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La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 1 - Gennaio 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Un connubio di gusto, stile ed eleganza
nella magica cornice del
Piazzale Michelangelo
Ristorante La Loggia
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Le opere del maestro Onofrio Pepe
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Chi di tasse ferisce
Di tasse perisce....
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I quadri del mese
Isabella Rombolà, Le due sorelle, olio e acrilico su tela, cm 50x70
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Sommario gennaio 2020
A Bastia, il Dian’Arte Museum dello scultore Gabriel Diana
Pinocchio nel film di Garrone e in una mostra a Prato
Bernard Berenson, studioso del Rinascimento a Firenze
Luciano Italiani: i mondi surreali di un artista fuori dal coro
La Pieve di Pomino nel libro di Silvana Cipriani
Loretta Casalvalli, pittrice per passione
A Pistoia, un pavimento bicromo per il Giardino di Cino
Dimensione salute: i benefici della pausa caffè in ufficio
Fobia: il volto patologico della paura
Massimo Sestini, fuoriclasse del fotogiornalismo italiano
Letizia Battaglia: la fotografia come impegno civile
Arte e vocazione secondo lo scultore Claudio Parigi
Il mistero del “cerca trova” di Vasari in Palazzo Vecchio
L’era del virtuale nelle opere di KristiPo
La metamorfosi di un libertino nel romanzo di Giglio Martini
Il comandamento dell’amore nel Vangelo
Enrico Visani, maestro della pittura informale
Due artisti a confronto al Beach Resort di Ravenna
La Cina fra luci e ombre nel libro di Lorenzo Borghini
Il film omaggio a Leonardo di Alessandro Sarti
Crisi dei teatri italiani: la situazione a Firenze
Lettere senza confini: sei mamme ricordano i figli scomparsi
Dalla denuncia sociale alla natura nei quadri di Riccardo Battigelli
Alla cantante Dolcenera il Premio Ponte Vecchio
I danni dei social network alla salute dei giovani
Lotta alla contraffazione dei prodotti alimentari italiani
Il Forum di Life Beyond Tourism a Firenze
Alessandro Canino, cantante e super tifoso viola
L’ombra dei Malaspina in Mugello
I vini “green” al Merano Wine Festival
L’accordo tra il colosso cinese CAIQ e China 2000
B&B Road Trip: a Como per festeggiare l’anno nuovo
A Marina di Pisa, il consorzio La Lumaca del Parco
La gara per il miglior panettone al cioccolato Noalya 2019
A Cerreto Guidi, la XI edizione de La via dei presepi
Milvio Sodi, Paesaggio interiore, 2019, olio su tela, cm 110x90
Opera premiata con il Fiorino d'Oro nell'ambito della
XXXVII edizione del Premio Firenze
La Toscana nuova - Anno 3 - Numero 1 - Gennaio 2020 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
In copertina:
Cesare Triaca, Vista del Lago di Como
(2019), olio su tela, cm 60x80
Periodico di attualità, arte e cultura
La Nuova Toscana Edizioni
di Fabrizio Borghini
Viale F. Redi 75 - 50144 Firenze
Tel. 333 3196324
lanuovatoscanaedizioni@gmail.com
lanuovatoscanaedizioni@pec.it
Registrazione Tribunale di Firenze
n. 6072 del 12-01-2018
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Partita Iva: 06720070488
Codice Fiscale: BRGFRZ47C29D612I
Anno 3 - Numero 1
Gennaio 2020
Poste Italiane SpA
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Testi:
Laura Belli
Giancarlo Bianchi
Paolo Bini
Doretta Boretti
Fabrizio Borghini
Lorenzo Borghini
Erika Breschi
Alessandra Bruscagli
Claudio Caioli
Nicola Crisci
Maria Grazia Dainelli
Massimo De Francesco
Aldo Fittante
Serena Gelli
Paola Giusti
Stefano Grifoni
Gabriella Izzi Benedetti
Anna la Donna
Pier Francesco Listri
Tebaldo Lorini
Stefania Macrì
Emanuela Muriana
Lucia Petraroli
Elena Maria Petrini
Daniela Pronestì
Valter Quagliarotti
Lucia Raveggi
Barbara Santoro
Michele Taccetti
Francesca Vivaldi
Foto:
Letizia Battaglia
Laura Belli
Giancarlo Bianchi
Paolo Bini
Lorenzo Borghini
Claudio Caioli
Maria Grazia Dainelli
Greta De Lazzaris
Manuela Kali
Elena Maria Petrini
Marco Salvadori
Massimo Sestini
Silvano Silvia
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Musei nel
mondo
Dian’Arte Museum
Inaugurato nel 2009 in Corsica, nei pressi di Bastia, è un
museo privato e spazio espositivo ideato dal pittore e
scultore italo - francese Gabriel Diana
Imponenti sculture e opere tridimensionali popolano una superficie di
quasi quattromila metri quadrati suddivisi tra una grande costruzione
moderna e un vasto parco
di Aldo Fittante / foto courtesy dell’artista
Il Dian’Arte Museum è un museo
privato di arte contemporanea e
spazio espositivo aperto al pubblico
il 1° ottobre del 2009 in Corsica, ad un
quarto d’ora di auto da Bastia e dal suo
aeroporto. Su di una superficie di quasi
quattromila metri quadrati, una grande
costruzione moderna, un parco ed
un ampio parcheggio rendono omaggio
al pittore e scultore italo-francese
Gabriel Diana. L’artista, orbetellano di
nascita, promuove la vitalità culturale
dell’isola con questo importante luogo
espositivo che ospita anche il suo atelier.
L’ambizione del Dian’Arte Museum
è promuovere la conoscenza dell’arte
contemporanea con visite sia didattiche
che ludiche. Oltrepassato il portone
d’ingresso, si accede ad un vasto parcheggio
contornato da sculture monumentali
che svelano fin da subito lo stile
artistico del maestro; due sculture longilinee
sono collocate invece all’ingresso
del museo come fossero sentinelle.
All’interno una grande sala accoglie il visitatore
con un’impressionante quantità
di opere d’arte che illustrano il percorso
di Gabriel Diana. Spiccano anzitutto i
quadri tridimensionali intitolati dall’artista
full-metal-painting; si tratta di composizioni
molto originali ottenute prima
stratificando sul supporto fogli di bronzo,
ottone, rame, alluminio come pure
oro, argento o paglia − quest’ultima lavorata
dall’artista francese Dominique
Beniza specializzata in questa tecnica −
e poi applicando su queste superfici le
sculture bronzee di Diana. Si prosegue
con le tante sculture disposte al centro
della sala o all’interno di vetrine: bronzi
variamente patinati, marmi statuari e
due opere monumentali − La donna vi-
L'ingresso
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DIAN’ARTE MUSEUM
Gli interni
Il parco
truviana e L’uovo di Leonardo − dedicate
al genio di Vinci. Attraverso un’ampia
vetrata s’intravede un imponente patio
che confina con un parco curatissimo,
un vero e proprio Eden popolato di
grandiose sculture disposte tra rocce,
arbusti e cactacee, in un percorso ben
disegnato e impreziosito ulteriormente
da un ruscello abitato da una famiglia
di fenicotteri. Conosciuto a livello internazionale,
nel 2013 il Dian’Arte Museum
è stato gemellato con il museo
russo dell’ambra gialla di Kaliningrad,
sul mar Baltico. L’intento di Gabriel Diana
è dare continuità al proprio lavoro
creando una realtà museale ed espositiva
che duri nel tempo. Per questo motivo
sarebbe pronto a cedere al prezzo
simbolico di un euro il museo ad un’istituzione
capace di garantirne nel tempo
un’attività culturale costante e di alto
livello.
DIAN’Arte Museum
5992, Route des Marines de Borgo
+33 (0)669240110
www.gabriel-diana.com
Nato ad Orbetello il 1° ottobre
del 1942, qualche anno
dopo (1945) Gabriel Diana
segue la madre in Corsica in seguito
alla separazione dei genitori. Frequenta
l’Accademia di pittura a Bastia
e nel 1961 si arruola come volontario
nella Marina francese per 3 anni.
A Brest conosce Yvette Magueur che
sposa e subito dopo fa ritorno in Corsica
(1964). Nel 1970 si trasferisce a
Milano per studiare ingegneria. Nel
1999 abbandona la professione d’ingegnere
per dedicarsi all’arte ed aprire
due atelier, uno a Milano e l’altro in Corsica.
Nel 2002 si trasferisce definitivamente
in Corsica. Espone in Europa ed
in America, dedicandosi per lo più alla
scultura. Nel 2005 viene insignito del
cavalierato dal presidente Carlo Azeglio
Ciampi. Nel 2009 fonda il Dian’Arte
Museum che nel 2013 viene gemellato
con il museo russo dell’ambra gialla di
Kaliningrad. Nel 2019 il ministro della
Cultura Frank Riester lo insignisce del
cavalierato delle Arts & Lettres.
Gabriel Diana
DIAN’ARTE MUSEUM
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Ornella gioielli
Piazza Ginori 8, Sesto Fiorentino (FI)
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leggieri.poccianti@gmail.com
Personaggi
Pinocchio
Il burattino più famoso al mondo protagonista del
nuovo film di Matteo Garrone e della mostra in corso a
Prato con i costumi ideati da Massimo Cantini Parrini
di Barbara Santoro
Sembra quasi incredibile che nel
2020 si parli ancora di Pinocchio,
eppure la storia di questo burattino
continua anche oggi ad affascinare
grandi e piccini. Ancora una volta un
Pinocchio umano e molto fedele al romanzo
di Collodi è nelle sale cinematografiche.
Dopo l'adattamento realizzato
nel 2002 da Roberto Benigni, è uscito
in occasione del Natale il Pinocchio del
regista, sceneggiatore e produttore romano
Matteo Garrone che in più occasioni
si è misurato su temi difficili
come in Gamorra e Dogman. Oggi, la
favola bella che tutti abbiamo amato da
bambini, ci viene raccontata in un suo
nuovo film. Ed è la prima volta che la
pellicola ha un lieto fine a dir poco sorprendente.
La ricerca è stata lunga ed
appassionata, un vero e proprio viaggio
nell'Italia contadina di fine ʼ800, attraverso
le foto degli Alinari, la pittura
dei macchiaioli e le storiche illustrazioni
di Enrico Mazzanti. Il regista è riuscito
a realizzare un film che arriva al
cuore di tutti, senza confine tra comico
e drammatico. «E’ stata un’esperienza
formativa, un esercizio costante − ha
dichiarato Garrone − perché il personaggio
Pinocchio genera sempre delle
aspettative. La mia fortuna è stata avere
accanto grandi attori con una fisicità e
una capacità interpretativa perfette per
i rispettivi ruoli». Il comico toscano Benigni
veste i panni di Geppetto, mentre
il ruolo di protagonista è affidato al bravissimo
Federico Ielapi; la bella attrice
francese Marina Vacth è la Fata Turchina,
Gigi Proietti interpreta il personaggio
di Mangiafuoco, Rocco Papaleo
impersona il Gatto e Massimo Ceccherini
la Volpe. Anche Sergio Forconi e
Barbara Enrichi hanno un piccolo ruolo
nel film: il primo interpreta un venditore,
la seconda è la vicina di mastro
Geppetto. Il film è girato interamente in
Italia, tra Toscana (tenuta La Fratta vicino
a Sinalunga e Valdichiana), Lazio e
Puglia. La regia di Garrone recupera il
tocco fiabesco proprio di un racconto
popolare. I personaggi, quasi felliniani,
si muovono in un racconto a metà fra
il picaresco e il pauroso. Straordinari i
32 costumi disegnati dal pluripremiato
costumista Massimo Cantini Parrini
e attualmente protagonisti della mostra
Pinocchio nei costumi di Massimo Cantini
Parrini dal film di Matteo Garrone
in corso fino al 22 marzo al Museo del
Tessuto di Prato. Si va dalle maschere
del teatro delle marionette alla stupenda
redingote verde del Grillo parlante,
Il costume ideato da Massimo Cantini Parrini per la
Fatina bambina e adulta
dall'ispido cappotto di fustagno del tremendo
Mangiafuoco agli abiti leggerissimi
in garza della Fata Turchina, fino
al panno rosso jacquard del vestitino
indossato da Pinocchio che accompagna
lo sviluppo della storia dalla prima
all'ultima scena. I costumi di Massimo
Cantini Parrini, autentiche opere d’arte
ispirate alle tavole dei primi illustratori
della fiaba Mazzanti e Chiostri, accentuano
il tono fiabesco del film rendendolo
ancora più emozionante.
Pinocchio e Geppetto nel film di Garrone parzialmente girato in Toscana
(ph. Greta De Lazzaris)
Massimo Cantini Parrini al Museo del Tessuto di Prato con il costume ideato
per il personaggio della Lumaca (ph. courtesy affaritaliani.it)
PINOCCHIO
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Letterati stranieri in
Toscana
A cura di
Massimo De Francesco
Bernard Berenson
Eminente studioso di arte rinascimentale, risiedette a
Villa I Tatti, nei pressi di Settignano, oggi sede di un
centro di ricerca della Harvard University
di Massimo De Francesco
Bernard Berenson nasce a Butrimonys,
vicino Vilnius, in Lituania
il 26 giugno del 1865,
primogenito di Albert Valvrojenski (che
cambierà il suo cognome in Berenson)
e Judith Mickleshanski, appena diciassettenne.
Già all’età di tre anni il piccolo
Bernard legge testi in lingua tedesca e
a dodici anni è dotto in lettere romantiche.
A causa del crescente sentimento
antisemita a seguito della Guerra di Crimea,
il padre di Berenson parte per gli
Stati Uniti e si stabilisce a Boston, dove
la moglie lo segue con i tre figli l’anno
successivo. Studia e si laurea presso
la Harvard University nel 1887 e grazie
al suo mentore Charles Eliot Norton, il
quale riconosce in lui uno spiccato talento
per l’arte, incontra numerosi magnati
tra cui la collezionista Isabella
Stewart Gardner che commissiona al
giovane laureato l’acquisto di numerose
opere in Europa, mettendo a disposizione
del giovane esperto tre milioni
di dollari per il progetto e consentendogli
di diventare una persona assai benestante
grazie alle commissioni che gli
vengono riconosciute per le transazioni
da lui concluse. Nel 1888, durante un
soggiorno in Inghilterra, incontra Mary
Whitehall Smith che sposa nel dicembre
del 1900. L’anno successivo si trasferiscono
a Firenze presso Villa I Tatti
a Settignano, acquistando la proprietà
dal politico inglese John Temple-Leader.
Berenson, la cui reputazione di
esperto e critico d’arte è ormai consolidata,
pubblica numerosi scritti tra cui: I
pittori italiani del Rinascimento, riconosciuto
come il suo capolavoro; I disegni
dei pittori fiorentini (2 voll.), Del
Caravaggio, delle sue incongruenze e
della sua fama; Tramonto e Crepuscolo
/ Ultimi diari. Divenne in breve uno
dei principali protagonisti dei salotti intellettuali
fiorentini, come la scrittrice
Bernard Berenson a Villa I Tatti nel 1903
franco-inglese Vernon Lee (nome d’arte
di Violet Paget), accusata di plagio
dal critico d’arte americano, e la bostoniana
Edith Wharton che instaurò
con Berenson un rapporto di amicizia
e reciproca stima sino alla morte di lei
nel 1937. I due connazionali viaggiano
insieme attraverso l’Italia, la Francia
e la Germania e mantengono uno
stretto rapporto epistolare quando non
viaggiano assieme. Ben più di seicento
lettere della Wharton a Berenson e
sua moglie sono oggi custodite nella
biblioteca di Villa I Tatti. Nonostante
Firenze subì notevoli danni dovuti
ai bombardamenti durante la seconda
guerra mondiale, la residenza del critico
americano non rimase indenne,
anche se il suo appartamento di Borgo
San Jacopo, nel centro storico della
città, andò distrutto assieme ad alcune
preziose opere. Bernard Berenson si
spense il 6 ottobre del 1959, all’età di
novantaquattro anni; oggi Villa I Tatti è
sede del Centro per gli Studi Rinascimentali
della Harvard University.
10
BERNARD BERENSON
Ritratti
d’artista
Luciano Italiani
Il mondo sospeso tra cielo e terra nelle opere di
un artista fuori dal coro
di Pier Francesco Listri
Un artista fuori dal coro. Un
mondo davvero solo suo, rappresentato
con sontuosa ricchezza
di fantasia e una perizia tecnica
di straordinaria sagacia. L’arte di questo
Riposo d'autunno, cm 40X50
pittore esce da ogni schema consueto e
si propone come visionarietà ricchissima
di personali invenzioni. I suoi grandi
e piccoli dipinti su tavola di legno propongono
in genere scene sospese tra
grandi cumuli di splendide nuvole
dove si esibiscono tra terra e cielo
in una miniaturizzazione da cammeo
curiosi personaggi: acrobati
sul filo, ciclisti in bilico, brigate di
suonatori in allegri concertini, angeli
trombettieri. Il primo segreto
che strania e coinvolge l'osservatore,
è quel suo modo di rappresentare
cose, oggetti e persone in
equilibrio tra fumate di vapori, nuvole
e orizzonti a perdita d'occhio.
In questo sopramondo navigano
nell'aria con la grazia di equilibristi,
trenini fatati su percorsi
impossibili, schiere di veloci e minimi
figurini in monopattino, sposi
che celebrano le nozze su un albero
celeste, angeli laici e trombettieri.
L’insieme di queste avventure
lenticolari richiama a volte la perfezione
minuta di certe predelle rinascimentali,
altre volte invece ricorda l’allegria dei
bamboccianti. A quale stagione appartengano
questi strani personaggi non è
dato sapere, essendo ogni dipinto temporalmente
spiazzante; evocano uno
stato di emozione, un’alterità dal quotidiano,
un’allusione festosa a un mondo
e ad una società dalle caratteristiche
diverse. Ma poiché la pittura non sta
nel “che cosa” ma nel “come”, va aggiunto
che eccellente è l’abilità tecnica
del nostro artista sia nel campire grandi
fondali di nubi colorate che sono insieme
sipario e scena, sia nel disegnare
e colorire la minuta schiera di personaggi.
