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n. 83 Gennaio 2014

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terra, se non per il servizio militare. Alba<br />

divenne il suo luogo di vita e di lavoro.<br />

Anche da scrittore affermato furono rari,<br />

sempre brevi e fugaci, i suoi spostamenti.<br />

Anche per il suo carattere schivo, chiuso<br />

e taciturno, rifuggiva dalle grandi città e<br />

dagli avvenimenti mondani.<br />

Le Langhe dunque protagoniste dei suoi racconti. Le Langhe<br />

crudeli e insanguinate della guerra partigiana, raccontate dalla<br />

sua esperienza diretta di partigiano, ne “I ventitrè giorni della<br />

città di Alba”, e ne “Il Partigiano Johnny”. Le Langhe aspre e<br />

selvagge con gli uomini, le donne, i fatti e le miserie del mondo<br />

contadino e rurale, raccontate in modo sublime in quel capolavoro<br />

che è “La malora”. Del resto, Davide Lajolo, un altro<br />

grande scrittore piemontese, diceva che “ …Nella letteratura,<br />

con Pavese e Fenoglio, si raggiunge il massimo del vissuto e<br />

della rappresentazione del mondo contadino …”<br />

Possiamo anche rilevare che il dialetto e la parlata contadina<br />

delle Langhe, con le loro frasi e battute lapidarie, scarne,<br />

illuminanti, sono parte importante nella costruzione del linguaggio<br />

letterario di Fenoglio e ancor più nella originalità di<br />

quel linguaggio.<br />

Altro grande merito di Fenoglio è quello di aver dato voce e<br />

rappresentazione alle donne di quel mondo contadino, come<br />

vediamo magistralmente ne “La malora” con la mamma di<br />

Agostino e con la moglie del mezzadro Tobia Rabino. Quelle<br />

donne che costituiscono “l’anello forte”, come le aveva definite<br />

Nuto Revelli, architrave su cui si reggeva la famiglia; sulle<br />

donne gravavano compiti e lavori nell’azienda agricola, come<br />

allevare le pecore, mungerle, fare le tome (l’attuale Murazzano)<br />

e andarle a vendere, oltre che fare la moglie, allevare i<br />

figli, curare i rapporti spesso crudi e conflittuali tra padri e figli,<br />

assicurare alla famiglia un minimo di decoro, civiltà, religiosità.<br />

“La malora” è la storia del giovane Agostino Braida, protagonista,<br />

io narrante del romanzo, che per le gravi condizioni<br />

economiche della sua famiglia va a fare il servitore presso il<br />

Pavaglione, la cascina del mezzadro Tobia Rabino. Ecco alcuni<br />

passi emblematici.<br />

Agostino racconta le miserie di casa sua: “… Ma a mezzogiorno<br />

e a cena ci trovavamo davanti sempre più poca polenta e quasi<br />

più niente Robiola … Nostra madre raddoppiò la sua lavorazione<br />

di formaggio fermentato, ma non ne lasciava toccare neanche le<br />

briciole … E quando seppe che a Niella ne pagavano l’arbarella<br />

un soldo di più che al nostro paese, andò a venderlo a Niella, e<br />

saputo poi che a Murazzano lo pagavano qualcosa meglio, si<br />

faceva due colline per andarlo a vendere lassù …”<br />

Ma anche a casa di Tobia non era molto meglio: “… Da Tobia<br />

si mangiava di regola come a casa mia nelle giornate più nere.<br />

A mezzogiorno come a cena passavano quasi sempre polenta,<br />

da insaporire strofinandola a turno contro un’acciuga che<br />

pendeva per un filo dalla travata; l’acciuga non aveva già più<br />

nessuna figura d’acciuga e noi andavamo avanti a strofinare<br />

ancora qualche giorno …”<br />

Tobia confida al figlio il suo sogno: “…Una dozzina di giornate,<br />

tutte a solatio, da tenere mezze a grano e mezze a viti. Con<br />

una riva da legna e anche un pratolino da mantenerci due pecore<br />

e una mula.<br />

- E dove sarebbe questa terra?-<br />

- Mica qui, mica in questa Langa porca che ti piglia la pelle a<br />

montarla, prima che a lavorarla…”<br />

Agostino al fratello che studia in seminario: “ … Gli dissi: si<br />

vede che non sei più di campagna. All’epoca che tu sei a casa<br />

in vacanza io lassù ho il grano e poi le uve …”<br />

Ancora Agostino: “ … Una sera spogliavamo la meliga e sull’aia<br />

del Pavaglione ci sarà stata mezza la gioventù di lì intorno:<br />

Tobia comanda a Fede di fare il giro di chi ha sete, lei a tutti<br />

passa acqua e aceto e a me dà del vino …”<br />

“ … Ho fatto quel ritorno come la cosa più bella della mia<br />

vita. Era la mia vera festa, e ad Arguello mi fermai all’osteria,<br />

comandai una bottiglia di Moscato e me la bevetti tutta per<br />

festeggiarmi …”<br />

Marisa Fenoglio, in una recente intervista a proposito del fratello,<br />

diceva che “…Beppe Fenoglio è il compagno insostituibile<br />

di ogni camminata di Langa; l’occhio con cui guardiamo i<br />

suoi paesaggi; l’interprete delle nostre sensazioni, l’ispiratore<br />

dei nostri pensieri …”<br />

E le Langhe sono i luoghi emblematici dei grandi vini piemontesi:<br />

Barolo, Barbaresco, Dolcetto, Nebbiolo, Barbera, Moscato,<br />

ecc. Vini e realtà vitivinicole di grandi qualità intrinseche, con<br />

paesaggi agrari e rurali straordinari, ma esaltati e resi mitici<br />

dal loro profondo legame con queste terre, dove i numerosi<br />

turisti del vino, italiani e ancor più stranieri, arrivano anche per<br />

scoprire il fascino e le suggestioni letterarie di questi luoghi<br />

descritti mirabilmente da Fenoglio, da Pavese e altri scrittori<br />

come Davide Lajolo e Mario Soldati.<br />

Sono questi gli alti valori aggiunti di questi territori che, non a<br />

caso, sono anche candidati al riconoscimento UNESCO come<br />

patrimonio dell’umanità.<br />

24 Agricoltura <strong>83</strong>

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