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il caso della Galleria Corsini

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degli anni Ottanta) immediatamente interessarono la Direzione Centrale del Ministero perché fosse<br />

tempestivamente esercitata la prelazione. Gli interventi dei funzionari vennero completamente ignorati<br />

– o forse, per usare un termine burocratico, non erano “ricevib<strong>il</strong>i”, e infatti non furono ricevuti. Per inciso,<br />

ricordo che l’ala Sforza è in diretta continuità con la sequenza delle sale del museo: dopo averle percorse si è<br />

oggi costretti ad una brusca svolta a destra perché davanti a noi c’è una porta chiusa, al di là <strong>della</strong> quale c’è,<br />

appunto, l’ala Sforza. Proviamo a capire con <strong>il</strong> senno di poi perché i messaggi <strong>della</strong> direzione <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong><br />

non ebbero riscontro e così si giunse alla scadenza del termine per la prelazione.<br />

L’ala Sforza fu acquistata da una potente holding immob<strong>il</strong>iare romana (e non solo immob<strong>il</strong>iare),<br />

<strong>il</strong> gruppo Caltagirone, che l’ha subito ceduta in affitto al Sismi. Mi sono fatto tentare dal richiamare<br />

alla memoria <strong>il</strong> triste episodio per rivolgere un appello ai funzionari <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> affinché, esaurita la<br />

fase dei contenziosi interni al museo o fra musei, cooperino per riproporre oggi l’obiettivo che circa<br />

venti anni fa fu incomprensib<strong>il</strong>mente – o forse troppo comprensib<strong>il</strong>mente – mancato. È chiaro che<br />

non mi nascondo <strong>il</strong> quadro sempre più complesso delle difficoltà, che hanno anche oggi un segno<br />

politico, ma in un certo senso perfino potenziato da vicende successive. Ma, chissà, forse si potrebbe<br />

scoprire che proprio un sim<strong>il</strong>e quadro presenta qualche punto di frag<strong>il</strong>ità.<br />

L’ultima considerazione che vorrei fare mi è venuta in mente ascoltando gli interventi che hanno<br />

toccato anche <strong>il</strong> tema dell’identità di Palazzo <strong>Corsini</strong> e <strong>della</strong> <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong>. Ma non sarà, per <strong>caso</strong>, che<br />

si corre <strong>il</strong> rischio di inseguire un mito, quello, per usare un termine più espressivo del corrispondente<br />

italiano, di una authorship delle collezioni, in realtà sempre sfuggente? Non mi sembra davvero un argomento<br />

molto solido quello di chi sostiene l’“annessione” <strong>Corsini</strong>-Barberini con l’asserire che la <strong>Galleria</strong><br />

<strong>Corsini</strong> non è più la collezione originale. È a tutti chiaro che non è più la quadreria di Neri <strong>Corsini</strong> o<br />

degli altri cardinali di famiglia, ma, come è noto, le collezioni sono quasi sempre caratterizzate da un<br />

incessante dinamismo, antecedente allo sbarco nel museo pubblico e regolarmente testimoniato dalla<br />

semplice collazione degli inventari. C’è poi <strong>il</strong> fenomeno ricordato anche oggi, cioè la continua diaspora<br />

fra musei e collezioni; per la verità non solo tra musei ma, come tutti sanno, anche verso l’esterno, perché<br />

molte opere sono state ingoiate da consolati, ambasciate e da Montecitorio. Tra l’altro, <strong>il</strong> fenomeno<br />

non solo non si è estinto ma ha di recente fatto registrare una non edificante recrudescenza. Mi pare, in<br />

conclusione, che ci sia ancora<br />

molto da catalogare, studiare<br />

e operare prima di mettersi<br />

a discettare sul cosiddetto<br />

“sistema dei musei romani” e<br />

sul vent<strong>il</strong>ato trasbordo, certamente<br />

improvvido, di opere<br />

da Palazzo <strong>Corsini</strong> a Palazzo<br />

Barberini. Grazie.<br />

34<br />

Caravaggio, S. Giovanni Battista,<br />

Roma, <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong>

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