La magia di Luciano Italiani è di
fondere con sorprendente naturalezza
l'onirico e il fantastico (perfino goticheggiante)
con il senso moderno del
gioco. E tutta questa magia da orologiaio
si manifesta su sfondi solenni, da alto
melodramma, colorati con le lucenti
nebbie di un Turner o i cieli luminosi di
un Constable. Oltre però la stregante
bravura tecnica, l'originalità
della fantasia, la spiazzante novità
dell'impaginato, c'è in quest’artista
la disperante nostalgia di un
mondo migliore, di una società
felice e solidale, feriale e viva, che
per ora ha trovato il suo Eden solo
su questo aereo mezzanino fra
cielo e terra. Questa singolarissima
vena potrebbe avere svariati
titoli, come la felicità di ciò che
avviene in un luogo o più semplicemente
teatrino romantico di un
artista che fa tornare in auge perdute
stagioni di grande pittura.
www.italianicrystal@hotmail.it
italianiluciano.it
Ho rubato la Gioconda!, cm 108X120
Terapia di gruppo, cm 60x80
LUCIANO ITALIANI
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Mauro Maris
Il regno del fiore di pietra, smalto, cm 50x60
Figure bianche, smalto cm 18x24
Dettaglio di vita, smalto, cm 50x70
Natività, smalto, cm 20x30
Mauro Maris con il giornalista Fabrizio Borghini in una foto di qualche anno fa
www.mauromaris.it
mauromaris@yahoo.it
I libri del
Mese
Silvana Cipriani
La storia della Pieve di Pomino nel saggio della scrittrice
e pittrice toscana
di Alessandra Bruscagli
La Pieve di Pomino è il titolo
del breve saggio documentario
scritto da Silvana Cipriani, pittrice,
poetessa e scrittrice toscana. Presentato
lo scorso 22 settembre nella
Pieve di Pomino (Rufina) − alla presenza
del sindaco Vito Maida, dell’assessore
alla cultura Daniela Galanti, della
scrittrice Lucia Bruni, di Sauro Cantini
e del critico d’arte e letterario Federico
Napoli − e il 30 novembre nella Sala San
Pomino in una foto d'epoca
Sebastiano a Sesto Fiorentino,
questo volume è frutto di un
lavoro paziente e accurato che
l’autrice, attraverso la consultazione
dei relativi archivi, ha
svolto negli anni andando a ricostruire
un interessante percorso
che si snoda attraverso
l’arte, le tradizioni e la cultura
del luogo. Silvana Cipriani
non è nuova a questo tipo
di ricerche attente e appassionate
che rivelano indubbiamente
un attaccamento
potentemente affettuoso alla
terra di Rufina sollecitato
e sostenuto anche da ragioni
familiari. Scrive a questo proposito
Lucia Buni: «Costellato
di antiche testimonianze storico
artistiche, il territorio toscano
è sempre stato fonte di
interesse da parte di molti appassionati.
Nel breve saggio
documentario di Silvana Cipriani particolare
attenzione è dedicata alle trasformazioni
architettoniche della chiesa
e al suo patrimonio artistico, non ultime
le preziose plurisecolari campane.
L’autrice, che non è nuova a questo tipo
di ricerche, ribadisce così, la propria
affettuosa partecipazione, anche per
motivi familiari». L’interesse per le ricerche
storiche l’aveva già portata alla
realizzazione del libro Per grazia ricevuta.
Vogliamo augurare a Silvana, artistica
poliedrica ed entusiasta, ancora tanti
successi in campo letterario e pittorico.
Da Firenze dove è nata, Silvana
Cipriani si trasferisce
a Sesto Fiorentino nel
1970. Dagli anni Ottanta dipinge
e scrive poesie per passione. Ha
partecipato a varie mostre collettive
e realizzato esposizioni personali,
ottenendo riconoscimenti sia
in pittura che in poesia. Successivamente
si è aggiunto un nuovo
interesse, quello delle ricerche
storiche per il recupero delle sue
radici, che ha portato alla pubblicazione
del primo libro intitolato
Per grazia ricevuta / Il santuario
della Madonna dei Fossi (Servizio
Editoriale Fiesolano), attenta documentazione
su di una robbiana
datata 1510 – 1520. Il saggio sulla
Pieve di Pomino è la sua seconda
prova nel campo della ricerca
d’archivio.
silvana.cipriani@gmail.com
Silvana Cipriani
SILVANA CIPRIANI
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Ritratti
d’artista
Loretta Casalvalli
Si è concluso uno splendido 2019 per la pittrice mugellana,
con la presentazione del suo primo catalogo e l’apertura di uno
spazio espositivo nel centro storico di Borgo San Lorenzo
di Fabrizio Borghini
Vaso di giaggioli (2019), olio su tavola, cm 40x50
Lo spazio espositivo inaugurato nel 2019 dall'artista restaurando un'antica posta per cavalli situata nel
centro storico di Borgo San Lorenzo
Si è concluso con la presentazione
del suo primo catalogo dal titolo
Per Passione uno strepitoso
2019 per Loretta Casalvalli. La pittrice,
nata nel 1953 a Vespignano, la frazione
del comune di Vicchio dov'è nato anche
Giotto, fino dalle scuole elementari
aveva dimostrato una particolare predisposizione
per il disegno e la pittura.
Negli anni successivi, pur frequentando
la facoltà di Giurisprudenza di Firenze
dove si è laureata in Legge con successiva
specializzazione biennale in Notariato,
non si è mai sopita in lei la vena
artistica. Prima, negli anni universitari,
stimolata da uno straordinario docente
qual è stato il professor Giorgio
La Pira, e successivamente, negli anni
Settanta, partecipando ad alcune mostre
collettive a Prato dove si trovava
per lavoro alle dipendenze del Ministero
delle Finanze. Nel 1981 a Viareggio
partecipa al concorso Italia-Francia dove
viene premiata una sua opera dal titolo
Tramonto sul mare. Avviata ad una
brillante carriera professionale, che si
è protratta per 40 anni consentendole
di raggiungere importanti traguardi
Sguardo sul colle (2019), olio su tavola, cm 30x40
culminati nel 2011 con il conferimento
del titolo di Cavaliere della Repubblica
nel Salone dei Cinquecento, ha dovuto
giocoforza anteporre altri interessi
alla pittura pur continuando
a coltivarla seppur con meno
intensità di quanto avrebbe
desiderato. Nel 2016, con
il pensionamento, ecco che
la passione per l'arte si riaccende
in maniera impetuosa
portandola a riavvicinarsi
a Vespignano in una sorta di
ricerca del tempo perduto.
Nella casa natale di Giotto
ha sede l'associazione Dalle
Terre di Giotto e dell'Angelico
che da diversi anni
rappresenta un momento di
aggregazione artistica e culturale
importante non solo
per il Mugello ma per l'intera
area metropolitana fiorentina.
Il presidente Giuliano
Paladini, vecchia conoscen-
14
LORETTA CASALVALLI
Primavera in inverno (2018), olio su tavola, cm 40x50
za di Loretta e eccellente pittore, la invita
a seguire i corsi di pittura a olio che
tiene nella sua bottega di stampo rinascimentale
che ha sede a Vicchio di
fronte al teatro Giotto. Da lì è iniziata
la seconda vita di Loretta che in pochi
anni è riuscita a entrare a pieno titolo
nel panorama artistico toscano partecipando
a numerose e qualificate mostre
fra le quali ricordiamo quelle tenute alla
Casa di Giotto, nella Vecchia Propositura
di Scarperia, alla Fiera Agricola di
Montichiari, alla Fiera del Cavallo di Forlì,
alla Villa Pecori Giraldi di Borgo San
Lorenzo, al Festival Alla foglia tonda di
Razzuolo e numerose altre. La pubblicazione
del catalogo, che non poteva
che intitolarsi Per Passione, rappresenta
un primo punto di arrivo ma anche
di ripartenza di questa totalizzante
full immersion della Casalvalli nell'amato
mondo dell'arte. Ha voluto inserirvi
le opere che ritiene più rappresentative
del suo inarrestabile processo di
crescita pubblicando nelle prime pagine
i lavori del 2017 per arrivare a quelli
più recenti di fine 2019. I soggetti sono
quelli a lei cari con, in primis, il paesaggio
mugellano in tutte le sue innumerevoli
declinazioni, e poi le composizioni
floreali, le nature morte e alcune esili
figure femminili come una violinista,
una ballerina e una sognante bambina
che abbraccia la sua bambola con evidenti
evocazioni autobiografiche. Per
Primo ottobre sul colle di Vespignano (2017), olio su
tavola, cm 30x40
evidenziare ancor di più i ragguardevoli
traguardi raggiunti, in appendice sono
state pubblicate le opere giovanili
che già lasciavano intuire quali avrebbero
potuto essere gli sviluppi successivi
della sua ricerca. «Aver ritrovato
Giuliano Paladini per me è stato fondamentale
– ha dichiarato in una recente
intervista televisiva – perché non solo
mi ha dato la forza per riprendere un
percorso che si era se non del tutto interrotto
ma molto rallentato, ma soprattutto
mi ha affiancato in un processo di
crescita artistica che mi sta
gratificando. Il cammino
intrapreso è stato facilitato
anche dalla condivisione
dei soggetti raffigurati perché
abbiamo comuni radici
che affondano nella nostra
terra, il Mugello. Così è venuto
naturale per me scegliere
di raffigurare anche
quel mondo contadino che
ha rappresentato lo scenario
naturale della mia infanzia.»
Ma il 2019 è stato
anche l'anno della realizzazione
di un altro obiettivo
che Loretta si era prefissa
insieme al marito Carlo,
quello di restaurare un'antica
posta per cavalli risalente
al 1100 situata nel centro
storico di Borgo San Lorenzo
per ricavarne uno spazio
espositivo che le consentisse
di alternare mostre delle
sue opere ad altre riservate
ai tanti amici artisti che con
lei condividono la coinvolgente
esperienza della casa
di Giotto. «Abbiamo inaugurato
lo spazio nel luglio
scorso con una mia personale
che è stata presentata
al pubblico dal maestro
Giuliano Paladini e dal giornalista
Aldo Giovannini,
memoria storica dell'arte
mugellana dell'ultimo mezzo
secolo ed oltre. Nell'occasione
abbiamo esposto
anche alcune moto d'epoca
della collezione di mio
marito che hanno rappresentano
la naturale appendice
di molti miei quadri che raffigurano
luoghi delle nostre campagne un tempo
raggiungibili proprio con quelle moto».
L'apertura della suggestiva posta millenaria
ribadisce il forte impegno che
Loretta ha assunto nei confronti dell'arte
dimostrando che non l'ha affrontata
come mero appagamento di un sogno
cullato per anni e finalmente realizzato,
ma con la determinazione di chi ne vuole
diventare protagonista.
loretta.casalvalli@live.it
Dal colle di Vespignano, omaggio a Leonardo (2019), olio su tela
cartonata, cm 40x50
LORETTA CASALVALLI
15
A cura di
Laura Belli
Speciale
Pistoia
Il Giardino di Cino
Ubicato in pieno centro storico, è stato dotato di una
nuova pavimentazione ispirata alla bicromia delle chiese
romaniche pistoiesi
Testo e foto di Laura Belli
Nel luglio scorso per iniziativa
dell’associazione Spichisi
e del Comune di Pistoia, un
gruppo di studenti, coordinati da giovani
architetti del gruppo Ecòl (Olivia Gori,
Cosimo Balestri ed Emanuele Barili),
ha realizzato una particolare pavimentazione
presso il Giardino di Cino. Questo
luogo, centralissimo nella città, lo scorso
anno era già stato oggetto di un’interessante
operazione di recupero ed era
come risorto da uno stato di grave degrado.
Dopo questa prima riuscitissima
iniziativa che aveva visto protagonista
lo street artist di fama internazionale
Millo, si è pensato di intervenire sulla
pavimentazione delle due piazzette
che costituiscono il giardino per valorizzare
ulteriormente questo gradevole
spazio che adesso offre un’inattesa
oasi di pace e serenità in pieno centro
storico. Per questo nuovo intervento è
stato preso spunto dal romanico pistoiese,
reinterpretando in chiave astratta
e rigorosamente geometrica una serie
di temi compositivi tipici di questo stile
architettonico e di numerose chiese
della città. Questo stile è caratterizzato
dalla bicromia architettonica del marmo
bianco di Carrara e del verde scuro
del serpentino di Prato, con un contrasto
talvolta così marcato (San Giovanni
Fuoricivitas) da spingere l’architetto
londinese Bill Homes, profondo conoscitore
delle meraviglie artistiche pistoiesi,
a pubblicare recentemente un libro
intitolato Le chiese zebrate di Pistoia. I
lavori sulla pavimentazione del Giardino
di Cino sono durati sei giorni, con un
cantiere attraversabile e visitabile che
ha favorito numerose occasioni di confronto
e di scambio. L’intervento, a cui
è stato dato il nome di “romanico automatico”,
si basa su un attento disegno
in pianta di una costruzione geometrica
del pavimento pensata in maniera
specifica per queste due piccole piazze
contigue e sviluppata partendo da una
rigorosa rivisitazione di una serie di temi
compositivi dell'architettura romanica
attraverso la verifica delle misure e
effettuando numerose prove di realizzazione
per poi passare al disegno a terra
sulle superfici asfaltate, usando la
tecnica generalmente utilizzata per la
segnaletica stradale orizzontale. Così
facendo si è potuto aggiungere valore
a questa superficie con mezzi economici
e facilmente reperibili. Il Giardino
di Cino è ora cresciuto in bellezza, un
luogo unico che ci regala un’atmosfera
di quiete ormai difficile da trovare nelle
nostre città.
Due scorci della nuova pavimentazione
IL GIARDINO DI CINO
17
Dimensione
Salute
A cura di
Stefano Grifoni
I benefici della pausa caffè in ufficio
di Stefano Grifoni
Rientrare a lavoro dopo le vacanze
invernali viene spesso
avvertito come un peso. Fortunatamente
ci sono i colleghi con i quali
condividere un caffè durante l’attività
lavorativa e scambiare qualche parola.
Sembra che durante il lavoro la vita sociale
e l’interazione con gli altri aumenti
la produttività. Questo è il risultato di
uno studio che vi permetterà di andare
a prendere il caffè con i colleghi e di fare
quattro chiacchere davanti alla macchinetta,
senza essere rimproverati dal
capo di perdere tempo. Lo studio ha
consentito di stimare i minuti di chiacchiera
rispetto a quelli di lavoro nell’arco
di un mese. L’analisi dei risultati ha
portato a conclusioni sorprendenti: chi
ha passato dei momenti interagendo
con i colleghi per esempio nella pausa
pranzo o durante il caffè o nel corridoio
ha avuto prestazioni superiori del 60%
rispetto a quelle dei colleghi che hanno
passato l’intera giornata a lavorare chini
sulla propria scrivania. Quindi ogni lavoro
fatto con piacere può rendere liberi
e felici.
Coffee break, un rituale terapeutico
di Daniela Pronestì
Sono finiti anche in Italia i tempi
in cui interrompere il lavoro
per una pausa caffè con i colleghi
era vista come una perdita di
tempo. Oggi anche i datori di lavoro
più intransigenti sono pronti a riconoscere
i benefici del coffee break
che consente di “staccare” il cervello
e ricaricare le energie per affrontare
al meglio la parte restante della giornata.
Un momento utile per socializzare
con i propri colleghi, rafforzare
le relazioni interpersonali, allentare
le tensioni accumulate durante le ore
di lavoro, sgranchirsi le gambe e ritrovare
la giusta concentrazione. Ma
soprattutto la pausa caffè genera il
così detto “effetto Zeigarnik”, in base
al quale il nostro cervello ritorna
a lavorare con maggiore motivazione
per portare a termine il compito interrotto.
Un “rituale” ormai ammesso
in tutti i luoghi di lavoro dove vengono
allestite aree dedicate, con sedute
comode, colori rilassanti alle pareti e
ovviamente una buona macchina per
il caffè.
Stefano
Grifoni
Nato a Firenze nel 1954, Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del Pronto
Soccorso dell’Ospedale di Careggi e sempre presso la stessa struttura è direttore del Centro di Riferimento Regionale
Toscano per la Diagnosi e la Terapia d’Urgenza della Malattia Tromboembolica Venosa. Ha condotto numerosi
studi nel campo della medicina interna, della cardiologia, della malattie del SNC e delle malattie respiratorie e
nell’ambito della medicina di urgenza. Membro del consiglio Nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza,
è vice presidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per
Guglielmo e membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze. Ha pubblicato oltre 160
articoli su riviste nazionali e internazionali nel settore della medicina interna e della medicina di urgenza e numerosi testi
scientifici sullo stesso argomento. Da molti anni collabora con RAI TRE Regione Toscana nell’ambito di programmi
di medicina, con il quotidiano La Nazione e da tre anni tiene una trasmissione radiofonica quotidiana sulla salute.
18
PAUSA CAFFÈ
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
Fobia: il volto patologico della paura
di Emanuela Muriana
La paura − scrive Giovanni
Nardone, direttore del
Centro di Terapia Strategi- «ca di Arezzo − è un’emozione adattiva
che ci salva la vita continuamente; diventa
un disturbo quando va oltre una
certa soglia e limita la vita». La fobia è
appunto una paura che è andata oltre
una certa soglia soggettiva. Si distingue
dalla paura perché, a differenza di
quest'ultima, non scompare di fronte
a una verifica della realtà. Nella popolazione
generale degli Stati Uniti l'incidenza
della fobia specifica negli adulti
va dal 7 al 9 %. In Europa le percentuali
sono simili, mentre nei paesi asiatici,
africani e latinoamericani le percentuali
sono più basse: dal 2 al 4 %. Le fobie
possono essere tante quante sono
le cose del mondo, dalle più bizzarre
alle più ragionevoli. Fobie più diffuse:
paura di perdere il controllo ad esempio
mentre stiamo guidando l’automobile,
così come la paura di svenire o
delle vertigini. La paura di volare che
ad alcuni rende impossibile prendere
un aereo o smettere di farlo per aver
sviluppato una fobia. La paura dell’altezza
(acrofobia), dei ragni (aracnofobia),
degli spazi aperti (agorafobia) o
di quelli chiusi (claustrofobia), la paura
di arrossire (eritrofobia), la paura
dello sporco (rupofobia) o delle malat-
tie (patofobia e ipocondria), la paura di
camminare nei luoghi affollati, la paura
del vento, degli specchi, e così via.
