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Mobilità elettrica<br />

tradizionali a benzina o diesel.<br />

Non da ultimo c’è<br />

l’incognita rappresentata<br />

dalla produzione delle<br />

batterie. Se realizzata in<br />

Europa genererebbe nuove<br />

opportunità di impiego, se<br />

demandata in larga parte<br />

all’import, come accade<br />

ora, ovviamente ciò non<br />

accadrebbe. Secondo lo studio<br />

dell’Esecutivo di Bruxelles,<br />

se la produzione di batterie<br />

rimanesse totalmente fuori<br />

dai confini del Vecchio<br />

Continente, si registrerebbe<br />

una perdita netta di occupati<br />

di circa 34.500 unità.<br />

Un secondo rapporto<br />

finanziato da Bruxelles (DG<br />

Transport&Environment)<br />

mette invece in luce come<br />

il vero rischio sia quello<br />

che l’industria europea si<br />

tiri fuori dalla corsa alle<br />

vetture elettriche. Se nel<br />

2030 nessuna auto elettrica<br />

venisse prodotta in Europa,<br />

i posti persi sarebbero il 32%<br />

del totale. Se venisse prodotto<br />

in Europa il 10% dei veicoli<br />

elettrici, il calo diminuirebbe<br />

al 28%. Se la produzione<br />

arrivasse poi al 90% e si<br />

producessero in Europa<br />

anche le batterie elettriche<br />

non ci sarebbe praticamente<br />

nessun impatto, e se la<br />

produzione fosse tale da<br />

supportare esportazioni<br />

(120%), ecco che i posti di<br />

lavoro aumenterebbero anche<br />

al 108% rispetto allo scenario<br />

base.<br />

I TEMPI INCERTI<br />

DEL CAMBIAMENTO<br />

Ad oggi sembra che<br />

l’industria tedesca sia ben<br />

posizionata, con Volkswagen,<br />

Daimler e Bmw che stanno<br />

investendo con convinzione<br />

sulla rivoluzione elettrica.<br />

Al contrario la francese PSA<br />

e FCA appaiono le più in<br />

ritardo.<br />

Se a livello complessivo<br />

il quadro non sembra<br />

troppo negativo, diversa è<br />

la prospettiva se si guarda<br />

nello specifico agli addetti<br />

dell’industria automobilistica<br />

tradizionale. In Germania<br />

Nuova occupazione potrebbe essere garantita dall’avvio della produzione di batterie nell’Unione Europea.<br />

quasi 500.000 persone<br />

lavorano in industrie<br />

strettamente connesse<br />

alla produzione di veicoli<br />

tradizionali. Salgono a<br />

800.000 se si considerano<br />

anche gli occupati indiretti.<br />

Tornando alle studio dell’IFO<br />

citato in apertura, quasi due<br />

addetti su tre potrebbero<br />

trovarsi nella necessità di<br />

dover affrontare un percorso<br />

di riqualificazione<br />

professionale per poter<br />

operare nell’industria<br />

dell’auto elettrica.<br />

In Stati come Repubblica<br />

Ceca, Slovacchia, Italia e la<br />

stessa Germania, l’industria<br />

dell’auto pesa per oltre il 20%<br />

degli addetti alla manifattura.<br />

Nel nostro Paese in<br />

particolare si arriva a picchi<br />

del 36% in Basilicata e del<br />

24% in Molise.<br />

Come quasi sempre accade, i<br />

più a rischio sono i lavoratori<br />

a bassa specializzazione,<br />

poiché le nuove vetture<br />

richiedono addetti<br />

maggiormente qualificati,<br />

sia nelle fabbriche, sia per<br />

lo sviluppo delle necessarie<br />

infrastrutture per le ricariche<br />

di veicoli elettrici (che<br />

passeranno dagli attuali<br />

120.000 punti di ricarica<br />

pubblica a circa 2.000.000 nel<br />

2025, con una spesa di circa<br />

19 miliardi di euro).<br />

Inoltre c’è da considerare<br />

l’indotto, all’interno del<br />

quale troviamo molti<br />

fornitori di componentistica<br />

tradizionale. Continental<br />

ad esempio (uno dei primi<br />

produttori mondiali di<br />

pneumatici, di sistemi di<br />

frenata e di controllo nonché<br />

di stabilità del veicolo e di<br />

altri parti per automobili e<br />

autocarri) qualche settimana<br />

fa ha annunciato che a livello<br />

mondiale dovrà “cancellare”<br />

20.000 posti di lavoro (7.000<br />

solo in Germania) e diversi<br />

stabilimenti dovranno<br />

chiudere i battenti. A ciò<br />

si aggiunga che le aziende<br />

dell’indotto sono nella quasi<br />

totalità dei casi mediopiccole<br />

e, dunque, hanno<br />

maggiori difficoltà ad<br />

intraprendere processi di<br />

conversione e riqualificazione<br />

dei loro addetti. Stando a<br />

rilevazioni di Eurostat, su<br />

10.000 aziende europee<br />

coinvolte nella produzione<br />

di auto, 9.000 sono piccole e<br />

medie imprese, con un totale<br />

di 250.000 addetti.<br />

È opportuno che Stati e grandi<br />

industrie del settore inizino<br />

quindi a predisporre misure<br />

e programmi per rendere la<br />

fase di transizione il meno<br />

dolorosa possibile per i<br />

lavoratori del settore.<br />

Molto importante, infine,<br />

sarà la velocità di questa<br />

rivoluzione. Per il momento,<br />

a parte nazioni molto<br />

virtuose come la Norvegia, la<br />

diffusione dell’auto elettrica<br />

resta infatti piuttosto incerta.<br />

Questo spiega una<br />

certa discordanza e<br />

approssimazione delle<br />

previsioni sui potenziali<br />

impatti. UBS stima<br />

comunque che nel 2025 le<br />

vetture elettriche possano<br />

raggiungere il 30% delle<br />

vendite in Europa e il 14% a<br />

livello globale. Rimangono<br />

comunque diversi punti<br />

interrogativi, come ad<br />

esempio quello sul futuro dei<br />

SUV: questo è il segmento<br />

più in crescita in tutto il<br />

vecchio continente, ma<br />

anche quello nel quale una<br />

vettura “alternativa” a quella<br />

tradizionale, efficiente e<br />

sostenibile anche da un punto<br />

di vista economico, è ancora<br />

molto lontana.<br />

Foto: Skoda<br />

44<br />

marzo-aprile 2020

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