Jolly Roger_02_01
Jolly Roger Magazine - Anno II Numero 1 - Gennaio 2019
Jolly Roger Magazine - Anno II Numero 1 - Gennaio 2019
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RIDATECI IL QUADRO!<br />
speciale uffizi<br />
tere un’immagine d’insieme composta con tanta<br />
cura, durante le ultime ore insonni che avevano<br />
preceduto l’alba, davanti allo specchio della piccola<br />
pensione in cui alloggiava.<br />
Le due ali del colonnato lo avvolsero in quell’abbraccio<br />
che da sempre incantava chiunque vi penetrasse<br />
per la prima volta.<br />
Lorenzo il Magnifico, Dante Alighieri, Michelangelo<br />
Buonarroti e tutti i Grandi di Firenze,<br />
fino a Niccolò Machiavelli, esiliato quasi a ridosso<br />
dell’Arno, sembravano squadrarlo attraverso<br />
i vuoti occhi di pietra, arroccati nelle rispettive<br />
nicchie che scandivano lo scorrere degli archi,<br />
facendolo sentire ancor più piccolo e insignificante<br />
di quanto non si fosse mai sentito nei molti<br />
anni che gli pesavano sulle spalle.<br />
Ma era lì anche per loro.<br />
Ognuno di quegli uomini eccezionali avrebbe<br />
dovuto provare una briciola di gratitudine per lui,<br />
vecchio, forse troppo magro, stanco per il jet-lag<br />
e vestito con abiti fuori moda, solo per il fatto di<br />
essere volato fin lì dall’Argentina, dando fondo a<br />
molti dei risparmi di una vita per il puro piacere<br />
di esercitare quella giustizia che a molti, lui incluso,<br />
la vita aveva negato per lungo tempo.<br />
Giunto davanti all’ingresso principale della galleria<br />
degli Uffizi l’uomo si fermò concedendosi<br />
finalmente di guardare verso l’alto e lasciando<br />
che la vista spaziasse lungo il perimetro dei tetti<br />
per poi ridiscendere a fissare negli occhi una<br />
ad una tutte le statue che lo circondavano. Raddrizzò<br />
la schiena provando la consueta stilettata<br />
di dolore all’altezza dei reni e salì con solennità<br />
i gradini che dal piazzale conducevano sotto<br />
all’imponente colonnato.<br />
Si avvicinò alla grande vetrata sotto gli sguardi<br />
attenti di Leonardo da Vinci e Leon Battista Alberti,<br />
quindi percosse tre volte la lastra di cristallo<br />
antiproiettile con le nocche ossute.<br />
Un addetto alla sicurezza, dall’interno, si avvicinò<br />
alla porta scuotendo la testa e picchiando con<br />
l’indice sull’orologio.<br />
L’uomo sorrise alzando un dito per richiedere attenzione<br />
ed estrasse dalla tasca interna della giacca<br />
una busta color avorio con un nome vergato<br />
in bella calligrafia. Mostrò la busta all’addetto e<br />
gliela porse in una muta richiesta di accettazione<br />
accompagnando il gesto con un sorriso disarmante.<br />
La guardia armeggiò per qualche istante intorno<br />
alla serratura, borbottando qualcosa a un collega<br />
che comparve alle sue spalle, poi socchiuse<br />
il grande battente di cristallo e sgusciò fuori, parandosi<br />
davanti al vecchio che continuava a sorridere<br />
con la busta tra le dita.<br />
«È chiuso, signore» esordì indicando l’ingresso<br />
alle proprie spalle «Deve attendere le otto e un<br />
quarto come tutti gli altri visitatori».<br />
«Lo so e me ne scuso» rispose l’uomo con voce<br />
roca «Ma ho affrontato un viaggio molto lungo<br />
solo per consegnare questa busta, e il treno con<br />
cui devo raggiungere l’aeroporto di Fiumicino<br />
per rientrare a Buenos Aires parte tra meno di<br />
un’ora. Sarebbe così gentile da aiutarmi?»<br />
L’addetto alla sicurezza lesse il nome vergato<br />
sulla carta e annuì lentamente.<br />
Poi trasse un profondo respiro e tese la mano<br />
annuendo nuovamente, ma con più convinzione:<br />
«Dia pure a me: di solito arriva molto presto.<br />
Gliela consegnerò personalmente».<br />
Il vecchio posò la busta nella mano dell’uomo<br />
accompagnando il gesto con un piccolo scatto del<br />
capo, a metà strada tra un accenno di inchino e<br />
un assenso: «Lei è una brava persona. Grazie!»<br />
«Non c’è di che» rispose l’altro voltandosi per<br />
rientrare nella porta che il collega stava riaprendo<br />
«Ma adesso vada: se qualcuno la vede qui e si<br />
accorge che abbiamo aperto la porta a quest’ora<br />
di mattina, passiamo tutti un brutto guaio. Consegnerò<br />
la sua busta, glielo assicuro».<br />
Il vecchio sorrise nuovamente e si voltò, ripassando<br />
tra Leonardo e Leon Battista, diretto finalmente<br />
verso i tavolini di Rivoire, sui quali avrebbe<br />
consumato la sua colazione fiorentina prima<br />
di raggiungere la vicina stazione di Santa Maria<br />
Novella.<br />
«Che hai da sorridere come un idiota?» chiese il<br />
