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Valentino Chiarparin GSE Italia - Euromerci

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E C O N O M I Adovuto all’enorme evoluzione dei mezzi di comunicazione edi informazione, che hanno avvicinato le due aree del paese,in termini prettamente economici, quindi, a livello economico-produttivo,l’analisi non è molto differente. Potremmogiusto sostituire la frase “a un destino africano e balcanico”,che all’inizio del secolo scorso aveva ben altro significatorispetto a quello che potrebbe assumere oggi, con “aun destino di desertificazione”. L’ultimo termine non lo usiamoa caso. Infatti, è quello che ha usato la Svimez, l’Associazioneper lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nell’ultimosuo rapporto sull’economia del Sud.Questa è la fotografia d’insieme che traccia la Svimez sull’odiernasituazione del Meridione: “Un Mezzogiorno a rischiodesertificazione industriale,dove i consumi non cresconoda quattro anni, lavoraufficialmente meno di una giovanedonna su quattro e si è arischio segregazione occupazionale.Mentre un nuovo paradigmaper il Sud dovrebbe esserecapace di integrare sviluppoindustriale, qualità ambientale,riqualificazione urbana evalorizzazione del patrimonioculturale”. Riportiamo quantomette in evidenza la Svimez susingoli, rilevanti aspetti dell’economiameridionale.Crollo dei consumi. Nella crisi,i consumi anche alimentaridelle famiglie meridionalisono stati duramente colpiti,arrivando a ridursi nel 2011del 4,5%, a fronte di una sostanzialestazionarietà nelleregioni del centro-nord. Daquattro anni i consumi nel Sud non crescono. Il loro livellorisulta inferiore in termini reali di oltre tre miliardi dieuro rispetto al valore del 2000: una cifra che sottolineala drammaticità di quanto sta avvenendo. Il calo reale deiredditi delle famiglie, unito alla flessione dei consumipubblici e alla perdurante incertezza sulle prospettivedel mercato del lavoro, rischia di pregiudicare fortementeanche le prospettive di ripresa della domanda internaNel Sud, i consumi, compresi anche quelli alimentari, sonoin costante calo: nel 2011 si sono ridotti del 4,5%nel 2013. Il crollo dei consumi è spiegato anche dal Pilpro capite: nel 2011, nel Mezzogiorno si è attestato su17.645 euro, contro i 30.262 del centro-nord (a livello regionale,nel sud, il più alto è stato quello dell’Abruzzo con21.980 euro e il più basso quello campano con 16.448 euro,contro i 32.538 della Lombardia). In generale, riguardoal Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2011 ha confermatolo stesso livello del 57,7% del valore del centro-nord, cosìcom’era avvenuto l’anno scorso. In un decennio il recuperodel gap è stato soltanto di un punto e mezzo, dal56,1% al 57,7%. Nota la Svimez a tale proposito: “Continuandocosì ci vorrebbero 400 anni per recuperare losvantaggio che separa il Sud dal resto del paese”.Il deserto industriale. Il rischioreale è la scomparsa di intericomparti dell’industria nell’areameridionale. Negli ultimiquattro anni, dal 2007 al 2011,l’industria ha perso 147 milaunità (meno 15,5%), il triplo delcentro-nord (meno 5,5%), e il4,9% per quanto riguarda gli investimentifissi lordi. Lo scenarioè quindi quello di una profondae continua de-industrializzazione,perché le impresedel Sud non riescono a metterein pratica strategie di internazionalizzazionee delocalizzazionedi fasi produttive tali daaccrescere la competitività delsistema. Situazione ancora piùdifficile in presenza di un costodel lavoro decisamente più altodei competitor europei e asiatici.Infatti, secondo una simulazionedella Svimez, un lavoratoremeridionale nel 2008 è costato circa 34.334 euro,quanto costano in Polonia circa due lavoratori (costounitario 19.738 euro), in Romania sette lavoratori (costounitario 5.429) e in Bulgaria addirittura quasi dieci lavoratori(costo unitario 3.813 euro). Tutto ciò mentre il livellodella produttività vede il lavoratore del nostro Sud invantaggio sui suoi colleghi dell’est Europa in vantaggiosolo da due a quattro volte.8

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