Sintomi spesso associati alle fobie sono:
respirazione difficoltosa; vertigini;
sudorazione eccessiva; secchezza della
bocca; nausea; tremori; palpitazioni
cardiache; incapacità di parlare o di
pensare con chiarezza; paura di morire;
paura di perdere il controllo di se
stessi; sensazione di distacco dalla realtà.
Tutti sintomi attivati da una paura
incontrollabile che possono sfociare
in attacchi di ansia, in più severi attacchi
di panico o in un disturbo ossessivo
compulsivo. Per evitare la paura e i
sintomi connessi, chi soffre di una fobia
cerca di evitare le situazioni che scatenano
la paura o di affrontarle con l’aiuto
di qualcuno. Proprio queste tentate soluzioni
incrementano la reazione fobica
e possono portare la persona ad isolarsi
anche totalmente. Con la Terapia Breve
Strategica invece di sfuggire o resistere
inefficacemente alla paura cercando
di reprimere le risposte psicofisiologiche,
la persona viene guidata ad evocare
ancora di più e volontariamente la
paura per portarla a saturarsi nei suoi
eccessi. Una volta interrotta la percezione
che scatena la fobia, il cambiamento
sarà inevitabile. Ciò condurrà ad un
nuovo equilibrio basato su nuove percezioni.
Una nuova “consapevolezza
operativa”, ossia la capacità di gestire
strategicamente la realtà che ci circonda.
La terapia strategica è un intervento
breve e focale orientato all’estinzione
dei disturbi presentati dal paziente, e le
fobie con il 92% di soluzione sono parte
della nostra best practice. Non è una terapia
superficiale e sintomatica, ma un
intervento radicale, poiché mira alla ristrutturazione
delle maniere attraverso
le quali ognuno costruisce la realtà che
poi subisce.
Emanuela
Muriana
Emanuela Muriana vive e lavora prevalentemente a Firenze. E’ responsabile
dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge
attività clinica e di consulenza. Specializzata al Centro di Terapia Strategica
di Arezzo diretto da Giorgio Nardone e al Mental Reasearch Institute di
Palo Alto CA (USA) con Paul Watzlawick. Ricercatore e Professore della Scuola
di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Breve Strategica (MIUR) dal
1994, insegna da anni ai master clinici in Italia e all’estero. E’ stata professore
alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Siena (2007-2012)
e Firenze (2004-20015). Ha pubblicato tre libri e numerosi articoli consultabili
sul sito www.terapiastrategica.fi.it
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055-242642 - 574344
Fax 055-580280
emanuela.muriana@virgilio.it
FOBIA
19
Obbiettivo
Fotografia Personaggi
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Massimo Sestini
Dall’arresto di Licio Gelli a Ginevra alla strage di Capaci,
passando attraverso la tragedia della Costa Concordia e
i barconi dei migranti nel Mediterraneo
Così il fuoriclasse del fotogiornalismo italiano ha raccontato
quarant’anni di storia del nostro paese
di Maria Grazia Dainelli / foto Massimo Sestini
Nato a Prato nel 1963, Massimo
Sestini inizia a fotografare concerti
rock e fatti di cronaca per i
quotidiani locali. La sua carriera di fotogiornalista
inizia negli anni Ottanta, con
veri e propri scoop giornalistici come le
foto dell’attentato al Rapido 904 nella
galleria di San Benedetto Val di Sambro
e l’arresto a Ginevra di Licio Gelli. La foto
che lo porterà alla ribalta internazionale
è quella che ritrae Lady Diana in
bikini in Sardegna (1991), foto pubblicata
sul The Sun. Ha immortalato alcuni
dei più drammatici eventi della cronaca
nazionale, tra cui il disastro della Moby
Prince e le foto aeree degli attentati a
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, del
Giubileo, del G8 a Genova e dei funerali
di Papa Wojtyla. Nel 2015, è stato insignito
del World Press Photo − il premio
più prestigioso per il fotogiornalismo −
con uno scatto effettuato dall’elicottero
durante l’Operazione Mare Nostrum nel
quale si vedono 500 migranti su di un
barcone che si sbracciano per chiedere
aiuto. Da questa foto nasce il progetto
Were are you che lo vede attualmente
impegnato a rintracciare uno ad uno gli
Maria Grazia Dainelli con Massimo Sestini
Costa Concordia, Isola del Giglio, gennaio 2012
occupanti del barcone per raccontarne
la storia dopo lo sbarco. Un progetto
sostenuto economicamente dal National
Geographic grazie al quale sono stati
individuati già molti migranti. Tratto
distintivo del suo lavoro è la costante
ricerca di un punto di vista insolito che
rende diverse e uniche le sue foto, lasciando
trasparire un alto valore umano
unitamente ad uno spiccato senso estetico.
Ne sono esempio le foto del tragico
naufragio della Costa Concordia e
dei funerali delle vittime del terremoto
all’Aquila. Capovolgere le nostre aspettative
per offrirci una diversa percezione
del reale: secondo Sestini è questo l’unico
modo per raccontare la verità dei
fatti e preservare la propria libertà intellettuale.
Dall’8 maggio al 4 agosto 2019
lo spazio Forma Meravigli di Milano gli
ha dedicato la mostra L’aria del tempo
a cura di Alessandra Mauro, con la
presentazione del libro di Sestini da cui
l’esposizione ha tratto il titolo. L’ultimo
importante riconoscimento è il Premio
Corecom Comunicatore Toscana 2019
di cui è stato insignito lo scorso 12 dicembre
al Palazzo del Pegaso di Firenze
per l’impegno, la grande
capacità professionale
e per aver raccontato
al meglio la Toscana nel
mondo.
www.massimosestini.it
Operazione Mare Nostrum: la Fregata Bergamini
della Marina Militare salva un barcone di 500
migranti al largo della Libia; questa foto ha vinto il
World Press Photo 2015
Aquila, funerali di Stato delle 287 vittime del terremoto del 6
aprile 2009
20
MASSIMO SESTINI
A cura di
Nicola Crisci
Spunti di critica
Fotografica
Letizia Battaglia
Maestra indiscussa della fotografia contemporanea, è
considerata un simbolo della lotta alla mafia e della
possibilità di riscatto per la donna
di Nicola Crisci / foto Letizia Battaglia
Nata a Palermo nel 1935, alla
fine degli anni ’60 Letizia
Battaglia inizia a collaborare
con L’Ora, storico quotidiano della sua
città. Nel 1971 si trasferisce a Milano
con le tre figlie e qui collabora con altri
quotidiani. Ben presto si accorge che i
suoi pezzi vengono meglio apprezzati
quando sono corredati da foto e quindi
comincia a fotografare, intuendo le
grandi potenzialità di questo mezzo
espressivo. Da questo momento la fotografia
diventa il suo principale interesse.
Torna a Palermo come direttore
della redazione fotografica de L’Ora e
dal 1974 immortala i più efferati delitti
di mafia nella sua città, suscitando
non poco scalpore e diventando per
Il gioco del killer (Palermo, 1982)
questo un nome noto della fotografia
internazionale. Le sue foto, spesso in
un vivido bianco e nero, raccontano
soprattutto Palermo nella sua miseria
e nel suo splendore, i morti di mafia
ma anche le tradizioni, gli sguardi dei
bambini e delle donne, i quartieri, le
strade, le feste e i lutti, la vita quotidiana
e i volti del potere di una città
dalle mille contraddizioni. Il suo desiderio
di giustizia e libertà l’hanno vista
impegnata in battaglie sociali contro la
droga e a favore della chiusura degli
ospedali psichiatrici. Importante l’in-
contro con il
grande fotografo
Josef
Koudelka,
Donna che fuma (Catania,1984)
come lei stessa afferma: «Josef portò
nella nostra vita una vera disciplina del
lavoro; nutro per lui un sincero rispetto,
gli voglio bene e gli devo molto».
Tra i suoi riferimenti anche la celebre
fotografa americana Diane Arbus. Nel
2017 fonda a Palermo, all'interno dei
Cantieri Culturali della Zisa, il Centro
Internazionale di Fotografia, che è insieme
museo, scuola di fotografia e
galleria. Nel 2019, alla Casa dei Tre Oci
di Venezia si è tenuta un’imponente retrospettiva
sul suo lavoro, mentre è attualmente
in corso - fino al 19 gennaio
2020 - al Palazzo Reale di Milano
la mostra Storie di Strada a lei
dedicata. Moltissime le figure femminili
ritratte negli anni: adulte,
bambine, figlie, madri che testimoniano
con la loro presenza spesso
silenziosa la dura esistenza in Sicilia
così come in altri luoghi del
mondo. Le sue immagini, piene di
pathos e di tenerezza allo stesso
tempo, mostrano intere generazioni
di donne non solo siciliane ma
anche africane, russe e arabe, come
tante sorelle conosciute in giro
per il mondo. E’ stata la prima donna
europea a vincere il premio Eugene
Smith nel 1985.
Il Tempio di Segesta (1986) La bambina con il pallone (1980)
LETIZIA BATTAGLIA
21
Ritratti
d’artista
Claudio Parigi
L’innata e precoce vocazione all’arte nella storia dello
scultore fiorentino
di Paola Giusti
Artisti si nasce o si diventa? Per
Claudio Parigi, scultore fiorentino,
sono vere entrambe le cose.
Egli è convinto, infatti, che si diventi
artisti solo dopo tanti anni di lavoro.
Tempo, applicazione e studio, uniti all’estro
dell’invenzione, consentono a po-
La testa di fauno modellata da Parigi quando era poco più di un ragazzo
co a poco di conquistare lo statuto di
“artista”. Ma non basta: occorrono anche
sentimento e soprattutto l’irresistibile
innata vocazione che si manifesta
fin da bambini. E’ stato così per Claudio
Parigi, un incontro precoce con la vocazione
all’arte. Aveva appena quattro anni
quando la nonna lo portò nella chiesa
di Santa Croce a Firenze. Qui vide gli affreschi
di Giotto, la tomba di Michelangelo
e la statua della contessa Zamojska
di Lorenzo Bartolini. Fu l’inizio di una rivelazione:
nonostante la tenera età, intuì
l’importanza di quelle opere e riconobbe
l’eccellenza di artisti capaci di riprodurre
in maniera così fedele le sembianze
umane. A differenza delle statue già viste
dal piccolo Claudio in Piazza della
Signoria, la contessa Zamojska, a grandezza
naturale, rappresentava una donna
veramente esistita e “ricreata” dalle
mani di un uomo. Tra i tanti ricordi d’infanzia,
spicca la figura dell’anziano pittore
Luigi Michelacci conosciuto mentre
passeggiava sul Lungarno con la nonna.
L’artista portava sotto il braccio una cartella
con dei fogli da disegno e parlando
di sé disse di essere un “macchiaiolo”:
per la prima volta Claudio bambino sentì
pronunciare quel nome buffo. E come
dimenticare la cera modellata a cinque
anni nel laboratorio del padre odontotecnico
e la sorpresa di vedere il ricciolo
di materia ottenuto con la punta della
spatola? Altrettanto nitido il ricordo dei
disegni realizzati in prima elementare,
soprattutto quello in cui ritrasse se stesso
nascosto dietro la tenda degli indiani.
E ancora, la prima scultura modellata
da ragazzo: una testa di fauno nata dopo
aver letto la storia di Michelangelo nel
giardino di San Marco in un libricino donato
dal sindaco La Pira ai bambini delle
elementari. Memorie indelebili come
quella della scultura di Valmore Gemignani
vista nei giardini Caponnetto sul
Lungarno del Tempio quando frequentava
ancora l’asilo; raffigura un bambino
con un capretto, immagine colma di tenerezza
proprio come quella del bambino
Claudio Parigi, giovanissimo eppure
già pronto a rispondere alla “chiamata”
dell’arte, in una precoce prefigurazione
del suo futuro destino.
22
CLAUDIO PARIGI
Ènota l’espressione “cerca trova”
leggibile nell’affresco con
la battaglia di Marciano dipinto
da Giorgio Vasari nel Salone
dei Cinquecento. Capitava spesso in
quell’epoca che artisti e letterati elaborassero
anagrammi e rebus per nascondere
alcuni significati oppure
solo per divertimento. Basti pensare al
disegno di Leonardo da Vinci conservato
nella biblioteca dei Windsor dove
si vedono un amo da pesca e una corona
che insieme vogliono dire “amore”.
Nel corso dei secoli, sono in molti
ad essersi arrovellati sul significato
della scritta di Vasari, fino ad arrivare
all’interpretazione dello scrittore Dan
Brown secondo cui le due parole messe
insieme darebbero vita al termine
“catravacer” collegato in qualche modo
all’Inferno dantesco. Ci sono stati
altri tentativi di risolvere l'anagramma
con “arco trave” e “arcata cava”. Secondo
lo scultore fiorentino Claudio
Parigi, da tempo
studioso di questi
argomenti, la soluzione
dell’anagramma
è “o cava
terra”, con la quale
Vasari voleva
forse suggerire di
cercare qualcosa
che avesse a che
fare con i perduti
cartoni preparatori
della battaglia
di Anghiari di Leonardo.
All'epoca il
Salone dei Cinquecento
era molto
più basso e forse i
cartoni preparatori del capolavoro leonardesco
finirono sotto il mattonato
di un nuovo pavimento: da qui l’invito
a cercare nella “cava terra”. Non
si sa che fine abbiano fatto i cartoni
dell’affresco mai concluso da Leonar-
Particolare dell'affresco vasariano con la battaglia di Marciano dove è leggibile la scritta "cerca trova"
Misteri irrisolti
dell'Arte
Il mistero del "cerca trova" nella
battaglia del Vasari in Palazzo Vecchio
Potrebbe essere "o cava terra" la soluzione dell'anagramma
di Paola Giusti
Anonimo del XVI secolo e Pieter Paul Rubens, copia della Battaglia di
Anghiari di Leonardo da Vinci, Louvre, Département des arts graphiques
do; ne conosciamo l’aspetto grazie ad
una riproduzione eseguita da un anonimo
nel XVI secolo con successivi
ritocchi di Pieter Paul Rubens. Sappiamo
che l’affresco non fu mai ultimato
per le difficoltà legate alla tecnica
adottata dal genio vinciano, ovvero
un tipo di pittura ad encausto
che avendo una componente
di cera calda tende a sgocciolare.
E’ possibile, forse, che per evitare
lo sgocciolamento della cera
Leonardo provò a dipingere l’opera
sul pavimento? In tal caso,
qualche traccia potrebbe essere
rimasta sotto l’odierna pavimentazione.
Il Vasari scrive anche di
una brocca d'acqua che cadendo
a terra bagnò proprio i cartoni
di Leonardo. Alcuni studiosi sostengono,
invece, che “cerca trova”
non sia un anagramma ma
un modo per burlarsi di alcuni
combattenti sconfitti. Insomma,
che si tratti di un anagramma oppure
no, la sola cosa certa è che
siamo al cospetto di un enigma
ancora irrisolto.
CLAUDIO PARIGI
23
Ritratti
d’artista
Kristina Poplitskaia, in arte KristiPo
Pittrice e poetessa russa da anni residente in Toscana,
racconta l’alienazione dell’uomo contemporaneo nell’era
del virtuale
di Lucia Raveggi
Artista eclettica − pittrice, scultrice,
poetessa, attrice e regista
−, Kristina Poplitskaia, in arte
KristiPo, è nata a Mosca e risiede attualmente
a Montecatini Terme. La sua
formazione è iniziata frequentando la
scuola di cinema e drammaturgia Sverdlovsk
Film Studio a Ekaterinburg. Ha
seguito il corso accademico di arte e
lingua italiana al Michelangelo Institute
e nel 2017 si è diplomata all’Accademia
di Belle Arti di San Pietroburgo.
Si dedica con eguale passione alla pittura
e alla poesia cimentandosi soprattutto
nel genere letterario giapponese
dell’haiku. Amante della natura ed animalista
convinta, nei suoi dipinti racconta
un mondo virtuale in cui gli esseri
umani risultano estraniati dalla realtà, al
di fuori dello spazio e del tempo, incapaci
di comunicare tra di loro se non
attraverso gli strumenti tecnologici. Di
questo tema l’artista è stata invitata a
parlare in una trasmissione televisiva
regionale, con l’obiettivo anche di presentare
il ciclo di opere da lei dedicato
a questo argomento e intitolato Mondo
virtuale. Le opere di questa serie sono
state esposte a Forte dei Marmi (La
Marguttiana Arte), Roma (Flyer Art Gal-
L'artista con Giuseppe Bellandi, sindaco di Montecatini Terme, in occasione della donazione di una sua
opera al Comune
lery) e Montecatini Terme (Smart Hotel
Bartolini). Una sua opera è stata donata
al Comune di Montecatini Terme a
seguito di un’esposizione presso la Galleria
civica d’arte contemporanea della
stessa città. Molti suoi dipinti si trovano
in collezioni private in Italia (Roma,
Forte dei Marmi, Montecatini Terme,
Milano), Ucraina, Inghilterra (Londra)
e Germania o sono stati donati per sostenere
la causa del WWF. Come regista
ha diretto il film intitolato Dream e come
scrittrice ha pubblicato raccolte di
haiku e il racconto My perfect friend homunculus.
kristina.poplitskaya@gmail.com
kristi_po_art_blog
Tre opere della serie Mondo virtuale, tempera e acquerello su tela, cm 50x50
24
KRISTIPO
I libri del
Mese
Malatempora / Rambaldo
La metamorfosi di un impenitente libertino nel romanzo
di Giglio Martini
di Erika Bresci
1788. Nell’atmosfera decadente
di una Serenissima ormai
lontana dagli antichi splendori,
ma che si affida ai propri tessuti,
alle feste, alle chiese, alle novità importate
da paesi lontani (le patatine
fritte e la cioccolata) per celebrare
una gloria senza tempo, il giovane e
bel Rambaldo, libertino per vocazione
(e provocazione: «conosci la regola
e trasgrediscila»), consuma i suoi
giorni appeso allo scandire vacuo delle
ore ritmate dall’inseparabile orologio
a cipolla e stretto alle gonne di
gentil dame o semplici “tose” con l’unico
scopo di ricavarne piacere carnale
e di che vivere (un pasto, soldi,
bei vestiti). Femmine usate come oggetti
da destinare a un fine. Suo unico
interlocutore Bastiano, cugino prelato,
monolitico nel suo rigore morale,
che tenta di raddrizzare la strada del
parente scapestrato ma che, di fronte
all’ennesimo racconto erotico dai
contorni blasfemi, lancia un anatema
che condanna Rambaldo a un lungo
periodo di forzata espiazione. Martini
ci pone così davanti a una metamorfosi
kafkiana che profuma anche
di Ovidio e di storie mitologiche antiche.
