La Toscana Giugno (1)

TOSCANA
la
Toscana Cultura - Anno 4 - Numero 6 - Giugno 2016 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227. E 1
Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI
Maranghi
al Museo Seiz
L'artista toscano
incontra Max Seiz

Dal 1936 la famiglia Cirri-Fusi svolge ininterrottamente
l’attività di ristorazione.
L’attuale gestione è condotta da Livio, grande esperto e
conoscitore di carni, affiancato dai figli Enrico e Gianna
coadiuvati da validissimi collaboratori.
Nel ristorante ci sono due accoglienti sale, dai colori caldi
dove possono essere ospitate circa 50 persone; all’esterno,
un piccolo giardino dove nei mesi più caldi la sera i clienti
possono consumare la cena.
L’uso di materie prime di qualità permette alla nostra
cucina di mantenere nel tempo piatti dai sapori altrimenti
dimenticati.
Produciamo il nostro olio biologico da olivi situati nella
collina di fronte al ristorante.
Abbiamo un piccolo allevamento suino dal quale
ricaviamo i nostri salumi.
L’uso di padelle di ferro per friggere permette di avere una
leggera ed eccezionale frittura di carni e verdure, avendo
con questo tradizionale metodo la possibilità di cambiare
l’olio molto più spesso di una friggitrice.
Ristorante Il Focolare
Via Volterrana Nord, 175
50025 Montespertoli (FI)
Tel. 0571 671132
ilfocolare.montagnana@gmail.com

Sommario
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Giovanni Maranghi incontra Max Seiz
Le sculture di Jan Fabre a Firenze
Labirinto Alinari a Palazzo Pitti a Firenze
Riccardo Di Stasi nel Chiostro di Villa Vogel a Firenze
Le sculture di Pietro Tomassi
Silvia Baldacci: la sua mostra alle Giubbe Rossa
Yelitza Altamirano a Palazzo Medici Riccardi di Firenze
Il successo della mostra di Antonio Berti a Sesto Fiorentino
Nel Salone dei Cinquecento il "Premio Scarnicci-Tarabusi il Troncio"
Stefano Nistri nella Sala dell'Affresco del Comune di Signa
Giovani scultori al Centro Coop di Empoli
Silvano Campeggi al Palazzo Malaspina di San Donato in Poggio
Massimo Nardi: dalla pittura alla fotografia
La profonda spiritualità dell'arte di Lalla Lippi
Il Dragone domato di Franco Cappellini
Il murale di Franco Santini alla scuola Anna Frank
Antonio e Xavier Bueno a Villa Bardini a Firenze
White Party: via Romana in festa
Le nature morte di Marco Monatti
Il restauro dell'Annunciazione di Filippo Lippi
Le tecniche sperimentali di Mauro Scardigli
Le foto di Lorenzo Borgianni a Villa Agape di Firenze
Segno e colore nelle opere di Pietro Bellina
I vincitori del Premio Nazionale Città di Lastra
Lalla Azzaroli si racconta in un libro
Nasce a Prato nel 1967 e si avvicina alla fotografia molto giovane; la
mamma lavora, infatti, da sempre in un noto negozio di articoli fotografici.
Inizia a fotografare con una Olympus OM1 a pellicola, ritraendo
qualsiasi tipo di soggetto con l'entusiasmo che caratterizza tutti i
giovani. Si diletta nel frattempo anche a riprese video, fino a quando
con l'avvento del digitale si dedica totalmente alla fotografia. Da
quel momento segue corsi di aggiornamento tecnico e fotografico,
specializzandosi nella fotografia di reportage di viaggio. Ama fotografare
le persone di qualsiasi razza e cultura che rappresentano
secondo l'autore la bellezza e la varietà dell'umanità. Realizza varie
mostre con riscuotono un buon successo di critica e pubblico.
quercifrancesco@gmail.com
In copertina: Giovanni Maranghi
Zafferano, resina, cm. 140x130x6
Francesco Querci
LALLA LIPPI
Note musicali
2016, olio su tela,
cm. 90x80
Il quadro sarà in esposizione a Palazzo Giorgi a Poppi dal 2 al 27 luglio 2016.
La mostra sarà aperta dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Cell. 333 3755813
la TOSCANA
Periodico di attualità, arte e cultura
dell’Associazione Toscana Cultura
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n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227
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Franco Mauro Franchi
Daniela Pronestì
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Barbara Santoro
Alessandro Sarti
Gianni Taccetti
Foto:
Adriano Bartolozzi
Lorenzo Borgianni
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Foto Studio Bianco
Sergio Maier
Maurizio Martini
Massimo Nardi
Francesco Querci
Barbara Santoro
Benjamin Sidney

PARCORENAI
STATOLIBERO
Via dei Renai 9
50058 Signa - Firenze
Tel: 055 8996431
Fax: 055 8999257
segreteria@progettorenai.it
www.parcorenai.it

Incontro
fra le opere e le personalità di Giovanni Maranghi
e Max Seiz nella casa museo dell'artista tedesco
di Alessandro Sarti
Nella nostra lingua, ricchissima di lemmi come poche,
la parola ospite designa sia il padrone di casa, che chi
viene ospitato. La casa è d’altronde come l’epidermide
per il corpo umano, diceva Frederick Kiesler, è lo spazio
elettivo dell’anima, dell’intimità, ma anche dell’accoglienza. Quando
poi è la casa di un maestro ad accogliere un altro artista, come
nel caso di questa mostra, la dimensione della visita si moltiplica
esponenzialmente e quella dell’ospitalità si amplifica nella magia
dell’incontro con l’altro.
Essere benevolmente accolti in casa di altri vuol dire infatti che
chi ti ospita desidera il tuo bene e vuole donarti nella sua dimora il
massimo dell’ospitalità e dell’affetto e anche tutte quelle attenzioni
che stanno alla base della fratellanza e della bellezza dell’ospitare,
dell’accogliere e dell’incontrare, in una particolarissima dialettica
tra “dentro” e “fuori”, tra intimità e novità, tra luogo e visitatore.
Questo particolarissimo “Incontro” fra importanti artisti è stato reso
possibile dalla straordinaria professionalità e organizzazione di Anja
Bech, titolare della Galleria Bech, sita in Schorndorf, che spesso al di
fuori dei propri spazi consueti, organizza veri e propri eventi in luoghi
Giovanni Maranghi con Max Seiz
Wow, tavola, cm. 120x110
Nen unserer Sprache, reich an Begriffen wie kaum eine andere,
macht der Ausdruck „ospite“ keinen Unterschied
zwischen dem Hausherrn und dem Gast. Das Haus ist wie
die Epidermis eines menschlichen Körpers ,sagte Frederick
Kiesler, es ist der gewählte Raum der Seele, der Intimität, aber auch der
des Willkommenseins. Wenn also das Haus eines Meisters sich einem
anderen Künstler öffnet, wie im Falle dieser Ausstellung, multipliziert sich
die Dimension des Besuches exponentiell und diese Gastfreundschaft wird
durch die Magie des Treffens mit dem anderen verstärkt.
Im Hause von anderen herzlich empfangen zu werden sagt letztlich aus,
dass derjenige, der die Gäste aufnimmt sich deren Wohl wünscht und
diesen in seinem Haus das Maximum der Gastfreundschaft und der Zuneigung
schenken möchte, sowie alle Aufmerksamkeit, deren Basis die
Brüderlichkeit und das Wertvolle des Gastgeberseins sind, in einer sehr
herzlichen Dialektik des Inneren und Äußeren, zwischen Intimität und Neuigkeit,
zwischen Ort und Besucher.
Diese sehr spezielle Begegnung („Incontro“) zwischen zwei bedeutenden
Künstlern wurde dank der außergewöhnlichen Professionalität und Or-
6 Giovanni Maranghi e Max Seiz

Max Seiz in studio
Villa Seiz a Schwabisch Gmund
ganisation von Anja Bech, Kunstgalerie Bech mit Sitz in Schorndorf,
ermöglicht, welche oft außerhalb ihrer üblichen Räume eigene erstklassige
Events an exzellenten Orten wie dem Schloss Solitude auf
den Bergen Stuttgarts gelegen, das auch der Sitz des Business Clubs
ist, oder in der prachtvollen Villa der Bethmann Bank Stuttgart, im
Museum Seiz in Schwäbisch Gmünd, aber auch in privaten Villen
wie der der Inneneinrichter Dirk und Rosalinde Gallitz, organisiert.
Kultur und Kunst haben tatsächlich die einzigartige Fähigkeit zusammenzubringen,
und die Bedeutsamkeit des Hauses wird durch solche
Begegnungen gesteigert, sei es die Begegnung zwischen den Künstd’eccellenza,
come lo “Schloss Solitude” sulle colline di Stoccarda,
all’interno della sede del Businnes Club, o nella sede cittadina della
Bethmann Bank, nel Museo Seiz, a Schwäbisch Gmünd, o in altre
dimore private, coadiuvata da Rosalinnde e Dirk Gallitz, coppia di
importanti “designer”.
La cultura e l’arte hanno infatti questo grande potere, quello di far
incontrare, e la dimensione della casa viene ad arricchire ulteriormente
le potenzialità dell’incontro, sia tra artisti che con i visitatori,
aprendo a questi ultimi la possibilità di entrare interattivamente
Da sinistra la gallerista Anja Bech, Andrea Seiz e Giovanni Maranghi
Florence, resina, cm. 100x120
Giovanni Maranghi e Max Seiz
7

Max Seiz - Eudamonie, 1989, cm. 56hx40
Mille amori, tecnica mista su carta, cm. 102x72
lern oder dieser mit den Besuchern, welchen die Möglichkeit geboten
wird, interaktiv den Ort zu betreten, an welchem Kunst geboren
wurde und der andere Willkommen heißt.
Giovanni zu begleiten und diese besondere „Reise“ zu kuratieren
ist für mich eine große Ehre, nach seinen prestigeträchtigen Ausstellungen
in ganz Italien, wie in Florenz im Medicipalast sowie
anschließend in China im „Spazio dell'Ambastciata“ in Peking. Die
Absicht ist jetzt, dass er seine Werke in das Haus eines anderen
großen Künstlers, Max Seiz, bringt. Ich beziehe mich auf die Villa
Seiz in Schwäbisch Gmünd, in der Max Seiz lebt und arbeitet und
die dank der Unterstützung seiner Tochter Andrea Seiz zwischenzeitlich
ein Museum ist, das bereits herausragende zeitgenössische
Künstler wie Jörg Immendorff oder Martin Lüpertz ausgestellt
hat oder wird.
Hier, mit all ihrer Herzlichkeit, wird das Museum ein wirklich besonderer
Ort sein, reich an Faszinierendem und der Schönheit die
Max Seiz geschaffen hat und sich stets erweitern durch Werke, die
Giovanni Maranghi und andere bringen werden.
Vom 31. Juli 2016 bis zum 4. September 2016 wird die Ausstellung
mit dem Titel „Incontro“ zu sehen sein, ein einzigartiger künstleproprio
nei luoghi in cui l’arte nasce e si apre all’accoglienza dell’altro.
Accompagnare Giovanni e curare questo ennesimo “viaggio” è un grande
onore per me, dopo le sue prestigiose mostre in tutta Italia, a Firenze
in Palazzo Medici Riccardi, e dopo la bellissima esperienza in Cina, nello
spazio dell’Ambasciata a Pechino. L’intento è ora quello di portare le sue
opere in casa di un altro grande maestro, Max Seiz. Mi riferisco a villa
Seiz, a Schwäbisch Gmünd, dove Seiz vive e lavora e che con l’ausilio
della figlia Andrea Seiz ha fatto diventare con il tempo un museo, che
ha già ospitato e ospiterà mostre con importanti artisti contemporanei,
come Jörg Immendorff o Martin Lüpertz.
Qui, con tutto il loro calore, il museo sarà una location davvero speciale,
arricchita dal fascino e dalla bellezza che Seiz ha creato e da quella che
si creerà con le opere di Maranghi e degli altri che seguiranno.
Dal 31 luglio al 4 settembre la mostra dal titolo “Incontro” vedrà dunque
in un singolare dialogo artistico le opere e le personalità creative di Max
Seiz e Giovanni Maranghi, in una sinfonia concepita all’insegna dell’ospitalità
e dell’apertura all’altro.
Ci saranno le opere in resina, i kristal, i disegni a tecnica mista, tra quei
molteplici soggetti di Maranghi, e ancora una volta la donna sarà protagonista
come dono di vita, tra volti femminili, figure comodamente sedute,
sguardi dolci, seducenti e felici per un “Incontro” con le rotondità
morbide e sensuali del maestro Seiz, tra volti sereni, pensanti, corpi che
si abbracciano, forme nude, morbide ed essenziali, sculture in bronzo
e marmo, sobrie e leggere: un connubio, quindi, tra le interpretazioni
di due maestri che lascerà il segno, in terra tedesca, proprio a partire
Paul-Strähle-Straße 26
D-73614 Schorndorf
Telefon 0170 5273668
kontakt@kunstgalerie-bech.de
www.kunstgalerie-bech.de
8 Giovanni Maranghi e Max Seiz

Giovanni Maranghi nello studio
da questa casa museo, ma con l’auspicio di poter contraccambiare
l’accoglienza nella nostra “casa”, Firenze culla del Rinascimento,
per poter offrire la visione delle opere di Seiz anche al pubblico
italiano.
Oggi che in Europa di accoglienza si parla soprattutto in merito alle
problematiche sociali delle onde migratorie, siamo certi che questo
scambio di ospitalità alla luce dell’arte possa essere un seme
tra tanti per coltivare l’orto condiviso della bellezza, della cultura,
dell’arte, e poter ancora sperare nella valorizzazione di valori quali
Pace e Armonia tra persone, popoli e culture, proprio come l’Arte
tenta ancora di indicarci. Con l’augurio che l’accoglienza possa giovarne,
come nel benevolo detto spagnolo “mi casa es tu casa”.
Piazza Grande, resina, cm. 140x130
Le ragazze di Piazza di Spagna, kristal, cm. 140x100
rischer Dialog der Arbeiten und kreativen Persönlichkeiten Max
Seiz und Giovanni Maranghi, eine Sinfonie, die im Namen der
Gastfreundschaft und der Offenheit gegenüber anderen konzipiert
wurde.
Hier werden Werke in Resina, Kristall und Zeichnungen in
Mischtechnik zu sehen sein, unter Maranghis vielen Themen
wird wieder einmal die Frau die Protagonistin sein als Geschenk
des Lebens ; zwischen weiblichen Gesichtern, bequem sitzenden
Figuren, von reizendem Aussehen, verführerisch und glücklich
über eine Begegnung „incontro“ mit den weichen Rundungen
und Sinnlichkeiten des Meistes Seiz, zwischen heiteren Gesichtern
und nachdenklichen, Körpern, die sich umarmen, nackten
Formen, sanft und essenziell, Skulpturen in Bronze- und Steinguss,
nüchtern und leicht: eine Vereinigung, also auch in der
Interpretation der beiden Künstler, die auf deutschem Boden
ihre Markierung in dem Museum hinterlassen haben, mit dem
Wunsch und der Hoffnung, sich zu revanchieren und Willkommen
heißen zu können in unserem „Haus“ Florenz, der Wiege der
Renaissance, um die visionären Arbeiten Max Seiz dem italienischen
Publikum zu präsentieren.
Heute spricht man im Europa des Willkommenseins vor allem
über die sozialen Probleme und Migrationswellen; wir sind sicher
dass dieser Austausch von Gastfreundschaft, das Licht der
Kunst , ein Samen unter vielen sein könnte, um einen gemeinsam
genutzten Garten der Schönheit, der Kultur und der Kunst zu kultivieren,
und man auf die Aufwertung der Werte des Friedens und
der Harmonie zwischen Personen, Völkern und Kulturen, genau so
wie es die Kunst versucht uns zu zeigen, wieder hoffen kann. Mit
dem Wunsch, dass dieser Empfang dazu beitragen könne, wie
man wohlwollend auf Spanisch sagt „mein Haus ist dein Haus“.
Giovanni Maranghi e Max Seiz
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Al Forte di Belvedere e in Piazza Signoria a Firenze
I GUARDIANI DELLO
SPIRITO di JAN FABRE
di Giorgia Armellini
Foto di Adriano Bartolozzi
La grande mostra di Jan Fabre “Spiritual Guards” si
sviluppa tra i tre luoghi più suggestivi e simbolici di
Firenze: Piazza Signoria, Palazzo Vecchio e Forte di Belvedere.
Voluta dal Comune è stata curata da Melania
Rossi e Joanna de Vos sotto lo sguardo attento del direttore artistico
Sergio Risaliti. L’esposizione comprende più di 70 opere realizzate
tra il 1978 e 2016 da uno degli artisti più significativi del panorama
internazionale dell’arte contemporanea. Jan Fabre. belga, nato
ad Anversa nel 1958 è un artista visionario, un autore teatrale, un
creatore di mondi immaginari e personali regolati da leggi proprie e
abitati da simboli e leitmotiv ricorrenti.
Nel 2012 due suoi autoritratti in bronzo con corna ed orecchi d’asino
sono entrati a far parte della collezione vasariana degli Uffizi.
Nel 2015 ha ottenuto il prestigioso “Premio Michelangelo” per la
scultura.
I curatori hanno scelto il Forte come nucleo tematico dell’esposizione
per le sue caratteristiche storiche e spaziali: una fortificazione
nata per difendere la città da attacchi esterni ma anche per difen-
Serie di sculture-autoritratti
10 Jan Fabre

