Jolly Roger_02_01
Jolly Roger Magazine - Anno II Numero 1 - Gennaio 2019
Jolly Roger Magazine - Anno II Numero 1 - Gennaio 2019
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RIDATECI IL QUADRO!<br />
speciale uffizi<br />
UN QUADRO RUBATO<br />
scatena la fantasia<br />
Il contributo degli Autori <strong>Jolly</strong> <strong>Roger</strong><br />
alla campagna si sensibilizzazione delle Gallerie degli Uffizi<br />
da un’idea malsana di Fabio Gimignani<br />
Sette Autori, sette racconti e un quardo.<br />
Quindici in totale, come gli uomini sulla cassa del morto,<br />
con la bottiglia di stevensoniana memoria.<br />
Ecco gli elaborati estemporanei che abbiamo deciso di pubblicare e diffondere<br />
a sostegno della campagna lanciata da Eike Schmidt per il recupero dell’opera<br />
d’arte sottratta alla fine della seconda guerra mondiale.<br />
Firenze, marzo 1965.<br />
Albeggiava appena quando Piero uscì dalla casa<br />
in via dei Serragli in pieno Oltrarno. Faceva<br />
freddo e si affrettò in direzione di Porta Romana<br />
dove la sera prima aveva parcheggiato il furgone<br />
rosso che usava per lavorare. Piero, trent’anni<br />
portati con slancio, capelli neri come la pece e<br />
ribelli come lui, addomesticati da generose dosi<br />
di brillantina, era un muratore, come suo padre e<br />
come suo nonno e si vantava di far parte di quella<br />
categoria di artigiani che contribuivano al nuovo<br />
Rinascimento. Piero si rifiutava di parlare di<br />
boom economico, come tutta l’Italia chiamava<br />
quel periodo storico:<br />
Il regalo di babbo Piero<br />
di Francesca Magrini<br />
«Io son fiorentino, sicché per me l’è i’ nuovo Rinascimento.<br />
Lasciate perdere le chiacchere che<br />
fanno a Roma o a Milano, l’hanno a chiamare<br />
come voglian... per me l’è i’ novo Rinascimento...<br />
e basta.»<br />
Mettendo così a tacere chiunque volesse fargli<br />
cambiare idea.<br />
Quel mattino iniziava un nuovo lavoro. C’era<br />
da risistemare una bella e grande villa vicino a<br />
Montespertoli. Ma prima c’era da passare a prendere<br />
Cecco, grande amico di Piero e suo socio.<br />
Arrivato al Galluzzo fermò il furgone e lasciandolo<br />
acceso che sennò con questo freddo e un mi<br />
riparte, abbassò il finestrino e vedendo le persiane<br />
aperte urlò:<br />
«Ceccooooo... gnamo scendi, l’è un freddo si<br />
bubbola.»<br />
In pochi minuti il portone si aprì e apparve il gigante<br />
di quasi due metri che rispondeva al nome<br />
di Francesco Landini, per tutti Cecco, stessa età<br />
di Piero, molti meno capelli dell’amico ma con<br />
lo stesso sorriso contagioso e la stessa voglia<br />
di cambiare il mondo. Depositò la sacca con il<br />
pranzo sul cassone e si sedette accanto al socio.<br />
«Ecco bravo, che oggi toccava a te portare il<br />
pranzo. Icché l’ha c’ha preparato di bono quella<br />
santa donna della tu’ moglie?» chiese Piero.<br />
«Sorpresa... parti e chiacchera meno che si fa tardi...»<br />
rispose l’omone sorridendo.<br />
Durante tutto il tragitto parlarono del nuovo lavoro<br />
e delle mille opportunità che gli avrebbe<br />
potuto portare. La ristrutturazione non era affidata<br />
completamente a loro, la villa era talmente<br />
grande che ci avrebbero messo tutta la vita.<br />
Come altre piccole imprese erano stati ingaggiati<br />
perché serviva molta manodopera esperta ed era<br />
una bella occasione per dimostrare il loro valore.<br />
Appena arrivati parcheggiarono accanto ad almeno<br />
una decina di furgoni simili al loro e si misero<br />
in fila per parlare con il capo cantiere:<br />
«Voi siete?» chiese il tipo tarchiato e accigliato.<br />
«Ranfagni e Landini» risposero in coro.<br />
