Separazioneeil mantenimento del coniuge economicamente debole.Quando e quanto?divorzio:Uno dei luoghi comuni più diffusi nel diritto difamiglia è quello di pensare che, in caso diseparazione e di divorzio, il marito sia tenuto almantenimento della moglie. Sempre e anchein misura mastodontica. Magari con laconvinzione che il tradimento, quando subìto,apra la via per assegni da capogiro. Adalimentare questa leggenda, hanno contribuitoalcune sentenze che hanno previstomantenimenti faraonici e che, per la notorietàdei loro protagonisti, sono diventate famose.Hanno contribuito anche molti film che hannofornito una realtà matrimoniale dove le donneferite dalla fine della relazione ne esconovittoriose e con la rivalsa del “ti porterò viatutto quello che hai!”. In realtà, la legge, nonparla di marito che deve mantenere la mogliema, anzi, mette l'uomo e la donna sullo stessopiano e si rivolge genericamente al coniugeeconomicamente forte e a quelloeconomicamente debole. Il primo (che siauomo o donna), se sussistono determinarecircostanze, deve provvedere al mantenimentodel secondo (che sia uomo o donna). Ènaturale, poi, che – complice la nostra cultura,la nostra società e l'attitudine materna aoccuparsi dei figli – è quasi sempre la donna adedicarsi alla famiglia e, di conseguenze, asacrificare il proprio lavoro e i propri guadagni.Ma a prescindere da questa premessa, a mioavviso necessaria per richiamare l'attenzionesulla parità uomo/donna che la nostra legge –sulla carta – impone, quando un coniuge hadiritto a essere mantenuto dall'altro? Quandola moglie può ambire all'assegno dimantenimento? Prima di tutto gli aiutieconomici ai quali i futuri ex coniugi possonoambire sono due: quello della separazione equello del divorzio. I parametri per determinareil primo sono più ampi e tengono conto di varifattori (stipendio di entrambi, abitudini di vita,durata del matrimonio, patrimonio mobiliare eimmobiliare di ciascuno e così via). I parametriche guidano la quantificazione dell'assegno didivorzio, invece, sono più stringenti e hannouna natura compensativa. Non c'è da stupirsi,quindi, se un assegno di mantenimentoprevisto in separazione e quantificato in€ 3.000,00 al mese, venga ridotto dal giudice a€ 2.000,00 in sede di divorzio. È chiaro, poi,che sarà sempre possibile per le parti deciderecongiuntamente che il mantenimento dell'uno afavore dell'altro possa rimanere lo stesso inseparazione e in divorzio (o ancheaumentare). In ogni caso, l'ormai unanimegiurisprudenza ha nettamente spazzato via ilcriterio del tenore di vita. I coniugi, che incostanza di matrimonio vivevano nell'agio e nellusso sfrenato, quindi, non avranno più il dirittodi mantenere lo stesso sfarzo se interviene ildivorzio. Ora, se i parametri utilizzati in sede diseparazione per quantificare l'assegno dimantenimento sono molto più immediati (tuttipossiamo dire, per esempio, che unmatrimonio durato 2 anni sia da considerarsi dibreve durata, mentre un matrimonio di 30 siastato lungo), non è così chiaro che cosasignifichi che l'assegno di divorzio debba“compensare” le rispettive posizioni. Il criteriodella compensazione, evoca il concetto di“riconoscenza” di un coniuge verso l'altro. Unmarito che, per esempio, ha un lavoro che gliimpone di viaggiare per tutta l'Italia e che loimpegna molte ore al giorno, dovrà esserericonoscente alla moglie che per educare i figlie occuparsi dei lavori domestici (e anche pertenere la famiglia unita) lo ha seguito dal nordal sud, vendendo il proprio negozio (fonte deisuoi guadagni fino a quel momento). Per fareun altro esempio noto, un uomo che è semprestato platealmente riconoscente alla moglieper il successo e la felicità che lui ha ottenutoè Barack Obama. Lui, infatti, non ha mai fattomistero del fatto che senza la sua first ladyMichelle, non avrebbe avuto lo stessosuccesso e non avrebbe raggiunto gli stessiambiziosi traguardi. Allora in ipotesi comequeste descritte, il giudice non avrebbedifficoltà a capire quanto le mogli siano statedeterminanti sia per la creazione di unafamiglia (la crescita e l'educazione dei figli), siaper la realizzazione personale e professionaledel marito. In questi casi il giudice prevederàcertamente un assegno a favore dell'ex moglieper, appunto, “compensare” le scelte familiari ele relative conseguenze. Naturalmente, nontutte le situazioni saranno così plateali, maproprio per questo entra in gioco la doverosavalutazione che i giudici operano caso percaso. Quei coniugi, quei figli, quei lavori, quellasingola famiglia. Oltre a questo aspettodirimente, il giudice - per determinare se vi siao meno diritto all'assegno di mantenimento (ea quanto debba ammontare) - dovrà verificarela consistenza del patrimonio delle parti evalutare la ragione per la quale un coniugeeventualmente non lavora. Per esempio, ilgiudice sarà benevolo con una mamma/architetto che non riesce a rientrare nel mondodel lavoro perché non ha potuto coltivareclienti e progetti. Al contrario, non potràaccontentare la mamma che rifiutaingiustificatamente i lavori che le vengonoofferti. In altre parole, il giudice vuoleresponsabilizzare le parti, riconoscendo lorodiritti quando hanno sacrificato la propriaambizione lavorativa per la famiglia, ma ancheincoraggiando tutti a farsi strada da soliabbandonando l'idea che il matrimonio sia“un'assicurazione sulla vita”. In conclusione,quindi, il mio consiglio alle donne/mamme èquello di lavorare prima e quanto più possibile.Perché se nell'anno 1975 è stato decretato ilprincipio dell'uguaglianza morale e giuridicadei coniugi, oggi noi donne dobbiamocertamente affermare la nostra dignità. Equesta sta proprio nell'(auto)responsbailità diciascuna e nell'autonomia economica. Se, poi,la scelta familiare è quella di dividersi i ruoli (ilmarito lavora e guadagna e la moglie sioccupa di casa e figli), allora la donna dovràpretendere la comunione dei beni per nonrischiare di trovarsi un giorno senza lavoro,senza stipendio e magari con un miseroassegno di mantenimento. In parallelo, poi, ilmio auspicio - e la mia lotta - per lemogli/mamme è che loro possano fareaffidamento su aiuti più consistenti da parte delmondo del lavoro e da parte dei mariti che, aquesto punto, quando di notte i figlipiangeranno, dovranno iniziare ad alzarsianche loro.A cura di:Avv. Marzia Coppolamarzia.coppola@abdp.itStudio legale Bernardini de Pace
Marzia CoppolaÈ un avvocato divorzista e, dall'inizio della sua carriera, si occupadi diritto di famiglia presso lo Studio legale Bernardini de Pace aMilano. Qui ha acquisito esperienza e specializzazione inseparazioni, divorzi, tutela dei minori, trust, adozioni e successioni.Sia a livello nazionale che internazionale.Fermamente convinta del fatto che ogni famiglia sia una storia asé che merita ascolto e dedizione e del fatto che anche dallarelazione peggiore si possa imparare qualcosa per dare il via allavita dopo il divorzio.www.dimagazine.it70lo sapevi che...Attu alità
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