Quelle che ci insegnano da sempre
quanto possa costare all’uomo la
hybris verso la divinità. In una forma
diversa dalla propria, lontano dalla
sua Venezia, Rambaldo si risveglia
palo rugginoso in riva a un lago che
non conosce. Costretto nella sua dolente
immobilità, e nella cecità che lo
esclude dal consesso degli uomini, ad
ascoltare le storie di quanti gli passano
accanto. Storie soprattutto di donne,
non più femmine, si badi bene, ma
madri, mogli, che scopre solo adesso
fatte anche di cuore e pensieri e
sentimenti da condividere. Confidenze
che diventano angoscia e speranza
nel tempo nuovo vissuto, che è quello
compreso tra le due guerre mondiali e i
tempi bui del fascismo. Su quelle parole,
che sono parole di altri fatte proprie,
Rambaldo farà perno per recuperare,
insieme al pentimento, la perduta dignità
di uomo, che vede nel rispetto
degli altri la propria grandezza. L’imperativo
categorico kantiano («agisci in
modo da trattare l’umanità sempre anche
come fine e mai semplicemente come
mezzo») bussa con forza al cuore
di Rambaldo, lo convince, lo fa suo, gli
fa cambiare strada. Salvo poi un guizzare
di testa e di pensiero ancora ver-
so la tentazione, il
profano, che è poi
il destino dell’uomo
cacciatosi fuori dal
giardino dell’Eden.
Un romanzo intenso,
una storia appassionante
e costruita
con intelligente ritmo
narrativo, capace
di fondere in un
unicum convincente
le due parti del
racconto, diviso nei
luoghi ma compreso
a indicare un solo
cammino. Una storia
che, dipinta in un
tempo storico esatto,
fatto di concreti
riferimenti olfattivi
– l’«odore salmastro
e stantio delle
muffe e dell’umidità
stagnante» – e visivi
– le chiese con i
loro mosaici e dipinti,
i broccati dei tessuti
–, si fa storia di
ogni tempo, storia dei nostri giorni,
nei quali ancora è così difficile riconoscere
pari dignità e valore all’uomo
e alla donna, e in cui si consumano
femminicidi che hanno alla base quello
stesso concetto di donna-oggetto
che Rambaldo brandisce come arma
per sopravvivere alla vita. Femminilità
consumata nell’apparenza.
Guardata e non ascoltata. Un monito
fermo che nel rocambolesco dipanare
del romanzo rappresenta la stella polare,
l’orizzonte che resta ancora da
superare.
www.malatempora.it
MALATEMPORA / RAMBALDO
25
IDEA TOSCANA - Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 | 50019 Sesto Fiorentino (FI) |
Tel. 055.4494083 |info@ideatoscana.it | www.ideatoscana.it
A cura di
Stefano Marucci
Storia delle
Religioni
Il “comandamento” dell’amore
nel Vangelo
di Valter Quagliarotti
www.paolopenko.it
info@paolopenko.com
+ 39 055. 2052577
Da questo tutti sapranno che
siete i miei discepoli, se
avrete amore gli uni per gli «altri». Il comandamento di Gesù riassume
tutto il Vangelo e rende riconoscibile
il discepolo suo. A questo comandamento
sono riconducibili tutta la legge
e i profeti, tutta la volontà di Dio. Infatti:
«Dio è amore; chi sta nell’amore dimora
in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16).
San Paolo afferma: «Pieno compimento
della legge è l’amore». Gesù è venuto
per rivelarci e donarci questo amore.
Nella preghiera sacerdotale, prima della
sua passione, Gesù conclude così: «Come
tu, Padre, sei in me e io in te, siano
anch’essi in noi una cosa sola, perché
il mondo creda che tu mi hai mandato
... lo ho fatto conoscere loro il tuo
nome e lo farò conoscere, perché l’amore
con il quale mi hai amato sia in
essi e io in loro». Gesù chiede al Padre
di donarci l’amore stesso offerto al
Figlio, perché possiamo anche noi essere
«una cosa sola con Gesù e il Padre».
Scrive San Giovanni della Croce:
«Se in un ambiente non c'è amore, semina
l'amore, spunterà l'amore». «Come
io ho osservato i comandamenti del
Padre mio e rimango nel suo amore».
C'è unità perfetta tra il Figlio e il Padre,
e questa stessa unità si stabilisce tra
me e voi se praticate la carità. La carità
è una vita che scorre nuova tra Gesù
e me, è il tramite per vivere in pienezza
e con gioia. Perché Gesù ci vuole nella
gioia? Perché è attraverso questa gioia
che sgorga il nostro donarci agli altri.
Non dimentichiamo che il nostro
egoismo è tristezza, l'odio è amarezza
e l'orgoglio genera soltanto scontentezza.
Gesù ci lascia il suo comandamento
proprio nel contesto dell’ultima cena,
ossia nel momento in cui i suoi discepoli
stavano tradendolo, rinnegandolo,
abbandonandolo. I sinottici concordano
nel far precedere l’istituzione eucaristica
dall’annunzio del tradimento di
Giuda e nel far seguire la predizione del
rinnegamento di Pietro e dell’abbandono
scandalizzato degli altri. Gesù offre il
suo corpo anche a chi lo sta tradendo,
risponde al male con l’amore misericordioso
che assume e supera le miserie
umane, s’impietosisce e freme di compassione
dinanzi ai suoi poveri discepoli.
E’ l’amore viscerale o sviscerato della
madre, ma anche del padre, dell’amico.
Giovanni, nel raccontarci l’ultima cena,
evidenzia come Gesù tratta con amore
misericordioso Giuda il traditore al quale
offre il boccone dell’amicizia, ha pazienza
con Pietro che si ostina
nel seguire le sue idee e soprattutto
consente al discepolo
amato di poggiare la sua
testa sul suo seno. Gesù ci ha
amato portando su di sé tutte
le nostre miserie e i nostri
peccati. E’ l’Agnello di Dio,
presentato dal Battista all’inizio
del Vangelo, che si lascia
immolare sulla croce e rimane
come tale al centro della
liturgia celeste, come ci viene
presentato dall’Apocalisse.
L’amore misericordioso di
Cristo apre alla speranza di un
mondo nuovo perché porta
alla conversione del cuore. E’
proprio la misericordia a provocare
il cambiamento della
vita. Il figlio prodigo si converte
quando il padre gli va
incontro, lo abbraccia e gli fa
una grande festa, permettendogli
così di capire cosa sia
l’amore. La civiltà dell'amore
non è un sogno, è già cominciata
con la preghiera di Gesù
ed è la grande missione della Chiesa.
«L’autentica misericordia è la fonte più
profonda della giustizia - afferma Giovanni
Paolo II - perché la misericordia
diviene elemento indispensabile per
plasmare i mutui rapporti tra gli uomini,
nello spirito del più profondo rispetto di
ciò che è umano e della reciproca fratellanza.».
La stessa Madre Teresa sosteneva
a questo proposito: «L'amore
è un frutto che matura a ogni stagione
ed è sempre alla portata di ogni uomo».
L'amore, quindi, non è fatto di sole parole,
bensì di azioni e sincerità. Quando
mi abituo a ringraziare Dio per i doni di
un fratello, io costruisco la piattaforma
dell'amore, perché costruisco la stima.
La stima è il seme dell'amore. L’amarci
come Gesù ci ama cambia l’uomo e
quindi anche la società.
Caravaggio, Sette opere di Misericordia, olio su tela (1606-1607),
Pio Monte della Misericordia, Napoli
VANGELO
27
Enrico Visani
Ritratti
d’artista
Tra i maggiori esponenti italiani della pittura informale,
vanta una lunga carriera espositiva costellata d’incontri
con artisti come De Chirico, Guttuso e Annigoni
di Tebaldo Lorini
Spirito anarchico fin dall’infanzia,
per l’artista Enrico Visani vivere
in un piccolo paese sperso tra le
montagne della Romagna toscana era
come crescere in una prigione e le uniche
libertà erano i monti e soprattutto
l’arte che gli faceva sognare un mondo
diverso. Era la stessa smania che
a Marradi - cittadina dove è nato il 6
febbraio del 1938 - aveva avuto il suo
compaesano e dirimpettaio Dino Campana,
poeta e scrittore (che però lui non
ha conosciuto essendo morto nel ’32
ndr). Inizia quindi la sua vita avventurosa,
e a 14 anni parte dal suo paese natìo
per fare il fornaio a Vaiano, cercando un
boccone di pane e le prospettive di una
vita migliore. Qui, nei momenti liberi
dal lavoro, inizia a dilettarsi di pittura
conoscendo il pittore veneto Gastone
Breddo, all’epoca direttore dell’Accademia
del Disegno di Firenze. Così, agli
Appennino oggi, tempera su carta
inizi degli anni ’70, cominciano le prime
mostre personali che riscuotono immediato
successo e il cui numero, con
l’ultima fatta in Australia, è arrivato oggi
a ben 127. Tra le più importanti in
Italia le esposizioni alla Galleria Cortina
di Milano, alla Galleria Forni a Bologna,
a Firenze al Museo Marino Marini,
alla Galleria Pananti e a Palazzo Medici
Riccardi, mentre all’estero alle Gallerie
Star, J. Pier Lavigne, Art 4 ed Esprit, rispettivamente
ad Anversa, Parigi, Bruxelles
e Clinge; in Olanda ha partecipato
con le proprie opere alle celebrazioni
per il 300º anniversario della morte di
Jacob Jordaens, pittore fiammingo fra
i maggiori del XVII secolo. Ha esposto,
inoltre, in quasi tutti i paesi dell’America
del Sud e in Perù al Museo d’Arte
Moderna Italiana di Lima, oltre che
a Salonicco e Londra. La sua opera è
stata recensita da critici illustri tra cui
Enrico Visani
Carluccio, Solmi, Paloscia, Minguzzi e
Saetti. Essendo legato a lui da una lunga
amicizia, nel 2007 ho riportato
numerose nostre
conversazioni nel libro Incontri
di Enrico Visani con
i Grandi Maestri del Novecento,
con i profili biografici
di personaggi importanti
incontrati nella sua lunga
carriera artistica: Guttuso,
De Chirico, Manzù, Annigoni,
Teodorakis e John Cage.
Nel 2001, ho inoltre curato
le note biografiche del volume
Visani/Dentro la natura
di Giuliano Serafini. Ora,
l’artista 82enne, in quella
che è l’età della saggezza e
del ricordo, continua ancora
ad offrire le sue fantasie
artistiche ed i suoi sentimenti
a beneficio degli amici
e degli estimatori della
bella pittura.
ENRICO VISANI
29
Mostre in
Italia
Due artisti a confronto
Dal 18 gennaio al 31 marzo, la bipersonale di Vincenzo
Auciello e Giorgio Esposito al Beach Resort di Punta
Marina Terme
di Anna la Donna
Dal 18 gennaio al 31 marzo, lo
spazio espositivo del Beach
Resort di Punta Marina Terme
diretto dal curatore Andrea Petralia,
ospiterà la bipersonale di Vincenzo
Auciello, autore di opere con tema
floreale, e Giorgio Esposito, presente
in mostra con paesaggi e figure femminili.
Due artisti a confronto che intendono
l’arte come imitazione della
Nato in provincia di Napoli
(Marano) nel 1956, Vincenzo
Auciello si dedica
alla pittura fin da giovanissimo come
autodidatta. Negli anni ha approfondito
questa sua passione
iniziando anche ad esporre in diverse
gallerie con riscontri positivi
da parte della critica e del pubblico.
auciellovincenzo@alice.it
+ 39 3392107178
Vincenzo Auciello
Rose bianche, olio su tela, cm 60x80
Rose rosse, olio su tela, cm 50x70
30
DUE ARTISTI A CONFRONTO
natura, elaborando soluzioni pittoriche
personali e suggestive. Il tema
catulliano della “ vergine rosa”,
bellissimo fiore prefigurazione della
caducità, diventa immagine speculare
del fascino muliebre nella sua
varietà di destini. Le rose ritratte da
Auciello assumono un forte valore
simbolico in base al colore: rossa,
fiore di Venere e sangue di Adone e
di Cristo; bianca, emblema di purezza
e beatitudine divina, luogo dove,
secondo Dante, risiedono le anime
del Paradiso. Piacevoli e accattivanti
suggestioni visive sospese tra
sacro e profano, le donne, avvenenti,
seduttive e madri, assumono una
rilevanza di primo piano nelle opere
di Giorgio Esposito. L’artista esalta
il pathos del femminile e il potere
della donna, mettendo nelle sue mani
il destino dell'essere umano. Da madre
accogliente eletta genitrice dalla
natura a donna svestita da un ruolo
culturale ed immersa nel proprio 'io'
femminile. Un modo per dire che, da
sempre immobilizzata nel suo ruolo
materno, la femminilità è diventata
nel tempo ricerca di identità e
affermazione del sé. Un’esposizione
che lascia aperti spazi di riflessione
e di dialogo tra due artisti che,
pur esprimendosi con un linguaggio
personale e un’esperienza pittorica
diversa, celebrano l'unità inscindibile
della bellezza.
L'ufficio stampa dell'evento è coordinato
dal giornalista Alberto Mazzotti.
Nato a Napoli (1963) dove
vive ed opera, Giorgio
Esposito manifesta
fin da bambino la propria vocazione
artistica, disegnando con
penne, pastelli e matite. A venticinque
anni inizia a dipingere ad
acquerello, passa poi alla tempera,
all’acrilico ed infine all'olio.
Appartiene alla schiera ormai
esigua di coloro che possono, a
giusto titolo, ritenersi ideali continuatori
della scuola di Posillipo,
in quel che di perennemente valido
essa ha trasmesso sul piano dell’arte.
Amante della natura, predilige
il genere del paesaggio, con colori
pieni di sole e di luce. E’ attualmente
impegnato in un genere nuovo che
prevede tecniche miste su supporti
di diversa natura. Ha al suo attivo
un’intensa attività espositiva tra Napoli,
Roma, Venezia e Ravenna.
gesposito63@gmail.com
+ 39 3477409871 Giorgio Esposito
Pausa, olio su tela, cm 80x90
Riflessioni, tecnica mista su tela, cm 80x90
DUE ARTISTI A CONFRONTO
31
Viaggi
culturali
Diario di un viaggiatore sentimentale
La Cina fra luci e ombre nel racconto di viaggio di
Lorenzo Borghini
di Gabriella Izzi Benedetti / foto Lorenzo Borghini
Lorenzo Borghini, "viaggiatore
sentimentale", e i suoi 21 giorni
trascorsi tra le luci e ombre
della sterminata e contraddittoria Cina,
ci offrono una narrazione priva degli
orpelli di lungaggini descrittive,
realizzando un insieme di flash, frammenti
di realtà, stratificazioni ambientali
assai stimolanti; il tutto affidato a
un linguaggio espresso con spontanea
immediatezza. Grazie a essa riusciamo
a partecipare a un'avventura molto
personale e viverla in simbiosi con
il modo e mondo di ricerca dell'autore,
che privilegia innanzitutto l'autenticità
dell'approccio affidato al ritmo
del suo giovanile entusiasmo che tutto
vorrebbe assorbire e includere, dal
cibo agli aspetti culturali, dalla quotidianità
ad ottiche più specifiche. Una
volta a Shanghai che accoglie lui e il
compagno di viaggio, F., con un odore
pesante, quasi che la città sia "abbracciata
da fumi di zolfo", i due giovani
sono stanchi "ma la voglia di provare
nuove sensazioni è troppo grande".
E saranno molte in quelle tre settimane
le esperienze a volte piacevoli, ma
spesso angoscianti; sevizie su animali,
il pesce gatto sfilettato vivo, le oche
prive dei piedi per un ingrassaggio ottimale,
i panda tristemente segregati a
beneficio della curiosità dei turisti. Offriranno
spunti di riflessione le incongruenze
per non dire prevaricazioni
ambientali e sociali; grattacieli lus-
Foto scattate da Lorenzo Borghini, autore del libro, durante il viaggio in Cina
32
DIARIO DI UN VIAGGIATORE
suosi e baracche assurdamente consecutivi;
grandi ricchezze e altrettanto
grandi miserie; straordinari paesaggi
e maleodoranti quartieri; luci e ombre,
appunto. Sembra, a una lettura epidermica,
che Lorenzo non partecipi emotivamente
alla realtà circostante; che
osservi le innumerevoli sfaccettature
che si sovrappongono e spesso confliggono,
con occhi distanti e privi di
giudizio. A una lettura più attenta ci si
rende conto che egli non si limita a registrare,
che il senso etico è affidato
alla sinteticità espressiva, quale messaggio
intrinseco, veicolando un’emotività
che rimbalza nell'animo altrui.
