronti <strong>delle</strong> autonomie. In tal senso<br />

sembra, peraltro, porsi la più recente normativa concernente gli enti locali che evidenzia<br />

l’intenzione del legislatore di potenziare le funzioni di raccordo della prefettura<br />

disegnando un nuovo ordine di attribuzioni, che si affianca alle funzioni storiche della<br />

prefettura e che si articola in specifiche esperienze operative in materia di servizi<br />

pubblici locali 64 (in tale ambito si assegna al prefetto l’accertamento del rispetto degli<br />

adempimenti e <strong>delle</strong> scadenze previsti, nel regime transitorio, a carico degli enti locali<br />

che abbiano affidato la gestione dei servizi pubblici in modo non conforme a quanto<br />

statuito dal D.L. n.1/2012), di scioglimento dei consigli comunali (nell’ipotesi di<br />

64 <strong>Il</strong> decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo<br />

<strong>delle</strong> infrastrutture e la competitività”, all’art. 25, modifica la disciplina dell’affidamento e della gestione<br />

dei servizi pubblici locali. La citata normativa, che si applica a tutti i servizi pubblici locali fatta<br />

eccezione per i cd. “settori esclusi” (il servizio idrico, il servizio di distribuzione del gas, il servizio di<br />

distribuzione dell’energia elettrica nonché la gestione <strong>delle</strong> farmacie comunali), si caratterizza per una<br />

forte spinta verso la liberalizzazione dei servizi pubblici locali e per una riorganizzazione degli stessi su<br />

base territoriale in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei individuati in riferimento a dimensioni<br />

non inferiori alla dimensione del <strong>territorio</strong> provinciale, entro il termine del 30 giugno 2012. La normativa<br />

sopra citata, allo stato in corso di conversione, disciplina, inoltre, anche la costituzione <strong>delle</strong> società<br />

partecipate dagli enti locali nonché il connesso regime di affidamento del servizio pubblico. Al riguardo,<br />

infatti, si restringono gli ambiti di operatività dell’istituto dell’affidamento “in house” alle sole ipotesi in<br />

cui il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento sia pari o inferiore alla somma complessiva<br />

di Euro 200.000 annui, mentre per le società miste, ovvero il cui capitale sociale è solo in parte in mano<br />

pubblica, è prevista la possibilità di affidamento del servizio pubblico solo laddove la (necessaria) gara<br />

pubblica abbia avuto ad oggetto sia la scelta del socio privato al quale deve essere conferita una<br />

partecipazione non inferiore al 40% del capitale sociale, sia l’attribuzione di compiti operativi connessi<br />

alla gestione del servizio (cd. gara “a doppio oggetto”).<br />

<strong>Il</strong> legislatore ha poi previsto un regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito dal<br />

decreto legge, individuando rigorosi termini decadenziali, scaduti i quali, le gestioni di servizi pubblici<br />

precedentemente affidati cessano automaticamente senza necessità di apposita deliberazione dell’ente<br />

affidante. Proprio in questo specifico segmento si inserisce la disciplina in parola che assegna al Prefetto<br />

l’accertamento del rispetto degli adempimenti e <strong>delle</strong> scadenze previste dal periodo transitorio, ivi incluse<br />

le cessioni azionarie detenute dagli Enti locali in società quotate in borsa. <strong>Il</strong> Prefetto potrà quindi definire<br />

un termine perentorio entro il quale l’Ente locale dovrà provvedere alle dismissioni, trascorso inutilmente<br />

il quale il Governo potrà esercitare il potere sostitutivo di cui all’art. 8 della legge n. 131/2003, di<br />

attuazione dell’art. 120 della Costituzione, eventualmente nominando un commissario ad acta. A<br />

corollario del ridisegnato <strong>sistema</strong> di affidamento dei servizi pubblici locali, il legislatore ha inoltre<br />

previsto un ulteriore intervento del Prefetto, in funzione sanzionatoria che si estrinseca nell’irrogazione di<br />

sanzioni amministrative pecuniarie, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n.689 nei confronti dei<br />

concessionari e degli affidatari di servizi pubblici che non ottemperino alla richiesta dell’ente locale che<br />

decide di bandire la gara per l’affidamento del servizio di fornire i dati concernenti le caratteristiche<br />

tecniche degli impianti e <strong>delle</strong> infrastrutture e ogni altra informazione necessaria per bandire la gara.<br />

97


dissesto finanziario), di controllo della spesa pubblica 65 nonché nella previsione della<br />

istituzione dell’ufficio locale del Governo 66 .<br />

Tali funzioni fanno riferimento ad una normativa già consolidata o comunque in essere,<br />

e quindi costituiscono un nuovo asset di attribuzioni che rafforzano il ruolo di raccordo<br />

della prefettura con gli enti locali e che rendono vieppiù cogente la necessità dello Stato<br />

di mantenere una forte presenza <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.<br />

