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Jolly Roger Magazine - Anno II Numero 1 - Gennaio 2019

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RIDATECI IL QUADRO!<br />

speciale uffizi<br />

Sperimentò un freddo glaciale: le labbra parvero<br />

incollarsi. L’istinto gli imponeva di tacere, volgere<br />

le spalle e scappare; invece disse: «Ladro».<br />

Claudio gli sferrò un pugno sulla bocca.<br />

Ne seguì un secondo, un’intera salva. Cadde in<br />

ginocchio.<br />

Gli aggressori si accanirono, costringendolo in<br />

posizione fetale.<br />

Giovanni portò le ginocchia al petto, stringendo<br />

la testa tra le mani. Piangeva lacrime di paura e<br />

rabbia, ma soprattutto incredulo sdegno.<br />

Davvero altri bambini come lui potevano esser<br />

capaci di tanto?<br />

Istintivamente oppose ai calci sferratigli le parti<br />

più coriacee del corpo acerbo. Gambe, braccia e<br />

schiena si riempirono di lividi. Fortuitamente il<br />

Berlino, distretto del Mitte<br />

(dicembre 1990)<br />

«Buongiorno signora…» disse arretrando di un<br />

passo per farla passare.<br />

L’uomo l’aspettava in piedi vicino alla piccola<br />

Trabant, già piena fino all’inverosimile di ciarpane.<br />

Frida Ziegler col mento teneva in equilibro<br />

la pila di libri che aveva sulle braccia e si limitò<br />

a rivolgergli appena uno sguardo. Solo dopo<br />

avere in qualche modo incastrato i libri nell’utilitaria,<br />

ricambiò il saluto con malagrazia e senza<br />

sorridere. Era felice di trasferirsi armi e bagagli<br />

dai parenti nel distretto di Zehlerdorf, nella Berlino<br />

dell’ovest, ma il trasloco la stava mettendo<br />

a dura prova.<br />

«Mi chiamo Keller» si presentò lui accennando<br />

a sollevarsi il cappello. Sulla neve annerita dalla<br />

fuliggine di carbone, sputata in aria dalle grosse<br />

caldaie dei condomini del Mitte, l’eleganza del<br />

suo cappotto color cammello stonava.<br />

«Piacere» rispose la donna mentre frettolosamente<br />

si avviava per rientrare di nuovo dentro<br />

Il maggiore Jürgen Schereiber<br />

di Roberto Giorgetti<br />

viso già provato e soprattutto l’inguine restarono<br />

illesi.<br />

Claudio e i complici si fermarono a tirare il fiato.<br />

«Così impari» lo sbeffeggiò stolidamente il leader.<br />

Cavò di tasca il pacchetto di figurine, facendole<br />

scorrere tra le dita.<br />

«Adesso striscia a casa dalla mamma».<br />

Gonfi come tacchini, i bulli si allontanarono.<br />

Non avevano percorso che pochi metri, quando<br />

udirono la voce di Giovanni: «L’hai rubato».<br />

Claudio si fermò. Tornò sui propri passi, abbassò<br />

i pantaloni e gli orinò addosso. Di lì a pochi secondi<br />

i compagni lo imitarono.<br />

«L’hai rubato» ribadì Giovanni.<br />

al portone del palazzo. Lui la raggiunse facendo<br />

scricchiolare la neve ghiacciata sotto le suole<br />

delle scarpe di fattura artigianale.<br />

«Sono un antiquario e posso aiutarla a liberare<br />

l’appartamento, se vuole» disse tutto d’un fiato<br />

porgendole un biglietto da visita. «A me interessano<br />

gli oggetti che non interessano più ai vecchi<br />

inquilini». Adesso che lei si era fermata ad ascoltare,<br />

lui poteva spiegarsi con maggiore calma.<br />

Keller sapeva che, in quel periodo di spostamenti<br />

frenetici conseguenti alla caduta del Muro, uno<br />

dei problemi maggiori per chi si trasferiva era liberarsi<br />

di ciò che non intendeva portarsi appresso.<br />

Erano molte le cose ancore buone e, a volte,<br />

anche di valore, che gli abitanti di Berlino Est<br />

preferivano abbandonare, come se ciò potesse<br />

servire a cancellare dalla memoria il grigiore e le<br />

ristrettezza di libertà che aveva caratterizzato il<br />

periodo appena trascorso.<br />

«Se vuole ho da spicciare un’intera cantina piena<br />

di cianfrusaglie… ma non ne ricaverà nulla».<br />

«Mi lasci le chiavi fino a domani. Manderò i miei<br />

ragazzi questo pomeriggio».<br />

«Affare fatto!» Frida si accorse che quel giorno<br />

stava sorridendo per la prima volta. Poi pensò ai<br />

suoi bambini, che per l’anagrafe erano già due<br />

ragazzi, e alle possibilità che avrebbero potuto<br />

avere di là dal muro che non c’era più. Pensò<br />

anche che suo marito avrebbe finalmente potuto<br />

smettere di bere. Per sé invece non pensò niente.<br />

