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Le grandi sfide tra Coppi e Bartali - Romagna Podismo

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la cittadinanza onoraria, si dichiarò disponibile a farlocorrere nella propria rappresentativa. Con tanti salutiall’amor di Patria....Per Binda (e per la Bianchi) quindi non vi eranoalternative: i due avrebbero dovuto correre ancora unavolta con la stessa maglia. Tuttavia non era possibilecorrere il rischio di un’al<strong>tra</strong> Valkenburg e quindi eranecessario sedersi intorno a un tavolo e concordarealmeno una bozza di s<strong>tra</strong>tegia comune. Facile a dirsima, vista l’aria che tirava, difficilissimo a farsi ancheperchè i due campioni avevano caratteristiche e quindivisioni di corsa completamente diverse.Il 15 giugno a Osimo, appena concluso il Girodelle Marche, si misero tutti intorno a un tavolo: Binda,<strong>Bartali</strong>, <strong>Coppi</strong> e qualche altro addetto ai lavori, perstabilire la composizione della squadra nonchè, cosapiù importante, la s<strong>tra</strong>tegia di corsa. Sul primo puntonon vi furono problemi: la squadra doveva esserecomposta da 12 elementi e ciascuno dei due capitanidesignò i 5 più fidati scudieri; De Santi, Milano,Pasquini, Pezzi e Ricci per <strong>Coppi</strong>, Biagioni, Brignole,Corrieri, <strong>Le</strong>oni e Rossello per Gino.Poi <strong>Bartali</strong> parlò per primo ed espose come vedevalui la corsa. Sulla base dell’esperienza dell’anno prima,propose sostanzialmente una tattica attendistica nellelunghe tappe di pianura che precedevano i Pirenei, dovei due capitani non avrebbero dovuto dare battagliama avrebbero solamente reagito agli attacchi degliavversari ritenuti più pericolosi per la vittoria finale,disinteressandosi degli altri. Nelle tappe di montagna(che non erano così numerose come l’anno prima)invece, l’opinione di <strong>Bartali</strong> era che ciascuno dei dueavesse sostanzialmente mano libera, in relazione allasituazione del momento, a patto che se uno dei due64

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