Uomo che tiene in bilico la croce
Particolare di una delle opere in mostra al Forte di Belvedere
Giorgia Armellini durante la visita alla mostra
di Jan Fabre al Forte di Belvedere
dere la famiglia Medici da sommosse interne; nel momento in cui da
questa fu scelto il Palazzo Pitti come propria residenza, infatti nel 1590
fu l’architetto Bernardo Buontalenti ad essere scelto per questa costruzione.
La palazzina a tre piani, che svetta solitaria in cima al colle, era già
preesistente alla realizzazione del Forte come “Belvedere” ad uso della
corte granducale. Si è sempre
raccontato la storia della “stanza
blindata” celata sotto il Forte, a
protezione del tesoro mediceo.
Il fotografo Adriano Bartolozzi
Per secoli il Forte ha assolto la
sua funzione militare senza subire attacchi né esterni, né interni; fino
a quando il Granduca Pietro Leopoldo decise di aprire questo magico
luogo ai fiorentini.
Persa la funzionalità difensiva fece parte del demanio militare fino al
1954 quando passò allo Stato. Splendide le mostre che negli anni si
sono avvicendate: Henry Moore (1972), Folon (2005), Zhang Huan (2013),
Giuseppe Penone (2014), Antony Gormley (2015).
Un luogo quindi di difesa dall’esterno e dall’interno che ci fa ripercorrere
la vita ma anche le angosce e le
ambizioni della famiglia Medici,
un luogo che allude ad opposte
sensazioni e percezioni, a bisogni
e desideri umani contrastanti
come la protezione armata a cui
si contrappone il desiderio di
uno slancio spirituale. Ecco che
Jan Fabre ci comunica questa
vulnerabilità, che fa parte dell’esperienza
e della vitalità umana,
attraverso due schieramenti lucenti:
scarabei bronzei posizionati
di vedetta sui bastioni del
Forte e una serie di autoritratti
dell’artista a figura intera che popolano
lo spazio attorno alla villa
medicea. Gli scarabei, animali
molto amati da Fabre, sono per
l’artista angeli di metamorfosi,
custodi-guardiani, simbolo del
passaggio dalla vita terrena a
quella ultraterrena per il loro continuo divenire, trasformarsi,
muoversi. Inoltre la loro stessa corazza ne dimostra la forza ma
al tempo stesso la fragilità mettendo in risalto la drammatica
vulnerabilità del corpo sottostante. E così anche l'artista, che si
erge a paladino dell'immaginazione e a guerriero-custode della
bellezza, tramite tra cielo e terra, tra le forze della natura e quelle
spirituali, si spoglia e si veste delle sue armi dispiegando un
esercito lucente e cangiante di “uomini-Fabre” colti in atti irrazionali
come misurare le nuvole, lasciare con un dito una traccia
nell'acqua, o dirigere le stelle come un direttore d'orchestra.
Una legione di “Guardiani dello Spirito” che qui è chiamata a
raccontare la devozione per la vita, che ci incita a viverla in maniera
eroica e a difendere la pura bellezza e l'immaginazione che
l'arte è in grado di generare quale difesa da attacchi che una
società secolarizzata e materialista è sempre pronta a fendere.
Nonostante polemiche e malumori per l'invadenza dell'artista
contemporaneo nei templi dell'arte rinascimentale vorrei sottolineare
che la ricerca di Fabre, incline alla dimensione teatrale
ed allegorica, è anche e soprattutto neo-umanistica, nel concepire
l'arte come risposta agli interrogativi sulla condizione
umana. Fabre evidenziando la vulnerabilità dell'uomo ci spinge
a superare i nostri limiti a far emergere in noi il nostro lato sognatore
ed esploratore e ci incoraggia ad utilizzare la nostra
umanità per confrontare il nostro microcosmo interiore con il
macrocosmo che ci sovrasta. Bisognerebbe sempre tener conto
della doppia dimensione dell'essere umano, parte vivente di
questo pianeta, nella sua dimensione terrestre ma anche spirituale.
La difesa di questa doppia natura e degli esseri animati
di questa terra, penso sia il messaggio più importante che Jan
Fabre potesse dare per il futuro del mondo, dell'umanità e del
nostro patrimonio artistico, così maltrattato.
Una mostra, dunque che vi consiglio vivamente sia per il valore
delle opere esposte che per la miriade di percezioni e sensazioni
che da esse ne derivano. Un pizzico di misticismo che coronerà
Firenze di bagliori dorati fino al 2 di ottobre, illuminandone
le notti e abitandone il paesaggio diurno, come promessa di
eterno splendore.
Jan Fabre
11

MOSTRA DI ARTE
CONTEMPORANEA
Palazzo Giorgi - Poppi (AR)
Dal 1° al 27 luglio 2016
Inaugurazione
Martedì 5 luglio - ore 16,30
Orario: 10-12 • 16-19 tutti i giorni escluso il lunedi
ARTISTI PARTECIPANTI
Luciano Gennai
Sauro Amegli
Lella Rontani
Marco Cipolli
Antonio Faccioli
Anna Maria Veccia
Ferdinando Casalini
Mirella Milanini
Bruno Becattini
Luciano Faggi
Mario Meoni
Patrizia Gabellini
Giuliana Casi
Susi La Rosa
Giacobbe Giusti
Sonia Fiacchini
Orietta Lapucci
Francesca Rialti
Marisa Vannucci
Claudio Secciani
Ambretta Mari
Arianna Gasperini
Gessica Gori
Luciano Manara
Simone Biliotti
Maria Teresa Ribul Mazzola
Mauro Scardigli
Paolo Lacrimini
Mauro Baroncini
Paolo Remondini
Jole Crivelli
Carlo Lanini
Mariella Rossi Tonelli
Fabio Rocca
Joanna Aston
Roberto Fabbri
Vanna Fedi
Lalla Lippi
Elena Migliorini
Clara Nesi
Joanna Stys
Roberto D'Angelo
Anna Paggetti
Scuola di pittura di
Luciano Gennai:
Caterina Biagini
Tina Racano
Antonella Mazzetti
Patrizia Giachi
Sabina Bruschini
Info: Lucia Raveggi
Cell. 333 9704402
lucia.raveggi@toscanacultura.it
http://www.toscanacultura.it

Labirinto Alinari
A Palazzo Pitti una strepitosa
mostra del maestro fiorentino
di Barbara Santoro
Foto di Adriano Bartolozzi
Quasi 5000 anni fa, un disegno geometrico, più o meno
complesso formato da linee e tracciati spesso a forma
di spirale il cui percorso cominciava con un ingresso che
coincideva con un’ uscita, fu definito “labirinto”. Questo
curioso termine simboleggiava il “caos primordiale” e il tentativo
dell’uomo di assegnargli un ordine. Nella mitologia e cosmogonia
tanti sono i labirinti famosi. Il disegno del labirinto riprende la spirale
del serpente, ma anche le viscere ed il cervello dell’uomo con i
loro meandri. Anche il filo arrotolato in un gomitolo vuole significare
che non esiste niente di facile e lineare, ma che il raggiungimento di
un traguardo prefissato, è davvero una sfida continua e solo l’intelligenza
e la volontà possono condurci all’uscita.
“Labirinto Alinari” è il titolo intrigante della nuova mostra di Luca
Alinari, curata da Cristina Acidini e Simonella Condemi ed esposta
dal 22 giugno al 24 luglio alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo
Pitti.
Luca Alinari pittore sensibile ed uomo raffinato, ha vissuto per tanti
anni a Firenze in quel curioso “villino liberty” creato da Giovanni
Michelazzi nel 1913 e sapientemente decorato da Galileo Chini.
Io vivevo nella stesso strada qualche edificio più in là e per tanto
tempo ho guardato dalla finestra questo affascinante giovane, un
po’ “dandy” con i baffetti “fin de siecle”, vestito in maniera impeccabile
con abiti chiari.
I suoi occhi scuri, vivacissimi, in cui si mescolavano scaglie di “ossidiana”
insieme a frammenti di perle iridescenti, ti penetravano
nell’anima ed il suo sorriso ti sfiorava come la carezza di un grande
signore. Questo importante artista conosciuto e apprezzato in tutto
il mondo è stato invitato nel 1982 alla Biennale di Venezia e per ben
quattro volte alle Quadriennali d’Arte di Roma.
Luca Alinari insieme alla moglie Ivana e a Barbara Santoro
Barbara Santoro e Luca Alinari accanto all'autoritratto dell'artista
Questa sua recente esposizione non è una mostra antologica ma
piuttosto una rivisitazione della sua opera pittorica dagli esordi negli
anni Settanta, fino ad oggi.
Ma perché mai Luca Alinari ha intitolato questa sua nuova rassegna
“Labirinto Alinari”? Secondo me, più o meno consciamente, il pittore
ha raccolto opere che esprimevano un racconto a carattere evocativo
nel quale si mescolano elementi figurativi con sogni, spezzoni di
paesaggio con realtà oniriche, sfumature di sentimenti ancestrali, in
un “baluginio” di luci e colori che partendo dai giochi dell’infanzia
arrivano a ricerche filosofiche di profondo spessore, ad interrogativi
esistenziali che spesso non trovano risposta.
Luca si perde nei “labirinti del suo cuore”e noi con lui siamo attirati
come lucciole dalla luce perlacea delle sue tele in resina ed acrilici.
Le sue figure di un virtuosismo elevatissimo si scontrano con “asteroidi”
e “stelline”, quasi sospese in galassie che esistono solo nella
fantasia, quasi un novello folletto o un Peter Pan alla ricerca dell’Isola
che non c’è. Come un acrobata del colore (che sa dosare perfettamente
senza mai strafare) Alinari crea le sue “magie” in orizzontale
senza appoggiare la tela sul cavalletto. La sua arte nasce dalla mancanza
di un metro sicuro di misura rispetto alle apparenti certezze
del mondo, ma ha un fascino sottile che già percepisci a fior di pelle.
Cristina Acidini in un'intervista a due voci dice: “Alinari ha messo
a punto le tematiche della gioventù rivisitandole, di volta in volta
variando. Sembra lo stesso percorso, ma in realtà è diverso. Da qui il
labirinto. Alinari è sfuggente, difficile da delineare”.
La sua è un’arte legata alla tradizione toscana dei grandi maestri,
con quel gusto dell’ironia che sorprende e stupisce, ma che è l’unica
virtù che ti aiuta a vivere in un mondo impazzito che sembra aver
perso il controllo ed il conforto della bellezza.
Ben vengano mostre come questa che incoraggiano sempre di più
ad un confronto con il contemporaneo. Firenze è pronta, come lo
dimostrano le opere di Jan Fabre e John Currin in questo momento
esposte nei più belli spazi della nostra città.
Luca Alinari 13

Riccardo Di Stasi
Il pittore fiorentino terrà la sua
nuova mostra dedicata alle
atmosfere della natura dal 22 luglio
nel Chiostro di Villa Vogel a Firenze
di Lorenzo Borghini
Dopo il buon successo dell'esposizione patrocinata dal
Comune di Rufina nello scorso mese di maggio, il pittore
fiorentino propone una nuova mostra dedicata alle atmosfere
della natura con una serie di oli ed acquarelli.
La mostra si terrà dal 22 luglio al 7 agosto presso il chiostro di Villa
Vogel in via delle Torri, 23 a Firenze
Orario: giov. e ven. 15-19, sab. e dom. 10-19, chiuso gli altri giorni
Inaugurazione venerdì 22 luglio alle ore 16.00.
Patrocinato dal Quartiere 4 del Comune di Firenze.
Per info: riccardodistasi@email.it o cultura4@comune.fi.it
Serie "marine", olio su tavola
Barche emotive, olio su tavola.
Classificato 3° al primo concorso Casa di Giotto)
Riccardo Di Stasi Nato a Firenze nel 1976. Diplomato
come grafico pubblicitario presso l'Istituto Lucrezia Tornabuoni di Firenze,
nel 1996, specializzato come illustratore presso la Scuola Internazionale
di Comics sotto l'insegnamento dell’artista ''GIPI'' Gianni Pacinotti, per
tecnica di paesaggio e disegno dal vero.
Esposizioni e percorso artistico:
Nel 2001 e 2004 personale presso la biblioteca comunale di Villa Montalvo
di Campi Bisenzio (Fi). Selezionato 2005 per esposizione collettiva
giovani artisti presso Associazione Gruppo Donatello di Firenze. 2008 -
pubblicato sulla rivista Sanremo Arte 2000, in distribuzione nel periodo
festival musicale. 2009-2010 - partecipazione a varie estemporanee nel
comune di Campi Bisenzio presso il Parco Chico Mendes di S. Donnino con
riconoscimenti e premi e critica organizzata dalla associazione culturale
OperArte. 2011 - personale presso centro culturale arte contemporena
a Minsk (Bielorussia). 2012 - esposizione presso Dortmund (Germania)
presso Palazzo Comunale. Selezionato più volte presso il portale artistico
“Pittura e Dintorni” www.pitturaedintorni.it. 2014 - esposizione presso
l’Osteria Bruciategami in via Roma a Bagno a Ripoli (FI). 2014/15 - esposizione
presso la galleria comunale di Diemen (Amsterdam), in una collettiva
di artisti internazionali dal titolo DUTCH art Embassy.
2015 - Mostra personale presso il Comune di Londa al Centro Visite e Saletta
Simonetta Cappellini nei mesi di settembre e dicembre. 2015 - vincitore
3° premio al primo Concorso di pittura Casa di Giotto e dell’Angelico
a Vicchio (FI). 2016 - mostra personale presso saletta comunale Comune
di Rufina (mese di maggio).
"Eseguo una pittura di paesaggio figurativa, ispirandomi alle atmosfere
della natura, prendendo spunto dalla mia emotività e da ciò che la natura
comunica; uso tecniche ad olio ed acquarello. Sto seguendo un progetto
di insegnamento di tecnica dell’acquarello, con il patrocinio del Comune
di Londa divulgando un mio metodo accessibile a chiunque voglia avvicinarsi
alla pittura anche se non ne ha mai avuto la possibilità".
Riflessi, acquarello
Temporale interiore, acquarello
riccardodistasi@email.it
Cell. 339 5279603 - Facebook: riccardo di stasi
www.riccardodistasipittore.wordpress.com
14 Riccardo Di Stasi

