È-Magazine-n°2pdf1
È-Magazine-n°2pdf1
È-Magazine-n°2pdf1
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Racconti<br />
Da grandi<br />
C’è un ragazzo che suona una specie di sega con un archetto,<br />
davanti al municipio. Ai suoi piedi, una vecchia radio che<br />
manda la base di pianoforte, un cappello con dentro pochi spiccioli<br />
e un bastardo di taglia media, col muso simpatico.<br />
Sta eseguendo Lili Marleen. I passanti, avvolti nei cappotti, lo<br />
schivano e vanno oltre. A malapena lo notano, mentre stringono<br />
le buste firmate dei negozi. La melodia che esce da quel ferro<br />
ricurvo, appena udibile nel viavai, pare quasi un lamento, ma<br />
qualcuno si ferma come tirato da una corda invisibile.<br />
Una signora anziana è immobile, assorta come se stesse rivivendo<br />
un vecchio ricordo. Un bambino si stacca dal padre e<br />
va a buttare una moneta nel cappello; il cane scodinzola.<br />
C’è anche lei, una donna esile avvolta in una giacca che fa<br />
anche da sciarpa, o il contrario.<br />
In mano non ha sporte, sigarette o telefono; sembra quasi<br />
appoggiata sui sanpietrini per caso, per errore.<br />
Ha gli occhi rossi e lucidi. Subito penso sia per il freddo, poi<br />
mi accorgo che sta piangendo. Questa cosa di piangere in pubblico<br />
così, senza badare a chi ti guarda… io non ci riuscirei mai,<br />
ma i miei occhi non riescono a staccarsi.<br />
«Tutto bene» Le chiedo.<br />
«Oh, sì! <strong>È</strong> solo questa musica… bellissima!» Mi dice, passandosi<br />
la mano sul viso. «Mio padre la cantava spesso, quando<br />
era contento.»<br />
Guardo il suonatore. Dietro di lui si alzano in cielo due palloncini<br />
colorati, sfuggiti a dei bambini.<br />
«Già, fa qualcosa al cuore.» Che risposta stupida! Ma guardo<br />
il suo naso appuntito, le sue guance bianche tuffarsi nella lana<br />
grigia, e ci vorrei scomparire anche io lì dentro, per adagiarmi<br />
nell’odore del suo collo.<br />
Arrivano due vigili. Fanno storie al suonatore, a come tiene<br />
legato il cane, a come intralcia il corso. Lo fanno sgombrare.<br />
Andiamo al caffè più vicino. Lei starnuta spesso; prende un<br />
punch perché, dice, è molto raffreddata. Io ordino il terzo macchiato<br />
della mattina. Si srotola la sciarpa/giacca, e sotto compare<br />
una camicetta azzurra, innocua ed elegante come quella di<br />
una maestrina, ma le sta un incanto.<br />
Rompo il ghiaccio sulle feste passate da poco. Ha una voce<br />
che sarebbe perfetta per un programma in radio. Ci interrompe<br />
il suo telefono; lo sradica dalla borsa e si catapulta fuori dal bar.<br />
La osservo mentre parla, sorride e tira lunghe boccate dalla sigaretta.<br />
Nella sua borsa, rimasta aperta sulla sedia a fianco,<br />
noto – con discrezione – un portamatite dei Peanuts, una scatolina<br />
di legno lucido che forse è uno specchio… un mazzo di<br />
chiavi con attaccato un proiettile consumato.<br />
La guardo rientrare; rossa in viso, lo sguardo vispo.<br />
«Allora, che lavoro fai, di bello» Mi chiede sedendosi.<br />
«Sono… a casa! Da un anno sono disoccupato. E tu»<br />
«Maestra!»<br />
Giovanna. Fa la maestra.<br />
«Ah, non farti strane idee…» Mi dice infilandosi un paio<br />
di stivali vellutati.<br />
«Cosa»<br />
«Non sono una pianista! Era di mio padre, sto provando<br />
quel brano da sei mesi ma proprio non viene.» Mi sorride,<br />
mi prende a braccetto e usciamo. Come siamo sconosciuti…<br />
come si fa ad amare, da grandi<br />
Siamo andati al Planetario, poi a camminare ai laghetti.<br />
Un giorno al cimitero, davanti alla foto di una sua amica.<br />
Mi ha portato al circo – che odio – e l’ho portata al canile a<br />
sgambare con Amalia, la mia cagnetta adottiva.<br />
Un pomeriggio al parco le ho detto che ho fatto Aikido<br />
per un sacco di anni. Mi ha chiesto di mostrarle una mossa,<br />
e così ci siamo trovati nell’erba gelida dopo una schienata<br />
perfetta. Mi è quasi sembrato di sentire odore di violette,<br />
possibile<br />
Le suona sempre il telefono. Lei si allontana per parlare,<br />
ma sempre meno. Quando le arrivano messaggi io sono<br />
felice perché tutto sommato è un suono che possono sentire<br />
solo pochi intimi, me compreso.<br />
Per la prima volta viene a cena da me. Si ferma a dormire.<br />
Nel pomeriggio volevo riordinare tutto, nascondere le<br />
mie impronte, ma poi ho passato solo l’aspirapolvere. E<br />
messo due rose rosse, vere, in un vaso.<br />
Entra in casa e appoggia le sue cose in giro; sembra<br />
una nave che butta gli ormeggi in porto e io rimango impalato<br />
dall’emozione.<br />
Mangiamo un buonissimo arrosto preso al discount, poi<br />
ci mettiamo sul divano a finire il vino. Lei si toglie la maglia<br />
e mi bacia, coi capelli fra le labbra. Il suo odore mi dà alla<br />
testa. Vedo un tatuaggio sulla sua spalla: un cuore con una<br />
“L” sopra. Lei starà guardando la foto di mia figlia davanti<br />
al London Eye, sul muro del salotto.<br />
Come si fa ad amare, da grandi<br />
Non lo so, però abbraccio Giovanna e penso che dobbiamo<br />
assomigliare a quei due palloncini colorati sfuggiti di<br />
mano ai bambini.<br />
Racconto di:<br />
Jonfen<br />
Passiamo i pomeriggi insieme. Vado a prenderla e ogni tanto<br />
mi fa salire in casa. Mi trovo davanti una marea di cose nuove;<br />
tutti quegli oggetti comuni che circondano una persona, che la<br />
legano al suo passato, del quale io non faccio parte. Vorrei sapere<br />
la storia di ognuno.<br />
Una foto sulla credenza di lei con un uomo biondo e riccio,<br />
bellissimo, un pianoforte a muro con uno spartito di Erik Satie,<br />
una serie di quadrettini dipinti a olio…<br />
Pag. 45