22 <strong>Campo</strong> de’ fioriPoliticantiBuone FesteIl sig. G era incuriositodalla politica. Da sempre.Forse perchè pensavarappresentasse unadelle poche attività concui si può fattivamentemo<strong>di</strong>ficare la realtà dellecose, possib<strong>il</strong>mente inmeglio. Non che fosse<strong>di</strong> Gianni Bracci un attivista. Gli piacevaseguirne gli eventi eregistrare le tante, più o meno macroscopiche,bestialità che la caratterizzavano, almenosecondo <strong>il</strong> suo modesto parere. Ne parlava<strong>di</strong> tanto in tanto al bar, al lavoro, con gliamici, anche se la maggior parte degli interlocutorinon sembravano così interessati,quasi fossero rassegnati al peggio, mentre simostravano molto più preoccupati per leprestazioni calcistiche della loro squadra delcuore. ogni tanto pre<strong>di</strong>cavaalla moglie, la quale, pragmaticamente, gliconsigliava <strong>di</strong> non rompere le scatole alprossimo con questi <strong>di</strong>scorsi così impegnativie qualche volta imbarazzanti:. rispondeva G ogni volta, cercando <strong>di</strong> convincerelei e, soprattutto, se stesso che parlarnepotesse servire almeno un po’ a migliorare<strong>il</strong> sistema. Quel giorno <strong>il</strong> sig. B lo avvicinò,proprio mentre stava or<strong>di</strong>nando <strong>il</strong> solitocaffè. Lo conosceva da tempo ma non c’eramai stato un gran feeling tra loro. G lo consideravaun po’ troppo opportunista, unoche non fa niente se non ha un fine preciso,quasi sempre imperscrutab<strong>il</strong>e ai più. Come si<strong>di</strong>ceva al suo paese: ”Non tira se non coglie”.B si era can<strong>di</strong>dato alle elezioni comunali e glichiese:. Lo guardava ancora un po’<strong>di</strong>ffidente,anche se l’atteggiamento e le parole dell’amicolo avevano colpito favorevolmente:”Misa che si è confessato”, pensò velocementeG, mentre si preparava a controbattere percapire meglio dovevoleva arrivare:.ribattè B in grandest<strong>il</strong>e, come uno studenteche conosce a mena<strong>di</strong>to la lezione. E sene andò, convinto <strong>di</strong> aver fatto una bellafigura da spendere alla prossima occasioneut<strong>il</strong>e. G rimaneva scettico. Non si fidava delleparole <strong>di</strong> B, a proposito del quale <strong>il</strong> suo giu<strong>di</strong>ziorimaneva immo<strong>di</strong>ficato. Casualmenteera presente un altro cliente abituale del bar,un certo prof. T, anziano ex insegnante inpensione che, come lui, stava sorseggiandoun caffè. Gli chiese sbadatamente: Il professorenon si fece cogliere <strong>di</strong> sorpresa daquella considerazione, se vogliamo anche unpo’ qualunquista. Contagiato dal fervore edal candore con cui G gli si era rivolto pensòAuguri<strong>di</strong> dargli una risposta altrettanto sincera,perché l’aveva sempre pensata ma pochevolte aveva osato <strong>di</strong>rla: In risposta allo sguardo interlocutorio<strong>di</strong> G, <strong>il</strong> prof. T continuò:Il sig. G era allibito.Non si sarebbe aspettatodal prof. T un’analisi tantoragionevole e lucida, sembravaun fiume in piena. Evidentemente nonaspettava altro per sfogarsi. Allora ribattè:. >Il prof. T non <strong>di</strong>sse altro, e se ne andò salutandolocon un sorriso “<strong>di</strong> incoraggiamento”.Anche G lasciò <strong>il</strong> bar per andare a prendere<strong>il</strong> giornale. chiesel’e<strong>di</strong>colante, allorchè G risposemesto:.