L’Associazione Artistico Culturale
dalle Terre di Giotto e dell’Angelico con il
Patrocinio del Comune di Vicchio bandisce la
2 a Edizione
“Concorso d’Arte
Giotto”
ART. 1:
• La partecipazione al Concorso è aperta a tutti gli artisti senza restrizione
di residenza o cittadinanza.
• La partecipazione al Premio è individuale, i partecipanti devono essere
maggiorenni.
• Le opere pittoriche e scultoree devono rientrare nella misura di un
massimo di cm. 70 come base e cm. 100 come altezza, senza cornice
e nessun altro tipo di supporto, comunque, munite di attaccaglia, il
peso non dovrà superare i 10 kg; l’Associazione metterà a disposizione
per tutte le opere un pannello di colore nero cm. 70 di base e cm.
100 di altezza sul quale saranno collocate.
• La violazione di quanto sopra comporta l’impossibilità d’iscrizione e
l’esclusione al Premio.
• L’eventuale trasporto delle opere è a cura e a carico dell’artista o di
chi ne fa le veci.
ART. 2:
• Ai sensi dell’art. 13 del D. LGS 30.06.2003 n. 196, i dati personali dei
concorrenti, rilasciati all'atto dell'iscrizione, saranno raccolti presso
l’ufficio di segreteria dell’Associazione che si riserverà di trattare i
dati per la divulgazione a fini pubblicitari.
• Il conferimento di tali dati è obbligatorio ai fini dei requisiti di partecipazione,
pena l’esclusione dal concorso. L’interessato gode i diritti di
cui all’art. 2 del citato D. LGS.
• L’iscrizione al concorso avverrà compilando in tutte le sue parti il modulo
allegato al bando.
• Il modulo d’iscrizione per la partecipazione al Premio dovrà essere
inviato per posta elettronica alla e-mail: info@casadigiotto.it oppure
per posta all’indirizzo: Associazione artistico - culturale “Dalle Terre
di Giotto e dell’Angelico” Via Mulinuccio 32, 50039 Vicchio Firenze,
o con consegna personale presso la Casa di Giotto, via Vespignano
n. 164 Vicchio (FI).
• La data di scadenza per l’invio dei moduli di partecipazione e la consegna
dell’opera, sono fissate per il 4 settembre 2016 entro le ore 19
(per garantire la partecipazione fa fede la data del timbro postale).
• L’accettazione delle opere avverrà solo dopo la conferma del versamento
della quota di partecipazione. Per questo si invitano gli artisti a
non consegnare le opere senza prima avere effettuato il versamento.
La quota di partecipazione è di 50,00 euro da versare nel conto corrente
postale C/C n. 1022074106 intestato a Associazione artistico -
culturale “Dalle Terre di Giotto e dell’Angelico” causale Premio d’arte
“Giotto”, oppure a mano presso la Casa di Giotto.
ART. 3:
• La verifica dei requisiti sopraindicati sarà a completa e insindacabile
discrezione del curatore del Premio d’arte “Giotto”, la segreteria
dell'Associazione.
• Essendo inoltre, gli spazi limitati, sono previste 60 postazioni, si
prega di voler aderire quanto prima al premio d’arte al fine di poter
rientrare nei limiti della partecipazione.
ART. 4:
• L’artista partecipante autorizza l’uso delle immagini di sé e delle
proprie opere, ai fini di promozione, pubblicità e pubblicazione sui
siti web, di riprese televisive o con altri mezzi o per la visibilità su
altri organi pubblicitari o di documentazione, anche in tempi futuri.
• L’Associazione declina ogni responsabilità per danni, furti o smarrimenti
delle opere durante i viaggi di consegna, durante l’esposizione
e la restituzione.
Per iscriversi al “Concorso d'arte Giotto” bisogna accedere al
sito dell'Associazione: www.dalleterredigiottoedellangelico.it
e scaricare la documentazione necessaria.
L'indirizzo dell'Associazione è:
Via Mulinuccio, 32 - 50039 Vicchio (FI) - info@casadigiotto.it
ESITO DEL CONCORSO
Le opere premiate rimarranno di proprietà degli artisti.
La mostra delle opere che partecipano al “Concorso d’arte Giotto”
sarà allestita alla Casa di Giotto dal 10 settembre al 23 ottobre 2016.
L’inaugurazione avverrà domenica 11 settembre 2016
alle ore 16,30 con buffet.
La votazione delle opere avverrà tramite gli stessi partecipanti e più
il voto di 15 esperti che voteranno con gli stessi criteri dall’11 settembre
al 2 ottobre 2016 negli orari di apertura del museo (sabato
e domenica 10 - 13; 15 - 19). Il 2 ottobre le votazioni termineranno
entro le ore 15,30. La proclamazione dei vincitori avverrà lo stesso
giorno alle ore 17.
N.B.: È proibito votare se stessi pena l’annullamento della scheda.
Lo scrutinio delle schede sarà eseguito dalla segreteria dell’Associazione
alla presenza di un concorrente estratto tra i presenti.
Domenica 23 ottobre 2016 ore 16 alla Casa di Giotto:
Consegna dei premi, buffet e restituzione delle opere dalle
ore 18.
• A ogni concorrente sarà rilasciato l’attestato di partecipazione al
“Concorso d’arte Giotto”.
• La targa ai primi tre classificati.
• Al 1° classificato 1.000 euro con mostra personale alla Casa di
Giotto nell’anno 2017.
• Al 2° classificato 300 euro.
• Al 3° classificato 200 euro.
Per motivi organizzativi e di disponibilità degli spazi si prega di essere
puntuali nel ritiro delle opere. L’evento sarà pubblicizzato con la
stampa e la televisione.
16 Dalle Terre di Giotto e dell’Angelico

Silvia Baldacci
Il Percorso immaginifico della giovane artista
fiorentina in mostra alle Giubbe Rosse
di Daniela Pronestì
Sovvertire le regole del visibile per immaginare un mondo in cui l’impossibile
diventa realtà grazie al potere della fantasia: potrebbe essere questo
il sottotitolo della mostra Percorso immaginifico che dal 12 giugno al 1º
luglio vede Silvia Baldacci esporre alle Giubbe Rosse di Firenze. Dopo una
formazione avvenuta nel segno della tradizione, la giovane pittrice fiorentina ha indirizzato
la sua ricerca verso un registro pittorico d’impronta onirico - fantastica. Una
scelta maturata alla fine di una breve ma profonda immersione nei generi classici
della pittura: natura morta, paesaggio e ritratto. Da questa prima fondamentale esperienza,
Silvia Baldacci ha tratto i fondamenti di un linguaggio figurativo solido e rigoroso,
sulle cui basi ha costruito un lessico visivo che cattura la realtà nelle sue linee
essenziali di forma e di senso. La mostra alle Giubbe Rosse offre uno spaccato sulle
diverse tappe del suo percorso creativo fino ad oggi, dimostrando come per mezzo
di un progressivo affinamento degli strumenti formali la nostra artista sia riuscita a
formulare una cifra stilistica originale e riconoscibile. Un passaggio avvenuto nel giro
di pochi anni, durante i quali lo studio del disegno e l’esercizio del colore sono stati al
contempo una mèta ed uno steccato da superare per giungere ad una sintesi espressiva
del tutto personale. Una semplificazione operata sia sulla forma che sul colore,
restringendo il campo dell’immagine a pochi semplici dati figurali reiterati in differenti
combinazioni e distribuiti sulla tela in un’armonica composizione cromatica. Un alfabeto
minimale per l’esiguità degli
elementi di cui si compone, anche se
ricco di suggestioni che richiamano
le atmosfere immaginifiche proprie
dell’infanzia e la magia di un universo
governato dalla fantasia. Due
dimensioni che stravolgono i tradizionali
criteri della rappresentazione
pittorica per ritrovare la semplicità
e la purezza dello sguardo infantile.
Inoltrandosi nei territori del fantastico,
Silvia Baldacci riscopre, quindi,
la meraviglia di un mondo osservato
con stupore, come attraverso gli
occhi di un bambino. Un mondo alla
rovescia, dove il capovolgimento
del naturale ordine delle cose crea
inattese armonie tra forma, colore e
spazio: venuta meno ogni gerarchia
tra l’alto e il basso e tra il dentro e
il fuori, tutti gli elementi si dispongono
nello spazio dipinto seguendo
il libero dettato dell’immaginazione.
Un universo visionario popolato di
L'abbraccio del sole, 2015, olio su tela
Sol levante, 2015, olio su tela
apparizioni colorate - alberi, case, cieli e mari - che indicano una fuga dalla realtà
e dai suoi percorsi obbligati per abbandonarsi all’incanto di un racconto sospeso tra
favola e sogno. Sottrarsi alla gravità del mondo, alle sue contraddizioni ed insensatezze,
facendo appello al gioco, all’ironia e alla leggerezza: una scelta che è anche
un monito da parte dell’artista, un segno evidente della piccola grande rivoluzione
messa in atto attraverso la sua pittura.
Il casale sul mare, 2015, olio su tela
Terra marina, 2015, olio su tela
Silvia Baldacci
Ènata nel 1972 a Firenze, dove si è diplomata
al Liceo Linguistico e si è specializzata nel settore
della moda. Dopo alcune esperienze lavorative,
ha deciso di dedicarsi unicamente alla passione
per il disegno e per la pittura. Una sensibilità
ereditata dal padre antiquario, grazie al quale, fin
da bambina, ha approfondito la sua conoscenza artistica.
Dopo essersi avvicinata alla pittura venatoria
su suggerimento di un amico e committente, ha ampliato
la sua ricerca frequentando un corso di pittura
presso la “Bottega dell’Arcimboldo” a Firenze, dove
ha studiato la tecnica del tratteggio a grafite. Dal
pittore Mauro Sarti, suo caro amico, ha appreso la
raffinatezza tecnica che le ha permesso di perfezionare
lo stile. Due anni fa ha deciso di abbandonare
la vena classica dei primi lavori per sperimentare
un nuovo percorso espressivo, tutto affidato alla
semplicità delle forme e alla freschezza del colore
attraverso cui evocare una dimensione dove realtà e
sogno si fondono. Nel 2015 ha esposto in personale
a Piacenza presso lo spazio espositivo Libertà 6.
www.artlynow.com/silviabaldacci
www.bighunter.it/silviabaldacci
balda.ia.72@gmail.com
Silvia Baldacci
17

Yelitza Altamirano
L’artista peruviana in mostra a Palazzo Medici
Riccardi con Cosmovisione andina - Pachamama
di Daniela Pronestì
Dal 10 al 28 giugno l’artista peruviana Yelitza Altamirano
espone in personale nelle Sale Fabiani di Palazzo Medici
Riccardi a Firenze. Patrocinata dal Consolato Generale del
Perù, la mostra comprende un cospicuo numero di dipinti e
sculture che affrontano il tema del rapporto tra uomo e natura riletto alla
luce della cultura andina, come si evince anche dal titolo Cosmovisione
andina - Pachamama. Pur vivendo da molti anni in Italia, Yelitza coltiva un
legame costante e profondo con l’identità culturale del suo paese d’origine
ed in particolare con la comunità dei Q’ero, un piccolo gruppo etnico
che ancora oggi custodisce i miti e i valori della millenaria civiltà degli
Incas. Frequentando il loro villaggio nella regione di Cusco, uno dei luoghi
più remoti delle Ande peruviane, l’artista ha conosciuto ed abbracciato
l’antica tradizione andina, divenuta negli anni motivo ispiratore del suo
percorso creativo. Le opere in mostra affrontano alcuni aspetti di questa
tradizione, con particolare attenzione al concetto di Pachamama, che in
quechua, la lingua nativa dei popoli andini, vuol dire Madre Terra. Ogni
cosa sulle Ande avviene in simbiosi con la Pachamama che rappresenta al
contempo la solida terra sulla quale poggiamo i piedi ed un’entità vivente
che dispensa ed irradia con generosità l’energia del cosmo. Una madre
affettuosa, quindi, che nutre, consola e dà la vita, ma anche un essere
divino con cui relazionarsi intimamente. La forza vitale di questo sacro
principio permea il mondo naturale, creando forme che compartecipano
all’armonia dell’universo. È in queste forme che Yelitza Altamirano riconosce
la presenza della Pachamama, dimostrando come anche un fiore,
un frutto o un ortaggio siano espressione
di una sacralità inscritta in ogni aspetto
Pachamama, olio su tela
Mama Mais, olio su tela
della natura. Un messaggio reso attraverso le figure femminili che
abitano il suo immaginario, come tanti volti di un’unica potente ed
irresistibile energia cosmica. La natura, sembra dirci l’artista peruviana,
ci parla, anche se troppo spesso non sappiamo ascoltare la
sua voce. Al pari degli altri esseri viventi, anche noi le apparteniamo
in quanto figli di una sola grande madre universale. E, come dei
figli, dovremmo amarla e rispettarla anziché turbarne l’equilibrio
con azioni che sortiscono un effetto negativo non solo sull’ambiente
ma anche sull’essere umano. Prendersi cura del mondo naturale,
afferma Yelitza, equivale a prendersi cura di noi stessi, perché
siamo parti di un tutto da cui proveniamo e a cui facciamo ritorno
alla fine della vita. La cultura andina ci invita, quindi, ad instaurare
un rapporto di reciprocità con la natura, un’unione armonica, sacra
e materiale al medesimo tempo. Un invito che ritroviamo nelle
opere dell’artista esposte a Palazzo Medici, in un tripudio di forme
e colori che comunicano un profondo amore per la vita in ogni sua
manifestazione.
Nata in Perù, ha compiuto gli
studi artistici presso l’Accademia
di Belle Arti di Lima e nel
1986 è venuta in Italia, a Firenze, dopo
aver vinto una borsa di studio. Qui ha
perfezionato gli studi di pittura, disegno,
grafica e restauro e ha acquisito
il metodo della decorazione su porcellana
e alabastro. Premiata più volte
in Perù, Svizzera e Italia (Premio “Il
Fiorino”, Firenze, 1995; Premio di pittura
murale, Roma), ha esposto le sue
opere in numerose mostre biennali
e internazionali. Lavora da anni allo
sviluppo delle potenzialità: il suo scopo
è recuperare le antiche tradizioni
peruviane e trasmetterle ai giovani e
giovanissimi mediante corsi e laboratori
d’arte. Nel 2001 ha fondato l'Associazione
ONLUS-AYNI, laboratorio
per l’interculturalità, la guarigione e
l’autoguarigione che negli ultimi anni
ha offerto il suo sostegno ai bambini
del Centro Rural de Formacion
en Alternancia Waynakunaq
Riqcharinan Wasi a Cuzco, in Perù.
Nel 2001 a Torino e nel 2009 a Biella
è stata nominata “Donna della Pace”.
Le sue opere Madonna della Nuvola e
Cristo dei Miracoli sono state esposte
per quindici anni nella Chiesa
dell’Assunta di Settignano, mentre
la Madonna degli Emigranti si trova
a Roma nella chiesa di Santa Lucia,
dove è esposta per la festività della
L'artista con i maestri Inca Q'ero Sonq'o
Santa. Nel 1997 ha dipinto un murales
nel chiostro della Chiesa di San
Marco a Firenze; altri tre murales si
trovano invece in provincia di Roma
(Peschiera a San Paolo) e a Rieti. Nel
2010 ha esposto al Museo Navale
di Pegli (Genova), nel 2011 a Pescia
(Palazzo del Podestà, Gipsoteca),
Varallo (Biblioteca Civica e Palazzo
d’Adda), Firenze (Palazzo Bastogi) e
nel 2014 a Lanciano (Palazzo degli
Studi).
Via Pandolfini, 1/A rosso (studio)
50122 Firenze
Tel. 055 2344448
Cell. 339 1903981
yelitza.altamirano@yahoo.es
aynicolibri@alice.it
www.ayni.it
www.yelitza.it
Mama Quinua, olio su tela
Mama Pata, olio su tela
La mostra, inaugurata il 10 giugno, si protrarrà fino al 28 dello stesso
mese e sarà aperta al pubblico tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00,
con chiusura il mercoledì.
18 Yelitza Altamirano

