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chiunque abbia più di cinquant’anni<br />
avrà ben presente.<br />
Accettiamo alla fine l’insistita e anche<br />
molesta parodia del cinismo hard boiled<br />
perché vi intuiamo dietro la fragilità<br />
declinante di un uomo malato che si<br />
aggrappa al successo ottenuto solo fingendo<br />
di essere ciò che non è, e vive, in<br />
effetti, in una sorta di limbo dell’esistenza.<br />
A ricordare questa dimensione<br />
privata, nascosta, ci sono i dialoghi con<br />
il fratello, l’unico confidente vero di<br />
tutto il romanzo, le allucinazioni, o se<br />
volete le apparizioni fantasmatiche di<br />
sapore cinematografico (il padre morto<br />
sotto forma di gigantesca lepre), e i momenti<br />
in cui spazio e tempo si sfasano, il<br />
narrante si trova a rivivere il passato, o<br />
a vivere un passato che non sembra<br />
nemmeno il suo.<br />
Nel descrivere il suo dolente e insofferente<br />
personaggio, Krauspenhaar dissemina<br />
numerosi dettagli che rimandano<br />
a una dimensione autobiografica; non<br />
lasciamoci ingannare dalle affinità, in<br />
questo romanzo anche l’autofiction sembra<br />
un tranello.<br />
©Erich Reichel<br />
FUOR ASSE<br />
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