20GIORNATA PER LA PACEPacem in terris:un impegno permanenteMESSAGGIO DI SUA SANTITÀGIOVANNI PAOLO IIPER LA CELEBRAZIONE DELLAGIORNATA MONDIALE DELLA PACE1. Sono trascorsi quasi quarant’anni daquell’11 aprile 1963, in cui Papa GiovanniXXIII pubblicò la storica Lettera enciclicaPacem in terris. Si celebrava in quel giornoil Giovedì Santo. Rivolgendosi “a tutti gliuomini <strong>di</strong> buona volontà”, il mio veneratoPredecessore, che sarebbe morto duemesi più tar<strong>di</strong>, compen<strong>di</strong>ava il suo messaggio<strong>di</strong> pace al mondo nella prima affermazionedell’Enciclica: “La pace in terra,anelito profondo degli esseri umani <strong>di</strong> tutti itempi, può venire instaurata e consolidatasolo nel pieno rispetto dell’or<strong>di</strong>ne stabilitoda Dio” (Pacem in terris, introd.: AAS, 55[1963], 257).Parlare <strong>di</strong> pace ad un mondo <strong>di</strong>viso2. In realtà, il mondo a cui Giovanni XXIII sirivolgeva era in un profondo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.Il XX secolo era iniziato con una grandeattesa <strong>di</strong> progresso. L’umanità aveva invecedovuto registrare, in sessant’anni <strong>di</strong>storia, lo scoppio <strong>di</strong> due guerre mon<strong>di</strong>ali,l’affermarsi <strong>di</strong> sistemi totalitari devastanti,l’accumularsi <strong>di</strong> immense sofferenze umanee lo scatenarsi, nei confronti della Chiesa,della più grande persecuzione che lastoria abbia mai conosciuto.Solo due anni prima della Pacem in terris,nel 1961, il “ muro <strong>di</strong> Berlino ” veniva erettoper <strong>di</strong>videre e mettere l’una control’altra non soltanto due parti <strong>di</strong> quella Città,ma anche due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> comprendere e <strong>di</strong>costruire la città terrena.I quattro pilastri della pace3. Papa Giovanni XXIII non era d’accordocon coloro che ritenevano impossibile lapace. Con l’Enciclica, egli fece sì che questofondamentale valore - con tutta la sua esigenteverità - cominciasse a bussare da entrambele parti <strong>di</strong> quel muro e <strong>di</strong> tutti i muri.A ciascuno l’Enciclica parlò della comuneappartenenza alla famiglia umana e acceseper tutti una luce sull’aspirazione della gente<strong>di</strong> ogni parte della terra a vivere in sicurezza,giustizia e speranza per il futuro.Da spirito illuminato qual era, GiovanniXXIII identificò le con<strong>di</strong>zioni essenziali perla pace in quattro precise esigenze dell’animoumano:(cfr ibid., I: l.c., 265-266). La verità- egli <strong>di</strong>sse - sarà fondamento della pace, seogni in<strong>di</strong>viduo con onestà prenderà coscienza,oltre che dei propri <strong>di</strong>ritti, anchedei propri doveri verso gli altri. La giustiziae<strong>di</strong>ficherà la pace, se ciascuno concretamenterispetterà i <strong>di</strong>ritti altrui e si sforzerà <strong>di</strong>adempiere pienamente i propri doveri versogli altri. L’amore sarà fermento <strong>di</strong> pace,se la gente sentirà i bisogni degli altri comepropri e con<strong>di</strong>viderà con gli altri ciò chepossiede, a cominciare dai valori dello spirito.La libertà infine alimenterà la pace e lafarà fruttificare se, nella scelta dei mezzi perraggiungerla, gli in<strong>di</strong>vidui seguiranno la ragionee si assumeranno con coraggio la responsabilitàdelle proprie azioni.Una nuova coscienza della <strong>di</strong>gnitàdell’uomo e dei suoi inalienabili <strong>di</strong>ritti4. L’umanità, egli scrisse, ha intrapreso unanuova tappa del suo cammino (cfr ibid., I:l.c., 267-269). La fine del colonialismo, lanascita <strong>di</strong> nuovi Stati in<strong>di</strong>pendenti, la <strong>di</strong>fesapiù efficace dei <strong>di</strong>ritti dei lavoratori, la nuovae gra<strong>di</strong>ta presenza delle donne nella vitapubblica, gli apparivano come altrettanti segni<strong>di</strong> un’umanità