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aA T T U A L I T À di Ferdinando Romano, Manuela Di Virgilio, Elena Marano, Vita Di Iorio I nuovi modelli di assistenza territoriale La crescente diffusione delle malattie croniche e delle co-morbilità geriatriche, assieme alla comprovata inadeguatezza dell’ospedale nella gestione di tali malattie in una prospettiva sia sociale che economica e strutturale, hanno richiamato un’attenzione sempre maggiore sull’assistenza territoriale. Tale scenario impone al servizio sanitario nazionale continui aggiornamenti dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per garantire una adeguata ed appropriata assistenza socio-sanitaria. In quest’ottica il Livello di Assistenza Territoriale diventa una realtà ricca e articolata al centro di un significativo dibattito e di rilevanti cambiamenti. I Livelli Essenziali di Assistenza sono definiti come l’insieme delle prestazioni che vengono garantite dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, perché presentano, per specifiche condizioni cliniche, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, individuale o collettiva, a fronte delle risorse impiegate. I LEA sono stati citati per la prima volta dal D.lgs. 502/1992, poi sono stati oggetto di una ridefinizione nel D.lgs. 229/1999, fino ad approdare a una compiuta cornice legislativa nella legge 405 del 2001 attuata con DPCM del 29 novembre 2001. Uno strumento indispensabile per verificare l’effettiva applicazione dei livelli di assistenza è rappresentato dal DM 12/12/2001. Il Decreto definisce un insieme di indicatori, riferiti ai diversi livelli di assistenza, attraverso i quali è possibile ottenere informazioni sull’attività svolta dalle Aziende Sanitarie, la diffussione dei servizi, le risorse impiegate, i costi e i risultati ottenuti. Con l’Intesa Stato-Regioni del 25/03/2005 è stato istituito, presso il Ministero della Salute, il Comitato Permanente per la Verifica dell’erogazione dei LEA, col compito di verificare non solo l’erogazione dei LEA ma anche che tali prestazioni siano effettuate in condizioni di appropriatezza e efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal SSN. Il Livello di Assistenza Territoriale o, come viene denominato nel DPCM LEA, “Livello Di Assistenza Distrettuale”, è diventato scenario di profondi cambiamenti a causa di una domanda assistenziale sempre più complessa. È maturata la consapevolezza della necessità di modelli di gestione dei servizi assistenziali che puntassero al superamento della logica ospedalecentrica in favore della promozione della medicina territoriale. Il primo tentativo di spostare il baricentro della politica sanitaria dall’ospedale al territorio si deve al D.lgs. 229/99 che, nel riconfermare e rafforzare il Distretto, lo riconosce come strumento essenziale per ricollocare i bisogni dei cittadini al centro del SSN. Il Distretto rappresenta, per i cittadini di un dato ambito territo- bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 5/2009 16
a ATTUALITÀ riale, il punto di riferimento per l’accesso ai servizi dell’ASL. Il D.lgs. 229/99 costituisce, inoltre, una delle prime normative volte a disciplinare l’integrazione sociosanitaria riconoscendo, sempre nel Distretto, il luogo d’elezione per il suo governo. Ciò testimonia come a livello istituzionale si inizi a riconoscere la necessità di individuare nuovi modelli flessibili e integrati di governo su cui si fonda il benessere del cittadino. La necessità di ricomposizione delle cure lungo il continuum assistenziale emerge anche dal PSN 2002-2004, che pone, tra gli obiettivi prioritari, la creazione di una rete integrata di servizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani ed ai disabili. Nel successivo PSN 2003-2005 la “promozione del territorio quale primaria sede di assistenza e di governo dei percorsi sanitari e socio-sanitari” viene inoltre inserita tra i principi fondamentali del sistema sanitario italiano e viene riaffermato l’obiettivo di creare un sistema di servizi sul territorio incentrato sul governo dei percorsi di cura. Tale obiettivo è raggiungibile attraverso una forte integrazione socio-sanitaria e l’attivazione di processi di riorganizzazione che coinvolga sia il sistema delle Cure Primarie sia il sistema delle Cure Domiciliari sia il sistema della Specialistica Ambulatoriale. Per le Cure Primarie si sono promosse forme di aggregazione tra gli stessi MMG e tra quest’ultimi e gli altri professionisti. Tra gli strumenti operativi di questa nuova strategia rientra la proposta sperimentale, prevista nell’ Accordo Stato-Regioni del 27 luglio 2004, relativa alle Unità Territoriali di Assistenza Primaria (UTAP). L’UTAP è una forma aggregativa evoluta della medicina generale, ispirata all’esperienza inglese dei “primary care groups”, che mira a concentrare in un’unica sede i servizi di assistenza di base H12 o H24, attraverso il coinvolgimento dei medici di continuità assistenziale e di altri servizi, quali la specialistica ambulatoriale o l’assistenza domiciliare, in modo variabile in funzione delle caratteristiche territoriali della domanda e delle risorse disponibili. Obiettivi dell’UTAP sono: - garantire la continuità delle cure, mediante la gestione integrata del paziente da parte dei servizi territoriali e ospedalieri; - realizzare un processo organizzativo che garantisce una efficace continuità assistenziale, la riduzione dei ricoveri ospedalieri inappropriati, la attivazione dei percorsi assistenziali; - contribuire a realizzare un riequilibrio fra ospedale e territorio propedeutico ad una ridistribuzione delle risorse, basata sulla individualizzazione del livello di assistenza e della sede per l’erogazione delle prestazioni appropriata in considerazione dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, nonché dei principi etici avendo come obiettivo il benessere del cittadino; - diventare punto di riferimento dell’assistenza territoriale. L’UTAP non rappresenta l’unico tentativo per la promozione di forme di aggregazione di medici ma a livello istituzionale si sono proposte altre forme di integrazione professionale, quali le équipe territoriali e le associazioni tra MMG (Medicina in associazione, in rete ed in gruppo) previste dal DPR 270/2000 “Regolamento di esecuzione dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale” e successivamente riconfermate nell’Accordo Collettivo Nazionale per la Medicina Generale del 2005. Il PSN 2006-2008, infine, contiene un ulteriore passo avanti nel processo di integrazione e potenziamento dell’assistenza territoriale. Tra le linee di azione, oltre a forme sempre più aggregate ed integrate di organizzazione, promuove: - l’utilizzo dell’informatica medica, del telesoccorso e della telemedicina a supporto delle attività assistenziali, in particolare nelle aree a bassa densità demografica in cui non è ipotizzabile l’uso di sedi uniche; - lo sviluppo degli Ospedali di Comunità gestiti dai MMG, quali strutture dedicate all’attuazione di cure domiciliari in ambiente protetto ed alla gestione delle dimissioni protette; - lo sviluppo di una rete finalizzata a integrare 17 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 5/2009
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