Non è semplice. Lui ci riesce. Non a
caso il passo seguente sarà quello di
"registrare un documentario indipendente
sulla Cina, sui contrasti che ci
sono all'interno, su usi e costumi, ma
soprattutto sull'avvento del progresso,
sulla spersonalizzazione dell'individuo
nella grande città ... (dove) gli
uomini si sono inariditi come piante
senz'acqua, quasi senz'accorgersene
si sono rinchiusi in un labirinto senza
via d'uscita". Lorenzo è dunque parte
della schiera dei viaggiatori spinti
sì dalla curiosità dei luoghi, in senso
umano e culturale, ma anche dall'urgenza
del comprendere, del confrontare,
del riferire. Lontano dal clima che
attualmente ha il sopravvento, occorre
tristemente dirlo, di un turismo insensato
privo di motivazioni se non
quello di "status", il viaggio dei tempi
in cui esso veniva inserito in un
percorso di contesto educativo, è lontano;
ciò non toglie che questa narrazione
non sia così diversa, legata
al superamento dell'ovvio, dove l'immersione
in spazi naturali, la ricerca di
luoghi storici, artistici, di culto, sono
un aspetto essenziale del testo. Si rincorrono
inquadrature; simpatica quella
sul monte Emei Shan "un colosso di
3000 metri cosparso di verde, un verde
selvaggio che ospita scimmie come
fossero volpi" con Leshan dove esiste
la statua del Buddha più alta del mondo,
71 metri. Per raggiungerla "attraversiamo
ponti, saliamo e scendiamo
gradini, ci ripariamo dalla pioggia che
di tanto in tanto aumenta ...ed eccola
lì, la statua del Buddha gigante in
tutta la sua grandezza. Sono 71 metri
scolpiti nella roccia, i piedi toccano
quasi l'acqua, un'acqua torbida in cui
confluiscono ben tre fiumi: Minijang,
Dadu e Qingyi, quasi come se si inchinassero
davanti alla maestosità del
Buddha". Certo, Lorenzo e il suo amico
sono giovani, vogliono divertirsi, conoscere
la vita notturna delle città e si
trovano spesso nell’ imbarazzante situazione
di sollecitazioni femminili alle
quali volentieri aderirebbero, salvo il
dubbio di inviti ambigui e prezzolati di
per sé frenanti. Questo mondo multiforme,
di cui i due compagni di viaggio
subiscono il fascino, ci viene trasmesso
con un garbo e una freschezza che
affascina anche noi. Partiremo anche
noi? Mai dire mai.
www.mugeltravel.com
DIARIO DI UN VIAGGIATORE
33
Cinema in
Toscana
Quel genio del mio amico
Girato in Toscana, tra Mugello, Valdisieve e Valdarno,
il secondo film di Alessandro Sarti rende omaggio a
Leonardo da Vinci nel cinquecentenario della morte
di Barbara Santoro
Barbara Santoro con Alessandro Riccio, uno
degli interpreti
In un momento storico come il nostro
in cui lo spessore culturale
si appiattisce sempre di più in un
“mordi e fuggi” della comunicazione,
l'amico Alessandro Sarti, già assessore
al Comune di Pontassieve, ha trovato il
tempo per scrivere e girare una commedia
davvero divertente. S’intitola
Quel genio del mio amico, è stata girata
nei comuni della Valdisieve, del Valdarno
e del Mugello ed è un omaggio a
Leonardo da Vinci nel cinquecentenario
della morte. Il Castello del Trebbio, il
Castello di Nipozzano, il Palagio di Parte
Guelfa a Firenze, la Cupola di Acone,
il Palazzo dei Vicari di Scarperia, la
Villa Casagrande a Figline Valdarno, la
Burraia Ninetta, la Villa di Poggio Reale
a Rufina, la Torre del Castellano di Incisa,
lo Spedale del Bigallo a Bagno a
Ripoli, Asciano e le Crete senesi, il Palazzo
Sansoni Trombetta (sede del Comune
di Pontassieve) sono alcuni dei
luoghi scelti dal regista per ambientare
il film. Luoghi che per l’occasione hanno
riacquistato l’aspetto di un tempo,
con strade e stanze illuminate da fiaccole
e candele, i deschi apparecchiati,
le panche e gli sgabelli di foggia rinascimentale,
le così dette “savonarola”.
E poi le matrone con le “gamurre” rese
gonfie dalla “faldiglia”(una specie
di ovatta), i messeri in braghe a calzamaglia
bicolori ed i grandi signori col
“mazzocchio”, copricapo nato da un
disegno dell’eccentrico pittore fiorentino
Paolo Uccello (1397-1475), o con
la “berretta” visibile nelle pitture di Benozzo
Gozzoli (1420-1497) a Palazzo
Medici Riccardi; i musici con le chiarine
ed altri con i tamburini. La colonna
sonora è stata affidata al maestro Gianluca
Sibaldi. Il film è stato patrocinato
dal Consiglio regionale della Toscana e
da tutti i comuni coinvolti nelle riprese.
Fondamentale la collaborazione del
corteo storico di Pontassieve e di altri
gruppi storici toscani che hanno messo
a disposizione abiti, oggetti e professionalità
in una comunione d’intenti
finalizzata anche ad un progetto che vede
il regista testimonial di Cure2Children,
fondazione impegnata a curare e
guarire i bambini affetti da malattie onco-ematologiche.
L’attore Sergio Forconi
interpreta il ruolo di Leonardo da
Vinci, e insieme a lui nel cast tanti altri
nomi noti del mondo del cinema e
dello spettacolo: Athina Cenci, Daniela
Morozzi, Rosanna Susini, Katia Beni,
Alessandro Riccio, Alessandro Calonaci,
Renato Raimo, Bruno Santini, Jerry
Potenza, Piero Torricelli, Giovanni Lepri,
Alessandro Gelli, Wiki Pedro, Filippo
Tassi, Luigi Ragoni, Mattia Boschi,
Giuditta Niccoli, Martina Tarducci, Lorenzo
Andreaggi, Isabella Vezzosi, Toni
Gamberale, Nadia Capanni, Francesca
Fiorazzo, Francesco Tona, Alessandro
Tassi, Tiziana Caserta, Gianni Giannini e
molti altri ancora. Per non dare troppe
anticipazioni sulla trama del film, basti
dire che la storia è ambientata a Firenze
alla corte dei Medici e a Milano alla
corte di Ludovico il Moro. I toni sono
quelli propri di una commedia che lascia
spazio al divertimento e all’invenzione
di fantasia; al pubblico il compito
di giudicarla, con la certezza che non rimarrà
deluso.
Al centro, il regista fiorentino Alessandro Sarti con alcuni attori del film (ph. courtesy Gonews)
34
ALESSANDRO SARTI
A cura di
Doretta Boretti
Dal teatro al
sipario
La crisi dei teatri italiani e la
situazione di quelli fiorentini
Ne parliamo con Maria Federica Giuliani, vicepresidente
del Consiglio comunale di Firenze
di Doretta Boretti
In un periodo di difficile soluzione
della crisi economica nazionale, e
nello specifico di quella dei teatri
italiani, La Toscana nuova dedica spazio
a questo argomento introducendo
la rubrica Dal teatro al sipario. Già dal
titolo s’intuisce il percorso di questo
appuntamento mensile, il cui obiettivo
è avviare un confronto tra le dinamiche
politiche, la corretta gestione delle
risorse pubbliche e l’offerta socio-culturale
delle amministrazioni cittadine.
A questo si aggiunge l’importanza della
“fabbrica teatro” come fonte di lavoro
per diverse figure professionali,
al di qua e al di là del sipario. In questo
primo numero intervistiamo Maria
Federica Giuliani, vicepresidente del
Consiglio comunale di Firenze, durante
un incontro alla Loggia del Piazzale
Michelangelo.
E’ una frequentatrice dei teatri?
Sì, certo, anche se compatibilmente
con gli impegni familiari e istituzionali.
Il precedente mandato l’ha vista impegnata
nel ruolo di presidente della
Commissione Cultura del Comune
di Firenze. In base alla sua esperienza,
cosa ne pensa della situazione
La vicepresidente del Consiglio comunale di Firenze
Maria Federica Giuliani
Il Teatro della Pergola a Firenze
dei teatri italiani e in particolare di
quelli fiorentini?
Comincio col dire che è un grande
onore per me ricoprire un ruolo politico
a Firenze, città amata nel mondo
per il suo straordinario patrimonio
artistico e culturale. Nei cinque anni
trascorsi alla Commissione Cultura
è stato fatto molto per i teatri cittadini:
la Pergola è diventata teatro nazionale,
il Maggio è stato recuperato da
una situazione economica molto difficile
arrivando al pareggio di bilancio;
abbiamo aperto i teatri ai giovani e alle
scolaresche e abbiamo creato una
compagnia di giovani della Pergola
e del Teatro Niccolini. Va pur detto
che, al di là della situazione economica
italiana non particolarmente felice,
la gestione dei teatri presenta notevoli
difficoltà dovute agli alti costi di gestione.
In questi anni i governi hanno imposto
numerosi tagli alla cultura: ne
avete risentito come amministrazione
e come siete riusciti a trovare le
risorse?
Anziché di tagli è più corretto parlare
di una razionalizzazione delle risorse
in base all’impegno locale, all’apertura
dei teatri, agli spettacoli e alla fruizione
dell’utenza; questi sono stati i criteri
fondamentali per Firenze. Il nostro
scopo è avvicinare i ragazzi al teatro e
rendere la cultura accessibile a tutti.
Potremmo dire, quindi, che alla capacità
dei comuni di offrire un’adeguata
proposta culturale deve
corrispondere la risposta del pubblico
a questa offerta.
E’ proprio così. Il grande Paolo Grassi
affermava che il teatro è un diritto e
un dovere per tutti. La città ha bisogno
del teatro e il teatro ha bisogno dei cittadini.
Niente di più vero.
elischia@inwind.it
LA CRISI DEI TEATRI
35
GALLERIA D’ARTE MENTANA FIRENZE
Presenta
Individuazioni
Opening sabato 18 gennaio ore 18
Aissa Agostini
Emanuela Simoncini
Riccardo Salusti
Sirio Midollini
Paolo Pesciullesi
Debora Ferruzzi Caruso
La mostra si protrarrà fino al 4 febbraio
Orari Tutti i giorni 11-13 / 16-19.30, esclusi domenica e festivi
GALLERIA D’ARTE MENTANA
Via della Mosca 5r - 50122 (FI)
+39.055.211984 - www.galleriamentana.it
galleriamentana@galleriamentana.it
Sito web: www.galleriamentana.it - Vendita online: www.galleriamentana.it/it/negozio
Facebook : www.facebook.com/galleriamentanafirenze
I libri del
Mese
Lettere senza confini
Il dramma della perdita di un figlio nel racconto di sei madri
Premio Donna dell'anno 2019 alla curatrice del libro Gaia Simonetti
di Lorenzo Borghini
Ci sono giorni in cui la parola "fine"
mette un doloroso punto
nell’anima. E’ un punto marcato
che oltrepassa il foglio così come trapassa
il cuore. Altri giorni, invece, con
la complicità del tempo e del coraggio,
si caricano di speranza e modificano il
“viversi addosso” per riprendere ad esistere.
E’ quanto hanno fatto sei mamme,
molte delle quali di Firenze o di
comuni vicini al capoluogo toscano, ma
anche di Mantova fino ad arrivare a Rieti,
tutte accomunate dalla tragedia di
aver perso un figlio. Dalla condivisione
di questo dolore è nato il libro Lettere
senza confini (ADV Edizioni), al cui interno
sono raccolti testi indirizzati ai figli
che non ci sono più, usando tempi
verbali al passato, ma anche declinati al
futuro. Il coraggio di queste mamme è
stato premiato con l’attribuzione di un
prestigioso riconoscimento: il Premio
Internazionale Michelangelo consegnato
alle autrici nell’ambito di una cerimo-
Le madri autrici del libro: a partire da sinistra, Stefania, Giovanna, Gaia, Paola, Laura e Stefania
(ph.courtesy Letteradonna)
nia svoltasi presso il Palazzo Mediceo di
Seravezza (LU).
Alla curatrice del libro Gaia Simonetti,
giornalista fiorentina
e addetta stampa
della Lega Pro
anche lei colpita
dalla stessa terribile
esperienza, è andato
il Premio Donna
dell'anno 2019 per
la sezione narrativa.
A consegnarlo
Barbara Benedetti,
presidente del Premio
Internazionale
Michelangelo e i
rappresentati delle
istituzioni locali.
«Il Premio Donna
dell'anno - ha spiegato
Barbara Benedetti
- nasce in
questa edizione per
riconoscere il coraggio e il valore di gesti
che restano impressi come quello
delle sei madri del libro che da Firenze,
Mantova ed Amatrice, le città da cui
provengono, hanno teso la mano ad altre
mamme». «Sono onorata di ricevere
questo premio - ha dichiarato Gaia
Simonetti - che condivido con le altre
autrici del libro Stefy, Giovanna, Paola,
Stefania e Laura, mamme coraggiose
che insegnano il valore della vita. A
solo un anno dalla pubblicazione, il libro,
presentato nelle scuole, nei teatri
e nei circoli rivolgendosi soprattutto
ad un pubblico di giovani, ha permesso
di consegnare due borse di studio
a studenti di Amatrice e di Accumuli, e
altre ne verranno consegnate con la cadenza
di una ogni anno per quante sono
le lettere contenute nel volume». La
prossima borsa di studio sarà intitolata
a Mauro Cordeschi, figlio di Giovanna,
che ha salvato diverse vite con la donazione
degli organi.
LETTERE SENZA CONFINI
37
Ritratti
d’artista
Riccardo Battigelli
Dalla pittura d’impegno sociale alla natura intrisa di
significati simbolici e suggestioni liriche
di Fabrizio Borghini
Riccardo Battigelli dipinge paesaggi,
fiori, animali, figure e
talora s’ispira alla realtà con- «tingente, come per l’opera pubblicata in
asta alla Babbuino a Roma e dedicata al
tragico evento dell’esplosione alla stazione
di Viareggio nel 2009. Un’opera
di rara potenza espressiva dove l’artista
tramite il dinamico fluire dei colori
ricostruisce il dramma umano delle
vittime e sottintende precise responsabilità».
Scrive così il critico d’arte Roberto
Perdicaro a proposito del pittore
toscano Riccardo Battigelli e dell’opera
da questi dedicata al disastro di Viareggio.
Questo tragico episodio ha molto
colpito l’artista che a questo proposito
afferma: «Ho immaginato e dipinto il
tragico evento con la speranza che non
si ripetano altri dolorosi lutti e auspicando
che quest’opera generi riflessioni
e dialogo sulle responsabilità e cause
dell’evento, affinché s’intervenga a lenire
le enormi necessità materiali, spirituali
e morali degli eredi, delle vittime e
dei superstiti». Di questa stessa opera,
Ovunque tu sia (2018), olio composito su tela, cm 70x50
il critico d’arte Giorgio Falossi scrive:
«I rossi color fiamma screziati di giallo,
i blu intensi che si confondono nelle
più aggressive dissonanze del verde lacerato,
sono la realtà di un ricordo che
Cipressi per due (2005), olio composito con sabbie su tela, cm 60x35, collezione privata
fa parte della storia e che solo un artista
può imprimere e vivere in un attimo
sufficiente per la commozione e per il
pianto. Riccardo Battigelli ci parla con
i suoi inquieti cromatismi di una realtà
intensa che completa una macerazione
concettuale di sensazioni pure. Due
figure con le braccia alzate in segno di
resa nel falò notturno prima che torni il
buio gridano il loro destino. Forme senza
sembianze che vagano nell’angoscia
cromatica sul cui capo segna un cartello
la parola "Viareggio"». E ancora, vale
la pena ricordare il giudizio critico della
professoressa Degra Dè Bejis: «Ciò
che questo dipinto di Riccardo Battigelli
cerca di rappresentare, non ha volontà
di corrispondere ad alcuna assimilazione
metafisica né informale, bensì, se si
vuole al momento escludere ogni legittima
aspirazione artistica, è indubbio
che si tratti delle conseguenze di un impulsivo
gesto di denuncia, di rabbia e
di monito alla notizia della ventottesima
vittima di una “assurda sciagura“ che
38
RICCARDO BATTIGELLI
Viareggio tragedia (2009), olio su tela, cm 60x45
mette in luce la cattiva gestione delle
tecnologie necessarie all’avanzamento
del progresso tecnico dell’era moderna
e l’assenza di controllo qualificato nello
stabilire la presenza di sufficienti valori
ed equilibri nella scienza, nella tecnica e
nell’etica dell’organizzazione delle funzioni
della quotidianità: cioè la scuola, il
lavoro, l’economia, la ricerca, la politica,
la misurata qualità della tecnica, la nostra
vita, insomma». In altre opere, l’artista
procede dal simbolo all’allegoria
come, ad esempio, nel dipinto intitolato
Ovunque tu sia, sul cui significato Battigelli
precisa: «Un ragno nero signoreggia
al centro della sua tela tessuta, in
alto a destra del dipinto. Che sia Aracne,
la dea mutata in ragno da Athena,
vincitrice del duello fra le due dee nella
contesa voluta da Aracne, poi condannata
dalla vincitrice Athena a tessere il
filo delle sue tele per tutta l’eternità ? La
risposta a quella tessitura, se c’è, è nei
significati attribuibili al filo. Quest’ultimo
ci mette al cospetto della quantità
dello spazio-tempo riservato a tutti noi
mortali, ma è anche una sorta di allarme
nei confronti della tecnica con cui l'uomo
ha messo ottusamente a repentaglio
se stesso nell'intento di conseguire
l'egemonia sull’universo. Abbiamo depauperato
le risorse del pianeta, quelle
energetiche e quelle naturali, alterato le
periodicità stagionali, le variabilità degli
eventi atmosferici, la qualità dell’aria
che respiriamo e dell’acqua che beviamo,
costringendo l’umanità al rischio di
guerre per l’acqua potabile e a ulteriori
grandi e dolorosi esodi di massa per
le desertificazioni già in atto. E’ necessario
approdare velocemente ad un'etica
rinnovata, per mezzo di una nuova
disposizione mentale e spirituale capace
di rifiutare una tecnica esasperata
nei suoi utilizzi che vanno oltre le
necessità di una vita serena e consona
alla misura dell’uomo». L’opera Cipressi
per due apre invece a scenari lirici,
tanto da aver ispirato alla poetessa Roberta
Incerpi i versi che seguono: Svettano
cipressi blu nel rosa del tramonto
/ Due / Nell’ora morbida dell’oblio / dritti,
toccano le stelle / Dignità e rispetto /
Nell’ora morbida dell’oblio / dritti toccano
le stelle / Dignità e rispetto / Sorgerà
radioso il domani / confusi i sogni
evaporeranno leggeri / Integri e schietti
/ certezza nell’aria mutevole / lealtà nel
timoroso risveglio / Autentici e sinceri
/ Due cipressi abbracciati / ma indipendenti
/ Dignità e rispetto. Nel 2011
l’opera è stata scelta dalla pianista Maria
Clara Monetti per la copertina della
suonata per pianoforte Cipressi composta
nel 1920 dal maestro Mario Castelnuovo
Tedesco ed eseguita dalla stessa
pianista per le commemorazioni del
centenario di questo maestro. Esposto
in varie collettive, il dipinto ha ricevuto il
Premio Ambiente Italia con la medaglia
d’oro data dal presidente della Repubblica
ed è stato selezionato per la prima
Biennale Internazionale di Palermo.
riccardo.battigelli@tiscali.it
www.riccardobattigelli.com
www.riccardobattigelli-pittore.com
RICCARDO BATTIGELLI
39
Personaggi
A Dolcenera il Premio Ponte Vecchio
La cantante lo ha ritirato al Teatro Puccini di Firenze in
occasione del concerto Diversamente pop
di Lorenzo Borghini / di Maria Grazia Dainelli e Manuela Kali
Dopo Spoleto e Roma, il tour
2019 di Dolcenera ha fatto
tappa a Firenze, città di adozione
della cantautrice salentina. Nel
1996 arrivò nel capoluogo toscano come
Emanuela Trane, il suo nome e cognome
all'anagrafe prima di optare
per il nome d'arte Dolcenera mutuato
dal titolo di una canzone di Fabrizio
De André, per iscriversi alla facoltà di
ingegneria meccanica dopo aver frequentato
il liceo classico nella sua città,
Galatina. «Oggi Firenze è casa mia
– ha dichiarato in una recente intervista
televisiva – e la Puglia ormai la ritengo
casa della mia mamma. Nonostante si
dica che i fiorentini sono chiusi, mi sono
trovata sempre bene, forse mi trovo
più a mio agio con i fiorentini dell'hinterland
che li vedo un po' come i pugliesi,
più comunicativi e accoglienti e
io con le persone ho sempre cercato di
comunicare e instaurare rapporti veri.