<strong>Campo</strong> de’ fiori 23DCC tÇÇ| áxÅÑÜx äxÜw|AAACorchiano - Piazza IV Novembre - Festa delle Madonnadelle Grazie - 1943. Da sx: Adele Campanelli, Primo L<strong>il</strong>li(detto “Pacchianella”), Giovanna Moretti, F<strong>il</strong>omenaCampanelli con in braccio la figlia Adele, <strong>il</strong> maritoMichele Moretti e davanti <strong>il</strong> figlio maggiore Giuseppe.Mantiene ancora intatta la sua tempra, tipicadegli abruzzesi, come abbiamo sentitoripetere più volte quest’anno, a seguito del<strong>di</strong>sastroso terremoto che ha colpito quellaterra. E’ originaria dell’Abruzzo, infatti,F<strong>il</strong>omena Campanelli, che <strong>il</strong> 17 <strong>di</strong>cembrecompirà 100 anni, conosciuta da tutti aCorchiano, come lei stessa mi ripete piùvolte, col soprannome <strong>di</strong> “F<strong>il</strong>omena la carbonara”!Nasce <strong>il</strong> 17 <strong>di</strong>cembre 1909 a Civitavecchia,poiché i suoi genitori si trovavano là in cerca<strong>di</strong> lavoro. A soli tre mesi rimane orfana <strong>di</strong>madre, a causa <strong>di</strong> una brutta febbre chestronca improvvisamente la vita <strong>di</strong> chi l’avevamessa al mondo. Il padre, poi, torna inAbruzzo e si risposa per altre due volte, malei viene cresciuta dalla famiglia <strong>di</strong> uno ziomaterno. “Quando ero <strong>di</strong>ventata gran<strong>di</strong>cella,mio padre mi voleva con sé per badare aifigli che aveva avuto dalla sua terza moglie,ma io non mi sentivo apprezzata dalla suanuova famiglia e decisi <strong>di</strong> non andare conlui”, mi <strong>di</strong>ce F<strong>il</strong>omena. Nel 1930, all’età <strong>di</strong> 21anni si sposa con Michele Moretti, l’uomodella sua vita, del quale credo si possa <strong>di</strong>reche sia ancora innamorata, benchè sia passatotanto tempo e sia rimasta vedova vent’annifa. “Ho trovato un uomo veramenteuomo”, così lo descrive, “ci siamo volutibene, abbiamo sempre lavorato insieme.Quando l’ho perso mi sono sentita sola, nonostantei figli e le loro rispettive famiglie misiano stati sempre vicini!”. Nasce subito laprima figlia, che però muore appena nata. IlFILOMENA CAMPANELLIsecondogenito è, invece, unmaschietto, Giuseppe, e poi nasceGiovanna. Quando quest’ultimaha soltanto tre mesi, F<strong>il</strong>omena eMichele decidono <strong>di</strong> lasciarel’Abruzzo, una terra che offre pocolavoro durante <strong>il</strong> periodo invernale,a causa del freddo pungente.Nel 1934 arrivano nelle campagnecivitoniche dove rimangono percirca due anni, prima <strong>di</strong> trasferirsidefinitivamente a Corchiano. Qui <strong>il</strong>marito continua a svolgere <strong>il</strong> lavoroche già svolgeva con gli altrisuoi tre fratelli in Abruzzo, quello<strong>di</strong> “carbonaro”. Acquista piccoleporzioni <strong>di</strong> bosco, vi taglia la legnae poi la brucia per rivendere <strong>il</strong> carbone,la grande fonte <strong>di</strong> energia <strong>di</strong>quei tempi. F<strong>il</strong>omena deve aiutare<strong>il</strong> marito e gira con <strong>il</strong> carrettino trale viuzze del paese, per consegnare<strong>il</strong> carbone a chi lo aveva or<strong>di</strong>nato.1 lira al ch<strong>il</strong>o, questo era <strong>il</strong>costo! “Ho servito tutte le famiglie<strong>di</strong> Corchiano, da Piazza Padellafino all’ex consorzio, dove finiva <strong>il</strong>paese. Tutti mi conoscono comeF<strong>il</strong>omena, la moglie del carbonaro,la