65 In particolare, per quanto riguarda gli interventi in materia di finanza pubblica, l’art. 6, comma 2, del<br />

decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 recante “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a<br />

regioni, province e comuni, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n.42”, quale decreto<br />

di attuazione del c.d. federalismo fiscale , prevede che qualora dalla pronunce <strong>delle</strong> sezioni regionali di<br />

controllo della Corte dei conti emergano comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria,<br />

violazione degli obiettivi della finanza pubblica allargata, irregolarità contabili o squilibri strutturali del<br />

bilancio dell’ente locale, in grado di provocarne il dissesto finanziario, il giudice contabile invita il<br />

medesimo ente locale ad adottare le necessarie misure correttive entro un termine assegnato. Decorso<br />

infruttuosamente detto termine, la Sezione regionale della Corte dei conti trasmette gli atti al prefetto che<br />

all’esito dell’assegnazione di un ulteriore termine di venti giorni per l’adozione della deliberazione<br />

dichiarativa dello stato di dissesto finanziario dell’ente locale interessato, nomina un commissario ad acta<br />

per l’adozione della medesima deliberazione e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio<br />

dell’ente ai sensi dell’art. 141 del D. Lgs. n.267/2000. Ri<strong>sul</strong>ta evidente come l’ipotesi di scioglimento<br />

dell’ente locale appena descritta costituisca ex se una nuova ipotesi di esercizio del potere di scioglimento<br />

dell’ente locale in cui si inserisce la figura del Prefetto, ipotesi che va ad aggiungersi a quelle già previste<br />

in seno agli artt. 141 e 143 del D. Lgs. 267/2000<br />

Per quanto riguarda invece la funzione di controllo degli enti locali rispetto agli obblighi di contenimento<br />

della spesa pubblica, va richiamato l’art.16, comma 28, del decreto legge n. 138/2011, convertito con la<br />

legge n. 148/2011, in virtù del quale il Prefetto accerta l’attuazione <strong>delle</strong> misure di riduzione della spesa<br />

di cui all’art. 2, comma 186, lett e) della legge 23 novembre 2009, n. 191 (soppressione di consorzi di<br />

funzioni tra enti) e successive modificazioni e all’art. 14, comma 32, del D.L. n. 78 del 2010 (liquidazione<br />

elle società costituite dagli enti locali con popolazione inferiore 30.000 abitanti) assegnando agli enti<br />

locali inadempienti un termine per provvedere, decorso il quale nomina un commissario ad acta per<br />

l’adozione dei provvedimenti necessari.<br />

66 La legge di stabilità per l’anno 2012 è intervenuta, tra l’altro, <strong>sul</strong>la riduzione degli “oneri<br />

amministrativi per le imprese” con l’istituzione <strong>delle</strong> zone a burocrazia zero (art. 14, legge 12 novembre<br />

2011, n.183). Con tali disposizioni si prova a portare ad unicum i procedimenti di autorizzazione di nuove<br />

attività produttive prevedendo la possibilità di istituire - al momento in via sperimentale e sino al<br />

dicembre 2013 – su richiesta della regione, d’intesa con gli altri enti interessati, l’Ufficio locale del<br />

Governo”, presieduto dal Prefetto del capoluogo provinciale. Si tratta di un organo collegiale, composto<br />

dai rappresentanti di regione, provincia, città metropolitana (ove esistente) e del comune interessato,<br />

competente all’autorizzazione di nuove iniziative produttive (ad eccezione di quelli di natura tributaria, di<br />

tutela statale dell’ambiente, della salute e della sicurezza e della attività poste in aree soggette a vincolo).<br />

Assistiamo ancora una volta in un’epoca di particolare gravità per le condizioni di stabilità del Paese, alla<br />

possibilità che il prefetto nelle aree ove si avverte con maggiore evidenza la difficoltà ad avviare nuove<br />

attività produttive, possa farsi carico di stimolare le nuove iniziative garantendo l’emanazione del<br />

provvedimento di autorizzazione entro termini assolutamente ridotti, attraverso il bilanciamento <strong>delle</strong><br />

competenze di uffici statali e territoriali. Tuttavia, nonostante in questa circostanza sia stato addirittura<br />

istituito un ufficio ex novo, incardinato presso la prefettura, molti sono gli interrogativi <strong>sul</strong>le concrete<br />

possibilità operative della nuova struttura e, ancora una volta, spetterà ai prefetti sbrogliare la matassa dai<br />

nodi di una normativa ancora poco chiara.<br />

98


<strong>Il</strong> ripensamento dell’ente provincia potrebbe peraltro rivelarsi utile per indagare un<br />

ridisegno <strong>delle</strong> attribuzioni prefettizie che, in una prospettiva de iure condendo, preveda<br />

un ruolo istituzionalizzato della prefettura nell’ambito del processo di sostituzione<br />

dell’art. 120 della Costituzione in quanto proprio nell’esercizio di questo potere<br />

sostitutivo da esercitarsi nei confronti degli enti locali potrebbe ragionevolmente porsi<br />

in controluce una nuovo ambito di intervento da riservare alla figura del prefetto,<br />

finalizzato alla configurazione di uno Stato più moderno proprio in quanto più leggero,<br />

ma nel contempo più forte proprio in quanto più incisivo.<br />

Come è noto l’art. 120, comma 2, della Costituzione prevede che il Governo possa<br />

sostituirsi, tra l’altro, ad organi della regione, <strong>delle</strong> città metropolitane, <strong>delle</strong> province e<br />

dei comuni, nel caso di mancato rispetto di norme e di trattati internazionali o della<br />

normativa comunitaria o nelle ipotesi di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza<br />

pubblica o quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica ed<br />

in particolare la tutela dei livelli essenziali <strong>delle</strong> prestazioni concernenti i diritti civili e<br />

sociali 67 .<br />

Non appare infondato immaginare un ruolo di raccordo e di cerniera dell’istituto<br />

prefettizio che operi come trait d’union tra le realtà locali e lo Stato centrale di cui<br />

costituisce articolazione periferica soprattutto nelle materie sopra citate.<br />