Per la mia professione stare a Milano
sarebbe meglio e se faccio dei sacrifici
per rimanere a Firenze vuol dire che
la città mi ama e io la ricambio stando
qui perché mi piacciono la sua umanità,
la malinconia e la dolcezza. E' ve-
ro, non c'è il mare, che amo
molto, ma quando posso vado
a Follonica e risolvo il problema».
Sul palco del Teatro
Puccini, prima dell'inizio del
concerto Diversamente pop,
le viene consegnato dall'associazione
Toscana Cultura
il Premio Ponte Vecchio che
va ad aggiungersi al Premio
Lorenzo Il Magnifico ricevuto
nel Salone dei Cinquecento
di Palazzo Vecchio, al Torrino
d'oro ricevuto in piazza del
Cestello e al Premio Porcellino
ricevuto sotto la loggia
che ospita il famoso cinghiale
portafortuna: tre onorificenze
che consacrano la
sua fiorentinità. Esplosa nel
2002 vincendo Destinazione
Sanremo, che ha poi vinto
l'anno successivo nella categoria
Proposte, consacrata
nel 2005 dalla vittoria a Music
Farm, ha vinto nel corso
della sua carriera dischi d'o-
Dolcenera (ph. Manuela Kali)
La copertina del singolo Amaremare
Il giornalista Fabrizio Borghini premia Dolcenera durante il concerto al Teatro Puccini di Firenze
(ph. Maria Grazia Dainelli)
40
DOLCENERA
Ph. Manuela Kali
ro, di platino e multiplatino ma i premi
ricevuti a Firenze hanno per lei un sapore
diverso. «Infatti, stasera sono più
tesa ed emozionata del solito perché
ricevo questo ennesimo premio dalla
mia città e perché esibirmi davanti al
pubblico dei miei amici, parenti e concittadini,
mi procura un'emozione particolare.
Ovviamente proporrò anche
Amaremare che ha imperversato per
tutta l'estate 2019 perché oltre che un
successo canoro per me rappresenta
una forma di comunicazione importante
riguardo ai problemi dell'ambiente e
in particolare dell'inquinamento marino.
E' un sos per richiamare al rispetto
per il pianeta che ci ospita. A maggio
sono capitata in mezzo a una manifestazione
di Fridays for future e ho
provato sensazioni forti che subito ho
riportato in forma di canzone. Greenpeace
l'ha scelta come inno ufficiale
perché è una metafora comunicativa,
semplice e diretta».
L'Albo d’oro del Premio Ponte Vecchio
Dal 2017 al 2019 hanno ricevuto
l'onorificenza 120
personaggi di alto livello nazionale
e internazionale. Tra questi: i
cantanti Narciso Parigi, Paolo Vallesi,
Dolcenera e Lorenzo Baglioni; i campioni
Gianni De Magistris e Giancarlo
Antognoni; gli attori Massimo Ghini,
Sergio Forconi e Gianna Giachetti; gli
scrittori Dacia Maraini e Umberto Cecchi;
il pianista Giuseppe Fricelli; gli storici
dell'arte Cristina Acidini, Timothy
Verdon e Antonio Natali; i cantanti lirici
Rolando Panerai e Devid Cecconi; i
clinici Stefano Grifoni e Silvio Zuccarini;
le stiliste Regina Schrecker e Pola Cecchi;
artisti di fama mondiale come Paolo
Penko e Luca Alinari; rappresentanti
delle istituzioni come Eugenio Giani
presidente del Consiglio regionale
della Toscana, Leonardo Bassilichi
presidente della Camera di Commercio,
Luigi Dei rettore dell'Università
di Firenze, Marilena Rizzo presidente
del Tribunale di Firenze, Patrizia Pompei
presidente del Tribunale delle Imprese.
DOLCENERA
41
Dimensione
Salute
Ansia, depressione e perdita del sonno
Così i social network compromettono la salute dei giovani
di Serena Gelli
Quello dei social network è un sevizio
offerto mediante Internet e
fruibile in maniera del tutto gratuita
tramite World Wide Web o apposite
applicazioni per dispositivi mobili. Lo
scopo è facilitare la gestione dei rapporti
sociali consentendo la comunicazione
e la condivisione di contenuti digitali attaverso
scritte, link, brani musicali, immagini
o video. Nati alla fine degli anni
Novanta e divenuti popolari nel decennio
successivo, i social network permettono
agli utenti di creare un proprio profilo
con informazioni personali, foto e altri
contenuti. Per poter usare Facebook,
una delle più famose reti sociali esistenti,
bisogna semplicemente condividere
una frase, un'immagine o un video
con cui gli altri utenti possono interagire
mettendo un “like” oppure commentando.
Oltre a Facebook, esistono altri
social come Instagram, Twitter, Linkedin,
Pinterest e Flickr, nei quali le parole
d'ordine da seguire rimangono sempre
e comunque comunicazione, condivisione
e interazione con gli altri utenti.
Nonostante siano ormai ampiamente
utilizzati da gran parte della popolazione
mondiale, i social sono sempre più
sul banco degli imputati per quanto riguarda
gli effetti sulla salute mentale.
Moltissime le ricerche in questo campo,
spesso con risultati non concordi ed
omogenei. Per i giovani dai 14 ai 24 anni
sono giudicati utili perchè facilitano l’interazione
con gli altri e la possibilità di
fare gruppo, pur avendo tuttavia effetti
negativi nel favorire stati di ansia, depressione
e riduzione delle ore di sonno.
Alcuni parlano di “depressione da Facebook”,
sottolineando che trascorrere
troppe ore sui social peggiori o provochi
situazioni di forte stress psicologico.
Gran parte del disagio dipende dal senti-
mento d’inadeguatezza molto frequente
in età adolescenziale, per cui, ad esempio,
visualizzare sui social le foto di amici
che si divertono in vacanza oppure
ad una festa può indurre nei giovani un
senso di frustrazione dettato dalla mancata
condivisione di una data esperienza
con i propri amici e coetanei. Allo stesso
modo, le foto di corpi perfetti e luoghi
da sogno possono generare un senso di
inidoneità rispetto a certi canoni estetici
o stili di vita. Secondo una classifica
stilata analizzando le caratteristiche dei
cinque principali social network risulta
che il più deleterio per l’effetto sortito
soprattutto sui giovani è Instagram,
seguito da Snapchat, Facebook e Twitter;
la sola eccezione è rappresentata da
Youtube, che a detta degli esperti non
creerebbe nessun effetto sull'autostima,
ma solo dei problemi per quanto riguarda
il sonno.
Ph. courtesy Gds.it
ANSIA E DEPRESSIONE
43
L’avvocato
Risponde
Lotta alla contraffazione delle
eccellenze agroalimentari italiane
di Fabrizio Borghini
Il grande appeal dei prodotti agroalimentari
e vitivinicoli italiani –
indiscusse eccellenze a livello
mondiale – è dimostrato dalla sempre
più dilagante e sofisticata contraffazione
con la quale il settore si trova, ormai
da tempo, a fare i conti. Il nostro paese
può comunque contare su di un sistema
di tutela moderno ed efficiente,
sia sul piano degli strumenti attivabili
dai nostri imprenditori per aggiudicarsi
un’esclusiva sulle proprie eccellenze,
sia sul piano della reazione a fenomeni
usurpativi che richiedono una risposta
rapida e decisa sul piano processuale.
Ne parliamo con uno dei più autorevoli
esperti italiani in diritto industriale: Aldo
Fittante, titolare dello studio legale
omonimo con sede a Firenze e varie
partnerships nel mondo, docente in Diritto
della Proprietà Industriale presso
l’Ateneo fiorentino ed autore di molte
pubblicazioni dedicate alla
materia, tra le quali la più
recente è la monografia
Brand, Industrial Design
e Made in Italy: la tutela
giuridica, edita da Giuffrè
Editore e alla sua 2^ edizione
nel 2017.
Qual è la chiave del successo
dei prodotti agroalimentari
italiani?
Il settore dei prodotti
agroalimentari e vitivinicoli
italiani rappresenta
l’esempio più eclatante di come il Made
in Italy sia vettore di un messaggio
di garanzia qualitativa e d’eccellenza
delle nostre produzioni che rappresentano
nel mercato globale formidabili
strumenti di competitività. Del resto
Ph. courtesy In Toscana
ho già avuto modo di occuparmi, in
precedenti saggi, dell’importanza di
una politica di garanzia del comparto
agroalimentare italiano anche attraverso
un’adeguata strategia di tutela del
marchio (Aldo Fittante - Nino Ferrelli Il
marchio per la tutela e la valorizzazione
dei prodotti agricoli e agroalimentari
italiani, Il Sole 24 Ore, Edagricole,
2010). L’Italia può contare su di un
patrimonio agroalimentare “autoctono”
unico al mondo, su prodotti di altissima
qualità e su antiche tradizioni,
legate alla cultura e all’identità del territorio
del bel paese. Le produzioni tipiche
nazionali – quelle contraddistinte
dai marchi di qualità – costituiscono
il “fiore all’occhiello” di un portafoglio
prodotti altamente differenziato,
la cui ricchezza e qualità rappresentano
un punto di forza in un contesto di
crescente globalizzazione dei mercati
e al contempo di apprezzamento verso
prodotti diversificati e con un forte
connotato di tipicità.
È vero che la contraffazione dei prodotti
italiani è particolarmente diffusa
nel settore agroalimentare?
Il Parmigiano Reggiano, tra i prodotti italiani più contraffatti insieme al vino e all'olio
d'oliva (ph. courtesy Sfizioso)
Certamente sì, si pensi al dilagante fenomeno
dell’italian sounding: sempre
più spesso si rinvengono sui merca-
44
ECCELLENZE AGROALIMENTARI ITALIANE
Ph. courtesy Il Fatto Alimentare
ti mondiali alimenti evocanti una certa
italianità nella forma – soprattutto con
nomi e immagini in etichetta – senza
però avere nulla a che vedere con
il nostro paese. La gravità del fenomeno
è amplificata dalle enormi potenzialità
espansive che nel relativo mercato
è destinato a svolgere il web: straordinario
veicolo di promozione worldwide
delle nostre autentiche produzioni, ma
al tempo stesso anche strumento dalle
capacità lesive inimmaginabili nelle
mani di chi commercia falso Made in
Italy. Il commercio on-line dell’agroalimentare
italiano vale, secondo il Ministero
delle Politiche Agricole, oltre
un miliardo di euro, mentre per Coldiretti
due prodotti alimentari tradizionalmente
italiani su tre presenti nel
mercato internazionale sono il risultato
di “agropirateria”.
Può fare qualche esempio di contraffazione
in questo settore?
Dagli ormai celebri casi del “Parmesan”
e del finto Chianti, al più recente
esempio del “Wine Kit” con etichette
falsamente rivendicanti ben 24 vini
italiani DOP e IGP, o ancora al “Cheese-kit”
che, acquistato dall’Australia
al prezzo di 81 dollari australiani (circa
57 euro), consentirebbe di preparare
Parmigiano o Pecorino Romano
variamente miscelando gli ingredienti.
Al di là di quanto il subdolo sfruttamento
dell’italian sounding danneggi il
business dei nostri produttori, è l’immagine
stessa del nostro paese che rischia
di uscirne travolta, vanificando la
nostra più grande ricchezza competitiva,
l’indiscussa qualità delle produzioni
autenticamente italiane e la reputazione
commerciale dei nostri prodotti.
Quali sono gli strumenti previsti
dal nostro ordinamento per
reagire alla contraffazione dei
prodotti agroalimentari?
Il nostro paese può in effetti
contare su di un sistema di tutela
moderno ed efficiente. Ciò
anzitutto sul piano dei titoli di
proprietà industriale attivabili
dall’imprenditore per aggiudicarsi
un’esclusiva sulle proprie
idee: marchi, brevetti, disegni
e modelli, modelli di utilità, ed
in generale il complesso dei diritti
di privativa industriale, che
si declinano nel settore agroalimentare
e vitivinicolo nelle DOP,
IGP, STG, IG. L’investimento in
proprietà industriale, che anche
grazie alle agevolazioni previste
dall’ordinamento è relativamente
contenuto, è comunque sempre
remunerativo. In secondo luogo,
sul piano processuale, il legislatore
italiano ha recentemente istituito i Tribunali
delle Imprese come giudici specializzati
nelle problematiche afferenti
l’impresa e specificamente chiamati
alla tutela giudiziaria delle privative
industriali, garantendo grande preparazione
e notevole celerità di giudizio,
specie in sede cautelare. Il nostro ordinamento
offre dunque – attraverso i
diritti di privativa industriale, che nel
settore agroalimentare e vitivinicolo
si declinano nei cd. marchi di qualità,
quali DOP, IGP, STG, IG – strumenti
adeguati per ottenere una esclusiva
sulle nostre eccellenze, garantendo
altresì – attraverso norme processuali
che consentono di reagire a fenomeni
contraffattivi con la dovuta tempestività
e fermezza – piena effettività della
tutela.
Aldo
Fittante
Avvocato in Firenze e Bruxelles, docente in Diritto della Proprietà Industriale
e ricercatore Università degli Studi di Firenze, già consulente
della “Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Fenomeni della Contraffazione
e della Pirateria in Campo Commerciale” della Camera dei Deputati.
www.studiolegalefittante.it
ECCELLENZE AGROALIMENTARI ITALIANE
45
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Costruire la pace attraverso il patrimonio
Opportunità di crescita culturale ed economica partecipando al
Forum di Life Beyond Tourism Travel to Dialogue
di Stefania Macrì
Il nuovo anno appena iniziato
coincide con una serie di importanti
momenti relativi alla 22°
Assemblea Generale della Fondazione
Romualdo Del Bianco e simposio
internazionale Building Peace
through Heritage - World Forum to
Change through Dialogue in programma
dal 13 al 15 marzo 2020. Il
Comitato Scientifico ha finalizzato la
selezione dei relatori grazie ai contributi
ricevuti da parte di 189 autori
e da 117 istituzioni internazionali
che hanno presentato 136 elaborati.
A breve verrà pubblicato il programma
scientifico preliminare. Parallelamente
il Movimento Life Beyond
Tourism Travel to Dialogue sta selezionando
le aziende e le istituzioni
tra quelle candidate per partecipare
allo Showcase Internazionale,
un momento importante per tessere
relazioni, attraverso il racconto della
propria storia aziendale, i prodotti e i
servizi proposti. Il tutto all’interno di
un evento internazionale composto
da un pubblico proveniente da tutto
il mondo. Ecco i 10 motivi per cui vale
la pena partecipare all’International
Showcase in un’area espositiva designata
presso l’ICLAB- Intercultural
Creativity Laboratory di viale Guidoni
103 a Firenze:
1. partecipare al programma completo
dell’Assemblea con intervento all’interno
di una sessione
2. ottenere visibilità sulle pubblicazioni,
sui social media ufficiali ed inserimento
dell’azienda nel programma dell’evento
3. disporre di una postazione dove
esporre i propri prodotti di eccellenza e
presentarli al mercato anche attraverso
supporti audiovisivi, campioni, materiale
fotografico, ecc.
4. comunicare e interagire direttamente
con il target di riferimento tra gli stand
presentando l’anima dell’azienda
5. incontrare i media presenti all’evento
6. rafforzare le relazioni attraverso il
confronto diretto
7. generare nuovi contatti, esportare i
prodotti, la propria creatività e attività
8. fare rete e conoscere partner, compratori
e venditori potenziali che aiutano
a far crescere il business
9. lanciare e dare visibilità a nuovi prodotti
con immediato feedback
10. dare un’opportunità di crescita e internazionalizzazione
alla propria attività
Che siano grandi aziende o piccoli
artigiani, associazioni o istituzioni, lo
Showcase è un momento di incontro e
scambio interessante per tutti, fonda-
mentale per la crescita della propria
attività, per ottenere visibilità internazionale
grazie all’ampia rete di Life
Beyond Tourism Travel to Dialogue,
composta oggi da oltre 500 istituzioni
in 111 paesi in tutto il mondo.
