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FuoriAsse#17

Officina della cultura

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chiunque abbia più di cinquant’anni<br />

avrà ben presente.<br />

Accettiamo alla fine l’insistita e anche<br />

molesta parodia del cinismo hard boiled<br />

perché vi intuiamo dietro la fragilità<br />

declinante di un uomo malato che si<br />

aggrappa al successo ottenuto solo fingendo<br />

di essere ciò che non è, e vive, in<br />

effetti, in una sorta di limbo dell’esistenza.<br />

A ricordare questa dimensione<br />

privata, nascosta, ci sono i dialoghi con<br />

il fratello, l’unico confidente vero di<br />

tutto il romanzo, le allucinazioni, o se<br />

volete le apparizioni fantasmatiche di<br />

sapore cinematografico (il padre morto<br />

sotto forma di gigantesca lepre), e i momenti<br />

in cui spazio e tempo si sfasano, il<br />

narrante si trova a rivivere il passato, o<br />

a vivere un passato che non sembra<br />

nemmeno il suo.<br />

Nel descrivere il suo dolente e insofferente<br />

personaggio, Krauspenhaar dissemina<br />

numerosi dettagli che rimandano<br />

a una dimensione autobiografica; non<br />

lasciamoci ingannare dalle affinità, in<br />

questo romanzo anche l’autofiction sembra<br />

un tranello.<br />

©Erich Reichel<br />

FUOR ASSE<br />

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