67 <strong>Il</strong> citato articolo, demanda poi alla legge dello Stato il compito di definire le procedure atte a garantire<br />

che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Si<br />

tratta di una ipotesi di sostituzione intersoggettiva dello Stato nell’esercizio <strong>delle</strong> competenze proprie o<br />

conferite ad un altro ente territoriale.<br />

Tali interventi sostitutivi costituiscono un’eccezione rispetto al normale svolgimento <strong>delle</strong> attribuzioni<br />

proprie <strong>delle</strong> regioni e degli enti locali e pertanto la giurisprudenza costituzionale ha correttamente<br />

evidenziato che, a garanzia dell’ente sostituito ed in coerenza con la natura eccezionale del potere<br />

esercitato, detto potere vada contemperato con la necessaria individuazione di alcune garanzie di tipo<br />

sostanziale e procedurale. In particolare, con la sentenza n. 43 del 2004, la Con<strong>sul</strong>ta ha chiarito che i<br />

controlli sostitutivi concorrono a configurare ed a limitare l’autonomia dell’ente sostituito e devono<br />

quindi trovare un fondamento esplicito o implicito nella normazione positiva che renda tipizzate le ipotesi<br />

di sostituzione, non essendo ammissibile un potere di sostituzione di carattere generale. La legge deve,<br />

infine apprestare congrue garanzie procedimentali per l’esercizio del potere sostitutivo, in conformità al<br />

principio di leale collaborazione richiamato dall’art. 120, comma 2, ed operante più in generale nei<br />

rapporti tra enti locali dotati di autonomia costituzionalmente garantita. In osservanza di tale principio è<br />

necessario che l’ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione attraverso<br />

l’autonomo adempimento e comunque possa intervenire nel procedimento preordinato all’attivazione del<br />

potere sostitutivo. <strong>Il</strong> procedimento è disciplinato dall’art. 8 della legge n. 131/2003 che prevede la diffida<br />

ad adempiere mediante l’assegnazione di un congruo termine per adottare i provvedimenti necessari.<br />

99


Detto ruolo, da un lato, si fonda e fa leva <strong>sul</strong>le numerose attribuzioni di raccordo con gli<br />

enti locali - settore questo in cui storicamente opera la prefettura-UTG – e, dall’altro,<br />

ottimizza il ruolo dell’istituto prefettizio quale organo di rappresentanza del governo in<br />

ambito locale, ovvero di quell’istituzione dello stato centrale che in definitiva è<br />

chiamato, sia pure in ipotesi del tutto tipiche e particolari, a svolgere un intervento di<br />

surroga e di sostituzione rispetto all’ente locale.<br />

In tale contesto il ricorso alla prefettura - UTG, nei modi e nei termini sopra indicati, si<br />

qualifica vieppiù opportuno proprio in quanto in grado di condurre la delicata opera di<br />

sostituzione, eventualmente sollecitata dal prefetto ma deliberata dal Governo, in un<br />

quadro di ragionevole e calibrato contemperamento del principio di leale collaborazione<br />

fra enti dotati di autonomia costituzionalmente garantita.<br />

All’esito del momento sollecitatorio, da riservarsi proprio al prefetto in quanto figura di<br />

raccordo tra centro e periferia, non può che ulteriormente riservarsi al medesimo organo<br />

anche la fase esecutiva dell’intervento sostitutivo, ovvero quella solitamente ad<br />

appannaggio del commissario ad acta, ruolo quest’ultimo al quale il prefetto sembra<br />

naturalmente candidarsi proprio nel contesto socio-economico attuale.<br />

Tornando alla disamina della problematica concernente il possibile assetto della<br />

prefettura-UTG in relazione alla riforma <strong>delle</strong> province, si ritiene che non siano diverse<br />

le valutazioni in ordine alla necessità che permanga, anzi sia vieppiù necessaria , la<br />

presenza della prefettura-UTG per l’ipotesi di piena attuazione di quanto previsto dal D.<br />

L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, che, come si<br />

è detto, trasforma le province in enti di solo indirizzo politico e di coordinamento dei<br />

Comuni nelle materie di loro competenza. Infatti, le ragioni della per<br />

manenza dello Stato in periferia non mutano rispetto alla cancellazione dell’apparato<br />

burocratico <strong>delle</strong> province, rimanendo invariato il panorama dei livelli di indirizzo<br />

politico <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>. In tal caso, infatti, l’ambito territoriale <strong>delle</strong> competenze non<br />

subirebbe alcuna modifica, e gli organismi collegiali istituiti presso la prefettura-UTG<br />

continuerebbero ad avere, tra gli interlocutori, il presidente della provincia. Inoltre,<br />

l’eventuale sviluppo del progetto di riforma contenuto nel D.L. n. 201/2011<br />

100


afforzerebbe ancor di più l’esigenza di mantenere viva, in capo alla prefettura-UTG, la<br />

vigilanza <strong>sul</strong> buon andamento dell’azione amministrativa. In tale prospettiva, le<br />