Le espressioni culturali avranno a disposizione
un desk dove esporre i
propri prodotti e il materiale informativo,
supportate da una vera e propria
sessione del Simposio in cui avranno
la possibilità di aprire le porte sulla
propria realtà e farla conoscere a tutta
la platea di partecipanti, illustrando
quelli che sono i valori su cui fonda il
proprio lavoro, i prodotti e il territorio
in cui si cala. Una grande occasione
culturale e commerciale che
consentirà di creare anche delle collaborazioni
con espressioni culturali
di altri territori favorendo lo sviluppo
di una rete che ha tutte le intenzioni
di consolidarsi anche oltre il Forum.
Le aziende interessate a partecipare
allo Showcase possono scrivere
a: company@lifebeyondtourism.org.
Maggiori informazioni sull’evento
sono disponibili sul sito: https://
www.lifebeyondtourism.org/events/international-life-beyond-tourism-showcase/
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue
Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism ® , ideati
dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di creare una rete internazionale
che promuova il Dialogo tra Culture a ogni livello coinvolgendo
le espressioni culturali dei luoghi (residenti, viaggiatori, istituzioni culturali,
pubbliche amministrazioni, aziende, artigiani e tutti coloro che rispondono alle
esigenze del mercato). Si tratta di una vera e propria nuova offerta commerciale
incentrata sull’agire etico.
Per info:
+ 39 055 284722
company@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
46 MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
entra in contatto con 43 Paesi del
mondo
costruisci nuove collaborazioni e
crea entra la in tua contatto rete internazionale
con 43 Paesi del
presentati mondo all’interno del
simposio costruisci nuove collaborazioni e
personalizza crea la tua rete il tuo internazionale
desk nell’area
showcase presentati all’interno del
simposio
personalizza il tuo desk nell’area
showcase
partecipa a tutti gli eventi in
programma
acquisisci visibilità sui social
media, partecipa la stampa a tutti gli e i eventi media inlocali,
nazionali programma e internazionali
sii acquisisci parte della visibilità pubblicazione sui socialdegli
Atti media, del Simposio la stampa con e i media codice locali, ISBN
nazionali e internazionali
sii parte della pubblicazione degli
Atti del Simposio con codice ISBN
Tariffa agevolata fino al 15 gennaio 2020
Per informazioni::
055-284722
company@lifebeyondtourism.org
Per informazioni:
Tariffa agevolata fino al 15 gennaio 2020
Il super tifoso
Viola
A cura di
Lucia Petraroli
Dopo il successo raggiunto negli anni Novanta
con la canzone “Brutta”, adesso si esibisce in
giro per il mondo con la band della figlia
Con lui parliamo di Fiorentina, delle vecchie glorie della squadra
e del nuovo presidente Commisso
di Lucia Petraroli / foto courtesy Alessandro Canino
Alessandro Canino, cantante
celebre per aver portato
al successo Brutta, ora gira
il mondo insieme alla band Hit Italy
della figlia Hit Italy ed ha ricevuto anche
il Leone d’oro a Venezia. Dopo l’uscita
del singolo Sentimento fragile,
anche in versione spagnola, è in partenza
per una tournée che lo porterà
nel Sud America. Il suo sogno però,
ci confida, sarebbe tornare a Sanremo
proprio con la figlia. Alessandro fa
il punto insieme a noi anche sul momento
in casa Fiorentina, raccontandoci
l’ammirazione per Antognoni, il
sentimento ritrovato in città grazie a
Commisso, ma attenzione perché per
Chiesa ha qualcosa in più da dire…
Innanzitutto parliamo di Alessandro:
cosa stai facendo in questo
momento?
Insieme a mia figlia, sto portando
avanti un progetto che si chiama Hit
Italy. Portiamo in giro per il mondo
le maggiori hit italiane. Davvero
una bella esperienza, sta avendo un
buon successo; una band, la nostra,
che esiste già da qualche anno. Condividere
il palco con mia figlia è una
grande soddisfazione.
Amore per la musica
da sempre ma anche
una grande passione
per il calcio, nello
specifico per la Viola,
è cosi?
Ho 46 anni e la seguo
da quando ne avevo 4.
Ho iniziato ad andare
allo stadio con mio
nonno che mi ha trasmesso
l'amore per
la Fiorentina. Partivamo
da Coverciano,
dove lui abitava, per
raggiungere a piedi lo
stadio.
Partita indimenticabile
e quella più brutta?
Ho vissuto molte soddisfazioni
grazie alla
Viola, soprattutto perché
erano gli anni di
Giancarlo Antognoni, Il cantante oggi
il mio mito. Ricordo
però anche il suo bruttissimo infortunio
con il portiere del Genoa, Silvano
Martina, un episodio che mi colpì
molto. In seguito, ho avuto poi la fortuna
di diventargli amico.
Miglior giocatore di sempre?
Giancarlo su tutti. Mi è entrato nel
cuore da piccolo. Stressavo mio padre
e mio nonno per portarmi a vederlo
agli allenamenti. Ho avuto
anche la fortuna di essere amico di
molti di campioni come Rui Costa e
Batistuta.
Cosa rappresenta per te Firenze e
la Fiorentina? Che cosa le unisce?
Io spiego sempre alle persone che
mi stanno vicino che sono profondamente
legato alla Fiorentina perché la
considero una parte della mia vita e
della mia famiglia.
48
ALESSANDRO CANINO
Chiesa rimarrà a
Firenze?
Credo che certi riconoscimenti
dai
giocatori di oggi sia
difficile averli. Il vile
denaro conta più dei
sogni e della carriera.
Basta sia chiaro
coi tifosi fiorentini.
I giocatori vanno, la
Fiorentina resta.
Ti aspetti il nuovo
stadio per Firenze
o sei per il
restyling del Franchi
?
Alessandro Canino negli anni Novanta
Dove ti piace andare nel tempo libero?
Spesso impiego il mio tempo libero a
fare da cicerone per gli amici che mi
vengono a trovare. Li porto in centro,
la parte della città che più preferisco.
Firenze significa anche buona cucina,
il tuo piatto preferito?
Ho tanti piatti preferiti, soprattutto
quelli della tradizione che io stesso
mi diletto a cucinare. Comunque, se
dovessi scegliere direi sicuramente il
peposo.
Questa Fiorentina potrà ambire di
nuovo a palcoscenici importanti?
Sto vedendo delle belle cose, una
parte umana ritrovata con Commisso.
Ho conosciuto il figlio. Sono
persone umili, lavoratori, i loro successi
derivano dal grande impegno e
dai sacrifici fatti. Dobbiamo dargli il
tempo di realizzare quello che hanno
in mente di fare.
Ti aspetti innesti dal mercato?
Viste le defezioni avute, credo che
servirà rafforzare la squadra per affrontare
un campionato più tranquillo.
Io sarei per il restyling
del Franchi,
sono un romantico.
Avevo 4 anni
quando ci sono entrato
la prima volta
e ne rimasi affascinato.
Ovvio che con
gli introiti derivanti
da un nuovo stadio
le cose sarebbero
diverse, rappresenterebbe
un'opportunità
per la Fiorentina
ma anche per la cit-
tà visti i posti di lavoro che creerebbe.
Hai mai pensato di scrivere una
canzone per la Fiorentina?
C'è stato un momento in cui la società,
con allora alla guida Mario Cecchi
Gori, aveva chiesto agli artisti
fiorentini una canzone, ma il progetto
non è andato in porto.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Per prima cosa, spero di continuare
a fare musica come sto facendo. E’
uscito un nuovo singolo tradotto anche
in spagnolo e partirò a breve con
una tournée in Sud America. E poi
chissà, magari un giorno tornerò a
Sanremo con mia figlia…
ALESSANDRO CANINO
49
Storie in
Toscana
L’ombra dei Malaspina in Mugello
Una ricerca dello scrittore e giornalista Franco Manescalchi
dimostra la presenza della storica casata dello “Spino
fiorito” a Luco, Villore e Barberino
Un’indagine genealogica e storiografica condotta incrociando
documenti d’archivio e memoria dei luoghi
di Giancarlo Bianchi / foto courtesy Franco Manescalchi
Quella pubblicata di seguito è
la sintesi degli ulteriori recenti
sviluppi di una ricerca
già pubblicata nel 2015 con
la quale lo scrittore e giornalista Franco
Manescalchi ha ricostruito l’albero
genealogico della propria famiglia,
i Manescalchi, arrivando a dimostrarne
la discendenza dai Malaspina del
Mugello e in particolare da Alberto
Malaspina detto il Moro. A prova di
ciò, un documento registrato a Passignano,
dove compare come teste
un Ubertinus f. Boninsengne del Moro,
e una registrazione catastale che
si trova nelle Storie fiorentine di Ricordano
Malispini. Nella genealogia
ufficiale il Moro non risulta avere avuto
figli maschi. Per superare questa
“contraddizione in termini”, la ricerca
è proseguita fino a trovare nel Mugello
la sua famiglia naturale, cosa non
infrequente fra i Malaspina. Diciamo
questo, a difesa del “focolare” della
Valdisieve, dove il seme di Alberto allignò,
come dicono le carte. In linea genealogica,
sulla base dell’intero albero
Franco Manescalchi alla Biblioteca Marucelliana di Firenze dove è stato istituito il Fondo a lui intitolato (ph. Giancarlo Bianchi)
50
MALASPINA IN MUGELLO
pubblicato in Da Villore al Pellegrino,
i Manescalchi avrebbero avuto origine
dai Malaspina, come confermano
alcuni documenti inoppugnabili. Nel
1607 un Giuliano di Bartolomeo, proveniente
da Schignano e discendente
da un ramo dei Malaspina di Villore, si
trasferisce in una casa detta “Mulinaccio”
a Barberino del Mugello. Era chiamato
il “Cerchiaio” e gli fu attribuito
per la prima volta il cognome Maliscali.
A Schignano si trovano ancora oggi
alcune abitazioni dei “Cerchiai” decorate
con i fiori e lo Spino fiorito, simbolo
di uno dei rami genealogici dei
Malaspina. Anche a Barberino, Giuliano
“Cerchiaio” continua l’architettura
di Schignano: sia le pietre che incorni-
ciano la porta d’ingresso che un tabernacolo
sono scalpellati con riferimenti
allo Spino fiorito, come pure la parete
esterna. I figli di Giuliano e i suoi nipoti
hanno perpetuato questa tradizione
fino alla fine del Seicento nei poderi
del Cerretino, dove si erano trasferiti.
Dunque, una famiglia rimasta fedele a
se stessa nei secoli.
La casa di Giuliano detto “Cerchiaio” e il tabernacolo a Barberino del Mugello dove sono visibili tracce dei simboli malaspiniani
MALASPINA IN MUGELLO
51
Particolare della casa a Macerata dove visse Boninsegna Malaspina, padre di Ubertinus
Una traccia della presenza dei Malaspina a
San Giorgio alla Rena
Facciamo ora più di un passo indietro
per risalire ai “padri fondatori”, ovvero
a Boninsegna, notaio, e Ubertinus,
giudice. Importante per l’individuazione
di Ubertinus una registrazione fatta
nel 1227 al monastero di Luco dove si
legge: «Ubertinus iudex curie suspecti
et extraordinarium. Braccius (!), bannitor
Exbannitorum». Ma com’è stato
trovato questo Ubertinus? Sua figlia
Bette, in una citazione del catasto della
chiesa del 1288 risulta: Domine Bette,
f. quondam abraci & uxori olim Spine
Iannis de Burgo Sancti Laurentii predicti
(riceve in affitto perpetuo) quandam
petiam terre posîte in Curia decti
Burgi loco dicto Collina. Il luogo dove
abitava Bette era Collina, podere delle
monache di Luco, e a Luco operava
Ubertinus e viveva Boninsegna. Il quesito
circa l’identità di Ubertinus è così
risolto: abraci, braccius, Ubertinus. Un
giudice molto severo con i Guelfi, che
ne stigmatizzarono l’operato ne Il libro
del Chiodo. Ma dove era andato Ubertinus,
figlio di Boninsegna? Come attestano
status, atti e concomitanze, si
era trasferito a San Lorenzo al Corniolo,
imparentandosi con gli Uberti che lì
avevano un possedimento poi venduto
alla Chiesa. La casa di Ubertinus, in
località Prato di Villore, riporta in modo
inequivocabile le tracce dei simboli
dei Malaspina, confermando così la
sua identità come figlio di Boninsegna.
Un’ulteriore conferma viene da due
pietre finemente incise con lo stemma
dello Spino fiorito. Rimane infine
da capire come fossero arrivati a Luco
di Mugello i Malaspina di Alberto detto
il Moro. Qui nel 1198 ci fu un passaggio
di proprietà fra un Ubaldini (Paltronieri)
e le monache di Luco, passaggio
di proprietà in cui sembra coinvolto
Alberto, grande magnate residente nel
Castello di Oramala, nel pavese, poeta
provenzale e patrocinatore dei letterati.
In quegli stessi anni, i Malaspina
dello Spino fiorito si radicarono nei poderi
e nei casali delle monache camaldolesi,
corrispondenti a San Giorgio
alla Rena, al podere di Macerata e alla
località dove adesso si trova l’agriturismo
detto “del grillo”. E’ in questi
luoghi che visse Boninsegna, padre di
Ubertinus. Questi edifici portano ancora
i segni dell’antica presenza dei Malaspina,
come ad esempio il cervo degli
Ubaldini nell’edificio di San Giorgio alla
Rena, dove, alla base dello scacchiere,
è visibile l’ombra dello stemma dei
Malaspina e a sinistra il calco di un’aquila
bicefala. A Macerata, invece, i
muri “parlano” attraverso le pietre: si
riconoscono l’aquila piena di fiori dello
stemma di Fosdinovo in un tratto di
muro, piccoli inserti lapidei dello Spino
fiorito e il lunotto di una finestra che
s’inarca sui fiori rappresentati anche
sulla cornice di pietra, proprio come si
vede sul frontone del camino nella sala
da pranzo del Castello di Fosdinovo.
52 MALASPINA IN MUGELLO
L'intestazione di una pietra con su scritto Malaspina reperita nella casa del giudice Ubertinus al Prato di Villore
Lo Spino fiorito dei Malaspina
Particolare del camino nella sala da pranzo del Castello Malaspina a Fosdinovo dove è visibile lo Spino
fiorito dei Malaspina
Tuttavia, a mettere sotto silenzio i dubbiosi
circa la presenza dei Malaspina a
Luco è il tabernacolo che si trova a lato
della casa di San Giorgio alla Rena, scoperto
da Luciano Gamberi e della cui esi-
stenza non si parla neanche nel libro dei
tabernacoli del Mugello della curia di Firenze
edito da Polistampa. Quanto basta
a confermare che i Malaspina si stabilirono
a San Giorgio alla Rena nella casa
degli Ubaldini e a Macerata, i cui palazzi
sono di stile squisitamente malaspiniano.
In ogni caso, importante è la certezza
che Boninsegna abitasse nel podere di
Macerata, come attesta il regesto di
Il Castello Malaspina a Fosdinovo
MALASPINA IN MUGELLO
53
una pergamena in cui si parla anche di
Groppo, feudo dei Malaspina dello Spino
fiorito in Lunigiana da cui proveniva
Spinello del fu Viviano, così che Ristoro
(Malaspina) fa da mallevadore a Spinello
(Malaspina). E ciò vuole dire, se non
altro, che la presenza di Alberto a Firenze
e nel Mugello non è un’ invenzione
a posteriori, ma anzi è conferma di come
il Mugello e Firenze fossero collegati
nel segno del Moro. Proprio a Firenze, in
piazza Santa Cecilia, sulla parete sinistra
della torre ancora in piedi sono visibili,
insieme al tabernacolo di Sant’ Agnese,
l’aquila coi segni dello Spino fiorito
sul petto e le colonne decorate con i fiori
delle Spino fiorito. Concludiamo così
la sintesi di questa ricerca ancora in corso
e fin qui approvata dalla genealogista
Stefania Fangarezzi.
Una panoramica della casa di Ubertinus al Prato di Villore
Particolare e veduta d'insieme del tabernacolo a San Giorgio alla Rena recante lo stemma malaspiniano
Franco Manescalchi, scrittore
e giornalista italiano, notissimo
per i suoi studi sulla
letteratura e sull’arte oltre che per
ricerche di storia locale, si è impegnato
nella ricostruzione storiografica
dell’albero genealogico
della sua famiglia, i Manescalchi,
con un’équipe coordinata dall’architetto
del paesaggio Giampaolo Trotta,
che ha infine redatto una grande
opera in due volumi - Da Villore al
Pellegrino. Sette secoli di vicende territoriali
ed architettoniche attraverso
i luoghi di residenza in Toscana della
"stirpe" dei Manescalchi: Dal Duecento
al Seicento nel Mugello e nel Pratese
(vol I); Dal Settecento al Novecento nel
suburbio fiorentino (vol II); Ed. Masso
delle Fate 2015 − unica nel suo genere
perché ricostruisce la storia di una famiglia
non magnatizia. Una ricerca che
però giunse a un Ubertinus di Villore e
non alle radici.
Franco
Manescalchi
54 MALASPINA IN MUGELLO
A cura di
Paolo Bini
Arte del
Vino
Vini biologici, naturali e biodinamici
al Merano Wine Festival
Testo e foto di Paolo Bini
Nessuno può oramai definirsi
inesperto di cibo biologico:
è ampia la risonanza dei messaggi
che ci invitano quotidianamente
a mangiare sano e naturale. La bio-enogastronomia
nasce come istintiva
conseguenza e richiama un’attenzione
spasmodica perché unisce i concetti
della salute a quelli della qualità
e del gusto. Il mondo del vino, poi, è
stato fortemente condizionato dall’innovazione
e dalla ricerca tale da potersi
autorevolmente collocare nel cosmo
dell’odierna alimentazione 2.0. Ma quali
sono i cosiddetti vini biologici, biodinamici
e naturali? Sinonimi, antonimi o
affini?