Il tipo controllò dei fogli che aveva in mano e<br />
poi, senza nemmeno guardarli, bofonchiò:<br />
«Nelle cantine... troverete chi vi dirà cosa fare» e<br />
senza attendere una risposta si rivolse al gruppo<br />
dietro di loro.<br />
Piero stava per rispondergli a tono ma l’amico lo<br />
trascinò via, prima che perdessero il lavoro.<br />
«Brutto cafone!!! Hai visto come c’ha trattato?<br />
Mica siamo dei fattorini... ma con chi crede di<br />
avere a che fare, noi siamo artigiani, anzi artisti»<br />
quasi urlò.<br />
«Smettila Piero» disse l’amico continuando a<br />
trascinarlo via «andiamo a vedere queste cantine<br />
e cerchiamo di capire cosa vogliano si faccia...<br />
prima di prendere foco come al solito.»<br />
Scesero dei bui e umidi scalini in pietra serena,<br />
quasi completamente lisci dall’usura. Arrivati in<br />
fondo trovarono una mezza dozzina di persone in<br />
attesa di istruzioni. Alla fine gli furono affidate le<br />
stanze più umide e ingombre che avessero mai<br />
visto. Avrebbero dovuto svuotarle e portare tutto<br />
in un salone al piano terra, dove la roba sarebbe<br />
stata catalogata e messa da parte. Una volta liberati<br />
i locali avrebbero dovuto sistemare pareti e<br />
soffitti. Il pavimento, inoltre, che era composto<br />
da pietre, molte delle quali rotte, sarebbe dovuto<br />
tornare agli antichi splendori. I due amici stimarono<br />
che ci avrebbero messo un paio di settimane,<br />
se si fossero sbrigati. Il compenso era già<br />
stato pattuito e il tempo necessario non era una<br />
variabile presa in considerazione. Senza aspettare<br />
ancora, si misero al lavoro. La polvere che<br />
si sollevava dalle centinaia di cose accatastate li<br />
faceva tossire continuamente, tanto che a un certo<br />
punto furono costretti a coprirsi naso e bocca<br />
con un fazzoletto. Le stanze erano piene di vecchi<br />
arredamenti che evidentemente i proprietari,<br />
non ritenendoli più all’altezza della dimora, avevano,<br />
nel corso degli anni, accantonato a casaccio.<br />
Vecchie poltrone e sedie sfondate, armadi,<br />
madie, casse di legno e lampade a olio, vennero<br />
via via trasportate dai due amici al cospetto di<br />
un esperto, sicuramente nominato dai proprietari,<br />
che ne decideva le sorti. Alcuni oggetti erano<br />
talmente ridotti male che anche Piero e Cecco<br />
sarebbero stati in grado di capire che andavano<br />
gettati ma preferirono non mettersi in contrasto<br />
con nessuno. A ognuno il proprio ruolo, anche se<br />
Piero continuava a ripetere che loro erano muratori<br />
e non robivecchi che svuotano cantine. Il<br />
primo giorno volò via in un baleno e si ritrovarono<br />
sul furgone diretto a Firenze, pieni di polvere<br />
e stanchi morti.<br />
«Boia... I’ peggio l’è che un vedo la fine...» sospirò<br />
Piero «quelle stanze son piene di troiai...»<br />
«Pensavo ci si mettesse meno a svuotarle... vediamo<br />
di accelerare domani, sennò un ci si fa in<br />
due settimane» sentenziò Cecco.<br />
Il giorno dopo e i cinque successivi li passarono<br />
a riportare in superficie tutti gli oggetti sepolti<br />
nelle cantine. Le scale strette e scivolose e il continuo<br />
andirivieni degli altri operai non li aiutava<br />
a velocizzare le operazioni ma erano tutti nelle<br />
stesse condizioni. Erano demoralizzati anche<br />
perché la maggior parte delle cose che portavano<br />
su venivano spostate di nuovo e accumulate in<br />
giardino per essere bruciate o portate via. Finalmente<br />
a metà della seconda settimana riuscirono<br />
ANNO II • NUMERO I • gennaio 2<strong>01</strong>9 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />
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