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La Toscana nuova Maggio

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Salute e

società

Dal vaiolo al

Coronavirus

Due sfide della scienza nel

segno della vaccinazione

di Doretta Boretti

Tra traguardi inaspettati e dubbi conclamati,

tra statistiche pubblicate e

incertezze conseguite, in questo anno

di pandemia da Covid-19, gli esperti si contendono

la leadership, le case farmaceutiche

la produzione, corrono soldi a non finire e la

vita di molti, a volte, sembra sospesa nell’attesa

di un vaccino che scarseggia ad arrivare

o in certi casi arriva troppo tardi. Inoltre, tante

polemiche nascono, altre si acquietano, mentre

la nascita dei nuovi vaccini da un lato ci

dovrebbe rinnovare il ricordo lontano del coraggio

che hanno avuto i primi impavidi ricercatori

e dall’altro ci dovrebbe fare apprezzare

di più i grandi passi fatti dalla scienza, soprattutto

negli ultimi anni, proprio nel campo della

ricerca sui nuovi vaccini. Era il 1753 quando a

Parigi morivano di vaiolo circa 20.000 persone;

a Napoli, nel 1768, ne morivano 60.000, e

nello stesso anno l’Inghilterra

ne contava 40.000.

Si sostiene che nel corso

del XVIII secolo, in Europa,

morissero ogni anno

400.000 persone, di cui il

20/40% adulti e il 60/80%

bambini. Il vaiolo non si

fermava con niente, la

gente continuava ad ammalarsi

gravemente e i

più morivano. Nel 1796,

il medico inglese Eduard

Jenner osservò che alcuni

suoi pazienti, contadini

da lui curati, venivano

contagiati dal vaiolo bovino

e, superata la malattia,

non si ammalavano della

variante umana, di gran

lunga più grave di quella

animale. Allora cosa fece?

Prelevò, da una pustola

di una sua paziente

contagiata da una mucca

La vaccinazione antivaiolo negli anni Cinquanta

Edward Jenner, il medico inglese padre della vaccinazione (opera di James Northcote)

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DAL VAIOLO AL CORONAVIRUS

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