Il Merano Wine Festival dal 1992 è un
evento che, su più giornate, accoglie
numerosissimi produttori nazionali
ed esteri lasciando agli ospiti gli spazi
esclusivi ed eleganti del Kurhaus per
immergersi nei colori e nei sapori del
vino in una sorta di “think tank” dove
Rosso Piceno DOC da agricoltura biologica, azienda
Velenosi, Ascoli Piceno
Vini dell’azienda biodinamica Tenuta Mara, San
Clemente (RN)
Kurhaus, Kursaal, Merano Wine Festival
le degustazioni sono l’apice dell’informazione
e dello scambio culturale. L’idea
che il patron Helmuth Köcher ebbe
28 anni fa, oggi si estrinseca in una festa
per i professionisti e gli appassionati
dove è possibile sviluppare tematiche
di alto interesse legate al mondo del vino
e affini. Ci ha colpito particolarmente
la prima giornata di evento dedicata
proprio alle etichette dei produttori che
hanno sposato il concetto di maggior
vicinanza all’ecosistema. Con Naturae
et Purae bio&dynamica il Merano Wine
Festival ha dato spazio a 130 aziende e
alle loro etichette nate per incontrare le
ultime tendenze legate alla sostenibilità,
naturalità e purezza nel settore wine&food.
Per essere definito “biologico”, con tanto
di logo verde su carta, il vino, secondo
quanto stabilito dalla regolamentazione
europea, non deve contenere anidride
solforosa oltre valori predeterminati e
deve essere il frutto di uve coltivate senza
l’uso di sostanze chimiche di sintesi
e organismi OGM; anche la vinificazione
prevede delle pratiche a cui il produttore
si deve attenere per ottenere l’ambito
riconoscimento “bio” da parte di un apposito
ente certificatore autorizzato per
legge. Per i vini cosiddetti “naturali” non
esiste una vera e propria definizione legislativa
ma oggi è ormai consuetudine, se
non addirittura convenzione, considerarli
come prodotti senza additivi chimici né
manipolazioni da parte dell’uomo. L’uso
di sostanze naturali per il trattamento
delle vigne e quello di soli lieviti indigeni
per la fermentazione e la riduzione al
minimo indispensabile dei solfiti (talvolta
neppure aggiunti) sono le linee guida
che i vignaioli naturali seguono per fare
il loro vino talvolta sperimentando su canoni
di sensorialità lontani da quelli comuni.
I vini “biodinamici” sono invece la
realizzazione di una filosofia, un concetto
che va oltre il sapore e s’ispira alle teorie
antroposofiche di inizio ventesimo secolo
del teosofo Rudolf Steiner. Al centro
del fare vino la convinzione di riportare,
senza un oggettivo riscontro scientifico,
le piante all’originaria e massima
energia produttiva con preparati naturali
che, grazie alle forze astrali, consentano
di mantenerle sane e vigorose su una
terra fertile, nutriente e incontaminata. Il
certificato di prodotto biodinamico è assegnato
prevalentemente da un’associazione
internazionale non governativa, i
risultati ottenuti in questi anni da alcuni
vini biodinamici sono oggettivamente
stupefacenti.
La materia è oltremodo succosa, si continuerà
a dibattere su queste e sulle nuove
tendenze di agricoltura come la vegan,
la sinergica e l’audio assistita. Il Wine Festival
di Merano ha accolto pienamente
la richiesta dell’approfondimento e comunque,
fra mode e valide intuizioni,
resta inconfutabile il percorso fatto in
questi anni verso la qualità rispettando
l’ambiente e l’ecosistema.
MERANO WINE FESTIVAL
55
Eccellenze toscane
in Cina
A cura di
Michele Taccetti
Siglato l’accordo fra il colosso statale
cinese CAIQ e China 2000 Srl
Nuove grandi opportunità per le aziende italiane in Cina
tifica i prodotti stranieri importati in Cina
e che svolge sia le attività di controllo
sulla produzione dei prodotti locali che
quelle inerenti la ricerca e lo sviluppo.
La presenza dell’ufficio italiano di CAIQ
agevolerà, in aggiunta, la procedura di
traduzione ed emissione di etichette in
lingua cinese, strumento indispensabile
ai fini dell’importazione e della distribuzione
in Cina di prodotti provenienti da
mercati stranieri. Istituita nel 2004 quale
organismo di ricerca statale per il benessere
pubblico, l’Accademia CAIQ ha
raccolto l’eredità dell'Istituto di tecnologia
di ispezione delle materie prime per
l'importazione e l'esportazione in Cina
istituito nel 1979 (in precedenza noto
come Laboratorio di quarantena per
le piante, nato nel 1954 e facente cadi
Michele Taccetti / foto courtesy China 2000
Alla fine del 2019 la CAIQ (Chinese
Academy of Inspection and
Quarantine) ha siglato con China
2000 srl un accordo volto all’apertura
della propria sede in Italia: il nuovo
ufficio sarà di supporto alle aziende italiane
interessate al mercato cinese soprattutto
per il disbrigo delle pratiche
di certificazione e per le relative analisi
di mercato. Le certificazioni, che si
potranno effettuare in Italia, semplificheranno
le pratiche per le operazioni
di importazione e sdoganamento delle
merci in Cina che da sempre rappresentano
uno dei più grossi ostacoli per
la vendita dei prodotti esteri nel grande
paese asiatico, specie per le aziende attive
nel settore agroalimentare. La CAIQ
è l’istituzione cinese che analizza e cer-
po al ministero dell'Agricoltura). CAIQ
effettua ricerche e ispezioni, sviluppa le
relative applicazioni fondamentali con
strumenti high-tech e metodi scientifici,
garantisce supporto tecnico per le
56
CAIQ
Particolare dell'ingresso del CAIQ a Pechino
Una parte del nutrito staff scientifico del CAIQ di Pechino
ispezioni nazionali e le eventuali decisioni
per la quarantena, assicura una
preventiva supervisione dei settori di
mercato in ottemperanza alle disposizioni
vigenti, fornisce servizi scientifici
e tecnologici volti alla divulgazione della
sicurezza e alla formazione sulle pratiche
sociali. L’Accademia CAIQ annovera
tra i suoi compiti l’analisi
volta all’individuazione
di eventuali residui di
pesticidi, farmaci veterinari
e bio-tossina, attività
fondamentale sia per i
produttori mondiali che
per le organizzazioni impegnate
a garantire che
i prodotti siano conformi
agli standard internazionali di qualità;
particolarmente significativa risulta,
nello specifico, la competenza maturata
nell'analisi e nell'ispezione di elementi
nutrizionali negli alimenti e nei prodotti
lattiero-caseari (ivi compresi quelli
destinati ai lattanti), in conseguenza
della quale supervisiona e ispeziona a
campione il prodotto lattiero-caseario
importato dalla China Food and Drug
Administration. La sede di CAIQ a Firenze
porterà grandi opportunità per
le aziende italiane: l’ampliamento delle
possibilità di effettuare in anticipo il
disbrigo delle certificazioni ed autorizzazioni
necessarie per l’export in Cina
aumenterà la finalizzazione di accordi
con i distributori cinesi non solo sotto
il profilo della semplificazione burocratica
e amministrativa ma soprattutto dal
punto di vista operativo, dato che tale
attività preventiva costituirà un biglietto
da visita ulteriore e un lasciapassare
governativo per i prodotti che si apprestano
ad essere competitivi ed appetibili
per i consumatori cinesi.
Michele
Taccetti
Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici Italia/
Cina ed erede della propria famiglia operante con il grande paese asiatico
fin dal 1946, assiste da oltre vent’anni le aziende italiane interessate
ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare, alla promozione
del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione ed è stato consulente per il Ministero dello
Sviluppo Economico.
Per info:
michele.taccetti@china2000.it
China 2000 srl
@Michele Taccetti
taccetti_dr_michele
Michele Taccetti
CAIQ
57
B&B Hotels
Italia
A Como con il B&B Hotels Road Trip per
festeggiare l’arrivo del nuovo anno
di Francesca Vivaldi
Il momento più magico dell’anno
è arrivato e le città si illuminano e
si vestono di un’atmosfera incantata.
Per festeggiare l’inizio del nuovo
anno con B&B Hotels ho scelto di recarmi
in quella che da anni viene definita
la “Città dei Balocchi”, Como. Il
B&B Hotel Como City Center si trova
a due passi dal centro e per regalarmi
una coccola ho prenotato la promo
“bollicine”, che include una bottiglia
di prosecco per un brindisi sotto le
magiche luci della kermesse lariana.
Un’atmosfera incantata che scalda il
cuore e incanta i visitatori, quella che
invade le vie di Como in questo periodo.
Luci in festa e giochi proiettati
sui palazzi che ancora di più ammalia-
no visi dall’alto, grazie alla funicolare
che permette di ammirare la città da
un punto di vista privilegiato. Il modo
perfetto per concludere il 2019 con
B&B Hotels che mi ha accompagnato
in questo anno ricco di avventure
in giro per l’Italia e accogliere il 2020
con tante nuove tappe e preziosi consigli
di viaggio. Stay tuned!
Ph. courtesy Visitcomo.eu
58
LA CITTÀ DEI BALOCCHI
B&B Hotels
D
estinazioni, design, prezzo.
B&B Hotels unisce il calore e
l’attenzione di una gestione di
tipo familiare all’offerta tipica di una
grande catena d’alberghi. Un’ospitalità
di qualità a prezzi contenuti e competitivi,
senza fronzoli ma con una forte
attenzione ai servizi. 39 hotel in Italia.
Camere dal design moderno e funzionale
con bagno spazioso e soffione XL,
Wi-Fi in fibra fino a 200Mega, Smart TV
43”con canali Sky e satellitari di sport,
cinema e informazione gratuiti e Chromecast
integrata per condividere in
streaming contenuti audio e video proprio
come a casa. Vivi l’Italia come mai
avevi fatto prima. E’ questo il momento
di viaggiare.
hotelbb.com
LA CITTÀ DEI BALOCCHI
59
Arte e
gusto
A cura di
Elena Maria Petrini
La Lumaca del Parco
Un consorzio nell'area naturale di Migliarino, San
Rossore e Massaciuccoli
di Elena Maria Petrini / foto Marco Salvadori
L'allevamento di elicicoltura e il Centro Ippico Boccadarno
L’estrazione della bava di lumaca in laboratorio
Le proprietà cosmetiche
della bava di lumaca sono
state scoperte casualmente
alla metà degli anni Ottanta
in Cile. Ci si accorse, infatti, che
gli operai di un allevamento di gasteropodi
di terra della specie Helix
Aspersa avevano le mani con
una pelle soffice e vellutata, senza
mostrare segni di invecchiamento
o screpolature date dalle intemperie.
In seguito, la ricerca scientifica
ha dimostrato che la secrezione
di questi molluschi è un mucopolisaccaride
gelatinoso che contiene
allantoina, acido glicolico, elastina
e collagene, con proprietà idratanti,
cicatrizzanti, lenitive, rigeneranti,
nutritive, antirughe e liftanti. Da
questo momento in poi, l’elicicoltura,
ovvero l’allevamento di lumache,
ha assunto finalità cosmetiche oltre che
alimentari. Sono molte oggi le aziende
di cosmetica che utilizzano bava di lumaca
prodotta rispettando il ciclo vitale
della lumaca e del suo habitat. Due giovani
imprenditori toscani, Marco Salvadori
e Greta Confente, hanno avviato
quest’attività nel Parco regionale di Migliarino,
San Rossore e Massaciuccoli
istituendo il consorzio La Lumaca del
Parco, in collaborazione con Gian Marco
Panini, presidente e istruttore del
Centro Ippico Boccadarno e campione
di salto agli ostacoli. Presieduto da
Marco Salvadori e diretto da Gian Marco
Panini, il consorzio è stato pensato
come centro didattico e culturale aperto
a chiunque voglia scoprire l'affascinante
mondo dell'elicicoltura e le sue grandi
potenzialità. Le chiocciole, allevate in
un ambiente sano ed incontaminato
ed alimentate con vegetali freschi
ed appositi mangimi, vengono stimolate
a produrre bava all’interno di una
speciale macchina che fornisce loro
la giusta idratazione, senza sottoporle
ad alcun trauma o stress. Fondamentale
nell’attività del consorzio l’operato
dell’architetto Marco Sereni che ha
seguito l’iter burocratico necessario
per ottenere le concessioni comunali
e dell’Ente Parco − presieduto dall’architetto
Gianni Maffei Cardellini e diretto
dall’ingegnere Riccardo Gaddi
− al fine di poter lavorare in quest’oasi
incontaminata della costa toscana
insieme alle altre aziende agricole che
ne fanno parte.
60
CONSORZIO PER LA LUMACA
Arte e
gusto
Alla Scuola di cucina Tessieri di Ponsacco,
la gara per il miglior panettone al cioccolato
Noalya 2019
Testo e foto di Elena Maria Petrini
Uno dei simboli gastronomici del
Natale è il panettone, tipico dolce
milanese che non può mancare
sulle tavole imbandite durante le
feste. Molti concordano nel ritenere che
questa delizia della pasticceria sia nata
nel 1495 alla corte di Ludovico il Moro,
signore di Milano. Mentre nelle cucine
di palazzo fervevano i preparativi per la
vigilia di Natale, il capocuoco chiese ad
un giovane di nome Toni di sorvegliare
la cottura delle grandi ciambelle in forno.
Ma Toni si addormentò e in pochi
minuti si bruciarono tutte le ciambelle.
Impaurito dall’accaduto, il giovane decise
di utilizzare gli avanzi dell’impasto
delle ciambelle aggiungendo uova,
burro, canditi e uvetta. Il capocuoco,
inebriato dal profumo dello strano dolce
a forma di cupola, decise di servirlo
ai commensali, senza rivelare che a
prepararlo era stato il suo aiutante. Il
successo fu immediato e gli apprezzamenti
del duca non tardarono ad arrivare.
A Milano si sparse la voce di quanto
era successo e il dolce venne chiamato
“el pan de Toni”, in dialetto meneghino;
negli anni si diffuse in tutta Italia, modificandosi
da “pan de toni” in “panettone”.
In Toscana
dallo scorso anno
la Scuola di cucina
Tessieri di Ponsacco,
sede anche
della scuola di
cioccolato Noalya,
ospita una gara di
panettoni che hanno
come ingrediente
in comune
il cioccolato Noalya,
prodotto da Boi e Jacopo Simonetti
Alessio Tessieri in
Venezuela con materia prima proveniente
anche dai paesi tropicali del Sud
America, Sud-est Asiatico ed Africa. Lo
scorso 12 dicembre si è svolta la finalissima
del concorso per il miglior panettone
al cioccolato Noalya 2019, che
ha visto candidarsi ben 47 professionisti
della pasticceria, di cui solo 20 finalisti.
La giuria del premio era composta
da professionisti d’eccellenza: Giuseppe
Boi, giornalista del Tirreno, Daniele Meini,
chef e gourmet, Jacopo Simonetti,
noto instagrammer, Maurizio Bardotti,
chef stellato del ristorante Al 43 di San
Gimignano, e Niccolò Pini, tecnologo
La giuria: da sinistra, Daniele Meini, Niccolò Pini, Maurizio Bardotti, Giuseppe
alimentare dell’Università di Firenze. A
presentare l’evento, il pastry chef Mario
Ragona, docente della scuola Tessieri,
che ha intrattenuto la platea con nozioni
e tecniche di preparazione; a supporto
gli chef di cucina e di pasticceria Stefano
Cipollini e Raffaele Musacco. Sul podio
Francesco Genco della pasticceria
Peccati di Gola di Pisa, seguito da Tommaso
Calonaci del Grand Hotel Minerva
a Firenze e Michele Rinaldi di Toscana
Resort Castelfalfi a Montaione.
Gli allievi della scuola Tessieri e in primo piano i tre docenti: il pastry chef Mario Ragona e Raffaele
Musacco (ai lati) e lo chef Stefano Cipollini (al centro)
I panettoni in gara
SCUOLA DI CUCINA
61
Eventi in
Toscana
Cerreto Guidi
Presepi nelle vie del centro storico e immagini della Natività
nelle vetrine dei negozi per festeggiare il Natale
Testo e foto di Claudio Caioli
Dal 7 dicembre al 12 gennaio,
la parrocchia di San Leonardo,
l'associazione Buontalenti,
la proloco e il Comune di Cerreto Guidi
hanno promosso la IX edizione de La via
dei presepi. Sono stati oltre cento i presepi
esposti nel centro storico, non solo
negli spazi dedicati ma anche alle porte,
alle finestre, sui balconi e in ogni piccolo
spazio adatto ad ospitare un presepe.
Da segnalare la presenza del “presepe
all'uncinetto", unico nel suo genere
per la grandezza e per la realizzazione
interamente eseguita a mano. In seno
a questo evento si è svolta anche la VI
edizione di Dipingi la Natività, concorso
a tema di pittura e scultura che ha visto
le opere di dieci artisti − Claudio Bernardeschi,
Cosetta Dipietrantonio, Lidia
Atzori, Piernicola Ricciardelli, Simone
Rocchi, Rosario Fiandaca, Chiara Di Placido,
Grazia Di Napoli, Michela Masini,
Loretta Casalvalli − esposte in altrettante
vetrine commerciali del centro storico.
Chiara Di Placido
Claudio Bernardeschi
Michela Masini
Piernicola Ricciardelli
Rosario Fiandaca Grazia Di Napoli Loretta Casalvalli
Cosetta Dipietrantonio
Simone Rocchi
Lidia Atzori
62
CERRETO GUIDI
GRAN CAFFÈ SAN MARCO
Un locale nuovo e poliedrico, con orari
che coprono tutto l’arco della giornata.
Perfetto sia per un pranzo di lavoro che
per una cena romantica o per qualche
ricorrenza importante
Piazza San Marco 11/R - 50121 Firenze
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