<strong>prefetture</strong> possono collaborare alla risoluzione di eventuali difficoltà interpretative nella<br />

fase di attuazione della riforma - prevenendo situazioni di criticità o conflittualità - e<br />

possono attivarsi per assicurare l’ordinato sviluppo <strong>delle</strong> nuove prerogative<br />

sovracomunali, così come delineate dal nuovo contesto normativo, nell’ottica del<br />

perseguimento dell’interesse generale.<br />

Sgombrato il campo rispetto alla prospettiva della completa abolizione <strong>delle</strong> province,<br />

nonché rispetto alla trasformazione <strong>delle</strong> province in meri organi di indirizzo politico,<br />

resta da considerare cosa potrebbe accadere qualora le province dovessero essere ridotte<br />

di numero, conservando, però, le funzioni attuali.<br />

In tale ipotesi la riforma della prefettura-UTG va esaminata sia in relazione al nuovo<br />

assetto con il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie, che in relazione agli altri uffici periferici dello<br />

Stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>.<br />

Nel primo caso permane, e forse diventa ancor più cogente, l’esigenza di coniugare<br />

efficacemente, in ambito locale, la presenza del referente dello Stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> quale<br />

interfaccia con il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie.<br />

Nel secondo caso la questione impone considerazioni diverse rispetto a quelle svolte in<br />

relazione alla completa abolizione <strong>delle</strong> province, poiché l’effetto della riduzione del<br />

loro numero comporta la modifica <strong>delle</strong> circoscrizioni territoriali della gran parte <strong>delle</strong><br />

province esistenti. In questa ipotesi appare inevitabile che anche l’apparato statale in<br />

periferia, comprese le <strong>prefetture</strong>, debba adattarsi al nuovo assetto territoriale per<br />

mantenere intatti gli equilibri istituzionali ed anche per soddisfare le istanze di<br />

razionalizzazione degli apparati periferici statali.<br />

La ricollocazione territoriale di tutti gli uffici periferici dello Stato consente, altresì, di<br />

mantenere inalterato un principio di coerenza istituzionale che impone, anche agli uffici<br />

periferici del <strong>Ministero</strong> dell’interno, di assumere la medesima allocazione dei nuovi<br />

capoluoghi di provincia.<br />

101


In particolare, per la prefettura-UTG, il rispetto di tale principio non incide <strong>sul</strong>la<br />

composizione degli organi collegiali cui partecipa il presidente della provincia e<br />

permette l’esercizio di tutte le altre funzioni facenti capo alla prefettura nel rispetto dei<br />

criteri di competenza territoriale basata <strong>sul</strong>la nuova circoscrizione provinciale.<br />

Tale arretramento geografico determina, inevitabilmente, l’esigenza, per il <strong>Ministero</strong><br />

dell’interno e per il prefetto, in particolare, di conservare la capacità di controllo del<br />

<strong>territorio</strong> e di raccordo con gli enti locali e, rispetto ai cittadini, di assicurare i medesimi<br />

livelli di prestazione nell’erogazione dei servizi.<br />

Diversamente, la permanenza degli uffici periferici dello Stato nelle sedi provinciali<br />

soppresse, determinerebbe solo confusione, sia a livello istituzionale, che per i cittadini.<br />

Per le <strong>prefetture</strong>, in particolare, si verrebbe a creare un effetto distorsivo nei rapporti<br />

istituzionali poiché il presidente della nuova provincia dovrebbe rapportarsi a due<br />

prefetti ed i comuni farebbero capo a due diverse circoscrizioni territoriali, una più vasta<br />

provinciale ed una statale più piccola. La medesima difficoltà si porrebbe anche in capo<br />

ai cittadini nei rapporti con i diversi organi istituzionali statali e provinciali.<br />

Posto, pertanto, che alla riduzione <strong>delle</strong> province debba conseguire una corrispondente<br />

riduzione degli uffici periferici statali, si tratta di verificare se presso le sedi territoriali<br />

istituite nei sopprimendi capoluoghi di provincia si debba mantenere comunque un<br />

presidio dello Stato. Soprattutto con riferimento alle funzioni di tutela dell’ordine e<br />

sicurezza pubblica e dell’incolumità (polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili del<br />

fuoco), è necessario garantire il più possibile la presenza capillare <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>. Senza<br />

voler sostenere tesi conservatrici, è evidente che la nuova allocazione degli uffici<br />

periferici non può incidere <strong>sul</strong>la funzionalità del servizio né andare a detrimento della<br />

sicurezza percepita da parte dei cittadini; semmai è possibile ipotizzare il<br />

ridimensionamento di alcuni apparati (per esempio, la Questura può ben lasciare il posto<br />

ad un commissariato che continui a garantire la funzione di controllo del <strong>territorio</strong>).<br />

Peraltro, la riallocazione dei presìdi <strong>delle</strong> forze dell’ordine può essere l’occasione per<br />

procedere ad un’attenta rivalutazione volta ad evitare sovrapposizioni o duplicazioni di<br />

organi che svolgono le medesime funzioni <strong>sul</strong> medesimo <strong>territorio</strong>.<br />

102


Specularmente, nel caso <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>, potrebbe essere mantenuto un ufficio satellite,<br />

volto a garantire, nel <strong>territorio</strong> confluito nella circoscrizione provinciale più vasta,<br />

alcune funzioni fondamentali di prossimità: i servizi ai cittadini stranieri e in materia di<br />

depenalizzazione, la polizia amministrativa, i servizi in materia di anagrafe e di<br />

prevenzione <strong>delle</strong> tossicodipendenze, nonché il coordinamento degli interventi in caso<br />

di calamità naturali. L’esigenza è quella di assicurare che laddove è richiesto<br />

necessariamente il contatto personale dei cittadini con gli uffici della prefettura<br />

