Rivista Aprile 2020
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ne nei confini animici, e l'arte,
intesa in tal senso, riscatta la
natura umana dalla sua condizione
materiale».
Con sempre maggiore intensità
si addentra in questa
esplorazione senza confini, in
cui sempre più si sperimenta
nell'approfondire i caratteri,
il “segno” del suo linguaggio:
suo e inconfondibile è il modo
di tracciare curve leggere a delimitare
ipotesi di volti, suo è il
“dialogo” dei colori, il loro incontro
che si espande in nebulose
o è circoscritto fra segni
minimali, ognuno dei quali è
un mondo d’immagini, di microfigure,
separate e distinte
ma complementari l'una all'altra.
Il suo è uno stile non ricon-
Epifania
ducibile a scuole e correnti artistiche
specifiche: uno stile che è un unicum
cromatico, materico, concettuale.
Cos'è, dunque, “arte” in questo percorso
così complesso e difficile?
«E' l'autopercezione della creatura vivente,
proiettata all'infinito da anima
che è la fonte del sapere assoluto. Il
concetto del sé si esprime attraverso la
forma».
Arte come impegno assoluto, ricerca
che ogni volta ti pone di fronte a te
stessa?
«Mi percepisco come una funambula in
equilibrio fra due dimensioni opposte;
sotto di me è il vuoto, è nel vuoto che io
lavoro, non mi sento protagonista ma
esecutrice. Ho imparato a mettere a tacere
l'ego, la dimensione materiale, e a
dar voce all'anima».
Una concezione dell'arte che non si
esaurisce nella dimensione estetica, ma
coinvolge unitariamente l'etica, e crea
un “ponte” fra i saperi: arte e vita s’incontrano
in un principio unitario, così
come la scienza ricerca il principio unitario
che spieghi tutti gli aspetti della realtà,
studiati dai vari settori della scienza
stessa. Non a caso ha dedicato alcune
sue opere alla quantistica, alla “frontiera”
che ha superato la fisica classica per
addentrarsi ancora più in profondità in
quello “spazio” in cui materia ed energia
s’incontrano, interagiscono, si confondono.
Così come il “campo morfico”
di cui sperimenta alcune “figurazioni”,
è il luogo dell'empatia, dell'incontro,
dell'identificazione con l'altro, in una
percezione diretta che mette in pratica
ciò che per la scienza resta a livello
di teoria dei campi quantistici. Ancora
una volta, gli “opposti” non sono tali,
le separatezze non sono tali, gli individui
non sono monadi isolate in quel
“campo” di percezioni che costituisce la
memoria collettiva, sottesa ad ogni incontro,
ad ogni relazione. Le sue opere,
così impegnative nella loro genesi e
così coinvolgenti nella loro realtà “effettuale”,
richiedono, a coronamento del
loro significato più profondo, l'impegno
di un visitatore che non si trinceri dietro
generiche categorie di apprezzamento
estetico, ma sia disponibile a mettere in
discussione le sue certezze, le sue difese,
le barriere, scenda dentro se stesso.
Come per tutta l'arte contemporanea, il
pubblico è chiamato ad interagire con
l'opera, a coronarne il senso; tanto più
ciò è fondamentale nell'arte, così permeata
dall'introspezione, dalla ricerca
della libertà.
Anima in divenire
Qual è il rapporto tra la libertà nell'arte
e la libertà nella tua ricerca culturale?
«La prima caratteristica della connessione
animica è la ricerca della libertà,
non come trasgressione delle regole
sociali, comunque condizionanti, ma
soprattutto come ricerca di una dimensione
propria in cui l'anima è regista incondizionata
della realtà».
Nella profondità di se stessi, nella connessione
con tutto l'esistente sta, dunque,
il significato dell'arte, veicolo di
comprensione e di compassione, in
senso etimologico.
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Cinzia Pistolesi
CINZIA PISTOLESI
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