Antonio
Berti
Prosegue con successo la
mostra a Sesto Fiorentino
di Barbara Santoro
Anna Bini Rizzo, presidente
della Compagnia del Paiolo,
durante il vernissage
Il professor Domenico Viggiano presidente
della Fondazione Berti
Alcune opere in mostra al Centro Espositivo Berti
Nelle rare occasioni in cui ho accompagnato
Antonio Berti alle cene del
Rotary Firenze Fondatore al Palazzo
Borghese di via Ghibellina, dove era la
sede del Club, ho sempre avuto coscienza del valore
dello scultore che avevo accanto. Ne conoscevo
bene le grandi statue disseminate nella città: l'imponente
monumento ad Ugo Foscolo nella chiesa di
Santa Croce, la maestosa scultura con il mantello
svolazzante di Giuseppe Mazzini situata lungo il
viale Mazzini (angolo viale Gramsci) e il grande monumento
dedicato a Don Giulio Facibeni, fondatore
dell’Opera Madonnina del Grappa, nella piazzetta
antistante la chiesa di Santo Stefano in Pane.
Poi ho scoperto che Antonio aveva fatto nel 1974
il bronzo di Guglielmo Marconi per il Parco di Villa
Griffone a Sasso Marconi, il monumento dedicato ad
Alcide de Gasperi a Trento, quello di Pio XII a Roma,
quello di Santa Lucia di Marillac in San Pietro e la
grande scultura eretta a Messina, dedicata alla Regina
Elena per rendere omaggio alla sovrana che si era tanto adoperata nel
soccorso alla città funestata dal terremoto del 1908.
A poco a poco ho veduto ed apprezzato i ritratti dei
vari personaggi illustri: il generale Clark, Amedeo
D’Aosta, Vittorio Emanuele III, Mussolini, Paola
Ojetti, Barbara Hutton, Susanna Agnelli, la marchesa
Maria Cristina Ginori, Clarissa Villoresi, Maria
Volpi Ruspoli, Rodolfo Siviero, Fosco Giachetti, Giuseppe
Volpi di Misurata e Marina Ruspoli, Antonio
Segni, il professor Scaglietti e il professor Valdoni,
Baccio Maria Bacci, Silvio Loffredo, Pablo Picasso e
Giovanni Colacicchi, insieme a tante altre celebrità
del mondo politico e culturale degli anni Cinquanta,
Sessanta e Settanta.
Antonio Berti (1904-1990) era nato nella cascina di
Val di Fiorana in Mugello, primo di sei fratelli, andava
a lavorare nei campi e come “pastorello” badava
il gregge che gli era stato affidato. A 13 anni
vede Firenze per la prima volta e se ne innamora...
ma sarà Fernanda Calamai di Sesto Fiorentino (che
poi ne diverrà la moglie) ad intuire l’abilità del giovane
innamorato verso il disegno, e sarà il suocero
che lavorando alla Richard Ginori, lo farà entrare
nella fabbrica come “formatore”. Ugo Ojetti consiglierà
al giovane di iscriversi all’Istituto d’Arte
di Porta Romana dove Antonio fu indirizzato
all’arte della scultura, che coltiverà per più
di 60 anni. Questo uomo “solitario” ma che
amava la compagnia, mi raccontava mentre
andavamo a cena molti episodi della sua lunga
vita. Un ricordo che ho ancora nel cuore è
il racconto dello “smoking”. Per presenziare
alle serate importanti e alle premiazioni l’avevano
costretto a indossare lo “smoking” e
poi la “marsina” (frac) ma lui si sentiva “un
bischero” e preferiva indossare il suo basco
nero un po’ sformato e il cappello a quadrettini
bianchi e neri che una sera dimenticò nella
mia macchina.
Su invito di Anna Bini Rizzo, l’attuale presidente
del Paiolo ho potuto visitare la rassegna antologica
ospitata presso il Centro Antonio Berti a pochi metri
dallo studio, e all’ultimo piano del Circolo ARCI di Colonnata
in quel delizioso spazio La Soffitta così abilmente gestito da
Francesco Mariani.
In compagnia del figlio Giovanni Berti e con l’abile guida del
professor Domenico Viggiano (presidente della Fondazione
Berti e Segretario generale dell’Accademia delle Arti del Disegno),
che in gioventù ha fatto parte degli allievi del maestro
(a cui Antonio ha dedicato un magnifico busto in bronzo che
mette in risalto il viso affascinante del giovane), ho potuto
vedere tutta la produzione scultorea del grande artista, la serie
di schizzi, di disegni, di bozzetti arricchiti da una raffinata
documentazione fotografica. Anche le lettere e le cartoline
raccolte con tanta attenzione, rivelano il mondo culturale di
quegli anni e fanno capire che il nostro “umile scultore” aveva
conosciuto e ritratto personaggi di ogni tipo, di ogni ceto, di
ogni religione.
Antonio Berti è stato un grande pur avendo sempre conservato
la sua origine di “uomo schietto di campagna” e di “toscano
verace”.
Mi auguro che dopo questa splendida rassegna che ha visto
fra i visitatori oltre a Sgarbi anche tanti personaggi noti, possa
il nostro amico essere accolto in quel Museo del Novecento a
cui da sempre avrebbe avuto diritto di entrare.
19
Antonio Berti 19

Premio Scarnicci e
Tarabusi - Il Troncio
Lunedì 4 luglio alle 17 nel Salone dei
Cinquecento di Palazzo Vecchio si terrà la
5ª edizione. Saranno premiati Lillo e Greg
di Maria Grazia Dainelli
Torna nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio
il Premio "Scarnicci e Tarabusi - Il Troncio" giunto
alla quinta edizione.
La manifestazione, ideata e promossa da Donata
Tarabusi, figlia dell'indimenticato autore fiorentino Renzo Tarabusi
che insieme al concittadino, amico e socio Giulio Scarnicci
dominò per vari decenni la scena dello spettacolo italiano, ha
ormai trovato casa nella città che dette i natali ai due prolifici
sceneggiatori. Infatti, dopo le prime edizioni, il Premio ha trovato
stabilmente sede a Firenze. E non poteva essere altrimenti
perché Scarnicci e Tarabusi mossero i primi passi nel mondo
dello spettacolo proprio nel capoluogo toscano, scrivendo i
testi delle rappresentazioni teatrali messe in scena al Teatro
Verdi in occasione della Festa delle Matricole.
Quando Donata decise nel 2006 di istituirlo per ricordare il
padre nel centenario della nascita, volle legarne il nome allo
Lillo e Greg
Raimondo Vianello
per una comicità elegante e raffinata, sottile e irriverente ma mai
volgare.
I primi due destinatari del Premio, nell'anno della sua fondazione,
furono Raimondo Vianello e Paola Cortellesi che lo ricevettero nel
corso di una serata presentata da Enrico Vaime in concomitanza con
l'inaugurazione di una mostra dedicata a Renzo Tarabusi.
Nella seconda edizione, tenutasi nel 2008, sono stati Fiorello e Marsketch
più famoso della coppia scritto negli anni Cinquanta per Tognazzi
e Vianello: Il Troncio.
Il Premio viene conferito con cadenza biennale a personaggi dello
spettacolo che nel corso della loro carriera, nei diversi generi in cui
si sono cimentati (televisione, radio, cinema, teatro) si siano distinti
Rosario Fiorello
20
Premio “Scarnicci e Tarabusi - Il Troncio”

Ugo Tognazzi
co Baldini a ritirare Il Troncio durante una puntata di Viva Radio2.
Dal 2010 il Premio si tiene a Firenze dove sono venuti a ritirarlo,
proprio in quell'anno, Ricky Tognazzi e Simona Izzo. Assegnato alla
memoria a Ugo Tognazzi, ideale interprete - insieme a Vianello - di
gran parte dei testi televisivi, radiofonici, teatrali e cinematografici
di Scarnicci e Tarabusi fu consegnato dall'allora sindaco Matteo
Gigi Proietti
paradosso comico, sono stati invitati come ospiti i più amati comici
toscani, da Gaetano Gennai a Graziano Salvadori, da Nicky Giustini
a Sergio Forconi, da Valerio Ranfagni a Giovanni Lepri, da Gianmaria
Vassallo a Alessandro Calonaci, da Massimo Antichi a Piero Torricelli.
Sarà una grande festa alla quale tutti possono partecipare: l'ingresso
è libero.
Donata Tarabusi e Enrico Vaime consegnano "Il Troncio" a Paola Cortellesi
Paola Cortellesi
Renzi che, orgogliosamente, definì Il Troncio un autentico simbolo
di fiorentinità.
Ancora il Salone dei Cinquecento a fare da cornice alla successiva
edizione della manifestazione che ha avuto come premiato
Gigi Proietti, autentico mattatore dei palcoscenici italiani, attore
in grado di passare senza contraccolpi da spettacoli comici
e parodie a fiction televisive e rappresentazioni teatrali sempre
di grande successo.
Per l'imminente quinta edizione, che si terrà in Palazzo Vecchio
lunedì 4 luglio alle 17.00 e sarà ancora una volta - come succede
dal 2010 - presentata dal nostro direttore Fabrizio Borghini
e integralmente ripresa da Toscana Tv, altri due beniamini del
pubblico televisivo, del teatro comico e della radio con il divertente
e sarcastico programma "610": Lillo e Greg.
Per sottolineare il legame con Firenze e la sua secolare tradizione
di irriverenza, di vocazione alla beffa, al moto salace, al
Scarnicci e Tarabusi nella locandina di uno dei loro spettacoli di maggior successo
Premio “Scarnicci e Tarabusi - Il Troncio”
21

Stefano Nistri
Successo per la personale del pittore che si è svolta nella Sala
dell’Affresco del Palazzo Comunale di Signa dal 21 maggio
al 3 giugno con il patrocinio della Regione Toscana,
del Comune di Signa e dell’Associazione Pro Arte La Torre
“Assorbire attraverso lo sguardo e le emozioni, riproporre
nella ricerca di attenzioni”
di Gianni Taccetti
Successo di pubblico durante le due settimane dell’esposizione
della personale di Stefano Nistri a Signa e bella
cerimonia di inaugurazione alla presenza di tanti amici
delle Signe e dell’assessore alla Cultura del Comune di
Signa Giampiero Fossi, del vicesindaco di Lastra a Signa Leonardo
Cappellini, dell’assessore Marinella Fossi del Comune di Signa, di
Gianni Taccetti dell’Assessorato al Turismo della Regione Toscana,
ed i consiglieri comunali Andrea Di Natale e Giampaolo Lucarini.
Quello di Stefano Nistri è l'occhio dell'artista del contado fiorentino
che sviluppa le sue
opere nel disegno e nella
pietra e che ci riporta a notare
cose ancora forti nella
nostra bella campagna e
nei paesi che circondano
Firenze. Nistri è un artista
che non si ferma ad esprimere
le immagini che coglie
attraverso lo sguardo,
ma elabora e trasforma le
sensazioni e le emozioni, le
idee, imprimendo nei propri
lavori con cura e attenzione
i particolari che spesso non
si guardano più con l’interesse
di una volta. Nistri
vive e lavora il marmo e
la pietra a Lastra a Signa,
è un artista del territorio
L'assessore alla Cultura del Comune di Signa
Giampiero Fossi inaugura ufficialmente la mostra
toscano che riesce a valorizzare anche con i suoi dipinti immagini
che appartengono a tutti attraverso la fantasia dei propri occhi e
trasmettendo a chi vuol vivere la campagna, gli oggetti, le immagini
con la semplicità di una volta, con la serenità e con l’attenzione che
ancora sta dentro l’uomo per farci vivere rinnovate emozioni.
Tra i messaggi dei numerosi amici che si sono avvicendati nei giorni
seguenti, citiamo la bella presentazione della mostra del Presidente
del Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani :
Il Palazzo Comunale di Signa ha ospitato una bellissima mostra del
pittore Stefano Nistri, dedicata alle emozioni che questo importante
artista ci trasmette attraverso le sue opere. Per il territorio di Signa,
ma più in generale direi per
tutto il territorio intorno a
Firenze, questa personale è
un’occasione per osservare
ciò che l’occhio di un artista
del contado fiorentino sviluppa
e come le sue opere prendono
forma nel disegno e nella
pietra. Un artista che ci riporta
a notare cose ancora radicate
nella nostra bella campagna e
nei paesi della nostra provincia.
Nistri, che vive e lavora il
marmo e la pietra a Lastra a
Signa, è un artista toscano a tutto tondo, legato al territorio, che
ben riesce a valorizzare nei suoi dipinti. Ma allo stesso tempo non
si limita ad esprimere le immagini che coglie con gli occhi, ma le
trasforma in vere e proprie sensazioni, emozioni che colpiscono e
rapiscono l’osservatore. Ecco che il titolo “Assorbire attraverso lo
sguardo e le emozioni, riproporre nella ricerca di attenzioni” calza a
pennello a questo artista così eclettico.
Voglio infatti ricordare l’importante contributo di Nistri all’Opera di
Santa Maria del Fiore, dove ha lavorato al restauro di più facciate
eseguendo diversi pezzi tutti completamente fatti a mano, come colonne
tortili e cappelli a guglia. Tutt’oggi lavora nel lapideo, ma si
ritaglia il tempo per le sue passioni, la scultura e la pittura.
Info: lastradipietra@yahoo.it - cell.3387445548
Stefano Nistri, Giampiero Fossi, Leonardo
Cappellini e Gianni Taccetti
22 Stefano Nistri

