introducono nel sistema di azione incontrato. Che si tratti di competenze da acquisire, di ruoli edequilibri da rinnovare, di questioni operative da regolare, di cambiamenti interni/esterni da affrontare,di dinamiche di cooperazione/conflitto da attraversare, l’accesso e la conquista della propria esperienzaha a che fare con la possibilità/opportunità di stare “<strong>sul</strong> proprio pezzo”, inteso come spaccato reale eprofessionale del proprio coinvolgimento operativo e del proprio agire organizzato, del senso che essorappresenta per le persone e dei significati più o meno condivisi che veicola e mobilita.Apprendere dall’esperienza, immaginare una <strong>formazione</strong> <strong>sul</strong> <strong>campo</strong>, è decidere che tale investimentonon è un lusso, ma una necessità, e organizzare le condizioni per un suo effettivo esercizio: cosadifficile in una società liquida e veloce, che minaccia le consistenze professionali e identitarie e scuotele configurazioni degli equilibri organizzativi consolidati; eppure, proprio per questo, tanto più decisiva.<strong>La</strong> costellazione sopra richiamata di alcuni riferimenti e ancoraggi teorico-concettuali si iscriveall’interno di una prospettiva epistemologica costruzionista (sensibile ai processi di attribuzione disenso ad eventi e situazioni attraverso i quali si costruiscono i contesti lavorativi), conversazionale(attenta alle produzioni discorsive ed agli scambi sociali di negoziazione che danno forma all’ordinedella vita condiviso in un contesto), narrativa (orientata a cogliere le forme assunte dalle ermeneutichesoggettive e collettive di fronte a culture/identità assunte come testo ambiguo da interpretare).Assume inoltre un approccio gnoseologico proprio di una teoria della conoscenza che distingue saperiteorici, saperti tecnici e saperi pratici e si rappresenta diverse tipologie e articolazioni della conoscenzastessa. Si riconosce in un’ontologia ispirata da un realismo critico e mediato (Mantovani, Spagnolli,2003) che assume la rilevanza delle dimensioni discorsive e linguistiche così come di situatività,contingenza e realtà dei contesti, per quanto emergente e socialmente negoziata.Ne emerge un’idea di <strong>formazione</strong> <strong>sul</strong> <strong>campo</strong> orientata a creare momenti di sosta dedicati a ri-pensareil senso e la valenza delle cose che si fanno in situazione: una <strong>formazione</strong> (cfr. Kaneklin, Scaratti,2009) che apra spazi alla soggettività, al costruire qualcosa con altre persone a partire da comuniinvestimenti; agganciata ai processi organizzativi reali ed ai problemi che si incontrano nel realizzareiniziative ed azioni; orientata a supportare ed aiutare i vari soggetti coinvolti nel rileggere e ri-orientarei propri schemi, le proprie competenze, la propria esperienza lavorativa.Nel prossimo paragrafo proveremo a considerare come la stretta connessione tra apprendere,organizzare e conoscere nel contesto di relazioni in cui si è inseriti e che si contribuisce a produrre, sitraduca all’interno dello specifico ambito delle organizzazioni socio-sanitarie.L’azione formativa nei contesti sanitari: tra ruoli gestionali intermedi e recupero diintersoggettività<strong>La</strong> valorizzazione descritta di un approccio formativo fortemente centrato sugli aspetti micro-socialiinerenti le pratiche lavorative e professionali e <strong>sul</strong>le relazioni e conoscenze diffuse ad esse connesse, inuna logica di comunità di pratica e pratica di comunità, comporta l’esigenza di sviluppare alcuneconsiderazioni sui mutamenti in corso nel mondo della sanità. L’esigenza di avvicinare i sistemi diazione ed il concreto praticare professionale dei soggetti nei contesti per intercettare significati implicitie più o meno condivisi, non può prescindere da una lettura di alcuni essenziali elementi di cornice edelle principali tensioni che stanno attraversando il sistema.In prima istanza e proprio in questi tempi di forte crisi dei macro scenari mondiali e di drammaticaevaporazione di consistenti patrimoni finanziari, non è difficile constatare come nei servizi sanitari, afronte del fatto che la salute diventa uno dei problemi e delle ansietà critiche dell’individuo e dellasocietà, decrescano investimenti, tempi e mezzi messi a disposizione dei servizi stessi (cfr. Kaneklin,Scaratti, 2006). Non è certo qui in discussione l’inevitabile e imprescindibile esercizio dirazionalizzazione per recuperare efficienza e qualità dei servizi prestati, ma il senso complessivo chepossono assumere alcune opzioni, se non adeguatamente accompagnate e sostenute nei concretiprocessi organizzativi.Compressi tra un immaginario che vede, da un lato, la diffusione pervasiva di modelli di saluteimprontati agli ideali di giovinezza, di benessere quotidiano, bellezza e performance volti a negare lasofferenza, la paura dell’invecchiamento, la paura della morte e, dall’altro, la centralità assegnata daidirigenti al valore economico e alla performance finanziaria, gli approcci alla cura della malattiasembrano infatti smarrire la memoria dei valori che nel passato hanno fondato la creazione dei servizie le scelte professionali, il senso da dare senso a ciò che nel presente si sta costruendo, la capacità dianticipare il futuro per progettarlo.Al primato dei parametri econometrici che riducono il valore a costo, si affiancano spesso logiche eculture organizzative a volte gravate da impostazioni neotayloristiche, in cui la spinta a generare valoresi traduce in un’accentuazione della tendenza a lavorare <strong>sul</strong>l’organo, <strong>sul</strong>la malattia separata dal malato34