Era troppo indaffarata.<br />

Berlino, distretto di Reinickendorf<br />

(febbraio 1991)<br />

«Il signor Keller è in anticipo, sembra ansioso di<br />

parlarle». Jürgen Schereiber, seduto davanti alla<br />

gigantesca finestra, ammirava la neve che incastonava<br />

il Tegeler See in un ammanto di bianco<br />

perfetto.<br />

«Le faccia fare un po’ di anticamera prima di<br />

farlo passare», fu la risposta. Il governante tolse<br />

il plaid dalle gambe del signor Schereiber, lo ripiegò<br />

con cura e lo fece sparire nell’anta di uno<br />

stipo. Poi spinse la carrozzella fino alla scrivania<br />

vicina al caminetto del grande salone. Per Jürgen<br />

Schereiber l’infermità era qualcosa di cui vergognarsi,<br />

per questo riceveva i suoi ospiti solo<br />

nascondendo le gambe sotto la pregiata scrivania<br />

d’epoca. Il governante, dal canto suo, non ebbe<br />

bisogno di indicazioni più precise per attendere<br />

quasi un’ora prima di accompagnare l’antiquario<br />

al cospetto del padrone di casa.<br />

«Signor Keller, mi scuso per l’attesa. Non mi<br />

sembrava che il nostro appuntamento fosse così<br />

presto».<br />

«Mi scuso io per l’anticipo Sturmbaunführer,<br />

l’appuntamento era per questo pomeriggio».<br />

«Lasci perdere i titoli… il mio grado di maggiore<br />

è rimasto a Reims la notte del sette maggio<br />

del ‘Quarantacinque. Oggi sono solo un vecchio<br />

mercante d’opere d’arte». Un velo di nostalgia<br />

oscurò la faccia di Schereiber e Keller vi lesse<br />

pure una venatura di rabbia antica. «Venga al<br />

dunque piuttosto».<br />

«Sono qua per parlarle del quadro. Quello di cui<br />

le avevo accennato…». Keller lasciò in sospeso<br />

la frase più per concedere la condotta del dialogo<br />

al padrone di casa, che per creare suspense.<br />

«Vada avanti». Schereiber non fece niente per<br />

nascondere l’impazienza e una leggera stizza.<br />

«Ho chiesto la consulenza di vari esperti. Sono<br />

tutti concordi nel ritenere il quadro l’originale di<br />

Jan van Huysum».<br />

«Quindi?»<br />

«È il Vaso di fiori, non ci sono dubbi».<br />

«Ne è certo?»<br />

«Assolutamente!»<br />

«Dove lo ha recuperato?»<br />

«Nella cantina di un vecchio palazzo, in una traversa<br />

di Friedenstraße».<br />

«Cioé?»<br />

«A due passi dal Komische Oper Berlin. Mi dispiace<br />

Sturmbaunführer, non posso essere più<br />

preciso». Per alcuni minuti, prima che all’ex<br />

maggiore delle Schutzstaffel sfuggisse un’esclamazione<br />

d’ira, il silenzio del salone fu violato<br />

solo dai suoni provenienti dal grande parco della<br />

villa, attutiti dal tappeto di neve.<br />

«Maledetti coglioni!» Keller non si aspettava<br />

quella reazione e Schereiber si sentì in dovere<br />

di raccontargli come si erano svolti i fatti. «Durante<br />

la ritirata del ‘Quarantaquattro ci offrimmo<br />

di tutelare i beni artistici della città di Firenze,<br />

in particolare il patrimonio culturale della Galleria<br />

degli Uffizi. All’epoca, dopo essere state<br />

trasferite per un certo periodo alla Villa Medicea<br />

di Poggio a Caiano, le opere d’arte del museo<br />

fiorentino erano state ricoverate nella Villa Bossi<br />

Pucci, sempre a Firenze. Ricevetti l’incarico dal<br />

Comando Generale di occuparmene personalmente.<br />

Diedi ordine che le opere venissero imballate<br />

in apposite casse di legno di abete per poi<br />

trasferirle a Castel Giovio, in provincia di Bolzano.<br />

La speranza era quella che la città, con tutto<br />

il suo patrimonio artistico, sarebbe rimasta un<br />

dominio della grande Germania. C’era però un<br />

quadro che il Führer amava in maniera particolare,<br />

e lo voleva per la sua collezione personale.<br />

Fui sempre io a dare disposizioni precise affinché<br />

venisse imballato in una cassa riconoscibile<br />

da tutte le altre».<br />

Schereiber evidentemente non era certo che Bolzano<br />

sarebbe rimasta sotto il controllo dei tedeschi<br />

e la cassa di un legno diverso serviva a riconoscere<br />

il quadro da trafugare qualora le cose si<br />

fossero messe male per la Wehrmacht, come di<br />

fatto accadde.<br />

«Il vaso di fiori di Jan van Huysum?»<br />

ANNO II • NUMERO I • gennaio 2<strong>01</strong>9 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />

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