che stava entrando in unanuova fase della sua storia, una fase caratterizzatadalla “ convinzione che tutti gli uominisono uguali per <strong>di</strong>gnità naturale ” (ibid., I:l.c., 268). Certo, tale <strong>di</strong>gnità era ancora calpestatain molte parti del mondo. Il Papanon lo ignorava. Egli era tuttavia convintoche, malgrado la situazione fosse sotto alcuniaspetti drammatica, il mondo stava <strong>di</strong>ventandosempre più consapevole <strong>di</strong> certivalori spirituali e sempre più aperto alla ricchezza<strong>di</strong> contenuto <strong>di</strong> quei “pilastri dellapace” che erano la verità, la giustizia,l’amore e la libertà (cfr ibid., I: l.c.,268-269).Il bene comune universale5. Su <strong>di</strong> un altro punto l’insegnamento dellaPacem in terris si <strong>di</strong>mostrò profetico, precorrendola fase successiva dell’evoluzionedelle politiche mon<strong>di</strong>ali. Davanti ad unmondo che stava <strong>di</strong>ventando sempre piùinter<strong>di</strong>pendente e globale, Papa GiovanniXXIII suggerì chedoveva essere elaborato con un orizzontemon<strong>di</strong>ale. Ormai, per essere corretto, il <strong>di</strong>scorsodoveva far riferimento al concetto <strong>di</strong>“bene comune universale” (Pacem in terris,IV: l.c., 292).Un nuovo or<strong>di</strong>ne morale internazionale6. Resta comunque vero che, nonostantemolte <strong>di</strong>fficoltà e ritar<strong>di</strong>, nei quarant’annitrascorsi si è avuto un notevole progressoverso la realizzazione della nobile visione <strong>di</strong>Papa Giovanni XXIII. Il fatto che gli Statiquasi in ogni parte del mondo si sentanoobbligati ad onorare l’idea dei <strong>di</strong>ritti umanimostra come siano potenti gli strumentidella convinzione morale e dell’integritàspirituale. Furono queste le forze che si rivelaronodecisive in quella mobilitazionedelle coscienze che fu all’origine della rivoluzionenon violenta del 1989, evento chedeterminò il crollo del comunismo europeo.E sebbene nozioni <strong>di</strong>storte <strong>di</strong> libertà,intesa come licenza, continuino a minacciarela democrazia e le società libere, è sicuramentesignificativo che, nei quarant’annitrascorsi dalla Pacem in terris, molte popolazionidel mondo siano <strong>di</strong>ventate più libere,strutture <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo e <strong>di</strong> cooperazionetra le nazioni si siano rafforzate e la minaccia<strong>di</strong> una guerra globale nucleare, quale si profilòdrasticamente ai tempi <strong>di</strong> Papa GiovanniXXIII, sia stata efficacemente contenuta.A questo proposito, con umile coraggiovorrei osservare come l’insegnamento plurisecolaredella Chiesa sulla pace intesacome “tranquillitas or<strong>di</strong>nis” - “tranquillitàdell’or<strong>di</strong>ne”, secondo la definizione <strong>di</strong>Sant’Agostino (De civitate Dei, 19, 13), sisia rivelato, alla luce anche degli approfon<strong>di</strong>mentidella Pacem in terris, particolarmentesignificativo per il mondo o<strong>di</strong>erno,tanto per i Capi delle nazioni quanto per isemplici citta<strong>di</strong>ni. Che ci sia un grande <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nenella situazione del mondo contemporaneoè constatazione da tutti facilmentecon<strong>di</strong>visa. L’interrogativo che si imponeè perciò il seguente:E poiché ilmondo, pur nel suo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, si sta comunque“organizzando” in vari campi (economico,culturale e perfino politico), sorgeun’altra domanda ugualmente pressante:secondo quali principi si stanno sviluppandoqueste nuove forme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne mon<strong>di</strong>ale?Queste domande ad ampio raggio in<strong>di</strong>canoche il problema dell’or<strong>di</strong>ne negli affari mon<strong>di</strong>ali,che è poi il problema della pace rettamenteintesa, non può prescindere da questionilegate ai principi morali. In altre parole,emerge anche da questa angolatura laconsapevolezza che la questione della pacenon può essere separata da quella della <strong>di</strong>gnitàe dei <strong>di</strong>ritti umani. Proprio questa èL’Angelo - <strong>Gennaio</strong> <strong>2003</strong>
