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La formazione sul campo: metodologie, esperienze ... - Psychomedia

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Una <strong>formazione</strong> concepita <strong>sul</strong> <strong>campo</strong> e per il <strong>campo</strong> non può allora che intercettare, elaborare eriorientare modalità di lavoro diffuse, routines consolidate, strumenti e vie di circolazione delleconoscenze e di scambio tra i diversi interlocutori professionali.Si tratta di abitudini relative a modi di concepire funzioni, azioni e procedure in uso, legate a culturelavorative, professionali ed organizzative che possono ri<strong>sul</strong>tare più o meno funzionali. Da esse dipendela disposizione delle persone in gioco a metterci testa e cuore, a lavorare insieme, a farsi carico deiproblemi, uscendo da culture burocratico-tecnicistiche, da modalità individualistiche di lavoro, daesecuzioni meramente adempistiche di quanto dovuto.Di qui la necessità di avvicinare l’esperienza dei soggetti nei loro contesti organizzativi, perché possanoapprendere da quello che fanno, consolidando e sviluppando modalità e sistemi di azione funzionali,modificando e riadattando pratiche lavorative che ri<strong>sul</strong>tano invece inerti e non più adeguate.Parafrasando quanto detto sui sistemi di attività quotidiana a proposito della conoscenza riguardanteazioni e relazioni (cfr. Zucchermaglio, 2002; 2003; Gherardi, 2003), possiamo dunque configurare la<strong>formazione</strong> <strong>sul</strong> <strong>campo</strong> come una <strong>formazione</strong> situata:- in quanto legata ai contesti all’interno dei quali si esprime e si riproduce l’intreccio tra organizzare,apprendere e conoscere a partire dall’esercizio di pratiche comuni e condivise;- perché connessa agli usi locali e linguistici esistenti; alle forme di indessicalità e accountabilitydiffuse e implicitamente assunte; all’intreccio di elementi materiali e simbolici, di interessiindividuali e collettivi attorno a cui si sviluppano relazioni interpersonali e di potere;- perché in rapporto con l’esperienza degli attori organizzativi e con i significati da essa generati,così come con la loro soggettività sensoriale ed estetica, cioè con le modalità attraverso cuisentono, fiutano, tastano, ascoltano, vedono, gustano ciò che fanno e gli eventi organizzativi in cuisono coinvolti.<strong>La</strong> concezione sottesa a tale prospettiva rinvia ad una logica di azione formativa (Lipari, 2002)orientata all’attivazione di ambienti organizzativi in grado di sostenere e supportare adeguate formedel conoscere e dell’apprendere, promuovendo l’attitudine dei soggetti a rapportarsi all’esperienzalavorativa a partire da un pensiero riflessivo portato <strong>sul</strong>la propria pratica di lavoro (Kaneklin, Scaratti,1998; Scaratti, 2006; Scaratti, Ripamonti, 2008).Apprendere e conoscere si configurano come processi di partecipazione ad attività situate, generandocostanti trasformazioni nei soggetti che vi prendono parte, nelle loro relazioni e nelle stessedisposizioni materiali del contesto. Per questo occorre osservare e cogliere ciò che accade all’interno diun contesto d’azione, intercettando l’interpretazione situata che ne danno gli attori coinvolti e le formepiù o meno tacite attraverso cui condividono un’attività in situazione (Scaratti, Ripamonti, 2008).<strong>La</strong> focalizzazione <strong>sul</strong>la situatività, che configura i sistemi di attività, di conoscenza e di transazionecome socialmente e spazio-temporalmente contestualizzati, enfatizza le dimensioni pratiche e leconoscenze distribuite, secondo una prospettiva marcatamente sociale dell’apprendimento.Una <strong>formazione</strong> funzionale al conoscere e apprendere a partire dai propri ambiti di lavoro comporta unavvicinarsi a contesti di azione caratterizzati da unicità, ambiguità, imprevedibilità, provvisorietà,misurandosi con saperi non solo dichiarati ma anche in uso, depositati nelle conoscenze implicite e inazione dei soggetti (Vino, 2001; Scaratti, 2005; 2006).Un simile orientamento non costituisce peraltro un dato scontato e diffuso nelle proposte formativericorrenti: richiede il dispiego di delicate e complesse forme di accompagnamento e sostegno allediverse figure professionali per riconfigurare il loro rapporto con il lavoro e con l’organizzazione,nonché la cura di processi connessi all’organizzare contesti e pratiche riflessive per apprendere dallapropria esperienza in prospettiva trasformativa (Mezirow, 2003).Per questo la suggestione contenuta nel titolo del presente contributo suggerisce ad un tempo unaprospettiva teorico-concettuale tanto innovativa quanto esigente (in riferimento alle logiche formativeche la <strong>formazione</strong> <strong>sul</strong> <strong>campo</strong> veicola e contiene) ed una preoccupazione latente.<strong>La</strong> prospettiva rinvia alla consapevolezza che una fra le prevalenti modalità attraverso cui laconoscenza si esprime, cresce e si sviluppa è quella connessa all’azione nell’ambito di pratiche econtesti situati, per cui l’esperienza lavorativa ed organizzativa dei soggetti viene rappresentata comefonte e <strong>campo</strong> di apprendimento e punto di possibile convergenza/equilibrio tra saperi teorici, saperitecnici e saperi pratici. L’apprendere non è scindibile dall’organizzare, dal produrre il servizio, cioè dalcostruire e realizzare in contesti materiali e simbolici pratiche riconosciute come promettenti per riorientaree ri-progettare la propria azione professionale. Apprendere e organizzare sono a loro voltasollecitati dalla tensione a sviluppare nuove forme di relazione, di scambio, di lavoro possibile,attraverso la via impegnativa e non scontata della condivisione di momenti intersoggettivi e gruppali diriflessione e rivisitazione delle pratiche quotidiane diffuse, attraverso processi di transazione enegoziazione, di cooperazione e conflitto, di aggiustamento reciproco su equilibri sostenibili.29

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