e <strong>sul</strong> malato come scisso dalla sua famiglia e dal suo contesto sociale di vita. Non è infrequenteimbattersi in molti casi in una sorta di smarrimento, di rarefazione della spinta energetica e delsignificato etico e sociale propri di una cultura sanitaria peraltro ancora diffusa, al di là degli eclatantima isolati episodi di malasanità. Può allora capitare di rilevare, all’interno di contesti organizzativisanitari, culture organizzative e professionali connotate da de-idealizzazione e “disimpegno politico”degli operatori, propensi a delegare all’esterno o ai vertici aziendali il senso del rapporto tra sé el’organizzazione, tra il Servizio e il contesto sociale. Prevale in questi casi un rispetto formale delleregole, una modalità di funzionamento pragmatica e opaca per cui si resta inerti rispetto ai problemidel funzionamento organizzativo e del senso del lavoro, o ci si lamenta. <strong>La</strong>mento, acquiescenza eadempimento procedurale non sembrano certo le condizioni più funzionali per la realizzazione di unservizio, a maggior ragione se sanitario.Una seconda variabile presente nell’ambito dei servizi sanitari riguarda il livello elevato di turbolenzainterna ed esterna, caratterizzato da situazioni inedite e mutevoli rispetto alle quali mantenere erealizzare la possibilità di organizzare e di costruire ambienti e reti, in presenza di pressioni diverse econtraddizioni frequenti ed in mancanza dei tradizionali ancoraggi di legittimazione e riconoscimento.<strong>La</strong> sfida è quella di imparare a convivere lavorando con la complessità, la pervasività e l’irriducibilitàdei problemi, che pure si è chiamati a gestire, attraversando situazioni in cui aspetti di solidarietàconvivono con istanze di competizione; elementi di giustizia sociale invocata ri<strong>sul</strong>tano misconosciuti eda rinegoziare; vantaggi e diritti acquisiti da difendere si intersecano con altri da ri-conquistare elegittimare.Da un lato si apre la prospettiva di servizi in cui sia alimentata una costante elaborazione di dati edinformazioni a livello individuale e gruppale, in riferimento alle rappresentazioni dei bisogni esistenti,dei problemi identificabili, dei concreti oggetti su cui è realistico sviluppare risposte; in cui si cerca didotarsi di mappe di lettura e chiavi di comprensione aggiornate e sofisticate circa i contesti e lesituazioni che si affrontano; in cui sia sostenuta e valorizzata una laboriosa dinamica di costruzione eattribuzione sociale di senso ad eventi, azioni, esiti del proprio lavoro.Dall’altro si vivono le fatiche e il disagio <strong>sul</strong> versante organizzativo ed istituzionale, a fronte dellecontrazioni dei tempi, del budget, della mobilità ed evoluzione di persone, ruoli, funzioni e contesti; sipercepisce o si concepisce il funzionamento organizzativo secondo una scissione tra sistema di azione(insieme dei mezzi tecnici e umani congegnati per realizzare gli obiettivi di produzione/servizio) esistema sociale (insieme di persone e gruppi, con ruoli diversi, associati per risolvere problemi comunie orientati a stabilire rapporti di collaborazione-cooperazione/conflitto).Un terzo elemento di scenario riguarda le modalità del cambiamento che ha attraversato il mondodella sanità: sembra prevalente l’attivazione di cambiamenti e trasformazioni attraverso ristrutturazionie reingegnerizzazioni del disegno organizzativo, decise e lanciate in termini di decreto e vincologiuridico/normativo. Rispetto alle prospettive di cambiamento sono possibili infatti diversi approcci(Isolabella, Kaneklin, Scaratti, 2003): uno più strutturale, legato allo sviluppo di soluzioni di ingegneriaorganizzativa a livello macro; l’altro che affida a leader forti e capaci ed a ruoli fiduciari il compito dipresidiare azioni e strategie; il terzo più processuale, che procede per arrangiamenti continui, tenendoconto degli aspetti culturali e professionali esistenti e vedendo via via ciò che è possibile costruire.L’importanza dell’ultima modalità ci appare decisiva, in quanto sono le persone a dover interiorizzare,portare dentro di sé le istanze innovative, affinché possano interpretare i ruoli ed i compiti loroassegnati assumendo iniziativa e responsabilità, fornendo contributi adeguati al raggiungimento degliobiettivi. Se a livello macro il vertice deve continuamente dare linee generali di cambiamento(comunicate, ribadite, verificate), l’interiorizzazione di esse avviene a livello micro-organizzativo, legatoai quotidiani e concreti processi di organizzazione e riorganizzazione del lavoro che impattano le unitàorganizzative, le strutture operative, la mentalità lavorativa.Su questo versante crediamo si siano manifestate, in ambito sanitario così come in diverse realtàconfrontate con processi di tras<strong>formazione</strong> e di cambiamento profondo dei propri processiorganizzativi, crucialità non adeguatamente rappresentate e supportate, oltre a criticità trasversali.Crucialità: riguardano la consistenza e la disponibilità di ruoli gestionali intermedi, in grado disostenere ed alimentare il processo di traduzione degli orientamenti dichiarati in progetti operativi edazioni, attribuendo effettivamente alle persone la loro valenza di risorsa strategica. L’introduzione diinnovazioni e di strategie di project management, di articolate forme di controllo di gestione e ERP, diInformation communication technology, per citare solo alcune ricorrenti dimensioni sollecitate, vannoinfatti affiancate da un articolato lavoro di accompagnamento, supporto e valorizzazione delle risorse edelle culture attraverso le quali quei cambiamenti possono realizzarsi e diventare nuove routines35
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