(audizioni, sottoscrizione del contratto di soggiorno e dell’accordo di integrazione, ecc.)<br />

l’onere di trasferimento non sia posto a carico dei cittadini medesimi.<br />

In tal senso si potrebbe ipotizzare di “recuperare” dall’esperienza storica le<br />

sotto<strong>prefetture</strong> e immaginare che siano presiedute da un dirigente prefettizio non<br />

generale, al quale potrebbero essere conferite le funzioni di coordinamento <strong>delle</strong> attività<br />

svolte nella sede 68 . Tale struttura non avrebbe funzioni decisorie, che resterebbero di<br />

esclusiva competenza della prefettura-UTG, ormai incardinata presso il nuovo<br />

capoluogo di provincia, ma assumerebbe un ruolo di avamposto rispetto alle esigenze<br />

<strong>delle</strong> collettività locali. Essa, dunque, non costituirebbe una duplicazione della<br />

prefettura ma contribuirebbe a garantire il controllo del <strong>territorio</strong>, il rapporto con le<br />

autonomie locali e i servizi alla collettività.<br />

Le attività svolte presso la sottoprefettura costituirebbero il primo filtro rispetto a tutte<br />

le problematiche del <strong>territorio</strong> facente parte della provincia soppressa, comprese quelle<br />

di ordine e sicurezza pubblica, ed il dirigente preposto avrebbe la possibilità di<br />

raccogliere le istanze locali per poi riportarle all’attenzione del prefetto per i<br />

provvedimenti finali.<br />

7.3 Riorganizzazione dell’amministrazione provinciale e statale <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong>: il disegno di legge Lanzillotta, La Loggia, Vitali.<br />

La recente proposta di legge presentata dagli on.li Lanzilotta, La Loggia, Vitali e resa<br />

nota in data 8 febbraio 2012 prevede l’abolizione <strong>delle</strong> province come livello<br />

68 Un’esperienza in tal senso è già presente presso l’ufficio staccato dell’Elba, ove, in capo ad un unico<br />

dirigente vengono assommate le funzioni di rappresentanza del prefetto nel <strong>territorio</strong> dell’isola.<br />

103


istituzionale di governo tra Comuni e Regioni, trasformate in un soggetto<br />

amministrativo che sia diretta espressione dei Comuni, ovvero una sorta di «agenzia<br />

intercomunale multi-servizi».<br />

<strong>Il</strong> ri<strong>sul</strong>tato finale, secondo i presentatori della proposta, sarebbero 50-60 «nuove<br />

province», rette da un board eletto non dai cittadini, ma da e tra i sindaci e i consiglieri<br />

comunali, con risparmi conseguenti dal punto di vista dei costi della politica. Ma le<br />

maggiori economie, nell'idea dei firmatari, arriveranno dal punto di vista gestionale: le<br />

«nuove province» dovrebbero infatti gestire i servizi di rete, i trasporti, le strade, per<br />

tutti i Comuni dell'area vasta e diventare la «stazione appaltante» per tutti.<br />

Nelle 10 città metropolitane in attesa di istituzione saranno queste ultime a ereditare le<br />

attuali funzioni provinciali, assorbendone anche alcune dei comuni e <strong>delle</strong> regioni. Nel<br />

resto d’Italia resteranno in vita altre 40 o al massimo 50 province di nuova concezione.<br />

Non solo perché non saranno più elette dai cittadini e perché dovranno avere un bacino<br />

demografico di almeno 500mila abitanti, ma anche perché vedranno notevolmente<br />

ridotte le proprie funzioni e potranno assistere i comuni in materie da gestire in forma<br />

associata (concorsi, riscossione dei tributi, appalti).<br />

<strong>Il</strong> punto di partenza è il già citato decreto Monti che elimina le giunte provinciali,<br />

trasforma i consigli in assemblee formate da sindaci e consiglieri comunali e affida al<br />

disegno di legge governativo del 24 febbraio 2012, già illustrato, il compito di<br />

riformarne il <strong>sistema</strong> elettorale. Quello di arrivo consiste invece nella doppia<br />

accelerazione da imprimere alla Carta <strong>delle</strong> autonomie all'esame del Senato e, dall'altro,<br />

al d.d.l. costituzionale che elimina le province dall'elenco di enti di pari livello<br />

contenuto nell'articolo 114 della Costituzione e che sta per iniziare il suo esame alla<br />

Camera.<br />

Al progetto di legge è allegata una dettagliata analisi demografica <strong>delle</strong> attuali province<br />

italiane, unita al presente lavoro (all.1), che riporta sia il numero degli abitanti sia<br />

l’attuale estensione degli ambiti territoriali. <strong>Il</strong> quadro riassuntivo è completato<br />

dall’analisi <strong>delle</strong> province distinte per Regione.<br />

104


Dal delineato contesto emerge che è stata effettuata una duplice operazione: da un lato<br />

il mero accorpamento <strong>delle</strong> attuali province che non raggiungono la soglia dei 500 mila<br />

abitanti e il definitivo avvio <strong>delle</strong> città metropolitane; dall’altro quella di ipotizzare una<br />

radicale trasformazione dell’ente da realtà politica direttamente eletta dai cittadini ad<br />

agenzia intercomunale eletta tra gli stessi amministratori comunali.<br />

Per quanto sino ad ora esposto in materia di razionalizzazione e contenimento della<br />

spesa pubblica, non sembra assolutamente plausibile che per tale nuovo organismo<br />

intermedio debba essere creata una apposita sede, ovvero mantenuta quella della<br />

sopprimenda provincia.<br />

Mancando nella proposta di legge un esplicito riferimento in tal senso, si potrebbe<br />

proporre che il board dei Sindaci trovi la sua naturale allocazione proprio nelle<br />

