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Negli interni si trovavano stucchi, statue, dipinti (secondo il Castellamonte, oltre quattromila quadri), realizzati<br />
da valenti artisti, tra cui Vittorio Amedeo Cignaroli, Pietro Domenico Olivero e Bernardino Quadri. Sulle<br />
pareti si stagliano raffigurazioni di selvaggina che costituiscono un rimando alla funzione venatoria della<br />
struttura. Le decorazioni a stucco sono spesso dovute all’arte dello stuccatore Pietro Somazzi, in ambienti<br />
trasformati in epoca successiva, oppure in sale all’interno della reggia di Diana e nei vani di raccordo con il<br />
padiglione eretto da Michelangelo Garove, dove si assiste ad un vero e proprio trionfo di abilità esecutiva.<br />
Nel 1718 Pietro Filippo Somazzi ottenne l’incarico per l’esecuzione degli stucchi della galleria, attenendosi al<br />
disegno dell’architetto Filippo Juvarra.<br />
I giardini della reggia sono completamente spariti da quando i francesi di Napoleone li trasformarono in<br />
piazza d’armi: un’opera estremamente significativa del complesso si perse per sempre. Rimasero i disegni<br />
d’epoca, che mostravano lo splendido giardino all’italiana diviso in tre terrazze collegate con scenografiche<br />
scalinate e architetture (come la torre dell’orologio del primo cortile) che le collegano: la fontana dell’Ercole,<br />
il teatro ad emiciclo e i parterre.<br />
Solo di recente Venaria Reale vede rinascere la sua ambientazione naturale, grazie ai lavori che stanno<br />
interessando la struttura scuderie, reggia di Diana, eccetera). Attualmente sono stati resi fruibili al pubblico<br />
i settori già ultimati, oltretutto danneggiati in parte dal violento nubifragio del giugno 2007. Nel Parco Basso<br />
sono visibili alcune opere di Giuseppe Penone, in netto contrasto con la struttura barocca del complesso:<br />
tra esse, il tronco di un cedro, alto dodici metri, dal quale escono i fumi degli impianti delle centrali termiche<br />
della palazzina (Tavola 7).<br />
Il Castello ducale di Agliè è un’elegante ed imponente costruzione situata nel comune di Agliè, nella città<br />
metropolitana di Torino.<br />
L’edificazione del suo nucleo centrale, del quale sono tuttora identificabili le tracce, è iniziata nel XII secolo<br />
per conto della famiglia comitale dei San Martino, originari del Canavese.<br />
Nel 1939 lo Stato acquistò dalla Casa Reale il castello che venne adibito a museo. Negli anni ottanta è stato<br />
oggetto di un ulteriore delicato restauro. Attualmente è stato sottoposto ad importanti lavori di consolidamento<br />
statico e restauro che impedivano la visita a buona parte delle sale.<br />
Nel XVI secolo il forte si presentava ancora di aspetto medievale, con un maschio centrale, una corte circondata<br />
da edifici rurali e un giardino, circondati da una robusta muraglia difensiva e da un fossato. Nel 1667 il<br />
conte Filippo San Martino, già consigliere della Madama Reale Cristina di Francia, commissionò all’architetto<br />
reale Amedeo di Castellamonte la trasformazione della facciata sul giardino, il complesso della cappella di<br />
San Massimo (Pietro Cremona realizzò le sculture per l’altare e gli stucchi delle pareti) e le due gallerie, nonché<br />
il cortile. Nei primi anni del XIX secolo, durante l’occupazione di Napoleone, il castello di Agliè diventò un<br />
ricovero di mendicità, e il parco circostante venne ceduto a privati ed adibito all’agricoltura.<br />
A partire dal 1823 l’edificio rientrò a far parte dei possedimenti di Casa Savoia che, durante il regno di Carlo<br />
Felice, apportarono una significativa e costosa ristrutturazione degli interni, rinnovandone inoltre completamente<br />
gli arredi. La ristrutturazione venne affidata all’architetto Michele Borda di Saluzzo. Negli ultimi anni<br />
il castello è stato usato come ambientazione per alcune serie televisive, che gli hanno dato una maggiore<br />
visibilità e importanza conoscitiva. Annesso al castello vi è un grande parco che lo circonda su tre lati. Nel<br />
1839 il parco venne sistemato in forme romantiche, con giardini all’italiana e all’inglese organizzati in<br />
terrazze su tre piani. All’ingresso si trova una fontana settecentesca che simboleggia la Dora Baltea che si<br />
getta nel Po, opera di Ignazio e Filippo Collino (Tavola 7).<br />
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