il caso della Galleria Corsini
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M. Benefial, Visione di S. Caterina Fieschi, Roma, <strong>Galleria</strong> <strong>Corsini</strong><br />
GIANFRANCO CERASOLI<br />
Segretario Generale UIL – Beni Culturali<br />
Io sono <strong>il</strong> segretario generale <strong>della</strong> UIL del settore dei Beni Culturali e componente del Consiglio<br />
Superiore del Ministero. La discussione di questa mattina ritengo che sia estremamente valida, anche<br />
se poi, come sempre, emergono le due posizioni: cioè la posizione che viene espressa, che è legata<br />
al così detto modo d’intendere i Beni Culturali, cioè del fare profitto, dall’altra parte invece c’è una<br />
vocazione più tecnica e più scientifica. E questi due aspetti sono entrambi emersi dagli interventi che<br />
mi hanno preceduto. Ovviamente se noi dovessimo ragionare sulla prima, cioè sulla parte legata alla<br />
necessità di fare profitto, di mettere a reddito ciò che sono i nostri Beni Culturali noi dovremmo<br />
chiudere <strong>il</strong> 90% delle nostre realtà museali all’interno di questo Paese, perché tranne i venti, o se<br />
volete quaranta, principali musei che ci sono in Italia, tutti gli altri non riuscirebbero a sostenersi<br />
da soli, soltanto con i biglietti che vengono venduti. E quindi, allora, ha ragione l’economista Leon,<br />
ma hanno ragione anche gli altri che mi hanno preceduto quando espongono un ragionamento su<br />
un sistema diverso, cioè quello del Bene Culturale, che non può essere soltanto un sistema legato a<br />
quanto si riesce ad incassare, e io sono rimasto abbastanza perplesso d’aver ascoltato la responsab<strong>il</strong>e<br />
del Museo Barberini che dice: “c’è un problema legato ai servizi aggiuntivi, noi dobbiamo trovare i<br />
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