collega al guardiano che stava ancora osservando<br />
la preziosità della grafia con cui era vergato il<br />
nome sulla carta avorio.<br />
«Io? Niente» rispose «Ma si vede che il sorriso<br />
di quel vecchietto era contagioso».<br />
«Che roba è quella?»<br />
«Una busta per il Direttore».<br />
«Passala almeno al metal detector» bofonchiò<br />
l’altro pensando alle ulteriori due ore che lo separavano<br />
dalla fine del turno.<br />
«Non credo ce ne sia bisogno» rispose l’addetto<br />
alla sicurezza scorrendo i polpastrelli sulla<br />
superficie della busta e continuando a sorridere<br />
«Contiene una chiave. Magari siamo capitati nel<br />
bel mezzo di un intrigo alla Dan Brown».<br />
«Magari il vecchietto si è fatto prestare la bici<br />
dal Direttore e quella è la chiave del lucchetto. E<br />
magari non dovresti dare relazione a tutti i mentecatti<br />
che passano da qui!»<br />
Si allontanò borbottando mentre il collega continuava<br />
a sorridere e fissare la busta.<br />
*****<br />
«Direttore!»<br />
Eike Schmidt si voltò verso la guardia che gli<br />
camminava incontro con una busta tra le dita:<br />
«Sì?»<br />
«Questa mattina si è presentato un tizio, giù<br />
all’ingresso principale. Era molto presto, ma<br />
sembrava avere una gran fretta. Mi ha parlato di<br />
un treno e di un volo per Buenos Aires da prendere<br />
di gran carriera. Aveva questa busta per lei e<br />
mi sono permesso di farmela lasciare».<br />
Tese la busta verso l’uomo che la prese, rigirandosela<br />
tra le dita e fissando il proprio nome, scritto<br />
con una grafia tanto curata da apparire quasi<br />
anacronistica.<br />
«Venga con me» disse infine all’addetto, incamminandosi<br />
verso il proprio ufficio.<br />
Una volta all’interno prese un tagliacarte dalla<br />
scrivania e aprì con cura l’involucro, estraendone<br />
una chiave con un piccolo portachiavi metallico.<br />
Inforcò gli occhiali e avvicinò l’oggetto.<br />
«Deposito bagagli. Stazione di Santa Maria Novella»<br />
scandì.<br />
Poi alzò lo sguardo a incrociare quello della<br />
guardia: «Ha voglia di giocare a Indiana Jones<br />
questa mattina?»<br />
L’altro sorrise: «Sono due ore che aspetto questa<br />
domanda. Dia qua dottor Schmidt: ci penso io!»<br />
*****<br />
Il vecchio sedeva composto sulla poltroncina del<br />
Freccia Rossa diretto a Roma Termini.<br />
Lo sguardo si perdeva al di là del finestrino, in un<br />
paesaggio che osservava senza vederlo realmente<br />
e sul quale si sovrapponeva il proprio volto<br />
sorridente riflesso sul vetro.<br />
Tra poco sarebbe stato a bordo del volo che lo<br />
avrebbe riportato a Buenos Aires, a casa; o almeno<br />
a quella che da oltre sessant’anni poteva<br />
chiamare casa.<br />
La vera casa era a Lipsia, ma ormai non aveva<br />
più importanza: ovunque potesse vivere tranquillo<br />
e lavorare per ripristinare piccoli frammenti di<br />
giustizia infranta, be’, quella era Casa.<br />
Gli piaceva lavorare, nonostante i novant’anni<br />
suonati, e ancor di più gli piaceva farlo con i suoi<br />
coetanei, sparsi ai quattro angoli del mondo e<br />
sempre pronti a darsi da fare come tanti moschettieri<br />
ottuagenari, chi appesantito dalla semplice<br />
artrite, chi dal Parkinson e chi dall’Alzheimer.<br />
*****<br />
Eike Schmidt non riusciva a staccare gli occhi<br />
dalla tela che aveva appena estratto dal tubo per<br />
disegni recuperato al deposito bagagli della stazione.<br />
Si trattava del Vaso di fiori di Jan van Huysum, il<br />
dipinto trafugato dalla Wehrmacht durante l’occupazione<br />
nazista di Firenze, per la restituzione<br />
del quale tutto il suo staff stava facendo il diavolo<br />
a quattro sui mezzi di comunicazione da settimane.<br />
E adesso era lì davanti a lui, consegnato tramite<br />
una procedura degna del più sgangherato James<br />
Bond da un vecchietto che, a sentire la guardia,<br />
poteva essere un Babbo Natale in fortissimo ritardo,<br />
soprattutto per l’età.<br />
Avrebbe convocato una conferenza stampa, ma<br />
prima doveva decidere se raccontare i fatti come<br />
si erano svolti o imputare il tutto a un “misterioso<br />
benefattore”.<br />
Decise per la seconda soluzione, sperando che<br />
il vecchio Zerozerosette prima o poi si facesse<br />
nuovamente vivo, anche per potersi togliere la<br />
soddisfazione di stringergli la mano.<br />
*****<br />
Al gate di imbarco il vecchio continuava a sorridere,<br />
pensando alla rete di intelligence privata<br />
ANNO II • NUMERO I • gennaio 2<strong>01</strong>9 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />
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