Prefetture – UTG, ed in particolare in una <strong>delle</strong> articolazioni della Conferenza<br />

Permanente.<br />

<strong>Il</strong> secondo step della proposta riguarda, invece, gli uffici governativi. <strong>Il</strong> disegno<br />

Lanzillotta, La Loggia, Vitali prevede che Prefetture e Questure siano ridotte,<br />

analogamente alle province, da 110 a circa 50-60, così come le Camere di Commercio.<br />

Infine, tutti gli uffici periferici del Governo - ad esclusione <strong>delle</strong> Agenzie e dei Ministeri<br />

di Difesa, Giustizia ed Esteri - dovranno essere unificati negli Uffici Territoriali di<br />

Governo, presso le <strong>prefetture</strong>. Nessun ufficio periferico dello Stato potrà avere una<br />

circoscrizione inferiore a quella <strong>delle</strong> nuove Province.<br />

Per quanto concerne gli uffici periferici esclusi dall’unificazione (difesa, giustizia),<br />

andranno comunque accorpati negli UTG tutti gli uffici strumentali (personale,<br />

economato, logistica, acquisti, autoparco, ecc.) con consistenti economie di scala.<br />

Si appalesa evidente da un lato l’analogia con l’originario disegno dell’UTG che<br />

prevedeva l’accorpamento, poi fallito, di alcuni uffici statali, dall’altro la riproposizione<br />

dei Servizi Comuni, oggi definiti “uffici strumentali”, che unificano la gestione <strong>delle</strong><br />

materie comuni a più amministrazioni periferiche.<br />

105


Ciò che appare assolutamente innovativo e peraltro molto più coerente con il ruolo<br />

generalista del Prefetto, è la previsione dell’assorbimento nell’UTG di tutti gli uffici<br />

statali, eccezion fatta soltanto per l’amministrazione della Giustizia, Difesa, Esteri e per<br />

le Agenzie per le quali, tuttavia, è prevista comunque almeno la condivisione della<br />

gestione dei servizi strumentali.<br />

Si tratta di una scelta estremamente coraggiosa che, pur a fronte, della drastica<br />

riduzione del numero <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong> garantisce una effettiva funzionalità all’UTG<br />

quale presenza organizzata dello Stato <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong> e momento di saldatura su scala<br />

territoriale con il <strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> autonomie.<br />

Nell’unita tabella (all.2) sono illustrati il numero e la consistenza <strong>delle</strong> Amministrazioni<br />

periferiche dello Stato coinvolte nel processo di riforma e di semplificazione ipotizzato<br />

dal disegno di legge già sottoposto all’attenzione del Governo.<br />

<strong>Il</strong> numero <strong>delle</strong> Amministrazioni dello Stato coinvolte nel processo di accorpamento<br />

nell’UTG nonché la consistente modifica e soppressione <strong>delle</strong> province, danno la<br />

misura degli effetti dirompenti della disegnata riforma sugli attuali assetti istituzionali.<br />

Tuttavia, sarebbe riduttivo focalizzare l’attenzione esclusivamente <strong>sul</strong>la riduzione del<br />

numero <strong>delle</strong> Prefetture e <strong>sul</strong>l’arretramento del presidio dello Stato in alcuni territori<br />

provinciali<br />

Ciò su cui occorre riflettere è che in realtà attraverso la esposta riforma si potrebbe<br />

sostanziare la vera rifondazione dell’UTG: lo Stato si “riprogetta” <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong><br />

scegliendo finalmente la strada della concentrazione e dell’unitarietà, fornendo al<br />

cittadino, al mondo economico ed alle autonomie un unico, forte e coeso interlocutore<br />

106


CONCLUSIONI<br />

I prefetti sono stati testimoni e allo stesso tempo attori della storia della Repubblica<br />

italiana e lo sono ancora oggi, in un momento molto complesso sia per le istituzioni che<br />

per la società civile, oppressa da molteplici fattori di crisi quali la recessione economica,<br />

le difficoltà del mondo del lavoro, il disagio giovanile, i flussi migratori di popoli in<br />

cerca di migliori condizioni di vita.<br />

Sin dai primi anni del Regno d’Italia, i “prefetti dell'unificazione politica” hanno<br />

contribuito alla realizzazione della fusione <strong>delle</strong> province degli Stati preunitari in un<br />

grande Stato nazionale, indirizzando gli Enti locali entro i binari della nuova<br />

legislazione unitaria.<br />

A partire dalla Costituzione Repubblicana del 1948, fondata su un modello di Stato<br />

basato <strong>sul</strong> pluralismo autonomistico, si è assistito ad un evoluzione dell’istituto<br />

prefettizio che ha attraversato i grandi cambiamenti intervenuti nella pubblica<br />

amministrazione giungendo, con il decreto legislativo n.300/1999, alla trasformazione<br />

della prefettura in ufficio territoriale del Governo.<br />

L’analisi dei problemi applicativi e <strong>delle</strong> ragioni della mancata attuazione dell’UTG,<br />

dovuta principalmente, ma non solo, alla resistenza posta in essere dalle<br />

amministrazioni statali periferiche interessate all’accorpamento, ha fatto emergere che i<br />

tempi non erano ancora maturi per un cambiamento così radicale.<br />

L’ulteriore sviluppo del ruolo prefettizio – conseguente alla riforma del titolo V della<br />