una delle perenni verità insegnate dalla Pacemin terris, e noi faremmo bene a ricordarlae a me<strong>di</strong>tarla in questo quarantesimoanniversario.Il legame tra pace e verità7. Contestando la visione <strong>di</strong> coloro chepensavano alla politica come ad un territoriosvincolato dalla morale e soggetto alsolo criterio dell’interesse, Giovanni XXIII,attraverso l’Enciclica Pacem in terris, delineòuna più vera immagine dell’umana realtàe in<strong>di</strong>cò la via verso un futuro miglioreper tutti. Proprio perché le persone sonocreate con la capacità <strong>di</strong> elaborare sceltemorali, nessuna attività umana si situa al <strong>di</strong>fuori della sfera dei valori etici. La politica èun’attività umana; perciò anch’essa è soggettaal giu<strong>di</strong>zio morale. Questo è vero ancheper la politica internazionale. Il Papascriveva: “La stessa legge naturale che regolai rapporti tra i singoli esseri umani, regolapure i rapporti tra le rispettive comunità politiche”(Pacem in terris, III: l.c., 279).Quanti ritengono che la vita pubblica internazionalesi esplichi in qualche modo fuoridell’ambito del giu<strong>di</strong>zio morale, non hannoche da riflettere sull’impatto dei movimentiper i <strong>di</strong>ritti umani sulle politiche nazionali einternazionali del XX secolo, da poco concluso.Questi sviluppi, che l’insegnamentodell’Enciclica aveva precorso, confutanodecisamente la pretesa che le politiche internazionalisi collochino in una sorta <strong>di</strong>“zona franca” in cui la legge morale nonavrebbe alcun potere.Le premesse <strong>di</strong> una pace durevole8. C’è un legame inscin<strong>di</strong>bile tra l’impegnoper la pace e il rispetto della verità. L’onestànel dare informazioni, l’equità dei sistemigiuri<strong>di</strong>ci, la trasparenza delle procedure democratichedanno ai citta<strong>di</strong>ni quel senso <strong>di</strong>sicurezza, quella <strong>di</strong>sponibilità a comporre lecontroversie con mezzi pacifici e quella volontà<strong>di</strong> intesa leale e costruttiva che costituisconole vere premesse <strong>di</strong> una pace durevole.Gli incontri politici a livello nazionalee internazionale servono la causa della pacesolo se l’assunzione comune degli impegniè poi rispettata da ogni parte.Una cultura <strong>di</strong> pace9.. Strutture eprocedure <strong>di</strong> pace - giuri<strong>di</strong>che, politiche edeconomiche - sono certamente necessariee fortunatamente sono spesso presenti.Esse tuttavia non sono che il frutto dellasaggezza e dell’esperienza accumulata lungola storia me<strong>di</strong>ante innumerevoli gesti <strong>di</strong>pace, posti da uomini e donne che hannosaputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento.Gesti <strong>di</strong> pace nascono dallavita <strong>di</strong> persone che coltivanonel proprio animocostanti atteggiamenti<strong>di</strong> pace. Sonofrutto della mente e delcuore <strong>di</strong> “operatori <strong>di</strong>pace” (Mt 5, 9). Gesti<strong>di</strong> pace sono possibiliquando la gente apprezzapienamente la<strong>di</strong>mensione comunitariadella vita, così dapercepire il significato ele conseguenze checerti eventi hanno sullapropria comunità e sulmondo nel suo insieme.Gesti <strong>di</strong> pace creanouna tra<strong>di</strong>zione e una cultura <strong>di</strong> pace.Essa può esercitare questo ruolotanto più efficacemente, quanto più decisamentesi concentra su ciò che le è proprio:l’apertura a Dio, l’insegnamento <strong>di</strong> una fratellanzauniversale e la promozione <strong>di</strong> unacultura <strong>di</strong> solidarietà. La “Giornata <strong>di</strong> preghieraper la pace”, che ho promosso adAssisi il 24 gennaio 2002 coinvolgendo irappresentanti <strong>di</strong> numerose religioni, avevaproprio questo scopo. Voleva esprimere ildesiderio <strong>di</strong> educare alla pace attraverso la<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una spiritualità e <strong>di</strong> una cultura<strong>di</strong> pace.L’ere<strong>di</strong>tà della “Pacem in terris”10. Il beato Giovanni XXIII era persona chenon temeva il futuro. Lo aiutava in questoatteggiamento <strong>di</strong> ottimismo quella convintaconfidenza in Dio e nell’uomo che gli venivadal profondo clima <strong>di</strong> fede in cui era cresciuto.Forte <strong>di</strong> questo abbandono allaProvvidenza, persino in un contesto chesembrava <strong>di</strong> permanente conflitto, nonesitò a proporre ai leader del suo tempouna visione nuova del mondo. È questal’ere<strong>di</strong>tà che egli ci ha lasciato. Guardando alui, in questa Giornata Mon<strong>di</strong>ale della Pace<strong>2003</strong>, siamo invitati ad impegnarci in queimedesimi sentimenti che furono suoi: fiduciain Dio misericor<strong>di</strong>oso e compassionevole,che ci chiama alla fratellanza; fiducianegli uomini e nelle donne del nostro come<strong>di</strong> ogni altro tempo, a motivo dell’immagine<strong>di</strong> Dio impressa ugualmente negli animi <strong>di</strong>tutti. È partendo da questi sentimenti che sipuò sperare <strong>di</strong> costruire un mondo <strong>di</strong> pacesulla terra.All’inizio <strong>di</strong> un nuovo anno nella storiadell’umanità, è questo l’augurio che mi salespontaneo dal profondo del cuore: chenell’animo <strong>di</strong> tutti possa sbocciare uno slancio<strong>di</strong> rinnovata adesione alla nobile missioneche l’Enciclica Pacem in terris proponevaquarant’anni fa a tutti gli uomini e le donne<strong>di</strong> buona volontà. Tale compito, chel’Enciclica qualificava come “immenso”, erain<strong>di</strong>cato nel “ricomporre i rapporti dellaconvivenza nella verità, nella giustizia,nell’amore, nella libertà”. Il Papa precisavapoi <strong>di</strong> riferirsi ai “rapporti della convivenzatra i singoli esseri umani; fra i citta<strong>di</strong>ni e le rispettivecomunità politiche; fra le stesse comunitàpolitiche; fra in<strong>di</strong>vidui, famiglie, corpiinterme<strong>di</strong> e comunità politiche, da unaparte, e, dall’altra, la comunità mon<strong>di</strong>ale”. Econcludeva ribadendo che l’impegno <strong>di</strong> “attuarela vera pace nell’or<strong>di</strong>ne stabilito daDio” costituiva un “ufficio nobilissimo” (Pacemin terris, V: l.c., 301-302).è un’occasione quanto mai opportunaper fare tesoro dell’insegnamento profetico<strong>di</strong> Papa Giovanni XXIII. Le comunitàecclesiali stu<strong>di</strong>eranno come celebrare questoanniversario in modo appropriato durantel’anno, con iniziative che non mancheranno<strong>di</strong> avere carattere ecumenico einterreligioso, aprendosi a tutti coloro chehanno un profondo anelito a “superare lebarriere che <strong>di</strong>vidono, ad accrescere i vincolidella mutua carità, a comprendere glialtri, a perdonare coloro che hanno recatoingiurie” (ibid., V: l.c., 304).Accompagno questi auspici con la preghieraa Dio Onnipotente, sorgente <strong>di</strong> ogni nostrobene. Egli, che dalle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> oppressionee <strong>di</strong> conflitto ci chiama alla libertàe alla cooperazione per il bene <strong>di</strong> tutti, aiutile persone in ogni angolo della terra a costruireun mondo <strong>di</strong> pace, sempre più saldamentefondato sui quattro pilastri che ilbeato Giovanni XXIII ha in<strong>di</strong>cato a tutti nellasua storica Enciclica: verità, giustizia,amore e libertà.Dal Vaticano, 8 Dicembre 2002Giovanni Paolo II21L’Angelo - <strong>Gennaio</strong> <strong>2003</strong>