A Empoli una mostra di giovani
scultori dedicata agli artisti di strada
Le opere degli allievi
della Scuola di Scultura
Franchi-Graziani in
mostra al Centro Coop
Nel mese di ottobre 2015, Jacopo Paci, titolare del negozio
di doratura JP che affaccia nella grande Corte dei
mestieri, del centro commerciale Centro Empoli, e suo
padre Iario, mi parlarono di una mostra che avremmo
potuto fare con le sculture dei miei studenti dell'Accademia di Belle
Arti di Carrara. L'occasione si presentò subito molto allettante visto
lo spazio così grande e qualificato dalle molte iniziative che vi erano
state fatte e quindi la mia risposta fu subito affermativa. Questo
progetto avrebbe impegnato, per un intero anno accademico, tutti
quegli studenti, ovviamente la maggioranza, che avrebbero aderito
all'iniziativa. Il progetto aveva altresì bisogno di un tema che rendi
Franco Mauro Franchi
Foto di Benjamin Sidney
Il professor Franco Mauro Franchi intervistato da Antenna 5 nella Corte dei Mestieri del
centro commerciale Centro Empoli il giorno dell'inaugurazione della mostra
come fossero ballerine in attesa o in piena esibizione come quella
con il cerchio di Chantal Stropeni, oppure due ballerine in vetroresina
di Valeria Greco, una di Gabriele Ruzante che ha eseguito anche
una seconda opera: “Mimo”. Con la stessa tecnica, Maddalena
Carfora ha eseguito una ginnasta con la palla ed ancora Antonio
Reda "Ginnasta che sta per esibirsi" ed anche un giocoliere con un
birillo sul naso. Franceso Ferretti ha modellato un ginnasta con il
cerchio, mentre Ezechiele Mormina la sua ginnasta l'ha fatta esibire
a "testa in giù". Costanza Riva e Gabriele Mosti hanno eseguito
due giocoliere "busker" in vetroresina. Arianna Papi ha modellato
desse unitario il significato di tale installazione collettiva; per questo
abbiamo deciso, insieme al collega professor Fabio Graziani, di far
eseguire una serie di figure grandi al vero, da esporre come fosse
una sfilata con esibizioni di artisti di strada ovvero: giocolieri, funamboli,
ballerine, musicisti e quant'altro compresi soggetti fantastici.
Dal primo giorno di lezioni fino alla fine di maggio, 29 studenti hanno
prodotto 37 sculture che rimarranno esposte nella corte dei mestieri
fino al 3 luglio. Le opere sono state tutte modellate in creta e trasformate,
attraverso la loro formatura in gesso a perdere in altrettante
opere in materiale resistente come cemento, stucco forte, vetroresina,
cartapesta o gesso tranne due opere in ferro che rappresentano
una "libellula" ed una "lucciola". Queste sono state forgiate da una
studentessa di Varese, Chiara Mantovanelli, che ha assemblato vecchi
strumenti di lavoro come tenaglie, martelli, chiavi, ecc., dandogli
una nuova vita e significato. Molte sono state le figure femminili
Scuola di Scultura Franchi-Graziani
23

una contorsionista in stucco forte e Giuseppe
Riga, con lo stesso materiale, un "equilibrista"
con la sbarra. Francesco Tufo ha eseguito due
opere: un'equilibrista che si esibisce all'interno
di un cerchio ed una trampoliera che, insieme
al "grande fauno" di Maria Bressan, improvvisa
una danza panica davanti all'ingresso della
Coop. Maria Bressan ha esposto anche una
"Amalasunta" omaggio a quelle di Osvaldo Licini.
Sul tema dei trampolieri anche Chiara Castagna
ha esposto un "Pinocchio" in vetroresina
e Manuele Mirabella una gigantesca "Donna
cannone". Giulia Capaccioli ha fatto esibire sul
monociclo in ferro una giocoliera che fa ruotare
delle palline dorate. Nella sfilata ci sono anche
dei bambini che si esibiscono come la "Bambina
con la pallina d'oro sul naso" di Anna Torre, il
bambino che fa bolle di sapone di Martino Manicardi,
o quello che esce dalla valigia di Riccardo
Duchi. C'è un bambino che suona l'armonica
insieme a un tamburino entrambi di Alessandro
Maffei. Tra i suonatori c'è una pifferaia di Davide
Giananti eseguita in cemento come l'enorme
braccio di Raffaele De Maria. Con la cartapesta
hanno eseguito due opere Eufemia Lostrangio e
Giorgia Redoano che rappresentano un clown
e un cane. Dal gruppo emerge un palloncino
rosso che cerca faticosamente di far volare una
pesante valigia dei sogni eseguita in legno da
Giulia Bellè. Infine quattro opere di genere fantastico:
"Rana che acchiappa la mosca d'oro" di
Alessia Guglielmetti, "Elfo con la mela d'oro" di
Camilla Cusumano e "Gargoyle" e un "Vampirone"
di Diego Bocelli.
Maddalena Carfora
Ballerina
resina patinata
Arianna Papi
Contorsionista
stuccoforte
Martino Manicardi
Bolla di sapone
vetroresina
Antonio Reda
Ballerina
vetroresina
Giorgia Redoano
Cane della compagnia
di artisti di strada
cartapesta
24 Scuola di Scultura Franchi-Graziani

Riccardo Duchi
Bambina nella valigia
gesso e cuoio
Francesco Tufo
Signora Luna
vetroresina
Diego Bocelli
Vampiro
scultura in vetroresina
Gabriele Ruzante
Pomona
vetroresina patinata
Giulia Capaccioli
Monociclista
resina e ferro
Valeria Greco
Giovinetta
resina patinata
Scuola di Scultura Franchi-Graziani
25

Anna Torre
La pallina sul naso
vetroresina
Ezechiele Mormina
Verticale
vetroresina
Gabriele Ruzante
Mimo
vetroresina
Giuseppe Riga
Equilibrista
stuccoforte
Gabriele Mosti
Busker
vetroresina
Eufemia Lostrangio
Clown
cartapesta
26
Scuola di Scultura Franchi-Graziani

Francesco Tufo
Signora Luna
vetroresina
Valeria Greco
L'attimo
resina patinata
Chiara Mantovanelli
Lucciola
ferro
Costanza Riva
Busker
vetroresina
Maria Bressan
Fauno trampoliere
resina patinata
Raffaele De Maria
Braccio
cemento
Scuola di Scultura Franchi-Graziani
27

Silvano Campeggi
Una bella e intrigante mostra del maestro al
Palazzo Malaspina di San Donato in Poggio
di Barbara Santoro
Nella meravigliosa campagna toscana a San Donato
in Poggio nel Palazzo Malaspina fino al 24 luglio è
aperta al pubblico la mostra delle opere di Silvano
Campeggi, ”Nano”, patrocinata dal Comune di Tavarnelle
con il contributo della Banca di Cambiano.
Una ventina di anni fa fui molto onorata di avere un mio ritratto
eseguito da Silvano Campeggi.
Pensavo a come fosse curioso il destino e quanto fosse divertente
essere raffigurata come le grandi dive del cinema di tutti i tempi.
Conoscevo Nano per la sua abilità di ritrattista, ma soprattutto per
la grande quantità di stupendi manifesti (circa 3.000) del cinema
internazionale che ha firmato dal 1945 per circa venticinque anni.
Tutti ricordano il bacio di Clark Gable e Vivien Leigh di “Via col
vento” o l'abbraccio appassionato di Ingrid Bergman e Humphrey
Bogart che fissa magnificamente “Casablanca” .
Nell'immaginario collettivo poi vi sono i focosi cavalli di Ben Hur
nella gara con le quadrighe. Tratto dall’omonimo romanzo del Generale
Lew Wallace, Judah Ben Hur (Giuda) tradito dal fraterno
amico, il tribuno romano Messala, lo sfida in una grandiosa corsa
che è considerata uno dei pezzi più “ vivi e veloci” del cinema di
tutti i tempi. Ed ancora il divertente manifesto, di “Un americano
a Parigi” dove Leslie Caron e Gene Kelly sono ritratti dietro una
svettante Torre Eiffel mentre risuonano le note della musica di
George Gershwin.
In seguito, di Silvano Campeggi e dell'adorabile moglie Elena
sono divenuta amica e qui si perdono le tracce della lucidità e
tutto diventa rosa per l'affetto che mi lega a loro.
I Campeggi vivono in una bella e ridente casa sulle colline intorno
a Firenze. È qui che, quando posso, accompagno amici e cono-
Silvano Campeggi, la presidente della Commissione Cultura del Comune di Firenze Maria
Federica Giuliani ed Elena Campeggi all'ingresso di Palazzo Malaspina
scenti con la certezza di fare un dono ad entrambi.
Elena e Nano sono “genuini” nonostante il successo e hanno mantenuto
i piedi per terra. Lei è quella che promuove l’immagine del marito, quella
che ne cura gli incontri e i rapporti. Nano infatti come tutti i “grandi
artisti” è schivo e quasi timido e non ama parlare di se stesso. Il fascino
che emana dall'uomo (ancora bello nonostante i 93 anni) è discreto. Ci
accoglie spesso in jeans, golf e camicia, ma il sorriso che ci regala è a
360 gradi e non ci lascia indifferenti, anche se ci racconta che ha appena
finito di raccogliere le foglie del giardino o di spostare le piante di
azalee. Subito ti offre un caffè fatto da lui, quello alla vecchia maniera
macinato con l’orzo che ha un sapore gradevolissimo anche per i ricordi
che si porta dietro.
Sembra quasi incredibile essere davanti al “pittore delle dive”, ad uno
dei più “grandi comunicatori di Hollywood”, ad uno che ha cenato spes-
Alcuni manifesti realizzati da Nano Campeggi in mostra a Palazzo Malaspina
Giovanna Giusti e Barbara Santoro a fianco di un'opera di Campeggi
28 Nano Campeggi

naggi. Nell'estate del 2009 una mostra a Torre del Lago dedicata
alle eroine pucciniane, curata dall’amico architetto Guido Spezza,
che ha curato con grande attenzione anche questa esposizione,
ha permesso a Nano di interpretare l'archetipo femminile
delle dive-divine rappresentandole con fascino discreto. Bionde,
rosse, o brune, timide, ingenue o provocanti, perverse o tenere
madri di famiglia, povere o ricche, le donne di Campeggi restano
sempre splendide. Ma la donna più bella, più generosa, con un
sorriso aperto, sempre presente e mai immusonita è la moglie
Elena: ottima cuoca, grande moglie ed ottima madre e suocera,
splendida nonna che ha scelto di sacrificare il suo talento pittorico
per essere sempre accanto al coniuge tanto amato.
Ancora oggi Nano continua a lavorare senza tregua: gli eroi del
Risorgimento e gli eroi di Campaldino, le grandi donne della
La locandina della mostra
so con Zeffirelli e Bolognini, con Rossano Brazzi, Gary Cooper e Marlon
Brando, che ha incontrato donne bellissime come Ava Gardner, Liz Taylor,
Rita Hayworth, Jennifer Jones, Sofia Loren, Lauren Bacall, Leslie Caron,
Audrey Hepburn e Marylin Monroe. Quest’ultima, donna bellissima, con
le morbide forme, la vita sottile, le labbra provocanti rese ancora più
sensuali dal rossetto della Max Factor: “Ruby Red” ha rappresentato
l'icona femminile per eccellenza: ingenua e passionale, aggressiva e infantile,
ma sempre estremamente fragile è divenuta una sua cara amica.
Nano ci racconta volentieri il loro incontro per il primo manifesto quando
lei, vedendolo, gli chiese “Maestro mi devo spogliare?”
Il pittore ha continuato a dipingerla per anni, a reinventarla, fino a renderla
un oggetto alla Andy Warhol, quasi un simbolo.
Cartellonista, illustratore, pittore e ritrattista Nano non dimentica mai la
sua origine di figlio di tipografo, quando da bambino andava ad aiutare
il babbo nella composizione delle parole, nell'utilizzo dei caratteri tipografici.
Dopo aver frequentato la Scuola d'Arte di Porta Romana divenne
allievo di Annigoni e di Rosai. Sarà quest'ultimo che gli suggerirà, con il
suo linguaggio senza fronzoli, di aggiungere nei disegni troppo perfetti
un po' di “merda”. A fine guerra fu ingaggiato dalla American Red Cross
come ritrattista dei soldati americani prima del loro rientro in patria.
Per mesi e mesi si dedicò a fissare sui fogli i volti di quei giovani, i loro
sogni, i loro sguardi, fino a tracciarne una storia personale. Il mondo del
boogie-woogie e della musica jazz conquistò il giovane artista poco più
che ventenne.
Finita la collaborazione con la Croce Rossa Americana, Silvano si ferma
a Roma e diventa cartellonista. Il suo primo film illustrato è “Aquila
nera” con Rossano Brazzi e Gino Cervi. Poco dopo viene chiamato dalla
Metro-Goldwin Mayer e da qui comincia la sua avventura americana.
Collabora con la Warner Bros, l'Universal, la Dear Film, la Rank, la RKO,
la Columbia Fox. Sessantaquattro film “disegnati” da Campeggi vincono
un Oscar; fra questi: “Via col vento” (1945), “La signora Miniver” (1946),
“Casablanca” (1946), “Gran Premio” (1946) e “Il cucciolo” (1948).
Quando l'avvento della televisione segna il tramonto del cinema Silvano
raffigura per l'Arma dei Carabinieri cinque grandi battaglie del Risorgimento
e il ritratto di Salvo d'Acquisto, che le Poste Italiane nel 1965
utilizzano per un francobollo commemorativo.
Ha dipinto 35 tavole per il Calcio Storico Fiorentino, ha lavorato a 50 tavole
a colori per il Palio di Siena, ha eseguito pannelli per la Giostra del
Saracino e per la Giostra della Balestra a San Sepolcro.
Cittadino onorario dell'Elba, dove vive d'estate in una bella casa a Pomonte,
Nano ha dedicato un importante ciclo pittorico ai sassi dell'isola
definiti dal critico Luigi Cavallo: “organi genitali della terra”. Ha poi
reinterpretato le vicende legate al soggiorno di Napoleone Bonaparte,
con una serie di dipinti i cui toni squillanti hanno fatto parlare i vari perso-
Uno dei più celebri manifesti; quello del film La gatta sul tetto che scotta
dinastia de’ Medici prendono vita dalle sue abili mani. Il Vasari,
nel cinquecentesimo anniversario della morte, riacquista le
proprie sembianze per mano di Nano in occasione della presentazione
del libro: “Le vite dei più eccellenti pittori” riscritto, in
italiano moderno, da Giancarlo Dal Pozzo ed edito da Passigli.
Anche Amerigo Vespucci in occasione del quinto centenario della
morte, avvenuta il 22 febbraio 1512, ha avuto le sembianze
abilmente interpretate da Silvano Campeggi.
Tante le città del mondo che gli hanno dedicato mostre, tantissimi
i premi e riconoscimenti ricevuti.
Nel 2000 dalla città di Firenze gli viene assegnato il Fiorino
d’Oro. Nel 2013 il suo ritratto entra a far parte della collezione
vasariana degli autoritratti.
Nano ha da poco compiuto 93 anni e in questa occasione accanto
a lui si sono ritrovate le più importanti personalità, per far
festa ed omaggiarlo. Perché bisogna dirlo, e dirlo forte, Nano è
davvero tanto amato da tutti; fiorentini e non, giovani e meno
giovani. L’artista continua a lavorare spostandosi da un luogo
all'altro come se avesse vent'anni.
Quelli che ebbero a definirlo “Nano”, dal nome Silvano, perché
era il più giovane della compagnia, oggi dovrebbero definirlo
“Gigante”, ma purtroppo molti di questi non ci sono più.
La mostra dal titolo “Nano si racconta: la meravigliosa storia
artistica di Silvano Campeggi” rimarrà aperta dalle ore
9:30 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:00 tutti i giorni escluso il
mercoledì fino al 24 luglio 2016. Il catalogo con i saggi di Cristina
Acidini, Giovanna Giusti e Francesco Nannoni è stato edito
da Edifir. Un consiglio e...ve lo dò con il cuore! Andate a vederla
e mi ringrazierete.
Nano Campeggi
29

