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Sfaccettature
fiorentine
Lo scoppio del carro
Storia di un'antica tradizione fiorentina riproposta ogni
anno per le festività pasquali
di Barbara Santoro
Essendo da poco trascorsa la
Pasqua, che quest'anno è stata
una domenica qualunque a
causa del Coronavirus, vale la pena
raccontare la storia dello “scoppio del
carro “. Questa cerimonia tutta fiorentina
che si svolge il giorno di Pasqua,
risale ai tempi della prima crociata indetta
per liberare il Santo Sepolcro dagli
infedeli. Goffredo di Buglione, duca
della Bassa Lorena, era il capo dei Crociati,
così chiamati perché portavano
una croce rossa cucita sulla spalla destra
della tunica bianca che ricopriva
l'armatura. Nel 1097 partirono per la
Palestina e due anni dopo assediarono
la città di Gerusalemme, riuscendo
Il carro pasquale detto "brindellone" (ph. courtesy tuscanyplanet.com)
ad espugnarla il 15 luglio del 1099. Si
racconta che il fiorentino Pazzino de’
Pazzi fu il primo che riuscì a salire sulle
mura della città santa e ad apporre
l'insegna bianca e rossa. Per questo
atto di coraggio, Goffredo di Buglione
gli donò tre schegge del Santo Sepolcro.
Al suo rientro a Firenze le tre pietre
furono inizialmente conservate nel
Palazzo dei Pazzi per poi essere consegnate
alla chiesa di Santa Maria Sopra
a Porta nel Mercato nuovo. Da qui passarono
nella chiesa di San Biagio fino
a quando la chiesa fu soppressa nel
1785. Le sacre reliquie vennero quindi
trasferite nella chiesa dei Santi Apostoli
dove tuttora sono gelosamente
conservate in un’apposita
urna. Gli storici tramandano
che, dopo la liberazione
di Gerusalemme, i crociati
nel giorno di sabato si radunarono
nella chiesa della
Resurrezione in devota
preghiera e consegnarono
a tutti i presenti il fuoco
benedetto come simbolo di
purificazione. Così questo
fuoco, che veniva acceso
con le scintille sprigionate
dallo sfregamento delle tre
schegge, era donato a tutti
i fiorentini in ricordo di
questo evento. Col passare
del tempo la festa divenne
sempre più articolata
ma non si sa con esattezza
quando nacque il vero e
proprio “scoppio del carro”,
probabilmente alla fine
del Trecento. Il fuoco
santo veniva trasportato
con un carro − dove su un
tripode venivano accesi i
carboni − e poi distribuito
al popolo fiorentino. Quan-
do la famiglia dei Pazzi fu cacciata dalla
città a seguito della famosa congiura
ordita contro i Medici nel 1478, la Repubblica
decise di passare i festeggiamenti
ai consoli dell'Arte maggiore
di Calimala, che erano anche gli amministratori
del battistero di San Giovanni.
Quando nel 1494, scossa dalla
predicazione del frate domenicano Girolamo
Savonarola, la città cacciò i
Medici da Firenze, una provvisione governativa
restituì alla famiglia dei Pazzi
gli antichi privilegi, compreso quello
dell'organizzazione dello scoppio
del carro. Inizialmente questo carro
era molto semplice, ma a causa delle
deflagrazioni e delle fiammate che
ogni anno sopportava, alla fine della
cerimonia doveva essere ripristinato o
rifatto nuovo. Così si decise di allestire
un carro grande di tipo trionfale a tre
ripiani chiamato “brindellone” trainato
da due coppie di buoi e posizionato fra
il battistero e la cattedrale. Ancora oggi,
al canto del “Gloria”, l'arcivescovo
accende un razzo a forma di colomba
(la colombina) che tramite una fune di
ferro percorre tutta la navata centrale
del duomo e, raggiunto il carro all'esterno,
lo fa scoppiare accendendo
tutti i mortaretti e i fuochi d’artificio. La
sagoma del “brindellone”, così chiamato
per l’andatura lenta e scomposta,
scompare per qualche momento alla
vista in un caleidoscopico gioco di colori
viola, rosa, rosso, verde, bianco e
blu, mentre un denso fumo lo avvolge
e rumorosi scoppi colpiscono le orecchie
degli astanti. La colombina deve
poi tornare indietro all'altare maggiore
da dove è partita altrimenti si pensa
che il raccolto dell'anno non avrà buoni
auspici. Una festa molto sentita dai
fiorentini e accolta felicemente dai tanti
turisti che arrivano in città un po’ da
tutte le parti del mondo.
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LO SCOPPIO DEL CARRO