Sentenza%20Tribunale%20Vaticano_24-12
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BOLLETTINO N. 0933 - <strong>24</strong>.<strong>12</strong>.2016 30<br />
Manuale… Parte prima, op. cit., pp. 82-83). Si fa così grandemente importante la<br />
comprensione in chiave psicologica dell'attività contestata come delittuosa agli imputati.<br />
Nel caso di specie la mancanza di una intenzionalità consapevolmente e volontariamente<br />
diretta alla perpetrazione plurisoggettiva del reato si evidenzia dai fatti così come questi<br />
emergono dagli atti di causa. Innanzitutto una tale carenza del concorso soggettivo si<br />
manifesta tramite le parole dell'imputato E. Fittipaldi le quali chiariscono che la condotta<br />
ascrittagli come criminosa sia stata da lui scientemente posta in essere in quanto corretto<br />
esercizio della sua attività professionale di giornalista e, per ciò, da lui ritenuta del tutto<br />
legittima; più specialmente infatti il medesimo imputato afferma: «Il mestiere di giornalista mi<br />
porta a concludere per la pubblicazione di documenti anche riservati, i documenti che le<br />
istituzioni non vogliono far conoscere. L'ho fatto e lo rifarei» (doc. <strong>12</strong>2 f u, p. 21; quando le<br />
citazioni testuali dagli atti di causa per gli imputati e per i testimoni sono indicate – con o<br />
senza il termine "interrogatorio" non seguito quest'ultimo da ulteriori precisazioni – il<br />
riferimento si intende fatto a quanto reso durante il dibattimento).<br />
Una spiegazione del suo operato non molto diversa viene sostenuta anche dall'imputato G.<br />
Nuzzi, che in proposito puntualizza: «Non potevo non fare il mio lavoro. Ho scelto di fare<br />
questo mestiere e l'obbligo del giornalista è quello di pubblicare le notizie di cui viene a<br />
conoscenza» (doc. 138 f u, p. 10). Lo stesso imputato in relazione ai fatti in controversia<br />
precisa ancora: «Avrei valutato la rilevanza pubblica, faccio il giornalista. Del resto…<br />
avendo scritto di privilegi [e] cattiva amministrazione ritengo con forza che [queste<br />
cose]…non rientrano negli interessi fondamentali di questo Stato» (ibidem, pp. 10-11).<br />
Del resto il senso del comportamento delineato dagli imputati E. Fittipaldi e G. Nuzzi, la cui<br />
giustificabilità operativa è agganciata alla coerenza con una corretta attività giornalistica,<br />
riceve una conferma dalla deposizione resa nell'udienza del 7 maggio 2016 dal teste, il<br />
giornalista P. Mieli che asserisce: «Esiste una doppia ragione per la quale il giornalista è<br />
tenuto a pubblicare documenti di cui sia venuto a conoscenza, a meno che non mettano in<br />
pericolo la sicurezza e la pace. Una prima ragione consiste in una norma deontologica<br />
che ci siamo dati sul modello del giornalismo nordamericano. La seconda ragione nasce<br />
dal fatto che il possesso di documenti che non fossero pubblicati, potrebbe prestarsi a<br />
divenire arma di ricatto nei confronti di qualcuno da parte dei giornalisti o di coloro che ne<br />
sono venuti a conoscenza, prima di decidere se pubblicarli o meno; i documenti non pubblicati<br />
possono prestarsi ad eventuali ricatti o strumenti di pressione illeciti, per cui la comunità