Costituzione – è stato poi riconosciuto e definito con il D. Lgs. n.29/2004 e il DPR<br />

n.180/2006 che hanno delineato, in un quadro normativo ormai chiaro e completo, il<br />

nuovo modello di prefettura–UTG quale centro unitario di riferimento, di<br />

coordinamento e di sintesi degli interessi pubblici, struttura dinamica e flessibile<br />

destinata ad interfacciarsi continuamente con il <strong>sistema</strong> regionale e locale al fine di<br />

prevenire e, se del caso, risolvere, i possibili conflitti tra istituzioni.<br />

In tale quadro, nella logica di riorganizzazione della prefettura – UTG in vista del<br />

raggiungimento di più elevati livelli di efficienza, assume un fondamentale rilievo lo<br />

strumento della Conferenza permanente, i cui meccanismi di funzionamento e modalità<br />

107


di azione potrebbero essere “ripensati” al fine di potenziarne l’attività e massimizzarne i<br />

ri<strong>sul</strong>tati.<br />

La delicata funzione della concertazione interistituzionale fra diversi livelli di governo e<br />

l’attuazione del principio di leale collaborazione, viene, infatti, esplicata in periferia<br />

proprio grazie a tale prezioso consesso che si inserisce, nel panorama nazionale, nel<br />

“<strong>sistema</strong> <strong>delle</strong> Conferenze”, impianto architettonico nel quale rientrano la Conferenza<br />

Stato-Regioni, la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e la Conferenza unificata.<br />

Un’ipotesi di potenziamento potrebbe essere perseguita attribuendo alla Conferenza<br />

permanente la possibilità di utilizzare, così come accade per le altre Conferenze<br />

nazionali, strumenti decisionali come l’intesa o l’accordo interistituzionale, che<br />

appaiono più rispondenti al nuovo panorama dei rapporti fra diversi livelli di governo,<br />

così come delineati dalla riforma del Titolo V della Costituzione.<br />

D’altro canto, la funzione di “saldatura” del <strong>sistema</strong> che abbiamo visto esplicarsi nella<br />

Conferenza permanente si rinviene anche in molti altri Stati europei, ove è fortemente<br />

sentita la necessità di far coesistere un forte raccordo verticale fra centro e periferia con<br />

un coordinamento operativo orizzontale a livello periferico, compito questo assai<br />

gravoso che viene sempre garantito dal prefetto o da figure corrispondenti nominate dal<br />

Governo degli Stati centralizzati, sia decentrati che regionalizzati, e dalle autorità<br />

regionali degli Stati federali.<br />

L’analisi svolta circa il ruolo di volta in volta rivestito dagli uffici territoriali del<br />

Governo e la possibile ulteriore loro riforma ha portato a concludere per la necessità di<br />

una riqualificazione, in senso rafforzativo, di tali apparati amministrativi, nell’ottica<br />

dell’ormai imprescindibile processo di razionalizzazione della spesa pubblica.<br />

Si è partiti dalla constatazione che, allo stato, le <strong>prefetture</strong>-UTG sono interessate da due<br />

disegni riformatori: il primo scaturente dalla legge finanziaria per l’anno 2007 (legge<br />

n.296/2006) che ipotizza di superare il principio della competenza territoriale su base<br />

provinciale <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG, privilegiando un criterio basato <strong>sul</strong>l’efficienza<br />

dell’azione amministrativa e avendo come dato di riferimento la garanzia della qualità<br />

dei servizi assicurati all’utenza; il secondo è la c.d. “Carta <strong>delle</strong> autonomie” (A.S. 2259)<br />

108


che invece ipotizza una rideterminazione degli ambiti territoriali <strong>delle</strong> province con<br />

conseguente arretramento <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG, facendo salvo il criterio della<br />

competenza territoriale provinciale <strong>delle</strong> stesse.<br />

In tale complesso quadro di riferimento, si inserisce l’attuale dibattito politico relativo<br />

alla sopravvivenza <strong>delle</strong> province, con particolare riguardo alla contestata riforma<br />

introdotta dall’art.23 della Legge n.214/2011 (manovra Monti) che ha previsto la<br />

soppressione <strong>delle</strong> giunte provinciali, la consistente riduzione dei consiglieri e la loro<br />

elezione, unitamente al presidente, da parte dei sindaci del <strong>territorio</strong> di riferimento. In<br />

proposito è stato anche presentato, in data 24 febbraio 2012, un disegno di legge<br />

governativo che introduce nuove modalità di elezione dei consiglieri provinciali e dei<br />

presidenti <strong>delle</strong> province.<br />

A questo punto, ci si è chiesti quale possa essere il conseguente destino <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-<br />

UTG, le cui funzioni sono da sempre riferite ad un contesto provinciale.<br />

<strong>Il</strong> presente lavoro ha voluto dimostrare, in primis, come il ruolo e l’azione <strong>delle</strong><br />