Massimo
Nardi
Dalla pittura alla
poesia per ritrovare
gli stimoli artistici
Dipingeva fuori di notte con le candele sul cappello
di Maria Grazia Dainelli
Massimo Nardi ha fatto il pittore per quarantadue
anni, portando la sua arte in giro per tutto il mondo,
vincendo concorsi e mostre internazionali. Poi l’arte
troppo moderna, (comprese le istallazioni), ha invaso
ogni angolo del mondo e lui si è dissociato, avendo anche un’altra
passione che praticava poco: la fotografia.
Un sabato pomeriggio riceve a casa la visita di un amico fotografo,
venuto per fare un cambio di oggetti: lui gli regalò un vecchio fucile e
l'altro in cambio, una vecchio Canon 1D marck III, usata naturalmente.
Da quel giorno non ha più smesso di fare fotografie.
Ha fatto vari corsi per approfondire maggiormente la materia, uno
anche con con Francesco Cito, famoso fotografo di guerra. Si è iscrit-
Viene trovato morente sul letto dopo che si era sparato con una pistola
Mentre dipinge il vaso di girasoli
Spiegazioni del lavoro VanGogh
ultimo atto 1887-1890
Dentro l'osteria lancia un bicchiere di vino in faccia a Gauguin
to ad un club fotografico (CREC Piaggio) riuscendo a togliersi alcune
soddisfazioni.
"Nella fotografia ho ritrovato la voglia di esprimere l’arte che avevo
perduto con la pittura". Dopo alcuni anni di pratica fotografica, ha
capito che la fotografia che più lo intrigava era la “street“, per raccontare
la quotidianità della vita, i vizi, i pregi, l’arte e la curiosità
della gente, con la sfida dello scatto unico per non perdere l’attimo.
Da circa due anni sta praticando un tipo di fotografia molto personale:
realizza i portfolio, costruendo completamente da solo il set
fotografico.
info@massimonardi.net
Per questo portfolio, “Van Gogh-ultimo atto 1887-1890“, ci sono voluti
sei mesi di lavoro. I primi tre mesi sono serviti per documentazione
capillare della vita di Van Gogh, documentazione sull’abbigliamento
dell’epoca, studio delle scenografie per renderle il più possibile simili
all’epoca, procurarsi i materiali occorrenti e gli oggetti di arredo,
studiare le pose, le espressioni dell’artista e sistemare le luci. Sono
serviti quattro taccuini per gli appunti per la realizzazione di ogni
singola foto e tre mesi di tempo per creare in maniera artigianale le
scenografie, montarle, rismontarle per ogni singola fotografia.
Sono stati fatti 1723 scatti per ottenere le 13 foto finali.
In questo lavoro Massimo Nardi ha realizzato tutto da solo.
È stato lo scenografo, il montatore, il truccatore, il costumista, l’addetto
alle luci, l’attore, il fotografo. Il tutto realizzato rigorosamente
con autoscatto di 10 secondi, infine anche il back stage.
Massimo Nardi
30 Massimo Nardi

Lalla Lippi
Una spiritualità profonda profusa
nei colori e nelle forme dei suoi quadri
per esprimere un messaggio universale
di Daniela Pronestì
Lacrimae, 2015-2016, olio su tela,
cm. 150x100
Nell’immaginario artistico
di Lalla Lippi la figura
femminile è sempre il
tramite di un messaggio
universale. Ne abbiamo conferma
analizzando uno dei suoi ultimi dipinti,
in cui la donna rappresentata al
centro della scena è il simbolo di un
tempo che si rinnova nei continui cicli
di morte e rinascita della natura. Un
simbolo insieme sacro e profano, che
fa di lei sia un’icona religiosa che una
divinità classica. Un’ambivalenza voluta
dall’artista per restituire il senso
di un’esperienza, quella del dolore, a
cui da sempre l’essere umano tenta
di porre rimedio, cercando dentro di
sé, nel rigore della ragione, o fuori
di sé, nel conforto della fede, la forza
per vincere le proprie debolezze.
Nell’interpretazione dell’artista casentinese,
la natura è lo scenario
entro cui si chiariscono le vicende
umane: così come il paesaggio naturale
muta nel tempo e nei luoghi, al
variare delle stagioni e delle diverse
ore della giornata, allo stesso modo il paesaggio interiore dell’uomo non è
mai uguale a se stesso, ma si trasforma incessantemente, sovrapponendo
alle tracce del passato i segni del presente. «Tutto passa, sembra morire, ma
torna a nuova vita», scrive l’artista in commento alla sua opera, ricordandoci
così che la morte non è la fine di tutto, ma è un passaggio preliminare ad una
rinascita, proprio come accade in natura; una rinascita che per alcuni ha il
volto di Dio, mentre per altri ha il volto di chi resta e si aggrappa alla vita con
tutta la forza possibile. Un pensiero espresso sul piano visivo mediante la dimensione
allegorica del dipinto, dove ogni cosa si veste di un significato che
trascende l’apparente semplicità della scena. Un misto di dolcezza e di fiera
dignità caratterizza la figura della giovane donna, la cui espressione triste ed
assorta lascia trasparire una profonda sofferenza interiore. Tra le mani ha un
mazzo di fiori da deporre sulla tomba della persona amata, ma prima di rendere
il pietoso omaggio, assiste con stupore al gioco di riflessi che trasforma la
lastra tombale in uno specchio d’acqua su cui si riverbera la pace dell’azzurro
e delle nubi. Le nostre vite - sembra dirci Lalla Lippi - non sono altro che un
breve miraggio, come nuvole in cielo che appaiono e passano oltre. Ciò che
di noi sopravvive è legato al ricordo ed alla speranza di un
tempo che non finisce oltre il mistero della morte. Un messaggio
cristiano di consolazione che permea la natura di un
sentimento mistico, di una spiritualità profusa nei colori e
nelle forme. Dalla plastica forza dei monti che digradano
fino a valle, si arriva alla figura, in un’armonica sinfonia di
rapporti cromatici e volumetrici. Sulla scena domina un’atmosfera
che sa di sacro, come in una preghiera innalzata
alla vita attraverso la bellezza del creato.
Lalla Lippi ha sempre avuto un particolare interesse per
l’arte, anche se molto tardi si è dedicata a studi artistici.
Ha frequentato la Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia
di Belle Arti di Firenze dedicandosi al disegno. Dal
Duemila fa parte del Gruppo AR.CA (Artisti Casentinesi)
fondato e seguito dal maestro Amedeo Lanci presso l’Accademia
Casentinese di Borgo alla Collina nella casa del
Landino, ed in questo periodo si è particolarmente impegnata
nello studio del colore secondo gli insegnamenti del
maestro. Ha esposto in personali e collettive a Bibbiena,
Porciano, Poppi, Sesto Fiorentino, Firenze, Arezzo, Marina
di Pietrasanta, Montecatini e Roma. Le sue opere sono state
segnalate da critici importanti come Giuseppe Casiraghi,
Lodovico Gierut, Giovanni Faccenda, Andrea Diprè ed apprezzate,
oltre che dal suo maestro Lanci, da Venturino
Venturi ed altri. Vive e lavora a Bibbiena, in Casentino, in
un’antica torre medievale.
lalla.lippi@virgilio.it
Tel. O575 593656 - Cell. 333 3755813
Lalla Lippi 31

Franco Cappellini
Il suo "Dragone domato" al Caffè Letterario
All'insegna del Gallo di Scandicci.
La grande scultura è un'opera di arte
gestuale e concettuale che si rifà all'Art Brut
di Patrizia Beatini
Lo scultore Franco Cappellini è nato a Vicchio il 30 agosto
1957 e fa parte del Consiglio Direttivo del Centro d’Arte
Modigliani.
Vive ed opera a Scandicci e le sue sculture impreziosiscono
non solo luoghi ma anche enti pubblici come il Centro Oncologico
di Sesto Fiorentino, l’Ospedale Torre Galli di Firenze, lo spazio eventi
del bocciodromo di Scandicci e la Palazzina dove ha sede la CNA,
location storica che risale al Rinascimento, dove è presente l’opera
“Bocca Lunga l’Agreste”, dopo una donazione avvenuta nel 2014, in
occasione della Fiera di Scandicci.
Scolpisce da sempre, anche se ha iniziato a farsi conoscere e a partecipare
a mostre collettive e personali solo negli ultimi anni. Inoltre
si è fatto apprezzare dagli artisti che frequentano lo storico Caffè Le
Giubbe Rosse, in Firenze, dove si trova una sua opera da lui donata.
Franco predilige lavorare materiali grezzi come la pietra arenaria su
cui poter evidenziare i segni della scalpellatura, che attraverso la
luce creano ombre e volumi sempre diversi.
Le opere del nostro artista ricordano un po’ il Primitivismo francese e
la scultura africana, anche se lui si dichiara scultore di getto e senza
maestri, rapito ogni volta dal sacro fuoco della creatività.
Le sue figure sono visionarie e magnetiche e richiamano un’evidente
sofferenza interiore, quasi come se per lui costituissero un bisogno
Antonietta Giuffrè e Franco Cappellini con la scultura "Il dragone domato" di fronte
all'ingresso del ristorante All'insegna del Gallo
Antonietta Giuffrè e Franco Cappellini con i titolari del ristorante All'insegna del Gallo
estremo di espressione.
Dal 2004 è stato invitato a mostre e rassegne in diverse città
italiane, come Venezia, Capri, Napoli e Città del Vaticano; inoltre
è da evidenziare una segnalazione, con richiesta di invio di
brochure riferita ai suoi lavori artistici, anche dal Metropolitan
Museum di New York.
Tramite il Centro d’Arte Modigliani ha partecipato a varie collettive
in Scandicci, a Villa Vogel in Firenze, al Parco Pazzagli, alla
Limonaia di Villa Strozzi; ricordiamo la personale “Lithos” nel
2014 a Villa Bandini dove al centro della sala, con attorno gli altri
suoi lavori, era stata montata la sua scultura alta due metri, in
32 Franco Cappellini

ferro forgiato e saldato, “Il Dragone Domato”, che il 21 maggio,
in un’altra sorta di inaugurazione, con tanto di brindisi e
champagne e la relazione di Marco Laudati, Franco ha deciso
di donare ai signori Iacopi, gestori del Caffè Letterario Del
Gallo a Scandicci, dove tutt’ora è possibile vederla esposta
all’entrata del locale.
Questa grande scultura nata nel 2013 è un'opera di arte gestuale
e concettuale e nel pensiero del maestro esemplifica il
male sconfitto dalla buona medicina e chirurgia.
In questo stile istintivo, gestuale e visionario di Cappellini
si nota il riferimento alla ricerca dell’avanguardia artistica
Franco Cappellini
In una recensione del critico d’arte professor Mezzasalma,
dove si parla del mondo artistico di Antonietta
e della sua ricerca dell’ordine e della bellezza
dell’anima, lui fa riferimento a una frase di una
poesia di Tagore: “Chi crede di conservare la verità
cerca di chiuderla in una cassaforte superbamente;
chi ama la verità, nel suo cuore la nasconde umilmente”.
Antonietta e Franco con un gruppo di amici e, ultima a destra, la pittrice Carmela Peschiera
Antonietta Giuffrè e Franco Cappellini con
Marco Laudati e Patrizia Beatini
del secondo decennio del Novecento
denominata Art Brut, fondata da
Jean Debuffet.
Per quanto riguarda la base della
struttura del Dragone, dobbiamo
parlare anche di un'altra stimata
artista che ha collaborato con lui,
Antonietta Giuffrè, che l'ha dipinta
in vernice acrilica e ha apposto la
raffigurazione dello stemma del caffè
letterario, cioè il Gallo.
Antonietta è nata a Palermo, ma è
fiorentina di adozione; infatti abita e
lavora a Firenze.
Si è dedicata alla pittura fin da piccola,
ha portato il suo contributo a
varie mostre e concorsi, nei quali si
è distinta conseguendo significativi
riconoscimenti da parte della critica
e ottenendo vari premi.
Fa parte del gruppo artistico EV'ART
che è nato con successo a Scandicci.
Franco e Antonietta brindano con Patrizia Beatini al vernissage
Franco Cappellini 33

Franco Santini
Energia del colore è il titolo dell’imponente murale realizzato
e donato dall’artista fiorentino alla scuola elementare Anna
Frank di Firenze. Presenti all’inaugurazione Cristina Giachi, la
vicesindaca del Comune, Caterina Biti, presidente del Consiglio
Comunale, e Mirko Dormentoni, presidente del Quartiere 4
di Daniela Pronestì
Assistere alla realizzazione di un’opera d’arte, dalla fase progettuale a
quella esecutiva: un’esperienza che i bambini della scuola elementare
Anna Frank di Firenze non dimenticheranno. E come loro anche Franco
Santini, autore di un imponente murale che ha trasformato le grigie pareti
della struttura scolastica di via Baldovinetti in un brillante esempio di arte pubblica.
Quattro mesi di lavorazione per una superficie di oltre cento metri quadrati: questi
i numeri dell’opera ideata e realizzata dall’artista fiorentino. Un progetto svolto in
sinergia con Mirko Dormentoni - presidente del Quartiere 4 - e Annalisa Savino - preside
dell’Istituto Comprensivo Ghiberti -, il cui sostegno è stato fondamentale affinché
l’iniziativa di Santini potesse concretizzarsi,
ottenendo il pieno riconoscimento
da parte delle autorità
cittadine. Inaugurato ufficialmente
lo scorso 8 giugno, il grande murale
si articola in tre sezioni accomunate
da un originale intreccio
di forme geometriche e colori primari:
un connubio che conferisce
all’insieme un forte senso dinamico
e una vitalità cromatica evocata
anche dal titolo Energia del colore.
Una soluzione espressiva che
riconosce nella geometria e nel
colore i protagonisti di un linguaggio
universale capace di parlare al
pubblico di ogni età, dai bambini,
principali destinatari dell’opera,
agli adulti. Arte come comunicazione,
quindi, ma anche come
esperienza formativa e didattica
che ha coinvolto i giovanissimi
frequentatori della scuola con un
piccolo quanto significativo intervento sull’opera: le impronte delle loro mani intinte
nel colore si stagliano sulla porzione del murale antistante l’ingresso della scuola,
quale segno indelebile della finalità educativa che ha caratterizzato il progetto. Non
sono mancate altre occasioni d’incontro tra gli studenti e Franco Santini, che ha soddisfatto
la curiosità dei giovani interlocutori rispondendo alle loro domande sia sul
significato dell’opera che sulla sua storia come artista. Una storia rispetto alla quale
questa iniziativa rappresenta l’inizio di un nuovo importante capitolo della sua ricerca
pittorica, sempre più orientata al raggiungimento di una sintesi geometrico - cromatica.
Una lunga e complessa fase di studio ha preceduto l’esecuzione dell’opera, che
ha richiesto l’intervento dei tecnici della Sikkens, azienda sponsor del progetto, per
decidere quale tipo di colore utilizzare sulla superficie muraria, arrivando, dopo diverse
valutazioni, alla scelta dello smalto ad acqua. Fondamentale per la riuscita del progetto
è stata la collaborazione della Virginia Iorga Onlus, presieduta dal giornalista
Foto di Maurizio Martini
Nella pagina alcune foto che documentano la realizzazione
del murale dipinto da Franco Santini presso la scuola elementare
Anna Frank di Firenze
Maurizio Martini che ha seguito tutte le tappe
dell’iniziativa inserendola nel progetto Social
Street Art promosso dalla Virginia Iorga Onlus
attraverso il periodico online Overthesky.it.
Donando quest’opera all’Istituto Comprensivo
Ghiberti, di cui fa parte anche la scuola primaria
Anna Frank, Santini ha dimostrato grande
sensibilità e soprattutto una notevole apertura
verso l’integrazione dell’arte nel tessuto
urbano. Un modo per ricordarci quanto, grazie
alla sua universalità, la pittura possa contribuire
a tramandare alle nuove generazioni il
valore senza tempo della bellezza.
La scuola per l’educazione primaria Anna
Frank si trova a Firenze in via Baldovinetti 1
(zona Soffiano). Per informazioni sull’opera
consultare il sito www.overthesky.it e la pagina
Facebook Virginia Iorga Onlus.
34 Franco Santini

