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Renzo Penna

RIFORMA DELLE PENSIONI E “GABBIE SALARIALI”

Un anno prima, nel medesimo arco di tempo, tra i primi mesi del 1968 e l’inizio

del ’69, CGIL, CISL e UIL riprendendo, dopo la lunga epoca delle divisioni, l’iniziativa

e la mobilitazione unitaria, avevano condotto a termine con successo due

importanti rivendicazioni: la riforma delle pensioni con il Governo e l’abbattimento

delle cosiddette “gabbie salariali” con le Associazioni imprenditoriali delle aziende

pubbliche e private. E, in entrambe le vertenze, la partecipazione agli scioperi degli

operai della Ricci e delle altre principali fabbriche di argenteria della città: Cesa,

Guerci e Goretta, era stata massiccia. Dall’archivio fotografico della FIOM di Alessandria

riportiamo le immagini di uno sciopero-manifestazione degli argentieri appositamente

deciso a sostegno del superamento delle “zone salariali” (F. 1, 2, 3).

Siamo nell’autunno del 1968, il concentramento è al quartiere Cristo di fronte allo

stabilimento della Ricci dove si forma il corteo che, percorrendo Corso Acqui e superando

il cavalcavia, raggiunge il centro di Alessandria. La Cesa, con la Ricci la

fabbrica con più addetti nel settore, aveva la sede tra via Trotti e via Legnano, prossima

a quella dell’Unione Industriale provinciale. Dalle sigle dei cartelli si evidenzia

che, tra questi lavoratori, la FIOM era nettamente il sindacato con più iscritti.

La Riforma delle pensioni

Per portare a termine la riforma delle pensioni furono necessari due scioperi generali,

il 14 novembre 1968 e il 5 febbraio ’69. Entrambi registrarono una forte adesione

della classe operaia che si mostrò molto sensibile al tema della previdenza.

Infatti una precedente intesa, raggiunta con il governo Moro sul finire della legislatura,

il 27 febbraio 1968, fu diffusamente contestata dalle strutture provinciali

CGIL e dalla base dei lavoratori. Come conseguenza Luciano Lama, segretario della

Confederazione, dovette ritirare l’assenso di massima dato a Palazzo Chigi dalla

propria Organizzazione. Dopo le elezioni politiche del giugno 1968, 4 il testo del

nuovo accordo fu approvato il 15 febbraio ’69 dal Consiglio dei ministri del governo

di centrosinistra, presieduto da Mariano Rumor e nel quale ministro del Lavoro e

della Previdenza sociale era il socialista Giacomo Brodolini. 5

In quegli anni il termine “Riforma” non era ancora stato svalutato e trasformato,

come sovente capita oggi, nel suo contrario e significava un generale miglioramento

delle condizioni dei lavoratori e dei ceti meno abbienti. Veniva introdotto il sistema

retributivo e il rapporto fra la pensione e gli stipendi dell’ultimo periodo di lavoro

(l’ultimo anno per i dipendenti pubblici, gli ultimi cinque anni per i lavoratori del

settore privato) passava dal 65 al 74%, con l’impegno di raggiungere quota 80 entro

il 1975. La pensione cessava di essere la restituzione di ciò che è stato versato e diventava

un salario differito basato sul concetto della solidarietà tra le generazioni;

veniva istituito un meccanismo di scala mobile per aggiornare, anche se in misura

modesta, l’entità delle pensioni compensando la perdita del potere di acquisto della

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