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Jolly Roger Magazine - Anno II Numero 1 - Gennaio 2019

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appetizers<br />

appetizers<br />

di Parvenze, coinvolgendoli in<br />

un inseguimento che poteva rivelarsi<br />

disastroso. Aveva avuto<br />

la pazienza di aspettare fino a<br />

metà della mattina, poi aveva<br />

chiamato la Tenenza e chiesto<br />

di essere messo in contatto radio<br />

con l’appuntato Tempestini.<br />

Daniele non si fece ripetere<br />

l’invito una seconda volta: un<br />

caffè con l’amico maresciallo è<br />

uno di quei piaceri a cui non sa<br />

rifiutare.<br />

Tortorella annunciò al Comandante<br />

la visita dell’appuntato,<br />

una formalità inevitabile quanto<br />

scontata era la risposta; Daniele<br />

proseguì con passi calmi<br />

e lunghi fino all’ufficio del Caglioma,<br />

già saturo dell’aroma<br />

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uscito dalla moka che borbottava<br />

sul fornelletto elettrico posato<br />

sotto la finestra della stanza.<br />

Il Pierobon invece si fermò lì,<br />

nella stanzetta del piantone, e<br />

avrebbero parlato di macchine<br />

e di motori... e anche lui avrebbe<br />

raccontato l’avventura della<br />

sera prima.<br />

Quella macchina, una Peugeot<br />

205 GTI rossa, con un uomo<br />

una donna e due bambini a<br />

bordo, i carabinieri di Pasticci<br />

l’avevano notata in giro per<br />

Isolato Quarto altre volte e,<br />

tutte le volte, si era fermata davanti<br />

al bar Strong. Il Caglioma<br />

voleva capirci qualcosa di più<br />

ma il numero di targa aveva<br />

rivelato solo che l’intestatario<br />

della macchina era un ottantaquattrenne<br />

invalido civile, non<br />

vedente, residente in provincia<br />

di Caserta. Com’era prevedibile<br />

l’anziano proprietario, sentito<br />

dai militari dell’Arma del<br />

suo paese, non solo non seppe<br />

dire nella disponibilità di chi<br />

fosse l’auto, ma addirittura giurò<br />

di non sapere di averla.<br />

Il Caglioma continuò comunque<br />

ad investigare, convinto che<br />

quell’auto avesse qualcos’altro<br />

da raccontare. Al numero di<br />

targa corrispondevano alcune<br />

multe, tutte recenti e non pagate<br />

e tutte per divieto di sosta o<br />

altre infrazioni di poco conto,<br />

riscontrate dagli agenti del traffico<br />

nei quartieri prospicienti<br />

l’Interporto Regionale. I colleghi<br />

della zona furono in grado<br />

di dare qualche informazione in<br />

più al maresciallo di Pasticci:<br />

riferirono che la vettura veniva<br />

utilizzata da tal Donato Mancini,<br />

originario dell’Agropontino,<br />

sposato e padre di due bambini,<br />

oltre che disoccupato e pregiudicato<br />

per reati connessi allo<br />

spaccio di droga, alla ricettazione<br />

e al contrabbando. I reati<br />

ascritti erano stati commessi<br />

tutti nell’area circumvesuviana;<br />

area dalla quale si era trasferito<br />

in zona Interporto poco più di<br />

tre anni prima e dove aveva lasciato<br />

ufficialmente la residenza.<br />

Gli uomini dell’Arma lo degnavano<br />

delle loro attenzioni fin<br />

dal suo trasferimento ma, fino<br />

al momento, avevano ritenuto<br />

di non agire in attesa di avere<br />

fra le mani prove schiaccianti<br />

e sufficienti per inchiodarlo in<br />

carcere un bel po’ di tempo.<br />

Ricostruendo la cronologia delle<br />

volte in cui la Peugeot era<br />

stata vista aggirarsi per le vie<br />

di Isolato Quarto, era chiaro al<br />

Caglioma che le visite dell’utilitaria<br />

sportiva non avevano una<br />

cadenza fissa. Era anche chiaro<br />

però che, trascorsi una decina<br />

di giorni dall’ultimo “avvistamento”,<br />

un suo passaggio c’era<br />

da aspettarselo. Per questo da<br />

qualche sera aveva disposto degli<br />

appostamenti nelle vicinanze<br />

del Bar Strong e finalmente,<br />

