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lavorovalore

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Renzo Penna

L’anno degli operai, la stagione dell’“Autunno caldo”

Gli echi e i contenuti di quella protesta arrivarono anche all’Alfa Romeo, portati

direttamente dalle avanguardie studentesche. Ricordo visivamente, in quei mesi, la

presenza fisica degli studenti ai cancelli della fabbrica, le discussioni animate che

si intrecciavano con gli operai, i volantini dei comitati e dei gruppi, come si chiamavano

allora le nascenti formazioni della sinistra extraparlamentare.

Nei luoghi di lavoro è indubbio che il movimento del ’68 abbia avuto un ruolo

importante nello sviluppo del conflitto sociale e nell’arricchire di contenuti le rivendicazioni

sindacali. In particolare, la dichiarazione programmatica “Tesi della

Sapienza” che scaturisce, nel febbraio 1967, dall’occupazione dell’università pisana,

postula un collegamento strutturale tra le lotte all’interno dell’università e i conflitti

di lavoro al suo esterno. 41 Così i leader degli studenti che hanno, a più riprese, occupato

Palazzo Campana a Torino solidarizzano, nella primavera del ’68, con gli

operai ai cancelli di Mirafiori. E, tra questi, Vittorio Rieser - uno dei collaboratori

più in vista dei “Quaderni Rossi” - sostiene che, dopo l’occupazione e lo scontro

con i docenti all’interno delle università, nell’iniziativa degli studenti assumono

sempre più importanza i rapporti con la classe operaia. 42 Facendo notare, in una dichiarazione

a “L’Espresso”, che c’è “una grande tensione alla FIAT per la regolazione

dei cottimi e che gli operai guardano, in questo momento, con attenzione al

movimento studentesco.” 43 Ne sono testimonianza le battaglie per la conquista di

nuovi spazi di democrazia e di autodecisione nelle fabbriche con l’obiettivo di contrastare

la struttura gerarchica e autoritaria delle imprese e la messa in discussione

della stessa gestione burocratica e verticistica delle vertenze sindacali. 44 Le rivendicazioni

che emergono non riguardano più soltanto i livelli salariali e le questioni

normative, ma contestano direttamente l’organizzazione del lavoro in fabbrica: i

ritmi e le condizioni di lavoro, la nocività dell’ambiente, la sicurezza. Temi non più

delegabili, ma che devono rientrare nella contrattazione aziendale e riguardare il

singolo posto di lavoro. Soprattutto a Milano, sostenute dalle strutture di base e dai

“comitati unitari”, si impongono nuove rivendicazioni sindacali. Riguardano aspetti

egualitari come gli aumenti salariali uguali per tutti, la parificazione normativa tra

operai e impiegati, salariale tra uomini e donne, la riduzione dell’orario di lavoro,

il controllo dei ritmi e degli straordinari. Aspetti che influenzano e vengono assunti

nelle piattaforme contrattuali delle categorie.

Uno sciopero, in particolare, fece notizia e suscitò sorpresa per il peculiare contesto:

una cittadina in provincia di Vicenza, con una storia di tradizione cattolica,

rispetto per le leggi e scarsa tradizione sindacale. La lotta dei circa 3 mila operai

del lanificio Marzotto di Valdagno venne decisa per contrastare un pesante piano di

licenziamenti e l’aumento dei carichi di lavoro. Il fatto che segnò quella vertenza

avvenne il 19 aprile 1968, quando un gruppo di giovani operai, nel corso di una manifestazione,

abbatté la statua del conte Gaetano Marzotto, considerato il benefattore

che a metà ottocento aveva fondato il gruppo tessile e costruito attorno alla fabbrica

le scuole, un teatro e una chiesa. Il contesto sociale negli anni era, però, profondamente

cambiato e la lotta degli operai portò allo scoperto condizioni di lavoro du-

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