<strong>prefetture</strong>-UTG sia svincolato dall’ente provincia inteso come apparato politico -<br />

amministrativo, mentre a diversa conclusione si deve pervenire qualora si abbia<br />

riguardo alla provincia quale ambito territoriale di riferimento.<br />

In quest’ottica, si è ritenuto che la prefettura-UTG possa adeguare le proprie funzioni<br />

all’estensione territoriale e demografica del rinnovato ambito provinciale, anche<br />

attraverso l’eventuale arretramento <strong>delle</strong> strutture più piccole in favore <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong><br />

viciniori di maggiore ampiezza.<br />

In tale caso, si è ipotizzata la permanenza, nei territori <strong>delle</strong> soppresse province -<br />

soprattutto in quelli che a seguito dell’accorpamento ri<strong>sul</strong>tino particolarmente estesi - di<br />

un ufficio di sottoprefettura che possa costituire il baluardo dello Stato a garanzia <strong>delle</strong><br />

primarie esigenze dell’ordine e sicurezza pubblica e della necessità, parimenti rilevante,<br />

di fornire ai cittadini specifici servizi inerenti le funzioni di competenza, con particolare<br />

riguardo ai procedimenti amministrativi di line.<br />

109


La sottoprefettura potrà rivelarsi indispensabile, altresì, in quei territori che – ancorché<br />

non particolarmente estesi – ri<strong>sul</strong>tino connotati da particolari situazioni di criticità sia<br />

sotto il profilo dell’ordine e sicurezza pubblica, sia con riguardo ad accentuati profili di<br />

disagio sociale e ambientale.<br />

Sono state anche articolate alcune ipotesi di riforma dell’ufficio territoriale del Governo<br />

senza perdere di vista l’imprescindibile esigenza di contenimento della spesa pubblica<br />

nonché la vocazione generalista del prefetto cui normativamente è attribuito il ruolo di<br />

coordinamento <strong>delle</strong> altre amministrazioni periferiche statali.<br />

In tal senso si inquadra la formulazione della proposta inerente la creazione di un<br />

“palazzo dello Stato” ove allocare tutti gli uffici statali periferici, anche al fine di<br />

ottimizzare l’impiego di risorse umane e strumentali fungibili tra le diverse<br />

amministrazioni. In particolare, a fronte di un certo “disordine” derivante dalla diversa<br />

articolazione periferica degli uffici statali <strong>sul</strong> <strong>territorio</strong>, si è valutata la possibilità di un<br />

accorpamento fisico e funzionale di questi ultimi che consentirebbe, in una prospettiva<br />

di medio e lungo termine, considerevoli risparmi di spesa per effetto dell’abbattimento<br />

di oneri di locazione, di quelli per consumi energetici e per le manutenzioni, nonché per<br />

la unificazione di alcuni uffici (ad esempio l’URP). A ciò si aggiungerebbe l’indubbio<br />

vantaggio per il cittadino che vedrebbe ridurre in maniera sostanziale i tempi e i costi<br />

del suo interagire con la pubblica amministrazione centrale.<br />

Una ulteriore ipotesi riformatrice, anch’essa finalizzata alla razionalizzazione della<br />

spesa, concerne la istituzione - peraltro già prevista dal DPR n.287/2001, poi abrogato -<br />

presso la prefettura-UTG, dell’”ufficio servizi generali” nel quale far convergere attività<br />

comuni a tutti gli uffici periferici statali (ad esempio, gestione del personale, servizi<br />

informatici, procedure per l’affidamento di servizi e forniture, controllo di gestione,<br />

etc.). Ciò consentirebbe anche, al titolare dell’UTG, di esplicare più agevolmente la sua<br />

funzione di coordinamento <strong>delle</strong> varie amministrazioni periferiche dello Stato,<br />

favorendo le economie di gestione ed evitando duplicazioni e sprechi.<br />

Tale previsione è peraltro contenuta nel recentissimo disegno di legge Lanzillotta-La<br />

Loggia-Vitali (8 febbraio 2012), nel quale si è nuovamente fatto ricorso alla logica dei<br />

110


“servizi comuni”, definiti “uffici strumentali”, in cui viene unificata la gestione <strong>delle</strong><br />

materie comuni a più amministrazioni periferiche. Tale proposta, inoltre, prevede, a<br />

fronte di una drastica riduzione del numero <strong>delle</strong> province - parametrata <strong>sul</strong> numero di<br />

abitanti che non potrà essere inferiore ai 500 mila - una analoga contrazione anche <strong>delle</strong><br />

<strong>prefetture</strong>-UTG con contestuale riproposizione dell’accorpamento di tutti gli uffici<br />

statali provinciali nell’UTG.<br />

In ogni caso, l’impegno riformatore teso a rivisitare il ruolo <strong>delle</strong> <strong>prefetture</strong>-UTG e <strong>delle</strong><br />

province dovrà procedere innanzitutto nel senso di mantenere la presenza dello Stato <strong>sul</strong><br />

<strong>territorio</strong>, a garanzia del rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti, primo fra tutti<br />

quello di uguaglianza ed in secondo luogo nel senso di assicurare l’unitarietà dell’azione<br />

dei vari livelli di governo nel rispetto <strong>delle</strong> differenti caratteristiche socio-economiche<br />

di ciascun <strong>territorio</strong>.<br />

111

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