Antonio e Xavier Bueno
a Villa Bardini di Firenze
Una mostra per ricordare i due famosi
fratelli spagnoli fiorentini d’adozione
di Barbara Santoro
Da poco ha preso vita
nelle splendide sale
di Villa Bardini una
“magica” mostra,
“Doppio ritratto: Antonio e Xavier
Bueno. Contrappunti alla realtà tra
avanguardia e figurazione”. Curata
magistralmente da Stefano Sbarbaro
è promossa dalla Fondazione
Parchi Monumentali Bardini e
Peyron e dall’Ente Cassa di Risparmio
di Firenze in collaborazione con l’Associazione Culturale Bueno
che ha sede a Firenze.
La rassegna raccoglie oltre 130 opere tra le più significative della
produzione pittorica dei due fratelli.
Il nucleo principale appartiene agli eredi, ma molti sono i quadri prestati
per l’occasione da collezionisti privati, da musei e da fondazioni.
Ci sono poi alcuni inediti davvero interessanti.
Il catalogo curato in maniera esemplare è edito da Polistampa e
contiene oltre all’introduzione di Philippe Daverio, presidente onorario
dell’Associazione Culturale Bueno, anche i saggi di Susanna
Ragionieri, nota storica e critica d’arte, e Giorgio Bedoni, psichiatra
e psicoterapeuta autore di molti saggi sul rapporto arte-genio-follia.
Una storia curiosa quella dei fratelli Bueno: Xavier (1915-1979) e
Antonio (1918-1984), che giunsero a Firenze
nel 1940 spinti dalla curiosità e dallo stimolo
del grande Rinascimento fiorentino. Quello
che però doveva essere solo un soggiorno
temporaneo si trasformò in una esperienza
vitale e in questa città trascorsero il resto
della loro vita.
Xavier e Antonio nacquero da Javier Bueno
scrittore e giornalista spagnolo e da Hannah
Rosjansk polacca di origine ebrea. Il primo
nacque a Vera de Bidasoa, un paesino basco
vicino alla frontiera francese e il secondo a
Berlino dove il padre era corrispondente per il
quotidiano ABC di Madrid.
I due ragazzi trascorsero la loro infanzia in
Spagna e più tardi in Svizzera. Nel 1937 la famiglia
si stabilì a Parigi non potendo rientrare
nella Spagna franchista ma nel 1940 decisero
di spostare la loro dimora in Italia a causa dei
tedeschi che a Parigi incominciavano le prime
Doppio ritratto: Antonio e Xavier Bueno
Barbara Santoro all'ingresso della mostra
rappresaglie.
Fu scelta Firenze per l’amore verso
l’arte che nutrivano i due fratelli.
Sembrava un rifugio precario, ma
nella Villa il Pozzo a San Domenico
Xavier e Antonio rimasero insieme
alle loro famiglie fino al 1949. Da
Xavier e Giulia Chamorel nacquero
Caterina (nota etnomusicologa e
cantante pop e folk, raffinata ricercatrice
di canzoni popolari toscane,
purtroppo deceduta nel 2007)
e Raffaele.
Dalla compagna Eva Forster ebbero
vita Paquito, Manuel e Maria Lola. Da Antonio sposato ad Evelina
Hay, che ne era stata la sua modella, nacque Francesco. Nel 1947
i due fratelli firmarono insieme a Pietro Annigoni e Gregorio Sciltian
il “Manifesto programmatico dei pittori moderni della realtà”,
ma quando nel 1949 il gruppo si sciolse anche i due fratelli presero
strade diverse.
Le figure del maggiore, soprattutto dopo il suo viaggio in Brasile
avvenuto nel 1954, sono tristi, grigie, cariche di realismo sociale...
ma dolenti. Quelle del secondogenito guardano invece alla vita con
uno sguardo attonito figure immobili quasi sospese come stupite
dell’assurdità del vivere.
I due fratelli rimangono “gemelli”solo sul tema poetico dell’infanzia
avendo entrambi ricevuto una fanciullezza felice e spensierata.
Sofisticata e superba la tela con il ritratto
dei due fratelli, che ne documenta la vicenda
creativa ed umana, che all’inizio vissero
come in simbiosi e in seguito maturarono
personalità fortemente diverse.
La mostra è davvero magnifica. Ormai da
tempo la Fondazione Parchi Bardini e Peyron
regala alla nostra città esposizioni di grande
qualità e “significative” seguendo quel filone
legato alla figura di Pietro Annigoni le cui
opere sono ospitate in permanenza nelle sale
del primo piano. Un ricco cartellone di iniziative
culturali accompagnerà per tutta l’estate
questa grande esposizione.
Volete un consiglio...andate presto a visitare
questa rassegna: non rimarrete delusi e
ritornerete chissà quante volte in occasione
di “Sorsi di musica” una serie di concerti di
musica classica ospitati nel parco della Villa,
con a seguire un aperitivo.
Antonio e Xavier Bueno
35

Centro Commerciale
Naturale Boboli
“White Party”: una grande festa che ha
restituito Via Romana ai suoi abitanti
di Marzio Cinelli
Foto di Maria Grazia Dainelli
Dante: uno degli animatori della festa
Attivismo e Partecipazione sono le parole chiave per
descrivere il Centro Commerciale Naturale Boboli,
un'associazione di imprese commerciali, artigianali,
artistiche e di servizio che si snoda intorno al Giardino
di Boboli, e prevalentemente in via Romana. Il suo scopo è la promozione
economica e la riqualificazione del quartiere e del tessuto
sociale di cui fa parte. Il CCN organizza eventi periodici di grande
successo in cui, complice la chiusura del traffico automobilistico,
piazza della Calza e via Romana vengono restituite alla cittadinanza
La Sposa Trampoliera. È stata una delle maggiori attrazioni di White Party
Una "madonnara" al lavoro in via Romana
in tutta la loro originale bellezza.
Ogni evento diventa l'occasione per promuovere i magnifici tesori
storici di cui questa zona è ricca, riaprendo al pubblico luoghi chiusi
o privati, come il Convitto della Calza, l'Oratorio dei Bini, il complesso
di Annalena, il Giardino Corsi o il Camminanento delle Mura
di Porta Romana. Tutto ciò è stato reso possibile grazie anche alla
collaborazione delle Guide Turistiche Fiorentine e degli Angeli del
Bello, di cui il CCN Boboli fa parte e in cui sono confluiti anche i
residenti, in un'attività di cura del verde e del ripristino del decoro
dell'area intorno a Boboli, offrendo un buon esempio di sinergia positiva
tra realtà diverse ma vicine tra loro.
Il sito web www.boboliccn.it e la pagina facebook "Boboli Centro
36 Centro Commerciale Naturale Boboli

SABATO 11 GIUGNO
Orario 14:00-24:00
La burattinaia: ha fatto la gioia dei bambini
Festa fino a mezzanotte con Porta Romana sullo sfondo
WHITE
PARTY
“ Divertirsi in Via Romana”
Banchi di Artigianato e Enogastronomia
Intrattenimento e artisti di strada
Dresscode: TOTAL-WHITE
partiene, ha goduto della partecipazione attiva dei calcianti stessi e
della cittadinanza locale.
Centinaia di palloncini, tutti rigorosamente bianchi, così come i panni
stesi alle finestre dei palazzi, hanno addobbato a festa la strada,
testimoniando con originalità l'appartenenza di questa al quartiere
di Santo Spirito. I calcianti Bianchi, a fine partita hanno corrisposto
l'affetto della strada con due incursioni, all'ora dell'aperitivo e
all'ora di cena, acclamati ed ospitati da vari esercizi del comparto
enogastronomico, di cui la strada può vantare autentiche eccellenze.
A ricordare e sottolineare la vocazione creativa e artistica delle botteghe
(una delle poche strade del centro che ancora vanta un'alta
densità di artigiani, artisti, stilisti e negozi caratteristici), un gruppo
di musicisti e saltimbanchi si è esibito durante le dieci ore di festa,
destando lo stupore e la meraviglia delle migliaia di persone intervenute,
compresi i bambini. Una selezione di bancarelle di artigianato
ed enogastronomia di qualità ha infine arricchito il percorso, portando
in dote anche un pubblico diverso da quello abituale, che ha
avuto l'opportunità di assaporare l'atmosfera unica di questa strada
e scoprire negozi di cui neanche immaginava l'esistenza.
Prossimi eventi sono in programma per l'autunno e per il periodo natalizio
in cui la via Romana conquista la ribalta per l'originalità dell'offerta
commerciale e per gli stupefacenti addobbi. Da non perdere!
L'arrivo dei calcianti Bianchi dopo la vittoriosa partita disputata in piazza Santa Croce
Commerciale Naturale" sono gli strumenti privilegiati per comunicare
al più ampio pubblico possibile i valori e la filosofia del CCN,
la quale si esplicita con la promozione degli eventi stagionali in
programmazione. L'ultimo di questi in ordine cronologico è stato il
White Party, una kermesse di grande successo che ha avuto luogo
lo scorso sabato 11 giugno. Ideato in occasione del torneo di Calcio
Storico Fiorentino per festeggiare la Parte Bianca cui la strada ap-
Panni bianchi alle finestre di via Romana
Contatti: Via della Condotta, 12 - 50122 Firenze
boboliccn@gmail.com - http://www.boboliccn.it
Centro Commerciale Naturale Boboli
37

Quella natura 'morta'
trasformata in un eterno presente
La pittura di Marco Monatti
di Luigi Del Fante
Prima ancora di andare alla scuola elementare, la sua
scuola originaria è stata la quotidiana presenza della
bellezza che era sempre lì, ogni giorno schierata intorno
a lui, nel centro storico dove abitava fin dalla nascita.
Fondamentale per l'educazione della sua sensibilità artistica fu l'esempio
del babbo, incisore così valente, da essere richiesto dalla
Zecca dello Stato, a Roma; senza, tuttavia, che egli mai accettasse
quell'incarico di prestigio che lo avrebbe tenuto lontano dalla sua
Firenze.
Fu proprio il padre a instillare in lui i primi semi artistici. Rubare con
gli occhi, non stancarsi mai di osservare e osservare e osservare, con
attenzione, con amore, con pazienza, i capolavori, ri-costruendone la
genesi. Questo fu il primo ammonimento.
Made in Florence, olio su tela, cm. 60x80
Linfa, olio su tavola, cm. 40x40
Egli lo accompagnava, la domenica, a visitare musei e gallerie dove,
davanti alle singole opere d'arte, prendeva lo spunto per segnalare
un particolare esecutivo, una struttura di chiaroscuro, un taglio di
luce... e poi l'accenno alle tecniche dei vari artisti; soprattutto di Leonardo...
forse il più profondo osservatore della natura e delle cose.
Folgorante l'incontro con la “Medusa” di Caravaggio, agli Uffizi: la
cosiddetta “rotella” con la testa recisa della Medusa, colta nell'istantanea
e drammatica sorpresa/dolore, la tensione del volto, gli
occhi sbarrati nell'urlo estremo, nel dinamismo cinematico delle
serpi che si contorcono, nel groviglio dei loro corpi lubrìchi, con ef-
Da Caravaggio, olio su tavola, cm. 50x70
fetti lumistici di uno straordinario realismo.
Da quel momento si fa strada in lui, sempre più forte, il convincimento
del primato del disegno: tutto deve nascere da lì. Così, sotto
lo sguardo attento del babbo, comincia a confrontarsi, dapprima con
il lapis e poi con il bulino, acquisendo abilità che costituiranno l'ossatura
portante di tutta la sua opera della maturità.
Poi l'incontro con il surrealismo di Dalì, con la sua ricerca di una
realtà non visibile, dove l'immaginazione crea visioni inconsce iperrealistiche.
Nel 1973 vede alla UPIM un'offerta: cavalletto portatile e cassetta
38
Marco Monatti

dei colori a olio, a 10.000 lire. Li compra e comincia subito, da autodidatta,
ad esercitarsi nella pittura vera e propria, soprattutto ispirandosi
al paesaggio, all'ambiente naturale, reinterpretato attraverso la visione
fantastica, sempre, però, legata ad un discorso critico sulla verità/non
verità che il mondo della comunicazione veicola, spesso tradendo l'autenticità
dei fatti e della realtà.
Ecco allora apparire, in secondo piano, Ufo, dischi volanti, che volteggiano,
dietro primi piani di una natura sorprendentemente magica e
misteriosa, che rapisce lo sguardo, quasi fino a penetrare al suo interno.
Nature morte, con cesti di vimini straripanti di frutta, dai colori più veri
del vero, dove ogni parte, ogni frutto sembra venire fuori dalla tela, quasi
circuendo l'osservatore, abbacinato, nell'invito suadente a coglierlo
Frutta, olio su tela, cm. 50x60
Cattedrale, olio su tela, cm. 60x80
luce che l'avvolge e la compenetra, in una contemplazione,
che vorrei quasi definire religiosa, che costituisce
la cifra di base dell'opera di Marco Monatti. Infatti,
attraverso il suo lavoro tenace, perseguito nella
lentezza di una disciplina che sa dosare le forze senza
impazienze velleitarie (purtroppo così frequenti oggi
intorno a noi), egli va scandagliando le tessiture delle
presenze che ha davanti ai suoi occhi, i quali osservano
con l'amore di un innamorato, con la modestia di un
discepolo, davanti al mistero inesprimibile della luce,
che pure l'artista riesce a catturare in un istante, in un
taglio laterale, in un'ombra che si annida nell'intreccio
vibrante di un cesto di vimini, nella lacrima di un chicco
d'uva che pare esso stesso diventare un pianeta di
bellezze ancora da scoprire...
Frutta, disegno, cm. 50x60
Rifugio, olio su tela, cm. 60x80
per assaporarne la delizia, ma anche solo ad accarezzare
con lo sguardo i minimi dettagli di quella rappresentazione
della bellezza, perennemente sotto la minaccia di un'umanità
sconsiderata.
Ma questo vero più vero non si confonde affatto con esempi
di certo iperrealismo o foto-realismo assai diffusi ed autoreferenziali,
persi in un calligrafismo bidimensionale, freddo
e paradossalmente innaturale.
Ed è proprio questa attenzione viscerale, questo amore,
questa dedizione, dedicate senza risparmio alla natura, alla
Rifugio (particolare)
Marco Monatti
Via Fiesolana, 32 - Firenze
Cell. 320 6142347
marcomonatti@gmail.com
Marco Monatti 39

L’Annunciazione
di Filippo Lippi
Restaurata grazie alla Fondazione Friends of Florence,
è tornata nella Chiesa di San Lorenzo
di Monica Bietti
Forse non tutti sanno che esiste a Firenze la meravigliosa
Fondazione Friends of Florence che con grande passione si
fa carico di restituire alla città e al mondo intero opere di
grande qualità che il tempo ha sciupato o reso illeggibili.
La presidente è Simonetta Brandolini D’Adda, donna di grande stile
e sensibilità che ha patrocinato il restauro della magnifica tavola di
Filippo Lippi tornata il 9 giugno nella chiesa di San Lorenzo. Sapientemente
restaurata da Lucia Biondi per la parte pittorica e da Roberto
Buda per la parte lignea, sotto il mio occhio attento, l’Annunciazione
ha ritrovato il suo antico splendore.
La tavola dipinta da Filippo Lippi per la cappella della famiglia Martelli,
è nota in tutto il mondo come uno dei capolavori del Rinascimento
fiorentino. La cappella fu edificata per volontà di Niccolò Martelli, che
fu tra i primi patrocinatori della ricostruzione della basilica, mentre
il dipinto, essendo Niccolò ormai defunto, dovette essere commissionato
dai suoi eredi. Sono in corso ricerche che potranno fornire
nuove conoscenze circa la committenza e la singolare morfologia del
Annunciazione dopo il restauro
Annunciazione. Particolare della Madonna prima del restauro
dipinto, composto da due parti divise al centro tratte dallo stesso tronco di pioppo, ma
lavorate in maniera diversa, tanto da far pensare che fossero nate per essere usate
come ante.
L’Annunciazione presenta a destra la Vergine in piedi, sorpresa ed emozionata all’annuncio
dell’Arcangelo Gabriele, mentre sulla sinistra sono dipinti due angeli la cui presenza
è legata a testi patristici nei quali essi sono testimoni dell’Incarnazione. Sempre
da sinistra, da un’architettura in ombra, proviene la colomba dello Spirito Santo, che va
verso destra, dove tutto è pervaso di luce.
In primo piano è raffigurata una brocca di vetro trasparente contenete acqua. Come il
raggio di luce attraversa il vetro della brocca così il raggio di luce divina attraversa la
giovane Vergine Maria rendendola madre. La vigna che si vede nell’hortus conclusus,
completa con l’acqua raccolta dalla Madonna al pozzo, che appare sullo sfondo a destra,
il rituale eucaristico in cui il vino e l’acqua rappresentano la duplice natura umana
e divina del Cristo.
La predella raffigura tre episodi della vita di San Nicola: al centro l’elemosina alle tre
fanciulle povere, a destra il miracolo della resurrezione di tre giovani, a sinistra il Santo
Vescovo che salva dall’esecuzione gli uomini ingiustamente condannati a morte. La
critica più recente vede nella predella un’opera eseguita dal Maestro di Pratovecchio
o da Fra Carnevale, entrambi presenti nella bottega di Filippo Lippi negli anni Quaranta
del secolo.
Ancora una volta un tassello di bellezza è stato restituito alla città di Firenze grazie
alla collaborazione sinergica di tutti gli enti coinvolti. Monsignor Marco Viola priore
della Basilica di San Lorenzo Mitrato e l’ingegner Enrico Bocci Presidente dell’Opera
Medicea Laurenziana insieme alla Fondazione Friends of Florence si sono detti felici
del risultato.
Ora tocca a noi fiorentini tornare ad osservare da vicino questa “meraviglia” ed io mi
auguro che siano tanti, tantissimi a farlo.
40 L'Annunciazione di Filippo Lippi