carbonara”. Nel frattemponasce anche Adele, l’ultima figlia, della qualesi occupa per lo più la sorellina maggioreGiovanna. Quando ce n’èbisogno, poi, F<strong>il</strong>omena aiuta<strong>il</strong> marito anche nel lavoro deicampi, necessario per potertirare avanti <strong>di</strong>gnitosamentela famiglia. “Ho fatto lavorida uomo e da donna”, mi<strong>di</strong>ce ancora F<strong>il</strong>omena.Quando l’uso del carboneviene superato, la figura delcarbonaro scompare conesso. F<strong>il</strong>omena ed <strong>il</strong> marito,allora, si trovano costretti ade<strong>di</strong>carsi completamente allacampagna. “Avevamo unappezzamento <strong>di</strong> terra nellazona della Madonna delleGrazie, così, tutte le mattinepartivamo, per tornare a casa al calar delsole. Io mi caricavo <strong>il</strong> “canestro” con <strong>il</strong> pranzodel giorno sulla testa e ci avviavamo alcampo, passando per la cava scavata neltufo, <strong>di</strong> cui conosco ogni angolo”. E’ statauna vita <strong>di</strong> duro lavoro, segnata anche dalledue gran<strong>di</strong> guerre. Nella prima perse un giovanecugino, morto al fronte, mentre dellaseconda ha ancora vivo <strong>il</strong> ricordo <strong>di</strong> quandodovevano correre per mettersi al riparo dagliaerei che volavano bassi e minacciavano <strong>di</strong>bombardare <strong>il</strong> paese. Sono ricor<strong>di</strong>, questi,indeleb<strong>il</strong>i, anche dopo tanti anni!Ora F<strong>il</strong>omena si <strong>di</strong>vide tra Corchiano, dove èaccu<strong>di</strong>ta dalla figlia Giovanna, e Roma, doveF<strong>il</strong>omena oggi5 Novembre 1982vive con l’altrasua figlia Adele. “Sono orgogliosa dellafamiglia che ho avuto! I miei figli non mihanno dato mai <strong>di</strong>spiaceri ed hanno trovatopersone meravigliose, con le quali hannocostruito famiglie altrettanto belle. Mi hascosso molto la morte <strong>di</strong> mio figlio Giuseppe,che ci ha lasciati due anni fa, non avrei volutovederlo andar via prima <strong>di</strong> me”, <strong>di</strong>ceF<strong>il</strong>omena con grande amarezza. “Ringraziole mie due figlie che non mi fanno mancarenulla, mi trattano come una signora. Nonriesco più a camminare bene, vedo e sentopoco, ma mi è rimasto <strong>il</strong> “cervello”, mi ricordoancora tutto!”. Trascorre le sue giornateguardando la tv e pregando con la coronadel rosario che tiene sempre nella tasca delsuo grembiule. Ma è anche una maniaca dell’or<strong>di</strong>ne,così, molto spesso, si chiude incamera sua, svuota i cassetti, e si mettepazientemente a riporre tutto ciò che vitiene dentro. Poi passa agli oggetti che hasul comò, li rispolvera uno ad uno e li riposizionatutti or<strong>di</strong>natamente al proprio posto.Le piace mangiare tutto, ma va pazza per lapolenta, gli gnocchi e la pasta al forno, nonama troppo,invece,leuova eraccontaridacchiando:“Pensare che quandosiamo venuti a Corchianoavevamo talmente tante galline,che dovevamo andare fino CivitaCastellana per vendere le uova. Con quelloche guadagnavamo, poi, compravamo quelloche serviva per i figli e per la casa!”.Il suo carattere ancora risoluto, la sua simpatiae spontaneità, <strong>il</strong> ciuffo bianco deicapelli e lo sguardo segnato, mi ricordano unpo’ mia nonna. Mi saluta augurandomi <strong>di</strong><strong>di</strong>ventare una grande giornalista, io la ringrazio<strong>di</strong> cuore e ricambio auspicandoleancora tanta salute!Ermelinda Benedetti