dopo tre giorni, i militari la videro<br />

arrivare. A bordo le solite<br />

quattro persone, sicuramente<br />

l’intera famiglia Mancini. Dai<br />

vari punti di appostamento i<br />

militari videro l’uomo scendere<br />

dalla macchina ed entrare<br />

nel bar, consumare qualcosa al<br />

banco e guardarsi intorno come<br />

se aspettasse l’arrivo di qualcuno.<br />

Invece aspettava un cenno<br />

da chi c’era già, seduto sulla<br />

sedia a rotelle al solito tavolino<br />

che nessun cliente, abituale<br />

o occasionale che fosse, si sarebbe<br />

mai sognato di occupare<br />

in assenza di Aniello Cinà; tanto<br />

meno di avvicinarcisi senza<br />

il suo consenso quand’era<br />

presente. Il cenno di consenso<br />

all’avvicinamento fu lieve ma<br />

non sfuggì all’attenzione dei<br />

carabinieri che sospettavano già<br />

un legame fra quelle visite e la<br />

banda dell’infermo. Onofrio e<br />

Orlando, i due sodali del capo,<br />

si alzarono immediatamente<br />

senza bisogno di ricevere alcun<br />

ordine, lasciandolo solo con il<br />

forestiero.<br />

Il Boss di Isolato Quarto e il<br />

Mancini tirarono fuori entrambi<br />

varie carte dalle tasche: le<br />

consultarono; se le mostrarono<br />

a vicenda; ci picchiavano sopra<br />

alternativamente e ripetutamente<br />

con il dito medio, come<br />

a voler rimarcare qualcosa che<br />

c’era scritto. I carabinieri, favoriti<br />

dalla scarsa illuminazione<br />

esterna e dalla luce al neon<br />

interna al locale, oltre che dai<br />

grandi sporti senza tende, riuscivano<br />

ad osservare abbastanza<br />

bene la scena. Più volte, mentre<br />

continuavano nella loro discussione,<br />

i due compari rivoltarono<br />

i fogli che avevano fra le mani<br />

per scriverci qualcosa dietro. Ai<br />

militari che li stavano guardando<br />

sembrò che facessero delle<br />

operazioni matematiche ma, da<br />

quella distanza, nessuno di loro<br />

avrebbe potuto giurarlo. Il tutto<br />

durò all’incirca una ventina di<br />

minuti, poi i due squallidi soggetti<br />

rinfilarono nelle tasche i<br />

fogli mezzo accartocciati e si<br />

congedarono senza quasi salutarsi.<br />

Il Caglioma stava osservando<br />

tutta la scena da dietro le tendine<br />

di un pullmino Bedford, preso<br />

in prestito per l’occasione<br />

da un ex compagno di università<br />

della moglie con cedimenti<br />

nostalgici verso il periodo dei<br />

figli dei fiori. La sensazione<br />

che ebbe fu quella di averci davanti<br />

un imprenditore che tira<br />

le somme del mese insieme al<br />

suo commercialista, senza capire<br />

però chi dei due rivestisse<br />

il ruolo dell’uno e dell’altro.<br />

Quando l’utilitaria francese<br />

ripartì due degli uomini del<br />

Caglioma, come stabilito dapprima,<br />

la seguirono con l’auto<br />

privata di uno di loro; d’altra<br />

parte il parco auto della Stazione<br />

di Pasticci non contemplava<br />

nemmeno un’auto civetta. Intanto<br />

il maresciallo informò il<br />

Nucleo Operativo chiedendo<br />

che la vettura venisse intercettata<br />

e seguita in incognita con<br />

un’auto dell’Arma. Da quel<br />

momento a prendere in mano la<br />

situazione fu il tenente Italo Galassi,<br />

capo del Nucleo Operativo<br />

Radio Mobile, attenendosi<br />

a tutte le indicazioni e a tutti i<br />

suggerimenti che il maresciallo<br />

continuava a fornirgli in tempo<br />

reale. In particolare, il maresciallo,<br />

sottolineò la presenza<br />

dei bambini a bordo dell’auto<br />

sospetta e che non esisteva ragione<br />

al mondo che giustificasse<br />

la messa a repentaglio della<br />

loro incolumità.<br />

Con ogni probabilità il Mancini,<br />

dopo l’incontro con il Cinà,<br />

se ne sarebbe tornato verso<br />

ANNO II • NUMERO I • gennaio 2<strong>01</strong>9 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />

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