Mauro Scardigli
È l’artista che non usa pennello, per non ostacolare il percorso
creativo che scorre e si scioglie fra le sue mani.
Gocce di colori esaltano così l’armonia delle sue opere pittoriche,
realizzate con tecniche sperimentali.
Maria Carla Borghini
Lucido 237, 2015, tecnica mista su legno, cm. 100x120
Galline, 2011, tecnica mista penne, juta, plexiglas, cm. 50x50
Lucido 242, 2015, tecnica mista su legno, cm. 110x90
Lucido 276, 2016, tecnica mista su legno, cm. 90x90
Lucido 245, 2015, tecnica mista su legno, cm. 72x95
www.scardiglimauro.it
Foto Studio Bianco - Castelnuovo di Garfagnana
Mauro Scardigli
41

Villa Agape
Una pinacoteca sulla collina di Arcetri.
Ai quadri di Luciano Pasquini e alle
sculture di Giorgio Butini, si sono
aggiunte le foto di Lorenzo Borgianni
di Maria Grazia Dainelli
Nella meravigliosa cornice del Piazzale Michelangelo,
a pochi passi dalla zona panoramica dell'osservatorio
di Arcetri, a Firenze, sorge l'Art Hotel Villa Agape - già
Villa Arrighetti -, un tempo proprietà della Duchessa
d'Aosta. La villa, grazie a questa fortunata posizione, offre ai propri
ospiti bellissime camere arredate in stile fiorentino, impreziosite da
opere d'arte e da finestre dalle quali si possono ammirare scorci
di panorama unici. Il fiore all'occhiello del complesso è certamente
il meraviglioso parco privato con giardino all'italiana, unico nel suo
genere per la città di Firenze, protetto dalla Sovrintendenza e tutelato
per il suo importante valore storico artistico e vanto dell'Art Hotel
Villa Agape insieme ai ricchi arredamenti delle camere, gli ampi ambienti
padronali, le aree verdi che circondano la proprietà, gli angoli
unici ricchi di fiori e fontane - realizzati su disegno della Duchessa
D'Aosta - dove potrete trascorrere momenti indimenticabili, organizzare
feste ed eventi o festeggiare il vostro matrimonio.
Inoltre, ma non per ultimo, la villa, recuperando gli antichi fasti delle
precedenti proprietà, è uno dei più prestigiosi Art Hotel di Firenze
cioè un vero e proprio rifugio per opere d'arte di tutti i tempi. Quadri
ed opere del Seicento assieme a mobili d'antiquariato del tardo Ottocento
affiancano sculture di Giorgio Butini, il museo permanente
Luciano Pasquini, un'esposizione unica di quadri dell'importante pittore
fiorentino che adornano le pareti dell'intera villa rinascimentale.
A Luciano è stata dedicata anche una delle suite più importanti, una
camera che, in passato, la Duchessa d'Aosta utilizzava per ospitare
L'accogliete sala da pranzo dell'hotel
Una delle suites di Villa Agape
Uno degli eleganti saloni di Villa Agape
i pittori che, per brevi periodi, lavoravano come amici presso la sua
corte; oggi la stessa camera è diventata la suite Luciano Pasquini,
una meravigliosa stanza con doppio affaccio sul giardino e sulla
Torre del Gallo che dona una luminosità senza paragoni ai meravigliosi
dipinti del pittore.
42 Villa Agape

Ricordiamo che qui, a due passi, ha vissuto Galileo Galilei e che altri
grandi personaggi hanno frequentato questa villa rinascimentale tra
i quali il presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Spadolini.
È stato il gestore del complesso Federico Galardi ad inaugurare il 19
maggio scorso la mostra “Appunti di Toscana”, una serie di straordinarie
fotografie realizzate da Lorenzo Borgianni che rimarranno
incastonate nelle pareti delle camere a disposizione degli ospiti.
Nell’intervista Federico Galardi dichiara: ”Cercavo qualcosa che integrasse,
che completasse questa visione della cultura e dell'arte
italiana cioè un fotografo che sapesse essere al contempo moderno
e innovativo. Vedendo le opere di Lorenzo, che dipinge con la luce i
paesaggi toscani, sono rimasto ammaliato.“
Coloro che verranno a trascorre qualche notte quì, potranno portare
via con sé, da qualsiasi paese del mondo provengano, un piccolo
pezzo di Toscana. Spesso la fotografia ammalia solo per la bellezza
delle immagini, ma andando
ad analizzare in profondità
gli scatti di Lorenzo vediamo
un grande spessore
culturale e artistico che
condensa la maestria della
tecnica fotografica con
l'interpretazione eccellente
del paesaggio toscano dove
Borgianni è nato e, per fortuna
sua, vive. La stampa
fotografica, le cornici e le
eleganti strutture dell’allestimento
della mostra sono
state fornite dalla ditta
Center Crome di Massimo
Pantano. Un ringraziamento
ai gestori di Villa Agape che
hanno consentito di aprire le
porte all’eccellenza dell’arte
in Toscana.
Lorenzo Borgianini con la moglie all'inaugurazione della mostra
Hotel Villa Agape Firenze
Via Torre del Gallo, 8 - 50125 Firenze
Tel. (+39) 055 220044
www.booking.com/Firenze
info@villaagape.it
Due delle foto di Lorenzo Borgianni
in mostra a Villa Agape di Firenze
Villa Agape
43

Pietro Bellina
Dotato di spirituale ricchezza, la sua cifra
stilistica è una pittura incisiva, icastica e
al tempo stesso originale e irripetibile
di Felice Rossetti
Foto di Sergio Maier
L’artista fa l’opera e l’opera fa l’artista.
È l’opera, infatti, a rivelare le attitudini, il mondo
interiore, la tecnica, lo stile e, soprattutto, l’intimo
commosso dialogo intercorso tra l’artista e la
fonte della ispirazione. L’opera è, in qualche modo, l’immagine
fedele dell’artista; ne costruisce il nome e gli rende onore.
Il pittore Pietro Bellina offre un ricco catalogo di opere: dal
paesaggio alla natura morta, dal ritratto alle scene colloquiali.
Sono valli ammantate di verde, colline apriche, pianure arborate,
spiagge lambite dalle acque, monti sfumanti nell’orizzonte.
La natura morta, poi, è visitata dal Bellina nella sua molteplice
varietà e, talvolta, malinconica realtà: uno squallore addolcito
dalle piume multicolori.
I fiori, simbolo della bellezza, occupano un posto privilegiato nella
pittura del Bellina: fiori più vari, di giardino e di campo, non
meno belli ed attraenti per la loro spontaneità.
Infine, le figure umane ritratte nelle più varie fogge e atteggiamenti.
E gli stessi nudi, nella loro naturale avvenenza, emanano
un senso di pudore e di serena bellezza.
Nella copiosa galleria del Bellina ciò che subito colpisce è la
assoluta libertà espressiva: il superamento, cioè, di ogni condizionamento
di scuola. La tecnica è, per il Bellina, un mezzo necessario,
non più lo scopo ultimo dell’arte. Egli ricusa l’angustia e le
costrizioni del tecnicismo. La tecnica si insegna, non così l’arte,
44 Pietro Bellina

Nelle pagine alcune significative opere di Pietro Bellina
che è libera espressione della intuizione dell’artista. L’artista è un
eletto, un chiamato ad una speciale missione: quella di trasmettere
l’invisibile attraverso il segno visivo.
Ciò lo rende un araldo, un profeta.
Carattere forte e dotato di spirituale ricchezza, Pietro Bellina si
distingue per una pittura incisiva, icastica e al tempo stesso originale
e irripetibile.
Tali singolarità traggono le loro più remote scaturigini dalla essenza
stessa dell’arte: l’intuizione, che, pur appartenendo alla
razionalità, tuttavia trascende; è come un raggio luminoso che
fa cogliere all’artista la vera essenza delle cose. Bellina, vero ed
autentico artista, vive e goisce della propria creazione.
De Chirico, padre dell’arte moderna, afferma: “Il lavoro di un
artista, per quanto difficile e faticoso, è tutta la sua vita; è la
giustificazione e lo scopo di tutta la sua esistenza. Ed io parlo di
un artista che la Provvidenza ha designato ad essere tale e non,
come purtroppo oggi accade, un uomo che ha freddamente scelto
la carriere artistica senza averne la vocazione”.
Bellina, artista scelto, operando nelle più alte sfere dello spirito,
riesce a captare e a comunicare la trascendenza insita, in modo
e grado diversi, in tutte le creature; nonché l’anelito all’Assoluto.
Ed è questa divina presenza partecipata, che avvertiamo con
pieno godimento spirituale: una presenza coinvolgente e beatificante.
“La funzione dell’arte, diceva Pio XII, rivolgendosi agli artisti della
IVª Quadriennale Romana, sta infatti nell’infrangere il recinto
angusto ed angoscioso del finito, in cui l’uomo è immerso, finchè
vive quaggiù, e nell’aprire come una finestra al suo spirito anelante
verso l’infinito.”
Pietro Bellina, con la sua fervida attività artistica, non indugia
tanto nell’attuale quanto invece nella realtà metafisica: fonte e
scopo ultimo dell’arte.
Pietro Bellina 45

I premiati della
50ª edizione
del Premio
Nazionale Città
di Lastra
Èstato il pittore Stefano Luchini di Massarosa (LU)
ad aggiudicarsi il primo premio assoluto dell'edizione
2016 del concorso. Secondo classificato
Nevio Canton di Pordenone e terzo Paolo Amerini di Prato.
Si è aggiudicato il Premio Giovani Diletta Socci davanti a
Rebecca Moor. Fra i riconoscimenti, da segnalare la Targa
Fratres alla pittrice Silvia Vagarini.
Premi acquisto a Bruno Ceselin, Paolo Fedeli, Alessandro
Goggioli, Stefano Marrucci, Marina Basaglia, Alberto Vignoli,
Temistocle Scola, Enrico Forapianti, Sigfrido Nannucci,
Elio Carnevali, Gianfranco Pogni, Giuseppe Macella,
Mario Masini e Mario Aniello.
Angela Bagni, sindaco di Lastra a Signa, con Mario Del Fante durante la premiazione
L'Antico Spedale di Sant'Antonio con le opere partecipanti al Premio Città di Lastra 2016
Sabato 18 giugno nel Salone dei Cinquecento
di Palazzo Vecchio, il presidente dell'Associazione
Enrico Caruso- Pro Lastra Mario Del
Fante ha ricevuto, dall'accademico Roberto
Ariani, la Medaglia Laurenziana dall'Accademia
Internazionale Medicea in occasione
del 50° del Premio Nazionale Città di Lastra.
46 Concorso Nazionale Città di Lastra

Diari e memorie:
Lalla Azzaroli si racconta
di Barbara Santoro
Conosco Lalla Azzaroli da tanti anni ed è grazie a lei che
sono entrata a far parte del Club Soroptimist di Firenze.
Lei ed il professor Augusto Azzaroli mi hanno seguito in
tante occasioni: gite, viaggi, convegni, presentazioni di
libri, pranzi e cene.
Il saperli presenti mi dava sicurezza e quando Lalla mi osservava
con i magnifici occhi chiari, capivo subito se ero nel giusto o se
dovevo cambiare qualcosa.
È stato proprio durante questi piacevoli incontri che sono rimasta
affascinata dai suoi racconti, dalla vita avventurosa che aveva vissuto.
Più volte le ho chiesto di renderci partecipi di questa sua esperienza
vitale stupenda ed affascinante.
Ciascuno di noi è troppo indaffarato alla ricerca del proprio ego,
delle soddisfazioni personali, dell’essere in cima ad una scala sociale
e come tale attanagliato dalla paura di perdere questa vetta.
Spesso non si vede la “persona” che c’è davanti quasi questa fosse
diventata invisibile.
Questo non succede con Lalla; con lei ci sentiamo sempre al centro
del suo discorso in un mondo di tenerezza che diventa ossigeno per
noi. Lalla non ci fa sentire mai soli.
La sua intelligenza viva e vibrante fa nascere qualcosa di speciale
ad ogni incontro, non esercita alcun potere nei confronti di chi le è
accanto, anzi è un'offerta d’amore continua quella che ci regala.
Per questo vorremo essere come lei ed è per questa ragione che
l’ho incitata tanto a scrivere questo testo, quasi a carpire da queste
sue pagine un “vade mecum di saggezza”. Una sapienza antica in
cui si mescolano amore profondo per il consorte, per la famiglia,
per le radici che non vanno mai recise ma coltivate e annaffiate con
costanza, alla ricerca di quella gioia che è molto più vicina di quanto
noi crediamo.
Lalla in “Non avevo voglia di studiare. Una naturalista si racconta
attraverso quattro continenti” ci fa partecipi della sua vita
avventurosa e ci porta con mano leggera ad Equatoria nel Sudan,
alle Galapagos, nella Terra del Fuoco, alle Maldive, in Somalia, in
Etiopia, in Eritrea, in India, ad Israele, in Afghanistan, in Namibia,
in Cina...
Ci guida fra le più belle montagne dell’Italia e della Francia, perché
insieme al marito ha tanto amato i monti, vissuti spesso “con la
corda in spalla e la piccozza”. Infine ci racconta in pagine dense
di sentimento le sue esperienze nelle varie case in cui ha vissuto.
Lalla ci guida con mano leggera nelle case umili come le capanne
dei Latuka in Equatoria o nelle tende dei nomadi afghani così
come nell’abitazione dei coniugi Macleayin Scozia: una curiosa
villetta di legno e vetro nella quale un battello che navigava sul
fiume sembrava quasi entrare in salotto. Con la stessa eleganza ci
fa fare capolino nella meravigliosa e splendida dimora veneziana
sul Canal Grande dell’amica Kenta, Angelica Bortolotto Alverà per
poi concludere con l’abitazione dei coniugi Poli la cui casa è davvero
un esempio di “cultura, simpatia, intelligenza” come lei ci dice (ed
io aggiungerei raffinatezza e calore, dal momento che i cari amici
Mariella e Sandro sono architetti di grande spessore e buon gusto).
Conclude, infine, con gli appartamenti in cui lei ha abitato e che
tutt’ora offrono calore e tanta cordialità.
Questo libro intrigante edito da Polistampa nella collana: ”Diari e
Memorie” avrà molto successo e se lo leggerete mi ringrazierete
del suggerimento.
Lalla Azzaroli
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