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PDF -Fassung - Schweizerischer Altphilologenverband

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Letteratura e politica<br />

in un momento di rinnovato pericolo (ode I 14) e a sciogliere infine un inno, su<br />

incarico dello stesso imperatore, a Roma pacificata (Carmen saeculare).<br />

Letteratura e potere al tempo d’Augusto<br />

Sotto il principato augusteo, quando Virgilio e Orazio si erano ormai convertiti<br />

se non a una diretta partecipazione all’azione politica, perlomeno a una poesia<br />

politicamente impegnata nella celebrazione di Roma e del regime, la rinuncia<br />

all’impegno politico verrà rivendicata come scelta di vita dai poeti elegiaci, che<br />

a esso contrapporranno l’otium poetico-letterario e la milizia d’amore, come in<br />

questo passo di Tibullo (Elegie I 1, 53–55):<br />

A te, Messala, s’addice condurre guerre per terra e per mare, perché il tuo palazzo<br />

ostenti le spoglie nemiche; me tengono avvinto i lacci di una bella fanciulla.<br />

E ancora (Elegie I 1, 73–75):<br />

Ora è tempo di fare l’amore spensieratamente […]. Qui io sono condottiero e soldato<br />

valente.<br />

I rapporti con il princeps<br />

In età imperiale diventa fondamentale, per chi intende fare politica o teorizzare<br />

su di essa, il problema dei rapporti con il princeps. Sempre più accolto è l’invito<br />

epicureo a cercare la propria realizzazione nel privato, e non è un caso che proprio<br />

l’età augustea abbia fornito, con Livio (59 a.C.–7 d.C.), il primo esempio di uno<br />

storico che non fosse anche politicamente impegnato nella carriera senatoria. Il<br />

regime augusteo, tuttavia, era ancora abbastanza tollerante da consentire a Livio<br />

di manifestare apertamente le proprie nostalgie repubblicane, sulle quali Augusto<br />

si limitava a ironizzare chiamandolo «il pompeiano». Lo ricorda polemicamente,<br />

in un discorso attribuitogli da Tacito (Annales IV 34), lo storico Cremuzio Cordo,<br />

accusato nel 25 d.C. di lesa maestà per avere esaltato nella sua opera i cesaricidi<br />

Bruto e Cassio.<br />

A partire dall’epoca di Tiberio (14–7 d.C.) si ebbe dunque un irrigidimento<br />

del potere in senso autoritario, che rese ancor più difficile sia una non servile<br />

partecipazione alla vita politica, sia anche l’esercizio, a livello letterario, della<br />

libertà di parola e di pensiero. Eppure in età neroniana il poeta Lucano (39–65<br />

d.C.) dipinge a tinte fosche la tirannide cesariana nel suo poema sulla guerra civile<br />

tra Cesare e Pompeo (Bellum civile o Pharsalia), il cui elogio proemiale va assai<br />

probabilmente inteso come una feroce ironia.<br />

Un caso particolare è quello dello zio di Lucano, Seneca (4 a.C. ca.–65 d.C.),<br />

che tentò in un primo momento, come stretto collaboratore di Nerone, di indirizzare<br />

il principe sulla via di una ‘illuminata’ clemenza, utilizzando a questo scopo<br />

Bulletin 70/2007 13

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